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PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.
FABRIZIO CESETTI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, il disegno di legge in esame è diretto a ratificare una serie di atti internazionali elaborati sulla base dell'articolo K.3, paragrafo 2, lettera c), del Trattato sull'Unione europea. Secondo tale disposizione il Consiglio può elaborare convenzioni nelle materie attinenti ai settori della giustizia e degli affari interni indicati dall'articolo K.1 del predetto Trattato e raccomandarne l'adozione da parte degli Stati membri, in conformità alle rispettive norme costituzionali. In particolare, gli atti oggetto di ratifica sono i due protocolli della convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (PIF), la convenzione dell'Unione europea sulla corruzione e la convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici funzionari stranieri.
europee. In base a tale articolo, è altresì punito lo straniero che commetta tali reati all'estero, quando il profitto del reato stesso sia stato conseguito da cittadino italiano o da cittadino avente residenza o domicilio in Italia: in questo caso occorre, per i cittadini comunitari, il consenso dello Stato di appartenenza, secondo la procedura di cui all'articolo 344 del codice di procedura penale, che disciplina la richiesta di autorizzazione a procedere.
reato di cui all'articolo 321-bis - pene per il corruttore - sia ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono un profitto; il secondo dispone che il giudice, nei casi sopra illustrati, determini, con la sentenza di condanna, le somme di denaro o individui i beni assoggettati a confisca. Le Commissioni II e III della Camera hanno soppresso la disposizione secondo la quale, nel caso in cui le utilità date dal corruttore non abbiano natura patrimoniale, viene esteso anche ad esse il principio sotteso alla cosiddetta confisca di valore, introdotta dalla restante parte dell'articolo. È di tutta evidenza, infatti, che, trattandosi di utilità di carattere non patrimoniale, ne risulti impossibile la valutazione in termini economici, con la conseguenza che la determinazione che la norma rimette al giudice rischia di rivelarsi del tutto arbitraria. Anche sotto il profilo teorico la novità non sarebbe condivisibile, dal momento che la confisca dell'equivalente scatta nel caso in cui, per qualunque motivo, lo Stato non possa apprendere la «cosa» originaria, che dunque costituisce l'oggetto imprenscindibile di qualunque confisca.
per violazioni della disciplina sul contrabbando, per le quali l'ammontare dei diritti di confine dovuti non superi i 7 milioni di lire; tale limite viene innalzato a 7 milioni 745 mila lire.
si è visto, la Camera dei deputati non ha previsto l'introduzione di forme di responsabilità di tal genere. È, tuttavia, da ricordare che il Consiglio dei ministri ha approvato uno schema di disegno di legge di riforma del diritto societario nel quale, sia pure attraverso lo strumento della delega, si prevede la responsabilità penale delle società commerciali per cui la questione di diritto circa l'ammissibilità della responsabilità delle persone giuridiche appare superata da parte del Governo.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente. Grazie, onorevole Cesetti.
MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Presidente, come già evidenziato nella relazione dell'onorevole Cesetti - che, sia pure non completa, ha offerto alcuni spunti -, il provvedimento al nostro esame è di notevole importanza. Attraverso lo strumento della ratifica di atti internazionali elaborati sulla base del trattato sull'Unione europea e della delega al Governo, si vogliono introdurre nel nostro sistema penale rilevanti innovazioni. Si tratta di mutamenti che comportano, innanzitutto, la specifica innovazione di nuove ed autonome figure delittuose per l'ipotesi di reati commessi in danno dell'Unione europea. Vi è, infatti, un oggettivo aggravamento della posizione di membri e di funzionari infedeli e, più in generale, di quanti ricorrano all'illecita e fraudolenta percezione di erogazione da parte della Comunità europea. Profilo non meno importante ed, anzi, forse addirittura più incisivo ed innovativo sotto l'aspetto di principi di carattere generale è quello della responsabilità delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica in relazione alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione.
Si è inteso poi chiarire la disciplina della confisca attraverso la rielaborazione dell'articolo 4; altre modifiche sono state, infine, apportate all'articolo 12 che - come ricordato dal relatore per la II Commissione - è certamente uno degli articoli sul quale si è incentrata maggiormente l'attenzione e, quindi, la discussione nelle due Commissioni congiunte. Avuto riguardo a quest'ultima disposizione si rileva che nell'elaborato delle Commissioni, pur senza essere messe in discussione le scelte di fondo del testo che era stato licenziato dal Senato, incentrate sulla previsione di una forma di responsabilità amministrativa della società, ricondotta però alla competenza del giudice penale, sono state apportate alcune importanti modifiche, finalizzate a circoscrivere l'ambito applicativo di tale disposizione ai soli reati indicati nel disegno di legge originario. Appare inoltre migliorata la disciplina del recesso del socio o dell'associato dalla società, dall'associazione o dall'ente nei confronti dei quali sia stato accertato un illecito amministrativo. Opportunamente si è infatti provveduto a contemperare gli interessi di colui che recede con quello dei creditori speciali.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marotta. Ne ha facoltà.
