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TESTO AGGIORNATO AL 6 GIUGNO 2000
La seduta comincia alle 9.
GIUSEPPINA SERVODIO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 aprile 2000.
(È approvato).
PRESIDENTE. Comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'Allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.
GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, questa mattina non sarei voluto intervenire per primo, forse perché dovevo dire cose un po' «pesanti»; mi limiterò a svolgere un intervento molto «leggero» per non rovinare l'intera giornata al Presidente appena nominato.
sviluppo. Le ricordo le esperienze somale di un Governo passato e di un suo amico, che non voglio qui nominare; abbiamo visto quali siano state le conseguenze di tali esperienze per quel paese.
PRESIDENTE. Onorevole Chiappori, la prego di avviarsi alla conclusione, poiché le restano ancora venti secondi.
GIACOMO CHIAPPORI. Non è possibile, non ho utilizzato neanche la metà del tempo.
PIETRO ARMANI. Non bisogna mai parlare a braccio quando vi sono tempi limitati!
GIACOMO CHIAPPORI. In ogni caso, Presidente Amato, lei dovrà fare i conti purtroppo con una realtà vera, con quella contro la quale già si scontrerà oggi quando si arriverà a contare i numeri: è una realtà amara fatta di una maggioranza rissosa, pronta a litigare per una poltrona. Lo sento, lo vediamo, lo sentiamo nei corridoi: lei e il suo Governo andate «su e giù» di un voto o di due voti! Presidente Amato, mi dica perché dovremmo crederle e pensare che questa stagione sia diversa da quella che un giorno la portò a dire di non essere un uomo per tutte le stagioni! Mi dica quale stagione è questa e mi dica, visto che ha disatteso quello che il Presidente della Repubblica le aveva chiesto, ovvero di scegliere pochi ministri, di essere seri e di andare avanti...
PRESIDENTE. Onorevole Chiappori, lei deve concludere!
GIACOMO CHIAPPORI. Lei ha parlato di «osservatori» riferendosi al Partito repubblicano, che è composto da tre persone; ha parlato del travaglio dei Verdi. Non so se ce la farà a mandare in porto il suo Governo, perché la sua è una banda litigiosa, una banda che toglie la
mano dopo aver lanciato la pietra: lo abbiamo visto prima con Prodi e poi con i due Governi D'Alema (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scarpa Bonazza Buora. Ne ha facoltà.
PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA. Il discorso programmatico del professor Amato che ieri abbiamo ascoltato, così esteso nelle sue dimensioni tanto da dimostrarsi persino «alluvionale», in molti punti ha rivendicato continuità rispetto ai precedenti Governi della sinistra. Francamente, ciò potrebbe apparire singolare, considerato il modesto apprezzamento dimostrato dagli elettori, dal popolo italiano per le gesta dei Governi Prodi e D'Alema 1 e 2.
e più equilibrata per il settore agricolo, in un costo del lavoro che permetta agli agricoltori italiani di confrontarlo con quello degli altri paesi dell'Unione europea; un abbattimento di burocratismi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzocchin. Ne ha facoltà.
GIANANTONIO MAZZOCCHIN. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, questo Governo nasce nel solco dei precedenti ma con alcune significative novità, non ultima quella di avere ribadito la presenza della cultura socialista nella politica italiana; quando verrà il turno della cultura e dei valori liberali e repubblicani, speriamo che non sia troppo tardi, perché anche noi abbiamo l'impressione di essere degli utili idioti, utili ma mai interamente compresi e ripagati dei contributi forniti.
questa ha il diritto di governare fino alle elezioni in cui si voterà con lo stesso sistema, o con quello derivante dal referendum. I Governi di questa legislatura hanno ottenuto il risanamento dei conti pubblici, un risultato di enorme portata, che da solo può caratterizzare un'intera stagione politica; va continuata la politica estera filoatlantica e di largo respiro perseguita in questi anni, in particolare con la decisione e la sicurezza mostrata dal Presidente D'Alema nel momento della guerra in Kosovo. Gli italiani, purtroppo, dimenticano presto i meriti ed esaltano i difetti degli avversari, specie quando si pensa che non vi sia più bisogno di fare sacrifici perché l'economia è in ripresa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galdelli. Ne ha facoltà.
PRIMO GALDELLI. Signor Presidente, il suo è un Governo che nasce da una sconfitta pesante, anche perché inaspettata: pesante perché denota un ritardo di analisi politica della società da parte della coalizione, alla quale noi comunisti italiani partecipiamo attivamente; inaspettata perché è giunta in un momento in cui il paese ha finalmente segnato un passo decisivo. Da qui lo sconcerto che diventa l'interrogativo di tutti i partiti del centrosinistra: perché una tale sconfitta in un momento di crescita? Il paese rispetto a quattro anni fa è migliorato, è diventato più forte su tre versanti: la credibilità interna, che investe direttamente il rapporto istituzioni-cittadini, dove vi è stata un'inversione di tendenza rispetto agli anni bui della questione morale; la credibilità internazionale, non solo per l'ingresso della moneta unica, ma anche per il significativo ruolo che l'Italia ormai svolge nell'ambito del rapporto nord-sud, soprattutto nell'area mediterranea; infine, il rapporto è migliorato nei dati fondamentali dell'economia e del bilancio dello Stato e non sembra un aspetto di poco conto. Si è avuta una gigantesca opera di risanamento, non tutta - per la verità - da noi condivisa, che comunque ci potrà permettere di sviluppare ora una politica espansiva e, al tempo stesso, attenta alla coesione sociale, alle vecchie e alle nuove emarginazioni e, soprattutto, all'occupazione, che resta il principale problema di fronte a noi.
ricercate ed analizzate in tutte le sue sfaccettature e, soprattutto, negli aspetti di fondo, quelli che stanno animando la società italiana, dove si annidano paure sul presente e sul futuro, dove si registra un'assenza di ideali attorno ai quali mobilitare la parte più viva del paese. In questo vuoto trova spazio la destra politica e sociale, una destra politica particulare, spregiudicata, capace di sfruttare e alimentare le paure, che usa la parola libertà come un'arma da scagliare contro ogni principio di giustizia e di uguaglianza...
PIETRO ARMANI. Esagerato!
PRIMO GALDELLI. ...e di osservanza delle regole minime. Una destra capeggiata da un personaggio che possiede tre reti televisive, la principale catena editoriale italiana, una grande compagnia di assicurazioni e varie altre attività imprenditoriali. Un concentrato economico-finanziario che vuole salvarsi con il potere politico ed istituzionale, un concentrato di potere che non è consentito in nessun paese liberale. Inoltre, questo personaggio è investito da un infinito numero di inchieste e di provvedimenti giudiziari e il suo eventuale ritorno al Governo non potrà non aprire nuovamente la questione morale.
della nostra tradizione ed anche per questo non ritengo sia vero che l'elettorato, con tale voto, abbia voluto chiedere lo scioglimento anticipato delle Camere: questa è una forzatura di parte delle opposizioni, che interpretano i risultati a proprio vantaggio.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.
PIETRO ARMANI. Signor Presidente del Consiglio, data la lunga frequentazione comune fin dai tempi, prima dell'università di Pisa e poi, per me, dell'IRI e, per lei, del sottosegretariato di Stato nel Governo nell'onorevole Craxi, mi posso ora permettere di dirle in tutta sincerità che il suo discorso è stato troppo lungo e sconnesso per piacermi, oltre che velleitario per la lunga elencazione di problemi e di cose da fare, tanto da impegnare presumibilmente questo scorcio di legislatura e tutta la prossima.
impossibile quanto a coerenza, se si pensa che oggi i Democratici di Romano Prodi le garantiscono, sia pure con qualche mugugno, la fiducia, mentre nel 1985, all'epoca della tentata vendita della SME a Carlo De Benedetti, al Prodi presidente dell'IRI, avventuroso ipotetico svenditore dell'alimentare di Stato, ella si contrapponeva duramente e giustamente, come vice di Craxi, peraltro con la mia collaborazione, quale vice di Prodi. Rispetto a quest'ultimo personaggio io sono - almeno per questo aspetto - più coerente di lei, trovandomi fin dal 1994 attestato su posizioni politiche a lui contrapposte.
ritoccare in aumento anche questo dato nelle prossime settimane, specie se si pensa che l'ammontare di tale debito in valori assoluti è ben lungi dal calare, a dimostrazione che il risanamento della finanza pubblica è ancora lungi dall'essere raggiunto (altrimenti, la pressione fiscale sarebbe già calata), visto che ella non potrà e non vorrà agire in termini di riduzione strutturale della spesa pubblica corrente.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Armani.
PIETRO ARMANI. Ho finito, signor Presidente. Gran parte della crescita degli incassi tributari nel 1998 e nel 1999 si deve alle duplicazioni di imposte sulla stessa base imponibile: l'IRAP e l'ICI sull'IRPEF e sull'IRPEG, l'accisa e l'IVA sul prezzo al consumo dei carburanti e dei combustibili a seguito dell'aumento del prezzo internazionale del greggio. Lasci stare, dunque, la causa della lievitazione degli incassi tributari per le plusvalenze di
borsa, la lotta all'evasione o la crescita del lotto: è tutta aria fritta! Quindi, se vorrà ridurre veramente e significativamente la pressione fiscale, dovrà eliminare quelle duplicazioni, ma non potrà farlo se non affronterà il problema previdenziale. Siccome quest'ultima cosa non le sarà possibile, in quanto gliela impediranno, la promessa riduzione consistente del carico fiscale resterà tale: un semplice annuncio che i Governi Prodi e D'Alema hanno fatto, rimborsando soltanto il 60 per cento dell'eurotassa, quando l'euro si è svalutato del 20 per cento rispetto al dollaro.
PRESIDENTE. Onorevole Armani, la invito a concludere.
PIETRO ARMANI. Per concludere, signor Presidente del Consiglio, ella sta tentando di varare un «governicchio» la cui maggioranza di sostegno - se ci sarà, sia pure ridotta al minimo - avrà come comune denominatore la paura delle elezioni anticipate: un ben modesto collante per tutto quello che ella ha promesso di fare con il suo lungo programma. Al primo stormir di fronde, al primo intoppo il suo Governo non potrà non entrare in crisi, anche perché le regioni governate dal Polo non le daranno tregua (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Armani. Mi scusi, ma vi sono dei tempi da rispettare.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, la piena adesione dei Democratici di sinistra alle comunicazioni rese in quest'aula dal Presidente del Consiglio nel pomeriggio di ieri sarà espressa - in modi e termini più compiuti e con più autorevolezza di quanto non possa io fare - da parte di altri colleghi del mio gruppo parlamentare. Infatti, il compito che mi è stato affidato e che svolgo con molto piacere è quello di sviluppare, in questa discussione, i temi della sicurezza e della giustizia. Nell'ambito del suo ampio intervento, che i Democratici di sinistra hanno molto apprezzato per la ricchezza delle sue articolazioni e per lo spessore del suo impianto generale, il signor Presidente del Consiglio ha dovuto necessariamente affrontare questi argomenti, giacché l'azione di Governo per i prossimi mesi li riguarderà in modo significativo.
strutture giuridiche poste a fondamento ed ispiratrici della nostra azione di governo, la riforma del sistema giustiziale del paese per un verso ha scontentato gli operatori del diritto - ma da 200 anni a questa parte non si conosce riforma della giustizia che non abbia scontentato giudici ed avvocati -, per altro verso, per la necessaria gradualità di formazione e costruzione del nuovo sistema, non produce ancora, se non in minima parte, gli effetti positivi che il nostro popolo attende. Ciò non di meno, non possiamo condividere le letture estremamente riduttive che ancora in questi giorni gli osservatori politici, i commentatori delle dinamiche sociali e politiche offrono nei loro interventi, nei loro scritti, nelle loro osservazioni, nei loro giudizi.
Con essa intendiamo munire il nostro modello giustiziale civile di un potente strumento deflattivo del carico di lavoro dei giudici ed affermare, nel contempo, un principio culturale del tutto nuovo, sconosciuto nel nostro ordinamento, ma ampiamente collaudato in altri paesi di avanzata democrazia e fortemente sostenuto in sede comunitaria. Mi riferisco al principio secondo il quale la sede, il momento, il contesto ed i modi di risoluzione dei conflitti fra privati non debbono essere necessariamente quelli giurisdizionali: il conflitto privatistico, insomma, non deve essere necessariamente risolto dal giudice togato.
nella piena consapevolezza di tali condizioni di tempo, vi è la richiesta di un impegno programmatico per l'approvazione dei testi normativi sui quali il Parlamento sta lavorando e sulla cui importanza ed utilità mi sono brevemente trattenuto: filtri precontenziosi in materia civile, processo di esecuzione mobiliare ed immobiliare, adeguamento del processo penale al novellato articolo 111 della Costituzione, riforma della giustizia amministrativa, riforma della legislazione sui pentiti. Ma noi non limitiamo a questo la nostra proposta politica in tema di giustizia: pensiamo che altro possa essere fatto al fine di completare il disegno organico di riforma la cui realizzazione ha avuto inizio con il Governo Prodi. Pensiamo che ciò sia possibile soprattutto se non verranno meno l'impegno parlamentare e la coesione delle forze di maggioranza ampiamente collaudata nella mia Commissione nel corso di questa legislatura.
magistrati e completamento dell'organico dei magistrati, riforma del gratuito patrocinio. Un programma di Governo che noi pensiamo di possibile realizzazione nel corso dell'anno e sul quale ci troverà impegnati al massimo delle nostre forze nel sostegno, nella proposta e nella collaborazione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.
ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, pochi giorni fa a Milano in una sola notte sono state uccise tre extracomunitarie. Nelle settimane precedenti altri immigrati clandestini sono morti a causa delle condizioni nelle quali vengono trasportati nel nostro paese o delle condizioni nelle quali vivono.
interessano realmente sono relativi non alle espulsioni disposte bensì a quelle realizzate in concreto; anche l'albanese che ha provocato la morte del brigadiere della Guardia di finanza Stanisci era stato espulso nell'estate del 1999 e, quindi, ha concorso a formare la cifra di 70 mila espulsioni. Nonostante ciò circolava liberamente in Italia, tanto che ha consumato l'omicidio di un servitore dello Stato! D'altra parte che le cose non siano andate bene è dimostrato dal fatto che avete mandato a casa il sottosegretario all'interno, il quale aveva la delega sull'immigrazione.
essendo la popolazione carceraria italiana in proporzione la più bassa al mondo?
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Orlando. Ne ha facoltà.
FEDERICO ORLANDO. Signor Presidente del Consiglio, nei giorni del suo lavoro alla formazione del Governo è stato tale e tanto in me lo sdegno per il comportamento autocratico, personalistico ed arrogante di alcuni rappresentanti di questa coalizione da indurmi ad ipotizzare di non votare la fiducia al suo Governo.
Presidente Ciampi che, richiamando il carattere parlamentare della Repubblica, aveva affidato a lei il compito di verificare se vi fosse la possibilità o meno per la maggioranza espressa dalle elezioni del 1996 di sopravvivere in questo Parlamento.
ma nuovamente garante, garante delle generazioni cresciute oltre le ideologie e gli schemi culturali produttivi e classisti di un'età finita. Noi le saremo grati, Presidente Amato, se ci metterà in grado di arrivare a quella scelta sull'onda dei successi del suo Governo, affinché la battaglia del 2001 possa riscattarci dalla giusta punizione elettorale dei giorni scorsi, figlia anche, se non soprattutto, della mancanza di cultura liberale nel centrosinistra (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici-l'Ulivo e dei Popolari e democratici-l'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Oreste Rossi. Ne ha facoltà.
ORESTE ROSSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi della cosiddetta maggioranza, ciò che state cercando di mettere insieme non è una compagine governativa credibile e con i numeri per poter mantenere in Europa il nostro paese, bensì un insieme di delegati di partiti che ben poco hanno in comune fra loro. Certo, si salvano alcuni tecnici, per i quali nutro profonda stima, ma leggendo i nomi proposti da lei, Presidente del Consiglio incaricato, quello che balza all'occhio è il tentativo di restauro della prima Repubblica: come dire, ciò che non è passato dalla porta lo si fa rientrare dalla finestra.
suo Ministero. Credo sia ancora nelle orecchie di tutti il tormentone: «Di questo fisco io mi fido»; noi no e neanche i cittadini.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lamacchia. Ne ha facoltà.
BONAVENTURA LAMACCHIA. Signor Presidente del Consiglio, credo che in questo momento far precipitare il paese verso le elezioni anticipate significherebbe dare un colpo alla possibilità di avanzare nella transizione democratica e, in qualche modo, gettare indietro l'evoluzione delle nostre istituzioni. Sarebbe un errore per evitare il quale occorre un Governo che garantisca la conclusione della legislatura ed il funzionamento di un Parlamento che nel rapporto con il paese sappia tradurre la domanda di cambiamento in riforme (leggi ordinarie e costituzionali). Mai, come in questo momento, noi stiamo misurando il ritardo e la separazione tra il sistema politico e un paese che guardi in avanti, ormai, anche alla luce dei dati che indicano un mutamento delle opinioni. Il paese ormai guarda in avanti e, se noi non sapremmo camminare con un paese che ha intrapreso questa strada, l'intero sistema politico subirà un grave colpo di delegittimazione e si produrrà un distacco ancora più profondo di quello che si è misurato in questi anni.
lavoro occorre, tuttavia, una decisa accelerazione e nelle parole delle sue dichiarazioni programmatiche rese alla Camera, Presidente Amato, noi abbiamo trovato questi impegni. In tale quadro, politiche del lavoro e politiche della formazione, della cultura e della innovazione sono due aspetti della stessa strategia: formazione, cultura ed innovazione sono il vero valore aggiunto su cui abbiamo cominciato a lavorare. Ma il nostro paese ha conosciuto un disegno di riforma in questi campi così vasto e dobbiamo continuare a lavorare per migliorarlo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Widmann. Ne ha facoltà.
JOHANN GEORG WIDMANN. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, care colleghe e cari colleghi, quattro Governi in quattro anni non sono proprio l'espressione di una grande stabilità politica tanto necessaria per poter sfruttare il momento favorevole per la crescita economica. Anche se le dimissioni del Presidente D'Alema sono da rispettare
come logica conseguenza della sconfitta elettorale, questa crisi è un ulteriore segno che la maggioranza e il Governo hanno difficoltà di comprendere i bisogni della società, cioè dare il necessario sostegno riformistico all'attuale crescita economica rafforzandola, trascinandola e utilizzandola per creare nuovi posti di lavoro e per finanziare le riforme in attesa di essere compiute.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marinacci. Ne ha facoltà.
NICANDRO MARINACCI. Signor Presidente del Consiglio, la componente a cui appartengo voterà contro la mozione di fiducia al Governo da lei presieduto, non per pregiudiziale ostilità o per volontà
ideologica, ma per un argomentato giudizio negativo sul programma e sulla composizione, quindi sulle basi politiche del suo Governo. È un Governo che consideriamo inadeguato rispetto alla crisi del paese ed alla necessità di riforma e di rinnovamento politico e soprattutto morale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.
PAOLO GALLETTI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il suo Governo ha il compito di portare a termine il buongoverno di questa legislatura, mentre quello della maggioranza è di dare un contributo per ricostruire dalle radici una nuova alleanza di centrosinistra. Nel giudizio degli elettori è stata questa alleanza che non ha funzionato. Mettere insieme, non solo per necessità, ma per convinzione, le culture politiche costituenti questa alleanza è il compito che abbiamo davanti nei prossimi mesi. Alcune delle suddette culture affondano le radici nell'ottocento, altre sono allo stato nascente, quale quella cui appartengo, quella dei Verdi, degli ambientalisti, degli ecologisti, ma nessuna di queste culture, da sola, è oggi in grado di leggere,
interpretare e affrontare con soluzioni credibili e condivise, cioè democratiche, le nuove sfide che abbiamo davanti.
affrontati, ma oggi è così. Noi non sappiamo quello che mangiamo, non sappiamo se mangiamo transgenico o meno e dobbiamo poter decidere: quando diciamo «no» al «cibo di Frankenstein», «no» al transgenico - e gran parte della popolazione è su questa linea -, intendiamo garantire questa libertà. Dobbiamo evitare che gli interessi ciechi di qualche multinazionale portino, ad esempio, nel nostro paese ad una sperimentazione incontrollata, in pieno campo, di prodotti agricoli transgenici, con il pericolo di contaminazione delle colture circostanti, delle cosiddette malerbe, con l'impossibilità di tornare indietro.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, ho quattro minuti e perciò devo essere molto stringato. La nostra componente politica è all'opposizione e il giudizio che esprimiamo sul Governo, in particolare sulla maggioranza, è molto negativo. Nei suoi confronti, lei lo sa, noi abbiamo molta stima ma questa maggioranza ha dimostrato e continua a dimostrare sempre più di non essere capace di garantire quel processo di modernizzazione di cui il paese ha bisogno. Non ho tempo di parlare di riforma dello Stato sociale, di flessibilità del mercato di lavoro, di privatizzazioni e di liberalizzazioni, ma devo passare oltre. Nonostante la sua buona volontà, di cui non dubitiamo, e nonostante quella - l'abbiamo verificata - del suo predecessore D'Alema, la maggioranza è in queste condizioni.
l'investitura popolare del Premier che, onorevole Pisanu, non esiste nella nostra Costituzione. Non la si può invocare se non c'è, bisogna inserirla ed occorre una norma costituzionale che può essere abbinata solo ad una riforma elettorale maggioritaria; non si può eleggere direttamente il Premier con un Parlamento frammentato, privo di coesione e con maggioranze rissose perché sarebbe un rischio per la democrazia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tento non senza difficoltà di seguire un filo logico che prescinda da considerazioni aprioristiche di parte. Nasce oggi un nuovo dicastero, figlio illegittimo del risultato della competizione elettorale del 1996. Chi non ricorda il senso di quella campagna elettorale, la sinistra, il suo nuovo modello politico, l'Ulivo, il suo nuovo metodo di Governo, Prodi in pullman che chiedeva un ragionato e buonista consenso che gli consentisse, in una logica propriamente bipolare, di governare il paese? Egli ebbe, nei collegi maggioritari, la fiducia degli italiani. Partì così, quattro anni fa, l'esperienza di un Governo - si disse - nato per consentire all'Italia di entrare in Europa e di creare sviluppo e occupazione. Il disastro è sotto gli occhi di tutti, con riferimento alle responsabilità più propriamente politiche. L'Italia era già in Europa, ma ha pagato a caro prezzo una rigida politica che ha azzerato del tutto gli investimenti strutturali ed infrastrutturali, tanto da rendere il nostro paese il meno dotato sul piano europeo.
e degradata; evito di far riferimento agli indici di sviluppo del Mezzogiorno per non usare un facile argomento che demolisca, a sinistra, ogni velleità di buongoverno. Gli ultimi anni hanno reso il sud ancora più a sud, hanno impoverito le famiglie del Mezzogiorno ed abbandonato al proprio destino milioni di giovani energie, suggerendo loro solo facili emigrazioni sottoprofessionalizzate e, per giunta, di massa. I colleghi parlamentari si ricordino delle centinaia di migliaia di lavoratori socialmente utili prodotti da una politica miope di stampo tipicamente populista ed allegramente alimentati ed elettoralmente rassicurati in una grande logica neoassistenzialista, ma oggi puntualmente abbandonati a triste sorte, scaricando sugli enti locali ogni responsabilità di politiche sociali di sostegno al reddito. Credo che, icasticamente, questo sia l'esempio più calzante e tangibile delle politiche di questa sinistra: da una parte si produce disagio e povertà, dall'altra si finge, con provvedimenti tampone e mai capaci di autoalimentarsi, di alleviare i problemi. Il risultato drammatico è sempre lo stesso: povertà in aumento, bisogni essenziali non assicurati, se non da un intervento riparatore di uno Stato che concede, ma non consente, autonome condizioni di sviluppo.
guida, sullo stato degli ospedali nel Mezzogiorno del paese, sulle lunghe liste d'attesa, rese ancor più lunghe dalle magie dell'intra moenia, sulla domanda forte di salute che viene dalle realtà più povere e marginalizzate.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Buffo. Ne ha facoltà.
GLORIA BUFFO. Lei sa, Presidente Amato, che questo Governo nasce dopo una sconfitta elettorale del centrosinistra, una sconfitta nelle elezioni regionali, che istituzionalmente nulla hanno a che vedere con la vita dei Governi. Questo in Europa, però: qui, anche per i travagli della maggioranza, è caduto un Governo, un Presidente del Consiglio, ed oggi dovrebbe nascere un nuovo esecutivo. Politicamente, tuttavia, chi ha vinto le elezioni del 1996 non può non vedere che in quattro anni di Governo nazionale e cinque anni di governo nella maggioranza delle regioni si sono perse grandi città, una parte di quelle regioni, molti voti alle elezioni europee.
mi batterò per cambiare i criteri del patto di stabilità che puniscono gli investimenti. Cari elettori, in materia di lavoro scelgo la linea indicata dal documento finale di Lisbona, che pone, tra gli obiettivi, la stabilità del posto di lavoro e non la linea di altri documenti che lì sono stati portati in materia di flessibilità dei lavoratori come arma fondamentale per competere nell'economia globale. Cari elettori, in materia di ambiente scelgo uno sviluppo nuovo e, contemporaneamente, cerco di realizzare politiche industriali moderne, perché le due cose non sono affatto in contrasto tra loro; voglio portare avanti la politica delle privatizzazioni, ma non quelle passive, come talvolta è stato fatto; voglio ridurre le norme forbice tra redditi alti - che sono molti nel nostro paese - e quelli - troppi - che sono indecentemente bassi; intendo riformare lo Stato sociale senza tornare ad un impianto mutualistico di stampo ottocentesco e che, quindi, non rappresenta il futuro; per quanto riguarda la famiglia, penso realmente alle famiglie ed adeguo la politica e le norme a quelle di altri paesi europee, ad esempio, in materia di unioni civili; costruisco più asili nido pubblici, anziché fare prediche sulla denatalità; accresco - mi sarei aspettato che questo messaggio fosse stato più chiaro - la spesa sociale che nel nostro paese è bassa, naturalmente con scelte di qualità, visti gli almeno 25 mila miliardi di lire che dovrebbero derivare dall'avvio della terza generazione dei telefonini a banda larga».
dell'alternanza! - ma per lo spappolamento delle forze progressiste, a cui assistiamo in questo momento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Matteoli. Ne ha facoltà.
ALTERO MATTEOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Presidente Amato, il Governo che nasce ha il compito di portare a termine la legislatura e di consentire lo svolgersi del referendum. Lei ha iniziato ieri il suo discorso con questa frase.
schedina del totocalcio; i Popolari cambiano il loro leader ma i risultati sono sempre scarsi; Rinnovamento esiste ancora, nonostante il suo leader - caso unico nei 55 anni di storia politica italiana - sia stato ministro del Governo di centrodestra del 1994, primo ministro di un Governo tecnico, ministro di un Governo di centrosinistra con Presidente del Consiglio un cattolico, ministro di un Governo di centrosinistra con Presidente del Consiglio un postcomunista come D'Alema, ministro con lei, un socialista con origine psiuppine! Un uomo che ha praticamente distrutto il partito che aveva creato, è ministro ininterrottamente dal 1994!
pomeriggio nuovamente arrestato e la sera ancora arrestato e, nonostante ciò, ha dormito a casa sua. Con queste leggi permissive lei si preoccupa di chi gestisce e di chi rilascia il passaporto?
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Liotta. Ne ha facoltà.
SILVIO LIOTTA. Signor Presidente del Consiglio, nella mia esperienza di parlamentare di un'Assemblea legislativa prima e di deputato di questa Camera poi, non mi era mai stato dato di assistere allo spettacolo di un Governo così impacciato al momento della sua presentazione alle Camere per la fiducia. Impacciato perché consapevole, nella sostanza, di essere non un nuovo Governo di centro sinistra, ma il curatore fallimentare dei precedenti Governi e di tutta la politica dagli stessi posta in essere dal 1996 ad oggi. Una politica che è stata tanto negativamente valutata dagli elettori nelle due ultime consultazioni elettorali da indurre l'onorevole D'Alema, che aveva accettato la sfida lanciatagli dal leader dell'opposizione sul valore politico del voto per le regioni, a rassegnare le dimissioni.
bisogno di un periodo di 10 mila giornate di attività parlamentare per essere discusso.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Biondi. Ne ha facoltà.
ALFREDO BIONDI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, trovo sempre una certa difficoltà nel distinguere i fatti personali da quelli politici. Sono perciò un po' in imbarazzo di fronte a lei, di cui sono stato collega nei Governi e di cui sono stato e sono amico personale, trovandomi a doverla criticare fortemente. Ciò mi dispiace, perché io non ho il cinismo di coloro i quali sono capaci di incipriare le rughe con il borotalco dell'ipocrisia. Non sono capace di farlo, questo è sempre stato un mio limite che lei conosce anche personalmente.
della gente intesa come il sovrano popolo che non ha viceré e che, quindi, decide da solo - vi ha detto «no»: quando si trattava di mandarvi in Europa, come centrosinistra, e quando si trattava di mandarvi nelle regioni d'Europa non dico le più importanti (le regioni sono tutte importanti), ma quelle alle quali si fa riferimento per il paragone della coesistenza competitiva che deve esservi con i nostri partner europei.
PRESIDENTE. Deve avviarsi alle conclusioni.
ALFREDO BIONDI. Ho finito, Presidente? Mi basta un minuto. Come ha detto il Presidente del Consiglio? Un cristiano delle volte si sente lusingato anche per il potere che ha di trasferire le proprie opinioni negli altri: capita così di rado (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
All'amico Giuliano Amato voglio dire un'altra cosa: attenzione alla giustizia, perché non si risolve con il trionfalismo gelido evidenziato da un parlamentare questa mattina e nemmeno, forse, con il pessimismo competente di qualche altro. La giustizia richiede il coraggio che lei ha avuto, Presidente Amato, nel 1992 e che io ho avuto nel 1994: quello di sapere che è l'uomo al centro della giustizia; la giustizia non è né dei giudici, né degli avvocati e né degli ausiliari, ma è dell'uomo che è tanto più debole quanto più al momento dell'accusa si sente meno difeso e perde la dignità della libertà del proprio corpo. Questa è la giustizia che dobbiamo tutelare! Siamo in una situazione drammatica in Italia: nel nostro paese, Presidente Amato e amato nel senso...
PRESIDENTE. Presidente Biondi, per cortesia, deve concludere!
ALFREDO BIONDI. ...si va in carcere quando uno è presuntivamente innocente e si esce di carcere quando si è certamente colpevoli. Ci faccia un pensierino, onorevole Amato (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Direi che l'unica cosa in cui lei, Presidente Amato, è riuscito è stata avere un numero maggiore di socialisti nel suo Governo che non di socialisti elettori sparsi nel paese: e di questo le diamo atto (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)! Per il resto, è un disastro completo!
alla gestione di una quota dell'IVA da parte delle regioni. Infatti, abbiamo già visto che anche questa normativa andrà a regime tra quattordici anni. Quindi, è tutto tempo perso, sono tutte scuse per non dire chiaramente che, per propria cultura, non si è in grado oppure non si vuole andare verso queste nuove forme di autogoverno.
PRESIDENTE. Onorevole Dussin, deve concludere.
LUCIANO DUSSIN. Come ho detto all'inizio, essi saranno costretti a comportarsi come il centrosinistra ha fatto finora e quindi perderanno ancora consensi. È quello che stiamo aspettando noi per cambiare politica in questo paese (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Il centrosinistra in queste elezioni regionali ha subito una sconfitta che pesa. Abbiamo un anno di tempo per reagire e per cambiare. Questo Governo non può e non deve nascere per sopravvivere, per mantenere posti e ruoli e per garantire l'autoreferenzialità di ceti politici e di apparati di partito.
più espliciti: insistere sul pericolo delle destre non è obiettivo minimalista, residuale, non è argomento debole, quasi una legittimazione in negativo di un Governo.
istituzionale centrale e quello dell'ente locale, che diviene concreto elemento eversivo dell'assetto politico-istituzionale. Per difendere la riforma, occorre portare a compimento i provvedimenti promessi e non attuati, a partire da quello sul personale sanitario, che riguarda decine di migliaia di operatori, e dalle misure previste per gli specializzandi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trantino. Ne ha facoltà.
ENZO TRANTINO. Signor Presidente, onorevole Presidente Amato, precisando in premessa che Amato è un cognome e non un aggettivo sentimentale, desidero subito dirle che i suoi agiografi riferiscono che lei è un uomo con un alto senso del ridicolo e che si guarda dal cadervi, ma ci sembra che il suo esordio sia in palese controtendenza. Lei si sarà accorto, sarebbe grave se non lo avesse fatto, che pur di restare avvinghiati al potere, si sono rivolti al referendum coloro che sanno di non volerlo per ragioni opposte, a cominciare dai popolari, che amerebbero restare nella situazione attuale, e, pur di allungare, sapendo di essere poi falciati dall'opinione pubblica, continuano a difendere ciò che loro non amano, ricordando l'ultimo pasto del condannato a morte...
fondo complessivo di cui all'articolo 6 della legge n. 49 del 1981, alla fine del 1998 ammontava a circa 3 mila miliardi. Gran parte di questa somma è stata drenata ai paesi in via di sviluppo attraverso la restituzione su crediti di aiuti finanziati in anni passati e, come si è visto, non è stata riutilizzata a favore di progetti di sviluppo degli stessi paesi in via di sviluppo». Ciò significa che avete succhiato il sangue perfino agli anemici o a chi è al di sotto dell'anemia. E come non vergognarsi del solidarismo parolaio, quando esso giocava sulla quotidiana sopravvivenza di bambini ridotti a meno di un lamento? Avete pensato quanto pericolosa sia questa iniziativa per il marchio di insolvenza che sarà stampato sulla fronte di questi paesi? E agli incentivi locali al posto dei miliardi al vento, avete pensato? E ai controlli perché gli aiuti non si trasformino in armi, avete pensato? La vostra politica estera non è per caso quella delle promesse non mantenute? Ernesto Olivero, fondatore del Servizio missionario giovani, con aree di intervento in 70 paesi, al quale D'Alema promise tre C130 per gli aiuti in Mozambico, medicinali, cibo e donazioni, deve optare, con grandi sacrifici economici, per un DC8 in affitto, al fine di evitare il deterioramento di quegli aiuti che, secondo D'Alema, avrebbero dovuto giungere con la sovvenzione dello Stato. Avete pensato a ridurre il dolore dei disperati o il vostro cuore è diventato cuoio di poltrone? Qual è la vostra politica estera? Quella della diffidenza di Washington per aperture precipitose verso dittature mascherate che lanciano frecce avvelenate contro l'ONU e l'Occidente?
