Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 824 del 12/12/2000
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(Dichiarazioni di voto - Doc. XVI-ter, n. 1)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ricci. Ne ha facoltà.

MICHELE RICCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il programma quinquennale di attuazione della riforma dei cicli di istruzione, trasmesso alle Camere dal Governo il 17 novembre 2000, costituisce la prima fase di avvio del processo dei nuovi cicli di istruzione ed è stato redatto in ottemperanza alle modalità dettate dall'articolo 6 della legge n. 30 del 2000.
Premesso che l'UDEUR condivide ed appoggia le finalità poste a base della riforma e, in linea generale, i meccanismi introdotti con la nuova regolamentazione, in relazione ad alcuni aspetti di particolare rilevanza il Governo dovrebbe impegnarsi all'impostazione di un progetto generale di riqualificazione del personale docente, che risulti quantitativamente adeguato a coprire le esigenze dei nuovi cicli scolastici, alla valorizzazione sociale ed economica degli insegnanti - che vanno considerati una risorsa strategica ai fini del miglioramento della qualità del sistema, in considerazione del nesso strettissimo


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tra responsabilità e sensibilità educativa degli insegnanti e buon esito delle riforme -, a favorire la graduale costruzione di una carriera che preveda diversi gradi di docenza, in relazione alle esperienze maturate, alle responsabilità ricoperte ed alla difficoltà della sede in cui si presta servizio, a realizzare tempestivamente un'anagrafe delle competenze e delle professionalità dei docenti, con cui documentare il curriculum personale ed i percorsi di arricchimento professionale degli insegnanti, a predisporre strumenti, anche contrattuali, per agevolare l'acquisizione o il completamento dei crediti universitari - specializzazioni universitarie, dottorati di ricerca disciplinari, master orientati alla didattica e nuovi crediti in materie affini a quelle di titolarità -, a prevedere per la scuola di base la graduale confluenza in un unico ruolo degli attuali insegnanti di scuola elementare e media, così da consentire la determinazione di un organico funzionale unico per l'intero settennio della scuola di base, e a ridefinire, attraverso la contrattazione con le organizzazioni sindacali, il rapporto di impiego relativamente all'orario di insegnamento ed al trattamento economico.
Con riguardo alle scuole del ciclo secondario, occorre estendere la sperimentazione dell'organico funzionale, eventualmente rivisitando i criteri di determinazione dell'indice di ponderazione e ridefinendo la titolarità dei docenti in coerenza con la logica unitaria dell'organico di istituto alla redazione di un piano pluriennale di investimenti previsto dall'articolo 6 della legge n. 30 del 2000, nel pieno rispetto del patto di natale sottoscritto nel 1998.
Per quanto riguarda gli organici del personale amministrativo, tecnico ed ausiliare ATA, oggetto di recenti riforme, vanno rivisti i criteri ed i parametri per la determinazione delle dotazioni organiche, tenendo conto della riorganizzazione di tutti gli istituti di istruzione secondaria in licei ed ispirandosi al principio della flessibilità nell'uso delle risorse nonché a prefigurare, per ciascun contesto territoriale, la definizione della consistenza della dotazione di base in relazione ai carichi di lavoro di ciascuna istituzione scolastica e di una dotazione aggiuntiva da distribuire a livello territoriale in funzione delle particolari condizioni logistico-strutturali ed in relazione all'offerta formativa di ciascuna scuola o di più scuole consorziate tra loro. È necessario predisporre tempestivamente misure idonee a fronteggiare il fenomeno della cosiddetta onda anomala derivante dalla ricongiunzione nell'anno scolastico 2007-2008 degli alunni che frequentano il secondo anno del ciclo di base nell'anno scolastico 2001-2002 con quelli che li precedevano di un anno, confluendo contemporaneamente nel primo anno del ciclo secondario.
In particolare, per l'UDEUR la stesura del piano pluriennale di finanziamento rappresenta un punto imprenscindibile per un positivo e definitivo decollo della riforma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Voglino. Ne ha facoltà.

VITTORIO VOGLINO. Signor ministro, i Popolari in più occasioni hanno avuto modo di esprimere un giudizio articolato sostanzialmente positivo sul programma quinquennale e sulla relazione di fattibilità; in una logica di gradualità disegnano le condizioni di attuazione della legge n. 30 ed individuano ipotesi educative a cui fanno riscontro azioni programmabili e gestibili e percorsi formativi praticabili. La risoluzione di maggioranza a favore della quale voteranno i deputati Popolari, che recepisce le osservazioni che hanno arricchito in Commissione la relazione Soave, mette in rilievo due punti importanti.
Il primo punto è il seguente: il programma va letto in una visione di gradualità operosa e prudente, ma nello stesso tempo determinata. Questo è il discrimine culturale con il quale si sta leggendo il piano di fattibilità. Il secondo elemento è il seguente: il dibattito in corso ha posto in evidenza (come ha detto anche il ministro nella sua replica) il


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tentativo dell'opposizione di abbattere la legge. Il dibattito sul programma è diventato, dunque, strumentale per abbattere o ridimensionare il testo di riordino già approvato. Potrò sbagliare, ma mi è parso di cogliere antichi pregiudizi e inconcludenze propositive.
Nel merito, abbiamo apprezzato la precisazione contenuta nella risoluzione di maggioranza che conferma la scuola dell'infanzia come parte integrante del sistema di istruzione e di educazione. Abbiamo apprezzato, altresì, la scelta del carattere indicativo e non prescrittivo della proposta di scansione riguardante la scuola di base. Come molti di noi, ho partecipato al dibattito sulla riforma della scuola e l'intendimento che ci siamo posti quando abbiamo approvato la legge di riforma è stato il seguente: affidare alle scuole l'autonomia e la responsabilità, consentendo loro di riflettere su tale percorso e non mancando di offrire opportune indicazioni.
Per quanto riguarda la scuola secondaria, ci è parso utile ribadire nella risoluzione la natura dei primi due anni di quel corso di studi. Signor ministro, mi consenta, ma non parlerei di biennio, bensì dei primi due anni di scuola secondaria, proprio per indicare che si tratta di un corso di studi assai lungo e per non evocare frammentazioni che potrebbero riportarci indietro nel tempo. Ebbene, i primi due anni si configurano come parte integrante del complessivo percorso di studio quinquennale. Tuttavia, ciò non può né deve escludere una parte significativa di omogeneità tra le varie aree. Certo, l'omogeneità non impedisce che si realizzi la tipicità dell'indirizzo. È in tale equilibrio la capacità di costruire un nuovo modo di pensare l'architettura della scuola. Signor ministro, sono d'accordo anche sui tempi di attuazione e sulla necessità di avviare la riforma in una logica di prudente sviluppo.
In conclusione, signor ministro, ci sembra che nel complesso la risoluzione di maggioranza Mussi n. 6-00155 sia ben argomentata e attenta a registrare la congruenza dei processi attuativi rispetto alla proposta politico-culturale che supporta la legge n. 30 del 2000; soprattutto, ci convince la prospettiva nella quale viene ipotizzato il dispiegarsi del programma stesso: una prospettiva aperta a raccogliere utili indicazioni in itinere, in grado di migliorare la praticabilità dei percorsi attuativi della legge.
Infine, condividiamo il saldo convincimento e la comune positiva valutazione delle ragioni che sostengono la validità della legge, che qualche difficoltà attuativa (peraltro inevitabile in ogni processo innovativo) non può assolutamente mettere in discussione.
Signor ministro, per concludere, dirò che le ragioni della legge hanno fondamento - come ha detto anche lei - in un dibattito ultradecennale, ma è importante ribadire (come ha fatto lei in replica) che tutta l'impalcatura è costruita su un'idea fondante: il rispetto dell'alunno e, soprattutto, il diritto all'apprendimento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lenti. Ne ha facoltà.

MARIA LENTI. Signor Presidente, signor ministro, signori del Governo, onorevoli colleghi, le deputate ed i deputati di Rifondazione comunista hanno presentato una risoluzione sottoscritta da tutti, dal capogruppo Giordano e dal segretario del partito Bertinotti. Avremmo voluto concorrere alla riforma della scuola, tanto che avevamo approntato un nostro progetto ed in Commissione avevamo avanzato proposte, idee ed opinioni. L'ostinazione della maggioranza e del Governo ed il rifiuto di ascoltare e far proprie ragioni e proposte diverse dalla scuola e per il mercato esistenti ci ha costretti a presentare relazioni di minoranza, anche nel caso di questo programma quinquennale di attuazione della controriforma dei cicli. Siamo più che mai convinti che il riordino dei cicli confermi una scuola di classe, una scuola che seleziona a priori, una