RAFFAELE MAROTTA. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, è inutile far osservare che mentre tutti si riempiono la bocca con la necessità della lotta alla corruzione, quando poi si discute di provvedimenti come quello alla nostra attenzione in aula non c'è nessuno. Questa è la verità, a dimostrazione del fatto che qui si parla soltanto.
Giustissimo: la novità che impone la confisca per equivalente, come si suol dire, è veramente pregevole. Sono pure d'accordo che la confisca obbligatoria, anche per equivalente, debba valere anche per i reati di appropriazione indebita, come previsto dall'articolo 640-quater del codice penale, anch'esso introdotto dall'articolo 4 del testo approvato dal Senato (articolo 3 del testo in esame dopo la soppressione dell'articolo 3 del testo licenziato dal Senato).
PRESIDENTE. Onorevole Marotta, le ricordo che i 48 minuti sono comprensivi dell'esame degli emendamenti.
RAFFAELE MAROTTA. Questo mi è stato riferito e subito ne ho preso atto; cercherò di non ledere i diritti e gli interessi degli altri colleghi.
MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. È così.
RAFFAELE MAROTTA. Su questo non vi sono dubbi: l'articolo 6 non prendeva posizione.
padri: societas delinquere non potest! Non può, anche perché la persona giuridica nasce con una capacità giuridica limitata. Volendo fare una battuta dico che non è possibile, ad esempio, che un comune si possa sposare, che possa contrarre matrimonio e che non possa nascere per commettere reati (su questo non vi è dubbio); tant'è vero che il relatore per la II Commissione, il collega Cesetti, ha giustamente proposto l'abrogazione di quella parte, di quell'inciso che parlava di eventi sorti per commettere reato. È una cosa quasi ridicola...
MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. È allucinante!
RAFFAELE MAROTTA. Che poi, di fatto, i reati vengano commessi dalle persone che rappresentano questi enti è un altro paio di maniche, ma è chiaro che non si può pensare ad un ente che sorga per commettere reati.
FABRIZIO CESETTI, Relatore per la II Commissione. Ho presentato un emendamento per sopprimere tale previsione.
RAFFAELE MAROTTA. Hai fatto benissimo.
FABRIZIO CESETTI, Relatore per la II Commissione. Sì, ha aggiunto il peculato!
RAFFAELE MAROTTA. Anche la truffa. Infatti, l'articolato si esprime in questo senso: «prevedere la responsabilità in relazione alla commissione dei reati di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 640, 640-bis e 640-ter». Noi non li avevamo indicati. Solo in ordine a questi reati è concepibile la previsione. Infatti, questi non sono reati propri, ma gli altri sono tutti reati propri e li può commettere solo il pubblico ufficiale. Secondo me, dobbiamo comprendere anche questi, anche per una certa assonanza, anche se è difficile concepire un reato di peculato che sia commesso a vantaggio della pubblica amministrazione. Come è possibile?
questi soggetti, tant'è vero che nell'ultimo comma abbiamo escluso la responsabilità amministrativa autonoma nel caso in cui il reo «abbia commesso il reato nell'esclusivo interesse proprio o di terzi». Questa delimitazione mi fa propendere per l'esattezza di questa conclusione, perché non si tratta di una responsabilità tout court, ma si tratta di una responsabilità che risponde al principio del cuius commoda et eius incommoda. Non so se ho reso l'idea: è anche limitata. Ne rispondiamo nei limiti del patrimonio sociale e nei limiti del fondo comune: non se ne può rispondere ultra vires. Quindi, limitata come è, più che una forma di responsabilità autonoma, è una forma di responsabilità collaterale, quasi simile a quella prevista dagli articoli 197 del codice penale e 6 della legge n. 689 del 1981 (se non ricordo male).
MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Questa è l'azione di regresso.
RAFFAELE MAROTTA. Sì, ma allora come posso rispondere, in presenza di un dolo che spezza ogni rapporto tra me e la persona giuridica della quale io sono rappresentante? Questi sono principi sui quali bisogna riflettere.
MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Nei confronti della persona fisica.