GIULIANO AMATO, Presidente del Consiglio dei ministri. Credo, credo!
ENZO TRANTINO. Prendo atto che lei è un credente tra tanti miscredenti...
del Ministero degli affari esteri avversata da autorevoli esponenti dei Democratici di sinistra o quella dell'enfasi che lei ha impiegato per la presenza dell'Italia nel Consiglio di sicurezza, a cui va tutta la mia adesione, ma sulla quale poi mi sono sentito deluso, quando, a distanza di un minuto e tre secondi (ho cronometrato), lei ha ripiegato su una generica presenza europea - le basta anche questo -, dimenticando le battaglie di Fulci e quelle determinate di Vento, che sono una operosa ed intelligente continuazione delle prime?
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, per un attimo metto da parte gli appunti che avevo preso per svolgere un intervento più specifico sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente Amato e mi riallaccio a quanto ha detto poco fa il collega Trantino. Mi dispiace che la collega Maura Cossutta non sia più presente in aula perché mi sembra che ella sia stata la chiave di volta di quanto è accaduto in queste elezioni. La spiegazione per cui il centrodestra ha vinto queste elezioni l'hanno data proprio il comportamento e le parole della onorevole Cossutta (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). E lei, signor Presidente, che è supportato da questo tipo di gente...
ALFREDO BIONDI. Sopportato!
ANTONIO LEONE. ... deve intenderlo perché nel momento in cui si fa un discorso retrivo, retrogrado, vetero-marxista, allorché si dà una certa immagine (tutti ricorderanno Bertinotti quando si fece fotografare insieme al subcomandante Marcos con il mitra in mano), quella che la sinistra ha dato in Italia, il centrodestra vince. Ha vinto il centrodestra e non il centro perché voi il centro non lo avete più (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
amministrazione in un pantano di inerzia o, nell'ipotesi migliore, in un'ordinaria amministrazione di un programma già scritto dai tre precedenti Governi ed attuato poco e male, fa aggio il mio dovere di dichiarare esplicitamente il radicale dissenso al Governo che ella intende dare al paese, quanto meno quale deputato pugliese, deputato del sud, e per due profili di cui parlerò da qui a poco.
Signor Presidente del Consiglio, vi è una prima contraddizione nel momento in cui lei lega lo sviluppo del Mezzogiorno e la creazione di nuovi posti di lavoro alle intese comunitarie, dimenticando che l'Italia, grazie ai precedenti Governi non ha messo paletti allora, non è stata capace di metterne ora, ma li avrà presto da parte dell'Europa, perché non potremo creare sacche di privilegio o concorrenza sleale all'interno di aree depresse quali il Mezzogiorno.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghezio. Ne ha facoltà.
MARIO BORGHEZIO. La ringrazio, signor Presidente. Professor Amato, membro dell'Aspen Institute, indicato da Gianni Agnelli (in un'intervista di Caracciolo su Rai 3) come il più gradito Presidente del Consiglio, lei sembra avere tutti i crismi per rispondere alle migliori aspettative dei poteri forti del mondialismo che tanto decidono sulla politica del nostro paese e sulle sue marionette. Altro che zio d'America, con il quale lei ci ha soavemente intrattenuto trattando il tema dell'immigrazione! Lei è un uomo di fiducia dei signori del Fondo monetario internazionale. L'America - sia detto per inciso - lei l'ha trovata qui in Italia, grazie a Craxi e alla partitocrazia ancora fiorente e imperante!
del federalismo, il dottor Andrea Chiti Batelli, aveva da tempo individuato questa sua idiosincrasia per il federalismo, scrivendo quanto segue: «Su La Stampa del 14 ottobre 1996 Giuliano Amato, intervistato da Gad Lerner, ha fatto alcune affermazioni di cui, io credo, occorre essergli particolarmente grati. Il federalismo interno in Italia, egli sostiene, è un non senso, un'assurdità, peggio ancora, un virus come l'AIDS (sic) che porta ineluttabilmente alla secessione. Vi è di più: nel nostro paese esso non ha, non diremo a sua giustificazione, ma neppure ad attenuante, né la tradizione italiana in generale, né quella della sinistra in specie, che federalista non è stata mai». Ora, io lascio a lei queste valutazioni e mi limito a chiedermi ed a chiederle se, dato che da questo punto di vista - mi consenta l'espressione - lei è recidivo, ci voglia chiarire in questa occasione, magari nella replica, l'«Amato pensiero» sulla realizzazione delle proposte federaliste e sulla devolution. È ancora un virus, per il professor Amato, Presidente del Consiglio del 2000, il federalismo? Io spero proprio di no, perché urgono risposte serie su quella questione settentrionale che lei ha assolutamente eluso nel suo discorso e che pur tuttavia è questione centrale, dalla cui soluzione si dipartono quelle di tutte le altre grandi questioni - questione meridionale compresa - e che può essere affrontata e risolta soltanto in chiave federalista.
ALFREDO BIONDI. Anche un po' di italiano, delle volte non guasterebbe!
MARIO BORGHEZIO. Dal nostro osservatorio del nord, Roma padrona sembra non aver perso alcuno dei vecchi vizi del centralismo e dello statalismo burocratico. Le faccio un esempio (mi consenta qualche attimo il Presidente per fare una segnalazione all'ex ministro del tesoro): a fine marzo, quando lei era ancora in carica, alcuni - sette o otto - ex internati militari, settantacinquenni o ottantenni, del mio Piemonte hanno ricevuto una bella lettera nella quale per l'ennesima volta l'eterna Commissione centrale ministeriale da Roma respingeva una domanda di vitalizio, sostenendo una vecchia tesi che Roma continua ad affermare,
ossia che il campo di concentramento di Gaggeneim non sarebbe un campo KZ. Pensi se nel 2000 deve essere Roma, con i suoi elenchi incompleti, a decidere quello che la legge federale tedesca ha stabilito da decenni, ossia che anche quello era un campo KZ. Intanto i nostri poveri ex internati aspettano. Le farò avere un dossier a riguardo. Questo è un esempio concreto che dimostra quanto sia necessaria ed urgente la riforma dello Stato in senso federale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Becchetti. Ne ha facoltà.
PAOLO BECCHETTI. Signor Presidente, professor Giuliano Amato, mi consenta di leggerle alcuni brevi versi di Montale che rappresentano, in maniera icastica, l'oggi ed il futuro del suo Governo. La prima poesia si intitola Oggi e in essa si dice: «Quando il fischio del pipistrello sarà la tromba del giudizio chi ne darà notizia agli invischiati del grande affare? Saremo a corto di comunicazioni, incerti se malvivi o morti».
dare i fondi pensione ai sindacati, già cinghie di trasmissione politica del Governo il quale, con un baratto, diventerebbe cinghia di trasmissione economica del sindacato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Urso. Ne ha facoltà.
ADOLFO URSO. Presidente Amato, la ricordo quando ormai tanti anni fa, da
giornalista parlamentare, assistevo alle sue lezioni, debbo dire di stile politico ed anche di intelligenza politica. Mi ricordo, in particolare, quando lei una volta, mi pare in qualità di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, illustrò con grande dovizia quello che allora credo fosse il disastro di Ustica. Con grande capacità lei riuscì a spiegare gli eventi e a dare loro una conseguenza logica.
anni, come poteva avvenire per il Governo Dini, ma tutt'al più dieci mesi, e dieci mesi di fine legislatura.
Confindustria che ha eletto come presidente D'Amato dalla solita confraternita. Oggi quei soggetti sociali e culturali sono tornati nel loro alveo naturale e nel centrodestra di cui sono naturalmente espressione e dove possono trovare espressione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandro Rubino. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO RUBINO. Professor Amato, non farò un commento del suo programma perché è un programma di legislatura e credo che lei non sarà in grado di fare nulla di quello che ha illustrato ieri alla Camera. Lei sa meglio di me che tra breve dovremo esaminare il documento di programmazione economico-finanziaria, ci sarà poi l'estate, si passerà alla legge finanziaria e, senza neanche accorgercene, ci troveremo a votare per le elezioni politiche.
PAOLO BECCHETTI. È colpa di quel «Pecoraro» là!
PASQUALE GIULIANO. Chiamati le pecore, Pecoraro!
ALESSANDRO RUBINO. Allora ebbi la fortuna - lo ricorderà perché era presidente dell'antitrust - di fare in modo che l'authority sull'energia che nasceva in quel periodo non creasse sovrapposizioni o contrapposizioni con l'antitrust, ma che fossero due entità separate.
ambienti che nulla hanno a che fare con il Parlamento, che lei, professor Amato, è stato ed è una delle più lucide e vibranti intelligenze che io abbia conosciuto in questi sette anni di esperienza parlamentare. Tutto ciò fino a martedì scorso, Presidente Amato. Martedì scorso io ho ricevuto una delusione straordinaria perché lei, con un atto che non mi aspettavo visto l'Amato che avevo conosciuto (e che non conoscevo prima, perché non ho mai fatto politica fino al 1994), ha accettato di diventare strumento di un Parlamento e di partiti politici che trovo descritti oggi in maniera così divertente sul Corriere della Sera. I Democratici sono divisi in prodiani, dipietristi, centocittà, ex diniani, governativi; i DS in veltroniani, dalemiani, riformisti, sinistra DS, leader emergenti; il Partito popolare è diviso in ulivisti, governativi, centristi, irpini, nordisti, padri nobili; l'UDEUR in mastelliani, nordisti e dissidenti; i Verdi (tra l'altro, onore al ministro Ronchi, l'unico, un po' meno al suo partito, che pur di accettare una poltrona le dà comunque, la fiducia) è diviso in governativi, sinistra verde e ambientalisti storici; il partito dei Comunisti in cossuttiani (ministro Nesi, lei non è più neanche tra i cossuttiani; ormai è al Governo, non la collocano più nemmeno nella corrente cossuttiana, si sono dimenticati di lei...
MAURA COSSUTTA. È un partito, non una corrente!
ILARIO FLORESTA. Zitta tu!
ALESSANDRO RUBINO. In Rinnovamento abbiamo Dini, punto e basta, perché rappresenta solo se stesso. I socialisti sono divisi in boselliani, minoranza interna e socialdemocratici; il partito repubblicano (due deputati) in maggioranza e minoranza interna (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, colleghi, credo che intervenire in questo dibattito significhi per ciascuno di noi cercare degli ulteriori argomenti, oltre a quelli che già sono stati esposti (e non sono pochi), tali da incidere in qualche modo - perché questo dovrebbe essere il significato del dibattito - nelle scelte che i colleghi faranno al momento della votazione. Io non ho questa presunzione, anche se alla fine vorrò rivolgere a lei, signor Presidente incaricato, una perorazione, una richiesta.
PAOLO BECCHETTI. Di se stesso!
IGNAZIO LA RUSSA. Ci sono anche i Verdi, Presidente, con i governativi, la sinistra verde (sarebbe strano che all'interno dei Verdi vi fosse una sinistra «gialla»), gli ambientalisti storici (non so in che cosa ma, comunque, sarebbero storici) (Commenti del deputato Biondi) Scalia e Mattioli. Solo i cossuttiani, all'interno del partito dei Comunisti, non hanno divisioni, anche se Diliberto ha una sua posizione particolare che lei ha bene espresso. Vi è, poi, Rinnovamento italiano, ma anche i socialisti non vogliono essere da meno: vi sono i boselliani, la minoranza interna con Del Bue, i socialdemocratici con Schietroma che, comunque, per il suo ruolo ha giustamente avuto - ma è persona che stimo - un incarico da sottosegretario.
ALFREDO BIONDI. Non si nega a nessuno!
IGNAZIO LA RUSSA. Tralascio il PRI, il gruppo misto e quant'altro per significarle che, con una simile attesa, ritengo che lei giustamente si sia molto preoccupato e, nel suo intervento di ieri, abbia cercato, più che di fornirci un vero e proprio programma, di blandire i voti che mancano. Sono stato molto attento e, nel suo intervento, ho colto l'attenzione, per esempio, rivolta a due-tre parlamentari presenti in quest'aula, onorevole Presidente Amato, quando con garbate parole, per usare le sue espressioni, ha cercato di promettere un decreto che impedisca ai morti - non c'è niente di male ad usare la parola «morti» (tutti prima o poi lo saremo, persino questo Governo) - di essere iscritti nelle liste elettorali in occasione dei referendum. Lei, poi, ha trovato qualche altra occasione per consentire un applauso da parte del referendario Taradash. Il suo intervento, cioè, mi è sembrato volto più che ad esporre quella che dovrebbe essere - si fa per dire - la strategia di un Governo, una specie di offerta, di...
ALFREDO BIONDI. OPA!
IGNAZIO LA RUSSA. ...un'OPA - mi hai anticipato - nei confronti di quei pochi deputati che, ahimé, se non venissero, lascerebbero del tutto priva di una qualsiasi maggioranza la sua presupponenza di avere la possibilità di svolgere il ruolo di guida di un Governo.
gnor Presidente, mi deve spiegare perché, se ha difeso con tanto appassionato calore la politica della sanità, se ha difeso con tanta solerzia la politica della scuola, se ha usato parole alate nel difendere l'operato sull'immigrazione, Bindi, Berlinguer e Maritati sono stati mandati a casa, per non parlare di Barberi. È un'ingiustizia nei confronti di questi valenti deputati che, evidentemente, con una tecnica che, come è stato appena ricordato, viene da lontano, sono stati considerati i capri espiatori da lanciare alla folla affinché possa immaginarsi da parte del Governo, in qualche modo, un atteggiamento diverso, che lei per primo, però, esclude, dando un dieci e lode incondizionato a ministri che, invece, vengono immotivatamente - a questo punto - esclusi dalla compagine governativa.
l'incarico per cercare di formare un Governo. Per carità, se vi è una maggioranza o almeno un tentativo di cercare una maggioranza in Parlamento, è inevitabile che si faccia. E non poteva forse fare diversamente dal suo punto di vista e dal suo ruolo il Presidente della Repubblica. Lei, però, cosa farà se il suo esecutivo non avrà neanche i 316 voti che costruiscono una maggioranza? Lei se la sente - esattamente come è avvenuto per il secondo Governo D'Alema - di tentare un'avventura, che tutti capiscono quale possa essere, se avrà meno di 316 voti? Lei se la sente di tentare di fare il Presidente del Consiglio se per avventura non avesse 316 voti e se fossero decisivi cinque voti dei tanto vituperati ex leghisti secessionisti o quasi, come lei definirebbe - non certo io - i deputati dell'APE? Io credo, Presidente Amato, che in questo caso - almeno in questo caso - lei dovrebbe fare come ha fatto Diliberto. Prenda il coraggio a due mani, perché avere un ruolo più grande della propria statura non è proprio obbligatorio: in quel caso, almeno, lei l'indomani se ne torni da Ciampi e gli dica che non ce l'ha proprio fatta. Gliene saranno grati gli italiani e gliene saremmo grati anche noi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor Presidente, signor Primo ministro, i cittadini italiani fanno fatica a capire quello che sta succedendo in questi giorni. Si sono svolte elezioni regionali perse in maniera evidente dalla maggioranza che governa il paese; subito ci si è affrettati a dire che questo risultato non conta dal punto di vista politico, ma il Primo ministro D'Alema si è dimesso. Ora si cerca di costituire un nuovo Governo che dice di voler continuare il programma politico del vecchio. È veramente difficile capire quale sia la logica! Se il risultato elettorale non conta, non si capisce perché D'Alema non sia ancora al suo posto.
campo economico. A sentire lei, signor Primo ministro, l'Italia sarebbe prima in molte classifiche europee e mondiali. Negli ultimi mesi, poi, pare che si sia diventati il motore economico del mondo. Può darsi che il nostro paese sia ben messo in qualche strampalata classifica inventata ad hoc dalla vostra addomesticata ISTAT, ma la realtà mi sembra un po' diversa. L'economia reale è fatta di pochi e importanti numeri, ma questi pochi importanti numeri dicono che l'Italia ha un PIL che cresce della metà e un'inflazione che cresce del doppio rispetto ai partner europei; che siamo agli ultimi posti per la capacità di attrarre investimenti e che siamo ultimi nella poco invidiata classifica del rapporto debito pubblico-PIL, superati recentemente anche dal Belgio. In altre parole, il nostro è un paese senza futuro economico, dove le nuove imprese non arrivano e le vecchie fuggono.
Stato (la moneta, la difesa, la politica estera), un terzo di tasse direttamente ai comuni, un terzo alle province e alle regioni, un terzo allo Stato, come nei paesi federalisti veri. Certo, se si vogliono solo imbrogliare le carte, allora è un altro discorso.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO. Signor Presidente, colleghi, noi popolari sosterremo lealmente il Governo presieduto dal professor Amato. In un tempo in cui si spendono molte parole per spiegare le scelte di campo, vorrei svolgere una breve considerazione circa l'esigenza di sgombrare il campo, invece, da un equivoco ripetuto e poco mitigato dalle considerazioni svolte dall'onorevole La Russa. Mi riferisco al fatto che ci troveremmo in una situazione non democratica, non dico poco democratica, proprio non democratica, come ha affermato il capo dell'opposizione, con un Governo illegittimo perché non si è preso atto della sostanziale delegittimazione, non solo politica ma anche istituzionale, conseguente alle ultime consultazioni regionali. Se così fosse, non sarebbe delegittimata
solo la maggioranza, ma anche l'opposizione. Forse si tratta solo di spiegare la differenza tra legittimità e legittimazione; non intendo fare lezioni professorali, per così dire, ma, caro Presidente, penso sia il caso di spiegare e di ripetere i concetti elementari che attengono alle regole della democrazia, soprattutto se vogliamo che si crei una situazione di democrazia liberale nel nostro paese, tanto evocata, là dove le regole sono, appunto, un aspetto fondamentale.
azione e poca legislazione che lei ha richiamato mi è venuto in mente un antico detto popolare, secondo il quale le grandi cose passano attraverso le piccole cose. Noi probabilmente dobbiamo recuperare il principio della buona amministrazione, del buon padre di famiglia, come si dice nei sacri testi; insomma, dobbiamo diffondere nei cittadini la convinzione che stiamo operando per il loro bene autentico, che riguarda i valori di fondo di una comunità che non può ispirarsi semplicemente ad una logica di mera quantità, come dicevo prima, sull'altare della quale si smarrirebbe il senso della propria condizione storica e culturale.
bisogno di azioni dimostrative, per cui venga al nord, faccia pulizia della clandestinità criminale di cui diceva il Presidente, che non ha nulla a che fare con l'immigrazione, per spiegare e dimostrare a questi signori, che su quelle emozioni costruiscono per il nostro paese la regressione e la reazione, che noi siamo per la sicurezza e per la libertà, ma quella autentica, quella che tutela il cittadino in una condizione di integrazione anche del diverso e di chi sta peggio (per riprendere le parole usate ieri dal Presidente) e non volendo, come nessuno vuole - anche questo lo dobbiamo spiegare perché il cittadino non lo sa - un processo confuso ed ingovernabile di arrivi che creano soltanto problemi ai cittadini! Siamo noi per primi a non volere ciò, ma non si può confondere questo discorso con i rigurgiti xenofobi e razzisti che stanno montando nel nostro paese, facendo montare un vento di destra che diventa pericoloso e che ci farebbe tornare a tempi bui in cui i fantasmi che abbiamo conosciuto si ripresenterebbero fra di noi.
Signor Presidente del Consiglio, lei ha parlato di molta azione e di poca legislazione: abbiamo dinanzi a noi gli obiettivi del Documento di programmazione economico-finanziaria, della legge finanziaria per il prossimo anno, nonché l'importante appuntamento della legge sull'assistenza e, se ci riusciremo, l'approvazione della legge elettorale. In ogni caso, tanta azione e poca legislazione; si tratta di piccole cose attraverso le quali passano le grandi cose, come affermavo in precedenza. Signor Presidente del Consiglio, il compito principale che lei, insieme a noi, ha di fronte è quello di far rientrare nella coscienza diffusa del paese i valori ed i fini del centrosinistra su cui stiamo lavorando (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boghetta. Ne ha facoltà.
UGO BOGHETTA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, i deputati del gruppo di Rifondazione comunista esprimeranno voto contrario senza alcun dubbio; faremo ciò convinti per quello che, rispetto alle elezioni regionali e alle esperienze di questi anni, rappresenta la sua proposta di Governo.
Banca Europea, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e il WTO, contro cui sta nascendo un movimento che affronta la nuova frontiera della lotta democratica. Quello che il centrosinistra non ha capito è che gli competeva un'altra politica: la difesa dell'occupazione dallo strapotere delle multinazionali (vedi il caso Goodyear); la difesa del salario e delle nuove figure atipiche e di un lavoro autonomo indifeso dinanzi allo strapotere delle grandi imprese a rete; la difesa del posto di lavoro e la sicurezza nel posto di lavoro, che peggiora proporzionalmente all'aumento delle flessibilità; la difesa dei diritti dei lavoratori e della stessa agibilità politica, che è sempre più conculcata, e non è un caso che la legge sulle rappresentanze sia arenata da tempo.
professionalizzazione di modello americano, nonché al passaggio sulla famiglia, che può significare, in bocca a lei, un attacco alla legge n. 194 e magari alla normativa sull'assistenza; basti pensare al discorso sulla sicurezza e l'immigrazione, a quello sul presidenzialismo. Ripete con forza che bisogna tagliare le pensioni, ritorna a mettere i lavoratori con venti o trent'anni di lavoro alle spalle contro i giovani. Ancora divisioni.
modo non cambierebbe il risultato. Nemmeno una legge elettorale piuttosto che un'altra potrebbe cambiare la situazione. Inoltre, la scelta che fate oggi rischia di rappresentare la chiusura definitiva di qualsiasi dialogo con Rifondazione comunista. Si può fare qualsiasi discorso propagandista, ma ci siamo sempre assunti le nostre responsabilità: con la desistenza al tempo del Governo Prodi, sostenendolo ben oltre la sua nascita e proponendo una svolta che, dopo le recenti elezioni regionali, dovrebbe apparire in tutta la sua lungimiranza. Siamo stati colpevolizzati e lo siamo ancora per la caduta di quel Governo, quando ormai tutti dovrebbero sapere ed avere il coraggio di ammettere che il Governo Prodi cadde perché fu garantita una scissione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crema. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CREMA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, il Governo che si presenta oggi alle Camere deve portare a compimento la legislatura. È chiaro a tutti, o dovrebbe essere chiaro a tutti, che, se la Camera non accordasse la fiducia, rimarrebbe aperta soltanto la strada delle elezioni anticipate (Applausi del deputato Bampo).
e la lotta contro la piccola come contro la grande criminalità deve essere considerata prioritaria. Il coordinamento tra le forze dell'ordine e una maggiore presenza sul territorio possono e devono essere conseguiti entro tempi brevi.
PRESIDENTE. Passiamo ora agli interventi a titolo personale. Ricordo ai colleghi iscritti a parlare a titolo personale che ciascuno di loro ha a disposizione sette minuti.
RAFFAELE COSTA. Stavo per dire signor Presidente, ma vedo che l'onorevole
Amato - sicuramente per ragioni d'ufficio - si è dovuto allontanare. Mi rimetto alla voce e alla presenza autorevolissima dei componenti il Governo, per far rilevare innanzitutto come il tempo e l'orologio non debbano accecare la politica a dodici mesi dalle elezioni. A me pare invece che stia avvenendo proprio questo. Qualcuno offre troppo. Ho letto quanto ebbe a dire il Presidente Amato il 30 giugno del 1992, al Senato prima e alla Camera poi, a proposito della presentazione del suo nuovo Governo: all'incirca, i temi erano quelli, un po' universali, trattati in questa sede. Qualcun altro, però, chiude la porta al dialogo, ed io credo non sia del tutto giusto. Ritengo che la dialettica non sia soltanto scontro, ma anche costruzione.
credo esista in Italia la possibilità di accertare altra violazione della concorrenza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Guidi. Ne ha facoltà.
ANTONIO GUIDI. Posso chiedere quanti minuti ho?
PRESIDENTE. Sette minuti.
ANTONIO GUIDI. Sette minuti sono utili per vivere e per morire, ma anche per entrare in coma. Mi sembra che questo Governo sia già in coma, non lo dico a fini iettatori, ma come medico e come politico.
cosiddetto ministro Del Turco, con le sue stranezze: dice di non conoscere bene quello che dovrà governare; io so - mi rivolgo a lui che non c'è - che l'amore si può tradire, l'amicizia no: ebbene lui è riuscito nel capolavoro di fare l'uno e l'altro, ironizzando anche sull'handicap, ma lasciamo stare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Petrini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI PETRINI. Signor Presidente, signori ministri, onorevoli colleghi, desidero anzitutto dare il mio bentornato al Presidente del Consiglio Amato. Invero, quando otto anni fa ci confrontammo per la prima volta in quest'aula, il mio atteggiamento fu del tutto diverso; tuttavia, il Presidente Amato converrà che era del tutto diversa anche la situazione politica. Egli rappresentava la faccia pulita e competente di una classe politica che tale non era e che aveva la responsabilità di aver portato il paese sull'orlo di un disastro finanziario, come ben presto avrebbe verificato lo stesso Presidente, chiamato ad affrontare una crisi finanziaria tremenda e a varare una manovra di correzione finanziaria che ancora oggi è ricordata per il suo estremo rigore. Il Presidente Amato converrà anche che quell'inizio di buon governo, che si completò poi con i Governi Ciampi, Dini e Prodi, fu indotto anche, forse soprattutto, da quel mutamento negli equilibri politici che io allora convenientemente rappresentai.
arbitrio, la propria razionalità, ed è libero nella propria coscienza. Si tratta di una differenza fondamentale.
PRESIDENTE. Presidente Petrini, deve concludere.
PIERLUIGI PETRINI. Ho già ultimato il tempo a mia disposizione? Che dramma!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bampo. Ne ha facoltà.
PAOLO BAMPO. Siamo tutti convinti che questo Governo non sia altro che la soluzione obbligata alla luce del risultato elettorale conseguito dal centrosinistra nelle recenti elezioni regionali.
padre gesuita che, abbandonata la tonaca per la rivoluzione, passò dai girondini a Danton, a Robespierre, per poi essere ministro di polizia di Napoleone e finire la sua carriera al servizio della monarchia negli anni della restaurazione». Queste non sono parole mie, ma, Presidente Amato, di un suo oggi possibile sostenitore. Di questa dotta ed intrigante citazione sono infatti debitore al collega Diego Novelli che così si espresse otto anni fa nel dibattito in aula nel corso del voto al primo Governo Amato. Disse, allora, un altro grande politico che si opponeva al suo Governo: «Siamo ancora su un crinale tra il vecchio e il nuovo: il vecchio è morto ed il nuovo non è ancora nato. Siamo in presenza dell'esaurimento di un ceto di Governo, del fallimento di ciò che si è configurato fin qui come un regime politico».
solo hanno biasimato la legge Turco-Napolitano, dalla sinistra salutata come la panacea per tutti i problemi dell'immigrazione (per loro addirittura peggiorativa), ma hanno affermato di essere rimasti piacevolmente sorpresi di quell'invito, perché invero se lo attendevano dalla maggioranza e dal Governo. I rappresentanti di quelle associazioni - e mi rivolgo soprattutto a quel collega della sinistra che è intervenuto ieri e al ministro Turco - da dodici anni, ripeto, da dodici anni, non hanno alcun tipo di rapporto con le istituzioni politiche di questo paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Acierno. Ne ha facoltà.
ALBERTO ACIERNO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, nel 1992 si scrisse del suo primo Governo: «Un piccolo Governo di ipocrisia nazionale: il Governo Amato fa la figura di un condannato rinviato a giudizio»; lei, alla fine di quell'esperienza, disse che sarebbe uscito dalla scena politica per sempre, tornando a fare il suo vero mestiere, il professore. Oggi, invece, è di nuovo qui a chiedere un voto di fiducia ad un'Assemblea che credo non abbia il problema di darle o meno la fiducia: la sfiducia al Governo che lei propone l'hanno già data gli italiani, quegli italiani che ancora oggi sono garantiti dalla nostra Costituzione e sono sempre il popolo sovrano. Non capisco quale possa essere la sua personale strategia nel farsi oggi portabandiera di determinate posizioni, sapendo già da oggi che non sono interessati a lei come futuro Premier del centrosinistra.
MARCO BOATO. A proposito di partitucoli, quale partito rappresenta lei?
ALBERTO ACIERNO. Sono convinto, dalle voci che si raccolgono in queste ore nei corridoi di Montecitorio, che difficilmente lei avrà la maggioranza, ed io me lo auguro fortemente, non contro ma per il nostro paese, che vuole continuare ad essere certo di vivere in una democrazia. Bisogna continuare a dare questa certezza al nostro paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Colombini. Ne ha facoltà.
EDRO COLOMBINI. Signor Presidente, professor Amato, ieri, ascoltando il suo discorso di insediamento, mi sarei aspettato l'intervento di un umile traghettatore di una maggioranza traballante alla ricerca di pochi e qualificati atti legislativi, esauribili nel breve tempo che gli rimane a disposizione. Al contrario, ho dovuto ascoltare, con sorpresa, un discorso cosmico che sfocia in soluzioni per il miglioramento
delle condizioni di vita di cinque miliardi di poveri al mondo. Professor Amato, lei ha utilizzato termini quali «misurare», che molto spesso significa cercare di conoscere, scoprire, prendere le misure, quindi non sapere assolutamente le direttive da imboccare, oppure termini quali «trasformare», che mi è parso tanto sinonimo di trasformismo e non di rinnovamento, che richiama la tentazione di verniciare una facciata antica con colori attraenti, che ridonano smalto ad un'immagine logora, una vera operazione di camouflage. Vi è stato un continuo chiacchierare di sburocratizzazione, quando da quattro anni il pezzo forte dello schieramento politico che rappresenta è proprio quella burocrazia tramite la quale tiene sotto controllo il paese.
avvalersi di un aggravio del 10 per cento sulla tassa di circolazione, come ha fatto sempre l'elogiata Emilia rossa?
PRESIDENTE. Sì, perché i tempi sono quelli che sono!
EDRO COLOMBINI. I cittadini che capiscono sanno, si ammalano e soffrono e attenderanno con pazienza un anno e premieranno ancora una volta il nostro pragmatismo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Veltri. Ne ha facoltà.
ELIO VELTRI. Considero un errore grave la designazione di Giuliano Amato a presiedere questo Governo. Si chiude con la sua designazione una fase di trepidazione e di fiducia degli italiani ed essa rappresenta una scelta alternativa all'impegno e alle speranze degli italiani suscitate dalla crisi della prima Repubblica determinata dalle inchieste della magistratura sulla corruzione. Un bel risultato, amici del centrosinistra: il capo del Governo e il capo dell'opposizione sono due uomini del potere craxiano! Non c'è che dire!
L'intervento di ieri di Giuliano Amato fa torto alla sua intelligenza, sembrava l'intervento di un direttore generale, privo di passione civile, di motivazioni etiche, di valori, di speranze, di ethos. D'altronde la sua è tutta storia di prima Repubblica e la prima Repubblica ha devastato la finanza pubblica, ha accumulato il debito, ha abrogato il merito, ha inquinato l'amministrazione, ha promosso la degenerazione dei partiti, ha determinato la crisi del patto sociale e, quindi, la crisi della democrazia. Tutto questo - lo volevo dire al collega Crema - con la storia socialista non ha nulla a che fare! Io sono figlio, per tradizione famigliare, di una storia socialista pulita ed onesta.
GIULIANO AMATO, Presidente del Consiglio dei ministri. L'ho ridetto anche ieri!
Presidente, ho seguito attentamente il suo intervento e ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte ad un uomo che, con l'entusiasmo di un bambino al quale viene chiesto cosa voglia fare da grande, parla di un mondo ideale, costellato di una serie di sani principi, propri - così dice il Governo nascente - di una cultura riservata solo ad una parte di quest'Assemblea. Con stupore, anziché ad un programma in pochi punti, perché poco è il tempo a disposizione del suo Governo, mi sono trovato di fronte a qualcosa che aveva più il sapore di un programma elettorale, di un teorema, il famoso teorema raccontato negli ultimi tempi dalle forze della maggioranza che la sostengono, il teorema delle tante storielle per prendere tanti voti, un teorema che mi pare non abbia funzionato per il centrosinistra in occasione dell'ultima tornata elettorale.
Presidente, le indicherò ora i punti che più mi sono balzati agli occhi. Lei ha parlato di Sviluppo Italia, vantando - io dico - un fallimento perché già due presidenti hanno abbandonato. Lei ci ha parlato di privatizzazioni, che considero un altro fallimento, eppure tanto decantato. Lei ci ha parlato dell'Italia come terzo paese al mondo per contingenti militari impiegati in azioni di pace; le ricordo che forse non era neanche il caso di intervenire in quella guerra stupida che venne definita un atto di amicizia nei confronti della Serbia e che, invece, era un atto contro qualcosa che oggi si sta dimostrando un vero disastro: un Kosovo dilaniato da albanesi criminali, da serbi che devono scappare, da gente che viene uccisa, da una prostituzione che nasce in quella zona per essere importata nel nostro paese, da ragazze violentate per settimane per poi essere introdotte nel mondo della prostituzione italiana attraverso quel punto chiamato Puglia, un caposaldo di quella sacra corona unita che oggi opera in Albania e che fa riferimento alla Puglia come porta d'ingresso per l'Italia e l'Europa.
