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La seduta, sospesa alle 12,15, è ripresa alle 15.
PRESIDENTE. Avverto che, prima della ripresa pomeridiana della seduta, sono stati ritirati gli emendamenti Moroni 5.132, 5.125, 5.303, 5.304, 5.127, 5.128, 5.129, 5.130, 5.305, 5.309, 5.310, 5.311, 5.312, 5.307, 5.308, 5.138 e 8.16.
domani alle 8.30 ho convocato l'Ufficio di Presidenza per esaminare appunto il problema del calcolo delle missioni invitando lo stesso collega Vito ad esporre la sua argomentazione perché i colleghi dell'Ufficio di Presidenza possano prenderne conoscenza direttamente.
TIZIANA MAIOLO. Mi ha fatto perdere l'equilibrio!
PRESIDENTE. No, questo mai; in genere lo faccio acquistare.
FEDERICO ORLANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i Democratici sosterranno questa riforma dei rapporti fra Stato, regioni ed enti locali. Non è la riforma che cinque anni fa l'Ulivo propose al paese, ma è ciò che nelle condizioni politiche attuali è oggi possibile fare, in una continuità per noi significativa.
programma dell'Ulivo, che proprio dalla riforma federale partiva, ponendo addirittura come terza delle sue ottantotto tesi l'autogoverno locale e il federalismo cooperativo e come quarta tesi la Camera delle regioni.
PIETRO ARMANI. Questo è un comizio!
FEDERICO ORLANDO. Quest'ultimo ci ha fatto sapere ieri per fax di sconfessare le proposte illustrateci in mattinata da Ghigo, che in parte noi della maggioranza in Commissione affari costituzionali avevamo accolto nel testo Soda-Cerulli Irelli e riproposto nei nostri emendamenti, che di quel testo rappresentavano lo stralcio da votare entro questa legislatura. Un testo e uno stralcio mantenuti rigorosamente dentro gli spazi possibili della revisione costituzionale, senza sconfinare in quelle avventure, come la rifondazione dello Stato attraverso nuovi plebisciti o un patto federativo, che porterebbero, come ha ricordato stamattina il Presidente Violante, non alla revisione, ma alla distruzione della Costituzione e all'oscuro abisso del potere costituente.
in simultanea alle elezioni politiche e al referendum sicché questo tiri la volata al risultato di quelle.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanardi, che ha quattro minuti di tempo. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, io invidio davvero l'ottimismo e le certezze del collega Orlando che io non posso avere perché informo i colleghi, specialmente quelli meno seguono direttamente questa materia, che fino a ieri sera questo testo era composto da diciotto articoli, dieci dei quali la notte scorsa sono stati eliminati, non accorpati, mentre gli altri sono stati largamente modificati. Quindi, chi come me fa parte della Commissione affari costituzionali questa mattina si è trovato di fronte, dopo anni di lavoro, ad un quadro completamente modificato rispetto a quello della sera precedente poiché due terzi degli articoli non ci sono più. Il Presidente però ha appena annunciato correttamente che, mentre facciamo questo supplemento di dibattito generale per cercare di capire che cosa è successo, sono stati presentati dalla Commissione altri emendamenti - che io non ho ancora visto - che possono essere subemendati fino alle ore 20. Ma nessuno sa cosa sia scritto in questi emendamenti. Il collega Orlando si è dichiarato ottimista nei confronti di questa riforma ma io domando: quale riforma? Fino a ieri c'era scritto «federalismo» e si discuteva se il testo fosse o no federalista. Sembra che oggi la maggioranza sia arrivata alla conclusione che in quel testo non c'era nulla di federalista e quindi questo termine è stato cassato. Mi sembra di capire che oggi, alle 15,15, stiamo parlando di una modifica delle competenze previste dall'articolo 117 della Costituzione da ripartire diversamente fra Stato e regioni. Credo che sia così perché non ho avuto modo ancora di leggere gli ultimi emendamenti presentati; comunque, stiamo parlando di qualcosa che esula completamente dalla materia che avevamo trattato nella Commissione bicamerale.
ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Non è vero!
CARLO GIOVANARDI. ...e a meno che tale emendamento non venga in qualche maniera recuperato. Signor Presidente, per dire della difficoltà del lavoro fatto, voglio ricordare che i quattro emendamenti fondamentali proposti dalla casa delle libertà sono in qualche modo scomparsi con la presentazione dei subemendamenti; alcuni di essi (come, ad esempio, l'emendamento relativo alla Corte costituzionale) non si sa più dove collocarli tecnicamente!
Ci vuole molto ottimismo e anche un po' di faccia tosta - lo dico al collega Mussi - per dire che la casa delle libertà si è presentata a questo dibattito con alcune riserve. Accidenti! Mi chiedo quale Parlamento al mondo si appresti a modificare le parti fondamentali della Costituzione in tali condizioni...
ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Questo era chiaro da luglio!
CARLO GIOVANARDI. ...con una corsa così affannosa per modificare all'ultimo secondo un testo sul quale la discussione è andata avanti per mesi, se non per anni. Per quanto ci riguarda, in questi tre giorni cercheremo di capire che cosa stia succedendo, che cosa voglia la maggioranza, quale tipo di impostazione o di testo intenda portare avanti, se sia aperta o meno al principio di sussidiarietà, se il trasferimento delle competenze sia reale o solo fittizio e se questo testo potrà avere una qualche continuità in una riforma della Costituzione che abbia una sua organicità. Come temo, visti i tempi parlamentari, ciò servirà solo per salvarci l'anima approvando una norma qualsiasi di modifica della Costituzione pur di dire all'opinione pubblica che si è stati bravi a realizzare il federalismo. Questo non è un modo serio di operare per un Parlamento! La nostra battaglia in questi tre giorni sarà non solo di tipo parlamentare...
PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi, deve concludere.
CARLO GIOVANARDI. Ho concluso, signor Presidente. La nostra battaglia in questi tre giorni non sarà solo parlamentare, ma sarà necessaria per far comprendere, prima di tutto a noi stessi e poi al paese, che diavolo sta succedendo in questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone, al quale ricordo che ha 3 minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, in questi pochi minuti farò alcune rapide riflessioni. Stiamo tentando di riprendere il discorso che era stato interrotto nel novembre 1999. Stamattina ci siamo trovati di fronte a modifiche sostanziali apportate dalla Commissione affari costituzionali; non ritengo che questo sia un buon viatico per un serio approfondimento ed una seria valutazione dei testi al nostro esame. Debbo dire ciò con estrema chiarezza.
regioni. Nelle relazioni c'è un'esaltazione della democrazia e di un nuovo rapporto - concludo, signor Presidente - tra istituzioni e società civile, ma io ritengo che quella riforma dell'elezione dei presidenti delle regioni abbia consegnato, in fondo, le Assemblee legislative ad un indirizzo, ad un'azione del tutto personale del presidente della regione. Vi è, quindi, una riduzione della democrazia. Avendo partecipato all'approvazione di quella riforma, desidero consegnare all'attenzione dei colleghi una riflessione, un ripensamento sull'esaltazione delle Assemblee legislative, da svolgere non solo in questo momento, ma anche in futuro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghi, credo che in questo caso bisognerebbe abbandonare un po' di ipocrisia e di demagogia (lo dico anche ad alcuni colleghi che hanno parlato prima di me).
per il sistema delle autonomie, è fondamentale per una nuova concezione della Repubblica, che quando avremo approvato questo testo sarà costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato. Collega Giovanardi ed altri colleghi che prenderanno la parola, la conferenza dei presidenti delle regioni è presieduta da Ghigo, di Forza Italia, ed è venuta unanime, con l'ANCI e con l'UPI, a chiederci (leggo e concludo): «Le regioni, le province e i comuni, in vista dell'imminenza del voto della Camera sul testo sull'ordinamento federale, sostengono con forza l'esigenza di pervenire ad un risultato positivo, utilizzando nel modo più proficuo ed efficace il periodo residuo della legislatura in corso». Si sostiene dunque con convinzione l'impostazione tendente a concentrare la revisione costituzionale su alcuni qualificanti punti che riguardano particolarmente gli articoli 114 e dal 116 al 119 della Costituzione, tenendo ferme le abrogazioni degli articoli 125 e 130 e la modifica dell'articolo 127, già stabiliti nel testo unificato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, si sta sviluppando un singolare dibattito sulla questione del federalismo: sembra che tra i due poli si stia facendo una sorta di gara su chi per primo, meglio e più efficacemente dell'altro riesce a rompere lo schema unitario istituzionale del nostro paese e su chi per primo riesce a svuotare ulteriormente le funzioni e le prerogative dello Stato sociale.
letto un'intervista rilasciata dal presidente della regione Puglia, il quale non mi sembra essere molto in sintonia con quanto affermato da Formigoni e da Ghigo. Dietro questa ventata federalista vi è il bisogno delle regioni forti di contrapporsi a quelle più deboli, di amplificare le diversità, i differenziali di crescita e la qualità dello sviluppo. Percorrendo questa strada, si introduce l'egoismo e la forte contrapposizione sociale; vi è persino la difficoltà di mantenere parametri comuni - questo è un tema molto delicato - sulle questioni concernenti il governo del territorio. Questa logica risponde profondamente ad un disegno liberista: a questo disegno aderisce chi cerca illusoriamente di temperarlo e chi, al contrario, preferirebbe sprigionarne gli effetti più devastanti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.