FABRIZIO CESETTI, Relatore per la II Commissione. Mi pare evidente.
RAFFAELE MAROTTA. Sarebbe necessaria una maggiore definizione dei divieti.
Sono d'accordo sul fatto che la competenza del giudice penale debba cessare quando ha deciso; oltretutto, se assolve il funzionario che ha commesso il reato, non è configurabile una responsabilità amministrativa autonoma dell'ente. Qualunque sia la decisione, come può permanere la competenza del giudice penale? Mi riferisco all'emendamento presentato in Commissione dall'onorevole Cesetti che ha soppresso la lettera o). È così?
FABRIZIO CESETTI, Relatore per la II Commissione. Sì, è così.
RAFFAELE MAROTTA. Va bene. È anche da apprezzare l'emendamento che prevede il diritto di recesso e àncora a quel tempo la valutazione della quota, proprio al fine di difendere, giustamente, la par conditio creditorum.
FABRIZIO CESETTI, Relatore per la II Commissione. Ne discuteremo in sede di Comitato dei diciotto.
RAFFAELE MAROTTA. Per la verità, in questo momento, siamo solo due e i diciotto non ci sono. Signor Presidente, un po' di ironia non guasta!
MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Fate parte anche della stessa Commissione.
RAFFAELE MAROTTA. È vero, anche se l'onorevole Cesetti ha parlato anche a nome dell'onorevole Trantino.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marotta.
Avverto che le Commissioni II (Giustizia) e III (Esteri) si intendono autorizzare a riferire oralmente.
Il relatore per la II Commissione, onorevole Cesetti, che interverrà anche a nome del relatore per la III Commissione, onorevole Trantino, ha facoltà di svolgere la relazione.
Considerato che il provvedimento che oggi stiamo esaminando è in seconda lettura alla Camera dei deputati, essendo stato già approvato da questo ramo del Parlamento e modificato dal Senato, illustrerò non tanto il contenuto di tali strumenti internazionali (sui quali ci siamo già soffermati in occasione della prima lettura), quanto piuttosto le novità del testo introdotte dal Senato.
L'altro ramo del Parlamento ha, infatti, apportato numerose modifiche al testo approvato dalla Camera il 24 marzo 1999, introducendo ulteriori disposizioni ed articoli. Di particolare rilievo è la riscrittura della norma di delega relativa alla responsabilità amministrativa delle società. Il testo approvato dal Senato ha infatti esteso la platea dei soggetti interessati comprendendovi, oltre alle persone giuridiche private e alle società, anche le associazioni prive di personalità giuridica. Peraltro, nel testo della Camera si faceva riferimento a tutte le persone giuridiche e, quindi, anche a quelle di natura pubblica. Il testo approvato dal Senato ha, inoltre, ricondotto alla competenza del giudice penale l'irrogazione delle sanzioni a tali soggetti, ha ampliato la sfera dei reati commessi dagli amministratori, in connessione ai quali trovano applicazione le ipotesi di responsabilità delle società, introducendovi il reato di peculato, nonché i reati in materia di tutela dell'ambiente e del territorio, quelli relativi alla tutela dell'incolumità pubblica e alla prevenzione degli infortuni sul lavoro; infine, ha integrato il quadro sanzionatorio.
Come vedremo tra breve, nell'illustrare le singole disposizioni modificate dal Senato, le Commissioni riunite II e III hanno, a loro volta, apportato modifiche al testo del Senato. Gli articoli 1 e 2, che rispettivamente dettano la disposizione di autorizzazione alla ratifica e dispongono l'ordine di esecuzione a decorrere dalla data di entrata in vigore stabilita conformemente a quanto disposto da ciascuno degli atti considerati, non hanno subito modificazioni.
Le Commissioni hanno, invece, soppresso l'articolo 3 che, nel testo trasmesso dal Senato, aggiunge un comma all'articolo 7 del codice penale (reati commessi all'estero), prevedendo che siano puniti secondo la legge italiana i cittadini che commettano, all'estero, i reati di cui all'articolo 322-bis del codice penale (introdotto dall'articolo 4 del disegno di legge), o che commettano il reato di cui all'articolo 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) se il fatto riguardi contributi, finanziamenti o agevolazioni concessi dalle Comunità
Le Commissioni hanno soppresso tali disposizioni poiché la deroga alla disciplina di cui agli articoli 9 e 10 del codice penale potrebbe essere causa di gravi inconvenienti, come nel caso in cui lo stesso fatto sia penalmente perseguito in diversi Stati: in tal caso potrebbero ingenerarsi problemi di cooperazione giudiziaria, particolarmente seri per i paesi (come l'Italia) il cui ordinamento si ispira al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Quanto previsto dall'articolo 3 rientra, comunque, nella disciplina di cui agli articoli 9 e 10 del codice penale; pertanto, la sua soppressione non determina un vuoto di disciplina.
