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PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
MICHELE SAPONARA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, la proposta di legge in esame, inserita nel calendario dell'Assemblea su richiesta del gruppo di Forza Italia, ha per oggetto la materia del gratuito patrocinio, il cui fondamento costituzionale è da rinvenire nell'articolo
24 della Costituzione, che al terzo comma prevede che siano assicurate ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
del non abbiente risultino non manifestamente infondate. Il limite massimo di reddito annuo previsto per l'accesso all'istituto è attualmente fissato in lire 10 milioni 890 mila (decreto del Ministero della giustizia del 28 ottobre 1995).
stessa della libertà di difesa, della scelta del difensore e, soprattutto, verrebbe a costituire una notevole limitazione delle garanzie della persona soggetta a procedimento penale.
codice di procedura penale. La disposizione, naturalmente, dovrà essere adeguata alla legge sulle indagini difensive, quando questa sarà promulgata e pubblicata, il che dovrebbe avvenire a giorni.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la giustizia.
MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il provvedimento che oggi l'Assemblea si appresta ad esaminare mira ad introdurre una sostanziale riforma dell'istituto del patrocinio per i non abbienti.
di riforma. Il Governo ha avviato da tempo un approfondimento della materia: sono stati così enucleati una serie di punti critici dell'attuale normativa. Si va dall'esigenza di una disciplina organica con estensione al settore civile e dalle altre giurisdizioni dei principi già accolti per il diritto penale, all'individuazione di nuovi limiti di reddito, alle modalità di prova del requisito reddituale, all'insufficiente informazione degli aventi diritto, alla mancata assistenza stragiudiziale. Questi sono i punti che il Governo ha individuato.
PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Simeone. Ne ha facoltà.
ALBERTO SIMEONE. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, la difesa in giudizio dei non abbienti trova la sua disciplina fondamentale in una legislazione oramai fin troppo datata. Si tratta infatti di norme che risalgono al regio decreto 30 dicembre 1923, alla legge 11 agosto 1973 (che disciplina specificamente le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria) e alla legge più recente, ma anch'essa ormai alquanto superata, 30 luglio 1990 n. 217. Parte di questo impianto legislativo trae origine dagli articoli 24 e 3 della Costituzione. Ho già avuto modo di richiamare quest'ultimo articolo poc'anzi, nel corso dell'esame della proposta di legge n. 5476, perché è un articolo che spesso dimentica
gli obblighi dello Stato nei confronti dei cittadini e i diritti del cittadino nei confronti dello Stato.
farci dimenticare le storie tristi in una giustizia che spesso ha tradito non solo lo Stato, ma anche i cittadini. Ritengo che una giustizia che tradisce lo Stato e i cittadini sia tale da non poter connotare, contrassegnare, sublimare un paese che si definisca autenticamente democratico.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Copercini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI COPERCINI. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, l'articolo 24 della nostra Costituzione prevede l'obbligo per lo Stato di garantire realmente ed effettivamente a tutti l'esercizio del diritto di difesa; tale articolo, infatti, dopo l'affermazione del principio secondo il quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, stabilisce che «la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». Si aggiunge poi: «Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione». La garanzia di un'effettiva assistenza legale per i non abbienti rappresenta quindi uno degli obblighi dello Stato, anche se sono decorsi ormai cinquant'anni - come prima si diceva - dall'approvazione della Carta costituzionale.
poche lire; dall'altro lato, gli evasori fiscali venivano ammessi ai benefici, al pari dei banditi che nella dichiarazione dei redditi non inseriscono i proventi dei loro traffici illeciti, come quelli della droga, delle rapine o di quant'altro ben sappiamo, visto che ci occupiamo spesso di questo fenomenologie. Così, piano piano, dal beneficio sono stati espulsi coloro per i quali la legge lo aveva pensato e sono stati ammessi invece i furbi e ufficialmente nullatenenti!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, vorrei dire solo qualche parola in quanto condivido le linee fondamentali della proposta di legge al nostro esame, anche se naturalmente sono necessari, visto che non è stato possibile farli in Commissione giustizia per i tempi brevi, approfondimenti su alcuni temi già evidenziati. In particolare, vorrei ricordare anche la necessità di intervenire a livello legislativo per rendere effettiva, nei processi di mafia, la tutela processuale delle parti offese e delle amministrazioni comunali che intendono costituirsi parte civile.