Lei ci ha parlato di una Italia paese guida per il rilancio dei paesi in via di
Lei ci ha parlato, poi, di una necessità di manodopera extracomunitaria, ma non ha detto che bisogna modificare una legge per far sì che gli extracomunitari non giungano clandestinamente nel nostro paese. Legato a ciò, ci ha parlato di sicurezza in termini di coordinamento delle forze dell'ordine e di un loro sensibile aumento. No, Presidente, riparliamo di leggi che non funzionano ma, soprattutto, riparliamo di poteri che la polizia non ha. Si tratta di una realtà che lei forse non conosce o della quale non le hanno parlato, perché, se solo si avvicinasse alle forze di polizia, si renderebbe conto che è incredibile quanto sia «vuoto» il loro lavoro, con persone che oggi vengono arrestate e che domani sono di nuovo fuori. Questa è la regola italiana per chi oggi delinque nel nostro paese, con qualche legge sbagliata fatta nel passato che consente, dopo tre o quattro giorni, di essere di nuovo fuori dal carcere.
Lei, Presidente del Consiglio, ci ha parlato di formazione lavoro. Devo dire che ho un po' sorriso quando ci ha ricordato il sistema americano e chi andava a studiare nelle ore serali (ha parlato di infermiere e quant'altro). Lei ci ha parlato inoltre della famiglia come di un caposaldo del suo programma, di un'altra importante «proprietà» del centrosinistra: forse lei dimentica quella grande forza che è la Lega, che viene da una tradizione popolare radicata nella gente. Noi, per primi abbiamo detto che vi sono dei problemi che nascono proprio da una famiglia allo sbando. Lei - lo ribadisco - ha parlato della famiglia come di un caposaldo del suo programma: noi siamo felici che lei faccia tali considerazioni.
Poi, nel seguito del suo discorso, si è spinto a parlare della religione: ha parlato di una «mano sul muro», forse per coprire il fatto che un suo ministro ha rilasciato una dichiarazione in base alla quale la lingua araba andrebbe insegnata nelle scuole italiane.
Credo che non per completare ma per impostare il suo programma non sarebbero sufficienti tre legislature! Le ricordo che lei disporrà forse di un anno di tempo!
Non intendo però contestare questa scelta che potrebbe apparire autolesionistica. Effettivamente una continuità esiste, professor Amato, come ha chiaramente notato il presidente del mio gruppo, onorevole Pisanu, e soprattutto esisterà indipendentemente dai proposti enunciati, così ambiziosi, smisuratamente ambiziosi rispetto, se non altro, ai tempi massimi attribuibili a questa fragile compagine governativa. Si tratta di una compagine delegittimata dal voto degli italiani e di una espressione del peggiore trasformismo, nonché della frammentazione drammatica tra gruppi e gruppetti della sinistra nelle sue varie articolazioni e colorazioni, uniti solo dalla disperata e caparbia volontà di conservare il potere.
Ma il professor Amato ha ritenuto di prestarsi a dare una «rinfrescatina» ai muri, anzi ai ruderi che gli sono stati consegnati; ha cercato un paio di nomi altisonanti (e li ha prontamente trovati); si è abbondantemente e veementemente speso per conferire un minimo di credibilità alla sua squadra formata da decine e decine di ministri e viceministri; si è speso per rassicurare i sempre più disorientati elettori della sinistra che questa compagine governativa, finalmente, nei prossimi pochissimi mesi, sarà in grado di risolvere i problemi del paese, forse del mondo, e soprattutto ha orgogliosamente rivendicato la continuità. Pare una contraddizione, ma voi, in questo breve periodo, in questi pochi mesi (se avrete la fiducia), scossi dalle turbolenze interne, non potrete che muovervi lungo la direttrice che vi ha condotti al fallimento politico. Semmai proverete a riconquistare un po' di consenso attraverso provvedimenti elettoralistici e demagogici; la sostanza sarà una mediocre continuità rispetto al recente passato, signor Presidente del Consiglio, anche per quanto riguarda gli aspetti e i problemi di settore dell'agricoltura, della quale mi occupo prevalentemente nella mia attività sia politica sia professionale.
Tutti i Governi della sinistra, da quello dell'onorevole Prodi ai due dell'onorevole D'Alema e, ieri, al suo, hanno ampiamente trascurato (anzi non hanno nemmeno citato) nel discorso programmatico qualunque richiamo ad un'attenzione, anche minima, nei confronti del settore primario della nostra economia. La cosa non stupisce perché evidentemente è una tradizione della sinistra che non si smentisce in questa occasione. L'agricoltura è sempre stata una materia e un settore economico seguito con particolare attenzione dalle forze del centro del paese e sicuramente non dalla sinistra. Vi è quindi continuità anche da questo punto di vista nei documenti di programmazione economica e finanziaria degli ultimi anni, che hanno dedicato all'agricoltura striminzite paginette, qualche riga, a volte poco più, niente di particolarmente significativo: attenzione zero! Eppure i Governi che hanno preceduto il suo, professor Amato, avevano costituito il tavolo verde di concertazione, cioè quella specie di tavolo attorno al quale avrebbero dovuto sedersi (e poi si sono anche seduti) i presidenti e i rappresentanti delle principali organizzazioni agricole per concertare con voi, con il Governo, gli obiettivi di politica agricola che avrebbero potuto imprimere una svolta effettiva al settore primario nel nostro paese. Quegli obiettivi possono essere riassunti in una fiscalità più equa
Oggi lei sa perfettamente che gli agricoltori italiani, grandi e piccoli, sono chiamati ogni giorno, più che a coltivare i propri terreni o ad allevare il proprio bestiame, a riempire carte, carte e scartoffie. Questo grazie ai burocratismi che sono stati costruiti e ampliati dai Governi della sinistra.
Queste erano sostanzialmente le richieste che il mondo agricolo rivolgeva ai Governi della sinistra e che non sono state assolutamente raccolte nelle realizzazioni concrete perché, se andiamo a vedere i risultati, per quanto riguarda la fiscalità i Governi della sinistra hanno introdotto l'IRAP che, come lei sa bene, è una imposta aggiuntiva per il settore agricolo. È stata leggermente diminuita nel tempo, però di fatto si configura come qualcosa di aggiuntivo rispetto alla situazione precedente nella quale gli agricoltori erano esentati dal pagamento di una parte delle imposte di cui adesso vengono caricati. Per quanto riguarda la riforma dell'IRAP, vi sono stati i balbettamenti del Governo D'Alema e del suo ministro delle finanze con il «pasticcio» combinato verso Natale; sulla tassa di successione abbiamo chiesto mille volte che, quantomeno per gli agricoltori professionali, cioè per i coltivatori diretti e per gli imprenditori a titolo principale, potesse essere abolita senza limite d'età la tassa di successione, considerando che il terreno in questi casi è un mezzo insostituibile di produzione. Anche qui da parte della sinistra, da parte dei Governi che l'hanno preceduta, non vi sono state risposte.
Signor Presidente del Consiglio, volendo essere sintetici, da questo tavolo di concertazione non è arrivato nulla di buono per il settore agricolo, nonostante i trionfalismi dei ministri (e quindi anche il suo, visto che era ministro del Governo precedente).
Certamente non spetta a me difendere l'operato del ministro De Castro, che obiettivamente viene valutato da tutti come uno dei pochi ministri veramente decorosi del Governo precedente, e infatti lei lo ha «silurato»!
Ci troviamo ora un ministro verde. Siamo l'unico paese in Europa ad avere un ministro dell'agricoltura espressione dai Verdi e questo aggiunge tutta una serie di altre preoccupazioni ai lavoratori del mondo agricolo che vorrebbero evitare in questi pochi mesi, da qui alle elezioni, di essere criminalizzati come inquinatori e via dicendo.
Vi sono preoccupazioni profonde e pesanti nel mondo agricolo, che mi sento in qualche modo di rappresentarle e la prego davvero di tenere in seria considerazione questi fatti. I problemi strutturali della nostra agricoltura certamente non potranno essere risolti dal suo Governo: le faccio, comunque, i miei migliori auguri e prendo atto della sua buona volontà di risolvere i problemi del mondo, anche se non ha accennato a quelli dell'agricoltura; questo, d'altronde, è forse foriero di qualche preoccupazione in meno da parte nostra, perché, se si fosse addentrato anche nelle problematiche che riguardano la nostra agricoltura, pensando di trovare teorie per la soluzione di problemi settoriali, non ci avremmo creduto!
Capisco le ragioni dell'opposizione nel chiedere elezioni immediate: anche l'opposizione capisca che, se esiste una maggioranza eletta con il sistema maggioritario,
Noi repubblicani e liberaldemocratici abbiamo sempre fatto notare le incertezze e gli errori commessi nei settori della scuola, dell'università, della ricerca, della sanità, della sicurezza pubblica e del federalismo: incertezze ed errori che speriamo vengano corretti dal nuovo esecutivo. In questi anni si è riformata la scuola, ma si è perso il contatto con gli insegnanti; l'università italiana non ha ancora un assetto moderno ed efficiente, mentre la ricerca è ancora troppo poco finanziata e poco coordinata; la domanda di lavoro dei giovani ed il loro desiderio di giustizia e verità vanno affrontati e risolti il più presto possibile; il problema della sicurezza dei cittadini nei confronti della crescente criminalità è stato sottovalutato: la sicurezza non è né di destra né di sinistra, va garantita al cittadino, che altrimenti reagisce punendo chi si mostra anche solo un po' debole e permissivo.
Il federalismo e la questione settentrionale vanno affrontati con maggiore decisione, perché non ci si è resi conto della priorità di questi temi in un nord in rapidissima trasformazione. Non si è saputo comunicare in modo semplice e chiaro i risultati ottenuti, lasciando ad altri la possibilità di tempestare i cittadini con «scelte di campo» e con «veterocomunismo». Questo Governo, a nostro avviso, oltre al programma da svolgere, deve avere un obiettivo strategico, che è assolutamente un'esigenza prioritaria: dare agli italiani un'idea moderna e riformatrice del centrosinistra. A lei, Presidente, interpretare al meglio un cambiamento come questo, che è assolutamente indispensabile (Applausi dei deputati del gruppo misto-federalisti liberaldemocratici repubblicani).
Nonostante tali risultati, però, la sconfitta c'è stata e non possiamo derubricarla o considerarla un semplice incidente di percorso; le ragioni della stessa vanno
Signor Presidente, è possibile in questo paese affermare che tale problema esiste, senza essere qualificati con tutti gli aggettivi più dispregiativi esistenti nel vocabolario della lingua italiana? È concepibile, invece, che chi si trova in questa condizione risponda a chiunque osi sollevare obiezioni con un armamentario dialettico da guerra fredda, senza mai rispondere sul merito e attribuendo ad un complotto la natura dei suoi problemi giudiziari, magari giurando sui propri figli?
Me lo chiedo anche perché ritengo che sul punto, in questi anni, vi sia stata da parte della maggioranza una sorta di convenzione del silenzio, motivata dal fatto che occorreva mantenere buoni rapporti per varare le riforme istituzionali e, magari, per meglio governare il paese; tuttavia, gran parte di coloro che guardano a noi con speranza e fiducia pensano che il problema del conflitto di interessi debba essere affrontato con più coraggio e determinazione. Il garantismo, inoltre, non può essere strumentale o «peloso»; per questo ci dobbiamo occupare concretamente del fatto che tutti i cittadini siano ugualmente garantiti di fronte alla legge, evitando che siano solo i ricchi e potenti a sfruttare la propria posizione e influenza per ottenere un trattamento particolarmente benevolo, magari agitando il vittimismo.
Proprio per le suddette ragioni, noi eredi della tradizione politica e culturale dei comunisti italiani abbiamo fatto una scelta impegnativa legata alla nostra identità: in sostanza, abbiamo deciso di stare con le nostre idee in un contesto di forze che si oppongono a questo tipo di destra, ma che devono dare una risposta attraverso l'elaborazione di un progetto di cambiamento moderno e solidale. Ci stiamo per difendere gli interessi dei più deboli e per combattere ogni esclusione; in questo senso rivendichiamo il ruolo della sinistra della coalizione.
La storia ci dice che quando le forze della sinistra, del movimento operaio pongono obiettivi, magari anche giusti, dei quali però lo stato delle cose non consente la realizzazione, gli effetti sono inevitabilmente l'arretramento e la sconfitta. Proprio per questo invitiamo i compagni di Rifondazione comunista a riconsiderare la loro posizione e ad unirsi a noi, perché saremo più forti in questa sfida; una sfida che va tentata, perché non si può inseguire il «tanto peggio, tanto meglio».
In quest'ultimo decennio l'Italia ha attraversato una fase di grandi crisi e di enorme turbolenza: vi sono state due interruzioni anticipate della legislatura e non c'è stato anno in cui non si siano svolte elezioni politicamente significative.
Portare a termine questa legislatura è importante per il paese, perché, se è vero che le recenti elezioni regionali sono state da più parti caricate di significati politici, è anche vero che ormai questo è tipico
Questo Governo, infatti, non rappresenta, come è stato definito sprezzantemente, il commissariamento della democrazia, bensì è la risposta costituzionalmente legittima e coerente alla volontà degli elettori, che a suo tempo è stata espressa con il voto nelle elezioni politiche, ma ciò a condizione di trovare un diverso modo di presentarsi e di rappresentarsi al paese e di comunicare. La litigiosità e le divisioni non hanno pagato e non pagheranno; hanno prodotto guasti notevoli sul piano dell'immagine e, quindi, del rapporto con la società.
Si dice che le elezioni si giochino e si vincano al centro: senza nulla togliere, ci permettiamo di affermare che le prossime elezioni si vinceranno anche a sinistra, convincendo cioè dell'importanza del voto quei tanti che ora si sono astenuti.
Signor Presidente, il poco tempo che ci resta a disposizione dovrà essere utilizzato per unire ed allargare lo schieramento di maggioranza, per adottare provvedimenti volti a consolidare ed ampliare il risultato della crescita economica, per aumentare l'occupazione, per combattere l'esclusione e l'emarginazione. Per quanto riguarda la sicurezza, ricordo che ogni anno muoiono quasi seimila persone sulle strade ed oltre mille nei posti di lavoro: anche questa è sicurezza.
Dobbiamo prestare la dovuta attenzione ai cosiddetti redditi medio-bassi, che hanno fin qui sopportato un peso molto gravoso, contribuendo in gran parte al risanamento della situazione economica del paese, e che si attendono un concreto alleggerimento delle aliquote fiscali. Aiutiamo, dunque, i lavoratori con un reddito vicino ai due milioni al mese e tutti coloro che si trovano nei pressi o dentro la soglia della povertà e prestiamo attenzione alle esigenze di quanti percepiscono solo pensioni minime.
Appoggeremo il suo Governo per consentire alla coalizione di completare le riforme iniziate e di fornire risposte alle questioni ancora aperte, ma le precisiamo che la nostra attenzione critica sarà rivolta costantemente alla qualità dell'azione dell'esecutivo del quale facciamo parte, della quale ci riserviamo di valutare i momenti decisivi, mentre lavoreremo con il massimo impegno, insieme alle altre forze politiche disponibili, per determinare una svolta politica finalizzata a creare una nuova tensione ideale nel paese (Applausi dei deputati del gruppo Comunista).
Capisco che ella abbia voluto elencare le opere e le intenzioni del «regime» di centrosinistra che ha appena ereditato dall'onorevole D'Alema, ma forse chi le vuole male potrebbe pensare che, così facendo, ella si sia candidato per la leadership della sua attuale coalizione nella campagna elettorale del 2001 e in tale veste starebbe già predisponendo un programma per quella scadenza, con buona pace dei tanti «cespugli» partitici che oggi le promettono la fiducia solo per il terrore delle elezioni anticipate - il collega lo ha appena detto -, peraltro richieste dal Polo e dalla Lega nel vero interesse della ripresa economica del nostro paese.
Non so quanto tutti questi «cespugli» possano gradire tale sua aspirazione per il 2001, sebbene in politica nulla sembri
Ella, signor Presidente, spera dunque di raccogliere l'eredità di D'Alema chiedendo alle Camere una fiducia che allo stato sembra assai risicata, visto che lei stesso ha dovuto registrare i mal di pancia che hanno colpito i verdi per la perdita del Ministero dell'ambiente e la posizione critica del solitario onorevole Giorgio La Malfa, insoddisfatto per non aver ottenuto alcuna posizione di Governo oltre che giustamente preoccupato per la politica economica che ella si accinge a continuare sulla scia dei Governi precedenti. Il suo perciò sarà un Governo debole e velleitario: debole, per la disomogeneità e la rissosità interna della sua presunta maggioranza, e velleitario perché, con il suo programma, vorrebbe tentare di superare una contraddizione in termini avendo dichiarato di voler costituire un esecutivo che dovrebbe essere contemporaneamente più di centro e più di sinistra. Già conciliare Dini o Zecchino con Cossutta e Nerio Nesi mi sembra assai arduo, ma saranno le condizioni di fatto del quadro economico e sociale interno ed internazionale a dimostrarle ben presto che questa sua aspirazione è del tutto fuori della realtà. Infatti, ad una politica di centro a favore dell'economia di mercato, delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, si opporranno i comunisti di Cossutta e soprattutto la CGIL di Cofferati, vero azionista di riferimento del suo Governo; ad una politica di sinistra lassista e permissiva, invece, si opporranno l'attuale situazione del paese e le condizioni dell'economia europea nel quadro della globalizzazione.
È invero un dato di fatto quanto ha deciso proprio ieri la Banca centrale europea, aumentando il tasso di sconto dello 0,25 per cento, in modo da attestarlo sul 3,75 per cento, mentre quello della Federal reserve degli Stati Uniti è già oggi al 5,50 per cento, quasi due punti percentuali in più di quello europeo, non ultima ragione della fuga di capitali italiani ed europei verso il dollaro con conseguente debolezza di cambio dell'euro rispetto alla moneta statunitense. Ma ancora ieri sono stati resi noti alcuni dati sull'economia americana che spingeranno quanto prima la Federal reserve, come già è stato fatto chiaramente capire, ad aumentare ulteriormente i tassi americani, favorendo quindi una nuova crescita di quelli europei. La crescita del PIL USA nel primo trimestre di quest'anno è stata inferiore rispetto a quella del trimestre precedente: sembra si stia determinando un non trascurabile rallentamento della crescita americana, verso cui si dirigono le nostre esportazioni stimolate dall'alto valore del dollaro. Contemporaneamente il deflattore del PIL, sempre nel primo trimestre 2000, è stato pari al 2,7 per cento rispetto al 2,2 per cento atteso: come dire che ad un rallentamento della crescita del prodotto interno lordo statunitense si accompagnano maggiori pressioni inflazionistiche, alle quali si aggiunge una crescita del costo del lavoro superiore alle attese. Quindi, un nuovo ritocco in alto dei tassi da parte della Federal reserve è quasi nell'ordine delle certezze.
In questa situazione, per l'Italia, che ha il più alto debito pubblico nell'Europa dei quindici, il dividendo dell'euro - lucrato nel 1998 e 1999 per il calo dei tassi - è destinato a ridursi drasticamente, se non ad annullarsi del tutto. Ella, signor Presidente, come ministro del tesoro di D'Alema, già prevedeva oltre un mese fa - ricordo un'audizione al Senato - un aumento di duemila miliardi nell'anno in corso per il costo del servizio interessi del debito pubblico: è probabile che dovrà
Non potrà, perché il pubblico impiego, con un contratto attestato su una inflazione programmata dell'1,2 per cento, chiederà certamente adeguamenti retributivi a fronte di una inflazione attestata per ora sul 2,5 e non prevista in calo, stante l'alto costo del greggio, trainato dall'euro debole e non contrastato certo dall'«aspirina» dello sconto fiscale di 50 lire sui carburanti appena prorogato (Alleanza nazionale aveva chiesto che lo sconto fosse tra le 100 e le 150 lire).
Non potrà e non vorrà, perché ella non ha accennato affatto alla riforma previdenziale con specifico riferimento alla verifica del 2001, con le centrali sindacali che le impediscono e le impediranno anche di rilanciare la previdenza privata integrativa attraverso i più competitivi fondi aperti, visto che il favor legis (questo è stato detto da un sottosegretario del precedente Governo D'Alema) è tutto per i meno competitivi fondi chiusi, controllati e burocratizzati dalla triplice sindacale.
Non potrà e non vorrà ridurre la spesa corrente, perché il federalismo amministrativo alla Bassanini e quello fiscale alla Visco le impediranno di trovare risorse sia per collocare altrove i circa 250 mila (così si dice) esuberi che scaturiranno in breve tempo dai ministeri romani ridimensionati, sia per far fronte alla crescita della spesa sanitaria che l'invecchiamento della popolazione - come lei stesso ha ricordato - condanna fatalmente ad essere costantemente superiore alla crescita del prodotto interno lordo, nonostante che i più consistenti disavanzi nel settore della sanità si siano registrati nel 1998-99 soprattutto nelle regioni «rosse» rispetto a quelle governate dal Polo (specie dopo la riforma Borsani in Lombardia, osteggiata stupidamente dall'ex ministro Bindi).
Perciò, ella - se vorrà ridurre significativamente la pressione fiscale, come dice di voler fare, per aiutare la competitività delle imprese e rilanciare l'occupazione attraverso la crescita degli investimenti produttivi - dovrà affidarsi alla manovra degli incassi tributari, peraltro condizionata proprio dalle predette difficoltà a ridurre la spesa pubblica corrente per ricavarne il conseguente spazio finanziario. A meno che ella, Presidente Amato, non voglia usare i ricavi della vendita delle licenze UMTS per finanziare spese correnti anziché in conto capitale: non meno di 25 mila miliardi; per quanto mi riguarda, non avrei detto tale cifra, perché nulla può essere detto alla vigilia di una gara: la sua, signor Presidente del Consiglio, è stata una mancanza di cautela.
Ella, a proposito degli incassi tributari, da ridurre eventualmente dopo l'autotassazione di giugno, ha magnificato i risultati di crescita conseguiti dal ministro Visco. Fossi in lei, che non è certo un tecnico di finanza pubblica ex professo, non insisterei su questa esaltazione, perché, se gli incassi tributari statali sono cresciuti in un periodo di basso aumento del prodotto interno lordo, non è certo un fatto positivo per l'economia, né per il reddito disponibile degli italiani o la competitività internazionale delle loro imprese: infatti, vi sono meno soldi in circolazione.
È iscritto a parlare l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
Il Presidente Amato - e ciò viene da noi totalmente condiviso - ha positivamente ricordato al riguardo l'impegno riformatore dei Governi Prodi e D'Alema e dei ministri Flick e Diliberto ed ha nel contempo affermato, pur nella necessaria sinteticità delle illustrate linee programmatiche, la volontà del suo Governo di proseguire il processo di riforma della giustizia italiana ampiamente illustrato nel programma elettorale dell'Ulivo e fatto proprio dalle maggioranze parlamentari che hanno sostenuto i Governi della XIII legislatura. Noi questa volontà di governo sosterremo con tutte le nostre forze, con tutte le nostre capacità, con tutte le nostre energie politiche ed intellettuali, mettendo in campo - e non ci sembra, di questi tempi, dato politico di poco conto - una certissima coesione della maggioranza nello svolgimento dell'azione parlamentare. Con una speranza, che il paese e l'opinione pubblica percepiscano il valore profondo del processo riformatore in atto, il suo altissimo valore culturale, la novità, il carattere per più versi rivoluzionario delle linee di politica del diritto che abbiamo pensato, ideato, concepito e che in parte abbiamo realizzato ed in parte abbiamo in corso di approvazione (l'80 per cento del nostro programma elettorale è stato trasformato in leggi della Repubblica).
Come ogni grande e vero processo di riforma, per le caratteristiche strutturali dei cambiamenti introdotti, per la natura profondamente innovativa degli interventi assunti, per la grande modernità delle
I Governi del centrosinistra non hanno conseguito soltanto straordinari risultati di risanamento economico e finanziario, non hanno soltanto accresciuto il ruolo ed il prestigio internazionali del nostro paese, non hanno soltanto riformato la sanità pubblica ed il sistema scolastico nazionale, ma hanno anche reso più moderna ed efficiente la nostra macchina fiscale, hanno rivoluzionato il quadro normativo a disciplina della nostra organizzazione amministrativa, stanno radicalmente trasformando i nostri modelli giustiziali in materia civile, penale ed amministrativa, intervenendo su una situazione preesistente di autentico collasso del sistema. Milioni di cause civili, milioni di processi penali, un numero enorme di controversie amministrative continuano a rendere le nostre aule di giustizia, laddove esistono, non luogo di democratica risoluzione di conflitti, bensì stanze di tortura e di sofferenza civile, siti dove la giustizia invocata viene sostanzialmente negata, luoghi istituzionali dove lo Stato, il nostro Stato, mostra il suo volto peggiore.
È proprio il peso di quell'immane arretrato che rende poco visibile ed estremamente difficile la realizzazione delle riforme. Eppure nessuno può negare che è accaduto un fatto straordinario nel nostro paese, un fatto che mai si era registrato nella storia giudiziaria dello Stato unitario. Dal 1996 le cause civili in Italia diminuiscono ogni anno di una quota che varia dal 5 al 7 per cento e tale calo sarà ancora più importante nel corso di quest'anno: e non è affatto vero che tutto ciò sia conseguenza di una diminuita litigiosità, come qualcuno, in malafede, va affermando; tutto ciò è frutto delle riforme. In materia civile, come ella sa, signor Presidente, in questi anni abbiamo posto mano ad un modello siffatto: giudice unico di primo grado ed eliminazione della figura pretorile, con la soppressione del 50 per cento delle sedi mandamentali. Mai nessuno era riuscito a realizzare una riorganizzazione territoriale degli uffici giudiziari ed una loro razionalizzazione di tali dimensioni. Accanto al giudice unico di primo grado opera il giudice di pace, il cui ruolo abbiamo rafforzato, la cui figura abbiamo reso più professionale, i cui compensi abbiamo significativamente arricchito. Oggi il sistema giudiziario civile esaurisce un numero di affari superiore a quelli annualmente promossi.
All'intervento strutturale abbiamo poi affiancato quello congiunturale: l'istituzione delle sezioni stralcio, pur tra mille difficoltà, pur con qualche ritardo e più di una incompiutezza, costituisce uno strumento importante per eliminare il cronico arretrato delle controversie civili. Con l'ultima legge finanziaria, poi, abbiamo introdotto una straordinaria semplificazione degli oneri del processo civile, prevedendo un'unica tassa di ingresso, di importo limitato e proporzionato al valore - tanto che lo Stato ci ha rimesso 300 miliardi di lire -, sostitutiva di carte bollate, diritti di cancelleria, con in aggiunta, la defiscalizzazione dei verbali di conciliazione al di sotto di un certo valore.
A queste cose già fatte intendiamo aggiungere l'istituzione delle camere di conciliazione, in relazione alle quali chiediamo l'impegno programmatico del Governo e del Presidente Amato. Il nostro gruppo, su tale questione, ha presentato una proposta di legge assai importante e frutto di un lavoro comune svolto con settori importanti dell'avvocatura italiana.
Presidente Amato, le chiediamo altresì un impegno programmatico per completare l'iter di approvazione delle riforme del processo di esecuzione mobiliare ed immobiliare. Si tratta di riforme per le quali, in parte, si è già completata la fase dell'esame in Commissione e per le quali sarebbe possibile l'approvazione in sede legislativa.
Anche in materia penale il modello che stiamo realizzando è profondamente innovativo. Il principio del diritto penale minimo ha trovato una sua prima affermazione politica con la legge di depenalizzazione, la più ampia mai approvata nel nostro paese, alla quale, peraltro, ne dovrebbe seguire un'altra per modificare un sistema penalistico ancora eccessivamente ricco di ipotesi delittuose rispetto alle esigenze di efficiente e razionale tutela di una moderna democrazia, giacché l'efficienza e la razionalità della tutela degli interessi pubblici e privati verrebbero conseguite assai meglio, il più delle volte con lo strumento della sanzione amministrativa.
Ma non solo è stata approvata la legge di depenalizzazione: l'ordinamento penale oggi è infatti assai diverso. Abbiamo previsto un circuito penale minore affidato alla cognizione del giudice di pace ed un circuito penale maggiore il quale, ridotto dall'intervento di depenalizzazione e dalla competenza penale del giudice onorario, vedrà limitata la sua dimensione quantitativa e, quindi, il lavoro del magistrato togato di oltre un terzo.
Nell'ambito della giustizia penale, rimane il nodo del processo sul quale siamo altresì intervenuti con la nota legge Carotti, rafforzando i riti alternativi ed il ruolo di filtro dell'udienza preliminare. Occorre peraltro adeguare le norme processuali al novellato articolo 111 della Costituzione e questo sarà un altro momento importante di collaborazione tra Governo e Parlamento, collaborazione che, superato il momento della fiducia, dovrà immediatamente realizzarsi, portando a compimento il processo legislativo sviluppatosi presso Camera e Senato nei mesi passati.
Analogamente, signor Presidente del Consiglio, chiediamo il suo impegno programmatico e l'impegno programmatico del suo Governo per la definitiva approvazione della riforma della giustizia amministrativa. Siamo convinti - ma siamo certi che questa convinzione è anche degli uomini del suo Governo - che il tasso di democrazia di un paese debba misurarsi anche dal livello di tutela che il cittadino ha nei confronti dell'azione della pubblica amministrazione e dei pubblici poteri. Tale livello, nel nostro paese, è sempre stato insufficiente, nonostante gli indubbi progressi registratisi negli ultimi anni. La riforma approvata dal Senato ed oggi all'esame di questa Camera segna un significativo passo in avanti. Deve essere un impegno ineludibile e forte di noi tutti fornire i cittadini italiani di un numero maggiore di giudici amministrativi, di un processo amministrativo più rapido, più snello e con maggiori poteri istruttori in favore dei ricorrenti, nonché con accresciuta possibilità di tutela in favore degli utenti della giustizia. La legge di riforma contiene tutto questo, va approvata nel più breve tempo possibile e siamo certi che in questo senso il Governo farà la sua parte.
Ella, signor Presidente del Consiglio, ha opportunamente ricordato il lasso di tempo nell'ambito del quale si svilupperà l'azione del suo Governo. Da parte nostra,
L'ultima finanziaria ha previsto risorse economiche per l'aumento di mille unità dell'organico della magistratura italiana: chiediamo al Governo di impegnarsi per definire i testi normativi che traducano in legge questa volontà politica e per assicurare, nei tempi più brevi possibili, l'assunzione dei nuovi magistrati.
Il nostro gruppo parlamentare dichiara la propria disponibilità ad approvare e sostenere procedure di selezione del personale togato, di natura e carattere straordinari. Ci dichiariamo fin d'ora disponibili ad approvare procedure concorsuali straordinarie da realizzarsi una tantum e riservate all'avvocatura, unitamente all'ordinaria procedura concorsuale.
Pensiamo che non vi sia altro modo per eliminare i vuoti di organico dei magistrati giacché le ordinarie procedure concorsuali non consentono nell'anno la selezione di oltre trecento candidati. Il raggiungimento del pieno organico, peraltro aumentato di mille unità, appare come intervento strutturale di fondamentale importanza, perché mille giudici in più costituirebbero risorse intellettuali indispensabili per l'affermazione del processo di riforma e per l'efficienza del sistema. Comunque, in presenza di una situazione di assoluta emergenza, quale è quella giudiziaria italiana, si richiedono da parte di un Governo capace ed autorevole, quale noi vogliamo sia il Governo Amato, interventi adeguati anche, come detto, di natura straordinaria.
Assunzione quindi di una responsabilità diretta su questo fronte ed assunzione di una responsabilità diretta per il completamento del quadro complessivo della riforma giustiziale, nonché una nuova legge sul gratuito patrocinio. La difesa in giudizio del cittadino è oggi resa difficile dal suo onere economico ed è questa la ragione intollerabile per la quale l'accesso alla giustizia, lungi dall'essere favorito, come dovrebbe essere in una società progredita e democratica, trova viceversa un odioso ostacolo. Chiediamo a questo Governo, chiediamo al nostro Governo, di rimuovere un ostacolo siffatto. Anche su tale materia non si parte da zero; in Parlamento giacciono numerose proposte di legge, tra le quali segnalo quella presentata dai Democratici di sinistra (la prima firma è quella dell'onorevole Veltroni, cui seguono quelle di tutti i deputati del gruppo dei Democratici di sinistra).
Il principio politico che noi poniamo a fondamento della riforma è che occorre superare il requisito di non abbienza per l'accesso alla normativa di favore, e sostituirlo con quello di onere del processo in considerazione del reddito familiare dell'utente. Occorrono - ne abbiamo consapevolezza - risorse cospicue, il cui reperimento peraltro non ci appare impossibile tenuto conto dell'altissimo valore politico e democratico dell'intervento riformatore che si andrebbe a realizzare, capace, da solo, di caratterizzare un'intera politica per la giustizia, un intero ciclo riformatore, un'intera esperienza di Governo nel nostro settore.
In sintesi, signor Presidente del Consiglio, questo è ciò che chiedono i Democratici di sinistra come impegno di programma al ministro Fassino e a lei: completamento delle riforme in via di approvazione, assunzione di mille nuovi
Vi è un concetto, espresso dal Presidente Amato e che questi ha ampiamente chiarito nel suo intervento di ieri, sul quale noi ci sentiamo perfettamente d'accordo: non si governa proponendo e sfornando testi di legge, ma si governa anche con l'azione, con l'organizzazione e con l'amministrazione. Questo principio sacrosanto ci appare fondamentale nel governo della giustizia così come nel governo della sicurezza. Chiediamo allora - certo - un impegno normativo; un impegno normativo che sul tema della sicurezza significa approvazione del relativo pacchetto già all'esame dell'aula, ma al nostro Governo chiediamo ancora di più, chiediamo di esercitare i suoi poteri istituzionali sull'organizzazione, sull'amministrazione, sulla funzionalità del sistema, sull'efficienza e sull'operatività degli uffici dei tribunali e del ministero.