L'articolo 4 (già articolo 3 del testo della Camera) introduce l'articolo 322-bis del codice penale (concussione e corruzione di funzionari delle Comunità europee), con il quale si estendono le disposizioni incriminatrici di cui all'articolo 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), da 317 a 320 (concussione e corruzione) e 322, terzo e quarto comma (istigazione alla corruzione) del codice penale a membri della Commissione, del Parlamento, della Corte di giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee, ai funzionari ed agenti delle stesse e ad una serie di soggetti che svolgono la propria attività in ambito europeo. Al riguardo, va infatti rilevato che il complesso delle vigenti disposizioni incriminatrici nazionali in tema di peculato, concussione e corruzione (articoli che vanno da 314 a 322 del codice penale) soddisfa ampiamente, sul piano oggettivo, l'obbligo di criminalizzazione delle condotte di corruzione passiva e attiva, quali definite dagli articoli 2 e 3 del primo protocollo e della convenzione. Rispetto al testo approvato dalla Camera, che su tale parte non ha modificato il contenuto originario del disegno di legge, il Senato ha aggiunto le fattispecie di peculato a quelle previste dal testo originario approvato dalla Camera dei deputati.
Il comma 2 prevede l'estensione delle norme incriminatrici della corruzione attiva e dell'istigazione alla corruzione attiva di cui agli articoli 321 e 322, primo e secondo comma, anche ai casi in cui il denaro o altra utilità siano dati, offerti o promessi a soggetti che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelli dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio, nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni internazionali pubbliche, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali.
Con il comma successivo viene introdotto un nuovo articolo del codice penale, il 322-ter, in base al quale si prevede che, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale - il cosiddetto patteggiamento -, per i reati oggetto del provvedimento, si procede alla confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, salvo che appartengano a persona estranea a quest'ultimo. Il Senato aveva previsto che, quando ciò non risulti possibile, si proceda alla confisca dei beni di valore corrispondente di cui il reo abbia la disponibilità. Questo intervento normativo sarebbe motivato dall'esigenza di adeguare il nostro ordinamento penale alle previsioni contenute nell'articolo 3, paragrafo 3, della Convenzione OCSE che fissa l'obbligo, per gli Stati firmatari, di adottare le misure necessarie affinché la cosiddetta tangente ed i proventi della corruzione di pubblico ufficiale straniero, o i beni il cui valore corrisponde a quello di tali proventi, siano soggetti a sequestro e confisca.
Il Senato ha aggiunto altri due commi a tale articolo: con il primo si prevede che, anche in caso di condanna per il
Il Senato ha anche introdotto l'articolo 640-ter del codice penale che estende alle ipotesi di cui agli articoli 640, secondo comma - truffa in danno dello Stato -, 640-bis - truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche - e 640-ter, secondo comma - frode informatica in danno dello Stato -, l'applicabilità delle norme sulla confisca previste dal più volte richiamato articolo 322-ter.
Le modifiche apportate dal Senato dall'articolo 5 all'articolo 12 non sono state modificate dalla Commissioni II e III. Con l'articolo 5 viene introdotto l'articolo 316-ter del codice penale, che configura il nuovo reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Chiunque, al di fuori dell'ipotesi di cui all'articolo 640-bis, mediante utilizzo di documenti falsi o l'omissione di informazioni dovute, consegua indebitamente contributi o finanziamenti concessi dallo Stato o dall'Unione europea è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La sanzione è solo amministrativa qualora la somma percepita risulti inferiore a 7 milioni e 745 mila lire.
L'articolo 6 modifica gli articoli 9, terzo comma, e 10, secondo comma, del codice penale, estendendo le fattispecie ivi previste anche alle ipotesi in cui il reato sia commesso in danno dell'Unione europea.
L'articolo 7 modifica l'articolo 32-quater del codice penale, con il quale si prevede l'incapacità a contrattare a carico di coloro che risultino condannati per una serie di reati commessi in danno o a vantaggio di un'attività imprenditoriale. All'elenco dei reati vengono quindi aggiunti l'articolo 316-ter e l'articolo 322-bis introdotti dal disegno di legge in esame. Analoga integrazione viene disposta con riguardo all'articolo 323-bis del codice penale, che prevede la diminuzione della pena, con riguardo ai reati di concussione, peculato e corruzione, quando i fatti risultino di tenue gravità.