di legge al nostro esame che ritengo particolarmente rilevanti. Il primo è quello già ricordato, relativo all'innalzamento degli attuali limiti di reddito, da 10 milioni e 890 mila a 18 milioni, per poter accedere al patrocinio a spese dello Stato. Ricordo che i 18 milioni di reddito annuale sono oggi considerati la soglia minima di povertà individuata dall'Istat. Il secondo punto riguarda l'attuale articolo 15 della proposta di legge, introdotto con un emendamento che ho ritenuto opportuno presentare il Commissione. Attraverso l'articolo 15 sarà possibile, se verrà approvata questa proposta di legge, presentare al posto della documentazione prevista dalla legge 30 luglio 1990 n. 217 per poter accedere al patrocinio a spese dello Stato, anche un'autocertificazione in caso di impossibilità concreta di produrre la documentazione prevista dalla norma. Questo emendamento è stato necessario in quanto troppo spesso oggi capita che anche chi potrebbe beneficiare del patrocinio a carico dello Stato non è in grado di produrre la documentazione necessaria perché detenuto o per rifiuto dell'autorità consolare di rilasciare la certificazione prevista dall'attuale normativa.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Saponara, ha facoltà di svolgere la sua relazione.
Il principio sancito da tale disposizione rappresenta un corollario del principio costituzionale di più vasta portata espresso sempre dall'articolo 24, secondo il quale lo Stato ha un vero e proprio obbligo di garantire realmente ed effettivamente a tutti l'esercizio del diritto di difesa.
Quest'ultimo principio, tuttavia, non è altro che un'esplicazione del principio di uguaglianza sostanziale sancito dall'articolo 3 della Costituzione, in base al quale lo Stato ha l'obbligo di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
È opportuno ricordare che, a seguito della riforma costituzionale che ha introdotto nell'ordinamento il principio del giusto processo e dell'approvazione della legge sulle indagini difensive, l'esigenza di assicurare ai non abbienti una difesa adeguata alla nuova complessità del processo penale si pone come uno degli obiettivi prioritari che il Parlamento deve perseguire affinché sia garantito ai cittadini, e non solo a quelli che possono permettersi un avvocato all'altezza dei nuovi compiti, un processo equo.
L'effettività del diritto alla difesa non è un obiettivo esclusivo del nostro ordinamento, trovando riconoscimento internazionale nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici firmato a New York il 19 dicembre 1966, reso esecutivo dallo Stato italiano con legge 25 ottobre 1977, n. 881, e nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Roma il 4 novembre 1950 e reso esecutivo con legge 4 agosto 1955, n. 848.
L'articolo 14, comma 3, lettera d), del Patto di New York riconosce infatti il diritto di «ogni persona accusata di un reato (...) ad avere l'assistenza di un difensore di sua fiducia; se essa è priva di difensore, ad essere informata del suo diritto di averlo e, ogni volta che l'interesse della giustizia lo esiga, a vedersi attribuito d'ufficio un difensore senza oneri, se essa non ha i mezzi per pagarlo». La Convenzione di Roma, all'articolo 6, comma 3, lettera c), riconosce a ciascun accusato il diritto «se non ha i mezzi per remunerare un difensore, di essere assistito gratuitamente da un difensore d'ufficio».
La disciplina della difesa legale dei cittadini non abbienti è contenuta nell'articolo 98 del codice di procedura penale e nella legge 30 luglio 1990 n. 217, mentre il gratuito patrocinio è tuttora regolato dal regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3282. Tale decreto stabilisce il principio per il quale il patrocinio gratuito è un ufficio onorifico ed obbligatorio degli avvocati. L'istituto è riservato ai cittadini che si trovino in stato di povertà ed è correlato alla probabilità dell'esito favorevole della causa. La normativa ha trovato limitata applicazione ed è stata più volte censurata da sentenze della Corte Costituzionale. L'esigenza di pervenire ad una riforma complessiva del sistema è stata sottolineata anche dal problema dei crescenti costi della difesa processuale e della correlativa potenziale discriminazione a carico dei cittadini che, pur senza versare in condizioni di povertà, risultino comunque privi di mezzi economici adeguati a sostenere tali costi.