Occorre approvare regolamenti, decreti legislativi; occorre intervenire sulle strutture, sul personale; occorre tradurre in apparato e in risultati concreti l'enorme sforzo di ideazione, di concezione, di soluzione normativa sin qui prodotto.
Il ministro della giustizia da lei proposto è persona in grado di perseguire e di raggiungere questi risultati e la fiducia che riponiamo in lei e nei suoi ministri si tradurrà oggi in formale adesione istituzionale. Sentiamo con lei e con gli uomini e le donne del suo Governo una forte comunanza di impegno politico: servire il nostro popolo, migliorare le condizioni di vita dei nostri concittadini, segnare progressi decisivi per il nostro paese. Per tutto questo abbiamo sin qui lavorato e per tutto questo, da oggi, continueremo, con lei, a lavorare (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo).
Signor Presidente del Consiglio - in questo momento, mi rivolgo al suo fantasma! - sono convinto quanto lei che l'equazione immigrato uguale criminale sia errata ed ingiusta. Ma il problema non è questo, non è ideologico. Quello che lei ha detto sul punto è tanto ovvio quanto irritante; non è possibile che il passaggio del discorso programmatico di un nuovo Governo su un tema cruciale come quello dell'immigrazione, debba risolversi soltanto in questo.
Il problema è operativo, interpella direttamente il Governo - il suo Governo - e il Parlamento ed è il seguente: posto che suo zio non è andato negli Stati Uniti a bordo di un gommone guidato da uno scafista, come fare perché l'immigrazione sia sempre meno clandestina, non diventi uno dei terreni privilegiati di reclutamento criminale e percorra la strada dell'integrazione piuttosto che quella dell'emarginazione? Che cosa prevedete in concreto per rendere possibile l'inserimento degli immigrati nelle realtà produttive, che di questi hanno bisogno soprattutto nel nord est, sotto il profilo dell'avviamento e della formazione al lavoro? Prima ancora: come pensate di disciplinare a monte i flussi migratori se gli Stati dai quali ci divide qualche decina di miglia marine, in primis l'Albania, non offrono alcuna collaborazione, anzi le loro strutture sono spesso complici dei trafficanti di uomini? Perché non condizionate, una buona volta, gli aiuti al rispetto di un minimo di legalità? Da anni esportiamo viveri e denaro ricevendo in cambio illegalità!
E non si glori delle 70 mila espulsioni disposte nel 1999, perché i dati che
Dal suo discorso avrei gradito una risposta a questi interrogativi, quindi dedicherò i pochi minuti del mio intervento a rivolgerle qualche domanda sull'immigrazione e, più in generale, sulla sicurezza, consapevole che sarei un illuso se attendessi delle risposte.
Lei ha detto che la sicurezza non si affronta soltanto sul terreno della legislazione: è vero, allora non mi soffermerò sul pacchetto sicurezza perché dovrei rimanere in silenzio visto che non contiene nulla. Parlerò invece degli interventi di stretta pertinenza del Governo, possibili a legislazione invariata.
Lei ha annunciato più unità di polizia sul territorio e la destinazione delle forze dell'ordine a compiti operativi e non di ufficio: è musica per le nostre orecchie! Però ha dimenticato di integrare l'annuncio con la parte relativa alle necessarie assunzioni di personale civile per svolgere le mansioni che le unità di polizia cesserebbero di compiere. Non ci sono soltanto le pratiche per i passaporti, esistono i rilasci per il porto d'armi o gli aspetti amministrativi del fenomeno immigrazione, pensiamo alla regolarizzazione in corso. Il precedente Governo aveva emanato una circolare provvisoria di sanatoria perché ci sono ancora 80 mila domande da esaminare: anche su questi aspetti si immagina un trapasso immediato di competenze ai comuni.
Di esclusiva pertinenza del Governo è l'impegno di spesa; l'esecutivo che lei guida dovrebbe convincersi che bisogna mettere mano al portafoglio non soltanto per uniformare il trattamento economico delle forze dell'ordine italiane con quello delle forze di polizia di altre nazioni europee, ma anche per dotarle di tutto ciò che è necessario. La FIAT Punto con quattro finanzieri a bordo mandata a fronteggiare un blindato con i rostri nelle vicinanze di Brindisi è emblematica della condizione operativa delle forze dell'ordine. E non dovrebbero essere necessari i morti per capire quanto sia forte la sproporzione!
Un maggiore impegno di spesa è ineludibile per la giustizia. Sul punto mi rivolgo in modo specifico a lei, signor Presidente del Consiglio, per due ragioni. La prima è che credo che il nuovo ministro della giustizia non sia in grado di rispondere, immerso com'è nella lettura di qualche Bignami di diritto sostanziale e di diritto procedurale. D'altra parte è significativo che sia stato finora uno dei pochi, se non l'unico ministro, a non aver ancora rilasciato interviste. Che deve dire? Da dove deve iniziare? Qui di scandaloso non c'è tanto la nomina a ministro, perché lei ha dovuto sottostare al bilancino dei ventitré partiti della sua coalizione, ed è comprensibile da un certo punto di vista, quanto che l'onorevole Fassino, persona che ha dimostrato competenza e dedizione in altri settori, accetti senza battere ciglio, nella situazione terribile in cui versa la giustizia italiana, un dicastero del quale fino a martedì mattina non conosceva neanche l'ubicazione. Questa è la prima ragione per la quale mi rivolgo direttamente a lei.
La seconda ragione è che lei, come ministro del tesoro, per mesi ha procrastinato l'immissione in servizio di migliaia di vincitori di concorso nei ruoli amministrativi della giustizia perché al Consiglio dei Ministri non dava l'autorizzazione alla spesa. Con questi precedenti specifici, reiterati, continuati, quali garanzie dà - per usare le sue parole - che farà funzionare al meglio la macchina organizzativa della giustizia?
Lei lo sa che le carceri italiane scoppiano per il numero dei reclusi, pur
Il suo Governo continuerà nella politica folle dei predecessori di non fare investimenti per l'edilizia penitenziaria o studierà il modo per allentare la pressione mettendo fuori un po' di criminali, così sarà certa la garanzia per la sicurezza di tutti?
Signor primo ministro, nella sua replica dica qualcosa sull'organico della magistratura! Lei saprà che da tre anni, grazie ai Governi della sinistra, non si conclude più un concorso che sia uno a seguito di una sconsiderata riforma delle prove d'esame. C'è un vuoto di organico di 900 unità. Pensate di proseguire con la politica degli annunci alla Diliberto o intendete riformare le modalità del concorso?
Concludo, sulla sicurezza e sulla giustizia il suo Governo è fonte esclusiva di preoccupazione. Lei non può in un discorso programmatico limitarsi ad enunciazioni così astratte, ma se le sue enunciazioni, pur tanto generiche, avessero fondamento di serietà, lei avrebbe già annunciato i necessari incrementi di spesa, invece, non vi è nulla in questa direzione.
Sono convinto che non vi sarà nulla non tanto e non solo per ragioni di bilancio, ma per motivi più profondi di carattere strutturale. Dopo il crollo delle ideologie alla sinistra è rimasto soltanto il sessantotto e qualche brandello di Rousseau. Bene, sono proprio questi retaggi che oggi vi bloccano e non a caso questo è l'autentico freno a mano sul fronte dell'ordine pubblico.
Per voi l'uomo che commette un reato in fondo continua ad essere sempre ed invariabilmente una vittima della società. La sinistra ha fatto approvare definitivamente al Senato l'abolizione dell'ergastolo per chi chiede di essere giudicato con rito abbreviato in base alla legge Carotti; intende far passare l'indulto per i terroristi; vuole legalizzare lo spaccio di droga. Se a questo si aggiunge la maxisanatoria dei clandestini, l'affievolimento dell'articolo 41-bis deciso due anni fa e, da ultimo, la normativa sui congedi parentali per detenute e detenuti con figli ai di sotto dei dieci anni in via di approvazione alla Camera, credo che la vostra presenza al Governo rappresenti un'ottima garanzia, ma per i delinquenti non per gli onesti. Non a caso l'ex ministro della giustizia Diliberto ha detto congedandosi dal suo dicastero che ha un solo rimpianto, quello di non avere concesso o concorso a concedere la grazia a Sofri.
Anche per questo invitiamo lei e il suo Governo, sempre che la vostra vita di esecutivo duri più di qualche ora, ad un atteggiamento non inutilmente blindato sulla sicurezza e sulla giustizia non solo perché sulla sicurezza ci sentiamo tutti responsabili, ma anche perché la blindatura non ha senso quando circonda il vuoto.
Nel momento in cui riproponete, come risposta all'aggressione criminale, il cosiddetto - lei lo ha definito «cosiddetto» - pacchetto sicurezza, continuate a proteggere una scatola senza contenuti, montate di guardia ad un bidone di benzina che è vuoto.
Signor Presidente, abbia l'onestà di guardare dentro quel bidone e, proprio perché è un bidone, non ceda alla tentazione di «rifilarlo» agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale - Congratulazioni)!
La crisi - parlo allo studioso del diritto pubblico - era partita nel modo più corretto per merito del Presidente D'Alema, che non aveva esitato a trarre le conseguenze politiche dal voto amministrativo del 16 aprile, e per merito del
Una così limpida e condivisa procedura ci aveva dato la sensazione che la sconfitta avesse fatto maturare una coscienza nuova della politica e invece non era così. Fatto salvo il senso di responsabilità talora prevalente nei partiti maggiori della coalizione, altri raggruppamenti hanno invece voluto confermare la nota legge per cui i partiti più sono moribondi più vogliono prevaricare.
L'auspicio del Capo dello Stato per un Governo di pochi ministri è stato snobbato e snobbata, signor Presidente, è stata tutta la sua dottrina sul Capo del Governo e sui suoi poteri e responsabilità. Io avevo creduto che i partiti della coalizione si sarebbero presentati al paese ed a lei con le vesti del penitente e invece hanno creduto di autoassolversi trovando un unico capro espiatorio, il Presidente D'Alema, dimenticandone tuttavia la vera responsabilità storica, cioè di aver affondato, con l'aiuto di Cossiga e di Marini, il Governo Prodi e fatto così saltare il patto tra l'Ulivo e la borghesia produttiva del nord, cioè il consenso di quella borghesia al centrosinistra purché guidato da garanti, i Prodi, i Ciampi, i Dini e quant'altri.
I partiti che l'hanno tormentata con la loro visibilità hanno finto di non rendersi conto che la sconfitta elettorale sta - come ha detto il nostro Cacciari - nel cedimento strutturale del rapporto tra le forze di centrosinistra e le dinamiche in atto nel paese già da più di una generazione e che per noi - come lei ha detto ieri altrettanto bene - il problema del consenso sta ora nel perseguire due strade apparentemente divaricanti, più centro e più sinistra, e cioè interpretare quelle dinamiche sia per i ceti moderati che stanno al centro, dove l'elettorato ha colto tutto il nostro ritardo liberale, sia a sinistra, dove l'elettorato è amareggiato da inciuci e cedimenti che non hanno avuto la contropartita di un nuovo labour. Per questo avevo pensato di reagire alla partitocrazia astenendomi nell'imminente voto di fiducia, un'astensione che non sarebbe stata critica verso di lei (niente a che vedere dunque con Di Pietro, anche se la questione morale per noi non è chiusa, se lo mettano bene in mente i socialisti e quant'altri), ma sarebbe stato un voto di condanna per la partitocrazia che aveva taglieggiato il suo Governo.
Il suo discorso di ieri, Presidente, mi ha ridato fiducia, perché ha dimostrato come le due strade del centro e della sinistra siano percorribili insieme, per togliere il freno a mano alla macchina dell'economia e dare così una risposta definitiva all'ormai unica questione settentrionale e meridionale, per dare al Governo la stabilità di legislatura ed alla politica un primato che non significhi ancora sopraffazione, ma capacità di dettare le regole della libertà e consentire a milioni di aziende di non farsi vassalle né dell'ente di Stato, né del monopolista privato, infine per ridurre il numero dei partiti riformando legge elettorale, finanziamento pubblico e regolamenti parlamentari, che sono le tre cause della metastasi partitica.
Le do quindi il mio voto di deputato liberale, anch'io portatore di un trauma, come capita a chi è entrato nel partito liberale con Croce, Einaudi e Malagodi e ne è uscito con Altissimo e De Lorenzo, anch'io vittima della frode italiana che da 150 anni spaccia il conservatorismo per liberalismo, laddove da Cavour a Giolitti e a Malagodi il liberalismo ha realizzato le sue opere sempre e soltanto percorrendo insieme le due strade, il centro e la sinistra democratica, il centrosinistra riformatore; deputato liberale che tuttavia contesta a questo centrosinistra di ignorare il liberalismo come cultura riformista, cultura del merito e delle regole e di regalarlo e relegarlo nella destra, la destra italiana, cioè il far west.
Noi sceglieremo per il 2001, signor Presidente del Consiglio, il leader premier del centrosinistra e lo sceglieremo non cattolico o laico, non liberale e socialista,
Inventarsi un Governo per evitare di andare immediatamente alle elezioni, che rappresenterebbero una sconfitta certa per il centrosinistra, non è fare l'interesse del paese. Quando le è stato dato l'incarico dal Presidente della Repubblica, con grande enfasi tutti i mezzi di informazione hanno pubblicizzato la sua intenzione di fare un Governo snello e tecnico: in tutto, lei ha presentato un ministro in meno e, per quanto riguarda i tecnici, ce ne sono solo due.
Leggendo i nomi delle persone da lei scelte si nota la riconferma di quella che è stata, secondo il mio giudizio politico, il peggiore ministro che mai sia stato espresso, l'onorevole Livia Turco; probabilmente non le è bastata la sonora sconfitta elettorale appena subita alle elezioni regionali del Piemonte e ci riprova, magari sarà più fortunata.
L'onorevole Turco è colei che, insieme a tal Napolitano, ha inventato la famigerata legge Turco-Napolitano, che ha permesso a centinaia di migliaia di extracomunitari di invadere il nostro paese, provocando enormi disagi per i cittadini e un'ondata di violenze senza simili. La ricordo ancora quando si aggirava per i vari paesi del Piemonte, durante la campagna elettorale, a dire che gli extracomunitari devono essere regolarizzati e che rappresentano una risorsa per l'Italia: forse non si è mai resa conto, nonostante fosse ministro, che nel nostro paese i disoccupati rappresentano il 12 per cento della popolazione e che, nella fascia dei giovani, rappresentano addirittura il 30 per cento. La nostra gente l'ha bocciata pochi giorni fa; lei, Presidente, l'ha risollevata riproponendola ministro.
Che dire, poi, della sua proposta di rinominare ministro Edo Ronchi - per fortuna ha avuto il coraggio di rifiutare l'incarico -, il quale, in rappresentanza dei Verdi, al dicastero dell'ambiente ha voluto ed accettato il decreto che permette oggi, in Italia, la macellazione rituale, un metodo di uccisione degli animali barbaro ed inaccettabile per un paese civile. Quel decreto ha ricevuto l'assenso della Commissione agricoltura proprio con il voto determinante del verde Pecoraro Scanio, presidente della stessa Commissione e, caso curioso, oggi anche lui proposto ministro.
Un'altra riconferma politicamente sgradita è quella del ministro delle comunicazioni Cardinale, che si è distinto per la palese parzialità delle reti RAI durante il suo intero mandato al dicastero.
Non scendo nemmeno nei particolari per il ministro Visco, riconfermato dopo tutti i danni che ha provocato alla piccola e media impresa nel nostro paese con una politica fiscale dissennata e prepotente; si tratta di un ministro che ha saputo lottizzare non solo le reti RAI, ma addirittura le reti private pagando, con i soldi dei contribuenti, spot pubblicitari per il
L'aver voluto far coincidere le elezioni amministrative con un voto al Governo D'Alema e ai partiti che lo hanno sostenuto doveva, visto il risultato, determinare nuove elezioni politiche. Il Presidente del Consiglio uscente ha avuto la dignità ed il coraggio di dimettersi; la stessa cosa avrebbero dovuto fare, non più accettando incarichi di Governo, tutti coloro che appartenevano alla sua corte. In un momento in cui diventa fondamentale nei confronti del mondo, per l'avanzare della globalizzazione, e nei confronti dell'Europa, per la necessità di omogeneizzazione delle norme fiscali e legislative fra i vari paesi membri, avere un Governo forte, lei chiede la fiducia per un esecutivo debole e ricattato dalle forze politiche che lo sostengono. Credo che ciò sia quanto di peggio si possa dare al nostro popolo e mi auguro che questa sera la fiducia non «passi» e che si dia ai cittadini la possibilità di voltare pagina con libere elezioni.
La direzione di marcia della risposta, a mio giudizio, è senza alcun dubbio quella del completamento della trasformazione del nostro sistema in un sistema dell'alternanza, bipolare, in grado di garantire il confronto tra coalizioni di centrodestra e di centrosinistra per il governo del paese; un confronto in grado di determinare condizioni di stabilità e governi che possano portare avanti progetti di medio e lungo periodo. L'unica condizione è questa per potere governare facendo le riforme e per affrontare i problemi! Per fare questo occorrono riforme elettorali e riforme costituzionali, ma anche una chiara direzione di marcia perché è del tutto evidente che, se in questo momento prevalesse la tentazione di tornare indietro, l'idea che alla fine l'errore sia stato quello di mettersi sul terreno del maggioritario e del bipolarismo e che tutto sommato si possa ricostruire un equilibrio del passato, credo che creerebbe non un varco ma una frattura incolmabile tra società italiana e sistema politico. La risposta è nell'andare avanti in modo coraggioso salvaguardando il pluralismo, ma puntando a riforme in grado di determinare governabilità e stabilità al servizio di grandi progetti per il paese. La governabilità non è fine a se stessa, ma è la condizione perché il paese possa affrontare grandi progetti e grandi riforme: questa deve essere la direzione di marcia; questa è la nostra convinzione; questo è il modo per ristabilire un rapporto con l'opinione pubblica e con le attese di una Italia che cambia!
Abbiamo poco meno di un anno per concludere la legislatura e credo che in questo periodo dobbiamo essere impegnati assieme nel dare dei segnali forti. La questione prioritaria è sicuramente quella del lavoro e i dati di questi giorni ci dicono che siamo sulla strada giusta. Sul
La questione di base è l'accesso al sapere. Moltiplicare la possibilità è una questione di diritto di uguaglianza, intesa in senso moderno in questa società: che i bambini, gli adolescenti, le ragazze e i ragazzi, ma anche chi lavora possano accedere al sapere; abbiamo diritto alla cultura ed è un fattore di libertà. E se in questo paese si farà una battaglia di libertà, noi contrapporremo ad una idea di libertà solo di mercato - che riduce anche la cultura, la scuola e l'innovazione ad una pura logica di mercato e di merce - un'idea più autentica di libertà.
L'altra grande questione è quella della sicurezza.
Enzo Bianco assume nuovamente l'incarico di ministro dell'interno. Nel rinnovargli gli auguri, credo che noi dobbiamo impegnarci a costruire le condizioni di un nuovo patto per la sicurezza che risponda a diffusi sentimenti di insicurezza, che aumenti l'efficacia dei dispositivi di sicurezza nel territorio, ma che sia anche capace di andare più a fondo nei problemi.
Con il federalismo e una nuova politica per le città dobbiamo creare le condizioni per aumentare la vivibilità, la tranquillità e la serenità delle ragazze e delle donne che la sera devono poter uscire tranquillamente, dei giovani e delle famiglie e gli spazi culturali. La politica della sicurezza è repressione del crimine, ma è anche una grande sfida lanciata con una nuova idea di vivibilità urbana.
In questo quadro, avremo anche il compito di alimentare il riconoscimento ed il ringraziamento per il contributo materiale e culturale che centinaia di migliaia di onesti lavoratori immigrati danno e possono dare al nostro paese secondo un'idea di società aperta.
Per queste argomentazioni e perché abbiamo molto apprezzato nel suo discorso di ieri, signor Presidente del Consiglio, alcuni suoi passaggi importanti in materia di sviluppo, come il togliere il freno a mano che blocca la crescita economica eliminando le strozzature del mercato e quelle di carattere infrastrutturale; come il continuare, in materia fiscale, nella riduzione della pressione tributaria e contributiva sia per le famiglie che per le imprese, soprattutto quelle piccole; come il procedere alla riforma degli ammortizzatori sociali e al lancio dei fondi pensione che oltre ai fini previdenziali contribuisce al rafforzamento del mercato finanziario; come l'attenzione particolare riservata al Mezzogiorno, portando al massimo rendimento le misure e gli incentivi già previsti. Soprattutto, signor Presidente del Consiglio, abbiamo ben inteso la raccomandazione di base secondo la quale gli sgravi e gli incentivi possono trovare il loro potenziale nella maggiore crescita che è matrice del bene più prezioso di cui troppi italiani difettano: il lavoro. Per una crescita più sostenuta bisogna garantire la stabilità.
Presidente Amato, per queste sue linee programmatiche che ho citato e per le considerazioni che abbiamo fatto, noi, deputati dell'UDEUR, assicuriamo il nostro sostegno al suo Governo e a questa maggioranza.
La maggioranza ha commesso, soprattutto negli ultimi tempi, un grandissimo errore. Invece di collaborare e di contribuire a mettere in atto il programma governativo portando a buon fine le tante riforme promesse e auspicate; invece di vendere bene l'operato compiuto che, comunque, si presenta positivo; invece di parlare con un'unica voce, i vari partiti della coalizione hanno provocato una rissa dopo l'altra, hanno parlato con sette lingue apparendo non come una coalizione di Governo, ma come una somma di gruppi ostili che difendono il potere. Questo comportamento non è stato capito (o è stato capito troppo bene) dagli elettori che hanno dato una dura lezione alla maggioranza alle elezioni regionali.
Il campanilismo non rende, solo l'unità e la compattezza trasmettono fiducia e ricambiano fiducia. L'ampio discorso del Presidente del Consiglio Amato può essere una rinascita, a patto che il suo programma ed il suo concetto vengano accolti come una comune base di Governo, non solo per transitare verso la fine della legislatura ma per completare le riforme più urgenti e per creare le fondamenta stabili della prossima legislatura. Il Presidente Amato ha toccato tutti gli argomenti più cari ai cittadini: egli ha visioni chiare dei fabbisogni per dare certezza, sicurezza e fiducia alla società. Quando parla del coordinamento e dell'impiego più razionale delle forze di polizia, tocca uno dei problemi più scottanti; quando fa riferimento alle semplificazioni burocratiche, ai costi ed ai tempi della burocrazia, dimostra di conoscere bene le problematiche più strozzanti per le piccole e medie aziende, promettendo di eliminarle.
Urge mettere in moto la previdenza integrativa, garantendo alle giovani generazioni un'anzianità degna. Il Presidente ha anche l'intenzione di riformare lo Stato sociale nella sua ampiezza, tentando così anche di prevenire l'emarginazione sociale. Abbassando le aliquote fiscali, si raggiunge il doppio obiettivo di incrementare la domanda e la crescita produttiva, e con questa la creazione di nuovi posti di lavoro.
Il Presidente Amato dedica un ampio capitolo alla politica per la famiglia: è un fatto molto importante, perché da famiglie sane cresce una società sana. Riconosciamo con soddisfazione al Presidente Amato di voler fare pressione affinché la legge costituzionale per la riforma della statuto speciale, giacente al Senato, possa vedere la luce in questa legislatura. Riconosciamo altresì il pragmatismo del Presidente riguardante la ratifica dell'accordo italo-austriaco per il riconoscimento dei titoli di studio.
Precisiamo nuovamente la nostra richiesta di tutelare i diritti delle minoranze linguistiche nell'ambito di una riforma elettorale. Chiediamo inoltre di voler varare le norme di attuazione riguardanti gli adeguamenti delle norme sul bilinguismo e sulla proporzionale nell'ambito di varie categorie. Il Governo, inoltre, deve garantire ai dipendenti statali operanti nella regione Trentino-Südudtirol il diritto di optare per il fondo regionale di previdenza complementare, compreso il versamento del trattamento di fine rapporto. L'esperienza dei Governi Prodi e D'Alema e la comprensione mostrata da parte del Presidente Amato ci lasciano sperare: auguriamo buon lavoro al Presidente Amato ed al suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo misto-Minoranze linguistiche).
In questo dibattito abbiamo assistito ad un curioso tentativo di rovesciare le responsabilità: si è cercato di porre a carico delle indecisioni o delle preclusioni dell'opposizione democratica e di chi sarebbe quasi in attesa, come si è detto, di un improbabile messia la ragione di una maggioranza così esigua. Noi abbiamo sperato, ma realmente sperato, che il voto del 16 aprile, l'esplodere della questione morale di chi governava senza avere il mandato popolare, la crisi di un sistema politico e di potere spingessero le maggiori forze dell'ormai vecchia maggioranza ad una scelta coraggiosa di rinnovamento. Purtroppo, così non è stato.
Ma la questione è un'altra o, per lo meno, è soprattutto un'altra: essa sta nell'intreccio fra politica, amministrazione, affari, economia che ha caratterizzato lo sviluppo distorto non solo del sistema politico, ma della società italiana e della nostra economia, specie in questo ultimo quadriennio; sta nel prevalere della logica dello scambio e della mediazione di interessi corporativi rispetto all'interesse generale, nella distorsione a fini di dominio e di consenso, nell'uso degli apparati dello Stato e delle risorse dello Stato a propri fini elettorali. Mi sia consentito dire che la risposta politica sta anche per le forze di sinistra nell'impegno per una nuova etica civile per affermare un sistema di valori che abbia al centro il lavoro, la cultura, la scienza e non la rendita, il clientelismo, la frammentazione corporativa, il rampantismo poltronistico. Queste parole, Presidente Amato, sono state pronunciate dal collega D'Alema il 4 luglio 1992: corsi e ricorsi storici.
Desideriamo ricordarle solo che un Governo si caratterizza per le linee di politica estera e, in tale ambito, questa coalizione di sinistra ha sempre fallito, ha avuto i voti solo quando noi del Polo glieli abbiamo dati. Per quanto riguarda la politica economica, quella del lavoro, i 200 mila posti che la sinistra si vanta di aver creato sono nell'ambito dei lavori socialmente utili e del lavoro nero che, con un sistema fiscale tremendo, siete riusciti a portare fuori dal nero. Comunque, il Governo si è tanto vantato della politica svolta fino ad oggi, ma basti ricordare che, in politica economica, avete silurato Visco, nella politica della scuola avete silurato Berlinguer, nella politica della sanità avete silurato Rosy Bindi e in quella dell'ambiente avete silurato Ronchi. Scusate, mi dovete ancora far capire che cosa resta di tanto buono di ciò che è stato fatto.
Io ero tra coloro che nel 1992 avevano un conto in banca; le ricordo il 6 per mille e desidero solo dire agli italiani - e concludo, signor Presidente - che chiederemo subito di togliere tutti i nostri conti in banca perché abbiamo paura che lei, tornando sul luogo del delitto, scippi nuovamente quel 6 per mille che all'epoca ci ha rubato e ancora non ci ha restituito (Applausi dei deputati del gruppo misto-CCD).
Questa è la base necessaria per stare insieme, al fine di superare la visione frammentata e ricattatoria di partiti e partitini di centrosinista. Se qualcuna delle suddette culture pensa di potercela fare da sola, sbaglia profondamente. Oggi le culture della sinistra, quella comunista che si pone il tema del Governo - e in tale ambito dobbiamo riaprire da subito un dialogo costruttivo con Rifondazione comunista che governa con noi città e regioni -, quelle socialista e liberale, quelle democratiche del centro riformista laico e cattolico, quelle dei Verdi e degli ambientalisti, queste quattro aree politiche e culturali devono essere alla base della rifondazione della nuova alleanza di centrosinistra. Tutto ciò anche al fine di ricreare una mobilitazione straordinaria di presenza nel paese, innanzitutto per ascoltare ciò che si muove nella società, ma anche per aiutare le positive evoluzioni e le energie che in questa società esistono.
Lei, Presidente, ha parlato della competizione mondiale dell'economia, era inevitabile, ma perché il tema esca dal gramelot retorico, a mio avviso, semplificando al massimo, dobbiamo considerare due fondamentali alternative: si può competere sulla riduzione dei salari, sulla riduzione dei diritti dei lavoratori aumentando il consumo di materie prime e di energie, quindi sprecando energie e inquinando di più, immettendo sul mercato prodotti poco duraturi e di scarsa qualità, oppure si può competere sulla qualità del lavoro, sull'innovazione tecnologica, sulla qualità ambientale e sociale, sul risparmio di energie e di materie prime, con prodotti duraturi, al servizio dell'uomo, perché l'economia è e deve essere al servizio dell'uomo, così come l'impresa. Su questa seconda alternativa si collocano i Verdi e devono collocarsi le forze del nuovo centrosinistra. La qualità ambientale e sociale dell'economia deve diventare un patrimonio comune - lei lo ha accennato brevemente all'inizio del suo discorso -, poiché questo sviluppo si rileva insostenibile per gran parte dell'umanità ed anche per quella piccola parte ricca dell'umanità, che paga in termini di nevrosi, di paura e di scontentezza questa ricchezza quantitativa, ma non qualitativa.
La qualità ambientale e sociale, che produce anche nuovo lavoro e nuove professioni - il tema dell'ambiente e della qualità della vita produce, infatti, nuovo lavoro e nuove professioni anche in Italia - deve essere, quindi, una caratteristica di quell'Europa che stiamo costruendo e deve costituire anche una diversità positiva dello spazio di libertà europea rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti d'America.
Qualità della vita significa «ben essere» e benessere significa anche capacità di godere, avere il tempo di godere la bellezza del vivere, che non si misura solo con la quantità di oggetti posseduti, magari senza avere il tempo di goderseli. Una ricchezza senza qualità e senza cultura - il modello quotidiano che ci propinano RAI, Mediaset e «superenalotti» vari - genera paura, chiusura, degenerazione reazionaria e noi dobbiamo combattere questo modello.
Le domeniche senza la mia auto - e dovremmo farlo anche in qualche giorno feriale -, ma con il respiro, il silenzio, il riprendersi la città; il cibo più sano e più buono, il boom dell'agricoltura biologica (più del 5 per cento nel nostro paese, anche nei supermercati), la bioedilizia, le medicine non convenzionali sono nuove libertà che vanno garantite, nuove frontiere della democrazia.
Noi dobbiamo lavorare per la libertà della persona umana, non per la libertà dei potenti, dei nuovi feudatari che assoggettano le masse anonime, che vengono in qualche modo convinte che il loro bene coincida con la potenza del feudatario di turno.
Oggi vi sono queste nuove sfide di libertà, che costituiscono le nuove frontiere della democrazia, che noi dobbiamo interpretare positivamente. Bisogna poter conoscere e decidere cosa mangiare: è una libertà che in passato non era tra i temi
Vi è un principio importante affermato in sede internazionale, il principio di precauzione, che vuol dire che, prima di diffondere una nuova tecnica, una nuova tecnologia, come l'ingegneria genetica, che nulla ha a che vedere con le biotecnologie tradizionali, dobbiamo sapere quali sono i rischi che si corrono e valutare democraticamente, e non far valutare solo alle tecnocrazie al servizio dei potenti, se questi rischi siano socialmente accettabili. Il senso del limite è alla base della politica: noi non possiamo avallare i deliri di onnipotenza delle clonazioni animali, i brevetti sulla vita; dobbiamo porre una moratoria su questi argomenti, sulla base del principio di precauzione affermatosi in sede internazionale.
Le nuove libertà significano anche libertà dalle tecnocrazie e dalle tecnoscienze. Dobbiamo affermare una visione complessa e aperta dell'uomo, che non è una macchina, e, quindi, garantire la libertà di cura, approvando la legge quadro sulle medicine non convenzionali, in modo che anche i cittadini italiani possano curarsi nel nostro come negli altri paesi dell'Unione europea.
In conclusione, l'ecologismo, di cui faccio parte, è un elemento costitutivo della modernità; signor Presidente, facciamolo uscire dalla riserva indiana e contaminiamo, mettiamo insieme le culture politiche del centrosinistra, costruendo una nuova identità, che non sia monoculturale, né biculturale, ma un complesso ecosistema in cui proprio l'integrazione delle differenze garantisca la durata, la stabilità e la bellezza (il buono e il bello stanno sempre insieme nella nostra cultura classica) e, quindi, una nuova capacità di attrarre, di mobilitare, di impegnare le energie positive della nostra società.
Nel dicembre scorso, nonostante fossimo all'opposizione rispetto ai Governi D'Alema uno e D'Alema due, ci astenemmo senza condizioni e con convinzione, certi che lo svolgimento del referendum dovesse prevalere sulla manovra di palazzo. Ora siamo di fronte ad una situazione diversa: i referendum sono stati già indetti e certamente - ne siamo convinti - le elezioni sarebbero una iattura nella misura in cui con le attuali regole non vi sarebbe alcuna garanzia - quale che sia, onorevole Pisanu, la dimensione del successo elettorale di una coalizione - che la prossima legislatura non sia esposta agli stessi rischi di instabilità, di trasformismo, di nomadismo parlamentare, di ribaltoni e quant'altro abbiamo visto nelle ultime due legislature. Occorre la riforma elettorale maggioritaria con
Quindi il referendum è essenziale per cui, partendo da questo presupposto, occorre essere molto chiari: noi possiamo prendere in considerazione un voto diverso da quello contrario verso il quale, per le ragioni che le ho detto, noi saremmo nettamente orientati, solo nella misura in cui il nostro voto fosse determinante a garantire lo svolgimento di referendum veri e non di una finzione o di una farsa di referendum, come avverrebbe se, per esempio, le liste elettorali continuassero ad essere piene di nominativi di persone morte o di fantasmi. A Strasburgo pende un nostro ricorso sul quale tra pochi giorni il Governo sarà chiamato a rispondere perché è inconcepibile che si verifichi nuovamente ciò che è accaduto lo scorso anno. Occorrono verifiche tecniche sui tempi, è necessario intervenire con un decreto-legge. Il ministro Bianco lo ha presentato già due volte con il Governo D'Alema ma, se non sbaglio, addirittura sei o sette ministri si sono opposti. Lei deve dirci se è nelle condizioni politiche, oltre che tecniche, per adottare un provvedimento del genere. Non basta la buona volontà, occorre una verifica politica e tecnica.
