Allegato A
Seduta n. 824 del 12/12/2000


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PROGRAMMA QUINQUENNALE DI PROGRESSIVA ATTUAZIONE DELLA LEGGE 10 FEBBRAIO 2000, N. 30, CONCERNENTE IL RIORDINO DEI CICLI DELL'ISTRUZIONE (DOC. XVI-TER, N. 1)

(Sezione 1 - Risoluzioni)

La Camera
premesso che:
il Governo ha presentato il «Programma quinquennale di progressiva attuazione della legge n. 30 del 2000 di riordino dei cicli di istruzione» previsto dall'articolo 6 della legge;
l'articolo 6 prevede che il programma sia corredato da una relazione che ne dimostri la fattibilità nonché la congruità dei mezzi individuati rispetto agli obiettivi e che comprenda, tra l'altro, un progetto generale di riqualificazione del personale docente, finalizzato anche alla valorizzazione delle specifiche professionalità maturate, nonché alla sua eventuale riconversione; i criteri generali per la formazione degli organici d'istituto con modalità tali da consentire l'attuazione dei piani di offerta formativa da parte delle singole istituzioni scolastiche; i criteri generali per la riorganizzazione dei curricoli della scuola di base e della scuola secondaria, ivi compresi quelli per la valorizzazione dello studio delle lingue e per l'impiego delle tecnologie didattiche; un piano per l'adeguamento delle infrastrutture;
le Camere dovranno adottare, entro quarantacinque giorni dalla trasmissione, una deliberazione che contiene indirizzi specificamente riferiti alle singole parti del programma;
il programma di attuazione ribadisce l'impegno ad assicurare una graduale generalizzazione della scuola dell'infanzia - della durata di tre anni - che con la legge n. 30 del 2000, articolo 2, entra a far parte del sistema di istruzione; vengono indicati l'orario obbligatorio annuale ed è prevista l'istituzione di indici di ponderazione per modulare l'articolazione dell'organico con l'offerta formativa, ma, da un punto di vista finanziario, non si investe sulla scuola dell'infanzia per cui, mancando l'impegno dello Stato per la scuola pubblica per tutti i bambini, si incorre nel paradosso di una scuola obbligatoria, ma che obbliga, in assenza di scuola pubbliche, a ricorrere alla scuola privata;
la scuola di base ha la durata di sette anni, articolo 3 della legge n. 30 del 2000, quindi, un anno in meno rispetto agli otto che risultano ad oggi dalla somma di elementari e medie - è caratterizzata da un percorso educativo unitario e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni e si raccorda da un lato alla scuola dell'infanzia e dall'altro alla scuola secondaria: l'istituzione di una scuola di base unica significa, cioè, non considerare le differenze psicologiche e di apprendimento, le scale intellettive che fanno dell'infanzia e dell'adolescenza due età diverse richiedenti diversi insegnanti, contenuti e metodologie didattiche;
il programma di attuazione dice che «A partire dall'anno scolastico 2007-2008 non saranno più presenti classi della


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vecchia scuola media. Nello stesso anno scolastico entreranno nella scuola secondaria alunni provenienti da due classi di età, gli alunni frequentanti la vecchia scuola media e i primi che concludono il nuovo ciclo di base. Tale fenomeno si riverbererà sui quattro anni successivi, progressivamente sui relativi anni di corso (...). L'ipotesi ideale, dal punto di vista organizzativo, è rappresentata dalla distribuzione su tutti e cinque gli anni della scuola secondaria dell'incremento di alunni che si determinerà nella fase transitoria.»: prevedere che ragazzi di età diversa e con percorsi di studio diversi frequentino classi uguali o ragazzi di scuola media che vadano contemporaneamente alle superiori più che un'ipotesi ideale prefigura scenari di caos ingovernabile sia per tutti i soggetti scolastici coinvolti e sia per le famiglie: caos delle iscrizioni, dei titoli di studio, degli edifici;
inoltre, come conseguenza della riforma viene individuato il sorgere di un fenomeno importante, denominato effetto «dell'onda anomala», tale effetto consiste nel raddoppio del contingente di alunni nel primo anno del ciclo secondario riformato, quindi, è prevedibile che nell'anno scolastico 2007/2008 il numero di alunni che frequenterà il primo anno del ciclo secondario non sarà inferiore a 1.100 unità a fronte delle 550.000 unità;
secondo il programma quinquennale il nuovo ciclo di base potrebbe svolgersi in alcuni casi in un unico edificio e in altri in due, per poi confluire in uno solo, inoltre «si rende necessario ipotizzare strutture il più possibile »aperte«, con riguardo più alla »classe« he »all'aula« (...); l'anno scolastico e i curriculi disciplinari potranno svilupparsi e ricomporsi in gruppi diversi e secondo diverse logiche, sia in senso orizzontale (nella stessa fascia di età) che verticale (mescolando cioè livelli di età differenti)»: viene realizzata, quindi, la distruzione del gruppo classe, fondamentale punto di riferimento non solo organizzativo, ma affettivo, relazionale, della crescita;
quest'ultimo problema si intreccia con quello degli insegnanti: mentre quelli delle medie saranno ancora impegnati sui tre anni, dovrebbero contemporaneamente, già lavorare sui sette anni del ciclo primario, ma non si capisce con quale organizzazione e quale programma, con quali orari e con quale integrazione con gli orari dei maestri, in quali edifici e su quali cattedre e materie;
anche un altro dato appare molto preoccupante: la volontà di scavalcare le norme dei contratti, gli inquadramenti professionali definiti dalla contrattazione nonché l'intero impianto normativo riguardante la figura dell'insegnante e che è il risultato di anni di lotte, di contrattazione, di elaborazione;
già il dimensionamento scolastico ha comportato tagli e spostamenti che hanno creato problemi di non poco conto e pensare che sia possibile spostare insegnanti e alunni, ridefinire zone, fare graduatorie, accorpare scuole accorciando il ciclo di un anno, suscita per usare un eufemismo, perplessità e preoccupazione, dal momento che il programma propone, in virtù dell'autonomia, di lasciare la gestione di tutto questo alle scuole;
per quanto riguarda i curricoli nel Programma si dice «È stato sostenuto che l'assetto curriculare non debba essere determinato da una scansione temporale predefinita unica ma debba seguire una differenziazione verticale connessa alle modalità di approccio alle conoscenze proprie del bambino che possono essere diverse da un'area disciplinare all'altra. (...) Si propone pertanto una progressione differenziata per discipline definite »a canna d'organo«, in modo che il passaggio dagli ambiti disciplinari alle discipline non avvenga universalmente in uno stesso anno del ciclo»: questo sembrerebbe il puro e semplice smantellamento dell'intero sistema, se dovesse essere applicato un simile progetto si potrebbe dire che la scuola italiana non esiste più, sostituita da migliaia di scuole che viaggiano ognuna per i fatti propri e con programmi propri; si


