Allegato B
Seduta n. 751 del 29/6/2000


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GIUSTIZIA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri della giustizia e delle comunicazioni, per sapere premesso che:
recentemente il consiglio d'amministrazione della RAI - Radiotelevisione italiana,


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società per azioni di capitale prevalentemente pubblico - ha ritenuto di aggiornare le linee dei suoi programmi radiotelevisivi individuando con chiarezza la missione complessiva che l'azienda deve assolvere, ed annunziando che le linee nuove da perseguire sono fondate su una «campagna-qualità»;
questa connotazione qualificante della «missione» di servizio pubblico appare confermata da dichiarazioni rese sulla stampa dal direttore generale Pierluigi Celli, che - fra l'altro - avrebbe esplicitamente confessato: «Mi vergogno di certi prodotti RAI»;
sulla qualità complessiva delle trasmissioni televisive è auspicabile un intervento concreto del ministro delle comunicazioni sull'autorità garante per le comunicazioni stesse;
il problema assume rilievo specifico per trasmissioni che appare inevitabile definire pornografiche e talvolta oscene, messe in onda - malgrado le promesse dichiarate - non soltanto nelle ore notturne, bensì anche in prima serata o nelle ore immediatamente successive (il che rende ampiamente probabile la presenza anche casuale di bambini o comunque minorenni dinanzi ai televisori): inoltre certi programmi sono criticabili non solo sul piano morale, ma anche su quello estetico in quanto offendono il buon gusto e quindi investono anche la fruizione della comunicazione televisiva da parte degli adulti;
ad avviso dell'interrogante, nelle fattispecie in questione od in altre consimili, è possibile evincere un'eventuale responsabilità personale di quanti abbiano avuto negli ultimi anni - a partire dall'epoca dell'istituzione di tali «pornoservizi» - funzioni di vertice nella conduzione delle varie emittenti televisive che si siano a ciò dedicate: un comportamento che potrebbe anche apparire - salvo l'eventuale accertamento del caso concreto - finalizzato a lucrare illecitamente su propri atti i quali, coinvolgendo direttamente l'attività dell'Ente cui tali persone sarebbero state o sarebbero preposte, avrebbero determinato un favoreggiamento ed uno sfruttamento continuati ed aggravati della prostituzione;
qualora ciò risultasse vero e giudicamente rilevante - appaiano dunque sistematicamente violate le leggi penali (oltre all'articolo 640 del codice penale, menzionato, prima gli articoli 61 nn. 9, 81, 110 e 528 terzo comma n. 1 - del medesimo codice; ed anche l'articolo 13, primo comma n. 5, per gli atti di lenocinio compiuti con una qualsiasi pubblicità, nonchè nn. 7 ed 8 - della legge 20 febbraio 1958 n. 75, ossia della famosa «legge-Merlin»), senza contare gli effetti dell'impatto incontrollato che tale mercato può comunque avere nei confronti di minorenni (come si può scorgere dalla lettura dell'articolo 530 del codice penale), e se si possa altresì, forse, rilevare la notevole affinità analogica di tali norme con l'articolo 30 - primo comma - della legge 6 agosto 1990 n. 223 -:
se il predetto problema investa, in misura più o meno rilevante, tutte le emittenti televisive pubbliche e private;
se non lasci perplessa la linea di condotta che parrebbe fatta propria da tali società, le quali per fini puramente mercantili sembrerebbero permettere ad imprese pornografiche l'uso dei canali d'emittenza nonché di linee telefoniche estere, dietro corrispettiva prestazione economico-contrattuale (mentre le società concessionarie di telefonia riscuoterebbero per intero le bollette telefoniche comprendenti gli importi di quei consumi, e stornerebbero una percentuale di tali importi a favore dei pornografi con loro convenzionati);
se - in termini più generali, e per altro verso - la televisione italiana, nata nel 1953, in questi quarantasette anni si sia sviluppata notevolmente anche per l'impiego del telecomando (che ha reso possibile ai telespettatori scegliere con facilità tra le varie emittenti il programma più gradito) e del videoregistratore (che ha consentito a moltissimi utenti di conservare i programmi più graditi - con particolare


