Interrogazioni a risposta orale:
DELMASTRO DELLE VEDOVE e ALBERTO GIORGETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
DELMASTRO DELLE VEDOVE e ALBERTO GIORGETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a scavalco per tre giorni la settimana, considerando i problemi connessi alla sicurezza degli istituti medesimi;
TARADASH. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
beneficio dell'amnistia e, in questo caso, se ciò rappresenti un fattore ostativo al trasferimento stesso.
Interrogazioni a risposta scritta:
l'Unione degli ordini degli avvocati ha manifestato forte contrarietà ed intensa preoccupazione per la singolare decisione di istituire una Sezione Specializzata presso i soli tribunali delle città sedi di Corte d'appello, per le cause afferenti questioni di diritto commerciale;
la proposta, lungi dal semplificare le procedure, si risolverebbe in un grave danno per l'avvocatura di tutte le città non sedi di Corte d'appello, in un accentuato disagio delle parti coinvolte sulle vertenze, mentre l'organo competente a decidere riceverebbe un carico di cause difficilmente governabile se non con l'improbabile massiccio rinforzo dell'organico, a scapito dunque della necessaria speditezza che, nell'ambito delle questioni societarie e commerciali, ha rilevanza assoluta per la sopravvivenza stessa della impresa;
in evidente controtendenza, ben si può affermare che, a fronte dell'attuale assetto di «federalismo giudiziale», l'eventuale realizzazione del progetto governativo creerebbe una situazione di inedito e deprecabile «centralismo» giudiziario;
anziché portare i servizi in prossimità del cittadino, un progetto di tal genere, se realizzato, costringerebbe il cittadino a rincorrere il servizio -:
abbia pieno sentore della forte opposizione dell'avvocatura al progetto di centralizzazione del servizio, se abbia la consapevolezza del forte disagio che un tale progetto causerebbe all'utenza e se, dunque, non ritenga di dover abbandonare il proposito di riorganizzare centralisticamente un delicatissimo settore della vita giudiziaria.
(3-05907)
la recente presentazione della relazione dei componenti diessini della Commissione stragi ha destato forti polemiche e contrastanti reazioni;
per quel che è stato dato di comprendere, tutte le nefandezze del dopoguerra coinvolgono Stati Uniti, Cia, Vaticano, MSI, Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, P2, Servizi deviati, Alleanza Nazionale, Francesco Cossiga, Cosa Nostra;
ferma la libertà, per chiunque, di usare violenza carnale alla storia, quel che ha colpito maggiormente, sul piano istituzionale, è stata la presenza, alla cerimonia di presentazione, del Ministro della giustizia;
curiosa, ma non del tutto inattesa, la presenza dei giudici Vigna, Caselli e Priore e, a distanza, del giudice D'Ambrosio che, nel timore che si registrasse la sua assenza all'evento «storico», ha voluto far sapere, con sussiego, che i collegamenti tra le stragi e gli ambienti della destra estremista e gli ambienti americani «erano noti fin dal 1969»;
la presenza del Ministro della giustizia che, per la sua precisa ed antica collocazione politica, «non poteva non sapere» preventivamente quale fosse il contenuto della relazione predisposta accuratamente dai suoi compagni di partito, lascia presumere che il Governo intenda indirettamente associarsi alla forte accusa nei confronti degli alleati americani di essere i mandanti e gli organizzatori ed i finanziatori delle peggiori atrocità subìte dall'Italia nel dopoguerra;
è doveroso fare chiarezza sulle singole partecipazioni all'evento -:
se ritenga istituzionale e corretta la partecipazione dei giudici Caselli, Vigna e Priore alla presentazione della relazione dei commissari diessini componenti della Commissione stragi;
se risulti che il giudice D'Ambrosio, cui erano noti e chiari i collegamenti fra americani e criminali italiani, abbia aperto procedimenti contro cittadini americani;
se la presenza del Ministro della giustizia debba essere letta come condivisione del contenuto della relazione e se tale condivisione debba essere considerata propria dell'intero Governo.