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scuola che cancella i dettati costituzionali e tutti quei diritti conquistati in cinquant'anni proprio dalle forze politiche e sindacali popolari e di sinistra. Critiche generiche, le nostre? Io vorrei invitare tutti a leggere - su Internet è possibile farlo - la relazione di minoranza su quella che poi è diventata la legge n. 30 del 2000, la relazione su questo programma di attuazione e la risoluzione firmata da tutti noi, nell'ottica di una scuola per tutti, ministro, non di parte, non per qualcuno, non di qualcuno, non per l'esistente o per l'astrattezza totale iperuranica, ma nell'ottica di una scuola che offra strumenti e preparazione critica, una scuola capace di affrontare l'oggi ed il domani, di leggere culture altre e differenti, di offrire un sapere che può essere rafforzato e che va davvero oltre l'imparare per fini solo pratici.
Non è stato discusso, il vostro progetto, con le persone che nella scuola vivono, lavorano e studiano, né sono stati ascoltati tutti quelli che in questo anno hanno scioperato per stipendi europei, per professionalità qualificate, per ambienti e strutture, laboratori, palestre e biblioteche funzionanti, per una rimessa in circolo della criticità, per il contatto con la cultura, con la lente critica sul mondo, sulle cose, su se stessi, sulla propria società, sulla propria collocazione all'interno o all'esterno di tutto ciò, ma con la consapevolezza insita nel proprio vivere, operare, lavorare.
Noi di Rifondazione comunista siamo portavoci anche del movimento degli insegnanti che si battono per la valorizzazione della scuola pubblica. Altroché, signor ministro, professor Di Mauro! Una cosa mi stupisce e mi addolora, anche, se il dolore ha un valore politico - e questo mio dolore ha un valore politico -, e riguarda la scuola privata. La legge sulla parità rappresenta uno scandalo, è contro la Costituzione e lei invece in quest'aula - non me lo sarei aspettato - ha difeso ancora oggi quella legge. Ma come si può approvare una riforma che prevede oltre 60 mila esuberi, altrimenti detti tagli del personale? Come si può approvare una riforma senza che vi siano edifici scolastici agibili, vivibili, senza che gli enti locali siano vincolati ad approntare tali edifici, come tutto ciò che occorre per quel famoso 25 per cento di offerta formativa cui devono concorrere gli enti locali? Ma come si può?
Mi domando, ancora, se si possa approvare un progetto che dequalifica il livello culturale, che annulla i diplomi specifici. Questo è il disegno di un indebolimento dei soggetti, i giovani, che arriveranno al lavoro senza una preparazione e dunque senza strumenti e saranno obbligati o a frequentare forzatamente i due anni di università o a svolgere un lavoro qualsiasi, naturalmente dequalificato. La cosa è grave, ma lo sarà ancora di più quando si apriranno i mercati europei.
Però si dice «il Polo è contrario, dunque questo progetto è buono». Certo, questo è vero in un'ottica che guarda tutta a destra, ma non si chiudano gli occhi: il Polo ha ottenuto il massimo, davvero il massimo. Ha ottenuto la formazione professionale e l'apprendistato nelle strutture private pagate dallo Stato e la scuola dell'infanzia privata, tutto finanziato dallo Stato. Mi sembra che non siano tre «i», signor Presidente, signor ministro: sono tre grandi «i» facenti capo tutte all'impresa.
Si fa una riforma contro gli insegnanti, contro i sindacati di base e le associazioni di categoria e contro il manifesto dei 500 - li abbiamo ricevuti oggi nella sala dei Presidenti - che raccoglie firme da ogni parte d'Italia: si tratta di un movimento in crescita. Vi assumete quindi una grossa responsabilità. Mentre il paese avrebbe avuto bisogno di una scuola rinnovata e aperta voi chiudete tutte le porte, sezionate e frammentate la preparazione degli studenti...

PRESIDENTE. Prego i commessi di portare un po' d'acqua all'onorevole Lenti.

MARIA LENTI. Il collega Soave mi suggerisce: «Plus de souplesse», vale a dire un po' più di delicatezza, altrimenti


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potrebbe far male la gola. Direi che in questi casi la delicatezza vorrebbe dire dismissione della capacità di ragionare su questioni che richiedono una presenza maggiore.
Come stavo dicendo, si tratta di una grave responsabilità che vi assumete tutti in questo Parlamento, Governo e maggioranza; una grave responsabilità anche per il futuro più prossimo.
Rifondazione comunista continuerà ad essere vicino e a sostenere chi porta avanti il progetto di una scuola democratica, seria, aperta e formativa, vale a dire in cui si respiri e dove non si corra dietro ai mercati più o meno globali o locali, anzi spesso, in questo progetto, localistici (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Bracco che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Presidente, la dichiarazione di voto del gruppo di Forza Italia sarà svolta dall'onorevole Melograni, tuttavia, vorrei rivolgermi al ministro, che ci ha chiamati in causa, in merito a ciò che non ha detto. Infatti, lei, signor ministro ha fatto un elogio della scuola che conosciamo: su tali elogi siamo tutti d'accordo, ma lei non ha detto a questa Assemblea che nella relazione di maggioranza non si parla di un'ipotesi graduale, ma si prevede addirittura di partire con la sperimentazione anche nella scuola secondaria superiore. Volete approvare un documento che non fa altro che ampliare l'attuazione della riforma: si tratta quindi di un imbroglio rispetto a quanto da lei affermato in questi giorni e che aveva promesso di iniziare l'attuazione della riforma esclusivamente nelle prime due classi della scuola di base.
Ricordo che l'onorevole Berlinguer, in Commissione, aveva detto che avremmo dovuto dare impulso alla riforma e nel documento Soave noi troviamo esattamente ciò che l'onorevole Berlinguer aveva chiesto in Commissione, cioè l'avvio sperimentale della riforma anche nella scuola secondaria superiore.
Troviamo altresì scandalosa l'idea della promozione di Stato. Lei ha parlato di serietà degli studi, la relazione di maggioranza afferma che bisogna «scegliere l'ipotesi cosiddetta dell'onda anomala frantumata». Noi che abbiamo letto i documenti e che conosciamo cosa significhi, vogliamo dirle che in tal modo sarà garantito il «salto» al 20-25 per cento degli studenti che si troveranno a frequentare le scuole in quegli anni critici. Promozione di Stato: dategliela subito, non aspettate il 2007-2008! Altro che serietà degli studi!
Quei pochi indirizzi certi che erano stati indicati nel piano (il 2+3+2 nel settennio, il biennio fortemente orientativo, per non parlare della formazione iniziale dei docenti) vengono ora messi in discussione nella relazione presentata dalla maggioranza.
Cari colleghi, Ponzio Pilato disse e fece di più nei confronti di Cristo! In realtà oggi - ricordatevelo - dopo questo voto, c'è un solo vincitore: l'apparato ministeriale! la riforma avrà le gambe che i ministeriali vorranno darle. Sono infatti i ministeriali che hanno ispirato e scritto questo documento; la maggioranza si inchina a questo Governo, mentre il Parlamento, accogliendo il piano De Mauro, ha rinunciato ad esprimere un proprio indirizzo; oggi vi rinuncia definitivamente lasciando all'amministrazione, e magari ai sindacati, la vera gestione della riforma della scuola italiana.
Crediamo che ciò sia veramente molto grave, come lo è anche la legge n. 30 del 2000. Tra poco l'approvazione della risoluzione della maggioranza segnerà la fine del ruolo del Parlamento rispetto alla gestione della scuola. Se non vi saranno altri interventi legislativi o correttivi della gestione ministeriale, certamente gli italiani non sapranno ciò che da domani mattina potrà accadere nelle scuole italiane.


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Complementi signor ministro, oggi le va benissimo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Teresio Delfino, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Napoli. Ricordo alla collega che ha a disposizione dieci minuti. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Alleanza nazionale esprimerà un voto decisamente contrario sulla risoluzione presentata dalla maggioranza politica perché è contraria a questo programma di attuazione della legge n. 30 del 2000 e alla relazione di fattibilità.
Signor ministro, io e tutti i miei colleghi di Alleanza nazionale rientriamo tra i deputati da lei definiti preopinanti. Penso che questo aggettivo sia inserito nel suo dizionario pubblicato ufficialmente all'inizio del corrente anno scolastico. È un anno scolastico che ha già visto... Comprendo, signor ministro il suo dissenso, ma è lei che non capisce il dissenso di tutto il mondo della scuola!
Stavo dicendo che è questo un anno scolastico iniziato sotto l'emblema del caos, a causa delle grandi riforme, del grande cestino che è stato calato dall'alto sulla scuola italiana. Eppure, nonostante questo avvio caotico lei e tutto il Governo, coadiuvato dalla maggioranza politica, si è ostinato a varare a tutti i costi un programma di attuazione. Si è servito della nomina di una maxi commissione di esperti, formata da ben trecento unità. Mi dovrebbe però rispondere, signor ministro, a questa domanda: a cosa sono serviti quei soldi che sono ufficiali, dello Stato, pubblici? A cosa sono serviti se il lavoro di quelle Commissioni non è stato preso in alcuna considerazione, se è vero - come è vero - che nel programma che lei ci ha trasmesso quel lavoro è spesso rinnegato e sottovalutato?
Signor ministro, nella sua risposta lei ha cercato di arrampicarsi sugli specchi. Certamente, non poteva fare altro perché vuole chiudere gli occhi di fronte ad una protesta che coinvolge non pochi elementi, ma l'intero mondo della scuola. Solo alcuni giorni fa, il 7 dicembre, ben il 90 per cento dei professori italiani ha aderito allo sciopero indetto da tutte le organizzazioni sindacali.

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Non è vero!

ANGELA NAPOLI. Nella protesta, caro ministro, non vi era solo la richiesta giusta di un adeguamento degli stipendi dei professori italiani, che lei stesso ha definito «di fame», ma anche una precisa richiesta pressoché unanime - se lei dovesse sostenere il contrario, non vedrebbe assolutamente la realtà - di blocco del varo dell'attuazione dei cicli scolastici.
Non sono solo le forze politiche dell'opposizione a chiederlo e, comunque, non è vero che esse si siano opposte solo per il piacere di contrastare, senza trovare elementi circostanziati. Caro ministro, noi avevamo trovato gli elementi circostanziati quando abbiamo proposto un provvedimento alternativo alla legge n. 30 del 2000 che, a differenza di quest'ultima, conteneva i principi informatori e le linee portanti. Non è vero che l'opposizione non abbia trovato elementi circostanziati perché a quelli che l'opposizione ha presentato a lei e al relatore per la maggioranza, onorevole Soave, non è stata alcuna risposta. Lei non ci ha detto quali saranno i contenuti di questa riforma, quali i programmi, non ha indicato dove, come e quando insegneranno gli attuali docenti, non si è espresso sulla critica da tutti evidenziata rispetto a quanto proposto nel piano di attuazione in merito alla creazione del ruolo unico dei docenti, non ci ha detto nulla sulle strutture edilizie né sul buco di 5 mila miliardi che seguirà a questa riforma.
Caro ministro, questo non lo dicono le forze di opposizione, ma viene riportato sulla stampa di oggi e deriva da uno studio compiuto dagli esperti della Camera dei deputati: non si tratta di un falso, non sono nostre parole.