L'articolo 98 del codice di procedura penale stabilisce che l'imputato, il danneggiato che intende costituirsi parte civile e il responsabile civile possono chiedere di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato. La relativa disciplina è ora dettata dalla legge 30 luglio 1990, n. 217, che peraltro non ha interamente sostituito la normativa dettata dal regio decreto n. 3282. La legge ha introdotto il patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti penali, mentre il regio decreto riguardava soltanto i procedimenti civili. Il patrocinio è altresì assicurato nei procedimenti civili relativamente all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno e le restituzioni derivanti da reato, sempre che le ragioni
La richiesta di ammissione al gratuito patrocinio è presentata al giudice davanti al quale pende il procedimento, che decide con decreto motivato impugnabile entro venti giorni dall'avviso di deposito: è evidente come tale limite debba essere innalzato (come prevede, peraltro, la proposta in esame).
L'articolo 18 della proposta di legge prevede una relazione biennale del ministro della giustizia al Parlamento sull'attuazione della nuova normativa. Secondo i dati contenuti nella relazione presentata il 9 aprile 1999, riferita al periodo 1996-1998, il numero delle persone concretamente interessate dalla difesa a spese dello Stato è cresciuto considerevolmente nel corso degli anni: da 2.863 nel 1991 a 27.503 nel 1997.
La funzionalità della normativa è apparsa, comunque, inadeguata rispetto all'obiettivo che si era dato il legislatore. In primo luogo, va rilevato che larga parte (circa il 50 per cento dei soggetti ammessi alla difesa) risultano minorenni per i quali la nomina del difensore è automatica, mentre per gli altri cittadini la procedura disegnata dalla legge n. 217 del 1990 appare, invece, piuttosto complessa.
Inoltre, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime alcune delle norme contenute nella legge, tra le quali rileva soprattutto quella concernente l'autocertificazione del reddito dei cittadini stranieri (sentenza n. 219 del 1995). Si è in tal modo ridotto in misura consistente l'accesso di tali cittadini all'istituto, proprio in coincidenza con una fase di notevole incremento della presenza di stranieri in Italia.
Il problema principale appare comunque collegato al limite di reddito al di sotto del quale sorge il diritto al patrocinio gratuito; è un limite che, pure a seguito dell'aggiornamento di cui al citato decreto ministeriale del 1995, determina l'esclusione dal beneficio di soggetti che si trovano chiaramente nell'impossibilità di retribuire un difensore di fiducia.
La proposta di legge in esame cerca, pertanto, di porre un rimedio al fallimento della legge n. 217 del 1990 e, quindi, di dare attuazione al principio dell'effettività del diritto di difesa. Nonostante l'importanza della materia ed il suo riconoscimento a livello internazionale, oltre che da parte della Costituzione, si registra nel nostro paese un ritardo non più ammissibile in ordine alla tutela ed al riconoscimento effettivo del diritto delle persone alla difesa in giudizio, con riferimento agli oneri economici che l'esercizio di tale diritto comporta. I costi del processo, infatti, possono limitare (fino a negarlo) il corretto esercizio del diritto di difesa. Dai dati sull'applicazione della legge risulta che le persone interessate al patrocinio, nel 1991, erano 2.863, mentre nel 1997 sono diventate 27.503. Per quanto riguarda l'esito delle istanze di ammissione al gratuito patrocinio, quelle accolte sono state 57.093 dal 1991 al 1998, pari al 68,39 per cento delle istanze presentate (83.484).
La proposta in esame modifica la legge n. 217 del 1990 senza stravolgere l'ottica privatistica del sistema del gratuito patrocinio, che è organizzato secondo moduli privatistici di assistenza legale, collegati al finanziamento a carico dello Stato, per le controversie il cui onere incida in modo notevole sul reddito delle persone.
