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riscontrate siano simili ai casi di «sindrome del deserto» che hanno colpito i militari americani presenti in Iraq;
il sottoscritto interrogante ha presentato atti di sindacato ispettivo tendenti a conoscere i rischi cui erano sottoposti i militari italiani dislocati nella provincia serba del Kosovo sotto il profilo sanitario, in ragione del tasso di radioattività determinato dall'utilizzo, nel corso dei bombardamenti, dell'uranio impoverito;
le interrogazioni sono rimaste, ad oggi, prive di risposta;
i giornali hanno dato ampio risalto alla notizia secondo cui militari italiani ritornati in Italia dopo le missioni nei Balcani sono stati consigliati a sottoporsi ad esami clinici e controlli per accertare tracce eventuali di contaminazioni radioattive;
la tipologia di esami consigliati conferma il dubbio che ci si trovi di fronte alla cosiddetta «sindrome del deserto» che colpì, dopo la guerra del Golfo, molti soldati americani;
altra conferma indiretta della consapevolezza dei rischi esistenti in Kosovo sarebbe costituita dal frettoloso abbandono, nel mese di aprile, del valico di Morini, tra Kosovo ed Albania, da parte delle truppe italiane;
da ultimo vale la pena di sottolineare che gli esami clinici cui i militari tornati dai Balcani debbono sottoporsi sono a carico, quanto ai costi, dei militari medesimi -:
se sia stata accertata la pericolosità della presenza in Kosovo nelle zone sottoposte a bombardamento con l'utilizzo di uranio impoverito;
se siano già stati diagnosticati casi di contaminazione radioattiva e se le patologie
per quale ragione i costi degli esami «consigliati» (che dovranno essere ripetuti dopo sei mesi e dopo un anno) sono a carico dei militari rientrati in Italia;
quali urgenti provvedimenti si intendano assumere per garantire ai militari italiani la presenza in zone non contaminate dall'uranio impoverito.
(3-06172)
grande clamore, e nel contempo grande perplessità, ha suscitato, nei primi giorni del mese di agosto, la pronuncia della Suprema Corte di cassazione con la quale è sancito il diritto degli aerei militari americani di solcare i cieli del territorio nazionale senza alcuna limitazione, ed anche a bassa quota;
la pronuncia, a sezioni unite, afferma che «le manovre di aerei da guerra americani sul territorio italiano sono sottratte alla giurisdizione italiana perché riguardano l'esercizio di un potere sovrano degli Stati Uniti»;
nel mese di marzo del corrente anno il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Marco Minniti, dinnanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul Cermis affermava che il governo era impegnato a garantire una rilettura attenta e mirata degli accordi tecnici sottoscritti tenendo presente l'esigenza di preservare intatta la sovranità nazionale;
la pronuncia della Cassazione sembra aver del tutto cancellato il commendevole intento del sottosegretario Minniti, confermando, dal punto di vista dei rapporti aeronautici, una sorte di «sovranità limitata» dell'Italia rispetto agli Stati Uniti -:
il pensiero del governo sul principio enunciato dalle sezioni unite della Suprama Corte di Cassazione sul diritto insindacabile degli Stati Uniti di utilizzare, con i propri aerei militari, lo spazio aereo nazionale senza limitazione di sorta e per sapere quali iniziative concrete ed urgenti intendano assumere per ripristinare il principio pieno della sovranità italiana, pur nel doveroso rispetto dei trattati internazionali.
(3-06197)