L'articolo 8 (già articolo 4 del testo approvato dalla Camera), in linea con le previsioni normative di cui all'articolo 2, paragrafo 1, della convenzione PIF, che hanno fissato una diversificazione dei trattamenti sanzionatori per i casi di frode di lieve entità non eccedenti i 4 mila ECU, introduce una modificazione all'articolo 295 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, aggiungendo alle aggravanti già contemplate anche l'ipotesi in cui i diritti di confine dovuti siano superiori all'equivalente di 96 milioni e 800 mila lire. Viene pertanto stabilito, per tale fattispecie, un trattamento sanzionatorio distinto: reclusione fino a tre anni, oltre la multa. Nel testo approvato dalla Camera il limite dei diritti dovuti per l'applicazione della fattispecie era individuato in 90 milioni. Il mutamento quantitativo delle somme è stato determinato dall'esigenza di adeguare queste all'euro, anziché all'ECU.
Gli articoli 9 e 10 apportano modifiche agli articoli 295-bis e 297 del testo unico sopra citato, sempre per adeguare le sanzioni all'euro. Si tratta, nel primo caso, della norma che prevede sanzioni amministrative
L'articolo 297 concerne i presupposti per la dichiarazione di delinquente abituale, tra i quali è indicata la complessiva sottrazione di diritti non inferiore a 21 milioni di lire nell'arco di dieci anni; il limite viene in questo caso elevato a 23 milioni 235 mila.
L'articolo 11 (già articolo 5 del testo approvato dalla Camera), sempre al fine di conformare l'ordinamento nazionale agli obblighi internazionali scaturenti dall'articolo 1, paragrafo 2, della citata convenzione PIF, interviene a modificare l'articolo 2, comma 1, della legge 23 dicembre 1986, n. 898 - come sostituito dall'articolo 73 della legge 19 febbraio 1992, n. 142 (legge comunitaria 1991) - in tema d'illecita percezione di contributi o altre erogazioni a carico del fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia.
La vigente formulazione dell'articolo 2 della legge n. 898 del 1986 prevede che, quando la somma indebitamente percepita sia pari od inferiore a lire 20 milioni, si applichi soltanto una sanzione amministrativa: la modifica proposta provvede pertanto ad allineare la «soglia di criminalizzazione» a quella comunitaria, abbassando da 20 a 7 milioni e 745 mila lire il limite al di sopra del quale intervengono le sanzioni penali. Il testo della Camera fissava tale limite a 7 milioni.
La parte del disegno di legge sulla quale, sia alla Camera sia al Senato, il dibattito è stato più acceso è sicuramente quella relativa alla responsabilità degli enti, che costituisce in un certo senso una novità per il nostro ordinamento.
L'articolo 12 (già articolo 6 del testo della Camera) reca, infatti, una delega concernente la disciplina delle responsabilità delle persone giuridiche e delle società.
Va in proposito ricordato che l'articolo 6 del testo originario del disegno di legge demandava alla legge di stabilire i casi nei quali le persone giuridiche sono responsabili autonomamente dei reati di corruzione attiva e istigazione alla corruzione. Nel corso dell'esame in prima lettura, era stata condivisa l'opinione del relatore per la II Commissione, di modificare tale disposizione, escludendo l'ipotesi di responsabilità penale delle persone giuridiche, che appariva peraltro scarsamente compatibile con i principi accolti nel nostro ordinamento.
A tale proposito è da ricordare che l'articolo 2 della convenzione OCSE sulla corruzione stabilisce che ciascuno Stato aderente deve adottare, secondo i propri principi sistematici, le misure necessarie per stabilire la responsabilità delle persone giuridiche per la corruzione di pubblico ufficiale straniero. La convenzione, pertanto, non richiede necessariamente che gli Stati aderenti debbano prevedere delle forme di responsabilità penale a carico delle persone giuridiche; infatti all'articolo 3 della convenzione è previsto che, nel caso in cui l'ordinamento interno di tali Stati non consenta di applicare la responsabilità penale alle persone giuridiche, tali Stati debbano comunque assicurare che le stesse siano passibili di sanzioni non penali efficaci proporzionate e dissuasive.
Si ricorda che la questione relativa all'ammissibilità della responsabilità delle persone giuridiche è stata ormai risolta positivamente dalla dottrina prevalente, secondo la quale il principio della personalità della personalità penale, di cui all'articolo 27, comma 1, della Costituzione, non deve essere inteso come un ostacolo alla introduzione di forme di responsabilità di soggetti diversi dalle persone fisiche, quanto piuttosto come una norma di rango costituzionale che impedisce forme di responsabilità per fatto altrui o (secondo la sentenza n. 360 del 1988 sulla scusabilità dell'errore di diritto) per fatto proprio incolpevole.