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riguardo ad opere d'arte televisiva o cinematografica -, utilizzando al riguardo videoregistratori col programmatore «Show view»;
se col sistema «Show view» si possa predisporre la video-audio-registrazione d'un determinato programma riproducendo il numero che risulta indicato a fianco di esso, su giornali quotidiani e riviste specializzate di grande diffusione che riproducono i palinsesti delle varie emittenti televisive;
se però in Italia risulti inutile ricorrere a tale sistema di registrazione «a tempo», in quanto, se la trasmissione inizia con ritardo rispetto all'ora programmata (ovvero in anticipo, come avviene in casi eccezionali), la registrazione non avviene in quel momento, bensì solo all'ora che è stata indicata nel videoregistratore, e se ciò differisca da quanto invece accade - non da oggi - in altri Paesi europei come la Germania e la Gran Bretagna, ove le apparecchiature utilizzate dalle emittenti televisive sono dotate di appositi strumenti tecnici che consentono d'inviare impulsi ai vari videoregistratori in funzione nelle abitazioni dei telespettatori, per far sì che la registrazione effettiva del programma abbia inizio solo nel momento in cui il programma prescelto viene effettivamente trasmesso;
se in Italia la RAI, le emittenti televisive Mediaset, altri gruppi privati siano dotati di apparecchiature analoghe, e se il loro effettivo funzionamento renda efficace ed utile lo «Show view», o se piuttosto i cittadini-utenti spesso si ritrovano registrate abbondanti serie di spot ed altre forme d'imbonimento pubblicitario al posto del programma prescelto;
se la gestione delle emittenti televisive pubbliche e private sia possibile solamente per l'avvenuta concessione apposita da parte dello Stato (ministero delle Comunicazioni), e se la concessione imponga al gestore delle emittenti precisi doveri, tra cui il rispetto degli orari e dei programmi inseriti nel palinsesto, il quale non deve essere per il telespettatore un indicatore generico dell'orario approssimativo in cui un determinato programma venga trasmesso;
se corrisponda al vero che, eccettuati i telegiornali (e non per tutte le ore in cui sono previsti), gli altri programmi regolarmente non vengano posti in onda nell'ora indicata, e se anzi talvolta un determinato programma (per motivi più o meno giustificabili) non venga più trasmesso senza preavviso della variazione e senza che tale avviso venga ripetuto al momento dell'inizio effettivo della trasmissione originariamente prevista - come si faceva abitualmente nei primi decenni di trasmissione televisiva in Italia;
se ciò comporti disagio per tutti i teleutenti e specialmente per chi voglia registrare un programma d'informazione ovvero di valore artistico o culturale (magari per studio specifico), ove si consideri che la videocassetta destinata alla registrazione ha durata temporale determinata e spesso insufficiente a riprodurre l'intera opera quando questa sia infarcita di messaggi pubblicitari che interrompono il programma televisivo;
se sia attualmente lecito ed opportuno che durante la proiezione di films, opere teatrali o musicali, programmi di rilievo informativo o socio-culturale appaiano didascalie non riservate ad informazione di straordinaria importanza, bensì di natura commerciale o nazionale per l'azienda emittente ovvero d'informazione sui programmi che verranno trasmessi da questa e se tali didascalie (anche esse riprodotte in registrazione) rovinino l'integrità dell'opera che il telespettatore desideri conservare;
se a famose competizioni canzonettistiche, ovvero a presentatori o presentatrici di programmi di grande audience (e di nulla più), sia opportuno consentire ogni volta «sforamenti» sull'orario di telegiornali che magari l'utente vorrebbe registrare per ottenere notizie certe su eventi importanti o addirittura di uso interesse diretto, se non sia invece opportuno impartire al conduttore di qualsiasi programma