In base ad una seconda opzione il patrocinio gratuito a carico dello Stato dovrebbe essere assicurato da uffici pubblici di difesa giudiziaria, ovvero extragiudiziaria. Ritengo, infatti, che la proposta di modificare l'attuale assetto del patrocinio gratuito a carico dello Stato attraverso la creazione di uffici di pubblica difesa non possa essere accettata. Una tale soluzione comporterebbe un totale sconvolgimento dei ruoli processuali con la creazione di una figura (quella dell'avvocato pubblico dipendente) che avrebbe il compito di difendere la persona contro cui lo stesso Stato ha deciso di procedere penalmente. Ciò contrasta con la concezione
Al contrario, appare opportuno riconoscere la possibilità di scelta del difensore privato, al fine di rendere effettivo per tutti i cittadini il diritto ad una libera e qualificata difesa. Come si è già detto, occorre aumentare il limite di reddito che consente l'accesso al patrocinio a spese dello Stato, in quanto la fascia dei cittadini che possono attualmente usufruirne è troppo ristretta. Sono inoltre necessari interventi volti a semplificare la possibilità di accesso al patrocinio, garantendo l'effettivo diritto di difesa anche attraverso la previsione della possibilità di avvalersi della presenza di consulenti tecnici e di un investigatore.
Quale relatore, mi corre l'obbligo di ricordare che l'esame in Commissione è stato alquanto compresso dai lavori dell'Assemblea, per cui, una volta adottato come testo base quello presentato dall'opposizione, non si è potuto procedere ad un esame sufficientemente approfondito del suo contenuto, in quanto altrimenti non sarebbe stato possibile rispettare l'obbligo di riferire all'Assemblea entro i termini regolamentari. Si è rinviato pertanto al Comitato dei nove il compito di approntare eventuali modifiche che i gruppi, con spirito collaborativo, riterranno opportune. Alcune modifiche alla disciplina sono state nel frattempo introdotte dal Senato, giovedì scorso, in occasione dell'esame della legge finanziaria. Tali modifiche, in realtà, non toccano i punti qualificanti della proposta Pecorella, ma attengono proprio ad una delle questioni che erano state demandate al Comitato dei nove: mi riferisco al problema di escludere dal patrocinio legale i boss mafiosi, che risultano, con attestazioni di comodo, essere nullatenenti. Tale obiettivo si realizzerebbe privilegiando il ruolo del pubblico ministero, della DIA e della DNA nella procedura di concessione del beneficio.
La proposta a firma dell'onorevole Pecorella prevede all'articolo 1 l'esplicita menzione, nell'elencazione dei soggetti ammessi al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 217 del 1990, anche dell'indagato e del condannato. Nella normativa in vigore, infatti, si parla soltanto dell'imputato, che però diviene tale dopo la richiesta di rinvio a giudizio, laddove in tutta la parte precedente il soggetto che fino a quel momento è soltanto indagato, rimarrebbe scoperto dalla difesa gratuita, e così il condannato, per quanto riguarda tutte le questioni successive alla sentenza definitiva, come l'ammissione ai benefici della legge Gozzini ed agli altri benefici di legge.
L'articolo 2 propone di sopprimere la specificazione contenuta nell'articolo 1, comma 4, della stessa legge n. 217, secondo la quale il soggetto ammesso al patrocinio per procedimenti civili relativi a richieste di risarcimento del danno o a restituzioni derivanti da reato, qualora risulti totalmente vittorioso nel primo grado di giudizio, ha diritto all'ammissione al patrocinio anche nei gradi successivi. È evidente che, qualora risulti che le ragioni della parte ammessa al patrocinio sono fondate, lo Stato debba garantire la difesa in tutti i gradi del giudizio.
L'articolo 3 abroga la disposizione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 217.
L'articolo 4 amplia l'ambito di applicazione della stessa legge n. 217 anche alle contravvenzioni, in quanto risulta arbitraria l'attuale esclusione. Ci sono infatti contravvenzioni che hanno effetti molto importanti e pregiudizievoli, per cui non si vede perché non debba essere garantito il patrocinio gratuito, quindi una difesa effettiva, anche in questi casi.
L'articolo 5 prevede l'elevazione del limite di reddito annuo per l'accesso al patrocinio a 18 milioni di lire.