ROSANNA MORONI. Presidente, vorrei partire da un dato statistico che impressiona anche se in fondo non sorprende più di tanto. Soltanto il 4 per cento degli italiani ha interesse per le questioni istituzionali; qualcuno ha parlato propriamente di riforme senza popolo riferendosi alla quasi totale assenza dei cittadini nella discussione su temi così importanti per le loro stesse condizioni di vita.
utilizzarla per dettare le proprie regole, per rafforzare i propri interessi, per imporre in sostanza il proprio dominio sul terreno economico e culturale.
trasferimento delle competenze a livello istituzionale più efficace e più vicino ai cittadini.
lo sviluppo ed il progresso dell'intero paese in un'ottica di unitarietà e solidarietà necessarie alla convivenza civile (Applausi dei deputati del gruppo Comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Crema. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, noi non ci nascondiamo che quanto la Commissione ha proposto a maggioranza all'Assemblea non rappresenta la riforma federale dello Stato; noi ce ne rendiamo perfettamente conto ed agiamo a carte scoperte. Peraltro, devo dire con tutta sincerità che il testo oggi all'esame è molto migliore di quello che era stato adottato come testo base e che parlava di riforma federale dello Stato. Sappiamo benissimo - noi che nella nostra proposta di legge lo abbiamo previsto, articolato e proposto ai colleghi degli altri gruppi - che nel testo in esame manca la Camera delle regioni, che non vi è la previsione di un'espressione delle regioni nella Corte costituzionale, che continuiamo a rinviare alla legge ordinaria il compito di completare sia le competenze, sia le funzioni delle regioni. Abbiamo anche la perfetta consapevolezza, però, che, dopo l'introduzione nella nostra legislazione dell'elezione diretta dei presidenti delle giunte regionali, del nuovo potere statutario e dell'autonomia statutaria, non può reggere a lungo il sistema del 1970 attualmente vigente. Di conseguenza, tra la proposta avanzata di fatto dal Polo e dalla Lega di non fare nulla e quella che, con insistenza e serietà, ci proviene dall'intero sistema delle autonomie locali e da tutte le regioni del nostro paese, abbiamo scelto la seconda.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.
GIANCARLO PAGLIARINI. Vorrei ricordare ai colleghi che il 18 maggio 1999 il Presidente Ciampi era venuto in quest'aula per giurare fedeltà alla Repubblica e di osservarne idealmente la Costituzione. In quell'occasione, aveva anche detto che «molto ci resta da fare per portare il nostro sistema politico alla modernità costituzionale europea in numerosi lineamenti nelle istituzioni di un federalismo che risponda al principio di sussidiarietà, a partire dalle autonomie comunali, e che già prima delle elezioni del 2000 dovrebbe vedere attuate le sue premesse costituzionali». Questo è quanto affermò in quest'aula il Presidente Ciampi.
nella Costituzione relativo alla perequazione delle risorse finanziarie? Tutti uguali? Ma siamo matti? Non esiste!
Nel testo al nostro esame voi prevedete aiuti per le regioni che hanno minore capacità fiscale per abitante. Ci va benone (ci mancherebbe altro), però vi è un nostro emendamento (che spero sia approvato, ma in Commissione è stato bocciato) che distingue la minore capacità fiscale per abitante perché più povero o perché evade di più. Se non si cambia il testo, avremo una Costituzione che aiuterà oggettivamente gli evasori fiscali. È evidente. Cerchiamo dunque di cambiare il testo per costruire effettivamente qualcosa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Guarino, al quale ricordo che ha tre minuti di tempo. Ne ha facoltà.
ANDREA GUARINO. Signor Presidente, la critica dell'UPR al progetto della cosiddetta riforma federale è di merito, non è nominalistica. La riforma nasce da una domanda proveniente dalle regioni e dai cittadini e, qualunque sia il nome che le si voglia dare, richiede determinate cose: la residualità delle competenze statali, l'autonomia organizzativa delle regioni, l'autonomia tributaria e la sussidiarietà. Questo progetto mortifica tutti questi aspetti che sono al centro delle richieste della nazione italiana.
nettamente contraria. Cosa significa questo non volere la sussidiarietà? Non siamo più ai tempi della bicamerale, quando la sussidiarietà poteva essere un concetto nuovo, anche dirompente e le stesse proposte di legge della maggioranza che sono confluite nel testo in esame recepivano il concetto della sussidiarietà orizzontale: cosa è cambiato? È venuta fuori una sfiducia nei cittadini e nelle componenti della nazione inerente al sapersi autogovernare, sia nelle istituzioni locali, sia nelle forme organizzative proprie dell'autonomia dei privati e delle loro formazioni sociali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calderisi, al quale ricordo che ha disposizione tre minuti di tempo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, molto brevemente devo dire che sulla materia non ho cambiato idea: il mio giudizio di forte inadeguatezza del testo della bicamerale è ancor più grave sul testo che stiamo esaminando. Vi sono alcune domande, signor Presidente, per le quali non riesco a trovare risposte (nessuno peraltro riesce a fornirle): a seguito di questa riforma i cittadini saranno gravati da un numero maggiore o minore di leggi e di regolamenti? Vi sarà un aumento o una diminuzione della burocrazia? Vi sarà un aumento o una diminuzione dei costi che peseranno sui cittadini? Ero quasi tentato di chiedere una relazione al Governo per capire quale sia la quantificazione della copertura del provvedimento. Esiste, infatti, una questione di fondo, vale a dire che una riforma del genere deve avvenire in un quadro di chiarezza di obiettivi e direttrici di fondo: è possibile ripartire le competenze fra Stato, regioni ed enti solo se si ha un disegno ben preciso. Esso potrà anche essere realizzato in tappe successive, ma deve essere chiaro, invece, a mio avviso, è assente; viene tralasciata una questione cruciale per il nostro paese: la volontà o meno di mettere un limite all'intervento della mano pubblica sulla società, sulle persone e sulle imprese. Il principio di sussidiarietà del quale abbiamo a lungo discusso non fa passi in avanti nel testo all'esame, mentre si tratta di un problema di fondo perché solo risolvendo tale questione, si può procedere nella ripartizione delle competenze. Come si fa, poi, a capire il groviglio di conflitti, senza avere la Camera delle autonomie? Si tratta di un elemento essenziale se si vuole procedere lungo un percorso di tipo federalista.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bampo, al quale ricordo che ha a disposizione tre minuti di tempo. Ne ha facoltà.
PAOLO BAMPO. Signor Presidente, il Forum popolare federalista per l'assemblea
costituente intende partecipare a questa fase preliminare affermando che il federalismo non è certo il mero decentramento, vale a dire la «bufala» che il centrosinistra ci sta proponendo. Un approccio corretto è il referendum consultivo proposto dal Polo delle libertà, che vuole valorizzare l'ente regione come struttura non più solo amministrativa, ma quale organo di governo politico e programmatico. Anche le dichiarazioni di Bari e Venezia dell'onorevole Bossi, al di là delle fuorvianti polemiche nelle quali il centrosinistra le ha sbrigativamente confinate, tendono ad una giusta definizione degli obiettivi istituzionali per risolvere la questione settentrionale attraverso la via regionalistica. Coloro che sostengono che quella referendaria sia una via anomala e incostituzionale debbono riconoscere, infatti, che questo percorso, in quanto forma compiuta di democrazia, inverte i processi decisionali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scoca. Ne ha facoltà.
MARETTA SCOCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Presidente Cossiga ci ricorda oggi dalle pagine della stampa che in senso proprio il federalismo presuppone due ordini paralleli di sovranità: la sovranità degli stati federati originari e la sovranità dello Stato federale storicamente originato.
prevede già, cioè è figlia di un potere già esistente e non è un potere costituente che nasce dalla formazione originaria di un ordinamento nuovo e di rottura con quello precedente. Così l'invocato patto federale è irricevibile da parte dei principi fondamentali della Costituzione vigente, anche perché non vi sono i soggetti legittimati a darvi vita. Ciò non solo perché investe un principio non modificabile e viola il principio di unità e di indivisibilità della Repubblica, ma anche perché le regioni difettano di questo tipo di legittimità, cioè non hanno la sovranità e dunque non hanno la titolarità dell'azione per le ragioni già esposte all'inizio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dei Popolari ha affidato a me il compito di esprimere il giudizio del gruppo sul provvedimento nel testo presentato dalla Commissione. Credo che la designazione sia dovuta al fatto che io sono da tempo professore di diritto pubblico e quindi le mie argomentazioni nei tempi consentiti saranno prevalentemente di carattere tecnico-giuridico. Non posso però in via preliminare esimermi da alcune considerazioni di carattere politico. La prima - ed è ovvia per un popolare - è che noi vediamo finalmente nel testo in esame la realizzazione della base della nostra cultura e della nostra ideologia: uno Stato che valorizzi le autonomie locali. Non penso soltanto al Manifesto dei liberi e forti di Luigi Sturzo, penso all'opera iniziata da quel piccolo prete siciliano in Caltagirone negli anni dell'inizio del secolo, quando imperava uno Stato centralista governato da Giolitti e dai suoi prefetti. Quindi, è la realizzazione di un'antica aspirazione, la realizzazione di qualcosa che appartiene alla nostra più profonda coscienza e cultura. Ma - è qui l'innesto politico con un argomento tecnico-giuridico - registriamo, in via preliminare, con soddisfazione che questa così rilevante modifica avviene nell'alveo della nostra Costituzione e con le modalità dell'articolo 138; avviene, quindi, in modo legittimo, non in modo avventuroso e illegittimo, come si vorrebbe tentare con il referendum che qualche regione vuole mettere in piedi e che...
