Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 824 del 12/12/2000
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(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il ministro della pubblica istruzione Tullio De Mauro, che esprimerà anche il parere del Governo sulle risoluzioni presentate.

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, signore e signori, onorevoli deputate e deputati, non so sia rituale, chiedo scusa (Commenti) ...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di non voltare le spalle alla Presidenza e di consentire al ministro di iniziare il suo intervento.

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Non so se sia rituale farlo, ma come persona poco abituata a frequentare quest'aula, vi chiedo comprensione.
Mi permetto di iniziare il mio intervento ringraziando i deputati dei gruppi di opposizione al Governo.
Li ringrazio perché la discussione sul piano del riordino dei cicli era cominciata, anzi, era cominciata a sembrare che non cominciasse molto male. Dopo alcune dichiarazioni dell'ex ministro della pubblica istruzione, il collega D'Onofrio - dichiarazioni giornalistiche che, forse, erano state mal riportate -, il giorno prima che il Governo approvasse il piano ora in discussione, il 2 novembre, il giorno dei morti, l'onorevole Berlusconi ha comunicato che, se non avesse visto il piano, non lo avrebbe preso in considerazione, ma lo avrebbe respinto. Egli ha annunciato che, ove le elezioni avessero dato la maggioranza alla sua Casa delle libertà, avrebbe provveduto a cancellare tutta la legislazione in materia scolastica approvata nel corso di questa legislatura.
Questo proposito che, se l'onorevole Malgieri, amante della grecità e della classicità, me lo consente, definirei nomoclastico o, più latinamente, legicida, non si capisce dove potesse arrestarsi. Cosa avrebbe voluto cancellare l'onorevole Berlusconi? La legge che assegna autonomia alle scuole? Non gli piace, o non piace alla Casa delle libertà dell'onorevole Berlusconi, la legge sull'autonomia? Non gli piace il disegno di decentramento che i Governi dell'Ulivo hanno perseguito per tutta la pubblica amministrazione e per la scuola? Non gli piace la creazione di direzioni regionali che, d'intesa con le regioni e gli enti locali, provvedano alla gestione delle scuole? Non gli piace tutto ciò che dal progetto Giannini del 1980 alla giornata della scuola di Sergio Mattarella, ministro nel 1989, si è maturato in materia di decentramento gestionale e culturale della scuola? Non gli piace l'esame di Stato che ha avviato il ripristino di una maggiore serietà negli studi medio-superiori? Non gli piace - tornerò su questo punto - l'istituzione di un sistema di valutazione nazionale che renda trasparente ciò che si apprende nelle scuole?
È oscuro fino a qual punto il legicidio dovesse arrivare. Evidentemente vi è stato


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un qualche ripensamento ed io ne sono grato a tutta l'opposizione. Per carità, chiedo scusa, i colleghi professori universitari e i deputati dei gruppi di opposizione sono entrati nel merito del provvedimento manifestando dissenso su alcuni punti, ma sostanzialmente entrando nel vivo della discussione e lasciando cadere quella ripulsa aprioristica e radicale che era stata annunciata. I dissensi offrono materia di riflessione e credo che il Governo e il ministro della pubblica istruzione non possano che essere grati di questa materia. Certo, non siamo a quello spirito bipartisan che un tema come la scuola avrebbe richiesto. Vi sono chiusure preconcette, ma almeno c'è anche un avvio di discussione. Ciò è importante perché la stessa legge n. 30 del febbraio 2000 prevede verifiche parlamentari a cadenza triennale e tutti sono chiamati a dare il loro puntuale contributo oggi ed in queste verifiche, ora e in futuro; di tali contributi è necessario che chiunque tenga conto, ora e in futuro.
Da molte parti - dalla maggioranza, che si è impegnata nell'analisi attenta del piano e che ha fornito indicazioni importanti, e dall'opposizione - si è suggerito ripetutamente di procedere con gradualità e prudenza. Il Governo nella redazione del piano ed il ministro in questo momento non possono che accettare in toto questi due suggerimenti (gradualità e prudenza). La gradualità e la prudenza sono opportune non solo per qualcuno dei motivi qui addotti, non solo per quella che è stata definita in quest'aula la «resistenza al nuovo» con la quale si devono fare i conti, ma anche perché la scuola - ciò, però, non sembra avvertito da tutti - è certamente un patrimonio di tutti, un patrimonio costituzionale che esige, quindi, estrema cautela relativamente a tutto ciò che può portare... Non vorrei interrompere le conversazioni in corso.