L'articolo 6, al fine di garantire un'efficace difesa, introduce la possibilità per gli interessati di avvalersi di soggetti che svolgono investigazioni ai sensi dell'articolo 38 delle disposizioni di attuazione del
L'articolo 8 prevede la possibilità di assumere un secondo difensore nei casi di procedimenti a distanza. Nei processi che si svolgono tramite videoconferenze, infatti, possono richiedere la presenza di un difensore anche nel luogo in cui l'imputato si trova detenuto, che è lontano dal luogo in cui si svolge il processo.
L'articolo 9 abolisce il divieto di sostituire il difensore. Non risulta giustificabile che, ove venga a mancare il rapporto di fiducia fra il difensore e l'assistito - sempre nell'ottica privatistica della libertà di scelta del difensore -, il primo sia obbligato a mantenere la difesa e il secondo a perdere il beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
Gli articoli 10, 11, 12, 13, 14 e 15, che modificano l'articolo 5 della legge n. 217 del 1990, prevedono una semplificazione delle modalità di ammissione al patrocinio. L'istanza dovrà contenere l'autocertificazione delle condizioni di reddito che legittimano la richiesta, oltre all'indicazione dei dati anagrafici ed al codice fiscale dell'interessato e dei familiari conviventi. Per gli stranieri occorre l'attestazione di veridicità dell'autocertificazione. Sono pertanto eliminati tutti i riferimenti ad ulteriori documenti da allegare. L'articolo 14 prevede comunque l'obbligo degli interessati di fornire la documentazione di riscontro, ove il giudice ne faccia richiesta. In sostanza, si è voluto semplificare più possibile la documentazione ai fini dell'applicazione della legge, visto che ci sono molti casi in cui è difficile produrre un'adeguata documentazione.
L'articolo 16 disciplina i casi di inammissibilità dell'istanza.
L'articolo 17 prevede che il termine di dieci giorni per la decisione sull'istanza di ammissione al patrocinio di cui alla legge n. 217 del 1990 sia perentorio, a pena di nullità assoluta degli atti successivi.
Gli articoli 20 e 21 prevedono la possibilità per i soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato di nominare un difensore di fiducia anche iscritto in un albo di altra corte d'appello. Inoltre, è ammessa la possibilità di nominare un consulente tecnico, a spese dello Stato, nonché la possibilità di nominare un sostituto o un investigatore autorizzato. Ciò al fine di applicare anche al gratuito patrocinio l'articolo 38 delle disposizioni di attuazione e la nuova legge sulle investigazioni difensive.
L'articolo 22 prevede alcune modifiche all'articolo 10 della legge n. 217 del 1990 di coordinamento con le modifiche previste dagli articoli precedenti.
Gli articoli 23 e 24 prevedono anche i soggetti che hanno effettuato attività di indagine fra coloro che hanno il diritto al compenso. È, inoltre, previsto che qualora la quantificazione del compenso abbia ottenuto il visto di congruità del consiglio dell'ordine, questa sia sottratta al giudizio del giudice.
L'articolo 25, infine, fissa la copertura finanziaria della legge, che, in realtà, dovrà essere rivista.
Come ho detto all'inizio del mio intervento, vi è stata una compressione dei tempi di lavoro in Commissione e quindi la maggioranza, che aveva presentato una proposta di legge, primo firmatario l'onorevole Veltroni, non ha potuto presentare emendamenti nei termini stabiliti. Siamo quindi rimasti d'accordo che il Comitato dei nove riesaminerà questi emendamenti, affinché il provvedimento al nostro esame, importante per tutti, possa essere approvato nel miglior testo possibile.
Da tempo sono state segnalate dagli operatori e dalla dottrina incongruenze e disfunzioni della disciplina attuale che richiedono un profondo ed incisivo intervento
Sulla base degli approfondimenti effettuati, il Governo ha già predisposto uno schema di disegno di legge che tiene conto anche delle esperienze maturate negli altri ordinamenti. Ma tale provvedimento, che concerne anche la riforma dell'istituto della difesa d'ufficio, come ho già detto nel corso dell'esame della proposta di legge n. 5476, non è potuto approdare all'esame del Parlamento poiché si sono registrati dei problemi di copertura finanziaria. Oggi la proposta di legge in esame proviene dall'opposizione, ma alla luce di quanto ho detto, il Governo non può che accogliere con favore la richiesta venuta dall'opposizione di esaminare con sollecitudine le tematiche della riforma.