DIEGO ALBORGHETTI. Che ti dà fastidio!
LORENZO ACQUARONE. ...basterà un'ordinanza di un TAR per porre nel nulla, in quanto andrebbe al di là, non solo della Costituzione, ma dello stesso statuto regionale della Lombardia (unica regione che sinora lo ha posto in essere). Facciamo, dunque, tali modifiche nell'alveo della Costituzione e dando ad essa attuazione: le modifiche del testo costituzionale oggi al nostro esame rappresentano una chiara esplicazione di quanto contenuto nell'articolo 5 della Costituzione. Si tratta dell'articolo - ricordiamocelo tutti - che vuole sì valorizzare le autonomie locali, ma nell'ambito di una Repubblica una ed indivisibile; è questo il principio di fondo che ispira la nostra adesione al testo presentato dalla Commissione: autonomie che valorizzino l'unità dello Stato, che non viene messa in discussione.
giuridica, dovuta all'intuizione di Laband, che non a caso era capogabinetto di Ottone von Bismarck, il quale era certamente un centralizzatore ed un accentratore, ha portato molto male nell'evoluzione dello Stato moderno e dello Stato democratico. Finalmente assistiamo ad un concetto di Repubblica che vede nel proprio ambito una serie di soggetti giuridici e di persone giuridiche (i comuni, le province, le città metropolitane, le regioni e lo Stato) con una differenziazione di funzioni a seconda dei principi - come giustamente affermato da un altro articolo del progetto di legge - di sussidiarietà e di adeguatezza.
dai comuni, secondo un principio di sussidiarietà e poi, ai livelli più alti, con una corrispondenza tra i soggetti che svolgono attività amministrativa ed i veri portatori degli interessi locali. Mi sembra che questo principio sia stato elaborato dal mio compianto maestro, che mi ha altresì preceduto quale vicepresidente della Camera dei deputati, professor Lucifredi, su un articolo pubblicato su Ius del 1950 o del 1951.
Avverto che l'articolo aggiuntivo Guarino 17.023 è stato sottoscritto anche dai deputati Pagliarini, Follini e Volontè.
In relazione alla questione posta dal collega Vito, vorrei informarvi che per
Comunico che i testi alternativi agli articoli 2, 3, 7 e 15 e gli emendamenti Fontanini 2.14, Stucchi 2.16, 2.26, 2.17, 2.27, 2.28, 2.32 - colleghi, per cortesia prendete posto; onorevole Savarese, per cortesia ... - e gli emendamenti Fontan 2.15 e 2.18, Fontanini 3.4, Stucchi 3.6, Pagliarini 7.18, l'articolo aggiuntivo Fontan 8.01, gli emendamenti Santandrea 15.2 e 15.15 e l'articolo aggiuntivo Fontan 17.06 sono stati riformulati dai presentatori nel senso di sostituire le parole «al patto federale» con le parole «alla Repubblica». Dal punto di vista costituente mi sembra un po' più grave, nel senso che queste norme sarebbero valide per le regioni che aderiscono alla Repubblica; bisognerà vedere cosa succede per quelle che non aderiscono perché finirebbero con il costituire uno Stato a sé. Soprattutto, si intende azzerare l'unità nazionale, cosa che naturalmente non è possibile. Valgono pertanto le considerazioni che ho già esposto precedentemente.
Avverto inoltre che sono stati presentati alcuni subemendamenti agli emendamenti presentati dalla Commissione nella serata di ieri. Tali emendamenti e subemendamenti sono in distribuzioni in fotocopia.
Alcuni fra i suddetti subemendamenti prevedono la soppressione ovvero la integrale sostituzione degli emendamenti che si riferiscono... onorevole Maiolo, per cortesia, non posso richiamare tutti. Lei non lo sa, ma non è il primo richiamo.
Dicevo che, conformemente alla prassi costantemente seguita in materia, tali subemendamenti debbono considerarsi inammissibili, mi riferisco a quelli che prevedono la soppressione o la integrale sostituzione di altri emendamenti. La portata emendativa dei subemendamenti è infatti più limitata rispetto a quella propria degli emendamenti. Si tratta di proposte di carattere accessorio, che non possono concepirsi come strumento indipendente dall'emendamento cui si riferiscono, rispetto al quale possono proporre modifiche parziali unicamente nell'ambito testuale del medesimo. In particolare, per quello che riguarda i subemendamenti integralmente soppressivi, essi sono suscettibili di alterare l'ordine naturale delle votazioni, anticipando il momento della votazione sull'emendamento. Per quanto riguarda i subemendamenti integralmente sostitutivi, essi si configurano come emendamenti autonomi, presentati dopo la scadenza del termine regolamentare.
Comunico, infine, che la Commissione ha presentato ulteriori emendamenti al testo del progetto di legge, che sono distribuiti in fotocopia. Il termine per la presentazione dei subemendamenti è stato fissato per le ore 20 di oggi.
Procediamo al dibattito introduttivo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Orlando. Ne ha facoltà.
Si tratta, dopo la riforma dell'elezione diretta dei presidenti delle regioni e delle norme antiribaltone, di una ulteriore riforma costituzionale, dopo quelle a Costituzione invariata, conosciute come leggi Bassanini. Con quelle leggi conseguimmo, come si disse, un regionalismo spinto ai limiti del federalismo. Oggi entriamo nell'anticamera del federalismo vero e proprio, ammesso che esista un modello, e uno solo, di federalismo vero e proprio. Vi entriamo con l'amarezza di non aver visto realizzato in questa legislatura l'intero
Poiché in questo mio intervento farò delle considerazioni critiche nei confronti del centrodestra, desidero cominciare facendo queste critiche a noi stessi, a noi della maggioranza, a noi che ci siamo smarriti nei labirinti della bicamerale. E tuttavia il recupero in extremis, con questa legge, di una parte, sia pure limitata, del nostro progetto federale avviene con il consenso di tutto il sistema delle autonomie e delle regioni, ove si eccettuino alcuni pasdaran della vecchia opposizione antiitaliana, che da qualche giorno hanno anche nuovi santi in paradiso, ma che noi speriamo non ne trovino abbastanza in terra da distruggere ciò che di buono i nostri padri hanno fatto, cioè l'Italia.
Ancora ieri i rappresentanti dei presidenti di regione, Ghigo e Errani, insieme ai rappresentanti dell'unione delle province e dell'associazione dei comuni, ci hanno chiesto di andare avanti con questa riforma, alla quale il centrosinistra ribadisce il suo «sì». Si assuma, dunque, la destra la responsabilità di dire «no». Noi temiamo purtroppo che questo «no» verrà detto, perché la destra non ha altro modo che unirsi nel «no» per mascherare le divisioni che su questa materia la attraversano e che non possono essere nascoste, come tutti avete potuto sentire ancora ieri ascoltando, per esempio, su Radio radicale gli antagonismi fra il clericale Formigoni e il nazional-liberale Fisichella, tra il leghista Pagliarini e il missino Storace, tra il piemontese Ghigo e il veneto Cavaliere.
Abbiamo ridotto il testo della legge, troppo pomposamente e precocemente intitolata «Ordinamento federale della Repubblica», ma al tempo stesso l'abbiamo arricchito, come sottolineeremo via via che verranno discussi gli emendamenti, proprio grazie al rapporto collaborativo istituitosi fra la Commissione affari costituzionali e le rappresentanze delle regioni e delle autonomie, preoccupate giustamente di mettere oggi in Costituzione non l'impossibile «tutto», ma il giolittiano «parecchio», che consentirebbe loro di cominciare a scrivere gli statuti regionali; statuti che devono essere conformi alla Costituzione che noi, colleghi, vi proponiamo di integrare piuttosto che alla Costituzione oggi vigente, che non consentirebbe agli statuti un adeguato respiro.