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sostiene che la riforma sarebbe dettata dall'esigenza di fronteggiare una frammentazione culturale diffusa e poi si propone una aderenza da parte delle scuole al nazionale pari al 60 per cento e di un curriculo di scuola pari al 40 per cento; si sostiene, inoltre, che un eccesso di contenuti nei programmi presenta più rischi che vantaggi per poter giustificare l'eliminazione dei programmi nazionali e ridurre le conoscenze ad un livello preoccupante;
per quanto riguarda la divisione degli ambiti disciplinari e delle materie nel Programma, tra l'altro, si legge che «Diversi interventi avanzano rivendicazione di spazi: (... ); B) per lo sviluppo del pensiero tecnologico (da non confondere con le nuove tecnologie dell'educazione); (...) D) per le forme di conoscenza nuove di tipo sintetico e simultaneo»: definizioni opinabili e affermazioni contestabili, nonché ipotesi sulla psicologia umana e sulla struttura del cervello, vengono assunte come verità scientifiche per sostenere metodi di insegnamento e programmi;
è previsto che l'ultimo biennio della scuola di base deve promuovere un'attenzione specifica allo sviluppo di esperienze di continuità con i primi due anni della scuola secondaria che concludono l'obbligo scolastico, infatti «nei primi due anni del ciclo secondario, anche attraverso uno stretto raccordo con l'istruzione professionale, devono essere poste le basi per i successivi percorsi all'interno della scuola, della formazione professionale oppure dell'apprendistato»; il biennio, quindi, sembrerebbe più un gradino di orientamento che un momento di approfondimento, dal momento che l'obbligo può essere espletato anche in centri di formazione professionale; inoltre, è bene precisare che «apprendistato» significa lavoro e «primi due anni di scuola superiore» vuole dire dai 13 anni: sembrerebbe che si voglia introdurre la legalizzazione del lavoro minorile attraverso la scuola e che si vogliano aggirare le norme internazionali per la cui applicazione ci battiamo in tutto il mondo;
la riforma introdotta con la legge n. 30 del 2000 supera la differenziazione tra «licei» finalizzati al proseguimento degli studi secondari e «istituti» finalizzati all'inserimento nel mondo del lavoro; i diplomi professionali e titoli di studio come «ragioniere», «perito» o «geometra» costituiscono a tutt'oggi un grande incentivo a frequentare la scuola pubblica fino alla maturità e la soppressione di questi titoli porterebbe in pochi anni migliaia di ragazzi ad abbandonare la scuola a 15 anni (fine della scuola dell'obbligo) per indirizzarsi nei mille corsi privati che, prevedibilmente, si moltiplicheranno grazie alla copertura dell'obbligo formativo;
conseguentemente, non esisteranno più né i licei che, secondo il programma, dovranno recepire una parte dell'indirizzo professionale degli attuali istituti, né gli istituti che rilasciano un titolo valido nel mondo del lavoro; il tutto è in relazione con la «preprofessionalità» e con la riforma universitaria, per la quale si parla apertamente di «licealizzazione» dell'università italiana: in sostanza per avere un diploma valido si dovrà frequentare l'università, pagare tasse universitarie e conseguire titoli validi a 21-22 anni;
per quanto riguarda il fabbisogno di insegnanti, le cifre indicate nel programma appaiono contraddittorie - ad esempio, si parla di un aumento del fabbisogno dovuto all'istituzione del ciclo unico di base per poi passare alle superiori ad un crollo da 43 mila a 14 mila insegnanti - ed in netto contrasto con quelle fornite da alcune organizzazioni sindacali che parlano, per il primo anno, di 60 mila posti «in esubero»;
è necessario per l'adempimento dell'obbligo formativo il coinvolgimento degli enti locali, che con le strutture edilizie devono garantire la fattibilità della riforma;
il giorno 7 dicembre è stata indetta, da tutte le organizzazioni sindacali, una giornata di sciopero di tutto il personale della scuola che ha avuto una adesione quasi totale ed inoltre, in questa occasione, molte delle organizzazioni hanno chiesto anche il ritiro della legge n. 30 del 2000;


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il Ministro De Mauro ha dichiarato ai giornali che se il Parlamento lo chiedesse la riforma sui cicli scolastici potrebbe slittare;
è necessario, prima di attuare qualsiasi riforma, investire con una consultazione generale l'intero mondo della scuola;

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di propria competenza affinché si giunga all'abrogazione della legge n. 30 del 2000 sul riordino dei cicli scolastici e al ritiro del Programma quinquennale di attuazione della legge n. 30 del 2000.
6-00152 Bertinotti, Lenti, Giordano, Boghetta, Bonato, Cangemi, De Cesaris, Malentacchi, Mantovani, Nardini, Pisapia, Edo Rossi, Valpiana, Vendola.