PRESIDENTE. È necessario che lei si rassegni, perché vi è un atteggiamento che non è di mancanza di rispetto...

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Assistevo ad una viva conversazione in corso davanti a me.

PRESIDENTE. Ministro, succede che ascoltino con un orecchio e parlino indipendentemente dall'ascolto (Applausi). Glielo dico perché sono vecchio del mestiere; sono stato ministro anch'io e mi sono trovato in condizioni peggiori, glielo assicuro.

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, a me, nonostante abbia orecchie pronunciate...

PRESIDENTE. Quello si vede (Applausi)!

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. ...non riesce così facile sentire e parlare: se parlo, mi turba il sentire. Mi piacerebbe sapere, per esempio, cosa stava dicendo l'onorevole Aprea con tanta animazione.

VALENTINA APREA. Meglio di no!

PRESIDENTE. Mi sono permesso di scherzare. Il ministro porta qui la sua parola e l'apprezzamento per il dibattito che si è svolto: un minimo di riguardo e di attenzione potrebbe essergli dedicato, allora, non solo per quel che il ministro vale, ma anche per il ruolo che svolge in quest'aula e per il suo dialogo con il Parlamento.

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Per il tema che stiamo trattando, signore e signori (Commenti del deputato Aprea)!
Stavo dicendo che la prudenza è motivata non solo dalla natura costituzionale che, ad avviso nostro e credo di tutti, la scuola ha, ma anche da altre ragioni. Una difficile e lunga trattativa sindacale sta volgendo al termine con l'espletamento delle elezioni. Sarà possibile, dunque, che l'impegno del Governo e le richieste di alcune grandi organizzazioni rappresentative