Il disegno di legge di ratifica nel suo contenuto originario delegava al Governo il compito di individuare i casi nei quali le persone giuridiche sono autonomamente responsabili di determinati reati contro la pubblica amministrazione. Come
Il testo proposto dalla Commissione prevedeva una delega al Governo indicando nel principio direttivo di cui alla lettera a) la «applicazione della responsabilità penale personale esclusivamente nei confronti dei responsabili delle persone giuridiche». Tale principio veniva poi approvato anche dall'Assemblea della Camera; si disponeva espressamente che l'applicazione delle sanzioni amministrative fosse di competenza dell'autorità amministrativa, alla quale doveva essere trasmessa la sentenza di accertamento della responsabilità penale degli amministratori.
Il Senato ha modificato nuovamente la norma di delega che nel testo attuale non reca l'espressa esclusione della responsabilità penale a carico delle società e configura una forma di responsabilità amministrativa, ricondotta però alla competenza del giudice penale e derivante dalla Commissione di reati da parte di chi svolge funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione, sempre che i reati stessi non siano stati posti in essere nell'esclusivo interesse proprio o di terzi (lettera b)). Sono interessati dalla delega le persone giuridiche private, le società e le associazioni e gli enti privi di personalità giuridica che non svolgano funzioni di rilievo costituzionale. Risulta, pertanto, notevolmente esteso l'ambito applicativo della norma, essendo il testo della Camera unicamente riferito alle persone giuridiche.
Signor Presidente, dal momento che il tempo a mia disposizione è terminato, le chiedo di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative della mia relazione perché possa essere un contributo al futuro dibattito.
Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la giustizia.
Il Senato ha operato significative modifiche rispetto al testo che era stato licenziato dalla Camera in prima lettura su entrambi gli aspetti che ho evidenziato. Alla Commissione giustizia della Camera il dibattito è stato ulteriormente approfondito eliminando taluni elementi che avrebbero potuto ancora alimentare equivoci e dubbi interpretativi. In particolare, come già ricordato dal relatore, è stato soppresso l'articolo 3 del testo licenziato dal Senato che avrebbe potuto generare problemi di cooperazione giudiziaria per i paesi il cui ordinamento si ispira al principio di obbligatorietà dell'azione penale.
Il Governo ritiene che con le modifiche apportate dalle due Commissioni della Camera il testo possa, a questo punto, essere immediatamente approvato, consentendo così all'Italia di onorare validamente gli impegni assunti in sede internazionale.
Signor Presidente, intervengo solo per svolgere qualche considerazione in ordine al disegno di legge in discussione che, approvato dalla Camera il 24 marzo 1999 e modificato sensibilmente dal Senato nella seduta del 10 maggio scorso, torna oggi al nostro esame per la seconda volta. Speriamo che non debba essere oggetto di una terza lettura, come peraltro, a mio modo di vedere, è presumibile.
Il provvedimento contiene la ratifica di importanti atti internazionali in materia di lotta alla corruzione di funzionari dell'Unione europea e di pubblici ufficiali stranieri. Non ripeterò quanto ha illustrato così egregiamente l'onorevole Cesetti, ma focalizzerò la mia attenzione soprattutto sull'articolo 12. Premetto che i primi due articoli non pongono alcun problema e che dobbiamo autorizzare il Capo dello Stato a ratificare quegli accordi. Su questo non vi è alcun dissenso. L'articolo 2, in particolare, prevede che si dia piena e completa attuazione agli atti internazionali indicati nell'articolo 1 e su questo siamo d'accordo. Condivido inoltre la soppressione dell'articolo 3 per le ragioni espresse egregiamente dal relatore, onorevole Cesetti, e dal sottosegretario Marianna Li Calzi.
Sono altresì d'accordo sull'attuale articolo 3 (non più 4), che introduce, dopo l'articolo 322 del codice penale, gli articoli 322-bis e 322-ter. Si tratta di un adempimento degli accordi di cui al provvedimento: dobbiamo estendere le norme incriminatrici (peculato, concussione, corruzione, eccetera) anche ai funzionari non nazionali e questo è quanto è stato realizzato con l'articolo 322-bis.