La Camera,
premesso che:
la riforma concernente il riordino dei cicli dell'istruzione approvata dalla Camera con la legge 10 febbraio 2000, n. 30 contempla l'unificazione dei 5 anni di scuola elementare e i 3 anni di scuola media nella nuova scuola di base e prevede una profonda ridefinizione della scuola superiore;
l'articolo 6 dispone una attuazione progressiva dei nuovi cicli, prevedendo che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Governo presenti al Parlamento un programma quinquennale di progressiva attuazione della riforma;
lo stesso programma, corredato da una relazione che ne dimostra la fattibilità nonché la congruità dei mezzi individuati rispetto agli obiettivi, compresa la valutazione degli eventuali maggiori oneri finanziari o delle eventuali riduzioni di spesa deve essere adottato dalle Camere con una deliberazione che definisca indirizzi specificatamente riferiti alle singole parti del programma;
la clausola di salvaguardia finanziaria di cui all'articolo 6, comma 2, prevede espressamente che qualora l'operatività dei programmi rilevi oneri aggiuntivi, la sua attuazione è subordinata all'approvazione dello specifico provvedimento legislativo recante l'indicazione dei mezzi finanziari occorrenti per la relativa copertura;
nell'esame sintetico dei programmi e della relazione di fattibilità si sono evidenziati aspetti collegati agli effetti finanziari derivanti dall'attuazione della riforma;
in particolare, sul piano generale, è emerso il sorgere di un fenomeno importante, denominato effetto «onda anomala» che consiste nel raddoppio del contingente di alunni nel primo anno del ciclo secondario riformato; nell'anno scolastico 2007-2008 il numero di alunni che frequenterà il primo anno del ciclo secondario non sarà inferiore a 1.l00.000 unità a fronte delle 550.000 unità con conseguenze sull'edilizia scolastica per il raddoppio delle prime classi e sul fabbisogno aggiuntivo di personale scolastico sia docente che non docente;
rispetto alla sostenibilità finanziaria insita nella relazione di fattibilità non sono presenti elementi che chiariscano la praticabilità della ipotesi di frammentazione della cosiddetta «onda anomala», non essendo stati prefigurati i meccanismi normativi indispensabili per garantire, nella fase di transizione, la frammentazione dell'onda anomala e che la responsabilità di demandare tale problema all'autonomia dei singoli istituti scolastici non offre sufficienti garanzie di controllo dell'impatto di oneri che potrebbero rivelarsi insostenibili;
la mancanza di indirizzi normativi chiari per assicurare la frammentazione dell'onda anomala su scala nazionale rischia di compromettere la realizzazione della intera riforma;
per quanto attiene al personale, nell'anno 2002 e nel periodo 2004-2007


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saranno necessari rilevanti stanziamenti finanziari ai fini di copertura; nel periodo 2002-2012, ad esclusione dell'anno 2006, si renderà necessario non impiegare rilevanti quote di personale per realizzare i risparmi ipotizzati;
per quanto attiene alle strutture scolastiche, i plessi di scuola elementare in grado di accogliere interi corsi settennali registra un 43 per cento di scuole autosufficienti sul territorio nazionale, ma la media nazionale e la disomogeneità territoriale determinano una attuazione non omogenea della riforma sul territorio senza massicci interventi finanziari nell'edilizia scolastica da parte degli enti locali cui spettano per competenza tali materie;
non sono stare attentamente valutate le conseguenze finanziarie determinate da incrementi dei costi quali l'attivazione di più estesi e intensi sistemi di trasporto, mense scolastiche e laboratori;
lo stanziamento di 120 miliardi per il 2001 per dotare le scuole dei necessari strumenti tecnologici informatici appare inidoneo per fornire mezzi informatici collegati in rete;
la famiglia e lo studente hanno il diritto di iniziare un percorso scolastico conoscendone gli obiettivi, i contenuti, le competenze acquisite mentre nella situazione attuale sarebbero costretti a scegliere «al buio»;
i risultati raggiunti con la scuola elementare che rappresenta un punto di forza del nostro sistema scolastico e dunque valutata l'esigenza del mantenimento di un più ampio periodo per l'insegnamento elementare tornando ai quattro anni previsti al momento della approvazione della legge non ridotto a due come proposto dal piano;
la possibilità che gli ultimi due anni di obbligo scolastico possano essere primariamente assolti anche nella formazione professionale;
sarebbe opportuno mandare a regime la riforma in 12 anni iniziando dal 2002 solo con la prima classe della scuola primaria a seguire in integrazione negli anni successivi, permettendo così di affinare programmi, gestire la riconversione professionale dei docenti che sono maggiormente coinvolti nella riforma, predisporre le strutture evitando sovrapposizioni di ingressi, per costruire una cultura dell'obbligo formativo in studenti e famiglie ottimizzando l'utilizzo della scelta tra istruzione, formazione professionale e apprendistato nel triennio conclusivo, affinando i criteri di utilizzo e valutazione dei crediti formativi

impegna il Governo

per quanto complessivamente indicato in premessa a rinviare di un anno l'inizio della riforma dei cicli scolastici.
6-00154. Teresio Delfino, Volontè, Tassone, Grillo, Cutrufo, Buttiglione.