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del personale della scuola trovino finalmente uno sbocco; il delinearsi nella legge finanziaria, tra l'approvazione del Senato e l'eventuale ritorno alla Camera, di un piano pluriennale di spostamento di risorse in direzione della scuola, anche se non entra nel merito del piano, consente certamente di precisarne meglio la sua graduale attuazione.
Esige una qualche cautela, poi, ciò che abbiamo deciso col piano e, prima ancora, con la legge, ossia il raccogliere e l'ordinare, possibilmente al meglio, le esperienze e le sollecitazioni che sono pervenute a tutti - non solo ai Governi dell'Ulivo, a questo Governo e al Ministero che rappresento - attraverso i decenni, attraverso gli anni, dalla scuola militante e dal pensiero educativo.
Vorrei permettermi di richiamare l'attenzione su questo punto. Al centro del piano vi è un elemento che costituisce un patrimonio antico del nostro pensiero pedagogico (dico «nostro» intendendo anche internazionale e non solo italiano). Ciò che noi con il piano, e già con la legge n. 30, molto esplicitamente abbiamo cercato di delineare è una scuola orientata sulle esigenze e sui bisogni delle alunne e degli alunni: una scuola children oriented. Questo ci viene da tanta parte del pensiero educativo del nostro secolo. Ma non è solo il pensiero, sono anche le esperienze vive della scuola militante in questi decenni.
Posso qui ripetere i nomi di coloro che hanno fatto, per esempio, l'eccellenza della scuola dell'infanzia italiana, non solo di Reggio Emilia, ma di tutta Italia: Loris Malaguzzi, per esempio, a cui - e vorrei manifestargli la mia gratitudine - il signor Presidente della Repubblica ha conferito alla memoria un'alta onorificenza; Bruno Ciari, Mario Lodi, don Lorenzo Milani, Emma Castelnuovo. Mi riferisco non solo ai singoli insegnanti ed ai singoli docenti come quelli che ho ricordato, ma anche alle associazioni disciplinari degli insegnanti sia della scuola attiva sia delle università: penso all'Unione matematica italiana e alle sue indicazioni per un insegnamento della matematica radicato nelle capacità e nelle possibili crescite di capacità degli allievi; penso alla Società di linguistica italiana. Non sono però solo esperienze singole o indicazioni di educatori, ma anche esperienze istituzionali che noi, nella legge n. 30 del 2000 prima e, poi, in questo piano, abbiamo cercato di raccogliere.
In quest'aula mi limiterò a ricordarne tre.
La prima esperienza: quello sugli orientamenti per la scuola dell'infanzia è un testo chiave per avere sottolineato che cosa significhi centralità dell'allievo e conformità degli insegnamenti alle esigenze di partenza dell'allievo per portarlo a traguardi più alti. È un testo che è stato alla base delle elaborazioni e delle proposte relative ai criteri di individuazione dei curricula nelle fasi ulteriori della scuola.
La seconda esperienza: gli istituti comprensivi.
Ringrazio il collega D'Onofrio per avere detto e ricordato in una trasmissione televisiva, a correzione di sue precedenti dichiarazioni, che gli istituti comprensivi - nei quali convivono maestre e maestri della scuola dell'infanzia elementare, insegnanti di scuola media - sono nati ormai da parecchi anni, sulla base iniziale di un decreto del Governo Berlusconi, proposto e firmato dal ministro D'Onofrio. Questi istituti, ormai, rappresentano la confluenza di oltre due terzi degli istituti elementari e medi e rappresentano un punto di riferimento dell'esperienza che il piano si propone di generalizzare.
La terza esperienza: le sperimentazioni nelle scuole medie superiori. Le sperimentazioni hanno mostrato la integrabilità, al di là degli istituti tecnici, del rapporto scuola-esperienza di lavoro e hanno mostrato la possibilità di ridurre e di compattare in un numero più ristretto di aree la enorme dispersione di indirizzi eterogenei che caratterizzano attualmente la nostra scuola superiore.
Dunque, chi ha detto che il piano partiva da presupposti ideologici ha detto qualche cosa di non esatto. Il piano parte da indicazioni del pensiero educativo,


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parte da esperienze di grandi personalità che hanno lavorato nella scuola militante, parte da esperienze ormai istituzionalizzate, ne fa tesoro e le ripropone più largamente a tutta la nostra scuola e alla nostra società. Soprattutto, vorrei ricordare che a monte del piano, così come a monte della legislazione che qualcuno avrebbe voluto, fino a qualche settimana fa, cancellare in toto, c'è la Costituzione della Repubblica italiana, non solo in quegli articoli che evidentemente sono più direttamente correlati con leggi importanti (che mi auguro nessuno voglia cancellare) sulla parità scolastica, sulla creazione di un sistema pubblico statale e paritario dell'istruzione e della formazione, ma anche nell'intero impianto dei principi fondamentali della Costituzione stessa, in particolare l'articolo 3. Nell'articolo 3 si colloca quel rapporto stretto tra persona e società - non è un'invenzione filosofica -, quel rapporto stretto tra libero sviluppo della persona e rimozione degli ostacoli che si possano frapporre, che è alla base degli orientamenti del piano.
Come ho detto, era doveroso ascoltare con attenzione non solo i molti consensi di cui sono grato al relatore di maggioranza, ma anche gli elementi di dissenso. In verità, su questo punto c'è stata qua e là negli interventi qualche elencazione incauta. Si è detto che le famiglie - non meglio identificate - sarebbero contrarie. Le famiglie, le associazioni delle famiglie e i loro rappresentanti hanno partecipato attivamente e, a loro dire per la prima volta, alla elaborazione dei documenti su cui il piano è fondato e hanno dato atto al ministro attuale di avere coinvolto per la prima volta questa componente nell'elaborazione dei criteri per i curricula e dei possibili contenuti e riordinamenti della scuola. Si è detto che sarebbero contrari gli studenti (non so quali fonti di sondaggio abbia chi ha dichiarato questo). Io so che si sono riuniti per tre giorni a Fiuggi gli studenti delle consulte ...