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televisivo la precisa direttiva di non travalicare l'orario assegnatoli (salvi il comprovato caso fortuito o la forza maggiore), prevedendo responsabilità anche pecuniarie a carico degli operatori televisivi (in video e non) che si rendano responsabili di tali abusi contro il citato regime di concessione, e se piuttosto non sia opportuno prevedere già nel palinsesto dei programmi - in tali casi - scostamenti minimi nell'orario del programma successivo, in modo tale che l'orario di programmazione che non sia considerato un optional ad uso e consumo di qualche strapagato procacciatore di audience, in nome della quale decidere un andamento improvvisato dei programmi;
se - ancora - RAI e Mediaset, attraverso le loro concessionarie di pubblicità (rispettivamente: SIPRA e Publitalia), abbiano ciascuna superato il 30 per cento complessivo di pubblicità per mezzo di spot, e se tale situazione - pur essendo stata giudicata, dall'autorità garante per le comunicazioni, non meritevole di sanzioni in quanto «considerata naturale espansione senza finalità di illecite intese anticoncorrenza» - penalizzi tuttavia i telespettatori (tenuti peraltro, nel caso della RAI, al pagamento del relativo canone);
se - infine - corrispondano a verità notizie su una disciplina degli interventi pubblicitari nei programmi di valore artistico-culturale, con l'individuazione del numero di tali momenti e delle cadenze più idonee a non deturpare i programmi stessi.
(2-02506) «Volontè, Tassone».

Interrogazioni a risposta scritta:

PARRELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da qualche anno è stato introdotto presso gli uffici giudiziari di Roma un sistema informatico, ad uso degli avvocati e del personale amministrativo qualificato, per la consultazione dei ruoli delle cause civili pendenti, mediante l'uso dei terminali ubicati all'interno degli uffici medesimi;
il sistema consentiva di ottenere il numero di ruolo delle cause pendenti e il loro generico stato processuale (sezione, nome del giudice, sede istruttoria o definita, prima udienza utile ecc.);
in precedenza le stesse informazioni erano reperibili mediante la libera consultazione dei registri cartacei presso le cancellerie;
di recente è stato introdotto un nuovo sistema informatico che consente di ottenere le suddette informazioni solo mediante l'indicazione della data della udienza di comparizione del processo e, peraltro, mediante l'uso di password ottenuto tramite il consiglio dell'ordine idoneo a conoscere solo i procedimenti nei quali si è già costituiti o ci si voglia costituire:
da tale nuovo sistema consegue:
l'impossibilità, ai fini di intervento nelle esecuzioni mobiliari e/o immobiliari, di verificare l'esistenza di procedure pendenti a nome di un debitore;
la conseguente impossibilità di conoscere lo stato di insolvenza o meno, di un debitore, anche ai fini di ricorsi fallimentari;
l'impossibilità di intervento in giudizi pendenti tra altre parti, sia autonomo che ad adiuvandum, nel caso che non si conosca l'udienza di comparizione, specie se il mandato per l'intervento viene conferito al difensore a giudizio in corso;
l'impossibilità, anche in materia di lavoro (specificatamente in giudizi in materia di avviamento obbligatorio) di verificare se lo stesso lavoratore abbia promosso più giudizi contro presunti datori di lavoro inadempienti;
l'impossibilità, ove due o più avvocati siano costituiti per la stessa parte, per uno dei due difensori di assumere informazioni via terminale, perché la visura può


