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PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Sbarbati n. 2-02436 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 10).
GIANANTONIO MAZZOCCHIN. Signor Presidente, signor sottosegretario, anche le interpellanze sono frutto del loro tempo e il tono della nostra interpellanza, se l'avessi scritta oggi, forse sarebbe stato un po' meno crudo. Dico ciò proprio per sottolineare come il recente esito referendario abbia irritato moltissimi cittadini italiani, certamente non presenti oggi in aula, che si sono interrogati sulla validità non dell'istituto referendario in sé, quanto dell'abuso e del continuo ricorso ad esso.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ha facoltà di rispondere.
DARIO FRANCESCHINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Al di là del tono dell'interpellanza, che è stata depositata cinque giorni dopo l'esito del referendum (è quindi evidente che è stata influenzata dal clima politico di quel momento), i deputati interpellanti sollevano un tema vero: l'uso continuo negli anni del referendum e lo svolgimento di gran parte di quelli richiesti ha di fatto creato nell'opinione pubblica un distacco dalla sensibilità con la quale, invece, erano stati vissuti i primi referendum; un distacco che si è poi concretizzato, nell'ultimo caso ma non solo in questo, nel mancato raggiungimento del quorum e quindi nella scelta di non andare a votare. Nel tempo si è registrato, non vorrei dire uno snaturamento, ma di fatto un cambiamento dell'istituto: l'istituto - che è stato previsto dai costituenti come una sede per chiamare
tutto il popolo a pronunziarsi su grandi argomenti, con la possibilità di abrogare una legge o una parte di legge - nel tempo è cambiato nel senso che si è finito con il chiamare l'opinione pubblica a pronunciarsi su una serie di aspetti che dovrebbero essere propri dell'attività legislativa di un Parlamento in un sistema parlamentare. Si è trattato quindi di argomenti e di quesiti complessi e della abrogazione non di una legge - come fu nei casi del divorzio e dell'aborto - ma di parti specifiche di quella legge sino al punto che, lavorando attraverso il complesso meccanismo dell'abrogazione di frasi, di punteggiatura, di parti o di singole parole, si è fatto uscire dal testo susseguente all'abrogazione un nuovo testo e quindi, di fatto, un nuovo indirizzo di contenuti, più legislativo.
sui soggetti promotori l'onere delle spese sostenute dallo Stato per l'iniziativa che non è andata a buon fine, anche perché non esiste un nesso di causalità automatico tra il comportamento dei promotori e il mancato raggiungimento del quorum, anzi, in molti casi, come è accaduto nell'ultimo referendum elettorale, sono proprio coloro che sono contrari al referendum che invitano a non andare a votare e quindi farebbero ricadere una conseguenza patrimoniale sui promotori. In ogni caso, vorrei ricordare agli interpellanti che una norma che comunque va in questa direzione è già presente nel nostro ordinamento. Infatti con l'articolo 1, quarto comma, della legge 3 giugno 1999, n. 157 (rimborso delle spese elettorali), l'erogazione del contributo delle spese sostenute dai comitati promotori è stato subordinato soltanto alla circostanza che la consultazione referendaria abbia raggiunto il quorum di validità del voto e quindi se non si raggiunge il quorum non vi è il rimborso delle ingenti spese elettorali che i comitati promotori sostengono e, comunque, non c'è per un numero di referendum contestualmente superiore a cinque. Dunque, credo che un'indicazione in questo senso sia già presente nel nostro ordinamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Mazzocchin, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
GIANANTONIO MAZZOCCHIN. Ringrazio il sottosegretario per la risposta che mi trova sostanzialmente concorde. Mi permetto soltanto di far osservare che anche se siamo alla fine della legislatura - e quindi una legge costituzionale non ha praticamente grande probabilità di essere approvata -, una iniziativa del Governo sarebbe estremamente significativa, anche come indicazione al corpo elettorale.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno. Sospendo la seduta fino alle 15.
L'onorevole Mazzocchin, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di illustrarla.
La nostra interpellanza è volta a chiedere al Governo, in particolare al ministro per le riforme istituzionali, quali iniziative il Governo intenda assumere per ovviare agli inconvenienti di cui ho parlato, taluni dei quali evidentissimi. Il tentativo di scavalcare il lavoro del Parlamento per ridurre il rapporto fra il cittadino ed il Governo semplicemente su una base referendaria non risponde né alla Costituzione, né a ciò che intendiamo per corretta vita parlamentare.