VALENTINA APREA. Avevano richiesto il rinvio, ministro!

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. ... ed hanno espresso all'unanimità ...

VALENTINA APREA. ... il rinvio!

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. ... apprezzamento per il piano e si sono poi divisi per quanto riguarda i tempi di attuazione, in parte chiedendo ciò che il piano propone (un rinvio differenziato tra scuola di base e scuola superiore) e in parte chiedendo il rinvio di un anno, ma accettando - chiedo attenzione agli interloquenti e alle interloquenti - dichiaratamente i principi ispiratori, la filosofia e la struttura del piano.
Dunque, qui vi è un elemento di dissenso che non va oltre opposizioni - mi dispiace - che hanno motivazioni evidentemente politiche, aliene.
Si è detto nel merito che il piano, così com'è concepito (la legge n. 30), porterebbe ad un abbassamento delle competenze.
Non è chiaro perché questa catastrofe dovrebbe minacciare la nostra scuola: perché abbassamento delle competenze? Forse perché si accorcia di un anno il cammino complessivo degli studi, ma gli onorevoli preopinanti sono pregati di considerare con qualche attenzione i dati comparativi internazionali, dai quali risulta che sistemi scolastici con un tempo-scuola molto più ridotto del nostro, in termini sia di orario sia di anni, hanno ottimi risultati comparativi internazionali: citerò soltanto il caso della Finlandia, felice paese dove cominciano a studiare a sette anni.
Dunque, non è questo un motivo, ma soprattutto, per la prima volta, questo piano e la legge n. 30 consentono che l'attività della scuola faccia organicamente corpo con l'istituto nazionale della valutazione, cioè con un sistema di valutazione. Ringrazio la collega che ha ricordato le mie preoccupazioni personali sullo stato in cui parecchie scuole medie superiori si trovano per quanto riguarda il profitto delle alunne e degli alunni: una


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splendida indagine, che cito volentieri ancora una volta, dell'istituto Cattaneo, ripetuta quest'anno, ma i dati sono ancora inediti, ci ha indicato che non tutto funziona bene nella scuola media superiore in ordine a tutte le materie. Soltanto per le materie scientifiche, si può registrare un progresso grazie alle rilevazioni che il CEDE e l'OCSE ci hanno appena fornito rispetto al 1970.
Tuttavia, ciò che conta è che, quale che sia lo stato attuale della scuola, deve esservi un impegno a questo punto comune - mi auguro che almeno questo non sia cancellato - per sottoporre ad un monitoraggio continuo la qualità e la quantità degli apprendimenti dei nostri alunni, al di là del voto. Si tratta di un punto di riferimento che ci consentirà di discutere seriamente sugli innalzamenti progressivi o sulle eventuali flessioni della qualità degli apprendimenti: è la prima volta nella storia della nostra scuola che abbandoniamo il sistema dei voti dati ad intuito, sulla base della preziosa esperienza degli insegnanti ma senza un correlato analitico.
Dunque, non solo nessun timore, ma strumenti per fronteggiare il timore di ciò che potrebbe avvenire. Si sono manifestati dubbi sull'ipotesi delineata dal piano di delineare una possibile segmentazione della scuola di base in un biennio iniziale, un biennio terminale e un triennio centrale, nel quale progressivamente i maestri dei moduli, che già ci sono (forse è sfuggito a qualche editorialista) dal 1990, con ambiti disciplinari già tendenzialmente differenziati, ed anche progressivamente gli insegnanti della scuola media superiore possono iniziare alla disciplinarità le bambine e i bambini.
È chiaro, però, come è stato ricordato in qualche risoluzione, ed è assolutamente obbligatorio accettare tale indicazione, che ciò avviene nella cornice dell'autonomia dei collegi dei docenti, i quali decideranno al meglio come articolare il corso degli studi: ricordo infatti che la legge n. 30 stabilisce che i percorsi di crescita, cui i docenti tutti devono assistere e che i docenti tutti devono sollecitare, possono essere al limite anche individualizzati, in ragione della diversità dei ritmi di singole personalità di discenti. Si tratta, quindi, di un suggerimento d'ordine, ma non più di un'ipotesi che viene prospettata.
Ancora, non c'è dubbio che, per quanto riguarda il problema del biennio, nella fase di progressiva attuazione - il lavoro che ci impegnerà nei prossimi mesi - dobbiamo delineare un punto di equilibrio tra la terminalità della scuola dell'obbligo e la preparazione alle esperienze di lavoro, alle esperienze di studio. In tale ambito, abbiamo già un patrimonio acquisito, che sarebbe un errore mettere da parte o, peggio ancora, cancellare: le esperienze di tutte le istituzioni scolastiche medio-superiori che hanno prefigurato spontaneamente la riforma in questi anni. Si tratta di quasi mille istituti scolastici, circa un terzo di quelli superiori, e si tratta di quelle esperienze più specifiche che chiamiamo aree di progetto negli istituti tecnici. Quindi, rifletteremo, ma tutto questo porta soltanto a valutare l'opportunità di una partenza sollecita per quanto riguarda la scuola media superiore. In coscienza, devo dire che mi sarebbe piaciuto trovare elementi di fatto, spiegazioni, indicazioni minimamente convincenti, o comunque delle indicazioni sull'opportunità di rinviare la partenza del ciclo di base. Ho trovato ostilità, timori, paure e non ho trovato alcun elemento circostanziato che abbia...

