VENDOLA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 20 giugno 1997 a Messina perdeva la vita la studentessa diciassettenne, Valeria Mastrojeni, in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale verificatosi in una via del centro cittadino e causato dalla condotta spericolata del conducente di una «Lancia Delta Integrale»;
il relativo processo per omicidio colposo, iscritto con il n. 5188/97 R.G.N.R. dell'allora procura circondariale, fin dall'inizio è stato caratterizzato da indicibili anomalie;
la contestazione dell'omicidio colposo raggiunse, fin dalla notte dell'incidente, il proprietario dell'auto investitrice, tale Luca Gozzi. Questi nell'immediatezza, con dichiarazioni spontanee rese al pubblico ministero, negò ogni sua responsabilità, accreditando la tesi del furto della propria auto (come da formale denuncia che venne altresì proposta), circostanza, secondo la sua versione, riferitagli telefonicamente subito dopo l'incidente da un amico, Roberto Carrabba, figlio dell'avvocato Giuseppe Carrabba, che contestualmente veniva nominato quale difensore di fiducia del Gozzi. La mattina successiva proprio Roberto
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Carrabba, sentito dal pubblico ministero smentì Gozzi. Più precisamente, il Carrabba si limitò a negare di essere stato lui a telefonare al Gozzi nella notte dell'incidente, affermando, viceversa di aver ricevuto una telefonata con la quale il suo amico gli riferì di aver subito il furto della propria auto e di averla casualmente ritrovata coinvolta in un incidente;
nel pomeriggio del 20 giugno 1997, il pubblico ministero dottor Emanuele Crescenti, nel verbale di nomina del consulente tecnico dell'autopsia, nominava al Gozzi un difensore d'ufficio, attesa «la sopravvenuta incompatibilità ad accettare la nomina di difensore di fiducia dell'avvocato Giuseppe Carrabba». È da ritenersi che il pubblico ministero ricollegasse alla testimonianza del figlio dell'avvocato Carrabba la sopravvenuta incompatibilità difensiva di questi. Sennonché, in violazione dell'articolo 106 del codice di procedura penale, il pubblico ministero agì in proprio, anziché sottoporre, come era suo obbligo, al Gip la questione relativa all'asserita incompatibilità difensiva. Tanto più, infatti, fu ambiguo quel comportamento (e motivato probabilmente dall'intenzione di dimostrare platealmente un apparente distacco dalle posizioni del Carrabba), laddove si osserva che il 21 giugno 1997 il Gozzi si presentò spontaneamente innanzi al pubblico ministero revocando la nomina dell'avvocato Carrabba e contestualmente nominando quale difensore di fiducia l'avvocato Maria Falbo, collaboratrice dell'avvocato Carrabba, sulla cui assistenza, tuttavia, il dottor Crescenti nulla ebbe da obiettare. Ciò forse perché in quell'occasione il Gozzi, ritrattando le precedenti dichiarazioni ed autoaccusandosi dell'omicidio colposo, appianava ogni questione, fornendo la possibilità, dopo 36 ore di assoluta confusione, di dare un nome al responsabile della morte di Valeria Mastrojeni;
tuttavia l'identità del sedicente responsabile contrastava con quella indicata dalle voci che si diffondevano con sempre maggior vigore e che indicavano invece il nome di Roberto Carrabba. E, a dire il vero e soprattutto, la confessione di Gozzi contrastava anche con la testimonianza resa qualche ora dopo la spontanea ammissione di Gozzi dall'unica testimone oculare dell'incidente. Ciò che aveva visto quella studentessa era un guidatore con la camicia bianca che non corrispondeva alle sembianze di Gozzi e che, viceversa, somigliava moltissimo a Roberto Carrabba e che, soprattutto, era fuggito subito dopo l'incidente;
tale testimonianza rimase chiusa nel cassetto del comando dei vigili urbani per circa tre mesi e mezzo e fu acquisita al fascicolo del pubblico ministero solo quando ormai il quadro dell'accusa era stato incardinato sulle responsabilità del Gozzi. Vale la pena, tuttavia, osservare come l'impostazione del pubblico ministero, pur indisponibile a valutare soluzioni diverse da quella della responsabilità del Gozzi, si sia mantenuta, nella qualificazione giuridica dei fatti, il più possibile favorevole nei confronti dello stesso. Ad esempio, la simulazione di reato relativa al falso furto denunciato nell'immediatezza fu contestata a Gozzi non al momento della pseudoconfessione, allorché aveva ammesso la falsità della denuncia, bensì solo dopo molti mesi e dietro formale richiesta, a quel punto impossibile disattendere, dei familiari della vittima;
ancora, il pubblico ministero non ha mai contestato a Gozzi la circostanza aggravante della colpa cosciente di cui all'articolo 61 n. 3 del codice penale, nonostante in sede di incidente probatorio il perito rilevò una velocità di 111,2 Km/h per l'auto investitrice, velocità raggiunta in una viuzza del centro di Messina la cui intera estensione non supera i 300 metri. Ulteriormente, il pubblico ministero non ha mai contestato a Gozzi l'aggravante del nesso teleologico di cui all'articolo 61 n. 2 del codice penale con riferimento alla simulazione di reato, nonostante Gozzi avesse confessato di aver inventato la storia del furto per declinare le sua responsabilità nell'incidente. Anche su ciò il pubblico
