Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 674 del 16/2/2000
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(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, abbiamo condiviso la critica unanime e le reazioni politiche e diplomatiche dei Governi dell'Unione europea nei confronti del nuovo Governo austriaco; vi sono valori (la lotta al nazismo, alla xenofobia, al razzismo, all'antisemitismo) che non possono essere discussi. Tali fenomeni vanno contrastati e combattuti apertamente ed è da questa battaglia culturale, ideale e politica che può e deve fondarsi la nuova civiltà politico-istituzionale d'Europa.
Siamo qui a chiedere ancora, in nome di tali principi democratici, che si impedisca l'affronto e l'umiliazione della visita di Haider alla risiera di San Sabba; lo chiedono la comunità ebraica e i parenti delle vittime, Trieste e l'Italia democratica. Non si aggiunga sofferenza a sofferenza.
Vi chiediamo di esprimere apertamente, come facciamo noi, una solidarietà ai democratici ed agli antifascisti austriaci che, in questi giorni, si stanno opponendo ad un Governo che isola il loro paese; vi chiediamo un'adesione solidale alla grande manifestazione che sabato prossimo attraverserà le strade di Vienna, anche perché quel che accade oggi in Austria non è estraneo alle pulsioni razziste e xenofobe che si registrano in tutta Europa.

FABIO CALZAVARA. Cosa intendi per razziste?

FRANCESCO GIORDANO. Viene da chiedersi perché oggi, all'inizio di un nuovo secolo, continui ad esistere un passato che non passa; viene da chiedersi su quali sedimenti della memoria e su quali nostalgie lavori questa nuova velenosa demagogia (Commenti del deputato Parolo). Ma, forse, prima di rispondere a tale domanda conviene dire, almeno ora, che è stata ed è una tragica e disastrosa scelta avallare un revisionismo storico e culturale piegato ai fini della congiuntura politica, che rischia di disarmare, intellettualmente e moralmente, l'Europa e il nostro paese; si tratta di una scelta che ha assopito e in alcuni casi cancellato la memoria democratica, sottraendo vitali anticorpi alla società.
Questa Europa, che giustamente si oppone ad Haider, alla sua politica ed alle sue idee, può dire onestamente di aver fatto di tutto per evitare tali fenomeni? Se ai popolari austriaci spetta la responsabilità di aver coperto con la loro patina conservatrice la sostanza autenticamente eversiva di Haider, sui socialisti di quel paese grava la responsabilità di non aver percepito tempestivamente la minaccia, di non averla contrastata culturalmente e socialmente, come succede in tanta parte d'Europa.
Spesso le politiche liberiste e il teorema della governabilità fanno da battistrada a tali movimenti; è bene ricordare che il movimento di Haider, l'FPÖ, certo senza la sua presenza ingombrante ed inquietante, è stato già imbarcato nel Governo dal 1983 al 1986, con il Cancelliere socialista Kreisky. Allo stesso modo, mi sembra giusto ricordare che vi è un altro Governo in Europa, che chiede di divenire membro effettivo dell'Unione e che è in guerra con una parte della sua popolazione, quella curda, che è sostenuto da una formazione ultranazionalista, neofascista, i lupi grigi, che ha proprie strutture paramilitari; si tratta di un paese che applica la tortura e la sistematica violazione dei diritti umani, che condanna una parlamentare, Leyla Zana, a quindici anni di carcere perché il giorno di insediamento del Parlamento si è vestita con i colori propri del Kurdistan.


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No, non vi sono relazioni economiche che tengano: quel paese così non può divenire Stato membro dell'Unione europea.

FABIO CALZAVARA. Su questo hai ragione.