(3-05913)
in data 29 maggio 2000 il direttore della casa circondariale di Biella, dottor Salvatore Nastasia ha ricevuto comunicazione, da parte del Provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria Piemonte-Valle d'Aosta dottor Giuseppe Rizzo, di invio in missione presso la casa circondariale di Alessandria-Don Soria;
a seguito di incontro sindacale svoltosi in Biella il 30 maggio 2000, il dottor Rizzo, sentite le organizzazioni sindacali, disponeva la revoca del provvedimento;
in un secondo incontro, tenutosi a Torino in data 5 giugno 2000, il dottor Rizzo, su sollecitazioni della Cisl, affermava che, se non fossero stati liquidati i servizi di missione entro otto giorni, avrebbe «mandato via» il direttore;
non essendoci la possibilità tecnica di liquidare le missioni, in ragione delle gravi e più volte lamentate carenze di organico, il dottor Rizzo, consapevole di non avere il potere di disporre il trasferimento del direttore dottor Nastasia, cercava di «aggirare l'ostacolo» assumendo il provvedimento, formalmente legittimo, dell'invio in missione presso gli istituti di Fossano e Saluzzo;
detto provvedimento, attuativo della promessa di «mandare via» il direttore, veniva giustificato e motivato con l'asserita necessità di provvedere ad una nuova distribuzione del personale direttivo del distretto, e, con involontaria ironia, il dottor Rizzo, nel provvedimento medesimo, disponeva, per consentire risparmio erariale, che il direttore di Biella potesse avvalersi dell'uso del mezzo di servizio con autista;
naturalmente, e sempre per consentire risparmio erariale, il dottor Rizzo disponeva che la direzione della casa circondariale di Biella, durante il periodo di missione del suo direttore «naturale», fosse assicurata dal dottor Alberto Fraganini per tre giorni alla settimana, sempre mediante l'utilizzo del mezzo di servizio con autista;
quasi a «chiosare» il provvedimento, il dottor Rizzo affermava che lo stesso consentiva di provvedere ad una più razionale distribuzione del personale direttivo in ambito distrettuale;
in altre parole, secondo la logica di risparmio del dottor Rizzo, l'utilizzo del mezzo di servizio con autista costituisce un modo razionale di sfruttamento delle risorse umane, con quattro istituti praticamente «scoperti» per quattro giorni la settimana al solo fine di soddisfare la volontà del dottor Rizzo di attuare il proposito di colpire il dottor Nastasia utilizzando, a spese del contribuente, questo bizzarro «gioco dell'oca»;
l'iniziativa del dottor Rizzo appare, dal punto di vista strategico, alle soglie della demenzialità e si risolve in un grave danno per l'erario -:
se sia al corrente della autentica «girandola» di missioni disposte dal provveditore regionale Piemonte-Valle d'Aosta dottor Giuseppe Rizzo;
quali siano le ragioni che giustificano, come «necessità», una nuova distribuzione del personale di distretto;
se si ritenga serio disporre un giro vorticoso e complicato di missioni giustificate formalmente con il fine di «consentire un risparmio erariale»;
se si ritenga serio organizzare le risorse umane mettendo quattro case circondariali nelle condizioni di avere direttori
se non si ritenga che detto provvedimento costituisca il paravento per nascondere la volontà di trasferire di fatto il dottor Nastasia;
se non si ritengano esistenti le condizioni per disporre una accurata ispezione presso il Provveditorato regionale di Torino;
quali siano, ai fini del danno erariale (e non già del risparmio erariale) i costi di tali missioni al fine di segnalare formalmente l'accaduto alla Procura regionale della Corte dei conti per l'esercizio dell'eventuale azione nei confronti dello stesso dottor Rizzo.
(3-05915)
il signor Coskun Karakus è un cittadino turco dal 28 marzo 1983 recluso nell'istituto penitenziario di San Gimignano, dove sta scontando una condanna definitiva a ventotto anni di reclusione per reati legati al traffico di stupefacenti;
il signor Karakus dal luglio 1993 ha reiteratamente richiesto il trasferimento in Turchia in conformità con la Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate e dal giorno del suo arresto ha potuto godere di 22 mesi di semilibertà, mentre, da allora, tutte le domande rivolte ad ottenere misure alternative alla detenzione (semilibertà o permessi premio) vengono respinte dal tribunale di sorveglianza di Firenze poiché, essendo un cittadino straniero, viene rilevato il pericolo di fuga;
l'articolo 12 della legge n. 334 del 1988 stabilisce che «ciascuna parte può accordare la grazia, l'amnistia o la commutazione della condanna conformemente alla propria Costituzione o ad altre leggi»;
i familiari del detenuto, che è sposato ed è padre di quattro figlie, risiedono in Turchia e a causa di problemi di carattere economico possono recarsi in Italia solo una volta l'anno per incontrare il signor Karakus che, per la sua scarsa conoscenza della lingua, ha difficoltà di inserimento e di socializzazione;
il Governo turco ha più volte manifestato la sua disponibilità ed apertura al dialogo per garantire ai cittadini turchi detenuti all'estero e per quelli stranieri detenuti in Turchia la possibilità di scontare la pena nel Paese di origine per favorirne sia il reinserimento sia la vicinanza agli affetti familiari;
nel mese di aprile del 1991 la Turchia ha adottato un provvedimento di amnistia generale, la rinuncia a beneficiare del quale, espressa dal signor Karakus pur di poter essere trasferito, è stata ritenuta dal governo turco irricevibile in quanto incostituzionale;
il signor Karakus ha reso nota la propria situazione, chiedendo un intervento anche per gli altri cittadini turchi reclusi nelle carceri italiane, sia al Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole D'Alema, con una lettera dell'8 aprile 1999, al Presidente del Senato, onorevole Nicola Mancino, al Presidente della Camera, onorevole Luciano Violante, con lettera dell'8 giugno 1999, nonché al Ministro interrogato, con lettera del 22 dicembre 1998 e del 4 giugno 1999;
una politica restrittiva nella concessione del trasferimento ai cittadini turchi detenuti nelle carceri italiane potrebbe recare nocumento ai cittadini italiani detenuti in Turchia che avessero fatto istanza di trasferimento nel nostro Paese -:
se non ritenga di adottare ogni provvedimento necessario per garantire il rispetto dei diritti riconosciuti ai cittadini turchi detenuti in Italia, ed in ispecie del signor Karacus, e per verificare la ricorrenza dei presupposti per il trasferimento;
se sia vero che i detenuti turchi in Italia beneficerebbero, ove trasferiti, del
(3-05925)