La Camera,
esaminato il programma quinquennale di progressiva attuazione della legge n. 30 del 2000 di riordino dei cicli scolastici, trasmesso dal Governo alle Camere il 17 novembre 2000;
consapevole dell'importanza che esso assume al fine di dare avvio a quella che viene percepita come la principale riforma della scuola di questi ultimi decenni;
dato atto che il programma viene presentato alle Camere in ottemperanza a quanto disposto dal comma l, articolo 6, della legge n. 30 del 2000, sia pure con un lieve ritardo rispetto ai tempi fissati dalla legge;
considerato che esso, dopo una opportuna introduzione che rammenta «le finalità, le ragioni, le condizioni e i soggetti della riforma» (considerata nel quadro complessivo delle riforme approvate), affronta tutte le tematiche esplicitamente richieste dalla legge n. 30 del 2000 e cioè:
indica tempi e le modalità di attuazione della legge stessa;


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contiene un progetto generale di riqualificazione del personale docente, finalizzato anche alla valorizzazione delle specifiche professionalità maturate, nonché alla sua eventuale riconversione;
individua i criteri generali per la formazione degli organici di istituto;
definisce i criteri generali per la riorganizzazione dei curricoli della scuola di base e della scuola secondaria;
comprende un piano per l'adeguamento delle infrastrutture;
allega una relazione che ne dimostra la fattibilità, nonché la congruità dei mezzi individuati rispetto agli obiettivi;
precisa infine i criteri e le modalità di riutilizzazione delle economie di spesa;

precisato che si tratta comunque di un primo programma, il quale ha il compito di indicare indirizzi, criteri generali e fattibilità connessi con la prima fase di attuazione, decisiva ma non esaustiva e che la legge prevede in ogni caso non solo una verifica triennale e, nella complessa fase regolamentare che seguirà, un continuo confronto Parlamento-Governo, ma anche la singolare indicazione che «disposizioni correttive di quelle contenute nel programma (...) potranno essere emanate durante la progressiva attuazione del programma stesso»;
ritenuta inoltre opportuna, nel clima di spesso strumentali polemiche attuali, la scelta dei due capitoli iniziali nei quali, segnalando finalità, ragioni, condizioni e soggetti della riforma, si rammenta che la medesima risponde a un esigenza di profondo rinnovamento rintracciabile in un dibattito che da trent'anni ormai impegna il mondo della cultura, del sindacato, dell'associazionismo professionale e dei vari movimenti giovanili sostanzialmente concordi nell'individuare come obiettivi non rinviabili:
l'esigenza di superare la discontinuità tra i vari livelli di scuola e l'eccessiva e non più funzionale differenziazione dei vari indirizzi della scuola superiore;
la necessità di operare un migliore raccordo del sistema scolastico con il mondo universitario, la formazione professionale e il mondo del lavoro e delle professioni, superando il carattere autoreferenziale e la gestione centralizzata della scuola;
la necessità di offrire ai giovani una preparazione che tenga conto delle nuove frontiere dell'integrazione europea, nonché del contesto sempre più internazionale in cui presumibilmente saranno chiamati a operare;
l'opportunità di completare il disegno riformatore avviato nel 1996, a partire dall'autonomia scolastica, superando in tal modo il carattere parziale e poco risolutivo delle precedenti riforme che hanno inciso debolmente su nodi quali l'insuccesso scolastico e la dispersione;
l'esigenza che la scuola si cimenti con nuove problematiche derivanti dall'analfabetismo di ritorno e dalla richiesta di educazione permanente, nonché dalle questioni poste dall'impatto delle correnti immigratorie con la nostra cultura;

chiarito infine che, nella consapevolezza di avere approvato una legge di grande spessore innovativo, il Parlamento, mentre respinge interessati inviti al rinvio, ritiene giusto sottolineare la opportunità che, specie nella fase di prima attuazione, si proceda con gradualità e prudenza sapendo attingere le soluzioni più sagge e convenienti dal dialogo continuo con gli operatori e dalla valorizzazione delle stesse esperienze già maturate in ambito scolastico, il ché non potrebbe avvenire con una partenza che prescindesse da condizioni minime di fattibilità garantite;
sulla base di tali considerazioni, condivisi in linea generale i contenuti del primo programma quinquennale di progressiva attuazione della legge n. 30 del 2000 di riordino dei cicli scolastici e dovendo la Camera formulare indirizzi specificamente riferiti alle singole parti del programma, indirizzi che, in fase di prima attuazione, valgono anche come parere di


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cui all'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, richiamato dall'articolo 6, comma 6, ultima parte, della legge n. 30 del 2000,

impegna il Governo:

1) per quanto attiene al capitolo I tempi e le modalità di attuazione:
ad attuare l'ipotesi che prevede, per le prime due classi della scuola di base, l'inizio della riforma nell'anno scolastico 2001-2002;
a iniziare, per quanto riguarda la scuola superiore:
a) confermando le disposizioni emanate con decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234, concernente l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, relativo all'autonomia;
b) consentendo che le istituzioni scolastiche, nell'esercizio dei poteri dell'autonomia didattica ed organizzativa che permette la riorganizzazione dei percorsi didattici secondo quanto previsto dall'articolo 2 del citato decreto ministeriale n. 234 del 2000, possano, senza incidere comunque sulle finalità formative degli indirizzi:
modificare i quadri orario dei vigenti piani di studio superiori alle 32 ore settimanali, riducendoli non oltre tale limite. Le riduzioni dell'orario settimanale non dovranno in ogni caso comportare una minore dotazione di personale e le ore di servizio, eventualmente eccedenti, andranno utilizzate ai fini della realizzazione del piano dell'offerta formativa;
adottare, in coerenza con gli indirizzi funzionanti in ciascun istituto, i programmi di studio avviati nell'anno scolastico 1997-1998 ai fini delle sperimentazioni dell'autonomia didattica e organizzativa nei primi due anni della scuola secondaria superiore;
c) approntando, entro il dicembre 2001, i curricoli relativi ai 5 anni del ciclo, al fine di iniziare compiutamente la riforma nell'anno scolastico 2002-2003.
Rispetto alle varianti ipotizzate per affrontare il problema più delicato, relativo al fatto che, ridotto di un anno il tempo scuola complessivo, confluiranno, a un certo punto del cammino, due leve di alunni nello stesso anno scolastico per formare la cosiddetta «onda anomala»; e alla possibilità, al fine di ridurre l'impatto che tale onda avrebbe sulle istituzioni scolastiche, di «frantumare» la suddetta «onda anomala» secondo l'ipotesi prospettata nel programma:
a scegliere l'ipotesi cosiddetta dell'«onda anomala frantumata», con l'avvertenza che è necessaria, al riguardo, una speciale, continua verifica del suo andamento.

2) Per quanto attiene al capitolo I criteri generali per la riorganizzazione dei curricoli:
precisato:
a) che sono condivisibili le osservazioni del programma di attuazione relative ai principi informatori dei curricoli e cioè alla necessità che:
rispondano ai bisogni formativi degli alunni e alle istanze territoriali di riferimento, nella prospettiva di bilanciare unitarietà del sistema e pluralismo culturale;
siano formulati esaltando l'essenzialità, la storicità e la problematicità;
tengano conto del carattere progressivo e graduale dei percorsi, in antitesi con l'attuale ripetersi degli stessi contenuti nelle fasi successive;
rafforzino tra le competenze essenziali quelle linguistiche e matematiche, nonché la capacità di impiego delle tecnologie informatiche;
b) che per quanto attiene al monte ore annuale, i curricoli debbano fare riferimento alle indicazioni orarie stabilite e cioè:
da 1.150 a 1.300 ore annuali per la scuola dell'infanzia, forte dei suoi ordinamenti e, per la prima volta, considerata


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parte integrante del sistema di istruzione ed educazione sotto la diretta responsabilità del dirigente scolastico. La realizzazione di questo obiettivo implica, in particolare, la riconversione delle sezioni ancora funzionanti a tempo ridotto nella prospettiva di una progressiva generalizzazione della scuola d'infanzia;
attorno alle 1.000 ore annuali (30 ore settimanali per 33 settimane) per la scuola di base, con una quota riservata alle istituzioni scolastiche attorno al 25 per cento;
attorno alle 1.000 ore annuali per la scuola secondaria con una soglia autonoma del 20 per cento, incrementabile con una quota fino al 10 per cento nei primi due anni, per attività di recupero e orientamento e fino al 20 per cento, nei tre anni finali, per garantire l'articolazione interna agli indirizzi mediante l'insegnamento di discipline scelte dalle scuole sulla base di un repertorio di opzionalità definito a livello nazionale;
c) che per la scuola secondaria, i curricoli debbano tenere conto della nuova definizione per aree e indirizzi con la seguente articolazione dei licei:
Area classico-umanistica con due indirizzi:
lingue e letterature classiche;
lingue e letterature moderne;
Area scientifica con due indirizzi:
scienze matematiche e sperimentali;
scienze sociali.
Area tecnica e tecnologica con sei indirizzi:
gestione e servizi per la produzione di beni;
gestione e servizi per l'economia;
gestione e servizi per l'ambiente e il territorio;
gestione e servizi per le risorse naturali e agro-industriali;
gestione e servizi alla persona e alla collettività;
gestione e servizi relativi al turismo.
Area artistica e musicale con almeno due indirizzi;
a tenere comunque conto dello sviluppo progressivo dell'intero percorso settennale nel definire in maniera compiuta, per il settembre 2001, i curricoli dei primi due anni della scuola di base;
per quanto attiene l'articolazione della scuola di base, a considerare la soluzione prospettata (2+3+2) come ipotesi di lavoro, valida soprattutto per le implicazioni metodologie e organizzative, da realizzare nell'ambito dell'autonomia didattica e organizzativa e da verificare a conclusione del primo triennio;
per quanto riguarda il curricolo dei primi due anni della scuola secondaria, ad attenersi più rigorosamente al comma 3 dell'articolo 4 della legge n. 30 del 2000, per cui la possibilità di passare da un modulo all'altro anche di aree e di indirizzi diversi non può in alcun modo deprimere la caratterizzazione specifica dell'indirizzo e l'obbligo di un rigoroso svolgimento del relativo curricolo, visto nella sequenza quinquennale, anche se a svolgersi in anni di obbligo scolastico. In tale senso, andrà valutato anche l'equilibrio da realizzarsi tra le materie di indirizzo e quelle di equivalenza disciplinare;
per quanto riguarda i curricoli in generale della scuola secondaria, a far sì che, in particolare per l'area tecnica e tecnologica, nonché per quella artistica e musicale, il rafforzamento della dimensione culturale non ostacoli l'apprendimento di specifiche professionalità spendibili, al termine del quinquennio, sia sul mercato del lavoro, sia per l'accesso alla formazione tecnica superiore o all'università. Per la calibratura degli stessi curricoli, dovrà tenersi conto dei previsti raccordi con il mondo della formazione professionale e dell'apprendistato già previsti in altre leggi;


