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La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15,05.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. Cominciamo con l'interpellanza Procacci n. 2-02254 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
ANNAMARIA PROCACCI. Signor Presidente, l'interpellanza in svolgimento è stata sottoscritta da un folto numero di colleghi appartenenti a diversi gruppi parlamentari e credo che già questo sia un elemento che sottolinea la rilevanza del suo contenuto. L'interpellanza nasce dalla concessione di un'autorizzazione alla registrazione di un brevetto relativo alla clonazione di embrioni umani da parte dell'EPO, l'Ufficio europeo dei brevetti responsabile dell'applicazione della Convenzione di Monaco sui brevetti del 1973.
europeo dei brevetti decise di concedere la proprietà intellettuale, quindi la brevettazione a fini di sfruttamento commerciale, su oltre 2 mila organismi manipolati geneticamente, piante e animali, ovviamente a fini di impiego commerciale.
PRESIDENTE. Il ministro per le politiche comunitarie ha facoltà di rispondere.
PATRIZIA TOIA, Ministro per le politiche comunitarie. Signor Presidente, l'interpellanza in esame, che è stata sottoscritta da un numero molto folto di deputati e rappresentativo degli orientamenti del Parlamento, riporta alla nostra attenzione quanto è accaduto con la decisione dell'Epo di autorizzare la registrazione di un brevetto all'Università di Edimburgo nel dicembre dello scorso anno. Ciò pone all'attenzione del Parlamento il ruolo dell'EPO e il suo rapporto con i Governi e le istituzioni degli Stati membri, nonché la complessa problematica della ricerca nel campo delle biotecnologie e della loro applicazione.
Senato si stanno orientando proprio in tal senso, affinché la direttiva costituisca comunque in primo punto di riferimento. Tra l'altro, per quanto riguarda la brevettabilità, occorre ricordare che essa non comporta l'implicita autorizzazione alla brevettazione e alla commercializzazione, ma riguarda l'aspetto della tutela giuridica dei brevetti. Comunque la si pensi in ordine alla direttiva, il brevetto del quale stiamo parlando va oltre ed è in contrasto con la stessa. Credo sia importante ribadire, anche per spiegare le decisioni operative assunte dal Governo, che dal nostro punto di vista - come abbiamo ribadito in tutte le sedi, credo interpretando gli orientamenti dell'intero Parlamento - vi sono dei limiti invalicabili, che non possono essere superati e che consistono ovviamente nel rifiuto assoluto di sperimentazioni che possano mettere in atto forme di clonazione che comportino modifiche, come si dice, all'identità genetica germinale dell'essere umano, così come di ogni utilizzazione di embrioni umani.
l'Avvocatura anche di utilizzare le possibilità offerte dalla legislazione nazionale: mi riferisco al regio decreto n. 1127 del 1939, che in alcuni casi, attraverso un atto della magistratura ordinaria, consente di sospendere gli effetti di queste decisioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Procacci ha facoltà di replicare.
ANNAMARIA PROCACCI. Signor Presidente, signor ministro, sono soddisfatta per ampia parte della risposta chiara ed articolata del Governo. Debbo dire che non capita spesso di ricevere risposte precise, punto per punto, ai nostri atti di sindacato ispettivo. Sono grata per ciò al ministro Toia perché constato una profonda consapevolezza della portata dei problemi e della necessità di rispondere in modo efficace.
Per quanto riguarda le garanzie, condivido la necessità di affrontare la materia in modo articolato e trasparente e, quindi, con la massima apertura e con la possibilità di ridurre al minimo le pressioni commerciali, che sono davvero forti. Leggendo le dichiarazioni fatte a suo tempo dal Presidente della Commissione europea sulle modalità con cui fu approvata la direttiva n. 44/98, trovereste la conferma alle mie preoccupazioni; mi riferisco alle pressioni fatte dalle multinazionali sul Parlamento europeo. Sono necessarie, quindi, la trasparenza, la chiarezza e la partecipazione.
dal Presidente Clinton e dal Premier Blair negli ultimi tempi può considerarsi assolutamente epocale. Infatti, ci hanno inviato un messaggio del seguente tenore: attenzione, il regime dei brevetti, come oggi configurato, va rivisto; i brevetti scientifici sulla ricerca creano sbarramento e monopolio ed impediscono agli altri ricercatori di proseguire il loro lavoro per il bene degli umani; nessuno può mercificare il genoma degli umani. Ma questo era già stato affermato sia dalla convenzione di bioetica, sia da altri organismi internazionali e, in Italia, dal comitato di bioetica.