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essere effettuata solo dall'avvocato, il cui nominativo sia stato casualmente inserito nel sistema;
le suddette restrizioni all'accesso alle informazioni sui Ruoli non sembrano giustificate dalla tutela della privacy perché i Ruoli hanno natura di documenti pubblici (Articoli 28-32 Disp. Att. CPC - V. anche Cass. Pen. n. 944 del 10/7/1967, Cass. Pen. n. 31 del 14/3/1968, Cass. Pen. n. 497 del 18/1/74), mentre ciò che è coperto dalla privacy è, semmai, il contenuto degli atti processuali, la cui conoscenza potrà essere consentita solo dal Magistrato competente, previa valutazione del legittimo diritto del richiedente ad accedervi. Ma è ovvio che l'interessato non è neanche in grado di conoscere e quindi di rivolgersi al Magistrato competente, ove gli sia impedito l'accesso alle informazioni generiche dei Ruoli;
sono state rappresentate dette circostanze al responsabile del Centro elaborazione dati della Corte di appello di Roma il quale ha risposto riconoscendo in sostanza che le restrizioni sono effettive, ma deriverebbero dalla immediata applicabilità della direttiva 95/46/UE della Unione europea in materia di tutela della privacy;
siffatta interpretazione, restrittiva e compressiva del diritto di difesa, non è giustificata dalla legge n. 675/1996 posto che l'articolo 4, punto d), nonché l'articolo 20, punto b), confortano la tesi qui sostenuta del libero accesso ai ruoli generali da parte degli avvocati, in quanto espressamente prevedono che la legge n. 675 non si applica al trattamento dei dati personali «per ragioni di giustizia, nell'ambito di uffici giudiziari» (articolo 4) e che la diffusione dei dati personali è ammessa «se i dati provengono da pubblici registri, elenchi» (articolo 20);
in ogni caso, ammesso che in materia di tutela della privacy la direttiva 45/96 Unione europea sia divenuta efficace nel 1998, ciò non può significare che il contenuto della stessa possa incidere su un diritto costituzionalmente garantito, quale quello alla difesa (nel suo più ampio significato);
proprio perché tale diritto possa essere pienamente esercitato, pur in contemperamento delle esigenze di tutela della privacy, non sembra possibile che al preposto a tale esercizio, l'avvocato, possa essere impedito di adempiere compiutamente al mandato ricevuto dal cittadino suo assistito;
adempiere al mandato non significa solo compiere tutti gli atti necessari ed utili relativi allo specifico giudizio per cui il mandato è conferito, ma, al fine di attuare la migliore difesa possibile, significa anche poter verificare l'esistenza di eventuali altri giudizi in corso che comunque possano avere influenza diretta o indiretta su quello per il quale è stato officiato (si pensi ai casi previsti, e regolati dal codice processuale, di continenza di cause, ai casi di opportunità di riunione, di pregiudizialità, alle cause di garanzia propria ed impropria, agli interventi, esempi di casi in cui più giudizi possono pendere con difensori diversi);
e infatti il punto dirimente, che sembra erroneamente trascurato, è che un avvocato non è, per la materia in discussione, un quisque de populo, ma un soggetto particolarmente qualificato, che svolge una funzione di pubblico interesse, indispensabile per dare attuazione al diritto di difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione. A tal fine si rende necessario per l'avvocato poter consultare i ruoli (peraltro pubblici) per verificare l'esistenza dei detti giudizi e valutare le scelte difensive più opportune: semmai, una volta verificata la pendenza di un giudizio che può avere interesse e/o rilevanza e/o attinenza a quello per il quale il difensore ha ricevuto il mandato, potrà essere sottoposta, ad autorizzazione da parte del magistrato incaricato della trattazione della causa, la richiesta di consultazione e/o copia degli atti processuali;
indipendentemente dall'esistenza di un mandato in capo ad un avvocato, allo stesso non può essere preclusa la consultazione dei ruoli generali che, stante la loro natura pubblica, non necessitano di una