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ad attenersi, nella formazione dei curricoli, agli aspetti innovativi della legge che, mentre sottolinea la necessità dell'incontro (variamente modulato nelle diverse aree e indirizzi) con la cultura classica e con l'approccio storico-filosofico, e ciò al fine della valorizzazione della persona umana, così fortemente richiamata nell'articolo 1 della legge, fa esplicitamente cenno (comma 6 articolo 4) all'arricchimento derivante dall'alternanza scuola-lavoro-professioni che deve diventare esperienza estesa a tutte le aree della scuola secondaria.

2) Per quanto attiene al capitolo Il personale docente: valorizzazione delle professionalità, riqualificazione, riconversione:
Precisato:
a) che sono condivisibili gli obiettivi relativi al progetto generale di formazione in servizio che, nella necessaria concertazione con le forze associative e sindacali presenti nella scuola, dovrà:
affrontare problemi specifici connessi ai diversi cicli (in particolare la convivenza, nella scuola base, di docenti delle ex scuole elementari e media);
privilegiare le attività formative da realizzare, anche mediante la formazione a distanza, nelle scuole e in altri ambienti integrati;
agevolare l'autoformazione (mediante borse di studio, periodi sabbatici e un sistema di crediti cumulabili nel tempo);
prevedere strumenti per agevolare l'acquisizione di crediti universitari, di specializzazioni universitarie, di dottorati di ricerca disciplinari e master orientati alla didattica, di nuovi crediti in materie affini a quelle di titolarità;
b) che per la realizzazione del progetto l'amministrazione dovrà strutturare una rete permanente di servizi di supporto alle istituzioni scolastiche (consulenza tecnica, documentazione ecc.);
c) che, una nuova disciplina giuridica (anche di normazione secondaria) sostitutiva di quella del Testo unico dovrà intervenire sui seguenti punti:
la formazione dei docenti sia iniziale che in servizio;
la possibilità di articolazioni di carriera, con la eventuale definizione di diversi gradi di docenza e, come base per l'attuazione di compiti e di responsabilità, di una anagrafe delle competenze e delle professionalità dei docenti;
i criteri di valutazione e di certificazione nonché l'individuazione dei soggetti valutatori;
i ruoli del personale con la revisione del rapporto di impiego e la riarticolazione del sistema delle classi di concorso per ambiti disciplinari.

In merito alla formazione iniziale dei docenti, dovendosi rinviare necessariamente al decreto interministeriale in via di definizione la indicazione dei curricoli universitari previsti per i vari ordini di scuola, a ripensare gli attuali percorsi universitari, soprattutto per le facoltà i cui laureati più frequentemente entrano nella scuola, in modo da integrare con lo studio delle scienze della formazione, l'approfondimento disciplinare.
A prefigurare vere forme di partenariato tra scuola e università almeno per quanto riguarda i laboratori didattici e il tirocinio.
A stabilire comunque, nella formulazione del regolamento di cui al comma 8 dell'articolo 6 della legge n. 30 del 2000, relativa ai titoli universitari richiesti per il reclutamento degli insegnanti della scuola di base, la necessità di una laurea integrata da una fase di approfondimento pedagogico e didattico che contenga esperienze di tirocinio, anche al fine del tendenziale raggiungimento del ruolo unico; l'esigenza di una laurea è da consigliare anche per la scuola per l'infanzia, sia pure con peculiari, specifiche modalità.


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4) Per quanto attiene al capitolo: Criteri generali per la formazione degli organici di istituto:
a estendere alla scuola secondaria l'organico funzionale;
ad attuare il programma che si propone di superare le attuali rigidità:
assumendo come base di calcolo il monte ore complessivo annuale riferito al curricolo relativo;
prevedendo un incremento dell'organico che consenta di recuperare risorse per l'esercizio della flessibilità e per l'attuazione della progettualità della scuola e dei percorsi didattici personalizzati;
riorganizzando per ambiti disciplinari le attuali classi di concorso.

5) Per quanto attiene al capitolo: L'adeguamento delle strutture edilizie e delle infrastrutture tecnologiche.
Precisato che il programma si fonda su una ricognizione regionale delle strutture edilizie esistenti, con la relativa valutazione delle possibili conseguenze del riordino sull'utilizzazione degli edifici scolastici attuali. Secondo tale ricognizione:
a) per la scuola di base non si prevedono grandi problemi relativi al numero complessivo delle aule, dal momento che nel settennio va a incidere la riduzione complessiva di un anno.
Infatti, ben l'84 per cento delle classi (57 per cento dei comuni) può essere allocata mantenendo corsi settennali completi all'interno dello stesso edificio, utilizzando sia le attuali scuole elementari che, ove occorra, le scuole medie. La percentuale raggiunge addirittura il 97 per cento delle classi (e il 74 per cento dei comuni) se si spezzano alcuni corsi completi in più edifici all'interno dello stesso comune.
Per quel restante 3 per cento delle classi (ma 26 per cento dei comuni) situate in quei piccoli comuni che ora dispongono della sola scuola elementare, si suggerisce il completamento in loco utilizzando spazi disponibili anche fuori del plesso e, solo eccezionalmente, il ricorso all'utilizzo di aule anche nei comuni viciniori.
b) per la scuola secondaria non ci dovrebbero essere grandi problemi strutturali se non in relazione alla cosiddetta «onda anomala», per la quale, come extrema ratio è ipotizzabile l'utilizzazione di quelle aule degli istituti scolastici di livello inferiore resi disponibili dalla contrazione temporale:
a considerare la diversificazione di plesso non solo negativamente, ma come opportunità da valutare per risolvere questioni di compresenza giudicate problematiche tra gli alunni dei primissimi anni del settennio e alunni ormai prossimi all'adolescenza, o per recuperare presenze periferiche in piccoli comuni;
ad adottare specifiche soluzioni per favorire l'applicazione della riforma nelle scuole paritarie che non abbiano riuniti i corsi delle attuali elementari e medie in uno stesso istituto;
a occupare gli anni di tempo che intercorrono da ora al momento della definizione complessiva del quadro dei bisogni per approntare strumenti atti a sostenere la ricerca di soluzioni idonee che dovranno essere affrontate dalle amministrazioni comunali e provinciali competenti.