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Come verrà colmato il buco di 5.000 miliardi, onorevole ministro? Tagliando ancora sulla scuola? Tagliando ancora sul personale scolastico? È inutile che lei oggi ci dica che forse, tra un passaggio parlamentare e l'altro del disegno di legge finanziaria, tra una Camera e l'altra, si potrebbero trovare o recuperare i finanziamenti necessari ad adeguare gli stipendi, perché lei sa benissimo che tale dichiarazione è falsa; se così non fosse, infatti, in quest'aula lei non avrebbe proposto alla sua maggioranza politica di ritirare gli emendamenti che, assieme a noi, la stessa maggioranza politica - lo ribadisco - aveva presentato al disegno di legge finanziaria per equiparare gli stipendi dei nostri professori a quelli dei loro colleghi europei.
Lei non ha risposto a nulla. Caro ministro, lei sta attuando, assieme alla maggioranza, se i colleghi decidessero di votare in favore del programma, una riforma pur di farla, perché si vuole fare un'azione di forza in quest'aula. La si vuole fare a danno del nostro paese; infatti, onorevole ministro, non è possibile immaginare di avviare l'attuazione di una riforma così complessa pur di farla; non è pensabile che si possa cominciare dal prossimo anno scolastico, come si chiede nella risoluzione della maggioranza, l'attuazione della riforma della scuola superiore senza prevedere ciò che accadrà, in generale, nella scuola italiana.
Non si può fare riferimento all'autonomia scolastica, che il Governo ha cominciato a boicottare fin dal momento della sua istituzione; non si può fare affidamento solo sulla buona volontà, sul senso di responsabilità e sul senso del dovere che ha sempre caratterizzato la classe docente italiana. Non è possibile dire ai docenti italiani: «Noi variamo la legge di riforma, voi vi arrangerete per sistemare il tutto». Non si fanno riforme, onorevole ministro, senza il consenso di chi le deve attuare e, in questo caso, manca il consenso sia dei docenti, i primi a dover dare attuazione alla riforma, sia di coloro che la riforma la dovranno subire, come gli studenti e i genitori. Ciò è sotto gli occhi di tutti e da tutti viene affermato: non si può tacere e fare finta di nulla, onorevole ministro.
Non dica, signor ministro - concludo, Presidente, e la ringrazio per la sua pazienza -, che questa riforma non è viziata dai pregiudizi ideologici. Il pregiudizio è ideologico, caro ministro, è dietro, lo si legge, è quello di abbattere la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra storia e soprattutto di abbattere il futuro dei nostri giovani (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e dei Popolari e democratici-l'Ulivo)! Questo è il suo pregiudizio ideologico! Questo è il pregiudizio ideologico di chi sta dietro a questa riforma e non venga quindi a fare delle affermazioni per poi nascondersi dietro l'angolo, perché bisogna avere il coraggio delle proprie azioni!
Noi siamo davvero per l'identità della nostra nazione, ma una riforma di questo genere l'identità l'annulla; quindi, caro ministro, ci confronteremo successivamente (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Il centrosinistra ha avviato in questi anni profondi processi riformatori: nella sanità, nell'assistenza e nella scuola. Progetti di cambiamento, strategicamente alternativi alle destre, ai progetti eversivi che chiedono la destrutturazione dello Stato sociale e l'apertura verso i mercati assicurativi.
Riformare vuol dire quindi cambiare, ma qual è la spinta al cambiamento? Come cambiare? Riformare significa scegliere innanzitutto una «bussola», una cultura di riferimento. Per noi, Comunisti italiani, la «bussola», la cultura di riferimento sono i principi fondativi della Costituzione, la cultura dell'uguaglianza dei diritti, dell'universalismo, della solidarietà; è il pluralismo culturale, l'integrazione tra le culture; è la «bussola» della


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responsabilità pubblica dello Stato per la soddisfazione dei bisogni primari.
Per noi, Comunisti italiani, ogni processo riformatore esige coinvolgimento, partecipazione, costruzione di un consenso consapevole e responsabile. Non può esistere processo riformatore senza allargamento della democrazia e degli spazi democratici. Non vi può essere processo riformatore, burocratico, verticistico: non si può ridurre ad un insieme di misure amministrative! Questo è vero sempre; lo è certamente ancora di più per la scuola.
È stata giustamente grande l'attenzione, la mobilitazione e l'iniziativa sulla riforma dei cicli della scuola. L'autonomia, la parità, la riforma dei cicli, sono passaggi non neutri; vi è dietro un'idea di società, un modello istituzionale delle funzioni e delle responsabilità, un modello sociale di garanzie e di tutele. E questa risoluzione deve per noi essere un passaggio politico forte, in grado di far risaltare l'alto orizzonte di riferimento del processo riformatore che abbiamo iniziato.
Dobbiamo, insomma, evitare il rischio dell'ambiguità, il rischio di interpretazioni molteplici e tra loro conflittuali, che pure in qualche misura persistono. Per questo è necessario insistere sull'esigenza di arricchire le scelte di politica scolastica, di valutazioni di tipo culturale. È necessario insistere sullo spessore culturale e non puramente efficientistico della riforma in atto.
Tratterò solo alcuni punti, il primo: la scuola dell'infanzia. Il messaggio deve essere forte: quello della legittimazione sociale e pedagogica del ruolo educativo della scuola dell'infanzia. In Italia il 93 per cento dei bambini dai 3 ai 5 anni frequentano la scuola dell'infanzia. È uno standard superiore alla media europea, ma non basta! Sappiamo che cominciano proprio qui le diseguaglianze, le differenze sociali di classe. Occorre perciò molta attenzione al modello pedagogico. L'impegno deve essere quello dell'effettiva generalizzazione della scuola dell'infanzia su tutto il territorio nazionale. E l'obbligo non è tanto quello per il quinto anno, ma l'obbligo delle istituzioni di garantire l'apertura della scuola dell'infanzia dove c'è una richiesta che non viene soddisfatta: l'obbligo è quello di realizzare buoni livelli di qualità per le scuole esistenti, di intervenire, cioè, concretamente sulle condizioni di diseguaglianza ancora fortemente presenti.
Il secondo punto è quello del riordino dei cicli; l'idea-forza della continuità del processo educativo e di istruzione deve superare ogni ambiguità, rispetto all'enfasi che oggi purtroppo rischia di prevalere e che è presente sul concetto di impiegabilità, a scapito della formazione della persona e del cittadino: il criterio del lavoro come valore-parametro di riferimento è certo importante, ma non deve offuscare il concetto di formazione disinteressata, come è stata ben definita, legato alla promozione della cittadinanza attiva.
L'anticipo a 18 anni per l'uscita dal sistema scolastico secondario non deve dare l'impressione di una riduzione di investimento pubblico sulla formazione. È necessario quindi insistere sul principio stabilito dell'obbligo formativo a 18 anni per tutti e lavorare per superare la soglia minima dell'obbligo scolastico, oggi fissata a 15 anni, con la chiarezza che la cosiddetta certificazione delle competenze non deve scalzare il valore legale del titolo di studio e affievolire l'idea stessa di obbligo scolastico. I percorsi scolastici differenziati, la scelta di una organizzazione per moduli differenziali non deve dar luogo ad un canale di minor valore, rivolto ai ragazzi in difficoltà, come sempre per avviarli magari alle strutture della formazione professionale entro l'età dell'obbligo. Ministro, queste non sono fantasie, ma sono già purtroppo delle realtà, già adesso, grazie purtroppo ad una interpretazione sbagliata proprio dell'autonomia.
La riforma dei cicli deve essere sottoposta a verifica, ma contemporaneamente devono essere sottoposte a verifica l'autonomia, le modalità di attuazione della stessa autonomia scolastica per correggere degenerazioni, vizi. Per quanto riguarda