I modi per cercare di porre un freno all'abuso dei referendum possono consistere nell'evitare il dissennato ricorso al «banchetto», ossia alla raccolta di firme in luoghi non istituzionali, e nell'aumentare il numero delle firme necessarie per rendere valida una richiesta referendaria, fino all'extrema ratio di rendere i promotori responsabili, in caso di mancato raggiungimento del quorum, delle spese molto ingenti che sono state sostenute e che non hanno arrecato alcun vantaggio ai cittadini.
Questo è quanto si è verificato; rispetto a ciò, non vi è dubbio che debba essere fatta una riflessione perché l'istituto del referendum non è stato immaginato come un modo per sostituirsi al Parlamento, ma semmai negli anni ha assunto - in molti casi anche in modo positivo - una funzione di stimolo per alcuni temi: al di là della valutazione sul merito, chiamare l'opinione pubblica a pronunciarsi e svolgere una funzione di stimolo nei confronti del Parlamento; cosa che è venuta, anche questa, nell'ultima fase poiché, mentre nei referendum di alcuni anni fa il messaggio politico sottostante (in qualche caso con un rilievo quasi più forte rispetto al merito stesso dell'abrogazione), è venuto sfumando come si è verificato, ad esempio, nel referendum elettorale quando lo stesso esito, il mancato raggiungimento del quorum, è stato interpretato in modo diverso dalle singole forze politiche o dai singoli schieramenti.
I deputati interpellanti chiedono poi che cosa si debba fare e quali siano i rimedi.
Per quanto riguarda la maggioranza, vorrei ricordare che nel programma dell'Ulivo era scritto esplicitamente che si sarebbe voluto intervenire per evitare un uso manipolativo del referendum. È sicuro però che in una società cambiata come la nostra si potrebbe pensare di intervenire aumentando il numero delle firme per richiedere i referendum: infatti, le 500 mila firme del 1946 non sono le 500 mila firme dell'anno 2000, per i livelli di informazione e per come si è sviluppata la società! Non a caso, in sede di Commissione bicamerale questo argomento fu discusso e si ragionò su un innalzamento del numero delle firme.
Allo stesso modo, si potrebbe ragionare sulle materie oggetto di referendum. È evidente che su questo argomento il Governo intende assumere un'iniziativa oggi possibile per il fatto che non sono più presenti i referendum già indetti. Sarebbe stato infatti poco corretto intervenire con una discussione di questo tipo di fronte allo svolgimento dei referendum perché, implicitamente, ciò avrebbe voluto dire assumere una posizione di merito rispetto ai referendum stessi che erano già stati indetti. Oggi questo è possibile, ma dobbiamo concretamente riconoscere che ogni modifica relativa al numero delle firme o alle materie debba essere introdotta con legge costituzionale e l'iter di una legge di questo genere che partisse oggi in Parlamento (con la doppia lettura, i tre mesi di intervallo e i tre mesi per la promulgazione) renderebbe molto difficile l'approvazione della stessa modifica nel corso di questa legislatura.
Crediamo comunque che valga la pena avviare questa riflessione, anche se ritengo che il deterrente politico, visto l'esito degli ultimi referendum, vi sia già stato e quindi penso che le forze politiche e i movimenti che si sono fatti promotori dei referendum come scelta politica di presenza politica stiano facendo una riflessione al riguardo.
Per quanto riguarda la possibilità di uscire dalle sedi istituzionali, ritengo che ciò sia di difficile applicazione, perché non si può impedire ad un pubblico ufficiale di raccogliere le firme fuori da una sede istituzionale predeterminata.
Per quanto riguarda l'ultima osservazione che è stata fatta sui cosiddetti oneri sui promotori, è difficile immaginare come si possa far gravare legittimamente
Concordo sulle altre osservazioni che sono state fatte, comprese quelle dei rimborsi sulle spese elettorali. Era naturalmente nostro compito, e forse dovere, sottolineare che l'abuso che si sta facendo di questo istituto lo ha snaturato e lo ha reso inefficace, mentre è uno dei più importanti e delicati tra quelli dedicati dalla Costituzione all'intervento diretto dei cittadini e va utilizzato con la dovuta attenzione. Grazie.