Quanto alle infrastrutture tecnologiche il programma fa notare che il già iniziato impegno su questo nuovo terreno ha come meta finale il conseguimento per tutti gli studenti di una padronanza tanto strumentale che concettuale delle tecnologie dell'informazione, padronanza da raggiungere sia attraverso momenti di studio all'interno delle diverse discipline sia con un periodo in cui lo studio, si consolida in una specifica disciplina obbligatoria per tutti.

6) per quanto attiene alla: Relazione di fattibilità.
Premesso che la verifica prende in esame il complesso delle risorse che risulteranno


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necessarie per l'attuazione in tutte le scuole dei rispettivi piani dell'offerta formativa, e cioè:
le strutture edilizie;
le infrastrutture tecnologiche e didattiche;
il personale dirigente, docente e ATA;
le risorse finanziarie per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.

Il tutto viene valutato in funzione delle varie ipotesi messe in campo e delle soluzioni da adottare a seguito delle opzioni operate dalle risoluzioni parlamentari.

Precisato che:
a) per quanto riguarda le strutture, gli adeguamenti che si renderanno necessari non dovrebbero comportare di per sé un aumento nel numero o nella tipologia delle strutture fisiche e che nuovi dimensionamenti potranno comunque mutuare dal decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1997 criteri e modalità operative, con i necessari adeguamenti;
b) con riguardo alle risorse professionali:
il ruolo unico dei dirigenti scolastici potrà subire un'ulteriore riduzione di posti in aggiunta a quella avvenuta. Risultando tuttavia ancora vacanti posti di dirigente, si ipotizza che le riduzioni non intaccheranno il personale oggi in servizio;
anche per il personale ATA le risorse attualmente disponibili paiono sufficienti;
in prima applicazione il nuovo assetto non incide, sul personale docente attualmente nella scuola dell'infanzia e in quella secondaria;
più complesso è il discorso per la scuola di base per la quale, a parità di altri fattori, è ipotizzabile alla fine del periodo transitorio una rimodulazione, rispetto alle attuali, delle consistenze di organico, le cui disponibilità saranno commisurate alle nuove esigenze derivanti dalla riduzione dell'orario di servizio e dall'ampliamento dell'offerta formativa;
c) sulla quantificazione degli effetti sul fabbisogno di organico e le economie di spesa incidono più ipotesi, concernenti:
la riduzione dell'orario di servizio degli insegnanti della scuola elementare;
l'adozione di misure atte a «frantumare l'onda anomala»;
la scansione dei tempi di avvio delle riforme secondo le ipotesi precedentemente formulate.

Ricordato comunque che:
la legge n. 30 del 2000 prevede comunque la possibilità di finanziare con appositi provvedimenti legislativi le esigenze impreviste che si presentassero nel corso dell'attuazione della riforma stessa, e che il patto sociale del Natale '98 prevedeva la redazione di un piano pluriennale di investimenti;
a redigere il suddetto piano;
ad adottare le già precisate soluzioni relative all'avvio della riforma nell'anno scolastico 2001-2002, con la variante dell'onda anomala frantumata, che prevedono economie di spesa oscillanti tra i 19.000 miliardi circa, con orario invariato per i docenti, ai 6000 miliardi circa, con orario a l8 ore settimanali per tutti;
a impegnarsi con le organizzazioni a ciò deputate a una contrattazione collettiva che affronti il problema di tali oscillazioni, sembrando più praticabile la realizzazione della riduzione graduale di orario a 18 ore (senza che ciò debba comportare riduzione, nella scuola di base, delle compresenze di insegnanti previste), attraverso una fase intermedia a 20 ore e la conclusione finale al momento del consolidamento definitivo della riforma.
6-00155.
Mussi, Soro, Paissan, Crema, Monaco, Manzione, Bastianoni, Mazzocchin.
(Approvato)