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un altro punto, quello del modulo 2+3+2 della scuola di base, va detto che il ciclo lungo della scuola di base consente di evitare ripetizioni, duplicazioni e dissipazioni, con un percorso fortemente integrato tra scuola materna, elementare e media. Occorre evitare l'eccessiva semplificazione del curriculo e la sua riduzione all'acquisizione di abilità strumentali. I docenti, prevedendo il ruolo unico, la formazione universitaria, devono essere garantiti in questa percorribilità dell'intero arco della scuola. Tutto il personale scolastico deve essere coinvolto per condividere il significato delle innovazioni proposte e per realizzarle con convinzione e coerenza.
La stessa operazione di riscrittura dei programmi deve coinvolgere il mondo della scuola per evitare che spetti solo a saggi, estranei alla scuola, riscrivere le tavole dei saperi fondamentali, e che spetti poi agli operatori della scuola solo il compito di tradurli in termini pedagogici. La riforma, per essere tale, deve promuovere il coinvolgimento. Di più, deve suscitare speranze concrete di valorizzazione e di riconoscimento della professione di insegnante istituendo un forte legame tra il ruolo del docente, le nuove responsabilità, la formazione iniziale e in servizio, i livelli retributivi e il riconoscimento sociale.
Per questo è necessario che nella risoluzione siano esplicitate alcune cose affinché la riforma non produca riduzioni di personale; affinché vi sia gradualità del processo con le necessarie verifiche in grado di correggere subito gli elementi negativi e regressivi; affinché sia curato in particolare il progetto generale di formazione in servizio per il personale docente; affinché sia risolto concretamente il problema delle strutture edilizie, in particolare per quel 3 per cento delle classi (26 per cento dei comuni) situato in quei piccoli comuni che ora dispongono solo della scuola elementare; affinché l'autonomia sia strumento di arricchimento per i bisogni degli alunni e non grimaldello per rompere l'unitarietà del sistema scolastico nazionale, e non mero strumento di contrattazione locale con i soggetti imprenditoriali di cui il sistema scolastico diverrebbe ancella, non strumento di una istituzione permeata da una cultura identitaria territoriale.
Anche il modulo 2+3+2 della scuola di base sarà soggetto a verifica per non difendere la rigidità di un mero livello organizzativo, ma per salvare il principio sostanziale della continuità del processo formativo. Non sono in gioco numeri, formule aritmetiche, ma modelli culturali e sociali per il futuro del nostro paese. È soprattutto per questo che la scelta definitiva del modello della scuola di base non può essere lasciata alle sole decisioni dell'autonomia scolastica. La nostra è una consapevolezza politica forte. Si deve dare inizio alla riforma, ma sapendo che per dare certezza alla riforma occorrono tempi certi, strumenti certi, verifiche certe. Occorrerà un impegno straordinario e coerente di intelligenze, consapevolezze, responsabilità e passioni.
Con la risoluzione si chiude una fase di dibattito, ma si avvia un processo squisitamente politico e culturale, professionale e di ricerca. Non si tratta di applicare tecnicamente una legge, ma di garantire politicamente la sua attuazione, di garantire cioè la natura stessa e la qualità di un processo riformatore. Anche per questo, ministro, noi oggi contemporaneamente insistiamo con lei e con il Governo affinché nella finanziaria sia trovata una soluzione positiva e significativa al problema del rinnovo del contratto degli insegnanti. Per costruire un nuovo modello di scuola abbiamo bisogno di risorse, abbiamo bisogno di una effettiva e concreta valorizzazione della figura del docente. Noi voteremo sì, quindi esprimeremo un voto favorevole alla risoluzione, ma condividiamo anche tante osservazioni critiche che sono emerse dal mondo della scuola - noi non siamo d'accordo con lei - poiché le riteniamo in gran parte fondate. Noi comunisti italiani sappiamo che i processi di cambiamento non sono neutri. Allora, la spinta al cambiamento


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del sistema scolastico non può avere ambiguità o connivenze con altre esigenze e finalità.
È il mercato stesso, infatti, che oggi rappresenta la più forte spinta al cambiamento. La scuola che cambia, che deve cambiare, per il centrosinistra, non potrà mai essere la scuola delle tre «i»: impresa, inglese, Internet; dovrà essere, invece, una scuola democratica, pluralista, fondativa della cittadinanza sociale, pienamente rispettosa del dettato costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi Comunista e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che in questa occasione si possa recuperare la famosa espressione di Longanesi: la maggioranza ed il Governo hanno espresso poche idee, però confuse su questa riforma, che è partita con Berlinguer come innovazione radicale della scuola italiana; ora assistiamo al tentativo del nuovo ministro di raccontarci che non succede niente, per rassicurare famiglie, genitori, docenti. Quindi, la modifica del settennio, o la riforma della scuola media secondaria, sarebbero talmente minimali che, all'interno di questo oggetto misterioso, si possono recuperare scansioni tali da tranquillizzare tutti.
In realtà, non è così: purtroppo, come abbiamo denunciato fin dal momento in cui, con la minoranza dei voti di quest'aula, la riforma venne varata, la confusione regna sovrana, anche se erano state indicate alternative. Non è vero che non fosse stato indicato dal Polo delle libertà, unitariamente, un approccio ad una riforma meditata della scuola, fondata su tre elementi, che voglio ricordare, perché quando si critica bisogna anche proporre qualcosa di diverso: in primo luogo, l'ordinamento, con i relativi curricoli, scandito su tre cicli, che noi volevamo confermare (scuola elementare, media e secondaria), dal momento che sono in sintonia con le fasi e i ritmi di sviluppo dell'età evolutiva, con l'avvertenza che il prolungamento e l'accorciamento dei percorsi devono corrispondere alle loro finalità e salvaguardare la specificità degli stessi. Quindi, occorre mantenere chiara una scansione che, oltretutto, è nella storia pedagogica del nostro paese. In secondo luogo, l'attivazione del «doppio canale» nel rapporto di interazione tra sistema d'istruzione e sistema di formazione professionale, in cui quest'ultimo sia autonomo, graduato e abilitato all'assolvimento anche dell'obbligo a partire dal quattordicesimo anno di età. In terzo luogo, l'approntamento di un numero limitato di indirizzi di scuola secondaria con le seguenti caratteristiche: equivalenza delle prerogative, transitabilità reciproca e con la formazione professionale, terminalità flessibili, unitarietà nella differenziazione, despecializzazione dei piani di studio.
Abbiamo, quindi, un contropiano che non intende ridurre l'esistente a macerie su cui costruire non si sa cosa, ma che intende riformare e razionalizzare, salvaguardando specialmente ciò che di meglio la scuola italiana ha ancora. Invece, si è fatta un'operazione da manuale politico in negativo: una riforma di questo tipo non passa neanche con la maggioranza assoluta dei voti della Camera e perde per strada pezzi di consenso, perché, in effetti, quando è stata approvata in questa sede, qualche pezzo di sindacato sparuto lo aveva a fianco. Credo, però, che l'attuale ministro abbia superato, in qualche modo, anche il ministro Berlinguer, perché, se vi guardate attorno (in proposito, devo rendere omaggio al coraggio del Governo e della maggioranza), sta varando una riforma con il dissenso di metà del Parlamento, di tutti i sindacati della scuola, degli operatori scolastici, delle famiglie, delle associazioni scolastiche, come quelle del mondo cattolico, che pure contano all'interno di una logica di sistema scolastico.
Vi è una richiesta corale di rinvio di un anno dell'attuazione della riforma ma, in


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queste condizioni, voi volete partire. Allora devo dire che, da un certo punto di vista, signor ministro, sono ammirato per questo coraggio: altro che «buttare il cuore oltre l'ostacolo», visto che si vuol far partire la riforma nell'unanimità dei dissensi! Torno a ripetere: si registra l'unanimità dei dissensi, ma si vuole sfidare tutti, rispetto ad un disegno che direi, se non fosse una contraddizione in termini, brilla per la sua opacità, per la sua impossibilità di venire spiegato agli utenti della scuola. Vi sarà pure una ragione per la quale avete collezionato una valanga inarrestabile di dissensi e critiche! Ma, vedete, la vostra è una falsa forza ed una vera debolezza. Infatti, se foste convinti della bontà del disegno riformatore, audace secondo Berlinguer, minimale secondo De Mauro, che cercate in qualche modo di fare accettare al paese, non avreste alcun timore di aspettare un anno per farlo partire.
Se vincerete le elezioni, infatti, avrete cinque anni davanti per studiarlo in maniera organica, per dialogare con l'altra parte del Parlamento, per dialogare con il paese, per dialogare con il mondo della scuola, per dialogare con i sindacati; in caso contrario non fareste questo regalo avvelenato al mondo della scuola e non tanto a noi se dovessimo vincere le elezioni. Un regalo avvelenato per gli insegnanti, per le famiglie, per gli studenti; volete affrettatamente partire sulla pelle dei ragazzi con una sperimentazione che sapete già che non andrà avanti. Perché volete dare a tutti i costi una prova di debolezza? Avete avuto l'arroganza di non volere dialogare con nessuno.
Signor ministro, poco fa ho letto i punti qualificanti sui quali abbiamo cercato un confronto, ne sono testimoni i colleghi Napoli e Aprea: tutti i nostri emendamenti sono stati respinti. È mai possibile che una riforma della scuola elementare, media, superiore possa essere fatta in maniera tale da tagliare fuori le proposte di metà del Parlamento, che poi erano le stesse avanzate da larga parte del mondo scolastico italiano, dei sindacati più rappresentativi e di coloro che, pur avendo appoggiato in una prima fase questa riforma, oggi la contestano duramente. Ma voi, chi rappresentate? Mi piacerebbe capire, a questo punto, se voterete la risoluzione che dà il via alla sperimentazione, chi rappresentate nel mondo scolastico di questo paese. Chi appoggia la vostra riforma? Perché quando si fanno le riforme, ci vuole anche la collaborazione, non solo delle famiglie e degli studenti, ma anche dei docenti.
I professori devono capire il significato dei due anni di passaggio: eliminata per ragioni ideologiche la possibilità di frequentare la formazione professionale, terrete nella stessa aula ragazzi che vogliono continuare gli studi scolastici e coloro che vogliono avvicinarsi alla formazione professionale. Due anni di parcheggio, quindi, a fare cosa e perché? Il primo biennio delle elementari, le scansioni del settennio, che cosa significano? Come, perché, con quali insegnanti, dove, con quali programmi? Tutto ciò è destinato alla sperimentazione, anche gli ingorghi, anche le cose non previste, anche il numero dei professori. Cosa succederà? Diminuiranno o no? Cosa faranno gli insegnati delle medie? Cosa faranno i maestri? I fondi stanziati, mille miliardi, 5 mila miliardi, sono sufficienti? Chi risponde a queste domande? Nessuno.
Il ministro Berlinguer disse che era tutto nella sua testa, invitò a votare a favore della legge assicurando che, in seguito, avrebbe spiegato il resto perché era in grado di sviluppare il contenuto mancante del contenitore. Oggi che ci chiamate a votare il contenuto, ci accorgiamo che, non solo il contenitore era confuso, ma anche il contenuto era assente. Allora, ancora una volta vi chiedo - ecco il senso della nostra risoluzione - di dare una prova di coraggio vero e non di debolezza politica nel volere andare avanti a tutti i costi, per fare un regalo non a noi dell'opposizione, ma alle famiglie italiane, agli studenti, ai docenti, al personale della scuola. Mi riferisco a tutti coloro che hanno diritto, nel momento in cui si fa una riforma, di capire di cosa si tratta e di collaborare alla sua attuazione.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianchi Clerici. Ne ha facoltà.

GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Signor Presidente, come correttamente ha ricordato qualche istante fa il collega Giovanardi, questo piano di attuazione del riordino dei cicli scolastici avrebbe dovuto dare al Parlamento e, di conseguenza a tutti i cittadini, indicazioni certe di cosa si vuole fare della scuola nel prossimo futuro. In realtà, come abbiamo già detto in Commissione e sottolineato nelle relazioni di minoranza e come viene ribadito anche oggi il Governo e la maggioranza ci hanno presentato un piano che è un elenco di alcune ipotesi, un ventaglio di soluzioni, senza dare, in alcuni casi, una precisa indicazione di scelta. Spesso e volentieri si è detto che si farà una verifica, si controllerà e così via.
Ritroviamo questo atteggiamento anche nella risoluzione firmata dai capigruppo della maggioranza, sulla quale esprimeremo un voto contrario. I nodi non sono stati sciolti neanche in tale risoluzione, che - lo ricordiamo - è lo strumento utilizzato nell'insolita procedura che abbiamo adottato, simile a quella che si utilizza quando si esamina il documento di programmazione economico-finanziaria.
Questi indirizzi saranno vincolanti per il Governo e per coloro che dovranno attuare la riforma. In realtà, anche la risoluzione non scioglie alcuni nodi. Rispetto a ciò che sapevamo fino a qualche ora fa sappiamo in più che la maggioranza intende dare avvio alla riforma nel 2001, cioè nel prossimo anno scolastico, per quello che riguarda la scuola di base, mentre per la scuola secondaria superiore l'avvio viene spostato di un anno e non potrebbe essere altrimenti - diciamolo pure -, perché non vedo come sarebbe possibile partire dal prossimo anno scolastico, visto che le prescrizioni scadono fra qualche settimana, nel corso del mese di gennaio.
In questa risoluzione, inoltre, la maggioranza invita il Governo a scegliere l'ipotesi dell'«onda anomala frantumata» per quello che riguarda quel terrificante anno scolastico 2007-2008 che - lo ricordo a tutti i colleghi - vedrà la presenza nelle aule scolastiche di un milione e centomila alunni invece dei soliti 550 mila, più il famoso 13 per cento di ripetenti presenti ogni anno e che in quell'anno scolastico o non verranno più invitati a ripetere l'anno o dovranno essere considerati in questo calcolo.
Questo è ciò che voi ci chiedete di votare e che noi non voteremo, perché chiediamo con forza la sospensione di questo piano di attuazione e la ridefinizione dei suoi contenuti (ma forse sarebbe meglio parlare di definizione dei contenuti, perché vi sono molte carenze).
Mi limito a ricordare quattro questioni molto semplici. La prima riguarda la scuola d'infanzia. In questo piano di attuazione si apre la porta allo sciagurato fenomeno della statalizzazione della scuola dell'infanzia, che è contro ogni principio di autonomia e di intervento diretto della comunità su questo settore, che - ricordiamolo - riguarda bambini che hanno dai tre ai cinque anni. L'aver inserito la scuola dell'infanzia all'interno del sistema scolastico - come prevede la legge - è stato un errore che a suo tempo noi cercammo invano di evitare con i nostri emendamenti. Con questo piano di attuazione voi date avvio alla statalizzazione completa di tutte le esperienze relative alla scuola materna attualmente esistenti.
Per quanto riguarda l'autonomia dei curricoli, nella migliore delle ipotesi prevedete una percentuale del 75 per cento. Ho sentito prima il ministro citare con orgoglio l'attuazione dell'autonomia. Conosciamo tutti i vincoli all'autonomia didattica ed organizzativa presenti nella legge Bassanini e nei provvedimenti che da essa discendono; inoltre, in questo modo diciamo al sistema scolastico: studierete per il 75 per cento del monte ore in questi ambiti disciplinari, mentre il resto potete sceglierlo nell'ambito di una serie di materie e di discipline che il Ministero proporrà.


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Ritorna, quindi, in maniera assolutamente chiara quel concetto di falsa autonomia, che prevede invece un sistema rigidamente diretto dal centro. Il ministro non lo sa, essendo ministro da pochi mesi, ma noi in questi cinque anni abbiamo condotto grandi battaglie per la valorizzazione del ruolo degli enti locali e delle componenti presenti nei singoli territori ed oggi vediamo che viene continuamente ribadito il concetto del sistema unitario per la scuola, mentre si parla tutt'al più di cooperazione con gli enti locali.
Abbiamo sentito parlare di sensibilità degli enti locali e delle componenti scolastiche. È davvero ridicolo ed è inutile soffermarsi su questi problemi quando ci si riferisce all'aspetto finanziario della riforma.
Quanto all'edilizia scolastica, di cui non si dice nulla né nella relazione né nella risoluzione di maggioranza, non potete raccontarci che il 3 per cento delle classi della scuola di base potrà agire in un unico plesso che abbia almeno sette aule. Tutto questo è vero, ma riguarda il 26 per cento dei comuni, in gran parte piccoli, dove in genere vi è un solo edificio scolastico, spesso chiuso a causa del «dimensionamento», ma voi suggerite (cito testualmente) «il completamento delle aule utilizzando spazi disponibili anche fuori dal plesso e solo eccezionalmente il ricorso all'utilizzo di aule nei comuni viciniori». Vuol dire che andrete dai sindaci a chiedere due aule in un edificio vicino perché bisogna ospitare il ciclo della scuola di base nel comune? Ma vi rendete conto della reazione che avranno i sindaci?
Per non parlare dell'aspetto morale di tutta la vicenda. Viviamo in un'epoca in cui non esistono più zone tranquille e quindi vi domando se vi sembri opportuno affiancare nella scuola bambini di sei anni a ragazzini di dodici-tredici anni, con fasi evolutive diverse, malizie diverse, comportamenti diversi (Applausi del deputato Mussolini). Non mi riferisco solo ai quartieri degradati delle periferie delle grandi città, come Roma, Palermo, Milano o Napoli, penso a tranquille cittadine di provincia dove si pongono già problemi di questo genere. Mi sembra che stiate assumendo un comportamento da incoscienti.
Un'altra considerazione riguarda il ruolo dei docenti. Mi chiedo quali risultati si otterranno da questo modulo della scuola di base così complicato in cui ad un certo punto dovranno insegnare contemporaneamente professori dell'attuale scuola media inferiore e maestri. Le cose sono fatte dalle persone, che sono essere umani con i loro difetti, le loro peculiarità e caratteristiche. Il Ministero non può imporre per legge da Roma la convivenza forzata di professionalità assolutamente diverse, ed invece è proprio quello che voi state per fare.
Anche i costi sono un mistero: da una parte, si parla di economie di spesa e, dall'altra, di assunzioni straordinarie per quando arriverà l'onda anomala. Inoltre gli uffici della Camera fanno sapere che occorrono assolutamente 5 mila miliardi, ma il mistero rimane e ci accingiamo a votare senza sapere cosa votare.
Signor ministro, avete deciso di frantumare l'onda anomala; ma non pensate che i genitori dei bambini che frequentano attualmente la seconda classe elementare possano impugnare questi provvedimenti? Con quale criterio sceglierete gruppi di bambini o classi per accedere a questo sistema che permette di saltare un anno scolastico o, meglio, di farne due in uno con tutti i vari meccanismi che saranno studiati dagli esperti del settore? Si tratta di una disposizione anticostituzionale perché non tiene conto che tutti hanno gli stessi diritti. Il genitore il cui figlio è costretto a fare un anno in più di scuola rispetto ai suoi coetanei ha tutti i diritti ad avere problemi. Questo è un altro aspetto che voi sottovalutate ma che è di notevolissima importanza.
Noi della Lega nord voteremo contro la risoluzione di maggioranza e siamo lieti di aver raggiunto una risoluzione di minoranza della Casa delle libertà che contiene un dispositivo secco, preciso: il rinvio del piano e la ridefinizione dei suoi contenuti. Visto che non avremo il voto di quest'Assemblea,


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nelle prossime settimane racconteremo tutto questo ai cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bastianoni. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha tre minuti.

STEFANO BASTIANONI. Signor Presidente, signor ministro, signori del Governo, colleghi, ritengo che il piano presentato dal ministro alle Camere sia il frutto di un lavoro intenso svolto nell'estate, di concerto con numerosi e autorevoli esponenti del mondo della scuola, che è stato portato alla nostra attenzione in una formulazione aperta, costituendo una base utile di confronto e di approfondimento.
I molti detrattori della riforma forse dimenticano la situazione in cui versa la scuola italiana: una problematicità di accesso alle università; un mancante raccordo con il mondo del lavoro; una notevole dispersione scolastica rispetto alla situazione dei nostro partner europei (molti giovani abbandonano la scuola e non compiono altri percorsi formativi); una insufficiente alternanza tra il mondo del lavoro e quello della scuola che, invece, attraverso la formazione professionale, dovrebbe diventare uno strumento privilegiato del sistema scolastico.
Quando con un'azione coraggiosa si è ritenuto di far partire la riforma (che certamente presenta zone d'ombra che debbono essere chiarite), si è posta al centro del mondo della scuola la persona che apprende e, dunque, le alunne e gli alunni della scuola italiana; si è cercato altresì di fornire loro una preparazione che non sia la stanca ripetizione di programmi ministeriali sempre uguali nel tempo, ma che vuole attagliarsi alle trasformazioni intervenute nella società italiana.
Un altro elemento fondamentale della riforma è costituito dalla figura del docente che deve essere valorizzato per la propria professionalità; è dunque opportuno che vengano individuate adeguate risorse, non solo e non tanto per quanto riguarda gli aspetti economici e contrattuali, quanto per tracciare un percorso formativo che apra la carriera dei docenti ad ulteriori opportunità di crescita, per far rifluire all'interno della scuola le professionalità maturate.
Ultimo ma non meno importante elemento è rappresentato dalle risorse: la riforma sarà seriamente attuata se sarà dotata di adeguate risorse e se sarà possibile innovare, dotando la scuola di strutture scolastiche di concerto con gli enti locali (comuni e province) che sono tenuti a destinare gli spazi educativi. Sono necessari, altresì, strumenti tecnologici informatici: i nostri giovani hanno necessità che le loro conoscenze siano implementate sotto il profilo delle abilità informatiche.
Per le ragioni esposte, i deputati del gruppo misto-Rinnovamento italiano voteranno a favore del programma quinquennale di progressiva attuazione della legge n. 30 del 2000, concernente il riordino dei cicli scolastici (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rinnovamento italiano).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, la scuola è indubbiamente una risorsa fondamentale per il futuro dei nostri giovani. Abbiamo partecipato con grande convinzione - non solo in questa legislatura - al dibattito su alcune questioni importanti; abbiamo sostenuto e siamo ancora oggi fortemente convinti che le riforme scolastiche approvate nell'attuale legislatura (in particolare quella di riordino dei cicli scolastici) avrebbero dovuto ottenere una larga condivisione all'interno di un rapporto veramente bipartisan (come ha affermato lei, signor ministro). Così non è stato, perché non è sufficiente affermare (come lei ha fatto oggi) che la riforma dimostra la mancanza, nella sinistra di Governo, di