Condivido appieno anche l'articolo 322-ter sulla confisca. Mentre l'articolo 240 del codice penale prevede che la confisca del profitto e del prezzo di un reato è facoltativa, l'articolo 322-ter dello stesso codice stabilisce che essa è obbligatoria. L'innovazione, però, riguarda la famosa confisca per equivalente: qualora i beni oggetto dei reati ed il relativo profitto non siano confiscabili per diverse ragioni, occorre confiscare i beni dei quali il colpevole abbia la disponibilità, nei limiti del valore degli altri beni oggetto del profitto o costituenti profitto e prezzo.
Come giustamente dicevamo, l'articolo 5 introduce un nuovo reato ed è pienamente condivisibile. Altri articoli sono di coordinamento.
Passo subito all'articolo 12, anche per non consumare interamente il tempo a disposizione del mio gruppo, pari a 48 minuti; se stasera dovessi parlare per quaranta minuti, rimarrebbe poco tempo.
Per quanto riguarda l'articolo 12, onorevole Cesetti, mi permetto di dire che sbagliammo quando ritenemmo che l'articolo 6 del testo originario del disegno di legge del Governo prevedesse una forma di responsabilità penale delle persone giuridiche; non è così. Se si legge la relazione illustrativa del provvedimento, si comprende molto bene che la delicatezza della questione fu presente al Governo; anzi, proprio per tale delicatezza, il Governo formulò l'articolo 6 in maniera tale che eludesse il problema, rinviando ad una legge successiva. Nella relazione, infatti, si diceva che la norma contenuta nell'articolo 6 era meramente programmatica, ed è così. L'articolo 6, in particolare, prevedeva che la legge stabilisse i casi nei quali le persone giuridiche fossero autonomamente responsabili dei reati di corruzione, attiva e passiva, naturalmente commessi dai suoi dipendenti.
Noi ritenemmo, invece, che quel pericolo vi fosse e decidemmo di esplicitare le nostre opinioni affermando che la responsabilità penale dovesse riguardare solo la persona fisica autrice del reato e che, invece, soltanto sanzioni di carattere amministrativo potessero essere previste per la persona giuridica, senza distinguere tra pubblica e privata. Oggi, invece, si distingue e, secondo me, questo è un punto delicato, oggetto anche di un rilievo della Commissione affari costituzionali; a mio avviso, il Comitato dei diciotto dovrà intervenire sul punto.
Sono d'accordo sul fatto che per il nostro ordinamento è inammissibile una responsabilità penale delle persone giuridiche; è inammissibile, non si può sostenere assolutamente. E non si può sostenere non soltanto perché il precetto costituzionale prevede che la responsabilità penale sia personale. Che significa questo? Significa che penalmente si può rispondere solo dei fatti propri e non di quelli di altre persone. Questo precetto non sarebbe violato ove in astratto si ammettesse la responsabilità penale della persona giuridica; quest'ultima è una persona e vi è un rapporto di immedesimazione organica tra chi agisce e questa persona: si confondono tra loro! Non è però questa la ragione; a mio avviso, la ragione per la quale non si può ammettere la responsabilità penale della persona giuridica è insita nella struttura ontologica del reato e nella struttura della persona giuridica. La persona giuridica è una finzione, una mera astrazione. Il reato, invece, si connota di comportamenti soggettivi quale, ad esempio, il dolo più o meno intenso.
Come è possibile quindi che una persona giuridica, che non si distingue da chi la rappresenta, essendovi un rapporto di immedesimazione organica, possa commettere un reato? Dicevano bene i nostri
Questa è quindi la ragione per la quale non si può ammettere una responsabilità.
Vi dico di più: quando studiavamo i testi di diritto amministrativo, che cosa sapevamo? Che quando vi è il dolo di un funzionario, il rapporto di immedesimazione organica cessa! La persona giuridica non ha più nulla a che vedere con il delitto, con il reato doloso. Si parlava della colpa? Forse la colpa c'è, ma il dolo no ed i reati dei quali parliamo sono tutti dolosi! A mio avviso, quindi, vi è una interruzione del rapporto di immedesimazione organica: la persona giuridica è un'altra cosa!
Vi dico di più: per me è problematico anche ammettere una responsabilità amministrativa autonoma e rappresenta una novità. Perché dico questo? Perché noi abbiamo ammesso questa responsabilità nei casi in cui il reato torni a vantaggio e nell'interesse della persona. Ora come è concepibile che un reato di peculato, di corruzione o di concussione possa mai essere utile o di vantaggio e nell'interesse della persona giuridica?