C'è poi il problema trasmissioni televisive dedicate alla campagna elettorale. Ieri si è riunito senza alcun costrutto l'ufficio di presidenza della Commissione di vigilanza; è prevista una nuova riunione questa mattina alle 11,30 e vedremo cosa accadrà perché le tribune finora previste parlano ad un milione e mezzo di persone a mezzogiorno e a settemila persone la sera. E gli altri 47 milioni di elettori li lasciamo senza informazione?
Inoltre, signor Presidente, non si può affermare che, qualunque sia l'esito del referendum, si farà una legge; occorre avere rispetto del voto dei cittadini. Non si può ex post - e nemmeno ex ante - dare la sensazione che il voto non conti nulla e che andare a votare sia inutile perché, qualunque sarà l'esito, si farà un «Mattarellum due», per cui saremmo da capo a dodici.
Sono queste le problematiche rispetto alle quali vorremmo capire bene se vi siano le condizioni per un referendum che, lo ripeto, non sia una finzione. In questo caso, e solo in questo caso, potremmo prendere in considerazione, se fosse determinante, un comportamento diverso da quello contrario.
L'assoluta mancanza di armonizzazione delle politiche ha di fatto reso un'area del nostro paese ancora più marginale
Inoltre, il piano più squisitamente istituzionale lascia esterrefatti e increduli di fronte a tanta protervia e al mix di faccia tosta e strafottenza: da ogni parte ci si lagna della disaffezione degli italiani alla politica, ma come si può essere vicini ad una politica che produce mostri istituzionali pur corretti - ci dicono i puristi - dal punto di vista formale, ma tanto lontani dal comune sentire? Avete tentato di mettere su un Governo gabbando gli italiani! Credete che non si comprenda che tentate malamente di sopravvivere, non ad una sconfitta elettorale che riguardava peraltro livelli istituzionali diversi, ma ad una sonora bocciatura su tutto il fronte della vostra politica di fondo? Prova di ciò è che si riconosce all'onorevole D'Alema l'onore delle armi, l'avere cioè compreso il senso di un voto che colmava il vulnus del ribaltone. D'Alema si è sentito fuori posto perché aveva approfittato di una congiura di palazzo per giungere a palazzo Chigi! Non si è trattato di una legittimazione elettorale e popolare, ma di oscure trattative con parlamentari dediti al trasformismo! Qui si tratta di un pasticcio, di un ulteriore pasticcio nato nei palazzi romani contro il voto della gente, di fatto sottoposto ad una verifica che ha bollato inequivocabilmente trasformisti ed equilibristi. Ecco perché sarebbe stato utile che nessuno si prestasse a tenere in vita artificiosamente un Governo nato per tirare a campare e sperare in un sogno fantastico di allontanare sine die le elezioni. Nemmeno è apprezzabile l'operazione di maquillage costruita nella speranza di irretire e di prendere in giro medici sanitari, insegnanti e quant'altro!
Presidente Amato, lei crede davvero che i medici avessero in antipatia l'ex ministro Bindi o, piuttosto, che gli operatori della sanità, completamente esautorati nelle scelte di salute, posti in una condizione di marginale burocratismo e di esasperato aziendalismo, siano stufi di queste logiche politiche che sottendono ad una riforma culturalmente orientata in senso comunista? Presidente Amato, lei è noto per la sua saggezza: eviti di addentrarsi in competenze non sue e lasci stare i poveri infermieri, fin troppo professionalizzati, semmai sottopagati, mortificati in un sistema inefficiente che premia le furberie e non le capacità e la dedizione al lavoro. Il nuovo ministro, punto di riferimento della ricerca scientifica nazionale e mondiale, chiarisca da subito - se può farlo - se continuerà nel segno della Bindi o se stramberà da subito; se dovesse proseguire nella direzione della Bindi, non gli faremo sconti, né comprenderemo da parte sua le stesse leggerezze commesse dalla Bindi, dovute, immaginiamo, molto spesso a non conoscenza. Vorrebbe dire che il progetto culturale di normalizzare la sanità è stato scientemente affidato a chi sa, ma finge poi di non sapere, avendo abbracciato una cultura khomeinista. Aspetteremo il suo parere sulle linee
Avete creduto che vi abbiano votato contro i medici e gli insegnanti, non avete compreso che vi hanno votato contro i cittadini che hanno avuto a che fare con le vostre riforme epocali, gli utenti di un sistema sanitario ingessato da mille norme, i genitori e le famiglie impauriti da un indottrinamento ideologico dei loro figli nelle migliori esperienze sovietiche.
Si tratta, Presidente, di puro e non nuovo attaccamento a poltrone e sgabelli, solo di questo. Ebbene, non è questo l'alto senso della nazione, dello Stato e delle istituzioni che un Presidente del Consiglio dovrebbe avere (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Chi ha non dico finezza politica, ma buon senso, sa che dopo ripetute sconfitte, emorragie di milioni di voti, bisogna chiedersi cosa c'è che non va. Io sono tra coloro che nel mio gruppo pensano che ripetuti e serissimi fenomeni come quelli che ho citato si affrontano con una svolta netta e visibile. Nella politica della sinistra, nella politica della coalizione, nella politica del Governo, tuttavia, questa svolta non si vede. Il centrosinistra nel 1996 vinse con un preciso mandato: l'ingresso in Europa; una società più giusta, volta a ridurre le disuguaglianze che ovunque la globalizzazione produce; un sistema moderno di protezione sociale pubblica e universale; il lavoro, che vuol dire occupazione, ma anche diritti e dignità per chi lavora. Il primo obiettivo, l'Europa, è stato realizzato, gli altri no, o troppo poco, per diverse ragioni: perché è difficile farlo, perché in Europa ci sono state in questi anni politiche restrittive, perché la politica economica ha badato, giustamente, molto ai conti - lei lo sa bene, essendo stato ministro del tesoro ed essendo grande conoscitore della materia -, ha molto dato alle imprese, ma ben poco ha redistribuito in termini di sicurezza sociale, di aumento dei redditi. Nel nostro paese c'è chi ha tre o quattro laute pensioni e chi deve vivere, da pensionato, con 700 mila lire al mese. Io credo che tra le ragioni vi sia anche un'idea del riformismo come gesto proveniente dall'alto, sopra la società, che non si preoccupa dei soggetti sociali, della battaglia delle idee, della distinzione netta tra destra e centrosinistra anzitutto sul modello sociale e sulle politiche economiche e sociali. Credo anche che tra le ragioni vi sia un'idea della modernizzazione senza aggettivi. Guardate che per realizzare una modernizzazione senza qualifiche non occorre la sinistra: bastano Margaret Thatcher o Aznar in Spagna. Se dobbiamo proporci di essere non tanto dissimili da costoro, perché gli italiani dovrebbero appassionarsi alla politica e andare a votare (mi riferisco soprattutto a quell'elettorato che ci ha scelto nel 1996)?
Ho ascoltato con attenzione il suo discorso in materia di immigrazione, di lavoro atipico e di formazione ed ho apprezzato alcuni toni, alcune indicazioni politiche e alcuni argomenti, come, ad esempio, quelli riguardanti la cultura di questo paese, ma non ho ancora sentito dire da questo Governo e dal centro sinistra: «Cari elettori, ho capito: cambio politica economica e sociale. Ad esempio,
Ho citato solo alcune delle scelte di fondo che dovrebbero essere fatte, perché c'è bisogno di un cambio di direzione di marcia. La compagine dei ministri e dei sottosegretari non sembra la migliore a tal fine. Abbiamo cambiato il Presidente del Consiglio: dobbiamo dire che lo abbiamo fatto per operare una svolta principalmente nella politica economica e sociale ed il messaggio deve essere chiaro - mi sembra che non sia così - altrimenti quello che si vedrà in filigrana sarà soprattutto la presenza di tanti uomini di altre stagioni politiche (non posso dire tante donne, nonostante lei, signor Presidente del Consiglio, si sia spesso dichiarato alfiere di una modernizzazione da operare anche in questo campo nella classe dirigente del nostro paese).
Sono contraria all'idea che la scelta sia tra innovazione e conservazione, ma certo un ritorno al passato nelle facce e nei nomi, magari facendo passare l'idea che, per di più, in questo paese la sinistra che nasce dal PCI non possa esprimere i vertici di Governo, rappresenterebbe un tuffo nel passato, quello meno roseo.
So che non tutto è sulle spalle del Governo e che la svolta deve riguardare la politica, la coalizione, la sinistra; una sinistra che si è divisa nella sua missione tra antagonista e governativa perdendo, in questo modo, voti e presa sulla società. Sarebbe ora di pensare ad un paese dove la sinistra, sommata tutta insieme, è ad un livello decisamente più basso di quello del resto dell'Europa, con una coalizione frastagliata, egoista e litigiosa: attenzione, però, perché nel 1996 eravamo comunque tanti e non eravamo tutti buoni d'animo, pacifici e poco litigiosi, ma si stava insieme per realizzare un progetto, mentre oggi si litiga perché il progetto, raggiunto l'obiettivo dell'ingresso dell'Italia in Europa, non è più abbastanza chiaro. Dire che la nostra missione è quella di modernizzare l'Italia non mi sembra sufficiente (Aznar sta modernizzando bene la Spagna); non può essere questa la sola ragione che tiene insieme il centrosinistra.
Ridurre le diseguaglianze, incivilire un paese e la sua politica lo sarebbero, ma questo non lo vedo ancora sufficientemente al centro.
Nonostante questo mio giudizio severo, insieme ad altri contribuirò affinché quella svolta si compia, anzitutto nella politica e poi, lo spero, anche nell'azione del Governo; una svolta che però ancora non vedo. Tutto ciò nell'interesse del centrosinistra e della sinistra. Darò il mio voto favorevole solo per senso di responsabilità perché le elezioni anticipate, senza quella svolta, sarebbero non un rischio per il risultato - il che è fisiologico in democrazia, soprattutto nella democrazia
Il mio non è un voto in bianco: le scelte e gli atti del Governo saranno da me valutati di volta in volta. Se questo è un Governo che non è nato solo per evitare le elezioni anticipate, deve allora convincere gli elettori e i parlamentari della maggioranza, mostrare di aver capito dove l'elettorato è in sofferenza e, per quanto riguarda il centrosinistra, soprattutto di aver capito l'elettorato popolare, il mondo del lavoro, e in principal modo quello giovanile.
Se non si convinceranno e non convinceremo gli elettori che nel 1996 ci hanno mandato al Governo, allora, guardate, non saranno convinti nemmeno tanti parlamentari, e personalmente, con il voto, me ne assumerò ogni responsabilità.
Sono parlamentare da molti anni e la ricordo quando era sottosegretario nel Governo Craxi, la ricordo come Presidente del Consiglio, ministro del tesoro e come ministro nel precedente Governo, ma mai l'ho sentita come ieri in difficoltà. Eppure lei, professor Amato, aveva gestito la fase del 1992, una fase difficilissima. Irriconoscibile sotto ogni punto di vista; un bla-bla! In alcuni passaggi sembrava che il suo fosse un Governo di legislatura, capace di durare cinque anni, mentre in altri appariva addirittura come un commiato ancor prima di iniziare la sua attività.
Mi sono chiesto: perché tutto questo? Perché l'onorevole Amato, il professor Amato, oggi nuovamente Presidente del Consiglio, ha fatto un intervento di questo tipo? L'ho capito molto meglio ascoltando ciò che ha detto poc'anzi la collega onorevole Buffo. Mi rendo conto che è difficile presentarsi dinanzi al Parlamento ed ascoltare, da parte di una collega che tra poche ore voterà a favore del suo Governo, una critica tanto serrata da ritenere difficile fare altrettanto dai banchi dell'opposizione. C'è dunque un chiarimento della sua difficoltà dimostrata ieri!
Sempre all'inizio del suo intervento lei ha detto che il partito repubblicano è in una fase di osservazione, che i Verdi sono molto critici ma assicurano la collaborazione al Governo, ed è stato tutto rivolto a piatire un voto di astensione dai colleghi o dal collega repubblicano, nonché un voto favorevole dai colleghi verdi che hanno avuto uno scatto di orgoglio che fa loro onore (l'ex ministro Ronchi non ha accettato di essere «dirottato» ad un ministero diverso da quello dell'ambiente)!
Presidente Amato, il resto va tutto bene? Il suo problema è soltanto quello di convincere i repubblicani e i Verdi a votarla? Il suo problema, lo ripeto, è dato soltanto dall'atteggiamento dei repubblicani e dei Verdi? No, Presidente, i suoi problemi sono altri. L'impianto del Governo Amato è lo stesso del Governo Prodi e del Governo D'Alema. Un impianto che ha chiaramente dimostrato di essere fallimentare. Se era grave che nel 1996 gli elettori avevano votato Prodi Presidente del Consiglio e si sono ritrovati D'Alema, oggi è ancor più grave che si ritrovino lei quale Presidente del Consiglio, che non è stato votato da nessuno! Ma questa non è la prima volta che accade e io non mi scaldo a questa fascina. Ancor più grave, però, è che lei sia Presidente del Consiglio dopo il voto del 16 aprile, in cui il centrosinistra è stato sonoramente battuto dagli elettori!
C'è di peggio: che fine ha fatto l'Ulivo? O meglio, che fine ha fatto il centrosinistra? La sinistra estrema che portò alla vittoria del 1996 si è divisa in tre parti: il centro non decolla, anzi i Democratici di Parisi perdono consensi dopo l'exploit per le europee; l'UDEUR resta a livello di
Lei pensa forse di governare con i socialisti di Boselli, i quali entrano ed escono dai Governi di centrosinistra richiamandosi sempre alla politica craxiana, che è l'esatto contrario della politica praticata dai Governi dal 1996 ad oggi? O con i Verdi che, come lei ha detto, sono fortemente critici perché espropriati dell'unico ministero che richiedevano, quello dell'ambiente?
Esiste un ulteriore problema, che riguarda il paese perché è il problema dei problemi: i Democratici di sinistra (abbiamo sentito pochi minuti fa l'intervento dell'onorevole Buffo), che restano nonostante tutto i più votati della coalizione che lei rappresenta. D'Alema viene bocciato dagli elettori dopo che in campagna elettorale, per il rinnovo di quindici consigli regionali, era sceso in pista in prima persona, facendo non tanto il Presidente del Consiglio quanto il segretario di partito. Con dignità D'Alema prende contezza e atto dell'insuccesso elettorale e con coraggio, assumendosi responsabilità per tutti, se ne va. Meritava almeno gli onori delle armi, mentre nel suo intervento non vi è stato neanche un accenno all'ex Presidente D'Alema!
D'Alema viene licenziato e da parte del suo partito, e in particolare dal segretario Veltroni, non viene espressa alcuna solidarietà. Il segretario si è limitato ad una lettera aperta dopo 48 ore dalle dimissioni: spero che il segretario del mio partito, se vorrà esprimermi solidarietà non ricorra ai metodi utilizzati da Veltroni nei confronti di D'Alema.
D'Alema ha perso combattendo e con onestà intellettuale ha sottolineato due passaggi, nel suo ultimo intervento come Presidente del Consiglio dei ministri, che dovrebbero farla riflettere come sto facendo io. D'Alema ha affermato che la sinistra ha perso perché non è stata capace di risolvere i problemi sociali e perché il centro - riferendosi ai Popolari - è sostanzialmente in ritardo in materia di riforme. Lei oggi si presenta in Parlamento con una coalizione che è tutto questo, ossia una coalizione che è in ritardo culturalmente sulle riforme e che non ha saputo affrontare i problemi sociali. Sono le parole - lo ripeto - di un uomo politico che esce dal Governo con un minimo di dignità, mentre resta la coalizione che la sorregge, Presidente Amato e che farà poca strada.
A nostro avviso, l'Italia aveva bisogno di un Governo forte e coeso, perché deve affrontare i problemi economici.
Esiste un problema Europa: l'euro continua a perdere a dimostrazione del fallimento di tutti i Governi di centro-sinistra che, negli ultimi anni, si sono insediati nei paesi europei.
Esiste un problema sicurezza: come intende affrontarlo? Forse passando ai comuni le pratiche che oggi sono gestite dalle questure, come lei ha detto ieri? O forse, con un Governo che nasce debole, polemico al proprio interno, con ministri che si dimettono prima di giurare, con una magistratura dilaniata in cui i magistrati ligi al proprio ruolo, quelli che non appaiono mai sui giornali e alla televisione, si sentono sempre più abbandonati e costretti a gestire leggi permissive e, infine, con le forze dell'ordine mal pagate ma, soprattutto, sempre più umiliate?
In questi giorni di campagna elettorale un ispettore di polizia mi raccontava a Firenze che uno spacciatore di droga era stato arrestato per tre volte da agenti diversi e rimesso sempre il libertà. La mattina era stato arrestato da un agente e poi messo in libertà dal magistrato; nel
Onorevole Amato, credo che questo Governo farà veramente poca strada. Lei non toglierà il freno, la prego di togliere il disturbo e di far sì che si possa andare a votare liberamente in tempi brevi per restituire al paese il Governo che veramente vuole: un Governo di centro destra così come ha deciso il 16 aprile (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).
La coalizione di centro sinistra, non avendo il coraggio di indicare, in sostituzione dell'onorevole D'Alema, né l'onorevole Bassolino né l'onorevole Prodi, ha ritenuto di ricorrere ad un surrogato di leader e ha scelto lei, professor Amato.
Lei - lo comprendo - si è sentito lusingato di avere avuto affidato tale incarico accettando di svolgere al momento le funzioni di supplente del Presidente dimissionario, nella speranza di diventare poi, nella primavera del 2001, il nuovo possibile leader della coalizione.
Ritengo, però, che lei, onorevole Presidente del Consiglio, anche in questa circostanza non potrà che confermare il percorso della sua precedente esperienza politica, quello di non essere mai stato un leader, un vero leader, un leader autonomo che può scegliere nell'assoluta libertà il migliore Governo per il paese, ma un valido collaboratore, un prezioso suggeritore e, al tempo stesso, un fidato esecutore di chi invece leader lo è perché espressione di un partito di massa legittimato altresì dal voto degli elettori.
La storia le aveva offerto oggi anche una possibilità diversa, quella cioè di poter scegliere un Governo al di fuori di quei partiti e di quella politica bocciata dagli elettori. Nessuno avrebbe osato o potuto contestarla con lo spettro delle elezioni anticipate sullo sfondo. Lei ritiene, invece, che l'opera di mimetizzazione cui si è sottoposta in questi ultimi anni, con il silenzio prima e con la partecipazione tecnica ai due Governi D'Alema poi, possa accreditarla come futuro leader della coalizione di centro sinistra presso i compagni postcomunisti del «Bottegone». Ma lei, professor Amato, ha rimosso dai suoi pensieri il giudizio sprezzante che i suoi attuali compagni di cordata hanno dato per un trentennio del socialismo riformista che abitava in via del Corso, non senza dimenticare quanto fu contestato proprio a lei e ad un suo precedente Governo il tentativo di trovare una soluzione legislativa per uscire da Tangentopoli.
Lei, professor Amato, ha ritenuto di accettare tale curatela fallimentare senza considerare che per guidare un Governo politico occorre essere passati attraverso il vaglio del confronto elettorale. Lei, privo di investitura popolare, doveva rifiutarsi di guidare questo Governo, come è stato fatto da altre personalità tecniche, espressioni di importanti settori della società italiana. Ha ritenuto invece di camuffare tale suo evidente imbarazzo ripresentando con spocchia e con aria di sufficienza il programma dei Governi precedenti, in una fantastica rielaborazione che avrebbe
Colleghi del centrosinistra, con la scelta del professor Amato come futuro possibile leader della vostra coalizione non avete voluto nemmeno compiere un'analisi del voto e della motivazione della vostra sconfitta politica, accettando unicamente il ricatto di uomini pingui o di barbuti gnomi che nel corso della loro vita politica si sono sempre distinti per aver portato verso il disastro i loro compagni di viaggio. Non sarà necessario nemmeno svolgere un'opposizione particolare; sarà sufficiente attendere lo svolgimento degli eventi. Vi distruggerete da voi stessi.
Le sono anche grato per quello che lei ha fatto quando ero ministro dell'ambiente - allora dell'ecologia - per far nascere questo importante dicastero, al crocicchio di grandi problemi della società: la conservazione, lo sviluppo, il progresso, la presenza dell'uomo in una terra che deve essere preservata per l'uomo stesso.
Questo quindi è il mio imbarazzo e glielo dico, anche se non so se usi in quest'aula. Io però non considero gli avversari dei nemici, ma appunto degli avversari, forse pro tempore e non so quanto durerà il suo tempo di avversario, né so cosa dirà il pallottoliere della Camera. Ho ascoltato ieri una disputa su legittimità e legittimazione, iniziata dal collega Fiori, il quale ha riportato dottrina sua che lei ha respinto. Io credo però che il tema della legittimità e della legittimazione sia in quest'aula, anche in questo vuoto, anche nella mancanza di pàthos. Siamo lontani dalle folle in tumulto. Il Governo nasce e muore; muore senza nemmeno un grazie - nemmeno il suo - all'onorevole D'Alema e nasce con un'asfittica realtà di maggioranza. Ma la chiamiamo maggioranza o no? Ho ascoltato dalla televisione, mentre preparavo degli appunti che non leggerò, perché voglio parlarle personalmente e direttamente, il mio caro amico Federico Orlando ed anche il discorso della collega Buffo. Lei come si trova in questa situazione? Il fatto che poi non abbiano tratto conseguenza dalle loro premesse logiche e politiche non elimina quella che non voglio chiamare neanche diffidenza di fondo, una sfiducia nella possibilità dello sviluppo del suo amplissimo discorso. Se amassi - e un po' li amo anche - i paragoni, potrei dire che la montagna del discorso ha partorito il topolino Amato, che di quel discorso è stato il soggetto che ha enfatizzato ritengo scientificamente. Non credo infatti che lei abbia voluto sfidare il Parlamento con l'enciclopedia delle occasioni perdute o delle promesse mancate né delle realizzazioni che in quattro anni di Governo non si possono negare a nessuno. Penso che lei, saggiamente, sia rivolto a tutto per buscare quattro paghe per il lesso della fiducia. Ritengo che questa sia stata una cosa furba, ma gli intelligenti non debbono commettere l'errore di voler essere furbi.
L'intelligenza ha una sua furberia che nasce dalla reputazione che l'intelligenza stessa deve ottenere dagli altri; essa non deve sostentarsi esclusivamente con la possibilità di ammannire un'ipotesi di lavoro buona per tutti.
Penso che la legittimità sia una cosa e la legittimazione un'altra. La legittimazione non ce l'avete perché, per due elezioni di seguito, la gente - lasciamo perdere se, come si è discusso ieri, si tratti
Presidente Amato, questa è la legittimazione, ma voi non l'avete nel paese, perché vi ha detto «no» due volte. Lasciamo perdere, poi, se la legittimazione stia alla legittimità come qualcosa che comprima anziché diffondere il valore del consenso. La legittimità ce l'avete: se non vi fosse, il Presidente della Repubblica avrebbe commesso un delitto, il Presidente del Consiglio non sarebbe abusivo in senso politico ma sarebbe un prevaricatore nel senso del codice penale e noi saremmo correi.
Il problema non è questo, è un altro, signor Presidente del Consiglio Giuliano Amato; il problema è che la legittimazione non ce l'avete nel paese e nemmeno qui. Un giornale liberale, letto da pochi (come capita ai giornali liberali) anche se arriva su tutti i banchi, ha usato due aggettivi per esprimere una valutazione critica: ha parlato di un Governo di transfughi e di un Governo di fantasmi. Non so se chi è al Governo sia un fantasma, ma credo di no; sono corpi presenti, reiterati, specifici e qualcuno anche infraquinquennale. Non credo si tratti di fantasmi; il fantasma è il centrosinistra, è quella realtà che prima si chiamava Ulivo e che poi è diventata «Mastella». Sono le truppe «mastellate», è la legione straniera, è il transfuga della maggioranza che è diventato opposizione, è la parte civile - lei si occupa di professionisti - che è diventata difensore a togliervi la legittimazione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania); a dirlo è il giurista, non sono io.
Si sa, però, che il parlamentare non ha vincolo di mandato; dovrebbe avere un vincolo diverso, quello di coscienza. Si può distinguere; lei sa che l'ho fatto anche nel 1992 quando i proni, di fronte ai pericoli, hanno deciso che si doveva lasciar fare e lasciar passare e che si poteva consentire ad un settore della magistratura di avere poteri senza responsabilità. Quando un potere è senza responsabilità, rischia di diventare un prepotere ed una prepotenza; questo dobbiamo evitarlo. Non so se Fassino ce la farà - gli faccio tanti auguri -, magari si consulterà con sua moglie in materia giuridica.
Ciò che mi interessa è un'altra cosa: verificare se tale realtà si colleghi con il diritto del parlamentare di cambiare casacca, di cambiare opinione, di svergognare se stesso di fronte all'elettorato; questa è la legittimazione che voi non avete. Non ci sono qui; potevano essere di qua e, invece, sono andati di là; quelli che erano con voi nel 1996 non ci sono più. Politicamente, la cosa è molto diversa. Un giudizio politico non è una transumanza bestiale per il voto di scambio: voto di scambio per le poltrone governative, voto di scambio per la sopravvivenza parlamentare. Sono due cose diverse (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! Signor Presidente del Consiglio, credo che sia questo che la rende preoccupata e perplessa.
Volevo parlare anche della giustizia perché, credete a chi lo ha sperimentato, è una cosa difficile e in via Arenula è difficile fare il proprio dovere. Voglio fare gli auguri a Fassino, che considero un ottimo parlamentare. Attenzione, però: la giustizia richiederebbe qualcosa di più coraggioso (vi ha fatto riferimento molto bene il collega Mantovano)...
Lei, infatti, si presta a continuare con gli errori del centrosinistra, che costano cari ai nostri cittadini. Sono quattro anni che il Governo di centrosinistra - che lei continuerà ad appoggiare - promette un federalismo che non arriva e continua nell'imbroglio, perché di federalismo ne abbiamo visto zero! Vi sono anche delle prove, dei tentativi effettuati nel Friuli-Venezia Giulia dove la giunta regionale, composta dal Polo e dalla Lega, ha cercato di adottare delle delibere che andavano verso il federalismo (tra l'altro, a costo zero) che è quello meno difficile da realizzare, ad esempio cercando di attribuire un maggior punteggio per l'assegnazione delle case popolari ai residenti o di assegnare gli appalti pubblici alle ditte locali, al fine di evitare le solite forme di «cannibalismo» nella gestione degli appalti pubblici che tristemente conosciamo. Si è cercato di adottare delibere per attivare forme di polizia locale e per tentare di finanziare anche le scuole private: e il federalista, amico suo, tal signor D'Alema, ha sempre impugnato tali delibere presso la Corte costituzionale. Quindi, è stato di fatto smascherato quello che noi continuiamo a dire e, cioè, che il vostro è un federalismo a parole, che non si concretizza; e i cittadini se ne sono sicuramente resi conto!
Vi è un'altra cosa che vorrei sottolineare: da ultimo, per penalizzare alcuni sindaci che cercavano di attribuire un maggiore punteggio ai residenti per essere assunti nei comuni, anche in questo caso il «federalista» D'Alema si è fatto trovare pronto a presentare un disegno di legge nel quale si imponeva come principio fondamentale che i sindaci avrebbero dovuto essere costretti a comportarsi come hanno sempre dovuto fare fino ad ora. È pertanto evidente, quindi, che anche queste forme semplicissime di autogoverno vengono negate; e lei sarà costretto, Presidente Amato, a fare altrettanto! C'è da dire anche che, a Costituzione invariata, con il ministro Bassanini si è provato a mettere mano sui quattro conti disastrati degli enti locali prevedendo forme di nuova perequazione nei comuni. Tale previsione normativa però andrà a regime tra dodici anni e quindi per altri dodici anni (anche se io mi auguro di no) vi saranno comuni in cui sindaci potranno dare certi servizi ai propri cittadini in misura pari ad un decimo di quelli assicurati da altri sindaci ai loro cittadini.
Non ci soffermiamo neanche ad evidenziare l'ultima proposta che si riferisce
Vi è poi un aspetto ancora più grave che riguarda i principi fondamentali che vengono calati dall'alto. La «tristissima» legge Turco-Napolitano sugli immigrati, che ha tanto penalizzato il centrosinistra (a parte i cittadini) anche sotto l'aspetto del voto, è stata calata dall'alto, mentre noi diciamo che dovrebbero essere le regioni, i presidenti delle province o gli stessi sindaci a decidere, sentiti i loro cittadini, se attuare forme di accoglienza, attivare campi o campi nomadi. Occorre, insomma, sentire cosa vogliono, i cittadini. Se ci sono regioni in cui si vogliono quattro campi nomadi nel centro delle città, facciamone fare otto! Ma se ci sono altre regioni in cui i cittadini sono preoccupati per questi aspetti, debbono essere loro a decidere in casa loro. Invece voi continuerete con i vostri principi fondamentali calati dall'alto: li volete? bene; non li volete? dovete adattarvi lo stesso!
Per quanto riguarda la «sicurezza zero», il «pacchetto-sicurezza» non passa perché ci sono i comunisti italiani, i socialisti e i verdi che hanno già detto che non si può fare assolutamente nulla al riguardo. Le carceri sono stracolme e anche, se passasse il «pacchetto-sicurezza», non ci sarebbe il posto fisico per tenervi una persona in più; sono già stati chiesti dei fondi dal ministro Bianco, ma la risposta è stata picche e non se ne parla. Quindi, il tutto continua procedere come prima.
Per quanto riguarda la giustizia, è vero che la magistratura è indipendente, ma leggiamo che un magistrato a Roma manda prosciolto un tale che era in possesso di ottomila dosi di droga dicendo che serve per curarsi i denti. Se questa è una magistratura indipendente, quel magistrato, se fosse sotto controllo dei cittadini, dovrebbe cambiare paese perché lo «menerebbero» fisicamente.
Vi sono tribunali, come quello di Venezia e di Milano, che per decorrenza dei termini scarcerano gli ergastolani però perdono tempo per processare i contadini delle quote latte perché sono antisistema e vi fanno paura più degli altri.
Al contrario, il messaggio di cambiamento deve essere alto, deve arrivare forte per attivare una straordinaria mobilitazione di iniziative, di idee, di passioni e di intelligenze, un messaggio di assunzione di responsabilità per capire, ascoltare e rispondere a quelle volontà individuali e collettive che oggi si sono sottratte e che invece nel 1996 avevano creduto in noi.
Il centrosinistra perde non perché più voti sono passati alle destre ma perché tanti voti sono mancati alla sinistra: questa sottrazione impone domande e chiede risposte, con serietà, anche perché si consolida, proprio accanto al fenomeno dell'avanzata di queste destre, pericolose ed arroganti, ma che restano sottovalutate, rimosse. Perché? Anche nelle parole del Presidente Amato avrei preferito accenti
La coalizione di centrosinistra ha in sé, come elemento fondativo, una cultura ed un progetto alternativo alle destre: siamo non solo diversi ma alternativi, totalmente e strategicamente alternativi alle destre. Ritengo sia mancata e manchi una riflessione seria sulle destre, quelle di oggi come quelle del passato: vi sono stati errori ed inadeguatezze anche a sinistra nel cogliere appieno gli elementi involutivi ed autoritari intrinseci ai processi di modernizzazione e la sottovalutazione del pericolo delle destre è anche frutto di questa inadeguatezza ad analizzarlo e a comunicarlo. Le destre sono un riferimento possibile di fenomeni non arcaici ma tipici della modernità, intercettano il disagio sociale e la paura del disagio sociale, intercettano persino spinte all'emancipazione, alla mobilitazione, al protagonismo di massa. Si è smobilitata una cultura critica a sinistra: il nuovo era ed è ancora terreno neutro; la distinzione storica tra destra e sinistra era ed è ancora superata da quella fra conservatori ed innovatori. La modernizzazione, come la democrazia, era ed è ancora considerata senza qualità.
Amato ci ricorda che serve più centro e più sinistra: bene, la sinistra, allora, si faccia sentire, riprenda la sua battaglia culturale delle idee contro le destre, affondando le radici nella cultura della sinistra, quella dell'uguaglianza, della democrazia non formale ma sostanziale, della libertà; riprenda i temi della giustizia sociale, del lavoro, tornando alle radici nella cultura costituzionalista, nell'universalismo dei diritti, nel ruolo insostituibile dello Stato come unico terzo soggetto tra gli interessi del mercato e la sfera dei bisogni sociali. Siamo di sinistra ed alternativi alle destre, perché diciamo che non vi è relazione negativa tra Stato sociale e sviluppo, che la lotta per l'occupazione non va necessariamente insieme con l'aumento delle disuguaglianze, che per lo sviluppo non esiste l'unica ricetta della riduzione del costo del lavoro e della spesa sociale, che sono legittime e possibili le politiche che considerano il lavoro come un bene pubblico, importante come la salute e l'istruzione.