L'onorevole Procacci ha facoltà di illustrarla.
Si tratta di una materia particolarmente attuale e, del resto, il nostro Parlamento se ne è occupato ripetutamente, sia in aula, sia in Commissione, a partire dalla discussione sull'opportunità o meno per il nostro paese di recepire la direttiva n. 44/98, sulla brevettabilità della vita, vale a dire sulla tutela della proprietà intellettuale per organismi manipolati geneticamente. Tale direttiva è oggi all'esame del Senato e su di essa noi Verdi abbiamo sempre sollevato moltissime obiezioni, per l'estrema pericolosità del suo contenuto.
Cosa intende fare il Governo rispetto a questo atto, per certi versi sconvolgente, deciso dall'EPO? Come il ministro Toia sa, noi Verdi abbiamo già lavorato con riferimento all'Ufficio europeo dei brevetti: proprio in quest'aula, infatti, alcuni mesi fa, abbiamo discusso con il rappresentante del Ministero dell'industria su un'interpellanza relativa ad un'altra decisione adottata dall'EPO, che indubbiamente era passata quasi sotto silenzio e non aveva avuto gli onori dell'attenzione internazionale come quella di cui oggi ci occupiamo sul brevetto per gli embrioni umani. Era il giugno 1999 e l'Ufficio
In quel caso, gridammo allo scandalo e sottolineammo la necessità che il nostro Governo intervenisse, dato che nessun paese dell'Unione europea ha ancora recepito la direttiva n. 44 sulle invenzioni biotecnologiche. Si tratta di un mostruoso paradosso, ministro Toia, per cui un organismo tecnico come quello costituito dai funzionari dell'EPO (non, quindi, un organismo politico con poteri decisionali) ha operato una forzatura, concedendo brevetti su organismi viventi, che nessun Parlamento e nessun Governo avevano ancora autorizzato.
Ci troviamo oggi, secondo la valutazione dei Verdi, ad un altro passo conseguente nello stesso percorso dell'EPO, in una direzione non solo sbagliata, pericolosa, inaccettabile ma anche del tutto illegittima. Ho voluto richiamare questo precedente perché tutto quello che sta accadendo non è affatto casuale.
Vorrei sapere, quindi, a nome dei numerosi colleghi firmatari dell'interpellanza, quali misure il nostro Governo stia adottando per cancellare questa mostruosa brevettazione di embrioni umani e cosa intenda fare per riportare l'Ufficio europeo dei brevetti al suo ruolo tecnico. È assurdo, infatti, che un organismo tecnico conti più di un Parlamento, di un Governo o di più Parlamenti e Governi messi insieme.
Inoltre, vorrei sapere quale sia la linea, quali siano le misure che il nostro Governo intende adottare in sede europea per impedire che interessi commerciali straordinariamente forti portino a decisioni aberranti, quale quella dello sfruttamento commerciale attraverso l'autorizzazione alla registrazione di brevetti su embrioni umani clonati.
Credo si tratti di una materia di primaria importanza e, indubbiamente, resta aperto il discorso, non soltanto con il Governo, ma anche con il Parlamento, che sulla materia non ha potuto o voluto ancora pronunciarsi. Si tratta di un ritardo davvero preoccupante, che mi auguro possa essere colmato in tempi assai brevi.
La decisione del dicembre dello scorso anno presenta evidenti profili di contrasto relativamente ad alcuni fondamenti di civiltà che sono alla base dell'Unione europea. È molto grave che la denominazione di Ufficio europeo dei brevetti abbia ingenerato nell'opinione pubblica un'errata percezione dell' Europa e dei valori sui quali essa si fonda.