Sarebbe falso - come hanno scritto in questi giorni politici e costituzionalisti di ogni parte - far credere ai cittadini che con i referendum consultivi delle popolazioni le regioni potrebbero assumere maggiori spazi e poteri, magari più ampi e forti di quelli che questa riforma apre loro. È roba da prestigiatori fanatici o in malafede, «formigoneschi» per lo più, perché i referendum consultivi - sempre legittimi ed auspicabili - conferiscono conoscenze ai governanti ma non poteri e spazi nei quali esercitarli; perciò chi contrappone i referendum consultivi a questa riforma elude il problema di dare oggi reali poteri nuovi alle regioni e alle autonomie ed è quindi contro le regioni e contro le autonomie, fa solo propaganda e diffonde agitazione, sperando di arrivare
Concludo ripetendo che noi democratici siamo consapevoli che questa legge è solo una parte dell'edificio del nuovo Stato che intendiamo costruire. Abbiamo alle spalle il programma dell'Ulivo, che vi ho ricordato, dove spicca l'istituzione simbolo dello Stato federale: il Senato delle regioni o Camera delle autonomie.
Personalmente, da vecchio liberale, sono convinto che la legge Cavour-Minghetti sulle autonomie, come ha scritto stamani Cossiga, avrebbe avuto ben altri effetti della nostra se non fosse naufragata per la morte prematura di Cavour e per le pie gesta di quei bravi briganti - così cari ai giovinetti di Formigoni - che impaurirono gli eredi di Cavour e li spinsero ad accentrare il nuovo Stato unitario per difenderlo da Pio IX, dai Borboni e dagli austriacanti lombardo-veneti.
È con questi sentimenti, è con queste idee che noi democratici ci apprestiamo a sostenere fino in fondo questa riforma piccola ma necessaria (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici-l'Ulivo).
È stato accantonato il punto relativo alla Camera delle regioni e quello - ad esso collegato - relativo alla forma di Governo o di Stato, nonché all'eventuale elezione diretta del Presidente della Repubblica: mi sembra di capire che il principio di sussidiarietà (che pure era accennato in uno degli articoli cassati) non sia più presente, a meno che non sia previsto in qualcuno degli emendamenti...
Signor Presidente, ho letto e riletto le relazioni dei relatori per la maggioranza, onorevoli Soda e Cerulli Irelli. Certamente in quelle relazioni vi sono progetti ambiziosi di riforma che - ahimè - non trovano riscontro nella normativa rassegnata alla nostra valutazione. Da tale normativa non si evince alcuna riforma sostanziale del nostro ordinamento. Non riesco a comprendere le considerazioni dell'onorevole Orlando: l'attuale legislatura era stata ipotizzata come una legislatura riformista e costituente; la Commissione bicamerale fu costituita con grande entusiasmo e con grandi speranze, tant'è vero che il capo della maggioranza - l'onorevole D'Alema - volle fare il presidente di quella Commissione. Quello fu un fallimento, ma vi è stato un fallimento complessivo dell'ordinamento e dello sforzo di rivisitazione della Costituzione.
Chiedo al Presidente - ma anche al ministro per le riforme istituzionali - come sia possibile immaginare una riforma del genere svincolata da un progetto e da un contesto complessivo e se queste piccole riforme o aggiustamenti (che costituiscono in fondo un decentramento per materie) non rappresentino un dato parziale che fa perdere di vista lo sforzo che avremmo dovuto compiere per apportare una riforma all'intero impianto costituzionale ed ordinamentale. Mi pongo tale interrogativo.
In questa legislatura siamo andati avanti in termini molto parziali, a volte rapsodici, con interruzioni e successive riprese, anche per quanto riguarda la riforma dell'elezione dei presidenti delle
Dopo il blocco della bicamerale, che è stato deciso non dalla maggioranza, ma dal Polo e dalla Lega, in quest'aula, il 2 giugno 1998, si è traumaticamente interrotto il processo riformatore dell'intera seconda parte della Costituzione, concernente l'ordinamento della Repubblica. Quel disegno organico, come tutti noi sappiamo, riguardava la forma di Stato; la forma di governo; il superamento del bicameralismo perfetto, con una delle due Camere che assumesse il ruolo di Camera delle regioni e delle autonomie locali; la partecipazione dell'Italia all'Unione europea; un'organica riforma di tutto il sistema delle garanzie. La decisione di bloccare questo disegno organico non è stata assunta dalla maggioranza: tutti noi ricordiamo ciò che è stato detto in quest'aula in quel drammatico 2 giugno 1998. Si è poi capito - e di questo do atto non solo alla maggioranza, di cui faccio parte, ma anche all'opposizione - che era comunque necessario riprendere alcuni aspetti, sia pure delimitati, del processo riformatore. A mio parere sarà anche necessario - se ce la faremo, in questi mesi - riprendere alcuni aspetti della riforma concernenti la forma di governo, in materia di nomina e revoca dei ministri e di sfiducia costruttiva.
Oggi, però, è alla nostra attenzione la riforma del titolo V della Costituzione, dopo che negli scorsi mesi ci siamo occupati della riforma dell'articolo 111 con riferimento al giusto processo; abbiamo riformato il titolo V per quanto riguarda l'elezione diretta dei presidenti e l'autonomia statutaria di tutte le regioni a statuto ordinario; abbiamo approvato - manca soltanto la seconda deliberazione - la legge costituzionale di riforma degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano; abbiamo riformato la Costituzione in materia di diritto elettorale dei cittadini italiani residenti all'estero; abbiamo introdotto nella Costituzione l'ufficializzazione della lingua italiana (anche qui, il processo di revisione va ancora completato). Ora, dicevo, stiamo esaminando la riforma del titolo V della Costituzione. È ovvio, cari colleghi, che nel settembre del 2000 non può realizzarsi la riforma del bicameralismo perfetto, se andremo a votare nell'aprile-maggio del 2001. È ovvio (anche se sarebbe stato giusto che vi fosse stato e nella proposta della bicamerale c'era) che in questa fase non è possibile introdurre un rafforzamento delle garanzie costituzionali, collega Giovanardi: sarebbe stato giusto introdurlo, ed io avevo proposto che cinque giudici costituzionali fossero espressione del sistema delle autonomie e che si prevedesse l'accesso diretto alla Corte costituzionale da parte anche di comuni e province. È ovvio tutto questo, ma fu la scelta politica di affossare il disegno organico di riforma dell'ordinamento della Repubblica a bloccare tutto questo processo.
La riforma che stiamo esaminando è sicuramente parziale, non è la riforma organica in senso federalista, però è una riforma fondamentale per andare nella direzione di un'organica riforma federalista dello Stato. È fondamentale per le regioni, che ce l'hanno chiesta, è fondamentale
Se il collega Giovanardi avesse seguito il lavoro di questi mesi, di queste settimane, di questi giorni e di queste ore saprebbe che stiamo esattamente realizzando - non in fotocopia, data la sovranità e l'autonomia del Parlamento, ma sulla base di un fecondo dialogo tra tutte le forze politiche ed il sistema della autonomie nel suo complesso, regioni, province e comuni - quello che prima di tutto Ghigo, ma anche il vicepresidente della Conferenza Stato-regioni ed i presidenti dell'ANCI e dell'UPI hanno chiesto, non più tardi di ieri, sia a noi della maggioranza sia a voi dell'opposizione.
Per questo motivo ritengo dovremmo uscire dalla demagogia e dall'ipocrisia e decidere se questa proposta, così solenne e importante - che dobbiamo autonomamente valutare -, debba essere realizzata o meno: per quanto ci riguarda, vorremmo portarla a compimento possibilmente attraverso un ampio dialogo e confronto con tutte le forze parlamentari, perché la revisione costituzionale diventa molto più impegnativa e significativa se viene decisa sulla base di un ampio accordo. Da parte nostra vi è comunque la volontà di arrivare in fondo positivamente a questo percorso riformatore (Applausi).
Onorevole Giordano, le ricordo che ha quattro minuti a disposizione.
Anche lei avrà notato che questa mattina un giornale a tiratura nazionale riportava l'intervista di un autorevole esponente del centrosinistra, che ritengo interverrà in questo dibattito, il quale diceva: «La devolution? La faremo prima noi».
Noi non parteciperemo a questa gara, perché non possiamo prendere parte ad una gara su un argomento di questo tipo e voteremo contro le proposte di modifica costituzionale, proponendo un'alternativa vera, volta a realizzare un reale decentramento di funzioni e poteri alle regioni, senza sostituire centralismo statale a centralismo regionale, in un quadro certo di riferimenti generali e centrali da contrapporre alla vaghezza di riferimenti esposti a qualsiasi spinta centrifuga o ad una qualsiasi pericolosa forzatura.
Signor Presidente, non ci sfugge la pericolosità del referendum richiesto e deliberato dalla regione Lombardia: si tratta di un atto propagandistico di cui andrebbe verificata la costituzionalità e comunque foriero di conseguenze politiche che amplificano orientamenti ed interessi regressivi socialmente divaricanti nel paese.