Nel merito, tuttavia, il Governo ritiene che la proposta di legge debba formare ancora oggetto di un ulteriore approfondimento.
Per quanto concerne, in particolare, il gratuito patrocinio, infatti, allo stato, risulta completamente omesso nella proposta di legge n. 5477, adottata dalla Commissione e quindi dal relatore, ogni riferimento ai processi civili ed amministrativi; aspetto, questo, che invece era già stato alquanto approfondito dal Governo.
Sarebbe poi opportuno individuare situazioni in cui anche le persone offese possano essere ammesse al gratuito patrocinio. È da valutare, inoltre, se ed eventualmente in quale misura debbano essere liquidate le spese sostenute per le investigazioni difensive cui si fa riferimento all'articolo 6 della proposta di legge n. 5477. È altresì da valutare se debbano essere liquidate le spese anche per adempimenti irrilevanti ai fini della prova o quelle sostenute per impugnazioni inammissibili.
Va poi disciplinata l'ipotesi in cui il difensore nominato dall'interessato sia iscritto all'albo degli avvocati di un distretto di corte d'appello diverso da quello in cui ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento.
I temi indicati hanno ovviamente carattere indicativo. Il Governo intende oggi manifestare tutta la propria disponibilità a contribuire ad adeguare in maniera completa ed esaustiva la normativa vigente, anche in considerazione del fatto, come è stato già ricordato dal relatore, che il Comitato dei nove non ha ancora completato il suo lavoro.
Il Governo si impegna quindi a formulare, ove necessario, anche propri emendamenti che consentano di canalizzare le soluzioni già studiate in relazione ai singoli aspetti del provvedimento. Ciò sempre nella convinzione che la riforma in esame, unitamente a quella relativa alla difesa d'ufficio, come ho già detto, rappresenta uno dei passi più importanti per addivenire ad una corretta applicazione del nuovo articolo 111 della Costituzione.
Nell'articolo 24 si afferma che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e per i propri interessi legittimi. La difesa è un diritto inviolabile, ma - come dicevo poc'anzi - viene ad essere violato proprio da uno Stato che, da tempo, non riesce a predisporre una normativa che esalti veramente la difesa del cittadino. Sempre nell'articolo 24 si legge che sono assicurati ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione: ciò accade solo in pochissimi casi, mentre le statistiche più recenti ci testimoniano che è aumentato il numero di coloro che necessitano di un'assistenza dello Stato; quest'ultimo, purtroppo, vincolato dalle pastoie di una normativa che non è riuscita a sintonizzarsi con i tempi, non offre quell'assistenza - che pure dovrebbe - ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione. Le garanzie di un'effettiva assistenza legale per i non abbienti rappresentano uno degli obblighi della Repubblica che, sempre in base all'articolo 3 della Costituzione, deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano, di fatto, la libertà e l'uguaglianza dei cittadini. Il diritto della difesa appare, dunque, come non suscettibile di limitazioni e come diritto sociale, ma entrambi gli aspetti non riescono a trovare una concreta applicazione.
Il sacrosanto effettivo diritto di difesa trova ulteriore legittimazione nel Patto internazionale di New York del 19 dicembre 1966, reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, e nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e per le libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.