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ogni pregiudiziale ideologica nelle riforme scolastiche.
Infatti, abbiamo riscontrato che in una proposta di progetto a medio termine presentata dall'allora Partito comunista italiano nel giugno del 1977, l'onorevole Giorgio Napolitano sottolineava testualmente: «Partendo dall'ispirazione che ci è propria,» - e credo non si fosse ancora verificata la caduta del muro di Berlino - «i comunisti propongono l'avvio di un piano pluriennale di ristrutturazione dell'intero sistema scolastico che deve portare a generalizzare i tre anni della scuola dell'infanzia, ad unificare in un unico ciclo di sette anni la scuola di base - oggi divisa fra l'elementare e la media -, ad innalzare l'obbligo scolastico sino al primo biennio della scuola secondaria - saldando così a quindici anni età dell'obbligo ed età di lavoro -, ad anticipare a diciotto anni la conclusione della scuola secondaria.
L'accorciamento di un anno del ciclo degli studi preuniversitari, oltre a porre l'Italia al passo con altri paesi europei, consentirà un risparmio che compenserà in larga misura, insieme ad una più razionale utilizzazione del personale docente e non docente, il costo dell'innalzamento dell'obbligo a quindici anni». Devo dire che è stata tenace la sinistra italiana: ha attuato una proposta programmatica del 1977. Questa è la realtà, e non c'è dubbio che la sinistra al Governo è stata abile a far digerire ai suoi alleati di centro un'impostazione pienamente coerente con i suoi orientamenti.
Noi non ci stiamo, signor ministro. Ci siamo opposti alla legge sulla falsa parità scolastica e lo stesso facciamo oggi, perché l'orizzonte culturale, educativo e formativo della legge sul riordino dei cicli è largamente inadeguato, scardina i segmenti formativi, come quello della scuola elementare, che era tra i più efficaci, e penalizza i docenti. Tale riforma viene perseguita più per mettersi un fiore all'occhiello che per accogliere i veri bisogni dei bambini, dei ragazzi, degli studenti. Siamo davanti, signor ministro, ad un progetto ideologicamente guidato, che si qualifica, a nostro giudizio, con una proposta pedagogica assurda, come è stato già sottolineato da altri colleghi.
Concludo ricordando che il CDU aveva presentato una sua risoluzione in cui si sottolineavano soprattutto gli aspetti finanziari: lei, signor ministro, non l'ha accolta e mi auguro che il suo sia un giudizio sereno, ma vedrà che i fatti, purtroppo, ci daranno ragione. Siamo infatti davanti ad una riforma che viene sbandierata come a costo zero, ma così non sarà. Noi, ritrovandoci largamente, per quanto riguarda gli aspetti di merito, nella risoluzione presentata dalla Casa delle libertà, ritiriamo il nostro documento, non perché le ragioni in esso contenute non siano valide, ma perché qui siamo di fronte ad una impostazione che vede la sinistra e i suoi alleati di centro attestati su una posizione fortemente caratterizzata dal punto di vista culturale e noi riteniamo che nella proposta della Casa delle libertà sia contenuta una proposta alternativa molto efficace per i nostri giovani e per i nostri bambini (Applausi dei deputati del gruppo misto-CDU).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melograni. Ne ha facoltà.

PIERO MELOGRANI. Signor Presidente, signor ministro, signori rappresentanti del Governo, colleghi, ho l'impressione che il Governo a proposito dei cicli scolastici si sia mosso - e voglio ricorrere ad un eufemismo - con scarsa saggezza e poca prudenza. Il programma sottoposto al nostro esame, innanzitutto, contiene un fiume di parole a volte incomprensibili, a volte esprimenti il nulla; il linguaggio è sociologico e di cattiva qualità.
Scelgo a caso un brano contenuto in una delle prime pagine: «Nell'intero curricolo della scuola di base vengono a intrecciarsi l'esperienza personale dei discenti con l'utilizzazione graduale dei saperi formalizzati: le discipline scolastiche divengono allora per le allieve e gli allievi strumenti conoscitivi con cui interpretare,


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in modo ricco di senso, i vari campi del reale. La continuità con la scuola dell'infanzia, in termini curricolari, si esprime nel proseguire una riflessione che muove da un legame forte con le esperienze, passando via via a forme più pronunciate di astrazione; la continuità con la scuola secondaria si realizza mediante la ulteriore formalizzazione dei saperi in campi disciplinari saldandosi con il completamento dell'obbligo scolastico collocato nel ciclo secondario».
Ditemi voi, egregio Presidente, egregi colleghi, chi può avere il tempo per decifrare questo linguaggio e rimettervi ordine? Si tratta di banalità rivestite di retorica pseudoscientifica. Sarebbe bastato dire che il sapere nuovo si innesta sul vecchio o qualcosa di simile.
Ho poi l'impressione che il Governo, con questo riordino dei cicli, pretenda di innovare sconvolgendo ciò che magari ha finora funzionato molto bene - mi riferisco, ad esempio, alle scuole elementari - e introducendo viceversa nelle scuole superiori un biennio in cui si farà poco o nulla. Il dibattito che si è svolto nella VII Commissione e ieri in quest'aula, grazie anche alla battagliera rappresentante degli elettori che siede al mio fianco, l'onorevole Valentina Aprea, nonché le vivaci polemiche apparse sulla stampa hanno già evidenziato molti difetti di questo progetto. Mi limiterò ad indicarne sommariamente alcuni: l'assenza di stanziamenti aggiuntivi, in presenza di quei calcoli cui hanno fatto cenno sia l'onorevole Bianchi Clerici sia l'onorevole Napoli; le contraddizioni riguardanti la formazione iniziale dei docenti; le insufficienze riguardo alla formazione in servizio degli stessi docenti, poiché il piano fa riferimento a riconversioni disciplinari che non sembrano sostenibili e che probabilmente favoriranno il pressappochismo.
Più in generale, mi pare che il Governo continui a lasciare impreparata la scuola di fronte alle esigenze del mondo moderno. L'introduzione dei personal computer nelle scuole costituisce un esperimento che seguiamo con interesse, ma sappiamo che spesso questi computer non sono abbastanza utilizzati, forse anche perché gli studenti sono talvolta più abili ad usarli che non i professori. Inoltre, ci chiediamo se sia stata prevista la rapidissima obsolescenza di macchine e programmi. Infine, riteniamo che per usare bene il computer sia necessario non soltanto conoscere l'inglese - che le scuole, purtroppo, non sanno insegnare bene a causa della carenza di docenti di lingua madre -, ma anche l'italiano, perché soltanto conoscendo bene la propria lingua gli studenti saranno in grado di organizzare logicamente il proprio pensiero e, quindi, le proprie ricerche. Purtroppo, non vedo nulla, a parte le parole dette, che inciti ad incrementare lo studio della lingua italiana. Abbiamo già trattato l'argomento quando abbiamo parlato del latino e della sua utilità, vista la facilità con cui è possibile insegnare la logica correggendo una versione dal latino piuttosto che un tema di italiano.
Le statistiche concernenti i livelli di intendimenti degli studenti italiani sono sconfortanti (questo è un elemento di cui si sarebbe dovuto tener conto). L'ultimo elemento sul quale richiamo l'attenzione del Presidente, del ministro e dei colleghi riguarda le straordinarie novità in campo educativo di cui il mondo sta parlando e sulle quali il Governo tace.
Nel 1997 il Presidente Clinton richiamò l'attenzione della sua nazione sulle stupefacenti scoperte in tema di funzionamento della mente e di apprendimento durante la prima infanzia ben prima dell'età scolastica. Sempre nel 1997 il premio nobel Renato Dulbecco insistette sulla opportunità di trasmettere ai bambini la cultura scientifica fin dalla più tenera età e con l'aiuto consapevole della famiglia. Egli accennava addirittura alla possibilità di trasmettere ai bambini di 1 o 2 anni i principi basilari della scienza. Pochi giorni or sono il premio nobel Rita Levi Montalcini, aprendo il convegno «Orizzonti dello sviluppo», ha dichiarato che «le proprietà cognitive dei bambini sono di gran lunga superiori a quanto si riteneva


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e quindi è necessario rivedere totalmente i sistemi educativi per sfruttare al meglio le caratteristiche del cervello».
Si tratta di problemi di importanza vitale per il futuro della nazione. Come disse il Presidente Clinton nel già citato discorso del febbraio 1997, l'economia del ventunesimo secolo è una economia della conoscenza!
Noi critichiamo pertanto la maggioranza di questa Camera per il fatto di non aver promosso, come sarebbe stato opportuno, a proposito della scuola, dell'istruzione a tutti i livelli e quindi anche a proposito di questo programma, una iniziativa bipartisan. Gli omaggi formali che sono stati fatti all'opposizione da parte del ministro e il dire che la scuola è patrimonio di tutti, hanno avuto al mio orecchio il suono di ipocrite concessioni fatte all'ultimo momento.
Il Governo non ha ritenuto la scuola patrimonio di tutti, e neppure la maggioranza. Governo e maggioranza si sono mossi da soli senza tenere conto, come è stato già detto dagli onorevoli Napoli, Bianchi Clerici e Giovanardi, degli emendamenti dell'opposizione.
Ci auguriamo che la prossima legislatura possa offrire agli italiani soluzioni migliori di quelle escogitate dall'attuale ministero e dai suoi consiglieri. Noi voteremo pertanto contro la risoluzione da essa presentata (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Berlinguer, al quale ricordo che ha a disposizione dieci minuti. Ne ha facoltà.