All'interno dello stesso schieramento di centrodestra vi sono opinioni difformi. Ho
Il segno di fondo in materie dirimenti è lo svuotamento progressivo delle funzioni pubbliche. In questo senso riteniamo che ci sia uno svuotamento dei principi di uguaglianza dei cittadini sanciti dalla Costituzione, rendendo quell'uguaglianza del tutto formale, immaginaria, falsa.
Dietro questo modifiche costituzionali c'è il primato del privato sul pubblico, il rischio, oserei dire la certezza, che su materie come sanità, formazione e assistenza la diseguaglianza tra chi può e chi non può sia sempre più grave ed accentuata, in sintonia del resto con i testi di legge sulla privatizzazione dei servizi pubblici.
Sta qui dunque la differenza strategica e radicale con la nostra impostazione: tra chi sceglie di aderire ad un impianto liberista e chi al contrario propone un decentramento e prospetta un protagonismo ed una partecipazione democratica (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).
Credo che nel corso dei nostri lavori dovremmo tenere bene a mente questa situazione e ricordare che, se le riforme non appassionano, è perché sono considerate estranee ai problemi concreti di tutti i giorni ma anche per il diffuso oscuramento di ideali e valori, che in passato avevano caratterizzato l'identità della sinistra e l'avevano resa ben distinguibile, per la disinvoltura e la superficialità con cui vengono rinnovati. Dovremmo tenere conto di questo disorientamento e tentare, anche attraverso le scelte che faremo su questa delicata materia, di riconquistare alla prassi politica ruolo e significato; ciò almeno dobbiamo farlo se vogliamo ridare fiducia ai tanti che esprimono disincanto e rassegnazione e recuperarne la partecipazione attiva.
Non dimentichiamo che si interviene sulla Costituzione repubblicana, la legge che definisce le regole della convivenza sociale e dei rapporti economici, la legge in cui tutti devono potersi riconoscere e trovare tutela.
Noi comunisti non pensiamo affatto di assumerla come un feticcio o un dogma, ma vogliamo riprenderne la filosofia per riattualizzare quelle idee che affidano al rispetto dei diritti della persona, agli interessi generali del corpo sociale la prevalenza rispetto alle leggi del mercato e della competizione. Le regole non sono neutre, dalla loro formulazione dipende la qualità della democrazia e l'effettività dei diritti di ognuno. Mi preme sottolineare questa premessa perché troppo spesso in questi anni si è agitato il tema del federalismo in modo strumentale, caricandolo di significati propagandistici con l'intento di attribuirgli virtù taumaturgiche e persino rivoluzionarie. Ma in prevalenza le istanze di federalismo contenevano e contengono idee di separazione, alimentata dal fondamentale egoismo di chi, detenendo la ricchezza, ritiene legittimo
Negare tali verità serve solo a rafforzare l'imponente dose di demagogia e populismo che hanno sempre caratterizzato la propaganda politica sul federalismo nel nostro paese. Questa idea di federalismo non ci convince. Non ci convince anzitutto perché è estranea alla storia del nostro paese. Nell'attuale situazione italiana il problema non è quello di unificare poteri e funzioni di separate entità mediante un patto di aggregazione, quanto piuttosto quello di ripartire poteri e funzioni di uno Stato unitario tra le sue componenti territoriali, esaltando la loro diversità e attribuendo loro una rilevante autonomia, pur nell'ambito dell'unità nazionale che va preservata e difesa come un prezioso patrimonio storico del popolo italiano.
Poco importano quindi le definizioni classificatorie; poco importa se quello delineato sia federalismo o regionalismo; ci interessano semmai i valori che nel fare le riforme intendiamo promuovere e servire. Ci interessa, a titolo di esempio, la capacità dello Stato di conseguire una vera, larga ridistribuzione equitativa della ricchezza in seno alla società civile. Proprio a proposito dei valori, respingiamo con forza il tentativo di attribuirci posizioni, peraltro storicamente infondate, che ci vedrebbero contrari a forme avanzate di decentramento. La sinistra e i comunisti in primo luogo sono stati artefici e protagonisti della battaglia per la nascita delle regioni e per il progressivo rafforzamento del ruolo delle autonomie locali. Non da ora i comunisti italiani propugnano una forte autonomia territoriale intesa come disponibilità di poteri, risorse e mezzi atti ad assolvere ad importanti compiti istituzionali e sociali; non da ora riconoscono e sostengono che attraverso il decentramento si può ottenere una migliore cura degli interessi collettivi differenziati e che è giusto rimettere la decisione di questioni aventi prevalente interesse locale ad autorità più vicine, accessibili e controllabili dalle popolazioni coinvolte, dare alle decisioni politiche-amministrative contenuti più prossimi ai desideri e ai bisogni delle diverse popolazioni su cui le decisioni verranno a cadere, così come diversificare le soluzioni in modo da venire incontro alle attese concrete e particolari dei cittadini. Il punto cruciale per noi è che tutto questo deve avvenire senza mettere in gioco quanto nel sistema deve restare unitario e uniforme.
Nello Stato democratico l'unità da rispettare è essenzialmente politica ed è diretta a garantire il perseguimento degli obiettivi unitari di uguaglianza e di giustizia sociale e la formazione dei valori che la Repubblica in tutte le sue articolazioni è chiamata a perseguire. È vero che l'aspirazione autonomistica impone di recuperare ritardi storici nell'attuazione dell'articolo 5 della Costituzione, ma deve tenere conto, sempre nel rispetto del medesimo articolo 5, di un limite costituito dalla necessità di garantire gli obiettivi dello sviluppo della persona e della socialità, i principi di solidarietà, le esigenze di unità e di perequazione sottese allo Stato sociale, l'eguale protezione e promozione dei diritti che sono elementi fondamentali della cittadinanza. Per questo lo Stato deve mantenere una riserva di legislazione su tutto quanto inerisce ai diritti fondamentali della persona e, quindi, sui diritti di libertà, civili, politici e sociali il cui esercizio effettivo deve essere egualmente assicurato in tutto il territorio nazionale. Del resto è proprio questo il compito che il secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione assegna alla Repubblica: rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini. Niente a che vedere con il mantenimento dell'organizzazione centralistica di uno Stato o di una burocrazia opprimente. Noi non vogliamo un accentramento di poteri e di risorse, ma una loro definizione secondo il principio di sussidiarietà, la cosiddetta verticale o istituzionale, presente anche nei Trattati di Maastricht e di Amsterdam, che vede il
In questo quadro di riferimento ci sembrano, pertanto, inevitabili le previsioni di poteri sostitutivi e di bilanciamento a livello nazionale quali strumenti di garanzia dei diritti di cittadinanza in tutto il territorio nazionale. Per le stesse ragioni è necessario valutare con estrema attenzione quante e quali materie assegnare alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Anche in ambito di federalismo fiscale è necessario garantire la realizzazione di quel principio di solidarietà che permea l'intera Costituzione italiana attraverso meccanismi che compensino il diverso livello di sviluppo economico delle varie aree. Autonomia finanziaria e tributaria devono essere temperate dall'esigenza di un coordinamento da parte dello Stato al fine di assicurare un'omogeneità del sistema tributario, di evitare un carico fiscale eccessivo o squilibrato, ma anche e soprattutto di assicurare la perequazione delle condizioni sociali ed economiche su tutto il territorio nazionale, lo sviluppo armonico dell'intero paese, la coesione e la solidarietà sociale. Non andrebbe a vantaggio di nessuno aggravare le differenze tra zone ricche e zone povere con il rischio di disfare quel poco di identità nazionale che il risorgimento e lo Stato unitario sono riusciti a costruire.
Un altro aspetto fondamentale già aspramente discusso in sede di bicamerale è quello relativo alla sussidiarietà orizzontale o sociale che dir si voglia. L'impegno assunto dal Governo, che mi auguro si intenda rispettare, prevedeva un disegno di legge separato in materia visto che tutto il tema del rapporto pubblico-privato è disciplinato nella parte prima della Costituzione; su questo punto la nostra Commissione è, comunque, estremamente chiara. Lo scopo riassunto da Urbani con la formula «se i privati sono in grado di fare da soli lo Stato non deve metterci becco» è per noi assolutamente inaccettabile. Tale assunto si riverbera sulla prima parte della Costituzione e contrasta con il principio generale che assegna alla Repubblica - e non ad altri - il compito di rimuovere gli ostacoli alla libertà e all'uguaglianza dei cittadini; rappresenta la prevalenza della logica del mercato, del liberismo in evidente contrasto anche con la cosiddetta Costituzione economica, che non a caso la destra tenta da tempo di modificare, laddove si afferma la funzione sociale della proprietà privata.
Come vedete, la posta in gioco è alta. Le riforme decideranno il futuro assetto istituzionale del paese, quindi l'assetto della democrazia e con essa, conseguentemente ed inevitabilmente, il futuro dei diritti faticosamente conquistati dopo anni di lotte politiche e sindacali, il futuro dello Stato sociale nel nostro paese. Non a caso, la Costituzione stessa prevede la riserva di legge a favore dello Stato su materie fondamentali; cito solo, come esempio, la previdenza sociale di cui all'articolo 38. Lo faceva e lo fa perché sono necessari momenti di sintesi e mediazione e l'unica sede possibile per la gestazione di indirizzi comuni è quella nazionale. Lo stesso programma elettorale dei Democratici di sinistra precisava che le materie di interesse unitario nazionale richiedono criteri uniformi sull'intero territorio nazionale: non vedo ragioni per le quali si sia cambiata idea.