In un paese veramente democratico, in cui la dialettica parlamentare ha dato sempre la migliore espressione di se stessa, tutto ciò, purtroppo, non ha trovato applicazione. In un paese democratico i diritti devono necessariamente uscire dall'ambito della proclamazione e trovare piena, concreta applicazione. Allo stato attuale, non riscontriamo quanto ho detto e che tutti auspicano possa accadere in tempi brevi. Nella prassi applicativa, il gratuito patrocinio non trova assolutamente significative espressioni. Eppure, si tratta di una tematica che ha dato luogo, in un arco di tempo molto ampio, ad un dibattito fervidissimo ed estremamente interessante, senza trovare però uno strumento legislativo con riferimenti paradigmatici precisi nel diritto e nei trattati internazionali, come quelli che ho citato e come è affermato con statuizioni precise e vincolanti nella nostra Carta costituzionale. Bisogna fare in modo che questo strumento legislativo trovi la necessaria e seria applicazione. Ciò passa, naturalmente, attraverso l'aumento dei limiti di reddito, che consentirebbe la piena applicazione dell'istituto; diversamente, essa non si realizzerebbe mai e rimarrebbe soltanto auspicata. Diventa necessario allora, come previsto nella proposta di legge d'iniziativa del deputato Pecorella, aumentare i limiti di reddito, per consentire l'accesso al patrocinio a spese dello Stato ad una fascia di cittadini molto più ampia di quella attuale, assai limitata e ristretta.
Con il nuovo provvedimento approvato dal Senato, contenente nuove norme in materia di indagini difensive, ritengo diventi assolutamente necessario dotare tale istituto di strumenti economici adeguati affinché venga concretamente applicato. Ciò passa attraverso la possibilità per l'indagato di avvalersi di consulenti, il che viene previsto dall'articolo 6 del provvedimento in esame, che garantisce anche un'efficace difesa in relazione all'articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Gli articoli 10, 11, 12, 13 e 14, che modificano l'articolo 5 della legge n. 217 del 1990, semplificano le modalità di ammissione al patrocinio. Di conseguenza, penso che gli articoli 6 (del quale ho parlato in precedenza), 10, 11, 12, 13 e 14 rappresentino il nucleo centrale e migliore di tale istituto, che mi auguro possa essere approvato in tempi brevi.
Gratuito patrocinio e difesa d'ufficio: si tratta di due provvedimenti che devono
Il provvedimento in esame, che nel suo impianto generale definirei decisamente buono, ha però bisogno di ulteriori interventi emendativi nella direzione da me auspicata, che trova il suo sacrosanto riconoscimento nella Carta costituzionale. Fin troppo spesso facciamo riferimento a quest'ultima, dimenticando però che essa contiene precetti che non applichiamo.
Considerato ciò che si sta verificando nel nostro paese, caratterizzato da una sempre maggiore povertà e da fasce sociali che, prima indenni a tale fenomeno, sono ora ai limiti della soglia di povertà o hanno già oltrepassato una così sottile linea di demarcazione, ritengo che uno Stato veramente degno di tale nome non possa che accelerare l'iter di tale provvedimento affinché si giunga alla sua immediata approvazione.
Ciò è negli auspici dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale, di cui ritengo di poter annunciare fin d'ora il voto favorevole.
La previsione è dunque rimasta in gran parte inattuata, nonostante il sempre più frequente ricorso comunque a questo istituto. I dati ci sono stati appena forniti dal Ministero della giustizia e sono stati citati dai miei colleghi; dalla lettura di tali dati, risulta che il numero delle persone concretamente interessate alla difesa a spese dello Stato sia cresciuto considerevolmente proprio in questi ultimi anni, nonostante il basso livello del tetto massimo del reddito annuale previsto dalla legge n. 217 del 1990, che era di 8 milioni e di 10 milioni poi per il 1991; ci auguriamo perlomeno che la proposta dei 18 milioni, ricompresa nella proposta di legge Pecorella, venga approvata nell'ambito di questo provvedimento.
La normativa oggi vigente, da un lato, prevede un meccanismo di accesso al gratuito patrocinio quanto mai macchinoso, complesso e defatigante (e questo ha comportato varie condanne da parte della Corte europea per violazione delle disposizioni delle convenzioni sul diritto di difesa); dall'altro lato, contiene criteri assurdi per fruirne, posto che basta autocertificare o che non si è intestatari di alcun bene oppure che non si è depositata alcuna dichiarazione dei redditi o che la si è fatta ma per imponibili personali ridicoli! Senza tacere il fatto che si è assistito ad un abuso scandaloso dell'istituto in esame da parte di soggetti imputati per reati di mafia responsabili di gravi delitti, le cui condizioni economiche non giustificano l'ammissione al beneficio. Essi hanno quindi approfittato dell'eccessiva larghezza delle maglie dell'impianto normativo!