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ministero ha disatteso le reiterate sollecitazioni rivoltegli dai familiari della vittima;
l'impostazione poco chiara del pubblico ministero si è manifestata nuovamente alla chiusura delle indagini preliminari. In quel frangente, infatti, il dottor Crescenti prestava il proprio consenso ad una istanza di patteggiamento formulata dalla difesa del Gozzi che prevedeva una qualificazione giuridica dei fatti a dir poco abnorme. Non solo si riconoscevano all'indagato le attenuanti generiche ma, all'evidente scopo di calmierare la pena finale, si applicava la disciplina del reato continuato fra l'omicidio colposo e la simulazione di reato. Come a dire che il Gozzi, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, aveva già in mente di denunciare il furto della propria auto prima ancora che si verificasse l'incidente. Ma le stranezze di quel patteggiamento non finiscono qui. È infatti accaduto che, quel giorno prima dell'udienza fissata per il giorno 26 novembre 1998 al Gip per il patteggiamento, veniva proposta dalla difesa di Gozzi una seconda istanza di patteggiamento, contrabbandata sotto forma di correzione di errore materiale di computo della pena della prima istanza, sulla quale il pubblico ministero, imperterrito, prestava per la seconda volta il consenso «facendo, peraltro, seguito al consenso già precedentemente manifestato». L'errore materiale nel computo, atteneva, guarda caso, proprio al vincolo della continuazione fra l'omicidio colposo e la simulazione di reato, fatto scomparire nella seconda istanza dal momento che, evidentemente, i proponenti si erano resi conto dell'impossibilità dell'accoglimento della prima istanza, Comunque, il Gip rigettò il patteggiamento e ordinò al pubblico ministero l'emissione del decreto di citazione a giudizio;
all'udienza del 14 dicembre 1998, il Pretore dottor Cosimo D'Arrigo, dichiarò di astenersi, attesi i «rapporti di pregressa amicizia e conoscenza con una sorella della vittima». I familiari della vittima smentirono il giudice perfino per interviste pubblicate dalla stampa locale. Tuttavia, ad aumentare la dose di ambiguità che connota la vicenda è un'altra circostanza. Infatti, se nelle vicende relative all'incidente stradale in cui trovò la morte Valeria Mastrojeni vi sono persone amiche del dottor D'Arrigo, queste appartengono alla famiglia Carrabba. Successivamente all'astensione del dottor D'Arrigo si astennero altri due giudici togati, la dottoressa Nastasi e il dottor Conti. Anche queste astensioni sono state accolte dal presidente del tribunale;
per effetto di tali astensioni a catena, fu incaricato un vice pretore onorario, l'avvocato Adalgisa Bartolo, che tuttora dirige il processo, aggiornato all'udienza del 15 giugno prossimo, data in cui si celebrerà l'udienza con le forme del giudizio abbreviato e sarà probabilmente emessa sentenza;
la presenza dell'avvocato Bartolo quale giudice onorario non appare opportuna, considerata la sussistenza degli interessi personali dell'avvocato Carrabba e del figlio di questi nel processo in questione. A tal fine, occorre segnalare che Roberto Carrabba nel 1999, a seguito di formale denuncia, fu effettivamente indagato quale presunto responsabile dell'omicidio colposo, anche se successivamente archiviato, di guisa che una eventuale assoluzione del Gozzi, giustificata dalle numerose assurdità emerse nel processo, comporterebbe nuovamente l'automatica incriminazione di Roberto Carrabba;
a pronunciare la sentenza sarà il giudice onorario avvocato Adalgisa Bartolo, la quale nel medesimo torno di tempo in cui ha presieduto il processo ha collaborato professionalmente con l'avvocato Giuseppe Carrabba, insieme al quale, ad esempio, ha eseguito in difesa congiunta un processo penale innanzi alla Corte di appello di Messina;
di recente, della vicenda si sono interessati anche gli ispettori del ministero della giustizia, nella relazione ispettiva avente ad oggetto i fatti del noto «caso Messina». In seno a quella relazione gli ispettori hanno dovuto soffermarsi sul patologico
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fenomeno delle astensioni (invocando un freno per «l'abuso dell'istituto dell'astensione»), facendo riferimento proprio al caso in questione: «un esempio di astensioni a catena (descritto dai dottori Alì, Croce e Venuto) è quello che ha riguardato il processo per l'omicidio colposo Mastrojeni. Dopo la successiva astensione di tre magistrati togati (per motivi di «conoscenza»), l'impegnativo e complesso processo, nel quale la parte civile sostanzialmente afferma che il vero responsabile sarebbe non l'attuale imputato ma il figlio di un avvocato messinese, sarà trattato da un giudice onorario, con evidente diffidenza da parte della stessa parte civile» -:
quali siano stati gli esiti della relazione degli ispettori per la parte relativa al processo per l'omicidio colposo Mastrojeni;
quali siano le iniziative che intende assumere al fine di porre freno all'abuso dell'istituto dell'astensione del tribunale di Messina, rilevato anche dagli ispettori ministeriali;
se non ritenga opportuno esercitare l'iniziativa disciplinare in capo ai magistrati coinvolti nei fatti esposti in narrativa.
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