La decisione lascia spazio a possibili manipolazioni di embrioni nell'ambito della ricerca e va oltre ogni fondamento di civiltà presente nel nostro ordinamento. Vi sono contrasti anche con il contenuto della direttiva citata dall'onorevole Procacci che, dal suo punto di vista, presenta margini di equivocità o di insufficiente garanzia, ma, comunque, si pone in contrasto evidente anche con la suddetta decisione.
La direttiva è attualmente in discussione al Senato e mi auguro che venga recepita al più presto nel nostro ordinamento, magari con alcune indicazioni precise e restrittive nell'ambito dei criteri dati al Governo. Alcune Commissioni del
Ricordo anche che, come ulteriore elemento di garanzia, vi è un decreto del ministro della sanità - mi pare del gennaio scorso -, che fa seguito ad un precedente atto e che fa divieto assoluto nel nostro paese di sperimentazioni che sconfinino nella clonazione. Richiamo questi elementi per sottolineare che non si tratta solo di una scelta di civiltà, ma anche di una scelta dell'ordinamento del nostro paese.
Voglio anche cogliere una preoccupazione - dirò poi qualcosa in proposito alla fine del mio intervento - in ordine al fatto che oggi le grandissime potenzialità della scienza, della tecnologia e della combinazione delle diverse tecnologie, fino a quelle della bioingegneria e della bioingegneria genetica, offrono evidentemente molte opportunità all'umanità per le loro possibili applicazioni in campo sanitario, riabilitativo ed anche della tutela dell'ambiente, ma esse si prestano anche a grandissimi rischi di abuso o di subordinazione ad altri interessi e ad altre realtà: penso al mondo economico, che pure ha interessi legittimi nell'applicazione della bioingegneria e delle biotecnologie, anche se ciò evidentemente non può costituire l'unica linea guida per tale applicazione.
Proprio per scongiurare il rischio assai forte di possibili derive in questo senso della scienza e delle sue applicazioni, l'esigenza di una definizione del quadro normativo è molto sentita e ad essa si vuole lavorare sia a livello nazionale che a livello comunitario, nel quale non solo la direttiva 44 sulla tutela giuridica dei brevetti, ma anche nuove direttive o modificazioni di direttive esistenti - penso a quella sull'immissione nell'ambiente di sostanze geneticamente modificate - possono costituire il quadro di riferimento, al quale il nostro paese deve lavorare attivamente per dare una garanzia in ordine ai perimetri di tali applicazioni; perimetri e regole che evidentemente sono diversi laddove si parla di ricerca o laddove si parla, invece, della sua applicazione nei diversi settori.
Per quanto riguarda le nostre azioni e ciò che abbiamo fatto in ordine a questo brevetto, ricordo innanzitutto che lo stesso EPO ha riconosciuto che esso è il frutto di un errore, attribuito, com'è noto, ad un problema di lingua, cioè al significato del termine animal in inglese e in francese, con la possibile inclusione o meno dell'aspetto umano.
Siccome lo statuto dell'EPO non consente forme di autotutela, esso stesso ha dichiarato l'impossibilità di correggere questo errore. Tuttavia, il nostro paese, indipendentemente dalle possibilità di correzione, ha preso la decisione di adire i possibili livelli di ricorso che la Convenzione e le nostre leggi consentono. Io stessa, a nome del Governo, ho attivato l'Avvocatura dello Stato, perché il nostro paese possa fare opposizione formale, così come due articoli della Convenzione consentono ai paesi membri dell'Ufficio europeo dei brevetti.