È evidente, pertanto, che il tetto di reddito stabilito dal legislatore è stato così basso da vanificare i buoni propositi della legge, sino addirittura a stravolgerli, come possono ben comprendere quanti si sono trovati nella stessa situazione, ad esempio, iscrivendo un figlio all'università: da un lato, i contribuenti poveri ma onesti erano comunque fuori dal tetto anche se per
Già il collega Saponara ha fatto riferimento all'impianto emendativo inserito al Senato, alle proposte emendative in base alle quali si prevede di far intervenire anche la direzione investigativa antimafia e coloro i quali hanno il dovere di fare questi controlli e di farli fino in fondo affinché questi fatti emergano veramente dalla nebbia in cui penso lo Stato stesso abbia l'interesse a mantenerli!
In ogni caso, queste dichiarazioni dei redditi, ad esempio, sotto al limite previsto o le autocertificazioni di non possesso di alcun bene dovrebbero essere teoricamente controllate dall'ex intendente alle finanze, a cui vengono trasmesse, ma è raro che ciò avvenga anche perché gli uffici tributari dal canto loro non possiedono quegli strumenti «profondi», tipicamente giudiziari, per risalire alla reale proprietà di beni fittiziamente intestati a terzi.
Allora, in base a quanto detto, siamo favorevoli all'innalzamento a 18 milioni il limite di reddito annuo, ma crediamo che questo non risolverà certo i problemi che abbiamo esposto. Possiamo dire che è criticabile anche la scelta di ammettere al beneficio i soggetti condannati perché è giusto escludere chi abbia subito pregresse condanne per reati di criminalità organizzata o sia sottoposto a misure di prevenzione per tale categoria di reati. Inoltre, la Corte costituzionale più volte ha dichiarato illegittime le agevolazioni in punto di autocertificazione del livello reddituale per gli stranieri, con ciò vanificando ogni possibilità di accesso al beneficio per i non cittadini. Infatti, sotto tale punto di vista non era assolutamente giusta la diversità della documentazione da allegare a dimostrazione del reddito, poiché al rigoroso onere per i cittadini corrispondeva l'assoluta impossibilità di verificare il merito dell'autocertificazione per gli stranieri dal momento che il comma 3 dell'articolo 5 prevede che per i redditi prodotti all'estero l'autorità consolare ne supporti la verità, «per quanto a conoscenza». Questo è l'inciso preciso in proposito del quale si è dichiarata l'incostituzionalità, tanto che è stato soppresso anche nella proposta che è stata posta a base dell'impianto della legge che il Comitato dei nove andrà a perfezionare.
Un altro punto dolente della normativa attuale - a nostro avviso - concerne l'irreperibilità degli extracomunitari che sono difesi in contumacia perché i difensori sono costretti di fatto a prestare le loro attività gratuitamente a questi imputati extracomunitari addossandosene i relativi costi. Naturalmente siamo consapevoli del fatto che il testo non soddisfa l'esigenza di una riforma generale - non ancora - perché non sostituisce compiutamente la legislazione vigente. Comunque, riteniamo si tratti di un buon punto di partenza per lavorarci «di buzzo buono» e per ottenere qualcosa che vada nel senso a cui già prima facevo riferimento per l'altro provvedimento.
A me preme sottolineare, oltre a questa osservazione, i due punti della proposta
Con queste poche considerazioni, che si aggiungono a quanto ho già detto come relatore sulla precedente proposta di legge, auspico davvero che anche su quella ora in esame vi possa essere quel lavoro comune e quella condivisione di finalità che possano portare all'approvazione in tempi celeri. Si tratta, infatti, di un provvedimento che il paese attende da tempo e che è indispensabile per far sì che non vi siano discriminazioni nell'amministrazione della giustizia, per arrivare all'obiettivo auspicato di una giustizia uguale per tutti, sia per chi ha la possibilità di pagarsi un difensore di fiducia, sia per chi tale possibilità non ha.
Ricordo, nel concludere, che l'ammissione al patrocinio per non abbienti e la relativa normativa riguardano non solo gli indagati e gli imputati, ma anche le vittime dei reati: credo sia un punto fondamentale della proposta di legge in esame.
Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.