Parliamoci chiaro: tranne la truffa, tutti quei reati sono reati propri, che possono essere commessi solo dal pubblico ufficiale, dall'incaricato di un pubblico servizio! Quindi, quando questo personaggio commette tali reati, si tratta di un dipendente, di una persona giuridica pubblica! E la persona giuridica pubblica dovrebbe rispondere nei casi in cui il reato si sia risolto a vantaggio e non nel proprio interesse. È impossibile! Solo in ordine alla truffa - peraltro, tale previsione è stata aggiunta dal Senato - è previsto; infatti, l'altro ramo del Parlamento ha introdotto tale reato tra quelli per i quali viene prevista la responsabilità amministrativa autonoma. Ribadisco che noi non avevamo previsto l'inserimento di tale reato. Noi avevamo previsto soltanto i reati di cui agli articoli 316, 317 e 318 del codice penale. Il Senato ha poi aggiunto la previsione del reato di peculato...
Abbiamo detto infatti che queste sanzioni amministrative autonome si applicano solo nel caso in cui il reato sia stato commesso a vantaggio e nell'interesse di
Come stabilisce l'articolo 6 della legge n. 689 del 1981, se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica, pubblica o privata o di un ente privo di personalità giuridica, o comunque di un imprenditore, nell'esercizio delle sue incombenze o funzioni, la persona giuridica, l'ente (anche privo di personalità giuridica) o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma. Quindi è un'obbligazione civile. Non solo, ma chi paga ha il diritto di regresso nei suoi confronti (questo lo dice l'articolo 197 del codice penale). Qui non vi è questa previsione, però sarei più propenso per questa. Infatti, il presenza della commissione di un reato doloso, il rapporto di immedesimazione organica ...
Come dicevo poc'anzi, vi è la responsabilità limitata al patrimonio sociale o al fondo comune e non si va oltre, perché se vi è un valore di mille lire la persona giuridica non può pagare oltre quel valore (non so se ho reso l'idea). Inoltre, ciò si è collegato al fatto che la commissione del reato si è risolto nell'interesse della persona giuridica, infatti qui si tratta di reati commessi nel loro vantaggio e nel loro interesse. Questo è ciò che si dice nel provvedimento. Sarà anche detto male, sarà quasi inconcepibile che, specie nei confronti delle persone giuridiche pubbliche, un reato possa essere di vantaggio della persona giuridica pubblica stessa, però questo è ciò che si dice. Lo si dice anche nell'ultimo comma dove si esclude la responsabilità della persona giuridica quando l'autore del fatto lo abbia commesso nel suo esclusivo interesse. Con questa limitazione potrei non avere difficoltà a configurare questa responsabilità amministrativa autonoma (non so se ho reso bene l'idea), che è molto limitata e risponde al principio del cuius commoda et eius incommoda.
Detto questo, sono d'accordo con le esclusioni e quindi con i due emendamenti delle Commissioni, bisogna però solo chiarire un punto. A parte il punto delle persone giuridiche pubbliche o private, bisogna chiarire la lettera m), cioè si deve prevedere, nel dettare i criteri e i principi ai quali si deve uniformare il legislatore delegato, nel caso di violazione degli obblighi e dei divieti inerenti alle sanzioni di cui alla lettera g), la pena della reclusione da sei mesi a tre anni. Si configura un altro reato nel caso in cui io, che sono tenuto a chiudere, a sospendere l'attività, a non contrattare con la pubblica amministrazione violassi i suddetti divieti.
Per il momento mi limiterei a questo, sottolineando che, in effetti, la responsabilità penale della persona giuridica è inammissibile per la struttura stessa del reato e della persona giuridica, che certamente non nasce per commettere reato. Quando ciò dovesse accadere, a mio avviso, si interromperebbe quel rapporto di immedesimazione organica, diverso da quello intersoggettivo fra rappresentante e rappresentato nella rappresentanza volontaria, che cessa con la commissione di un reato doloso da parte del dipendente. È quindi difficilmente configurabile una difficoltà amministrativa autonoma, tuttavia sarebbe opportuno approfondire la questione sollevata dalla I Commissione, tenendo conto delle limitazioni cui abbiamo accennato: patrimonio sociale, fondo comune e risoluzione a vantaggio del dipendente, che diversamente non ne risponde. Se, infatti, è l'autore che ha conseguito per sé o per un terzo un vantaggio, la persona giuridica, pubblica o privata, non può rispondere di niente.
Dunque: persona giuridica pubblica, privata o tutte e due? Io sarei per l'ultima soluzione.
Signor Presidente, mi riservo quindi un ulteriore chiarimento in un'altra seduta o in sede di riunione del Comitato dei diciotto, rispettando gli inviti che mi sono stati rivolti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.
Prendo atto che il relatore per la II Commissione e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.