Abbiamo chiesto all'Avvocatura di presentare un ricorso che, se accolto, porterebbe all'annullamento dell'autorizzazione al brevetto in tutti i paesi per i quali è stata chiesta l'estensione, compresa ovviamente l'Italia. Abbiamo chiesto però al
Abbiamo chiesto, quindi, di attivare il canale dell'opposizione al brevetto in sede più ampia, nonché i canali nazionali - ciò soltanto per quanto riguarda il nostro paese - per sospendere l'efficacia del brevetto. Queste sono, dunque, le azioni intraprese e in corso di formalizzazione da parte dell'Avvocatura dello Stato, consistenti nella raccolta degli elementi e nella predisposizione del ricorso, nonché nell'attivazione della magistratura sul piano nazionale. L'interpellanza, però, chiede qualcosa di più. Chiede di chiarire la relazione tra l'autonomia di quel soggetto ed i diversi paesi. Al riguardo, devo dire che la riforma dello statuto dell'EPO, dello scorso anno, non è esaustiva delle garanzie che vorremmo rispetto all'autonomia - pur necessaria - dell'ente, nonché rispetto ad una forma di controllo e di regolamentazione da parte dei paesi membri dell'Unione europea. Posso dire all'interpellante che il Governo si ripromette di fare una riflessione su questo punto e di capire se la partecipazione del nostro paese agli organismi di gestione (consiglio di amministrazione e board degli esperti) sia sufficientemente garantita dal punto di vista tecnico e politico. Oggi, tuttavia, le cose stanno come l'onorevole Procacci ben sa, per aver svolto un approfondimento sulle modifiche statutarie dell'EPO.
Infine, per quanto riguarda la possibilità che il quadro normativo (che dovrà essere approvato a garanzia e a tutela di tutti) non risenta in modo improprio degli attori della nostra società, compresi quelli economici e commerciali, ritengo che non vi sia una ricetta nuova ma si possano adottare alcune cautele.
La prima cautela consiste nel fare in modo che il quadro normativo nasca da una partecipazione e da una discussione molto aperta. In questo senso, il ruolo che il Parlamento italiano sta assumendo nella fase ascendente delle normative comunitarie rappresenta una garanzia di una discussione franca e aperta. Lo è anche per il Governo, che pure cerca di coordinarsi al meglio al suo interno. Un'ulteriore garanzia è rappresentata dalla trasparenza delle decisioni, nonché dalla possibilità di sviluppare, nel quadro comunitario, quel concetto della tutela del consumatore che non sia solo di tipo economico ma diventi, sempre di più, una educazione a conoscere. Parlo del consumatore perché molti dei prodotti della ricerca diventeranno componenti di alimenti o di prodotti usati nel campo agricolo o in quello farmacologico; pertanto, l'Italia potrebbe opportunamente condurre una battaglia in materia di etichettature per una trasparenza nell'informazione.
In conclusione, quelle esposte sono le garanzie e le cautele possibili per fare in modo che la giusta rappresentazione dei diversi interessi non vada a discapito dell'interesse generale e della tutela del cittadino, che è la prima preoccupazione delle nostre istituzioni.
In primo luogo, mi sembra molto importante la conferma del ricorso intrapreso dal nostro paese, come già la stampa aveva riportato; condivido, altresì, l'opportunità di estendere tale ricorso dall'ambito istituzionale dell'Avvocatura dello Stato a quello della magistratura ordinaria. Certamente è singolare che per fare ciò si debba ricorrere ad un regio decreto del 1939; ciò dice con estrema chiarezza quanto vi sia bisogno di regole.
Indubbiamente i cittadini d'Europa sono molto più attenti e maturi di quanto non fossero poco tempo fa e credo che la battaglia che abbiamo condotto sull'uso degli organismi manipolati geneticamente nell'alimentazione e nell'ambiente ed i fortissimi risvolti etici abbiano contribuito a far compiere un grosso balzo in avanti alle coscienze dei cittadini dell'Unione europea.
Vi sono; tuttavia, due osservazioni che vorrei fare. La prima, ministro Toia, riguarda la clonazione. Noi oggi - e questa, lo confermo, è un'omissione del Parlamento - per dire di no alla clonazione ricorriamo all'opera del ministro della sanità, che di sei mesi in sei mesi conferma la sua ordinanza che vieta la clonazione degli umani e degli animali, tranne che a certe finalità scientifiche. Voglio partire proprio da questo punto. A mio avviso quando affrontiamo questo problema dobbiamo essere disposti a farlo muovendo non soltanto dal nostro punto di vista. Molte volte in passato - certamente da sei o sette anni a questa parte - abbiamo indicato la vulnerabilità di un atteggiamento mentale che discrimina fortemente tra la clonazione degli umani e quella degli animali e ciò per varie ragioni, in primo luogo perché gli animali non sono degli oggetti e quindi trattarli come fotocopie o magari per creare dei pezzi di ricambio, come avviene oggi nel campo degli organi da trapiantare, è assai discutibile dal punto di vista etico.