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specifica previsione legislativa per la loro consultazione: ciò è peraltro confermato da quanto sinora consentito dal Sistema funzionante in precedenza, anche in pendenza della operatività della suddetta direttiva, mediante utilizzazione dei terminali operanti con la precedente procedura informatica (perfino oggi tali terminali sono attivi e tutte le consultazioni sono possibili, anche se i dati accessibili sono temporalmente limitati al 2/12/1999);
la limitazione in esame sembra, fra l'altro, essere in contrasto con il vigente sistema che, ad esempio, consente l'affissione fuori dalle Aule dei ruoli di udienza e prevede espressamente che l'udienza di discussione delle cause sia pubblica (art. 128 cpc.), con possibilità quindi, perfino per il pubblico, di venire a conoscenza sia della esistenza di cause, sia di questioni personali comportanti anche diffusione di dati personali sensibili;
è opportuno valutare, inoltre, che un avvocato può esercitare il diritto di difesa, oltre che nell'attività giudiziale, anche in quella stragiudiziale, ad esempio in materia contrattuale, ove il dovere di diligenza comporta che, pur non avendo la specifica procura alle liti, l'avvocato sia tenuto ad effettuare, in virtù del mandato professionale ricevuto, quegli accertamenti che consentano la migliore tutela, anche sul piano contrattuale. Verificare se un contraente o promittente abbia cause pendenti, procedure esecutive in atto, cause in materia di inadempimento contrattuale, è accertamento doveroso e rientrante nell'esercizio del diritto di difesa concesso al cittadino e, quindi, al suo difensore, il quale, se non lo facesse, ne risponderebbe civilmente e disciplinarmente;
diversamente opinando, sembra che non troverebbe attuazione quel bilanciamento di interessi che, in presenza della legge sulla privacy, deve salvaguardare nel miglior modo possibile i diritti di tutti i cittadini, e ciò perché, stante quanto sopra esposto, l'esercizio del diritto di difesa, ripetesi costituzionalmente garantito, verrebbe notevolmente compresso, con ingiustificato discapito di colui che tale diritto invoca. A conferma che il diritto alla privacy non è assoluto, ma deve essere contemperato con altri diritti fondamentali, con quello di difesa, la stessa Convenzione Europea per i Diritti dell'Uomo, all'articolo 8 n. 2, pone come limite alla tutela della privacy «un'ingerenza che sia prevista dalla legge (come nel caso dell'attività difensiva e come nel caso dei Ruoli delle cause civili, che sono pubblici per legge) e che costituisca una misura che, in una società democratica è necessaria ...per la protezione dei diritti e delle libertà degli altri -:
quali provvedimenti concreti voglia e intenda attuare per ricondurre a ragionevolezza la situazione.
(4-30597)

CONTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 20 aprile 1999 il direttore generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio centrale beni e servizi - divisione prima sezione II, con protocollo n. 602993/ l.m. scriveva al sindaco del comune di Camerino (Macerata) affermando che il suddetto dipartimento era favorevole alla realizzazione di un nuovo istituto penitenziario nella cittadina marchigiana, in sostituzione della struttura esistente;
nella stessa missiva lo scrivente aggiungeva però che le modeste disponibilità di bilancio non avrebbero consentito di destinare finanziamenti alla realizzazione dell'opera e che per portare avanti l'iniziativa sarebbe stato assolutamente necessario inserire il progetto nel programma di ricostruzione post-sisma;
nello scritto si affermava inoltre che «per le esigenze del circondario e per un giusto rapporto costi-benefici» si poteva pensare ad un carcere con una capienza di 150 posti detentivi, da collocarsi su di un'area di circa 5 ettari;
il ministero garantiva poi la propria disponibilità agli adempimenti di competenza


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per eventuali atti preliminari, quali la scelta dell'area e la redazione di un progetto;
per motivi obiettivi la suddetta opera non è stata inserita tra quelle da realizzarsi con i fondi per la ricostruzione post sisma;
attualmente il carcere di Camerino è l'unico esistente nella provincia di Macerata e ospita le sezioni maschile e femminile -:
se il ministero intenda intervenire autonomamente, anche in considerazione della prossima emanazione della nuova legge finanziaria, prevedendo il necessario stanziamento di 40 miliardi per costruire la necessaria nuova Casa circondariale di Camerino;
se risponda al vero che sarebbe invece intenzione dell'amministrazione penitenziaria sopprimere la sezione femminile del carcere di Camerino per arrivare gradualmente ad una chiusura definitiva della struttura;
se risponda al vero che il trasferimento della sezione femminile di Camerino nel carcere di Ancona sia già stata programmata.
(4-30607)