Chi si batte contro questa cornice unitaria lo fa con scopi ben diversi dall'interesse collettivo. Regionalizzare i temi del lavoro - Tremonti lo ha perfino dichiarato - serve a «flessibilizzare» e «precarizzare» sempre più nel Mezzogiorno: non si può negare che ciò vanificherebbe il disposto dell'articolo 35 della Costituzione sulla tutela dei lavoratori.
In conclusione, non saremo mai favorevoli ad un federalismo inteso come bandiera degli egoismi, come difesa dei privilegi a danno di chi non soltanto non ne ha, ma manca perfino dell'indispensabile, né saremo favorevoli ad un federalismo che comporti la frantumazione del paese in zone che detengono per sé la propria ricchezza e in zone che mantengono ineluttabilmente la propria povertà. Lasciamo volentieri tali battaglie alla cosiddetta Casa delle libertà; a noi interessano
Onorevole Crema, le ricordo che ha quattro minuti di tempo. Prego, onorevole Crema.
Nel corso del dibattito che si è svolto prima della pausa estiva, il collega Pagliarini, presidente del gruppo parlamentare della Lega nord Padania, in maniera quasi accorata si rivolse alla maggioranza e disse che, se fosse stata eliminata la parola «federale» dalla «riforma dello Stato», perché la riforma federale sarebbe un'altra cosa, e dalla riforma costituzionale prevista nelle nostre proposte, ritenute in larga parte positive, avrebbero potuto anche votare a favore.
Oggi abbiamo ascoltato critiche preconcette, critiche più sul piano formale che sul merito delle proposte. La riforma, che speriamo vada in porto e che oggi proponiamo alla Camera dei deputati, è una riforma vera, sostanziale, dell'attuale sistema regionale vigente nel nostro paese.
Nell'opinione pubblica non abbiamo assistito ad un ampio, straordinario, appassionato dibattito sulla riforma costituzionale dello Stato e, in particolare, su una riforma in senso federale; mi riferisco all'intero paese ed al suo ceto dirigente. Credo che queste proposte possano essere di stimolo affinché nella prossima legislatura si possa operare il completamento in maniera organica e strutturale della riforma (questa sì!) come riforma federale dello Stato italiano, assieme ad altre importanti riforme. Sottolineo che le contraddizioni esistenti all'interno della maggioranza e le aperte contraddizioni manifestatesi all'interno del Polo e nei rapporti con la Lega hanno impedito sia la riforma della forma di Governo sia la realizzazione di una riforma elettorale degna di un paese civile come il nostro e che noi auspichiamo possa essere ancora «recuperata» nei restanti mesi della legislatura.
Noi abbiamo, quindi, il dovere di andare avanti e di replicare alle critiche positive che ci verranno dall'opposizione, cercando di coinvolgere i colleghi che vogliono operare un miglioramento ulteriore del testo in esame ma, come classe dirigente e come maggioranza, dobbiamo respingere - se ne saremo capaci - le strumentalizzazioni tutte politiche a fini elettorali che vogliono far fallire questa riforma per poter scaricare poi sul centrosinistra le responsabilità del fallimento di un'intera legislatura (Applausi dei deputati del gruppo misto-Socialisti democratici italiani).
Purtroppo, però, ho l'impressione che la maggioranza stia prendendo in giro il Presidente Ciampi e i cittadini italiani per due motivi. Sostengo tale punto di vista - questo è il primo motivo - perché questa discussione potevamo farla prima delle elezioni regionali del 2000, come aveva auspicato Ciampi in quest'aula. Colleghi della maggioranza, la mia impressione è che, se avete aspettato quasi la fine della legislatura, è solo perché a voi di fare riforme serie non interessa proprio niente, ma state facendo soltanto campagna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!
Il secondo motivo è che voi state cinicamente strumentalizzando la parola «federalismo»: questa parola è presente soltanto nel titolo della legge e basta; voi stessi avete avuto evidentemente un sussulto di dignità e di ragionevolezza e con un vostro emendamento l'avete tolta dall'articolo 1! Ma noi il federalismo lo vogliamo davvero ed è per questo che abbiamo presentato alcuni emendamenti per migliorare questo testo; tuttavia, con i tempi arbitrariamente contingentati, non riusciremo a spiegarne i contenuti e l'Assemblea non avrà il tempo per discuterli! Signor Presidente Violante, le ho già detto e le ripeto che quella di contingentare i tempi di discussione per una legge che modifica la Costituzione è stata veramente una decisione arbitraria e contro il comune buonsenso!
Con la Casa delle libertà abbiamo chiesto di approvare almeno cinque modifiche per rendere più seria questa riforma. Purtroppo, la maggioranza di sinistra ha già bocciato queste modifiche in Commissione e adesso vedremo cosa succederà in quest'aula!
Voglio ricordare queste cinque modifiche.
Una riguarda la sussidiarietà: vi è un emendamento che prevede che i comuni, le province, le regioni e lo Stato esercitino solamente le attività che non possano essere svolte in modo più efficace dall'iniziativa autonoma dei privati. È questa la modernità dell'Europa di cui parlava Ciampi in quest'aula! Mi sembra evidente, ma in Commissione purtroppo lo avete bocciato!
Con un'altra modifica chiedevamo l'istituzione della Camera delle autonomie. Se si parla di federalismo, si deve fare la Camera delle autonomie che rappresenti il territorio, ossia i comuni, le province e le regioni!
In questo testo vi è poi un elenco terribile in base al quale lo Stato ha sovranità legislativa esclusiva per quanto riguarda, ad esempio, la questione dell'immigrazione. A me sembra giusto e logico che vi siano dei principi condivisi, che saranno i principi della Repubblica italiana oggi e i principi dell'Unione europea domani, ma poi ognuno a casa sua deve essere padrone, quindi ogni regione a casa sua deve poter recepire i principi per quanto riguarda l'immigrazione come vogliono i rappresentanti del popolo e le regioni (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
Vi è poi, addirittura, un riferimento alla perequazione delle risorse finanziarie, che è il nome e il cognome del comunismo! Signor Presidente, colleghi di sinistra, noi non siamo contro gli aiuti e contro le politiche di coesione (ci mancherebbe altro), malgrado le bugie che i giornali continuano a raccontare sulla Lega, ma questo è comunismo bello e buono! Non si può mettere una cosa del genere nella Costituzione. Come potrà essere interpretato domani un riferimento
A proposito di bugie dei giornali, giacché sono qui lasciatemi chiarire che noi siamo sempre a favore delle autonomie e quindi siamo anche a favore del progetto di Storace su Roma capitale - tanto per chiarire - perché altrimenti i giornali continuano a raccontare delle incredibili «palle» (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
Vi è poi un riferimento all'ordine pubblico e alla sicurezza. Ci sta bene che lo Stato abbia sovranità legislativa per l'ordine pubblico generale e per la sicurezza nazionale, ma l'ordine pubblico di comuni, province e regioni deve dipendere dai rappresentanti che lavorano nei comuni, nelle province e nelle regioni. Non può arrivare una legge da Roma. Non ha senso. Non si tratta qui di federalismo, ma di buonsenso (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
Questo testo prevede anche che lo Stato decide quali sono le funzioni fondamentali di province e comuni. Siano gli statuti delle regioni a decidere quali sono le funzioni fondamentali delle province e dei comuni. Ognuno deve essere padrone a casa sua nel rispetto di principi generali condivisi (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
Abbiamo parlato della composizione della Corte costituzionale. A noi sembra logico che qualche membro venga eletto dalla Camera delle regioni, da voi nemmeno prevista nel testo. È incredibile!
Vi è poi il federalismo fiscale. Abbiamo chiesto che lo Stato incassi le tasse per finanziare i settori che sono di sua competenza. Questa è l'occasione buona per finirla con la finanza derivata, con le compartecipazioni e con i balletti di denaro avanti e indietro da Roma. Non ha senso. Lo Stato si tiene i quattrini per le sue funzioni (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). Gli altri quattrini rimangono ai comuni, alle province e alle regioni. Attenzione: noi prevediamo che tra le funzioni dello Stato ci sia la solidarietà (tanto per chiarire) ed è logico. Una quota trasparente viene trasferita, messa su un piatto comune, per aiutare chi sta peggio di noi. Questo è evidente. Non deve accadere invece che vada tutto a Roma dove poi accade quello che vediamo tutti gli anni. Questo non è logico, non è moderno, non è europeo. In questa proposta non vi è un domani.