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La Camera,
premesso che:
il Governo, per adempiere al dettato normativo dell'articolo 6 della legge n. 30 del 2000, ha eluso, nella predisposizione del primo programma quinquennale di attuazione del riordino dei cicli, deliberatamente e colpevolmente qualsiasi forma di informazione e di confronto con le componenti della comunità scolastica (docenti, studenti, famiglie), come è stato denunciato dalle organizzazioni sindacali di categoria, ma anche dalle associazioni dei genitori e degli studenti, che in questi giorni hanno protestato nelle piazze;
il programma del Governo presenta ipotesi di soluzioni mai discusse neppure nella ampia commissione di lavoro (300 membri), istituita dal ministro della pubblica istruzione allo scopo di individuare le strategie di attuazione della riforma. Ciò mette in luce la vera natura del piano che porta netta l'impronta delle preferenze dei consiglieri scelti dal ministro per redigerlo e allarga il dissenso sulla riforma;
il programma non è pienamente conforme ai contenuti della legge-quadro, in quanto su molti punti, alcuni dei quali assolutamente nevralgici come il tipo di formazione da dare ai nuovi insegnanti, non indica soluzioni, ma elenca problemi e molteplicità di alternative contraddittorie le une con le altre. In altri casi, come in quello della gestione della messa a regime della riforma, non esplorata in tutte le sue conseguenze, il programma si limita ad adottare una sola metodologia di attuazione, che è quella di natura procedurale, che lascia molti problemi aperti, affrontati nel piano con troppa leggerezza. Per poter elaborare una soluzione adeguata ai temi in discussione, il Parlamento avrebbe dovuto procedere ad un dibattito più approfondito prevedendo altri studi di fattibilità;
il programma, contrariamente al dettato di legge, sembra sospingere la scuola dell'infanzia verso un'area socio-assistenziale ed accentuarne il carattere statale, con ciò lasciando sullo sfondo, come ipotesi più remota il rafforzamento, a questo livello di scuola, del sistema pubblico integrato, previsto dalla recente legge di parità;
il programma presenta un'ipotesi di articolazione del settennio del primo ciclo inaccettabile per il grado di indeterminazione che contiene, tanto più che molte materie toccano elementi delegati a successive contrattazioni sindacali. Soprattutto, è inaccettabile per il modo in cui essa si coniuga con le modalità di impiego degli insegnanti. Viene radicalmente distrutto, infatti, quel carattere che, nonostante contraddizioni e difficoltà, ha consentito sinora alla scuola elementare di raggiungere risultati di primario valore: ossia di avere insegnanti formati e indirizzati in funzione dell'educazione e istruzione complessiva degli allievi, e non preoccupati primariamente delle rispettive discipline, o ambiti di insegnamento, come è richiesto per quelle fasce di età. È questa la conseguenza che necessariamente deriva dalla scelta, contenuta nel piano del Governo, di limitare alle due sole prime classi l'impiego esclusivo di questi insegnanti, di portare nelle classi dalla terza alla quinta anche i professori di scuola media, preparati e abituati a tutt'altro tipo di insegnamento. In più, diminuendo contestualmente l'orario degli attuali insegnanti delle elementari si provoca una ulteriore moltiplicazione di figure docenti nelle classi e conseguente frammentazione dell'insegnamento. A conferma di questa precisa opzione di radicale secondarizzazione di tutta la scuola di base, a partire dalla prima classe, sta l'indicazione che nel previsto ruolo unico «anche gli attuali insegnanti elementari siano inseriti per ambiti disciplinari», eliminando così del tutto la figura stessa del maestro. Agli effetti gravissimi di tutto ciò per quanto riguarda gli esiti educativi si uniscono naturalmente i riflessi profondamente negativi per la condizione dei docenti delle attuali scuole elementari e medie, mescolati confusamente e perciò umiliati, e soprattutto male utilizzati, nelle differenti professionalità;


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il programma, forzando la legge n. 30, che ribadisce un coerente e rigoroso sviluppo quinquennale dei curricoli secondari, prevede, al contrario, per il primo biennio un carattere fortemente orientativo, collegato alla scuola di base, che finisce per giustificare questo tempo scolastico, non più e non tanto in virtù del triennio di indirizzo o l'obbligo formativo, ma in virtù della trasversalità delle conoscenze. Si ottiene così di fatto una scuola secondaria di soli tre anni che compromette la qualità dell'istruzione, nonché della formazione necessaria per l'accesso agli studi universitari;
il programma, sul tema capitale della formazione iniziale dei docenti presenta un ventaglio di ipotesi tra loro contrastanti, e rimette, invece, la decisione al Parlamento che non ha avuto i tempi necessari per approfondire la discussione su un argomento così delicato e determinante per la scuola. Una scelta comunque traspare dal piano: quella assolutamente inaccettabile di eliminare per il futuro la differenziazione tra due professionalità così diverse come quelle fin qui richieste per le così diverse fasce di età degli allievi delle elementari e delle medie, giacché si prevede che la formazione iniziale assicuri le competenze necessarie per insegnare «nell'intero arco del settennio»;
il programma, rispetto alla formazione in servizio, prospetta tempi e risorse ordinarie, a fronte di obiettivi che, invece, sono straordinari, sia rispetto ai tempi (la riqualificazione professionale deve intervenire prima e non dopo l'attuazione dei cicli), sia rispetto alle risorse finanziarie, necessarie al massiccio intervento di preparazione del personale dirigente e docente alla riforma;
il programma non prevede finanziamenti straordinari per l'attuazione della riforma, che considera «a costo zero», anche in presenza di effetti inevitabili, ma costosi, come l'adeguamento delle strutture edilizie e la gestione della cosiddetta «onda anomala» dell'anno scolastico 2007/8 per effetto della sovrapposizione nelle classi di due generazioni di età,

impegna il Governo

a rinviare l'attuazione del piano quinquennale e a ridefinirne i contenuti.
6-00156. (Nuova formulazione) Pisanu, Selva, Pagliarini, Follini, Volontè, Aprea, Napoli, Bianchi Clerici, Giovanardi, Teresio Delfino, Taradash.