Noi comunisti italiani chiediamo a lei, Presidente Amato, che in questo Governo la sinistra, questa sinistra, sia rappresentata ed incalzeremo con le nostre proposte e con le nostre idee, a partire dal referendum contro l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori: lei, che ieri ha valorizzato la concertazione, dovrebbe ben sapere che non potrà esserci concertazione dentro la devastazione del diritto del lavoro. Incalzeremo a partire dal documento di programmazione economico-finanziaria e dalla prossima finanziaria, a partire dalla richiesta forte di un impegno coerente nell'applicazione della riforma sanitaria.
Lo voglio dire in modo esplicito: sono non solo preoccupata, sono del tutto contrariata dalla non riconferma della ministra Bindi. Non è solo una donna in meno in questo Governo, sono due donne in meno, e non è un buon segnale. Di fronte all'attacco del Polo appare un arretramento: quella riforma è stato un atto coraggioso, in controtendenza, strategicamente alternativo alle destre. Ora è il momento più delicato, quello della sua attuazione: servono subito, e chiediamo che lei lo ribadisca, gli atti di indirizzo e di coordinamento previsti sull'accreditamento, sull'integrazione sociosanitaria, sulla programmazione regionale. L'attuazione non è un passaggio tecnico, oppure un processo burocratico e amministrativo, ma è un processo squisitamente politico, che deve governare oggi la controffensiva del Polo.
Il modello Formigoni ha potuto svilupparsi dentro i vizi intrinseci dell'aziendalizzazione, che questa riforma ha corretto. Con la riforma, oggi, il modello Formigoni è un chiaro atto di secessionismo sanitario e le destre, per questo, anche per questo, contrattaccano e chiedono la devolution. Dobbiamo contrastare le conseguenze di questo neocentralismo regionale, che vuole saltare contemporaneamente il livello
Vogliamo fare della difesa della sanità pubblica una priorità, ma siamo consapevoli che non possiamo e non dobbiamo difendere l'indifendibile. Anche nella sanità rimane irrisolta la questione meridionale; occorre un fondo aggiuntivo per l'ammodernamento del patrimonio di edilizia sanitaria, delle tecnologie, per garantire l'applicazione della legge n. 626; occorre anticipare la revisione delle esenzioni sulle patologie croniche e degenerative invalidanti in ragione del reddito, anticipare la data prevista per il sanitometro, prevedendo una modifica dell'esenzione a favore degli anziani, dei più deboli. Insomma, abbiamo un anno di tempo, come Governo, come coalizione, un anno di tempo non per sopravvivere, ma per ricostruire, per riconfermare il respiro di una prospettiva politica di alleanza tra forze diverse del centro e della sinistra, al fine di trasmettere messaggi chiari, di certezza e di speranza per il futuro, messaggi di cambiamento.
Noi, da sinistra, noi comunisti italiani faremo la nostra parte (Applausi dei deputati del gruppo Comunista).
Voi del centrosinistra sareste arrivati persino a prorogare la legislatura per il Giubileo, per la champions league, per la ricerca sul genoma, insomma per qualsiasi pretesto. Lei si sarà accorto che, oggi, il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, scrive: «Intini, l'anticomunista che combatté i visitor DS», ancora: «Una Babele sull'arca del centrosinistra». Lei resta indifferente a tutto questo? Allora, mi permetto di fare una correzione su un termine che è stato largamente impiegato: voi non siete degli «abusivi» perché, a volte, l'abusivismo è una dolorosa necessità, voi siete degli sfrattati, vale a dire avete perso il titolo abitativo. Quando ciò avviene per un disgraziato qualunque, arrivano i carabinieri, per voi, invece, il battaglione dei sottosegretari! Crede, onorevole Presidente del Consiglio, di avere ancora il senso del ridicolo? Può non accorgersi che i postcomunisti che vi hanno cacciato ora vi corteggiano, per non essere cacciati loro?
Entrando nel merito - perché questo è lo scopo del mio intervento - mi chiedo: quale politica estera? Ho ascoltato con molta attenzione il suo intervento e desidero chiederle: è la politica estera dell'ecumenismo televisivo di Veltroni, che va in Africa in turismo missionario, torna, bacchetta perfino il Vaticano e impone alla Chiesa determinate soluzioni, quando, presentando un suo libro, il prefattore Foa riesce a scrivere che «la libertà è incompatibile con la religione»? È questa la politica estera? Oppure è quella dei diritti umani scoperti a Sanremo e denunciati ancora oggi da monsignor Martin per la remissione di debiti... inesigibili? Lei sa, perché era al Tesoro, che la Confindustria scrisse: «Si deve inoltre rilevare come la nostra cooperazione abbia attinto risorse dai paesi più poveri, 414 miliardi nel 1998, al punto che il
Qual è la vostra politica estera? Quella del commercio estero, che è uno dei settori in ripresa e, per premio, avete sfrattato Fassino per mandarlo alla Giustizia, per gestire la quale egli si ritrova la competenza di un eremita preposto ad una discoteca?
Qual è la vostra politica estera? Quella simpatizzante per Jospin, in grave infortunio, perché i francesi reclamano il «bottino fiscale» per eccesso di tassazione e lui risponde con nuovi posti nella pubblica amministrazione, vale a dire con nuove acquisizioni di clientela?
Qual è la vostra politica estera? Quella dell'imitazione di Blair, che a sua volta imita la Thatcher, per il rigore nelle pensioni, e, a questo proposito, voi fate un annuncio a cui succede immediatamente una revoca?
Qual è la vostra politica estera? Quella in polemica progressiva con l'Unione europea, che apprende irritata, tra virgolette - lo ha detto lei, signor Presidente del Consiglio - «che non si parlerà di pensioni»?
Qual è la vostra politica estera? Quella successiva alle giornate di Firenze, in cui la revoca delle decisioni socio-economiche addirittura ha preceduto l'annuncio?
Qual è, ancora, la vostra politica estera? Quella della misteriosa linea strategica per incoraggiare giustamente il Presidente croato Mesic, a proposito della disponibilità nei confronti della minoranza linguistica italiana in Istria e nella Dieta democratica istriana (pur riconoscendo l'impegno di uno dei migliori sottosegretari che ha avuto questo centrosinistra, l'onorevole Ranieri)?
Onorevole Presidente del Consiglio, la differenza tra noi e voi ... Anche quando ella parla so che mi ascolta, perché ha poteri sovrannaturali: la prego, se crede, di ascoltarmi, e, se non crede, ci vedremo dopo, quando lei sarà costretto ad ascoltare noi...
Mi permetto di dirle, onorevole Presidente del Consiglio, che la differenza tra noi di centrodestra e voi consiste nel fatto che noi riconosciamo i meriti agli avversari. Voi avete il paraocchi demonizzante e l'intervento avvelenato dell'onorevole Maura Cossutta, alla quale rivolgerò alla fine un mio consiglio, ne è la dimostrazione.
Chiedo: qual è la vostra politica estera? La svolta meritocratica della riforma
Allora, le chiedo, onorevole Presidente del Consiglio, la politica estera è quella liberale di Dini, è quella socialista sua, è quella postcomunista di Veltroni, è quella comunista di Cossutta?
Riprendo il tema, invitando l'onorevole Maura Cossutta ad ascoltare questo mio modesto consiglio: invece di parlare della destra, così come ha fatto la giovane onorevole Cossutta, ignorando la realtà (perché in loro il livore soppianta il cuore e il cervello e l'unico organo pensante diventa il fegato), si ricordi di inviare un telegramma di protesta al Parlamento ex comunista della Bulgaria, in cui proprio l'altro ieri, con 126 voti contro 5, è stato dichiarato «illegittimo» il comunismo per avere «carattere criminale» e per essere «giunto al potere grazie ad una nazione straniera».
Onorevole Presidente del Consiglio, io non ho dimestichezza di rapporti con quella parte, ma lei che necessitatamente ci convive - Dio sa, a questo punto, conoscendo la sua cultura, con quale sforzo -, visto che ha ministri di quella parte, consigli loro di essere umili nel capire che la storia li ha bocciati per sempre e che loro piombano soltanto da dove sono venuti, vale a dire nella cronaca nera, che è soltanto un eufemismo per indicare lacrime, sangue, lutti e mancanza di libertà: un genocidio continuato!
Infine, voglio ricordare a lei, che ama le buone letture, quando Flaiano scriveva che in tutte le politiche vi è la presenza della geometria, esclusa quella italiana, perché per congiungere due punti non basta una retta, che sarebbe la linea più diretta, ma occorre l'ellisse. Allora, do anche a lei un modesto consiglio: ne faccia l'uso che vuole; io sono un avvocato e mi pagano per i consigli, invece glielo offro gratis, che vuole di più? Il consiglio è questo: cerchi di utilizzare anche una successiva delega all'ellisse; è l'unica retta che voi conoscete (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia - Congratulazioni).
Chiedo scusa per lo sfogo e passo ad altro perché, di fronte, signor Presidente Amato (e non amato Presidente, come osservava il collega Trantino), ad una proterva volontà di mantenere la pubblica
Di certo ella non ha mostrato ieri il suo miglior volto, quello che la pubblicistica normalmente le attribuisce quando la chiamano «dottor Sottile»: lei era spento (non in senso biblico, ma politico), quasi rassegnato, ha recitato una modesta litania di luoghi comuni e di retorica ed inconcludenti dichiarazioni di intenti, tipiche di una sinistra priva di cultura e di Governo. Sono la sua e la loro incapacità a dare risposte concrete alle necessità che purtroppo urgono, sicché il suo programma fa giustizia - sì - alla sinistra con la vacuità dei suoi generici propositi ma fa torto al centro, che è sede tradizionale di concretezza allorché dichiara che il suo Governo farà «più centro e più sinistra». Ma ella era talmente demotivato e poco convinto da non accorgersi di aver rassegnato delle plateali contraddizioni: le sue opinioni sul mercato e sulla difesa dal mercato, le sue confuse idee su una possibile legge elettorale, il conclamato risanamento del debito pubblico che giustificherà la riduzione del carico fiscale (da praticare solo compatibilmente con il favorevole prossimo prelievo fiscale e con gli impegni comunitari assunti), il finanziamento dei nuovi investimenti dati per certi ma poi condizionati all'esito degli introiti e delle concessioni dell'UMTS, la flessibilità del rapporto di lavoro che non determini però insicurezza, e così via.
Davvero ella crede che lo sfascio della giustizia sarà eliminato con l'intervenuta depenalizzazione, con il giudice unico e il giudice di pace? Veramente crede che basterà un più razionale impiego delle forze dell'ordine per ridurre la criminalità? Se si trattasse solo di riordino, così come lei ha dato ad intendere, sarebbe da chiedersi perché mai in questi quattro anni di Governo di sinistra non si sia provveduto a ciò, lasciando le periferie delle nostre città alla droga, alla prostituzione e al crimine. Forse nel suo contraddittorio e scialbo dire avvertiva puntati su di lei gli occhi degli italiani. Essi, per l'enorme danno patito, sicuramente ricordavano il suo falso dire allorché anni addietro, da Presidente del Consiglio, negava per settimane ogni possibilità di svalutazione, ottusamente bruciava enormi riserve di valuta quando la speculazione internazionale investiva l'Italia e dal cui urto data l'enorme sproporzione delle forze in campo, quando anche il meno provveduto commentatore economico consigliava di non resistere. Ascoltare poi il suo parere sull'attuale deprezzamento dell'euro rispetto al dollaro (debolezza attribuita all'inefficienza delle istituzioni comunitarie), appare solo patetico.
Ma passiamo a quello che più mi preme. Presidente Amato, come può attribuire alla questione meridionale una specificità relativa? Crescita globale, secondo lei, equivarrebbe a crescita del Mezzogiorno; la forbice di sviluppo tra nord e sud sarebbe eliminata dall'intervenuto incremento dei lavori pubblici, dai licenziati patti territoriali e da Sviluppo Italia: parce sepulta, mettiamo una pietra su Sviluppo Italia, su cui lei fa tanto affidamento; ricorderà che fino ad ora Sviluppo Italia ha prodotto soltanto 70 miliardi di consulenze senza aver prodotto un solo posto di lavoro! Ma lei continuerà ad affidarsi a Sviluppo Italia, che dovrebbe destinare aree industriali dismesse alle attività sommerse artigianali. Se lei non fosse ufficiale di lungo corso della politica, direi che forse conosce il Mezzogiorno come conosce la Papuasia; ella, in verità, ne parla in maniera così riduttiva da averlo menzionato solo tre volte, di cui due a sproposito, perché è al servizio di una sinistra che non sa che cosa fare per il meridione in termini di concreta fattualità. Ella conosce perfettamente le infelici sorti dei contratti d'area, proposti senza un qualsiasi indirizzo di politica industriale.
Signor Presidente del Consiglio, lei conosce benissimo la situazione dei patti territoriali e dei contratti d'area, gestiti in modo clientelare perché regolati dalla legge n. 488 solo in base ai contributi già concessi; si tratta di iniziative ancora da realizzare a causa della mancata previsione e realizzazione delle necessarie infrastrutture. La sua miseria di capacità propositiva ha toccato il vertice allorché ella si è abbandonato ad inutili sentimentalismi in materia di immigrazione. Vi parla un figlio di quella terra che è in prima linea per quanto attiene all'immigrazione. Si tratta certamente di bisogno che nasce dal bisogno. Sono salentino di nascita e foggiano d'adozione; sono, quindi, pugliese d.o.c. e con gli immigrati ci convivo, ma mi chiedo: a cosa serve illudere tanti disgraziati, se non si assicurano ad essi lavoro e servizi per non indurli, né al crimine, né a nuove schiavitù? A cosa serve ricordare che non basta la cancellazione del debito pubblico e che risulteremo assediati, se non interverremo adeguatamente nel terzo mondo, quando poi manchiamo di progetti concreti per gli interventi in loco? Tutto ciò significa soltanto speculare sui sani sentimenti - come lei ha fatto nel suo intervento - di carità cristiana degli italiani e dichiarare di non essere in grado di fare politica, cioè capaci di governare il fenomeno!
La gente, alla fine, non capirà che senso ha questo Governo, dal momento che le pedine sono sempre le stesse e lei ha riprodotto testualmente i programmi dei Governi precedenti, volendo portare a compimento, in undici mesi, quello che la sinistra non è stata capace di fare. Ben venga questo Governo: ci darà la vittoria - come nella recente competizione elettorale - anche alle prossime elezioni politiche. Auguri, signor Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia - Congratulazioni).
Come lei sa, la parte più avanzata del paese - il nord padano - ha espresso con il voto, solo due settimane fa, una convinzione precisa: la via per la modernizzazione del paese consiste nella coerente proposta di devoluzione di poteri da parte del vecchio Stato ottocentesco dei prefetti e nella trasformazione di tale vecchia impalcatura in un moderno Stato federale. È semplicemente incredibile che ella, nel suo ampio intervento, non abbia dato il minimo conto di tutto ciò e della scelta sancita dal voto popolare in tutte le regioni del nord.
Lei si è occupato di tanti argomenti, anche minuti, ma, guarda caso, ha accuratamente evitato di affrontare in maniera chiara, esplicita e concreta (al di là di qualche richiamo generico alla legislazione, che abbiamo ben conosciuto sotto il Governo D'Alema) il tema della sfida federalista, che sta diffondendo in tutto il paese il vento del nord. Un insigne teorico
Prendiamo il tema sicurezza. Lei ci ripete la solita tiritera sugli organici e sulla preparazione del personale: tutte cose reali, che eludono però il problema fondamentale. Se, infatti, c'è un dato che emerge dalle analisi più approfondite, esso è rappresentato dal livello di arretratezza organizzativa e di inadeguatezza operativa delle varie polizie, reclutate ancora con i vecchi e superati concorsi statali centralizzati, con personale, conseguentemente, in grande prevalenza proveniente dalle regioni meridionali e con sistemi di trasferimento da nord a sud e viceversa che impediscono l'utile e necessario radicamento nel territorio. Secondo noi, invece, la gestione di un moderno servizio di polizia necessita di una larga e piena autonomia organizzativa ed operativa, per assicurare rapidità di decisioni e adeguamento delle strutture e delle modalità di intervento alle peculiari necessità del territorio, in continua evoluzione. Quindi, la Padania chiede con urgenza la riforma che davvero serve, quella della polizia federale. C'è poi anche una causa psicologica rilevante nel malessere dei nostri poliziotti e dei nostri carabinieri: il Governo continua a trattare, è proprio il caso di dirlo, questo tema ex cathedra, quando, mi scusi, Presidente, in tema di delinquenti clandestini e di inefficacia delle leggi vigenti sull'immigrazione qualunque umile poliziotto o carabiniere ne sa molto più di lei e dei suoi colleghi di Governo.
Il suo ministro dell'istruzione - il buongiorno si vede dal mattino - ci ha già annunciato che vuole l'insegnamento dell'arabo nelle scuole (però arriva in ritardo, perché negli ulivisti asili comunali di Torino attualmente già si impone lo studio dell'arabo). Sarebbe forse più necessario insegnare effettivamente agli uomini ed alle donne delle forze dell'ordine, impegnati nelle indagini sull'immigrazione e sulla criminalità extracomunitaria, le lingue straniere, cosa che non si fa.
Saluti padani, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!
La seconda poesia si intitola Nell'attesa - che lei se ne vada a casa - e recita: «Può darsi che sia ora di tirare i remi in barca per il noioso evento, ma perché fu sprecato tanto tempo quando era prevedibile il risultato?».
Signor Presidente, professor Amato, ho letto più volte le dichiarazioni programmatiche da lei esposte, perché al primo impatto mi sono sembrate, per un anno, propositi da megalomane, il programma di Governo per un'intera legislatura o, forse, come credo, una sua autocandidatura alla leadership dal 2001 in poi.
Le elencherò ben cinquantaquattro questioni che lei vorrebbe farci credere di riuscire a risolvere in undici mesi. Partiamo dalle questioni istituzionali: rilanciare l'immagine deteriorata del centrosinistra; rilanciare l'economia di mercato come la sola capace di produrre libertà concorrenziale e di abbattere il potere privato; essere più di centro e più di sinistra, banalità più appropriata alla bocca di Veltroni che alla sua; affrontare la scadenza referendaria e approvare la legge elettorale che l'esito referendario suggerirà o imporrà; consentire al prossimo Presidente del Consiglio di avere legittimazione dal voto popolare (mi permetta una digressione, professor Amato: è paradossale questa invocazione se fatta da chi, come lei, non ha mai attraversato quel lavacro purificatore e legittimante che è il vaglio dell'elettorato. Lei queste cose non le capisce; lei non conosce il sapore dolce del voto popolare: quindi non ha titolo per parlare, non essendo mai stato eletto da nessuno); sanità; federalismo fiscale; adottare misure per le regioni a statuto speciale e per le minoranze linguistiche.
Passiamo alla politica economica: incassare i proventi della liquidazione dell'IRI, vantandosene come se la vendita delle aziende ancora in mano pubblica costituisca un utile: lei non può fare questa affermazione da bottegaio, perché noi abbiamo, per anni, finanziato con il danaro dei cittadini i debiti delle aziende pubbliche e per questo ci siamo svenati. Professor Amato, lei c'era e c'è ancora oggi, mentre continuiamo a svendere tutto: prima le banche, l'ENI e la Telecom, oggi le Autostrade, Finmeccanica, l'ENEL, l'Alitalia e gli Aeroporti, tutti regalati, e non venduti, agli amici degli amici.
Lei promette riduzioni tributarie e contributive tra famiglie ed imprese, confidando che la Corte costituzionale non le bocci l'iniqua IRAP. Si ripromette di aiutare occupazione e investimenti, di rilanciare l'euro sempre più vicino alla lira e sempre più lontano dal marco, con il dollaro a 2.130 lire. Lei afferma che i mercati stentano a capire: si legga l'articolo di Auci su Il Sole 24 Ore di ieri. Ha detto che bisogna togliere il freno a mano all'economia (mi scusi, professore, chi avrebbe dovuto togliere questo freno a mano fino ad ora?), ridurre i tempi e i costi per far partire un'impresa, riformare il diritto societario e fallimentare, creare un forte pilastro previdenziale, vale a dire
Ha detto che bisogna chiudere la vicenda degli ordini professionali. Mi consenta di soffermarmi su tale questione. Mi sembra un vero lapsus freudiano: lei vuole chiudere non la vicenda, ma gli ordini professionali sic et simpliciter. Lo dica e lo faccia, se ne ha la forza ed il consenso, e ne gestirà le conseguenze drammatiche per il paese e per i rilevanti interessi pubblici e di ordine costituzionale (giustizia, salute, ambiente e così via). Le professioni, caro professore, sono istituzioni libere da sempre e hanno anticipato un'autonomia previdenziale sana ed efficiente, al confronto della quale emergono, con drammatica evidenza, le pecche di quella pubblica. Lei vuole smantellare tutto questo invocando una libertà di stabilimento ed una liberalizzazione che già esistono, mentre anche l'Europa - veda la legge comunitaria sulle società fra avvocati - invoca armonizzazione e certificazione di qualità.
Il gas e l'elettricità. A tale proposito, l'ENEL ha regalato al suo Governo 7 mila miliardi di lire nel 1999: cosa farà nel 2000 mentre le tariffe non scendono e gli investimenti nel settore della tutela ambientale latitano? Ha detto che bisogna formare gli insegnanti alle nuove tecnologie ed al nuovo mondo, valorizzare il patrimonio culturale.
Lasci stare i ringraziamenti alla Melandri: io vivo a Roma e le posso portare l'esempio dell'auditorium, del teatro dell'opera, del Coni e delle fondazioni musicali che dimostrano come ha lavorato la Veltroni... mi scusi, la Melandri (questa volta ho avuto io un lapsus freudiano). Intende trasformare gli sportelli unici da ricettacolo di istanze a centri di decisione, cantierare i lavori, risanare le ferrovie e gli aeroporti, rilanciare il Mezzogiorno ed i patti territoriali, far fare qualcosa a Sviluppo Italia in modo che, finalmente, quei signori si guadagnino lo stipendio, compreso il figlio di Cossutta. Lei intende promuovere altre politiche in campo sociale, non ricorrendo soltanto agli ammortizzatori sociali e via dicendo; approvare il pacchetto sicurezza ed ampliare l'azione amministrativa coordinando le forze di polizia; ottenere maggiore giustizia (ma non viene detto in quale modo); bilanciare con l'Europa la leadership degli USA nel mondo; riformare la leva, ridurre i debiti e la povertà dei paesi che si trovano in tale condizione; distinguere bene tra immigrazione e criminalità; riformare le Nazioni Unite; dare all'Italia un posto in seno al Consiglio di sicurezza, ed infine imitare, magari facendolo anche santo in anticipo, Sua Santità Giovanni Paolo II. Lasci stare, signor Presidente! Auguri!
Questo lunghissimo elenco non può essere l'impossibile programma per undici mesi; esso è invece, signor Presidente Amato, professor Amato, il suo terribile e personale atto d'accusa nei confronti dei Governi Prodi e D'Alema, di cui lei si dichiara continuatore, accusandoli però di non aver fatto in quattro anni alcunché di ciò che lei si propone e promette di fare in meno di un anno, e per di più con gli stessi ministri e gli stessi sottosegretari (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Per capire ciò che l'aspetta, signor Presidente Amato, rilegga su la Repubblica gli articoli di Mauro e di Messina che sono un po' la voce della sinistra dei DS e non si illuda di ingannare gli italiani con una finanziaria leggera, tutta regali, tutta sprechi, tutta erogazioni a pioggia. Gli italiani non portano gli orecchini al naso e capiranno che lei con questo o spera di vincere le elezioni del 2001 oppure crede di lasciare, diciamo così, delle patate bollenti al Polo quando vincerà le elezioni. Non si illuda! Sono tutte queste le ragioni per le quali, professor Amato, il Polo non potrà votarla. Ed io personalmente non la voterò (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
Ieri sono rimasto veramente deluso, come credo lo sia rimasta gran parte del Parlamento, per come lei non sia riuscito a spiegare il «disastro» dell'Ulivo nonostante il giudizio unanime che è stato espresso. Lei che è molto attento al giudizio dei giornali stranieri, avrà avuto modo di leggere ciò che è stato scritto stamane a proposito del suo discorso e del suo Governo: un giudizio pesantemente negativo. E tale non poteva non essere perché la sinistra italiana non ha voluto prendere atto, in tal modo caratterizzandosi come una sinistra comunista o di eredità comunista, di un giudizio politico degli elettori credendo o facendo finta di credere che la bocciatura riguardasse alcuni ministri e il Presidente del Consiglio.
Lo stesso D'Alema si è rimosso da Presidente del Consiglio e lei ha rimosso i ministri e i sottosegretari che lei riteneva colpevoli del disastro elettorale. Ha rimosso Bindi e Berlinguer, ha spostato Visco, ha rimosso il sottosegretario per l'interno Maritati, nonché il sottosegretario per la protezione civile, credendo che fossero capri espiatori. Questa è purtroppo una vecchia eredità comunista, quella cioè di credere che in qualche modo bisogna far fare autocritica, colpevolizzare alcuni, senza rendersi conto che invece il problema è squisitamente politico. È un problema che riguarda l'Ulivo così come era nato, con dei personaggi e dei protagonisti che oggi non vi sono in nessuna delle forze politiche che compongono questa maggioranza. Non c'è Prodi, non c'è D'Alema, ma non ci sono nemmeno altri protagonisti: non c'è Marini, non c'è il verde Manconi, non c'è nessuno di coloro che sottoscrissero quel patto; non c'è più la coalizione dell'Ulivo che peraltro lei non ha disegnato.
Nel suo discorso, nelle parti iniziali, quelle più significative, lei ha cercato, in qualche modo abbarbicandosi, di raccogliere quel poco di voti che riteneva gli mancassero: i voti dei verdi, i voti di qualche referendario, i voti degli autonomisti, i voti dei repubblicani; ha cercato di raggranellare, uno dopo l'altro, numericamente, ciò che pensa sia il limite di sufficienza del suo Governo, ma non ha detto due cose importanti, non ha detto perché il Governo nasca e quale sia la fonte della sua legittimità. Anzi, lei stesso si è accorto di aver fatto un paradosso quando ha detto, nel suo discorso, che il prossimo Presidente del Consiglio - il prossimo e dunque non lei! - avrebbe dovuto avere una legittimazione popolare. Si rende conto di quale grave paradosso ha illustrato in questa Assemblea, che invece si aspettava che lei, con la consueta lucidità politica, spiegasse perché nasce questo Governo e sulla base di quale legittimità nasce questo Governo e lei, come Presidente del Consiglio (non il prossimo Governo! Non il prossimo Presidente del Consiglio!)?
La seconda cosa che avrebbe dovuto dire e che noi ci saremmo aspettati di sentire da lei è cosa intenda fare, non per risolvere il problema della fame nel mondo, non per risolvere il problema dell'ONU o dei 5 miliardi di poveri che esistono ancora nel pianeta - problemi che certamente non può risolvere questo Governo e tanto meno in dieci mesi - ma semplicemente cosa possa fare nei prossimi mesi. Semmai avrebbe dovuto dire quello che ha detto il Presidente del Consiglio Dini in questa sede quando, creando un Governo anch'esso non suffragato dal consenso popolare, all'inizio della scorsa legislatura, disse o fece credere di voler fare due o tre cose essenziali. Quello aveva comunque un senso politico. Lei questa cosa non l'ha fatta, ben sapendo di avere davanti non quattro
Lei ci ha detto invece una cosa fondamentale senza portare a conseguenza quello che ha detto. Ha detto che questo Governo dovrebbe nascere per consentire all'Italia di partecipare, nelle condizioni migliori, alla fase di ripresa economica in atto in Europa. Le voglio chiedere sinceramente: lei pensa davvero che questo Governo, questa maggioranza, questa coalizione che non ha i numeri e non è politicamente suffragata, che ha dieci mesi di tempo, che si regge sul consenso disperato di gente che non sa più come farsi rieleggere nel proprio collegio, che deve subire anche l'ostracismo di personaggi popolari - lo voglio sottolineare - come Di Pietro, di personaggi che facevano parte della sua coalizione e della sua maggioranza, lei pensa che questo Governo possa davvero consentire all'Italia di partecipare nelle condizioni migliori alla fase di ripresa economica in Europa? E questo mentre altri Governi europei possono, nella competizione globale del continente europeo, proporsi con la forza della legittimità popolare programmando e realizzando interventi di riforma strutturali significativi, come sta facendo il Governo Aznar in Spagna, come sta facendo il Governo irlandese, come si propongono di fare anche il Governo francese e il Governo tedesco avendo essi comunque anni di governo davanti a loro? Lei pensa che l'Italia in questo scorcio di legislatura, con questo Governo debole e gracilissimo, possa competere con i partner europei nella grande sfida della globalizzazione?
Io credo che lei stesso si renda conto di come stia rendendo un pessimo servizio, di come stia arrecando un grave danno al paese, un grave danno anche a se stesso. Lei non aveva la necessità che, come oggi sappiamo tutti, aveva il ministro Dini di assurgere alla carica di Presidente del Consiglio; lei non aveva da sistemare conti bancari o di altra natura; lei non aveva da dare soddisfazioni a mogli o a banchieri che le stavano intorno; lei non aveva necessità di fare questa fine, di fare la fine del traghettatore, la stessa fine che fece in qualche modo nel 1992: anche allora, coloro che si affidarono a lei pensavano che potesse traghettarli nella nuova Repubblica, che potesse traghettarli verso il successo elettorale; anche allora, lei ebbe i voti del centrosinistra, ma alla fine del suo Governo il centrosinistra non c'era più, non c'erano i partiti che gli diedero i voti, non c'erano i personaggi politici ed i parlamentari che gli diedero quel consenso! Lei traghettò se stesso, non la maggioranza di allora. Lei oggi, forse, non traghetterà né questa maggioranza né se stesso, perché questa maggioranza - e lei stesso - deve prendere atto di una cosa fondamentale: che quello che è accaduto nelle elezioni regionali non è un fatto transitorio, non è dovuto e non è responsabilità né di D'Alema, né di Bindi e nemmeno di Berlinguer, non è responsabilità di persone; non deve cercare, non dovete cercare capri espiatori! È una conseguenza logica e politica: la sconfitta è di una coalizione che non è maggioranza nel paese e che non può recuperare in questi dieci mesi quello che non è nella società profonda del nostro paese. Fu bravo D'Alema nel 1996 - e dobbiamo riconoscerlo - a riuscire ad invertire una tendenza, a riuscire a creare una coalizione tale da poter portare una sinistra, che è sempre più minoritaria in questo paese, al Governo della nazione. Ma le condizioni straordinarie di allora non esistono più, non esiste più quello che accadde allora: la frattura tra il Polo e la Lega. Se nel 1996 Polo e Lega si fossero presentati insieme, avremmo vinto, avremmo largamente vinto già nel 1996.
Oggi il Polo e la Lega riunificandosi hanno riunito la maggioranza sociale del paese che è da sempre di centrodestra. In più, nel 1996 D'Alema con Prodi, con la faccia di Prodi, riuscì in qualche modo ad ottenere i consensi di due soggetti sociali, culturali, politici e religiosi importanti in questo paese: la Chiesa cattolica e la Confindustria. Oggi voi non avete più il sostegno né della Chiesa cattolica né della
Ecco perché questo Governo è minoranza nel paese e potrebbe anche essere minoranza in Parlamento ed ecco anche perché il suo Governo, nei mesi che restano, ove ottenesse una maggioranza risicata alla Camera con il solito mercanteggiamento di posti e poltrone, non potrebbe recuperare, comunque, lo svantaggio, né invertire la rotta, né diventare maggioranza nel paese perché il centrodestra ha dimostrato, riunificandosi da nord a sud, di essere maggioranza del paese e di aver recuperato il consenso sociale dei soggetti che sono naturalmente di centrodestra in questo paese.
Per questo, caro Presidente del Consiglio, mi dispiace vederla dopo tanti anni in queste condizioni. A me dispiace di vederla a sinistra, affidarsi ad esponenti che escono dall'era craxiana e mi riferisco non solo a lei, non solo al sottosegretario Intini, non solo a Del Turco, ma anche al banchiere Nesi, anche a coloro che venivano dalla tradizione socialista e - se vogliamo - dalla peggiore tradizione socialista.
Caro Presidente del Consiglio, - e concludo - lei non può fare nulla più di sinistra e nulla più di centro. Lei può fare, nei prossimi mesi, qualcosa in meno di sinistra e qualcosa in meno di centro e non a caso si affida, si aggrappa insieme alla sua maggioranza, per approvare la legge finanziaria, ad un'asta pubblica. Cos'ha l'asta sull'UMTS di sinistra o di centro? Cos'ha l'asta che tende sostanzialmente a ricavare più denaro e perché lei si aggrappa disperatamente a quei 25 mila miliardi e oltre per tentare di recuperare qualche possibilità di distribuire prebende o clientele? Non sarà così e può invertire una tendenza storica. Rassegnatevi, in questa fase in Italia deve governare il centrodestra. Con il maggioritario, a differenza del proporzionale, bisogna saper perdere, perché se non si sa nemmeno perdere si arriva al disastro.
Mi auguro che nasca una sinistra che sappia anche perdere (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).
Vorrei fare solamente un excursus della mia esperienza parlamentare, professor Amato.
Quando ebbi l'onore di essere presidente della Commissione attività produttive ed insieme all'allora ministro Clò varai la legge che istituì l'authority sull'energia ebbi... Presidente Amato, visto che sto parlando di lei, abbia la cortesia di ascoltarmi.
In quel periodo ebbi la fortuna di conoscerla, e fino ad una settimana fa sono andato in giro dicendo in Parlamento e fuori del Parlamento, anche in
In mezzo a questo bailamme lei ha dovuto subire quello che non mi aspettavo subisse, cioè, probabilmente, ore, notti e mattine, in cui il ministro dei lavori pubblici è andato a fare il ministro dell'ambiente e dunque quel ministro che fino a ieri diceva «facciamo le autostrade» domani dovrà dire «no, le autostrade fanno schifo, non dobbiamo più realizzarle». Tutto quindi poteva emergere secondo le intemperanze dei partiti che lei ha sempre osteggiato (e questo, devo dargliene atto, è uno degli aspetti che suscitava maggiore stima mia personale nei suoi confronti) e secondo le peggiori tradizioni del passato: ministri che non hanno alcuna competenza specifica in quel settore che si spostano da un dicastero ad un altro perché bisogna rispettare degli equilibri.