Ho sentito che la maggioranza continua a citare quella lettera dei presidenti delle regioni, delle province e dei comuni. Perché nessun componente la maggioranza parla della lettera del presidente della Conferenza dei presidenti delle assemblee e dei consigli regionali e delle province autonome? In quella lettera vi è scritto che essi rilevano un forte divario tra questa legge e gli obiettivi della Conferenza dei presidenti delle regioni; in quella lettera sollecitano forti correttivi e forti cambiamenti in merito alle competenze esclusive delle regioni; in quella lettera sollecitano un autentico federalismo fiscale; in quella lettera chiedono la costituzione della Camera delle regioni. Insomma, onorevoli colleghi, perché citate quello che vi torna comodo e non citate tutto? Non mi sembra logico. Non vi pare (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)?
Quello che hanno detto i presidenti delle regioni noi l'abbiamo recepito nei nostri emendamenti, ma quello che hanno detto i presidenti dei consigli delle regioni non solo non è stato da voi recepito, ma neanche ne parlate. Zitti zitti, «aumma aumma», la fate passare sotto silenzio. Tutto ciò non ha senso. Cerchiamo piuttosto di essere trasparenti, una volta tanto.
I presidenti dei consigli delle regioni chiedono che lo Stato, in un quadro di federalismo fiscale, conservi competenze solo in materia di difesa, politica estera, politica monetaria, sistema giudiziario federale, mentre le regioni dovrebbero acquisire tutte le altre competenze istituzionali, eventualmente anche in tempi diversi. Di queste legittime richieste non vi è traccia nel testo di legge, altrettanto nel dibattito, e onestamente ciò mi dispiace.
Colleghi, vi è poi una goccia che ha fatto traboccare il vaso: il nuovo testo, quello che è stato cambiato ieri, prevede addirittura, all'articolo 8-bis, che in ogni regione lo statuto disciplini il consiglio delle autonomie locali quale organo di consultazione fra la regione e gli enti locali; ma scherziamo? Colleghi della maggioranza, secondo voi questo sarebbe federalismo? Gli statuti delle regioni se li facciano le regioni come vogliono: dobbiamo dire noi alle regioni come devono fare gli statuti? Saremo mica matti, no?
In conclusione, il Presidente Ciampi è sicuramente in buona fede quando dice che l'Italia federale dovrebbe nascere in Parlamento, ma il Presidente non ha fatto i conti con l'egoismo, le ideologie e i piani elettorali di questa maggioranza, che non vuole fare né una riforma federale, né ogni altro tipo di seria riforma: purtroppo, dobbiamo prenderne atto. Dunque, contro l'egoismo dei detentori del potere, che non vogliono cambiare niente (con questo testo non si cambia quasi niente), è giusto che la parola passi ai cittadini con lo strumento dei referendum, che la Casa della libertà ha già attivato in Lombardia e sta attivando in altre regioni (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Forza Italia)!
Lo Stato determina analiticamente l'organizzazione delle regioni, offre una casa al federalismo ma detta anche il modo in cui devono essere divise le stanze e come devono essere disposte le sedie: questa non è nemmeno autonomia, è un'operazione gattopardesca! Lo Stato parla di autonomia tributaria delle regioni, ma con l'emendamento della Commissione lo Stato specifica che l'autonomia tributaria si deve esercitare secondo i principi della legge dello Stato. Per esempio, se una qualsiasi regione volesse riequilibrare nel carico fiscale la componente patrimoniale rispetto alla componente reddituale, non potrebbe farlo, perché glielo impedisce la legge dello Stato.
Lo Stato parla di un'autonomia legislativa delle regioni, ma specifica immediatamente che, anche nelle materie di competenza concorrente, la legge dello Stato ha valore di legge quadro e detta i principi fondamentali, e si dimentica di specificare che in gran parte delle materie di competenza concorrente esiste già una legge dello Stato. Le regioni potranno legiferare se e quando lo Stato deciderà di modificare questa legge. Qual è l'effetto di questo progetto? Scaricare sulle regioni la responsabilità di scelte che, in realtà, restano a livello centrale (Applausi del deputato Cè) in campo legislativo ed in materia tributaria.
Cosa si dice a proposito della sussidiarietà verticale ed orizzontale? La sussidiarietà verticale sparisce, evapora per come viene impostato il rapporto tra Stato centrale, enti regionali ed enti subregionali; sulla sussidiarietà orizzontale abbiamo sentito qualificati esponenti della maggioranza esprimere la loro posizione
Che cosa indica questa sfiducia inerente? Colleghi, noi siamo eletti e legittimati da quegli stessi cittadini e dimostrare questa sfiducia inerente significa delegittimare noi stessi e questo Parlamento e il nostro gruppo non permetterà mai che ciò avvenga.
Mi limito alle suddette due questioni che, a mio avviso, sono le più significative, anche se ve ne sono molte altre, che però non è questo il momento per illustrare. Signor Presidente, mi sembra sia davvero difficile realizzare una riforma in simili condizioni, tra l'altro in un momento così vicino alle elezioni che porta ad un esasperato conflitto. In tale contesto, ripeto, è difficile portare avanti una riforma, mi auguro che sia possibile modificare i testi, anche se lo ritengo difficile; i nostri emendamenti tentano di chiarire e sciogliere i suddetti nodi, ma le risposte che i cittadini attendono attengono proprio alle seguenti questioni: verranno modificate le condizioni di fondo che li riguardano? Ci saranno più o meno leggi, più o meno burocrazia, più o meno costi? Si deve rispondere perché al cittadino poco importa sapere se c'è una legge statale o regionale o un regolamento nazionale o comunale, ma vuole capire se esiste una minore afflizione normativa, burocratica e finanziaria sulla sua testa.
Il vero federalismo non può essere graziosamente concesso da un potere centrale, altrimenti potremmo parlare solo di decentramento, che del federalismo è il nemico numero uno. Questo consiste infatti nel far corrispondere le leggi dello Stato alla volontà della maggioranza dei cittadini responsabili, diversamente nelle varie aree territoriali. Gli indirizzi decisionali dovranno giungere, dunque, non più dal centro alla periferia, ma dalla periferia al centro.
Chi non coglie questo significato nella dinamica introdotta dal referendum sulla devolution si assume la responsabilità di far compiere un passo indietro alla riforma dello Stato. Chi rifiuta la sovranità popolare non solo respinge aspettative e interessi dei cittadini, rinunciando a sollecitarne la coscienza, ma pensa anche che le riforme possano essere approntate solo a Roma.
Per superare la contrapposizione tra nord e sud e salvaguardare l'unità repubblicana vi è solo l'autonomia periferica. Tuttavia, per non cadere in facili equivoci ed ancor più semplici strumentalizzazioni è necessario avere il coraggio di pronunciare in questo dibattito una parola che oggi sembra essere profana, cioè «confederalismo». Solo attraverso l'identificazione dello Stato nella regione, e quindi nella costituzione delle regioni-Stato o macroregioni-Stato come cellule germinali di questo progetto, potremo garantire l'unità della Repubblica e riconoscere ed esaltare le nostre diversità nel simbolo del tricolore che, come ha detto Bossi, oggi è più bello, perché finalmente è portatore di una speranza di salvaguardia per ogni identità, proprio grazie a chi del federalismo ha fatto il suo credo.
Uno Stato federale presuppone quest'ordine di sovranità ed implica di necessità esecutivi e legislativi indipendenti, non soggetti al reciproco controllo, magistrature, giudici e pubblici ministeri propri, per non dire di una molteplicità di polizie dipendenti per lo meno dall'autorità federale e da quella statale, ma storicamente, anche in alcuni Stati federali, da autorità inferiori.
Ma sommessamente voglio aggiungere che ogni paese ha una sua storia, dalla quale non si può prescindere, e condizioni date nel momento storico che si trova a vivere. Come ha ricordato stamane il Presidente Violante, nel nostro ordinamento, che per la verità non è un cattivo ordinamento, la revisione costituzionale non è illimitata, ma ha invece limiti tanto espressi, quanto taciti. Inoltre, la nostra Corte costituzionale, nella sentenza n. 1146 del 1988, ha ribadito e chiarito il limite dell'osservanza dei principi supremi dell'ordinamento costituzionale come parametro per la legittimità delle leggi di revisione.
La revisione costituzionale discende e prende vita da un potere costituito che la
Per poter fare patti - o contratti, se volete - bisogna poter disporre del bene in gioco e allo stato l'unica possibilità di intervento che ha il Parlamento è quella di modificare la nostra Carta fondamentale nelle parti sulle quali è possibile intervenire, a meno che una forza dell'opposizione non insista e non attui la secessione della Padania, che potrebbe essere, essa sì, generatrice di una federazione in senso stretto tra due Stati sovrani e diversi che danno vita ad uno Stato federato.
Ma dalle posizioni assunte oggi da Bossi pare che la Lega nord abbia rinunciato al suo progetto secessionista ed allora l'attuale legge di riforma costituzionale al nostro esame è il massimo possibile che si possa fare, sempre che lo si voglia davvero.