LUIGI BERLINGUER. La Danimarca, la Svezia, la Finlandia, la Norvegia, ma anche l'Inghilterra, il Galles e poi il Portogallo ed ora anche la Grecia hanno sostanzialmente un ciclo unico di base. Non più un insegnante unico nelle scuola primaria, ma la collaborazione tra docenti, lo sviluppo progressivo della scuola e del curricolo, senza rotture in quella fase delicata, in una contiguità edilizia!
Fate un giro per Roma! All'école francaise Chateaubriand, vi è una struttura flessibile per sette anni e gruppi di classi che si alternano ai fini della formazione della personalità e della maturazione logica e psicologica.
Andate alla Saint George English School e anche qui troverete all'insegnante centrale affiancati altri insegnanti: quelli di arte, di musica, di ginnastica, di lingua straniera, modello delle middle schools dal 1968!
Andate poi a Firenze alla scuola «città Pestalozzi», oppure a Milano alle scuole steineriane e vi troverete esperienze già collaudate di ciò che oggi stiamo discutendo in questo arcaico dibattito. Dov'è lo spauracchio della secondarizzazione che qui è stato evocato apocalitticamente, in nome di un tipo di scuola primaria che non esiste quasi più? Hanno sbagliato tutti costoro? Nossignore! Le scuole migliori sono quelle perché hanno evitato la rottura con il ciclo breve che è artificiosa, nel passaggio più delicato dei bambini che dall'infanzia passano alla preadolescenza avendo ritmi di crescita diversi fra di loro sui quali l'istituzione cattiva s'impone a forza e non accompagna l'evoluzione perché è estranea alla logica dei ragazzini e in passato è stata fedele alla propria logica e a quella dell'insegnamento ma non dell'apprendimento. Con la collaborazione fra diverse capacità nel ciclo unico, non si cancella ma si valorizza l'esperienza del maestro, della tradizionale scuola primaria, che fa da traino all'intero sistema educativo.
Quanto alla scuola secondaria, ricordo che oggi siamo arrivati al settanta per cento dei diplomati, ma la parcellizzazione degli indirizzi, la dispersione, la rigidità che abbiamo combattuto con l'orgoglio di qualche successo in questo quinquennio, sono state determinate dal fatto che la scuola secondaria, fino ad oggi, era tale per cui chi entrava e sbagliava la sua scelta era costretto a proseguire o a uscire senza grandi aiuti per poter ripercorrere il cammino con proficuità.
È qui, onorevole Napoli, lo scontro tra qualità e quantità. La nostra ambizione


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non è di abbandonare la qualità per la quantità, ma di coniugare insieme questi due postulati perché questa è la vera equità e perché è giusto nell'interesse del paese.
Non si può allargare il numero degli studenti imponendo un modello di pochi a tutti gli altri. Il segreto di una riforma che coniughi qualità e quantità è nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità del corpo studentesco, di attitudini, di propensioni, di ritmo di crescita, di ambizioni culturali.
Noi abbiamo disegnato ed avviato una scuola per i bambini e per i ragazzi con le loro diversità, non costruita dalla burocrazia né voluta dalla dura legge del mercato, ma una scuola della libertà e della creatività perché per essere libero, onorevole Presidente, bisogna essere consapevole: libero è chi sceglie, chi può scegliere, chi sa scegliere!

VALENTINA APREA. Questo proprio te lo scordi! È una pia illusione!

LUIGI BERLINGUER. Questo sapere il ragazzo lo deve trovare nella scuola, senza ostacoli, deve essere sostenuto per acquisirlo e non abbandonato a se stesso.
Noi per costruire una scuola seria della libertà abbiamo coniugato insieme autonomia, riordino dei cicli e parità con lo strumento dell'elevamento dell'obbligo scolastico e formativo. Un sistema formativo per tutto l'arco della vita (life long learning) che offra a tutti l'opportunità di conseguire il proprio successo formativo, non in assoluto, ma secondo la propria personalità, con la regia e le regole dettate dalla mano pubblica.
Proprio qualche settimana fa, a Rotterdam, l'OCSE riunendo trenta paesi con i loro rappresentanti ha lanciato un allarme: senza rinnovamento radicale la scuola rischia il collasso. I pericoli sono l'immobilismo, da un lato, da voi invocato attraverso l'eterno rinvio, aspettando forse il vostro turno e, dall'altro, il mercato puro e selvaggio: una reschooling contrapposta ad una deschooling, rilancio della scuola come istituzione e, tuttavia, aperta per superare le diseguaglianze, basata su quello che noi abbiamo realizzato ed avviato al pieno compimento in questo quinquennio: l'autonomia scolastica. Ciò significa partire dalla domanda dei ragazzi, dei loro bisogni culturali e per questo la chiamiamo la scuola della libertà, non la scuola burocratica dirigista, ma della creatività e della libertà!
Vorrei affermare nettamente che è giusto che i genitori scelgano la scuola per i propri figlioli o che siano i ragazzi a scegliere la stessa scuola liberamente, che è giusto che essi siano aiutati e favoriti, non ostacolati dalle vecchie zonizzazioni e questo è un fenomeno che già comincia a verificarsi. I genitori cominciano a fare lo screening della capacità di una scuola al momento della scelta. È giusto che i genitori possano giungere a questo momento alto di libertà e, prima di tutto, ciò deve avvenire nella scuola pubblica - da una scuola all'altra - e poi all'interno del sistema nazionale. I bigotti della statolatria questo non possono capirlo e ci porteranno dritti dritti al disastro del buono scuola, non ai cicli (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo)!

VALENTINA APREA. Legge Formigoni!

MICHELE GIARDIELLO. Ma stai zitta!

LUIGI BERLINGUER. Siamo andati avanti nell'autonomia che è già in cammino e nessuno di voi potrà fermarla. Non accogliamo la proposta del rinvio: si parte decisamente, anche se, come avete sentito, con molta gradualità, con cautela, a passo. Si parte! Del resto, il processo è già partito, sono state già messe in moto tante attività, sono stati costituiti tanti istituti verticalizzati che vedono insieme la materna, l'elementare e la media. Si tratta di 3.621 istituti, il 40 per cento delle scuole di base è già stato verticalizzato. Perché rinviare, perché bloccare? Nei primi due anni della scuola superiore vi


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sono state molteplici esperienze di revisione curricolare autorizzate da noi dagli anni 1997-1998.

VALENTINA APREA. Bravo!

LUIGI BERLINGUER. Oggi si presenta un primo piano che costituisce un passo in avanti. Certo, è giusto mostrare al Governo energicamente che, nel corso dei prossimi mesi, occorrono ulteriori certezze: status, carriera, formazione per gli insegnanti, organico funzionale e difesa della specificità di chi svolge l'insegnamento di alfabetizzazione primaria e di chi attua un sapere formalizzato, che non definirei sociologico, perché è presente ormai nella nomenclatura scientifica di tutto il mondo. Certezza sui curricula per il primo ed il secondo ciclo e, poi, il piano pluriennale, per venire incontro alle esigenze di espansione finanziaria.
Abbiamo voluto, cari colleghi, una legge elastica, che prevedesse un'attuazione graduale, sperimentale, con possibilità di disposizioni correttive in itinere, con un'attuazione coinvolgente, adattabile, che i docenti e le scuole devono cogliere come opportunità. Coglietela anche voi, colleghi dell'opposizione: perché tanto clamore sull'indeterminatezza di questa legge? Come si concilia la volontà di scendere nel dettaglio...

VALENTINA APREA. Ma quale dettaglio?

LUIGI BERLINGUER. ...con il fatto che voi, attraverso il buono scuola, deregolate tutto, spostate tutto sulla scelta di ogni singola scuola? Dove va a finire l'autonomia se scendiamo, con un programma troppo dettagliato, persino in ogni piccolo particolare? È un vantaggio ed una garanzia per la scuola che vi sia anche la possibilità di interventi correttivi.
Che cosa temete? Non credo che vi sia una preoccupazione di questo tipo: la vostra risposta è solo strumentale, è soltanto il «no». Sento, nella cultura dell'alternanza che voi rozzamente fate venire fuori, col desiderio di fare piazza pulita, un'idea di alternanza senza continuità dello Stato, senza cultura istituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo).

VALENTINA APREA. Quella, forse, non ce l'hai tu!