Ecco allora perché martedì scorso tutta la stima nell'intelligenza del professor Amato, che prima del 1994 non conoscevo, in me è totalmente caduta, quella stima che mi aveva spinto a dire, quando il Presidente Ciampi fu eletto Presidente della Repubblica e lei fu nominato ministro del tesoro, nonostante fosse ministro in un Governo che ritenevo assolutamente inadeguato, «il professor Amato sarà un degno ministro del tesoro».
Il programma che lei avrebbe dovuto illustrare a questo Parlamento è il seguente: «Sono schiavo dei partiti che mi hanno imposto di fare questa scelta; il mio programma è riassumibile in quattro parole: evitare le elezioni anticipate». Credo, professore, che per rispetto verso il suo prestigioso passato e la sua lucida intelligenza non avrebbe dovuto accettare quello che ha subito.
Per concludere - non ho bisogno di nove minuti per dire quello che penso - su una considerazione sono totalmente d'accordo con lei. Lei ha detto: «L'economia italiana è come una macchina potente handicappata da un freno a mano che deve essere tolto». Professor Amato, non si è accorto che il freno a mano è intorno a lei, ce l'ha seduto al suo fianco, ce l'ha alla sua sinistra? Ci penseremo noi a toglierlo tra dieci mesi, quando gli italiani ci faranno governare il paese (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia - Congratulazioni).
Lei sa benissimo di avere l'attesa di una maggioranza assai composita. Se solo si leggono i quotidiani di oggi, ci si accorge che la composizione dei gruppi che dovrebbero darle la fiducia è veramente variegata. Il Corriere della Sera elenca una serie di sottogruppi: all'interno dei Democratici parla dei prodiani, dei dipietristi, di centocittà, degli ex diniani, dei governativi; all'interno dei DS parla dei veltroniani, dei dalemiani, dei riformisti, della sinistra DS, dei leader cosiddetti emergenti che, secondo il Corriere della Sera, sarebbero Bassolino e Cofferati; all'interno del Partito popolare, che perde voti ma aumenta le proprie divisioni interne, vi sarebbero gli ulivisti, i governativi, i centristi, gli irpini (De Mita e Zecchino), i nordisti e persino i padri - si fa per dire - nobili; poi vi è l'UDEUR, piccola ma che non vuole essere da meno, con i mastelliani, i nordisti e i dissidenti, Cardinale (non capisco da cosa dissenta ma pare sia un dissidente anche lui).
In un quadro come questo, comincio a rimpiangere Bindi e Berlinguer. Lei, si
Presidente, lei si è dilungato sul tema della sicurezza e su quello dell'immigrazione, ma non ci ha convinto. Per quanto attiene alla immigrazione, ha fatto ricorso al classico «zio d'America». Uno zio d'America ce lo abbiamo un po' tutti, chi più chi meno; io, forse, che non ce l'ho, ho un'altra argomentazione: semmai dovessi sollecitare un applauso a sinistra, potrei ricordare che la cicogna mi ha fatto «scendere» in Sicilia; se avesse avuto i freni più lenti, sarei finito nel Maghreb. Ed è per questo, difatti, che non vi è alcun atteggiamento preconcetto di prevenzione nei confronti di una sana e corretta immigrazione. Lei deve cominciare a comprendere che da parte del Polo, da parte del centrodestra, non è mai venuta una equazione quale quella che lei ha voluto cercare di dimostrare - immigrazione uguale criminalità -, ma credo che iniziare un discorso sottolineando questo aspetto significa non comprendere che il problema dell'immigrazione deve essere affrontato anche per i riflessi che esso comporta sul piano della criminalità. Non volerlo comprendere significa proseguire la strada del buonismo, del lassismo, del finto pietismo che sta dando tanti guasti e tanti guai alle regioni d'Italia più colpite e, man mano, a tutte le regioni del paese!
Sul piano della sicurezza lei ha insistito con questo fantomatico pacchetto sicurezza, affermando che bisognerebbe fare ancora di più. Noi ci accontenteremo se questo pacchetto sicurezza, che due ministri hanno annunziato e che nessuno ha mai avviato, cominciasse ad essere discusso in Parlamento! Perché è stato cancellato dall'ordine del giorno? Noi riteniamo di sapere che, quando si parla di sicurezza e quando noi diciamo «prima di tutto la sicurezza», nelle vostre menti, nella sua mente, signor Presidente del Consiglio (non vi è nulla da vergognarsi: prima faceva cenni con la mano), nella sua concezione di ex psiuppino, il termine sicurezza significa propaganda della destra; vi fa venire in mente forse un retaggio antico, ma non più di tanto, quando nelle strade gridavate che bisognava disarmare la Polizia o che il carabiniere dovesse essere mandato al cimitero («basco nero, il tuo posto è al cimitero»). Capisco, è un riflesso condizionato non è che adesso siete convinti di queste cose, ma è difficile per chi ha questo background affrontare il tema della sicurezza come questione prioritaria e senza la quale non è possibile esercitare alcuna delle libertà costituzionali: la libertà di vivere; di incontrarsi; la libertà di lavorare! Voi avete un meccanismo distorto che vi fa ritenere che affrontare seriamente questo tema significhi fare un piacere alla destra: non è così, signor Presidente del Consiglio!
Allora, se non ci convince il modo in cui lei ha cercato di presentare un percorso «napoleonico»; se non ci convince il modo in cui lei ha cercato di raccogliere i voti per un percorso che tutti sanno essere soltanto quello di un'attesa che avvenga un evento straordinario, magari miracoloso, nell'anno del Giubileo, che possa far cambiare in qualche modo il verso che il consenso dei cittadini sembra indirizzato ad avere; se non ci convince tutto questo, io debbo almeno chiederle un atto di lealtà verso questo Parlamento.
Comprendo benissimo che sia stata una scelta giuridicamente corretta quella fatta dal Presidente Ciampi di affidarle
Non mi dilungo, avendolo già fatto molti colleghi, sullo spettacolo della conta delle poltrone, dei ministri e dei sottosegretari per mettere d'accordo i diciassette capigruppo. Alla faccia di chi continua a dichiararsi bipolarista e favorevole al maggioritario secco! Vorrei invece intervenire sulla sostanza programmatica del suo discorso di presentazione del nuovo Governo.
Lei ha insistito molto sulla volontà di continuare il lavoro dei suoi predecessori e di voler portare a termine la riforma della sanità che nessuno pare aver apprezzato, né i medici né tantomeno i cittadini. L'unica cosa certa è che in questi anni sono aumentati i ticket per le prestazioni sanitarie, non si sono accorciati i tempi di attesa, si sono ridotti il personale e i letti negli ospedali soprattutto del nord. Se questa riforma è così valida da dover essere completata, non si capisce perché il maggior artefice, il ministro Bindi, sia stato sostituito. Lo stesso si può dire per la riforma della scuola. È una riforma che nessuno ha capito (forse nemmeno il ministro che l'ha ideata). È comunque una riforma che è stata bocciata sia dagli studenti che dagli insegnanti. Il ministro Berlinguer, anche lui troppo bravo, è stato sostituito!
Dalle sue parole abbiamo appreso che negli ultimi anni in Italia la tassazione è diminuita. Il nuovo ministro delle finanze, prima ancora di essere legittimato dal voto, si è affrettato a dichiarare che ridurrà le aliquote IRPEF. A parte il fatto che solo voi vi siete accorti di questo (e non capisco soprattutto come abbia fatto il neoministro, visto che si fa fare il 740 da altri), se è vero che le entrate tributarie nel 1998 e nel 1999 sono aumentate di decine di migliaia di miliardi e il PIL non è aumentato di altrettanto e la lotta all'evasione ha dato risultati soltanto risibili, è altrettanto vero, se la matematica non è un'opinione, che chi ha un'attività regolare ha di fatto pagato imposte e tasse complessive in misura maggiore e non minore rispetto al passato!
I passati recenti Governi pare abbiano compiuto mirabolanti imprese anche in
Dichiarazioni altisonanti si sono udite anche riguardo al problema della sicurezza. La stessa maggioranza che ha partorito la legge «Turco-Napolitano» che ha spalancato le porte all'immigrazione selvaggia e alla criminalità extracomunitaria, adesso si scopre garantista, severa ed inflessibile nel voler applicare la legge. Questa maggioranza che ha spinto la Cassazione a bocciare con argomentazioni ridicole i referendum sull'immigrazione che il popolo aveva invocato a gran voce, adesso veste i panni del gendarme. Perché non si è fatto svolgere il referendum? Si temeva forse la bocciatura plebiscitaria che sicuramente ne sarebbe conseguita. Anche qui, comunque, è la semplice impietosità dei numeri ad inchiodare il Governo vecchio e nuovo alle proprie responsabilità.
In Italia esiste un agente di pubblica sicurezza ogni centosettanta cittadini: il doppio della Germania e il triplo della Svezia. Sul territorio, però, troviamo un agente ogni duemila cittadini nelle province del nord, il doppio o il triplo nelle regioni del sud e fino a dieci volte (uno ogni duecentoventi cittadini) nella provincia di Roma. Il territorio è preda della malavita, soprattutto in alcune zone del paese, semplicemente perché non è presidiato oltre agli altri problemi legati alla magistratura. Di fronte a questi numeri né il ministro Jervolino né il ministro Bianco hanno fatto nulla in questi anni, nonostante le numerose proteste del nostro movimento. Anche le nostre proposte molto semplici, ma efficaci, come il servizio di leva svolto come vigile urbano, sono state nei fatti boicottati, tant'è che nessun comune è riuscito ancora ad averne uno. Altro che volontà di combattere il crimine!
Alle questioni importanti, come le leggi sulle banche, soprattutto le banche popolari, farò solo un accenno, per dire che anche in questo caso si sono svendute con grave danno economico e culturale dei cittadini, soprattutto del nord, che con il proprio lavoro ed i propri sacrifici avevano contribuito alla loro formidabile crescita. Lo stesso vale per le privatizzazioni, che hanno semplicemente comportato una svendita alle solite grandi famiglie di pochi gioielli e che hanno mantenuto intatti vecchi carrozzoni. Solo qualche parola su questi argomenti, comunque importanti, perché voglio avere più tempo per l'ultima fondamentale questione: il federalismo.
Anche lei è convinto che ormai siamo un paese federale e che si deve solo dare qualche ritocco per chiudere completamente l'argomento e la questione. Guardi che anche di queste cose vi siete accorti solo voi: io sono da sette anni sindaco di una cittadina del nord e non me ne sono accorto, tanto meno se ne sono accorti i miei concittadini. Le assicuro che questi sono gli unici cambiamenti: maggiori competenze, meno trasferimenti dallo Stato, maggiori necessità di imposte locali. Il federalismo alla Bassanini è molto semplice: maggiori oneri ai comuni, alle province e alle regioni ed i soldi sempre ed esclusivamente a Roma, salvo la possibilità di tasse locali aggiuntive. Il federalismo vero è un'altra cosa, molto semplice se lo si vuole davvero: devoluzione delle competenze e della tassazione, più libertà agli enti locali e poche prerogative allo
Per concludere, mi aspettavo da lei un discorso di insediamento più modesto e più umile, più in linea con i pochi difficili mesi di lavoro che ha a disposizione: la reiterata volontà di continuare, invece, sulla strada dei governi precedenti è la sua stessa condanna. Il paese ha bocciato la vostra maggioranza proprio per le cose che lei vuole continuare a fare, i cittadini italiani vi hanno bocciato perché non hanno condiviso le vostre riforme della sanità e della scuola, per il vostro atteggiamento sull'immigrazione e per la vostra incapacità in campo economico. Il paese vi ha bocciato non per astruse ragioni filosofiche ma perché, semplicemente, non condivide le vostre idee: questo è risultato più evidente al nord, dove il popolo ha votato compatto per la coalizione Polo-Lega e l'ha votata per il programma proposto, che è lo stesso che la Lega porta avanti da anni.
Il nord ha votato per uno Stato più libero e più liberale, per maggiori autonomie locali, per la scuola regionale più vicina alle esigenze del territorio, per la polizia regionale più capace di difendere sul serio i cittadini, per la sanità gestita dalle comunità locali. Questo, ovviamente, ci riempie di soddisfazione, ma non ci sorprende, poiché sapevamo benissimo che contro la storia, comunque, non si può andare. La vera novità è che anche grandi fette di popolazione del sud hanno capito l'importanza del messaggio e non si sono fatte intimidire dai messaggi minatori sulla Lega razzista dei mass media di regime. Ormai, anche il sud ha voglia di economia vera e rifiuta sempre di più i vostri modelli economici basati sull'assistenzialismo o sui lavori socialmente inutili, ma mi pare che siate incapaci di leggere questa semplice realtà.
La vostra arroganza vi impedisce di ammettere il vostro fallimento: ne sono prova gli attacchi sconsiderati al nostro movimento, che molti colleghi di sinistra hanno portato nei loro interventi, come se la Lega nord fosse responsabile di questa crisi o, peggio ancora, come se la Lega nord fosse la causa, e non l'effetto, della protesta delle regioni del nord. Qualche tardivo richiamo sulla questione settentrionale è assolutamente inutile, come è inutile cercare di rincorrere su qualche importante argomento la volontà popolare e mostrare improvvisamente maggiore rigore: non vi crede più nessuno. Per tutte queste ragioni, non potremo che votare contro la fiducia al suo Governo, ma le auguro ugualmente di avere la maggioranza, magari per poco: lei ha un'importante compito da svolgere, deve completare l'opera dei suoi predecessori, dei due anni e mezzo del governo Prodi e dell'anno e mezzo dei due governi D'Alema. Loro sono stati i principali artefici del successo della coalizione Polo-Lega alle elezioni regionali, lei nell'anno che resta deve dare l'ultimo contributo alla vittoria dell'attuale minoranza alle prossime elezioni politiche (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Alleanza nazionale)!
Anche il richiamo a concetti di democrazia sostanziale ci deve far ricordare che, disprezzando le regole ed evocando la democrazia sostanziale, nella storia si sono prodotte tragedie. Addirittura da parte dell'onorevole Fiori, ieri, è stata evocata la necessità di richiamare l'articolo 134 della Costituzione per un giudizio da parte della Corte costituzionale su un conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato; è un concetto che, tra le righe, è stato ripetuto anche dal collega che mi ha preceduto e credo che, per un'operazione di ecologia giuridico-istituzionale nel nostro paese, caro Presidente, sarebbe bene che tale aspetto fosse spiegato ai più in termini comprensibili, visto che anche in questa sede - ahimè - non è adeguatamente conosciuto.
Detto ciò, passo a questioni di natura strettamente politica, per dire che, caro Presidente, dobbiamo prendere atto del fatto che fuori dal Palazzo siamo in una situazione di grandissima difficoltà, noi maggioranza siamo in difficoltà. Anche questo Governo viene percepito come un Governo non all'altezza del compito. Si tratta di un problema serio perché, come lei ci insegna, in politica non conta solo la realtà, ma la percezione della stessa che, anzi, è più importante. Credo che stiamo vivendo tali difficoltà perché quanto è stato realizzato dal Governo Prodi e dai Governi D'Alema - ritengo sia il caso di ringraziarli per quello che hanno fatto e credo che l'esperienza positiva di D'Alema sarà sicuramente rivalutata con il passare del tempo - non ha suscitato un consenso diffuso, un apprezzamento generalizzato nel paese per una questione di rilevante importanza che, forse, non abbiamo ancora adeguatamente compreso. Mi riferisco alla necessità di portare a conoscenza dei cittadini ciò che viene fatto; bisogna comunicare, portare la notizia in termini comprensibili e diffusi. Caro Presidente, ci troviamo in una situazione della quale molti cittadini non conoscono nemmeno quanto di buono è stato realizzato in questi anni. Nella frenesia del fare, ci siamo dimenticati del comunicare in un'epoca che vive proprio di comunicazione.
Nel suo discorso di ieri, lei ha detto opportunamente «poca legislazione e tanta azione». Siamo assolutamente d'accordo ed io aggiungo anche «tanta comunicazione». Se dovessi riassumere con uno slogan il compito arduo, e per certi versi anche affascinante, che le assegniamo come maggioranza, consapevoli che si tratta proprio di un grande ed arduo compito, direi: Presidente, lei deve far rientrare nella coscienza del paese quei valori e quei fini del centrosinistra ai quali lei ieri si richiamava. Siamo in una situazione nella quale dobbiamo proprio far rientrare nella coscienza del paese i valori ai quali ci ispiriamo. Questo è il problema di fondo, che non riguarda solamente il destino di una maggioranza, ma che credo riguardi, senza essere eccessivamente enfatico, anche il destino del nostro paese, se vogliamo evitare che i discorsi di mera quantità si confondano con quelli di mera qualità, in una condizione in cui tutto viene misurato semplicemente con i punti percentuali e molte volte viene misurato non dicendo la verità con riferimento a questioni che sollecitano e solleticano l'emozione del cittadino.
Prima ho sentito dire che non è stato fatto niente al nord. Anch'io vivo al nord (siamo in una situazione in cui sembra che in questo paese solamente alcuni vivano al nord), a Milano, e, per fare un esempio banale, nei quartieri periferici di Milano oggi si vedono passeggiare i carabinieri: ciò rappresenta per i cittadini un momento di sicurezza che aumenta.
Presidente, ho fatto questo esempio banale, perché a proposito di questa tanta
Evidentemente poi dovremo condire queste cose con alcuni contenuti che rientrano in quel filone di comunicazione a cui accennavo. Forse sarebbe bene, caro Presidente, che noi ricordassimo agli italiani come eravamo alcuni anni fa e come siamo oggi, quale sia la nostra condizione, con riferimento a ciò che abbiamo fatto, in un Parlamento semideserto, vuoto a metà, perché tutti quelli che oggi si professano europeisti sono usciti da questo Parlamento perché ritenevano che non avremmo mai raggiunto quegli obiettivi ed avremmo semplicemente ammazzato il paese.
Ma anche sull'obiettivo dell'euro, Presidente, vi è un problema di comunicazione: noi dobbiamo far capire agli italiani - perché molti non lo hanno ancora compreso - perché conviene l'euro, perché è convenuta l'Europa, in quanto nella coscienza diffusa avanza adesso l'opinione secondo la quale si sono semplicemente fatti dei sacrifici, a fronte dei quali non vi sono benefici. Noi dobbiamo essere - mi si perdoni il termine - adeguatamente «pedagogici», tra virgolette, rispetto ai risultati grandi che storicamente abbiamo realizzato: come eravamo, come siamo, come saremo, come vogliamo essere.
Ho fatto riferimento alla famiglia: noi come partito Popolare abbiamo insistito in questi mesi sul tema del nascere, sull'investire perché si favorisca la natalità in una società che invecchia, con un trend demografico che crea problemi non solo di natura sociale, ma anche finanziaria e previdenziale, come sappiamo: ebbene, credo sia il caso di insistere su questo terreno, di prendere provvedimenti concreti.
Signor Presidente, anche con riferimento alle difficoltà che esistono e che si mettono di traverso nella nascita di nuove imprese, abbiamo utilizzato uno slogan ed abbiamo organizzato un convegno che abbiamo intitolato «Nascere è un'impresa». Sì, Presidente, nel nostro paese anche nascere è un'impresa, per le questioni che lei evocava, relative al tempo, al danaro, ai costi e, alla burocrazia che si incontra. A tale proposito invito il ministro Bassanini, che tanto ha fatto su questo terreno, ad evitare il rischio che anche le cose fatte siano percepite - torno al discorso della percezione - come illuministiche ed aristocratiche.
Noi dobbiamo riuscire a far passare nella nostra pubblica amministrazione la motivazione forte secondo la quale i dipendenti pubblici sono facitori di democrazia. Signor Presidente, tanti anni fa lei ha scritto un articolo su Mondoperaio - lo ricordo ancora - in cui si affermava che occorreva recuperare l'orgoglio della funzione pubblica. Io credo che il problema di fondo della nostra pubblica amministrazione sia recuperare l'orgoglio della funzione pubblica, convincendo il lavoratore pubblico di essere un facitore e un costruttore di democrazia che, nel momento in cui lavora sulla frontiera del rapporto con il cittadino, sta costruendo democrazia, in un rovesciamento di rapporto che porta il principe ad essere il cittadino che è di fronte a lui e che occorre servire, appunto, in termini di restituzione di servizi che gli consentano di avere più libertà.
La libertà di cui parlano i nostri amici (veramente parlano delle libertà, illustrando questo concetto non casualmente al plurale, confondendolo con la licenza) non si identifica semplicemente con il discorso dei carabinieri. Mi rivolgo al ministro dell'interno: abbiamo certamente
Lo ricorderei anche agli amici leghisti ai quali mi permetterò di regalare un librettino in cui abbiamo riassunto, per non ripeterle qui, tutte le cose dette su «Berluskaiser», come lo chiamava Bossi non molto tempo fa. Lo regalerò perché non voglio perdere tempo in queste amenità, ma lo dico solo perché noi dobbiamo - lo ripeto e lo ribadisco - convincere gli italiani, in questo anno che abbiamo di fronte, che il destino del nostro paese si misura all'interno di questo intreccio, dentro questi interstizi di quantità e di qualità, di democrazia e di libertà, di sicurezza e di integrazione. Tutte queste sono le cose che noi dobbiamo fare. Avevo appuntato altri argomenti da trattare ma il mio tempo sta per scadere.
Lei ha parlato di formazione, a proposito del mercato del lavoro. Si tratta di un grande tema in riferimento al quale vorrei precisare (lo dissi anche quando se ne discusse la creazione) che già nei cromosomi di Sviluppo Italia vi era il segno di un fallimento che abbiamo conosciuto e che continuerà, se non adottiamo adeguate misure di inversione di tendenza. Lei ha già spiegato ieri che cosa vuole che diventi questo soggetto per il sud del paese ma mi preme dirle (sono membro della Commissione lavoro) che al nord abbiamo un problema che passa anche attraverso l'adeguata spiegazione che, se al sud (dove sono nato, anche se vivo da trent'anni al nord) c'è il problema della disoccupazione, che significa disperazione e che dobbiamo combattere, al nord abbiamo problemi molto diversi. Abbiamo la frontiera dell'eccellenza che dobbiamo tutelare e custodire perché rappresenta una ricchezza per il paese. Anche in questo caso occorre intervenire in termini di messaggio e di percezione. Non facciamo però passare il messaggio che tutto ciò che si fa è rivolto esclusivamente ad una parte del paese, che peraltro vive nella disperazione, come dicevo prima, perché, se facessimo questo, surrettiziamente asseconderemmo la logica secondo la quale si vuole di fatto la divisione del paese.
Tutto questo sui temi dell'economia e dello sviluppo, della formazione e dell'eccellenza, mentre per quanto riguarda l'assistenza vorrei ricordare che la legge quadro di riforma dell'assistenza dimostrerà - se saremo capaci di approvarla - che anche attraverso la legislazione ordinaria è possibile favorire un processo riformatore di grandissima rilevanza per il destino del nostro paese, cosa che abbiamo fatto attraverso l'azione del ministro Visco nel settore fiscale nonché quanto abbiamo fatto nei settori del lavoro e della sanità. A proposito di quest'ultima, come popolare mi aspetto che lei dica qualche cosa in più di quanto ha fatto nel suo discorso di ieri.
Non vorrei che in giro si facesse passare l'idea che quanto è accaduto nel campo della sanità sia semplicemente la spiegazione elegante di un fallimento. Credo, invece, che nel campo della sanità si sia semplicemente realizzato quell'intreccio virtuoso di principi di cui parlavo prima, con riferimento ad altre questioni. Il tempo, comunque, sarà galantuomo.
Nel suo intervento, meno sottile del solito, si evidenziava con nettezza che lei non sarà un Presidente del Consiglio, ma un amministratore delegato di parte della borghesia e il curatore fallimentare del centrosinistra. Nel suo intervento troviamo l'assoluto ed ossessivo richiamo alla favola del mercato perfetto, alla finanza cui tutto il resto (Stato sociale, scuola, pensioni) viene subordinato. Mi permetta una domanda: cosa c'entra tutto ciò con i risultati delle elezioni, con la sconfitta del centrosinistra e le dimissioni di D'Alema? Lei ha dato l'impressione di essere il successore di se stesso come Presidente del Consiglio del 1992 e come vice di Craxi. Del disfacimento e del fallimento del centrosinistra, lei non si cura. Eppure, la sconfitta di portata strategica così inequivocabile, che ha aperto varchi sociali e culturali al Polo e che, per converso, trova nell'astensionismo una risposta sfiduciata sempre più ampia tra i cittadini, avrebbe dovuto portare all'avvio di una profonda analisi ed alla proposta di un Governo che facesse i conti politici e sociali con la sconfitta.
Il centrosinistra, invece di cercare risposte in un ripensamento e in una ricollocazione complessiva o in una svolta, con la proposta del Governo da lei guidato commette una scelta suicida e prosegue nella linea che in questi anni ha disastrato qualsiasi speranza di cambiamento del paese. Bisogna davvero essere atterriti, ciechi o stolti, per proporre un Governo peggiore di quello appena sconfitto. Il centrosinistra sembra una di quelle sette la cui vocazione è al suicidio di massa!
Si dice che il centrosinistra non abbia capito fino in fondo la fase economica e sociale della vittoria liberista o la centralità del territorio; eppure, i Governi di centrosinistra hanno favorito più di ogni altro l'industria (15 per cento di tasse in meno per le imprese), hanno deregolamentato il mercato del lavoro e privatizzato come nessun altro in Europa negli anni novanta. Essi hanno applicato in maniera subalterna le direttive europee e attaccato il diritto di sciopero, per favorire la liberalizzazione e privatizzazione del mercato dei servizi (un affare da 100 mila miliardi); non parliamo, poi della parità scolastica e del suo significato emblematico. Il centrosinistra ha favorito il primato dell'impresa e del profitto, nonché il prevalere dell'economia sulla politica e la competizione del mercato come valore. Il centrosinistra ha sostenuto la guerra nel Kosovo decisa dagli americani all'interno della NATO. Si è prodotta in questi anni, in questo modo, la quasi totale cooptazione del movimento operaio nei Governi della borghesia - per carità - progressista. Questo è il risultato! No, quello che il centrosinistra non ha capito è che questa politica liberista aveva ed ha già tanti interpreti e sostenitori: oltre al Polo, vi sono la Confindustria, le varie associazioni dei piccoli e medi imprenditori, le cooperative, il Trattato di Maastricht, nonché la
Non ha capito che la questione della sicurezza nasce non dalla presenza degli immigrati, ma da un'insicurezza più generale rispetto ad un futuro che sempre più persone, in particolare i giovani, non vedono più con fiducia. Se tutto è precario e incerto, dal lavoro alla pensione, allo Stato sociale, ai propri risparmi trasformati in azioni, ai cibi che mangiamo, se la competizione tra persone è massima, anche l'insicurezza diventa massima, mentre è noto che i diritti continuano a diminuire. Mentre la nostra gente chiedeva giustizia sociale, si sono inseguiti, Polo e Lega, in una suicida, sbagliata, reazionaria campagna di ordine pubblico.
La lotta alla frammentazione, alla disuguaglianza, all'impoverimento, la tutela dell'ambiente, la lotta ai privilegi, alla burocrazia inefficiente, la democratizzazione degli apparati di sicurezza: queste erano le linee politiche che doveva seguire un Governo di centrosinistra e non le fallimentari grandi opere, come Malpensa 2000, l'alta velocità, cui seguiranno il progetto Mose o il ponte sullo stretto. Non di queste ultime c'era bisogno, ma di opere infrastrutturali adeguate alle caratteristiche del nostro territorio e non determinate dai signori del cemento e delle tangenti. Questo era il senso, la direzione, il ruolo sociale, politico ed ideale che la sinistra al Governo doveva intraprendere. All'interno di questo indirizzo doveva svolgersi il ruolo del sindacato, nuovo ed ancor più necessariamente conflittuale verso le sfide che il mondo del lavoro deve combattere a livello europeo e mondiale. Comprendiamo come lei sia affezionato alla concertazione, ma il sindacato rischia di fare la fine del centrosinistra; ha agevolato il padronato con una condotta bolsa e subalterna ed ora non contratta più nulla, gli accordi da tempo sono a perdere, mentre le aziende realizzano profitti da primato con l'aiuto dello Stato.
Si è prodotto, invece, solo un eterno chiacchiericcio su quali simbolo e premier doveva avere il centrosinistra, quale sistema elettorale lo avrebbe favorito, se il doppio turno, il turno unico o ancora il maggioritario, sebbene quest'ultimo abbia fatto aumentare i partiti da 18 a 44 ed alimentato il trasformismo parlamentare e nonostante l'astensionismo sia passato dal 9 al 30 per cento. Sta in queste cifre la sconfitta nei confronti della destra, questi sono i numeri dell'incapacità a mobilitare i cittadini, i lavoratori, i giovani verso il cambiamento: e non al nord si è perso, ma nel nord si è perso. Certo, c'era un bisogno di tornare al territorio, ma questo significava e significa semplicemente tornare nei luoghi di lavoro vecchi e nuovi, nelle scuole, ad unire ciò che il capitale divide. In questo senso doveva operare il decentramento alle regioni ed agli enti locali, altro che federalismo dei tagli e obbligo alla privatizzazione! E lei, Presidente Amato, come può essere la soluzione, lei che di questo modello di americanizzazione è da sempre un ispiratore, da collaboratore di Craxi a Presidente del Consiglio?
Il suo discorso si discosta anche dal già blando riformismo europeo dei Blair e degli Schröder. Il suo è un programma neo conservatore, basti pensare all'impostazione ideologica su mercato e finanza, da liberare da ulteriori lacci e lacciuoli, così come ha previsto la Confindustria nel suo progetto sulla competitività del paese, disegnando uno Stato delle imprese; basti pensare ai «fai da te», attraverso la
Elimina il ministro Bindi, uno dei pochi che ha avuto il coraggio di sfidare i poteri forti della sanità e di operare una riforma a favore del cittadino, e la sostituisce con un capo della ricerca oncologica privata, con un medico che parla ai medici: una corporativizzazione, questa, pericolosa come quella operata nel settore della scuola, dove è invece necessario esprimere il massimo di scelte politiche a favore di tutti i cittadini.
Non meno simbolico è il passaggio del Ministero dell'ambiente dai Verdi a Bordon. Non che il ministro Ronchi abbia brillato, ma uno schiaffo più pesante ai Verdi non si poteva dare! Del resto, non abbiamo capito come la maestrina Francescato riesca a coniugare la questione ambientale con lei Presidente del Consiglio. Il fatto è che questa sinistra, così com'è, macella qualsiasi diversità. Ciò che non riuscì pienamente a Craxi riesce a lei, che sul progetto di Craxi ha l'appoggio dei DS, della parte democratica degli ex DC, addirittura dei Verdi e di altri. Complimenti!
In questo quadro, però, questo centrosinistra è una gabbia da rompere, perché non può produrre più nulla di buono. È necessario ricostruire una sinistra plurale, dove ognuno si riprende, rinnovandosi, le proprie caratteristiche peculiari di sinistra moderata, radicale o ambientalista, dialogando con le altre forze cattoliche e democratiche che non hanno problemi molto diversi.
Anche per questo la motivazione di un Governo che consenta lo svolgimento dei referendum ci vede contrari. Il referendum sui licenziamenti attacca simbolicamente tutto il mondo del lavoro, tentando di far passare l'assolutismo padronale. L'altro referendum, che lei appoggia esplicitamente, tende a trasformare con il maggioritario ogni questione in un problema di carattere elettorale o ad appannaggio degli esecutivi.
Il fallimento di questi referendum dovrebbe essere un obiettivo comune per il rinnovamento e la rinascita della sinistra e del centrosinistra. Contro il disfacimento di oggi, contro il disorientamento penoso e doloroso che avvertiamo tra il popolo del centrosinistra, tra le classi lavoratrici, ma anche fra semplici democratici, riteniamo che occorra invocare un'altra via: al modello di società sempre più americanizzato è necessario contrapporre un'altra idea di società, solidale ed egualitaria, che rispetti l'ambiente.
Riteniamo che il conflitto per la difesa dei lavoratori sia sempre stato fondamento di progresso e di democrazia e lo sia tuttora. Crediamo si debba andare verso una forte redistribuzione delle ricchezze, se è vero come è vero che il 14 per cento delle famiglie vive con meno di 2 milioni di lire al mese e che, per converso, il 10 per cento possiede il 30 per cento della ricchezza. Riteniamo sia necessario dare segni di equità per chiudere la forbice che si è andata aprendo fra ricchi e poveri, a partire dalle pensioni minime, scandalosamente basse, senza doverle necessariamente paragonarle alla sua. È necessario un salario sociale in favore di chi non trova lavoro, anche sotto forma di incentivi alle imprese che volessero assumere disoccupati.
Serve uno Stato sociale basato su principi universalistici che riunifichi ciò che l'economia divide. Riteniamo che il sud non abbia bisogno di deregulation - perché ce n'è già abbastanza -, né di soldi distribuiti a pioggia alle imprese: servono investimenti pubblici per creare occupazione subito, per stabilire condizioni economiche, sociali ed ambientali favorevoli ad una nuova imprenditorialità che salvaguardi le caratteristiche del territorio.
Signori del centrosinistra, questa inversione di tendenza serve adesso. Andare alle elezioni ora o fra un anno in questo
Alcune settimane fa ci siamo presi la responsabilità di stipulare accordi per le elezioni regionali, nonostante temiamo più di tutto essere confusi con comportamenti che contrastiamo fortemente.