ANGELA NAPOLI, Relatore di minoranza. È un bugiardo, se dice questo! Le relazioni di minoranza sono piene di elementi di questo tipo.

PRESIDENTE. Colleghi!

ANGELA NAPOLI, Relatore di minoranza. Non posso accettare queste cose.

PRESIDENTE. Prego, signor ministro, continui pure.

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Non ho trovato alcun elemento circostanziato e circostanziabile


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come per il ciclo superiore che possa indurre a frenare il processo di riforma.

VALENTINA APREA, Relatore di minoranza. Lo ha trovato in quelle di maggioranza!

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Mi riferisco ad elementi che possano indurre a proporre ragionevolmente il rinvio di un anno. Si chiede una pausa di riflessione, ma per riflettere su che cosa? Alla conferenza delle scuole cattoliche, una robusta e vigorosa suora, suor Maria, ha ricordato ai suoi, pubblicamente, che rinviare di un anno significava solo rinviare di un anno anche le riflessioni necessarie e quindi ha esortato le sue colleghe e i suoi colleghi a partire con la riforma dei cicli di base dal 1o settembre 2001.
Per la verità, altri elementi potevano essere interessanti, ma non sono stati evocati: la riforma del Ministero, la creazione degli istituti regionali di ricerca educativa, la funzione della biblioteca di documentazione pedagogica, che arricchisce le nostre scuole e i nostri insegnanti di un continuo flusso di informazioni e di formazione e che, da un anno, è ormai in rete, l'istituto della valutazione e le esperienze di autovalutazione compiutesi nel corso di quest'anno nella scuola. Tutto questo insieme unitario fa sì che noi possiamo proporre tranquillamente a questo Parlamento la partenza della progressiva attuazione del riordino dei cicli, in primo luogo, per la scuola di base - per le attività militanti della scuola di base - dal 1o settembre 2001, mentre dal 1o settembre 2002 per gli altri adempimenti complessi relativi alla scuola superiore, che richiedono ritorni nelle Commissioni parlamentari e in Assemblea.
Voglio assicurare che, per l'una e l'altra impresa, l'amministrazione, il Ministero ed il Governo sono al lavoro fin da ora (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Signor ministro, la prego di esprimere il parere sulle risoluzioni presentate. Avverto che la risoluzione Pisanu ed altri n. 6-00156 (Nuova formulazione) è stata sottoscritta dagli onorevoli Selva, Pagliarini, Follini e Volonté.

TULLIO DE MAURO, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, con personale rammarico devo esprimere parere contrario su questa risoluzione, così come esprimo parere contrario anche sulle risoluzioni Bertinotti ed altri n. 6-00152 e Teresio Delfino ed altri n. 6-00154. Il parere è invece favorevole sulla risoluzione Mussi ed altri n. 6-00155.

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