In secondo luogo, il discorso della clonazione presenta una fragilità di metodo, perché stiamo constatando che, una volta affermata la clonazione per gli animali, è molto facile trasporla anche agli umani. Vi sono, cioè, spostamenti striscianti della frontiera sempre più avanti: manipoliamo geneticamente le piante, manipoliamo geneticamente e cloniamo gli animali, perché non farlo anche con gli umani? La stessa direttiva 98/44, cui lei ha fatto ripetutamente riferimento, è a nostro avviso ambigua e pericolosa. Il suo testo è tutta una contraddizione: vieta la brevettabilità degli umani, ma subito dopo la riconosce per cellule, organi, geni del corpo umano, isolati dal corpo stesso. Quindi, a me sembra che tutta l'analisi della direttiva debba indurci non a recepirla, ma a fermarla. C'è da chiedersi quanta parte dell'iniziativa dell'istituto scozzese Roslin volta a richiedere questo tipo di brevetto nasca proprio dalla direttiva: questa può essere servita come un alibi, come una fonte di autorizzazione? Nel testo stesso della direttiva i ricercatori dell'istituto hanno potuto trovare delle basi per motivare la loro richiesta? L'EPO ha trovato la concessione del brevetto motivata dalla direttiva? Insomma, mi chiedo se questo testo così ambiguo non abbia una responsabilità in ciò che è accaduto. Io penso di sì. In questo senso, dopo aver molto riflettuto ed aver ulteriormente analizzato il testo della direttiva, forse io stessa dovrei correggere la premessa della mia interpellanza, là dove parla dello «sfruttamento a fini commerciali, in violazione della direttiva 98/44». Forse questa direttiva non dice poi così duramente «no» a questa materia brevettuale. Facciamo molta attenzione.
È per questo che ritengo che il Governo italiano dovrebbe riportare la direttiva 98/44 sul tavolo dell'Unione europea, tornando a riscrivere tutto il testo della direttiva. Vogliamo un nuovo regime brevettuale? Vogliamo superare quello fissato nel 1973? Possiamo farlo, ma non con questo testo. Non è un caso che la direttiva non sia stata recepita da alcun paese europeo. La stessa posizione assunta
La posizione assunta dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna indica che dobbiamo fermarci e iniziare a vedere cosa possiamo espungere da quel documento che traduce una certa filosofia di mercato. Per questo affermo che è necessario che la direttiva europea non venga recepita, ma venga riscritta radicalmente. Questa è una delle lezioni più forti che possiamo trarre da questa vicenda.
Non vorrei fare una storia infinita di questa vicenda, ma vorrei sapere se è vero che il Roslin Institute abbia già ceduto ad alcune multinazionali lo sfruttamento di questo brevetto. Mi sembra un paradosso il fatto che non possiamo tornare indietro rispetto ad un atto illegittimo: dovremmo attendere ancora del tempo prima che il ricorso di cui lei ha già giustamente parlato abbia i suoi effetti? Nel frattempo cosa accadrà? In questo periodo in cui è efficace una norma illegittima cosa può accadere? Che alcune multinazionali potranno beneficiare di questo tipo di brevetto, dopo averlo acquistato. Questo dovrebbe far venire i brividi a tutti noi. Inoltre, vorrei ricordare che lo sfruttamento degli embrioni umani è legato al commercio di organi e di tessuti.
Ritengo che oggi si sia instaurato un dialogo molto importante con il Governo che ci ha fornito notizie molto utili e positive, dialogo che deve senz'altro proseguire sia con l'azione di ricorso, sia lavorando sulla direttiva coerentemente all'azione del nostro Governo che è intervenuto contro la direttiva stessa.