Dinanzi a questo Governo neoconservatore e ad una maggioranza votata al suicidio, siamo contrari non solo agli aspetti programmatici e politici: voteremo contro anche perché questo modo di far politica, dove si abbandonano grandi storie e percorsi al silenzio dell'intelligenza, non ci piace. La democrazia e la politica sono malate ed una cosa è certa: il Governo Amato non è la medicina, ma uno dei virus da combattere.
Signor Presidente del Consiglio, le voteremo contro, infine, perché non possiamo dimenticare che questo voto cade fra due date per noi fondamentali: il 25 aprile, anniversario della liberazione da cui è nata la Carta costituzionale, mai pienamente attuata e oggi attaccata frontalmente e obliquamente sia nella sua parte istituzionale, sia in quella sociale e di principio, nonché aggirata dai Governi di centrosinistra con la partecipazione alla guerra o al finanziamento della scuola privata e attaccata laddove si conferisce centralità all'impresa di mercato e non al lavoro e ai fini sociali dell'impresa stessa, ed il 1o maggio, festa dei lavoratori ed in ricordo dei morti nelle lotte per la riduzione dell'orario di lavoro.
Comprenderà quindi, a maggior ragione, perché, votandole contro, rispettiamo il ricordo di lotte esemplari che valgono per oggi e per domani; comprenderà perché, votandole contro, noi rispettiamo le memorie ed il lascito politico ed ideale di quanti si sacrificarono per la democrazia, la libertà, l'uguaglianza e la pace fra i popoli (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).
Nessun altro tipo di Governo potrebbe essere messo in piedi neppure allo scopo di celebrare i referendum. Il centrosinistra deve dimostrare con i fatti ai cittadini che i sacrifici finora compiuti non sono stati inutili.
Il programma enunciato dal Presidente del Consiglio è caratterizzato da un forte spirito di innovazione; più che nuove leggi abbiamo bisogno, come lei, signor Presidente del Consiglio, ha detto, soprattutto di una buona ed efficace amministrazione. Bisogna liberare la nostra economia di mercato da una serie di pastoie burocratiche al fine di favore la crescita che è in atto. Con la stessa determinazione occorre mettere in opera adeguate politiche di coesione per fronteggiare squilibri territoriali e recuperare fasce sociali di esclusione e di emarginazione. Il lavoro è la nostra principale sfida. Le politiche per l'occupazione devono essere fondate sullo sviluppo della formazione e della scuola.
L'insicurezza si diffonde tra i cittadini sul piano sociale come su quello individuale
Signor Presidente, i Governi di centrosinistra presieduti dall'onorevole Prodi e dall'onorevole D'Alema hanno portato avanti il risanamento della finanza pubblica; l'Italia è nella moneta unica europea, non dobbiamo però nasconderci che queste politiche di rigore, pur indispensabili, hanno provocato disagio e malessere nei cittadini, soprattutto al nord dove si concentra larga parte dell'apparato produttivo, e lo Stato è apparso esoso, il fisco è apparso rapace e la burocrazia oppressiva. Le popolazioni meridionali invece si sentono trascurate.
È del tutto evidente che non si devono riallargare i cordoni della borsa; il debito pubblico accumulato è ancora abnorme, tuttavia oggi è possibile arrivare ad una diminuzione delle tasse senza compromettere la tabella di marcia verso il pareggio dei conti pubblici.
Noi socialisti non abbiamo mai nascosto le nostre critiche alle carenze politiche e programmatiche che i Governi del centrosinistra hanno pur avuto. Abbiamo contemporaneamente riconosciuto i molti risultati positivi che sono stati conseguiti. Noi socialisti abbiamo posto, a suo tempo, una questione che riguarda la leadership del centrosinistra; non abbiamo mai avanzato pregiudiziali politiche e personali, non abbiamo neppure mai contestato che in linea di principio i democratici di sinistra, il partito più rilevante della coalizione, rivendicassero la guida del Governo.
Le nostre critiche e le nostre riserve, a tutti note, riguardavano esclusivamente il fatto che la leadership di Governo, per un complesso di fattori non fosse in grado, come invece è stata quella dell'onorevole Prodi, di conquistare quelle fasce sociali dell'elettorato decisive per il finale di partita in un sistema bipolare. Compiremmo però un grave errore se pensassimo che il solo cambio della leadership di Governo, e in futuro la scelta di una candidatura ad una premiership più capace di parlare al centro dell'elettorato italiano, possa risolvere tutti i nostri problemi. Bisogna invece eliminare alcuni ritardi che la sinistra politica e la sinistra sindacale hanno accumulato dinanzi alla straordinaria trasformazione in atto.
L'opposizione, come è del tutto legittimo politicamente, ha chiesto, anche se in forme sguaiate e poco nobili, elezioni anticipate; vuole profittare della vittoria conseguita alle elezioni regionali e portare a casa rapidamente il risultato.
Mi appare invece assai più strano che ci sia qualcuno nelle file del centrosinistra desideroso di affondare Governo e legislatura. Solo forme di ossessione persecutoria possono presentare il Governo presieduto dall'onorevole Amato come un tentativo di restaurazione. Tutto è cambiato e non si torna indietro! Chi comunque mette in atto tentativi di discriminare quanti hanno partecipato alla storia recente e meno recente del movimento socialista rivela solo una mentalità illiberale, violenta e politicamente razzista nei confronti di una parte della politica italiana che ha contribuito a rendere libera e democratica questa grande nazione.
Signor Presidente, il Governo che ci accingiamo a votare è l'espressione di tutto il centrosinistra. I socialisti daranno un voto convinto di fiducia al Governo da lei presieduto, che ha le carte in regola per affrontare i problemi del paese in questo ultimo scorcio di legislatura, molto importante per l'oggi ma certamente molto più decisivo per le sorti della democrazia del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo misto-Socialisti democratici italiani).
È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
Lavorare nel frastuono è molto difficile. Io auguro al Governo, in particolare al Presidente, di farlo con serenità, anche se sarà difficile, tenendo conto che i suoi compagni di viaggio sono sovente rumorosi e qualche volta anche insofferenti.
Ci sono dei precedenti. Fu difficile lavorare per il primo Governo Amato. Caddero molte teste. Ma il Presidente riuscì a gestire la cosa con freddezza ed anche con buoni risultati, con le quattro deleghe approvate. C'era però una buona sintonia politica, allora, tra le forze che sostenevano il Governo. Voglio ricordare un altro precedente di governo costretto a lavorare nel frastuono, cosa molto difficile. Toccò al Governo Berlusconi. Ambienti esterni alla politica pretesero di dettare legge, anche a livello internazionale. L'esperimento non riuscì, non tanto per gli attacchi provenienti dall'esterno quanto per i disaccordi interni, anche in quel caso.
Molti apprezzarono il lavoro del Presidente Amato. Oggi non sono sicuro che possa ripetere i risultati positivi di allora. Molti fra coloro che si aggrappano oggi a lui ebbero espressioni molto poco confortevoli nei confronti della sua persona, del suo Governo e del suo lavoro. Mi auguro che nella replica trovi spazio e tempo per chiarire un argomento importante che lascia per certi versi irrisolto come ministro del tesoro: quale fase attraversiamo nei rapporti economici con l'Europa? Quali ritardi abbiamo accumulato, negli ultimi mesi particolarmente?
I dati della Corte dei conti europea e della Corte dei conti italiana sono univoci: meno 22.500 miliardi in sei anni, meno 4.000 miliardi circa all'anno, non tutti dovuti a fondi di solidarietà o a ragioni strutturali. Soprattutto questo è necessario in un'Europa in cui, stando a quanto si vede, ciascuno confidava, per tappare i propri buchi, nei soldi, che sovente non c'erano, degli altri.
Il Presidente del Consiglio ha parlato di burocrazia che frena, condiziona e ritarda. Credo sia il tempo di affrontare coraggiosamente il problema delle authority sovente alibi per prelievi assurdi, sovente baracconi costosi, zeppi di privilegi improduttivi, accondiscendenti verso i potenti, incapaci di controllare i veri poteri forti, l'ENEL, la Telecom e fratelli, l'Italgas, le compagnie petrolifere, le banche che colpiscono a mansalva i cittadini nel disinteresse dei Governi e di parte del Parlamento.
C'è qualcosa che accomuna i controllori e i controllati? Il privilegio. Perché non lo si rende pubblico? Le Commissioni parlamentari di Montecitorio hanno votato una proposta di legge per creare una Commissione d'inchiesta per aprire i tabernacoli della giungla retributiva. Tutto bloccato da tre anni, non si arriva all'esame dell'Assemblea. Chi ha paura della verità? Forse Violante, forse la sinistra, forse il centrodestra, forse tutti?
Abbiamo votato recentemente per le regionali e discusso abbastanza poco di argomenti strutturali legati alle regioni. Quando Amato era il responsabile dell'antitrust ebbe una nota molto precisa del comportamento privo di valori nei confronti della concorrenza a proposito del trattamento tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario. Fu disposta un'indagine, non se ne sa più nulla. Credo sia necessario - lo abbiamo sollecitato - l'intervento dell'Europa e del commissario Monti. Se non c'è violenza in questo, non
Concludo con un'indicazione specifica. Ho apprezzato la scelta di Veronesi che sostituisce un ministro impopolare che non ha demeritato. In Veronesi confido per l'assolvimento del compito di riscoprire gli stanziamenti per la prevenzione oncologica decisi dal Governo Berlusconi (oltre 300 miliardi) e mai spesi negli ultimi quattro anni (Applausi).
I Governi di centrosinistra hanno dimostrato una cosa cui non eravamo abituati: di vivere e di sopravvivere anche in coma - lo ripeto - contro la volontà popolare come hanno dimostrato i Governi Prodi, D'Alema e ora quello del Presidente Amato.
Mai come adesso, contro il voto popolare, si propone un Governo impopolare, sicuramente composto, in parte, da persone con le quali ho condiviso un cammino, un percorso e delle idee, ma che non può essere nemmeno paragonato al Titanic che affonda e che ha una sua dignità. A me sembra, invece, un canotto rappezzato per arrivare non si sa dove a fine legislatura. Quale legislatura? Sarebbe dovuta finire già da molto tempo. Procede verso un approdo glorioso? Non mi sembra. Sarebbe stato molto più coerente nei confronti di chi in questo Governo crede - e lo rispetto - rispettare, almeno questa volta, la volontà popolare.
Detto questo rimango estremamente perplesso.
Il Presidente del Consiglio incaricato ha insistito molto nella sua storia politica accanto all'onorevole Craxi, e dopo, negli anni passati, su alcuni temi centrali anche della politica del Polo: il diritto alla vita, la famiglia. Chiedo allora al Presidente del Consiglio incaricato - che sarà sicuramente scaricato dalla sinistra sinistra quando porterà avanti questi temi - come farà a farli affermare da un ministro della solidarietà sociale che ha cancellato il termine famiglia dal dicastero voluto dal Presidente Berlusconi e che non ha mai creduto nella famiglia, se non nell'ultimo periodo (e certe conversioni preelettorali inquietano, non fanno piacere a chi è cattolico e non).
Il ministro della cosiddetta solidarietà sociale ha sempre contrastato - legga, Presidente del Consiglio incaricato, visto che mentre parlo lei non c'è - tutto quello che lei ha sempre detto in favore della famiglia e della vita. Mi chiedo allora come farà in questi pochi mesi (non è detto poi che la fiducia vi sia; io spero e le auguro di no) a ricomporre una politica sulla famiglia, sul diritto alla vita che quando viene pervicacemente ostacolata nasconde una forte componente razzista. Mi chiedo come farà in questi pochissimi mesi - se li avrà - a ricomporre quello che non è stato fatto, l'intervento sulle famiglie con un'elemosina che offende quelle in difficoltà, chi all'interno delle famiglie stesse è emarginato: hanno dato pochi soldi e hanno diviso i problemi facendosi un'autoglorificazione insensata, senza cuore, senza valori. Mi chiedo allora davvero come farà a difendere quei temi, che in fondo sono suoi, nel quadro di una politica, di una cultura che negli anni, in maniera carsica, ha affermato.
Mai come adesso, al di là dei temi dell'economia, senz'altro essenziali, e anche all'interno dell'economia, Presidente incaricato Amato, poco «amato» dai suoi, ha delle contraddizioni così forti che nemmeno con la sua tanto decantata sottigliezza potrà ricomporle, ha delle figure completamente antinomiche, contraddittorie, antagoniste. Basti pensare al
Mi chiedo come farà, Presidente incaricato Amato, essendo Capo dell'esecutivo, a difendere valori come la famiglia, il diritto alla vita, la parità scolastica all'interno di una coalizione nella quale la maggior parte delle persone dichiarano di credere ad essi, ma non ci credono. Questo è il grande problema suo e purtroppo degli italiani. A noi, in fondo - concludo e mi scuso -, potrebbe anche far piacere che facciate l'ennesima brutta figura. Il problema è che gli italiani ne soffrono.
L'ex ministro Costa ha parlato di Veronesi.
Il professor Veronesi ha fatto differire di un giorno la riunione del Consiglio dei ministri: era meglio che la facesse differire per sempre, perché il grande malato è proprio questo Governo, che spero non nasca; se anche nascerà, però, le assicuro che non lascerà alcuna metastasi, perché sarà l'ultimo Governo di centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Affermo ciò per far presente al Presidente Amato che in lui non vedo affatto un elemento di reintegrazione del vecchio, bensì un elemento di continuità di quel buon governo del quale sono stato dapprima protagonista indiretto, come oppositore, e poi, pur nella modestia della mia persona, protagonista diretto.
Ciò premesso, vorrei focalizzare il mio intervento su un argomento che è stato sottaciuto nel pur ampio e convincente discorso programmatico del Presidente, argomento che, peraltro, è riecheggiato, addirittura ridondante, nel corso di questa discussione. Mi riferisco alla presunta illegittimità del Governo, affermata dai leader dell'opposizione Berlusconi, Fini e Casini e dai tanti altri coristi, absit iniuria verbis, dell'opposizione stessa.
Ebbene, la nostra è una democrazia parlamentare; ne deriva che il Governo trae la sua legittimità dal Parlamento, che è ritenuto rappresentativo della volontà popolare. La volontà del Parlamento si conforma come somma delle singole volontà dei parlamentari, senza vincolo di mandato. Badate, la previsione «senza vincolo di mandato» non è un'originalità della nostra Costituzione, una stranezza, una licenza, ma un principio risolutamente affermato in tutte le democrazie occidentali; viceversa, nelle cosiddette o sedicenti democrazie popolari esisteva il vincolo di mandato, il che non può essere un caso. Infatti, la differenza fra il primo ed il secondo tipo di democrazia è enorme: un parlamentare con il vincolo di mandato è un soldato fedele ad una maglia, ad un leader, ad uno stendardo, ad una ideologia; al contrario, un parlamentare senza vincolo di mandato imperativo può esercitare il proprio libero
Non ci sarebbe bisogno, però, di tornare oggi su questi argomenti, dal momento che già nel 1994, quando li affrontammo, essi trovarono giudizi trancianti. Potrei citare, ad esempio, il professor Sartori il quale ha affermato che «nessuno studioso ha mai ipotizzato che da un maggioritario derivi anche un sistema costituzionale maggioritario per cui se il Governo cade, si torna al voto. La sovranità popolare esposta da Berlusconi è risibile. Lo scioglimento del Parlamento non esiste proprio, anzi è una follia».
Potrei citare, ad esempio, un ordinario di diritto costituzionale come Alessandro Pace, che ha sostenuto che «non è vero che le elezioni danno una legittimità che non è revocabile nel corso della legislatura». E, di fronte al contrasto tra Costituzione formale e Costituzione sostanziale, si è così espresso: «Non diciamo eresie, non esiste una Costituzione materiale contrapposta ad una Costituzione formale; per di più, la nostra è una Costituzione rigida che non potrebbe comunque essere superata da una prassi».
Il discorso avrebbe potuto concludersi già allora, ma è invece ritornato puntuale, nonostante in tre soluzioni diverse due diversi Presidenti della Repubblica abbiano adottato la stessa deliberazione! È ritornato nel 1998 quando Berlusconi accusò il Capo dello Stato di essersi assunto di nuovo, dopo il ribaltone del 1994, una grave responsabilità politica. Ed incalzava: chi dovrebbe essere il garante delle istituzioni non è tale; invece di fare l'arbitro, gioca per una parte ed è capace di modificare il risultato della partita! Corroborato da Gianfranco Fini, da Alessandra Mussolini (cito a caso): il nostro nemico è Scàlfaro! E questa polemica ritorna puntuale, con qualche sfumatura diversa nel tono, perché il Presidente Ciampi deve comunque essere blandito, ma con la stessa sostanza: ci rendiamo conto che Ciampi si trova in una situazione difficile - afferma Berlusconi - tuttavia non c'è niente di peggio che uccidere la sostanza della democrazia per inseguire la forma!
Da queste dichiarazioni ne deriva una prima gravissima distorsione...
...ma un'altra, più grave, è quella che contrappone la democrazia formale ad una democrazia sostanziale. Si presuppone che questa democrazia sostanziale, preferita nella contrapposizione, abbia qualcuno in grado di interpretare la volontà popolare e che questa interpretazione abbia la forza di superare le regole scritte. Questa non è una democrazia migliore, questa è la morte della democrazia!
Come scrisse George Bernard Shaw «a volte le necessità politiche si rivelano errori politici». È allora una facile profezia dire che ad un errore politico è fatalmente condannato anche il Governo Amato, che si basa non su motivazioni forti, ma unicamente sullo spirito di sopravvivenza di una coalizione sbandata.
«Non so chi abbia soprannominato Amato il 'dottor Sottile', chi abbia visto analogie tra il suo modo di essere, di filosofare in politica con quelle del teologo Duns Scoto, detto appunto 'il dottor Sottile', vissuto in Scozia nel tredicesimo secolo. Da questa ultima performance del neo Presidente del Consiglio (senza malevolenza, mi sia consentito, direi anche amichevolmente), sarei indotto a pensare che Amato rischia di essere paragonato più che a Scoto all'abate Fouché, quel
Le parole pronunciate qualche stagione fa dall'onorevole Achille Occhetto mi forniscono un altro spunto che faccio facilmente mio. Al Presidente del Consiglio dico: «che non si tratta di limiti che riguardano la sua persona. Si tratta di un passaggio che sollecita e deve sollecitare un giudizio di fondo sulle attuali classi dirigenti e non solo sul Governo».
Ringrazio quindi l'onorevole Occhetto per avermi offerto l'opportunità di citare qualche passaggio del suo intervento nel corso del dibattito sul voto al Governo Amato nell'estate 1992 quando, da segretario del PDS, sosteneva che il compito dell'opposizione «è quello di preparare insieme le istituzioni dell'alternativa e anche il soggetto dell'alternativa deve in sostanza colmare un vuoto di programmi».
Onorevole Occhetto, Presidente Amato, questa frase era indiscutibile allora ed è indiscutibile ora a maggior ragione.
«Il Governo che sta per sorgere non rappresenta nient'altro che un'esperienza provvisoria», sosteneva allora Occhetto, aggiungendo subito dopo: «la governabilità è il paravento dietro il quale si è consumata in questi anni la massima incapacità di governare i problemi reali del paese».
Fior da fiore, mi permetto di citare anche un passaggio dell'intervento pronunciato contro di lei dall'onorevole Edo Ronchi, allora ed oggi, uno dei leader dei verdi che la sostengono: «l'individuazione dei problemi non significa tuttavia la loro soluzione. L'assunzione di responsabilità di fronte a questi problemi non significa corsa ad un Governo qualsiasi, magari motivata principalmente da un richiamo alla gravità della crisi. Questi problemi sono infatti in buona parte il risultato di un'azione di Governo che li ha prodotti, alimentati, aggravati. Dare continuità a quel tipo di azione di Governo significa aggravare la crisi del paese, aggravare ancora di più e irresponsabilmente questi stessi problemi». Quanta lucida verità politica c'è in questa frase rivolta allora a lei da un oppositore che oggi è suo alleato, seppur ribelle, nella coalizione di maggioranza che sostiene il suo Governo.
Posso capire la sua personale soddisfazione, Presidente del Consiglio, per aver portato a Canossa (vedremo se sarà vero) i suoi oppositori di allora, capisco meno il loro farsi consapevoli gregari di un progetto senza respiro che non sia quello puro e semplice di rimandare per quanto possibile il verdetto inappellabile del corpo elettorale, che li ha già puniti nella recente tornata amministrativa. Colgo l'occasione per rispondere al collega della sinistra che, ieri, in sede di dibattito è tornato a sollevare il problema della legge di iniziativa popolare Berlusconi-Bossi-Tremonti contro la clandestinità, definendola razzista. Proprio la scorsa settimana, si è svolto a Roma, indetto da Forum, un incontro con i maggiori rappresentanti delle comunità straniere in Italia proprio su quella proposta di legge. Ebbene, la sinistra farebbe bene ad informarsi (e si svegli!), sulle agenzie e sui giornali La Padania ed il Giornale, che ne hanno dato notizia, del successo di quella iniziativa, perché le associazioni hanno aderito ed in sede di dibattito hanno ringraziato il Forum popolare federalista per essersi prodotto in un incontro su un tema, quello dello sfruttamento della clandestinità, che li riguarda da vicino. Di più: non
Questo scollamento con la realtà è l'indicazione di una sinistra ipocrita e lontana dalle necessità del paese, capace solo di barattare qualunque cosa pur di salvare il proprio particulare. Questa è la sinistra che si prepara a sostenere il suo Governo, Presidente Amato.
Concludo, prendendo in prestito le parole di un suo successore a Palazzo Chigi, l'umile, il modesto nocchiero che avrebbe voluto guidare l'Italia nel terzo millennio, ma con il torcicollo di chi guarda alle ricette politiche del passato. Anche Forum popolare federalista per l'Assemblea costituente, il movimento che qui rappresento, come allora il PDS, secondo le parole di D'Alema, «voterà contro la fiducia al Governo presieduto da Giuliano Amato non per una pregiudiziale ostilità o per volontà ideologica di autoesclusione, ma per un argomentato giudizio negativo sul programma, sulla composizione, sulle basi politiche del suo Governo. Un Governo che consideriamo inadeguato alla crisi del paese ed alla necessità di riforma, di rinnovamento politico e morale».
Assieme alle altre, anche quest'ultima citazione evidenzia come questa maggioranza, che dal 16 aprile non è più tale nel paese, risulti ipocrita, falsa, arrogante, presuntuosa ed irritante agli occhi della pubblica opinione di questo paese.
Mi chiedo cosa sia a portarla sulla poltrona di primo ministro all'indomani di una sconfitta che ha visto, senza alcun motivo costituzionale, dimettersi il Presidente del Consiglio D'Alema, che ha sicuramente dato un esempio di vera politica: quando si perde, si va a casa. Il suo è un Governo nato durante le festività pasquali ed ormai sembra quasi un ritornello, forse questa è l'unica cosa centrista di questa maggioranza: l'ultimo Governo D'Alema era nato durante le festività natalizie, la notte del 23 dicembre, il suo Governo nasce sotto Pasqua. Vi è una scena che a noi cattolici rimane sempre impressa durante le festività pasquali, quella del venerdì santo, quando in cima al monte vi sono tre croci; oggi, in quest'aula vedo tre croci, devo dire ben diverse per fortuna: in una vedo crocifisso l'onorevole D'Alema, in un'altra Rosy Bindi e nell'altra il ministro Berlinguer. Sembra che loro tre abbiano determinato la sconfitta del centrosinistra, sembra che aver tolto loro tre dal nuovo-vecchio Governo che lei vuole proporci abbia risolto i problemi di una coalizione che non esiste più. Già in queste ore, infatti, non esiste più, poiché si stanno frantumando e dividendo in gruppi e sottogruppi tutti i partiti e partitucoli del centrosinistra...
Il popolo ha votato in un determinato modo per un'elezione di livello regionale e non ha chiesto al Presidente del Consiglio D'Alema di dimettersi; è stata una sua scelta, la volontà di prendere atto che l'Italia non vota più per il centrosinistra. Il centrosinistra è una dichiarata maggioranza e dichiarata sempre dal popolo sovrano: voi state di nuovo cambiando le carte in tavola, voi siete quella maggioranza che ha iniziato il lungo percorso nel 1996 dicendo che avrebbe portato a termine la legislatura. Forse ci riuscirete. Quattro Governi in quattro anni: spiegatemi cosa è cambiato rispetto al passato. Posso capire che questa maggioranza, che questo centrosinistra, avendo formato il Governo nel 1996, portava il Governo Prodi, nato dal voto del popolo sovrano, fino al compimento della legislatura. Oggi siete qui a riproporvi per la quarta volta cambiando soltanto alcune pedine e rimanendo sempre gli stessi. Quattro Governi in quattro anni, le drammatiche statistiche dell'ingovernabilità di questo paese rimangono invariate.
Signor Presidente del Consiglio, desidero porle un altro interrogativo: lei ieri ha parlato di un freno dell'economia italiana che bisogna avere il coraggio di mollare; ma dove è stato fino a ieri? Credo che lei fosse il ministro del tesoro di questo paese; perché non ha pensato di sbloccare il freno a mano all'economia italiana quando si è insediato al Ministero del tesoro? C'era bisogno di aspettare un'altra crisi di Governo per ricominciare con i proclami elettorali? Voglio dire: ha proposto Del Turco come ministro delle finanze - del quale ho stima perché, quale componente della Commissione antimafia, so come ha svolto il lavoro di presidente della Commissione - tuttavia bisognerebbe spiegare al senatore Del Turco, al nuovo Ministro delle finanze italiane, che il modello 740 già da tre anni non esiste più. Bisognerebbe dirgli che abbiamo il modello unico perché egli ieri ha dichiarato che l'onorevole Tremonti compila il suo 740. Se il ministro delle finanze non sa che non esiste più il 740, si creano sospetti molto gravi rispetto alla portata del compito che lei gli ha affidato.
Il professore De Mauro oggi dichiara, come si legge dalle agenzie, che bisogna aumentare gli stipendi agli insegnanti italiani, ma lo diciamo da anni e nessuno dei quattro Governi del centrosinistra ha fatto alcunché. Ma, ancora di più, vorrei capire cosa faranno i suoi colleghi dello SDI, che hanno fatto battaglie e barricate per ottenere sgravi per la prima casa, e non hanno mai ottenuto niente. Cosa faranno? Dimenticheranno le problematiche della famiglia e della casa? Certo, se le danno la fiducia oggi, non potranno toglierla domani, lei è il loro Presidente del Consiglio.
Onorevole Amato, e concludo Presidente, c'è chi le addebita, e non sono io tra quelli, il ricordo dell'onorevole Craxi; io non giudicherò, perché normalmente non giudico la storia delle persone, però credo che oggi, pensando alla salma dell'onorevole Craxi, che è rimasta fuori dal suo paese, addebitare a lei questo ricordo sia un errore nei confronti dell'onorevole Craxi.
Lei ha partecipato ad un Governo in cui ora la supponenza, ora la sventatezza hanno partorito, con l'aiuto di abbondanti e inopinate deleghe parlamentari, grandiose riforme, quali quella scolastica, che ha gettato nel caos tutto il sistema insegnante-alunno e ancora oggi deve essere tradotta in italiano, o quella sanitaria o la mancata applicazione del pacchetto sicurezza, a proposito del quale si è parlato di decine di migliaia di rimpatri riguardanti extracomunitari clandestini e delinquenti, ma non è stato mai menzionato il continuo ingresso turbolento dei medesimi nelle aree calde del Tirreno o più obsoleto e inarrestabile ai nostri confini.
Ma ora voglio affrontare l'argomento sanità e cioè la sciagura che ha causato la legge Bindi, che si è occupata più che altro di burocratizzare, strutturare e militarizzare la sanità e non di rendere efficaci le cure. A chi è stata lasciata questa patata bollente? Ad un serio e stimato professionista di indubbia fama e capacità, prelevato - guarda caso - proprio dalla famigerata sanità privata, cioè da quell'Istituto europeo oncologico di cui il principale socio di riferimento è Mediobanca, costruito grazie al denaro pubblico e accreditato grazie alla lungimiranza e all'efficienza della regione Lombardia e del reietto onorevole Formigoni, nemico giurato della ministra Bindi.
Ma quale funzione dovrà esercitare l'illustre collega? Quella dell'anestesista, che dovrà cioè rassicurare - con un sedativo inebriante, quale il Diprivan - milioni di ammalati che da oggi la sanità sarà perfetta perché abbiamo detto agli ospedali che devono funzionare ed ai medici che devono lavorare di più, rimanendo esclusivamente negli ospedali, più bravi di prima, ma in carenza di strumentazioni idonee e di un aggiornamento continuo ed efficace, che prima svolgevano in gran parte a proprie spese e nel tempo libero, con la libera professione spesso qualificata e qualificante. Da oggi il merito per dirigere un'unità medica sarà quello di aver scelto l'intra moenia: non un cenno alla professionalità, alla qualità, ma solo qualche verifica kafkiana su base statistica (mortalità e sopravvivenza).
Oppure, la sua funzione sarà quella del chirurgo e cioè quella di incidere profondamente sulla fragilità del nostro sistema sanitario, impreparato ad affrontare nuovi scenari? Certamente noi preferiremmo un buon chirurgo che estirpa l'organo malato e lo sostituisce, tenendo però il paziente addormentato, perché il dolore può anche causare la morte.
Ma con cosa opererà il nostro chirurgo, dov'è la sua équipe, visto che in Italia non vige lo spoil system e la ministra Bindi, andandosene, ha sibilato di averlo lasciato «blindato» dai suoi direttori generali? Con quali risorse e, quindi, con quali strumenti opererà, visto che la ministra Bindi, sempre andandosene - ahilei, che disastro! -, ha confidenzialmente detto agli amici: «tanto non gli ho lasciato neanche una lira»?
Professor Amato, lei ha detto che il compito di realizzare le riforme spetta alle regioni. Queste ultime, come ben sa, sono ormai in maggioranza contrarie al centrosinistra ed alla legge Bindi e in più pesantemente oberate da debiti causati da decisioni irresponsabili del Governo centrale. Cosa dovranno fare per garantire la salute del cittadino? Violentarsi, andare contro se stesse e cioè aumentare le tasse regionali, diminuire i posti letto ospedalieri, chiudere alcuni ospedali o magari
Ma dov'è la sanità italiana? È in mezzo al guado di una riforma fallita nel 1978, quando, a fronte del nobile principio che la salute è un diritto costituzionale per tutti i cittadini, si è determinata una situazione che di fatto ha favorito le clientele, il cui motto era: «la sanità è gratis: prendine quanta ne vuoi», e di una riforma, quella del 1992-1993 largamente incompiuta ed inapplicata, in cui i meccanismi innovativi - il manager, l'aziendalizzazione, la sussidarietà - sono stati ora ignorati, ora ambiguamente interpretati, cosicché il buono non ne scaturisse.
Per risolvere i mali sarebbe stato meglio cercare di applicare per intero la legge 502 e la legge 517 e, dopo averla sperimentata, correggerne i difetti e svilupparne i pregi. Invece, la scelta di questa maggioranza e della solerte ministra Bindi è stata quella di una terza riforma, definita statalista, centralista e burocratica da molti esponenti della maggioranza stessa che l'ha voluta; una riforma che è stata lapidariamente qualificata come fatta di sanzioni e divieti: questo è stato detto dal ministro Cassese che, pur stimabile, non appartiene certo alla mia parte politica.
Il difetto principale è quello di essere inapplicabile e, benché ottenuta con la forza muscolare della delega ed attraverso un percorso irto di illegittimità e di forzature dei regolamenti, è trascorso un anno dalla sua entrata in vigore e dei venti ed oltre decreti attuativi soltanto due sono stati applicati, quello della «deportazione» dei medici e quello della «sottomissione» dei professori universitari. Ma per i cittadini che cosa è cambiato? I cittadini hanno la stessa impenetrabilità del sistema, le stesse liste d'attesa, solo che ora, dopo la razionalizzazione o, meglio, il «razionamento», potranno ottenere le stesse prestazioni anche a pagamento. Che novità!
Caro professore Amato e caro ministro, entrambi avete ingenuamente affermato che una riforma ci voleva; vi siete dimenticati però di aver criticato in prima persona un anno fa la riforma Bindi sia all'interno del Consiglio dei ministri che in occasioni pubbliche. Ora nessuno dei due potrà fare il Ponzio Pilato: si impone una scelta precisa di campo, nel senso che o si rinuncia a proseguire verso le sabbie mobili di questa riforma e si riprende il cammino lasciato o sarà inevitabile il completo tracollo del nostro sistema ed avremo una sanità non degna dell'Europa con cittadini obbligati ad emigrare o a curarsi alla borsa nera. Il ministro Veronesi dovrà scegliere se essere uomo di facciata e limitarsi a piccoli ma preziosi interventi nei confronti degli istituti di suo interesse o dare un segno preciso di inversione di tendenza. I tempi limitati, la fragilità e la litigiosità della vostra maggioranza, l'ostracismo dei funzionari, il cattivo assortimento di un Governo in cui le carte sono soltanto state mischiate e distribuite a caso fanno pensare al peggio.
Concludo....
Ieri il Presidente del Consiglio incaricato ha detto che per lo sviluppo del Mezzogiorno bisogna togliere il freno a mano. Signor Presidente del Consiglio, lei ha avuto due anni fa un incarico dalla Commissione bilancio sullo sviluppo del Mezzogiorno e ha assunto una iniziativa intelligente chiedendo le opinioni di tutti gli economisti (di centro, di destra e di sinistra) che si occupano di tale area e poi ha steso una relazione per il Parlamento. Io ho letto l'una e le altre e lei sa che non parlavano «del freno a mano»; esse dicevano che lo sviluppo nel Mezzogiorno ci sarà se sarà ristabilita la pre-condizione per fare impresa, che è quella della legalità, in assenza della quale gli imprenditori non andranno nel Mezzogiorno.