LUIGI BERLINGUER. La rozzezza dell'opposizione agita fantasmi, paure: i 40 mila esuberi che non esistono in natura; la scuola elementare che sparisce; la scuola media che si declassa. Si evocano timori ancestrali, trasformando la scuola in un ring.
Discutiamo più serenamente. Discutiamo anche del buono scuola, che destruttura il sistema formativo nazionale perché incentra solo nelle scuole la formazione dei piani di studio; discutiamo della proposta di «attingere» - mi è piaciuto molto il vocabolo, caro Melograni - dagli albi (come si prevede nella proposta di legge Berlusconi) i docenti che vi sono stati iscritti, con un reclutamento in toto. È un'avventura; non è la libertà, è il mercato puro. Cessa di esistere il sistema pubblico di istruzione ed emerge un mercato involgarito dall'ideologismo e dalla propaganda, quella delle tre «i»: i manifesti «inglese», «Internet», «impresa». Che tristezza, cari colleghi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo), quella riduzione della scuola della cultura a bassa professionalizzazione, quello strumentalismo propagandistico: dov'è la scuola che costruisce lo spirito critico, con le tre «i» (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo)? Dov'è la scuola della cultura? Dov'è la nostra grande tradizione?
Caro Melograni, sento nelle tue parole un'insolita virulenza...

VALENTINA APREA. Devi attaccare Berlusconi per avere l'applauso!


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MAURIZIO GASPARRI. Quattro «i»: imbecille!

LUIGI BERLINGUER. ...che nasconde, sia pure citando Clinton e non Bush, l'imbarazzo di dimenticarsi del latino, del personalismo dell'onorevole Sestini.
Povero Giovanni Gentile, in che mani sei caduto nel manifesto delle tre «i»! Non si può ridurre la cultura ad uno slogan, ad uno spot.

VALENTINA APREA. Detto da te!

LUIGI BERLINGUER. La nostra è la scuola della cultura,...

MARCO ZACCHERA. Appunto!

LUIGI BERLINGUER. ...dello spirito critico, del sapere, non dei tre spot.
In questo senso, noi andremo avanti e voteremo a favore della risoluzione Mussi n. 6-00155 (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo, dei Democratici-l'Ulivo, Comunista e misto-Socialisti democratici italiani, cui si associano i membri del Governo - Molte congratulazioni - Commenti dei deputati Delmastro Delle Vedove, Zacchera e Gasparri).

VASCO GIANNOTTI. Gasparri, sei un cretino!

MAURIZIO GASPARRI. Tu sei un imbecille con quattro «i»!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non siamo allo stadio, è un dibattito!
Passiamo ora alle dichiarazioni di voto a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Taradash, che ha a disposizione 7 minuti. Ne ha facoltà.

MARCO TARADASH. Signor Presidente, non avendo potuto applaudire se stesso, i membri del Governo hanno applaudito il Governo precedente. Già questo è un fatto anomalo: anzitutto, perché sarà progressista, ma non si applaude dai banchi del Governo (Applausi dei deputati Aprea e Napoli). In secondo luogo, perché, per fare una riforma ci vuole passione, bisogna crederci; e l'ex ministro Berlinguer crede alla sua riforma, ma il Governo attuale non ci crede, tant'è vero che il ministro De Mauro ci ha fatto un «discorsetto» d'occasione e il relatore per la maggioranza Soave ha messo in risalto la «salsiccia» legislativa che ci troviamo di fronte, con tutti i suoi ingredienti che è meglio non citare.
Ci troviamo infatti di fronte ad una procedura, che è stata elegantemente definita anomala, per cui il Governo viene a proporre un programma e la maggioranza firma una risoluzione che ha valore di legge, ma l'opposizione non può presentare emendamenti. Si tratta quindi di un «prendere o lasciare»!
Signor Presidente, non so che tipo di procedura noi stiamo seguendo, fatto sta che noi ci troviamo di fronte a questa situazione. Le grandi riforme non si fanno in questo modo; non si fa la riforma della riforma Gentile in questo modo! Anche perché Gentile cadde a seguito della sconfitta di un regime e il ministro Berlinguer è caduto semplicemente perché vi è stata un'operazione di ricambio all'interno del centrosinistra.
Allora, le misure non ci sono.
Signor ex ministro Berlinguer - ha difeso la sua riforma in modo intelligente e, sotto certi profili, anche convincente - noi ci troviamo in una situazione nella quale la Chateaubriand, o le scuole steineriane o altri istituti che lei ha citato sono scuole private e sono scuole di élite, che si possono permettere, quindi, certi meccanismi di sperimentazione, che possono funzionare o possono, a livello di massa, non funzionare.
Noi intanto dobbiamo domandarci questo: perché il principale artefice della riforma, per dimostrarci che essa può funzionare, cita delle scuole private?


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 18,05)

MARCO TARADASH. Ed allora, forse, il problema di fondo di questo paese non è quello di svecchiare innanzitutto il monopolio statale: e lo intendo nel duplice senso di monopolio dello Stato rispetto alle regioni o ai comuni e monopolio dello Stato rispetto al mercato privato. Credo che, se si vuole fare una riforma effettiva della scuola e farla seriamente, innanzitutto noi dobbiamo dare vera autonomia alle scuole pubbliche, alle scuole di Stato e fare in modo che queste ultime, potendo scegliere gli insegnanti, potendo premiare gli insegnati migliori al loro interno, possano mettersi in concorrenza le une con le altre. Ci vuole vera autonomia e ci vuole anche la possibilità per le scuole private di esistere, cosa che oggi non abbiamo! Noi abbiamo una falsa autonomia e abbiamo una falsa parità! Le abbiamo costruite, l'una e l'altra, su un modello antiquato di centralismo statale che, signor ex ministro Berlinguer, non può consentire alcuna riforma effettiva perché, in realtà, le riforme si scontrano con il dato di fatto dei poteri consolidati e dei veti sindacali che avremo in questo paese anche per la sua riforma. Io spero che non li avremo, perché non avremo la riforma! Non si può, però, neppure fare, come lei ha fatto, e dire che andrà tutto bene e che tutto il mondo fa così.
Insomma, abbiamo una scuola elementare che funziona e funziona bene, che si preoccupa dei bambini e che li lascia essere bambini; voi, invece, volete reclutarli sin da piccini nel «curricolo di Stato» e fare di una scuola elementare, che oggi è qualche cosa di invidiabile (anche se ce l'abbiamo soltanto noi, è un qualcosa di invidiabile), un qualcosa di diverso; si vogliono «spezzettare» i processi di apprendimento, i processi di formazione e d'istruzione in tante fasce: il «due più tre, più due» della scuola di base; e poi il 2+3 della scuola secondaria, con alcuni anni che saranno di orientamento e non di apprendimento e con un rinvio sistematico delle scelte rispetto alla strada da prendere nel campo scolastico o nel campo professionale.
Credo che questi siano errori di base, che ci sia una sottovalutazione dei problemi che sono connessi a questo genere di riforme, ma torno a dire che la riqualificazione dei professori e degli insegnanti è il primo passo, il primo passaggio. Dopo anni e decenni di egualitarismo sindacale e di dirigismo statale, non ne potremo uscire a meno che non rimettiamo in discussione il monopolio dello Stato e facciamo in modo che alle regioni sia consentita autonomia e alle scuole private sia consentito di potersi esprimere (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia) senza essere appesi al cappio di un articolo della Costituzione che è stato interpretato e non letto e che oggi si rivela nemico della possibilità di costruire qualsiasi riforma della scuola che sia ispirata a quei principi che lei, signore ex ministro, ricordava, di libertà e di critica, che sono essenziali per qualsiasi scuola. La nostra scuola è lontana anni luce da questo. Purtroppo questo genere di riforme che cadono dall'alto e che pretendono di massificare esperienze elitarie sono destinate al fallimento.
Per questo ho sottoscritto, buon ultimo, e voterò la risoluzione che è stata presentata dalla Casa delle libertà (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aloi. Ne ha facoltà.

FORTUNATO ALOI. Signor Presidente, mi sarei sottratto alla responsabilità di un intervento se non avessi ascoltato l'onorevole Berlinguer e i suoi accenni alla posizione del Polo delle libertà e, all'interno di esso, di Alleanza nazionale.
Con riferimento a questo provvedimento, noi abbiamo assunto una posizione di grande chiarezza e di grande senso di responsabilità attraverso l'intervento dell'onorevole Napoli. Abbiamo assunto questa posizione nel momento in


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cui abbiamo delineato quella che è una posizione di una forza politica che si rifà ad una sua visione della storia e che nell'ambito della stessa ha della scuola un concetto alto: la scuola della cultura e della libertà.
Abbiamo sentito evocare il concetto di scuola della libertà. Onorevole Berlinguer, abbiamo alcune perplessità al riguardo ed esse sono fondate perché noi abbiamo seguito il suo lavoro nella fase iniziale quando ella ha parlato - e lo ricorda - del liceo classico corruttore, quando ella ha parlato del ritorno alla manualità e quando ella ha parlato di una concezione della scuola che si rifà a modelli che provengono da altri paesi, a pedagogie che certamente non appartengono alla nostra cultura e al nostro patrimonio storico-culturale. Alla luce di questo noi ci siamo mossi. Alla luce di queste valutazioni Alleanza nazionale ritiene importante una continuità culturale, pedagogica e storica, che si rifà al più grande filosofo di questo secolo, Giovanni Gentile, al più grande pedagogista, che ha avuto la capacità di coniugare il momento della filosofia con quello della pedagogia, dando quella scuola che ha retto per settantasette anni.
Rispetto a tutto questo, certamente in una visione moderna, coniugando tradizione e modernità, coniugando libertà e senso di responsabilità, la nostra forza politica - nel quadro del Polo delle libertà - dice di no ad un provvedimento che è quello che secondo noi non porta un contributo alla salvezza della scuola, ma si muove lungo logiche e itinerari che sono estranei mille miglia se non milioni di anni luce dalla nostra impostazione, dalla nostra cultura e dalla nostra civiltà.
Ecco i motivi per cui ho ritenuto di dover sottolineare la posizione di Alleanza nazionale e del Polo delle libertà in una visione di rapporto con il mondo del lavoro che tiene presente l'uomo che resta, secondo Giovanni Gentile, faber suae fortunae, anzi suae ipsius (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

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