Le forze del centrodestra, a cui si aggiungono la Lega ed altri ancora, hanno fatto di questa riforma uno dei loro cavalli di battaglia politica più sbandierato ed accreditato presso i giornali e gli altri mezzi di comunicazione. A sentire eminenti esponenti politici e del mondo dell'informazione, pare che se il Parlamento - e specificatamente la sua attuale maggioranza - non approverà quanto da loro desiderato si renderà colpevole di gravi colpi nei confronti del paese intero.
E allora si è data a questa riforma costituzionale la massima considerazione e la massima accelerazione possibile, ma anche la massima ampiezza possibile a Costituzione vigente. È dunque incomprensibile - e penso non solamente per me, ma anche per le persone che hanno sposato le tesi dell'opposizione - il perché del mutamento di atteggiamento proprio ora che siamo in dirittura d'arrivo. Diventa, per esempio, incomprensibile il fatto che il presidente Formigoni abbia indetto un referendum sul problema della riforma con ciò imbrogliando ancor più le carte, mentre il presidente Ghigo insiste affinché si vada avanti sulla strada della riforma che stiamo attuando. È incomprensibile l'atteggiamento ostativo di Forza Italia e di Alleanza nazionale e degli altri gruppi dell'opposizione; l'unico atteggiamento assolutamente comprensibile è quello della Lega nord che, pur di ottenere e di fare da vassallo all'interno della Casa delle libertà, è stata costretta a cassare dalla sua denominazione l'espressione «per l'indipendenza della Padania», ma evidentemente in cuor suo rimane questa aspirazione, questo obiettivo che, una volta raggiunto, potrebbe dar vita - esso, sì - al federalismo in senso puro.
Dunque, come spesso accade, questioni serie che riguardano l'intera popolazione italiana finiscono con l'essere strumentalizzate in maniera impropria e cieca. Il testo che stiamo esaminando ridisegna l'assetto dei governi territoriali del paese in una prospettiva di accentuato pluralismo politico ed amministrativo nel limite massimo possibile, tenendo conto delle caratteristiche dell'ordinamento italiano che resta unitario, che piaccia o no ad alcuni componenti della Casa delle libertà, perché l'Italia resta una ed indivisibile.
Nel merito mi riservo di intervenire successivamente quando esamineremo i singoli articoli ed i relativi emendamenti ma già fin d'ora dichiaro che non concordo pienamente su alcune ipotesi legislative. Su alcune, per la verità, già in Commissione si è trovato un accordo equilibrato, su altre spero che si troverà l'accordo che soddisfi tutte le aspettative, comprese quelle delle regioni, delle province, dei comuni e di tutti gli altri enti territoriali.
Signor Presidente, vi è un intero filone culturale che si è sviluppato al riguardo. Penso agli scritti di Carlo Esposito; penso alle nobili parole di Capograssi, che oggi finalmente vedono una realizzazione. In tale quadro ritengo estremamente rilevante guardare alla sostanza delle cose e non al falso nominalismo. La Commissione ha soppresso l'articolo in cui si parlava di ordinamento federale dello Stato: ritengo che essa abbia fatto bene. Infatti, sul concetto di federalismo - ce lo ricordava anche il Presidente stamane - le idee sono estremamente diverse. Non vorrei ricordare l'antico detto del diritto romano: omnis definitio semper periculosa. In materia di federalismo possiamo avere mille concetti diversi: si pensi soltanto che si parla di confederazione elvetica riferendosi ad uno Stato che è federale. Bisogna guardare alla sostanza delle cose ovvero valorizzare le comunità locali nell'ambito di una Repubblica che è una ed indivisibile.
Sotto questo angolo visuale, merita particolare segnalazione la nuova formulazione dell'articolo 2, in base alla quale la Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato. È la prima volta che in un testo di legge di rango costituzionale viene ripresa l'antica teoria - alla quale, come studioso, ho sempre creduto - della differenziazione tra Stato come ordinamento e Stato come persona giuridica. La concezione dello Stato unico, sia sotto il profilo dell'ordinamento e della società, sia sotto il profilo della personalità
Signor Presidente, il nucleo fondamentale di questa riforma è mantenuto nel testo della Commissione, che è stato snellito: perché poi, diciamoci la franca verità, gli articoli abrogati per la maggior parte erano forse inutili, nel senso che erano ripetitivi di nozioni già note: quando si dice che una regione può impugnare una legge dello Stato o che lo Stato può adire la Corte costituzionale per un eccesso di potere sotto il profilo del conflitto d'attribuzione si afferma una cosa oramai nota a tutti da tanti anni. La rivoluzione in atto - che non a caso è stata definita copernicana - fa sì che, mentre la Costituzione vigente stabilisce che spetta allo Stato tutto ciò che l'articolo 117 non delega alla competenza regionale, oggi il rapporto viene invertito, nel senso che sono chiariti i punti di stretta competenza dello Stato, sono indicati i punti in cui vi è legislazione concorrente tra Stato e regioni ed è esplicitato che tutto il resto è di competenza delle regioni. Sotto questo angolo visuale, ritengo che un notevole approfondimento e chiarimento nella materia sia stato apportato dall'emendamento elaborato dal collega - collega anche come professore - Cerulli Irelli, nel quale viene precisato che, in caso di legislazione concorrente, lo Stato ha solamente la potestà di dettare i principi fondamentali. Così finalmente finiremo di avere leggi quadro che in realtà non sono affatto di principio, ma di dettaglio. Le leggi quadro sono state un cattivo esempio di legislazione, negli ultimi tempi.
Il testo, quindi, mi pare molto chiaro: le funzioni che vengono affidate allo Stato, francamente, mi sembra che non potrebbero essere affidate ad altri.
È noto che su qualche punto si sono sviluppate controversie. Mi riferisco, per esempio, a quello relativo all'istruzione universitaria, però si è detto che, dietro adeguata dimostrazione da parte delle regioni, sono possibili forme di devoluzione da parte dello Stato. Vi è poi la questione della giustizia, limitatamente ai giudici di pace. Infine, il grosso problema dell'ambiente: amico Turroni, che di ambiente tanto ti occupi, tutti noi sappiamo che in materia ambientale la vera legislazione non è più nazionale, bensì comunitaria, perché tutte le leggi ambientali di qualche rilievo approvate negli ultimi tempi non sono altro che traduzioni - troppo spesso infelici - di norme contenute non dico in regolamenti, che sarebbe già gran cosa, ma in direttive comunitarie. Sotto questo angolo visuale, ritengo particolarmente importante il fatto che la modifica che si va qui ad esaminare ed - io mi auguro - ad approvare prevede un rapporto diretto tra le regioni e la Comunità europea, dando quindi qualche soggettività di tipo internazionale anche alle regioni, nelle materie di loro competenza.
C'è poi un altro punto che mi pare debba essere particolarmente sottolineato e nel quale noi Popolari ci riconosciamo fino in fondo: mi riferisco alla necessità di evitare che al centralismo statale si debba sostituire un centralismo regionale. Sparisce l'articolo 118 nel testo vigente, con quella sua formula strana per cui le funzioni amministrative venivano esercitate dalle regioni, che le potevano delegare ai comuni, o con quella formula, recepita dal testo unico delle leggi comunali e provinciali del 1934, «o valendosi dei loro uffici», che ha avuto così scarsa e - nei pochi casi in cui è stata attuata - infelice applicazione, e si dice che le funzioni amministrative sono esercitate in via principale
Stiamo quindi realizzando progetti estremamente importanti sotto il profilo legislativo, chiarendo al meglio le competenze: chiarendo quanto è di competenza dello Stato e quanto è di competenza delle regioni e, nel caso di legislazione concorrente, precisando i limiti dell'intervento dello Stato.
Sul piano dell'organizzazione amministrativa vi è un forte decentramento, che si impernia sulla regione, ma che non sostituisce lo strapotere dello Stato con quello delle regioni. Infatti, si mettono tutte le comunità locali, sulla base di una corretta applicazione dell'articolo 5 della Costituzione, nella condizione di definire la volontà dell'intera Repubblica.
Questi sono i principi di fondo in forza dei quali noi esprimiamo un giudizio favorevole sul provvedimento. Si tratta di un giudizio che trova conforto nel fatto che questo provvedimento, al di là delle interpretazioni difformi sollevate in quest'aula... Onorevole Pagliarini, abbiamo sufficienti grane in questo Parlamento: non ho alcuna intenzione di verificare la posizione dei presidenti delle giunte regionali, i cosiddetti «governatori» - parola che non mi piace -, e quella dei presidenti dei consigli regionali, che, guarda caso, sono su posizioni diverse, forse perché diversa è la loro estrazione politica (Commenti del deputato Armaroli). Sta di fatto che i presidenti delle giunte regionali, ancora oggi, attraverso il presidente della Conferenza Stato-regioni hanno dichiarato di essere concordi con noi in relazione all'approvazione di questo progetto di legge.
Pertanto, a nome dei deputati del gruppo del Popolari e democratici-l'Ulivo, auspico l'approvazione di questo progetto di legge costituzionale che raccomando caldamente all'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo - Congratulazioni).