FRANCESCO GIORDANO. In Europa vi sono teorici e politici che sono ostili ad ogni forma di multiculturalità, che professano un nazionalismo esasperato. Questi personaggi e queste teorie distruggono e dividono come cunei le società; seminano e sollecitano la paura dell'altro, del diverso; fanno leva sulla identificazione tra criminalità ed immigrazione; vogliono trasformare gli Stati e l'Europa in un fortilizio assediato da difendere con leggi repressive e con l'abolizione di ogni garanzia; sono contro ogni forma di integrazione. Oggi, ci stiamo schierando assieme contro questo pericolo: io credo che sia un bene ma, a sentire le campagne allarmistiche sugli immigrati e gli istinti repressivi di zelanti ministri e neofiti dell'ordine senza tutele e senza garanzie, viene immediato il bisogno di lanciare un monito: attenti, perché evocando i temi e le politiche delle destre, si finisce con il rendere possibile la loro piena affermazione (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Noi riteniamo che questo dibattito sulle mozioni che riguardano la vicenda Haider sia molto importante e significativo.
Questa sera non vogliamo fare alcuna azione, alcuna polemica e alcuna aggressione nei confronti dell'Austria, del popolo austriaco e delle istituzioni austriache. Credo però che questo dibattito sia importante per confermare alcuni princìpi, la fedeltà ad alcuni valori, l'attaccamento ad alcuni ideali. Nel momento in cui è avviato il processo verso l'Europa, non vi è dubbio che alcune conferme e alcune affermazioni debbano essere fatte e ripetute anche nel Parlamento della Repubblica italiana.
Noi siamo per la difesa dei diritti civili, dei diritti umani e noi sappiamo che il percorso dell'Europa è difficile, pieno di difficoltà e di ostacoli. L'integrazione dell'Europa, l'Europa politica o si afferma e si costruisce garantendo questi valori ed i diritti civili, oppure non vi sarà! Vi potrà essere l'Europa mercantile; vi potrà essere l'Europa della moneta, ma non quella Europa dei grandi ideali e dei grandi valori.
Ritengo che la vicenda Haider sia per se stessa preoccupante, ma non soltanto in questo momento. Noi queste preoccupazioni le abbiamo avanzate quando il partito di Haider si affermò in Austria e siamo maggiormente preoccupati nel momento in cui questo partito entra nel Governo dell'Austria, nel cuore dell'Europa: questa vecchia Europa che non può evocare vecchi fantasmi; questa vecchia Europa che deve riscattare un certo passato attraverso un percorso dove i diritti e i grandi valori e ideali siano - come dicevo poc'anzi - affermati. Questi valori e questi ideali riguardano certamente il nostro contrasto rispetto a posizioni xenofobe e antisemite, ma sono valori che nascono anche contro tutti i totalitarismi e tutti i comunismi. Ecco perché, signor ministro, abbiamo chiesto a lei di specificare se fosse o meno d'accordo con le nostre premesse, che sono chiare: noi chiediamo di condannare tutti i totalitarismi, il comunismo, il fascismo e il nazifascismo! Ritengo che questo sia un fatto chiaro, anche se qualche collega in questo momento ha parlato a favore dell'affermazione di questi ideali, contro il fascismo e contro il nazismo; questa posizione deve però essere espressa contro tutti i totalitarismi perché, altrimenti, avremmo strumentalizzato la posizione di Haider; invece, la posizione di Haider deve rappresentare la grande occasione per confermare ciò che noi sentiamo e che avvertiamo in questo particolare momento: sono d'accordo sul fatto che anche


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il processo dell'allargamento dell'Europa possa sia creare inquietudini e difficoltà sia determinare alcuni interrogativi.
Queste sono le ragioni per le quali voteremo a favore della nostra risoluzione, anche con le modifiche che il Governo ci ha suggerito. Non abbiamo alcuna difficoltà ad accoglierle, ma ritengo che il Governo e questa maggioranza debbano essere coerenti perché il dibattito in corso non può rappresentare semplicemente un'occasione per fare delle passerelle e per esprimere le posizioni più varie. Credo che questa sia l'occasione per confermare una grande volontà e una grande speranza per un'Europa civile, libera e in grado di avviare e garantire il processo di liberalizzazione dei popoli (Applausi dei deputati del gruppo misto-CDU).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, colleghi, tutto quanto è successo prima, durante e dopo la creazione del nuovo governo austriaco deve far riflettere. Abbiamo assistito ad una rappresentazione teatrale affidata ad attori dilettanti. Nessuno si premurava di ascoltare e capire le motivazioni degli austriaci. Tutti erano però pronti a tranciare giudizi, ad unirsi al coro della condanna utilizzando, a seconda delle specifiche e particolari esigenze elettorali, toni più o meno pesanti, argomentazioni a volte fantasiose e spesso, cosa più grave, chiaramente strumentali. Come non denunciare a questo proposito l'assurdità dell'accostamento Lega-Haider?
Fin da subito deve essere chiara una cosa: la Lega nord non ha nulla a che spartire con razzismo, nazionalismo, antisemitismo, o peggio ancora, nazismo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania e del deputato Buttiglione). Noi siamo per la libertà dei popoli e degli uomini, noi siamo per la democrazia, quella vera, affidata al popolo. Noi siamo contro tutte le dittature indipendentemente dal loro colore.
Chi molto affannosamente cerca di convincere i cittadini del contrario non solo mente sapendo di mentire, ma soprattutto tende a nascondere cosa diceva e cosa faceva venti o trent'anni fa. C'è un Presidente del Consiglio che tirava le molotov (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania) per difendere in modo democratico le sue tesi. Però, come dicevo poc'anzi, in Italia la commedia non prevede la partecipazione di attori professionisti che sanno di possedere tutte le qualità per convincere gli spettatori, cioè i cittadini, a presentarsi ai botteghini, cioè a dare il proprio consenso elettorale. Nossignori, gli attori nostrani non sono altro che dilettanti allo sbaraglio - poveretti! -, personaggi che, nella vana speranza di raccattare qualche voto in più (ovvero di perdere qualche voto in meno) ricorrono alla delazione degli avversari, ma questo è il livello delle forze di un Governo che non è stato scelto dai cittadini bensì è nato dalla conversione sulla «via di D'Alema» di un nutrito gruppo di parlamentari eletti nelle file dell'opposizione (e tutti noi sappiamo quali sono stati i mezzi utilizzati per convincerli).
Tornando all'oggetto della discussione, a nostro avviso occorre evidenziare alcune questioni fondamentali. Mi riferisco al fatto che, ad esempio, con l'Europa unita, con la moneta unica e con la presa di coscienza del valore della democrazia da parte del cittadino comune certi fenomeni come il nazismo e, all'estremo opposto, il comunismo non si possono più riproporre. La storia scava solchi profondi nella coscienza dei popoli e la memoria di certi drammi è indelebile. Certo, se si usa come pretesto l'opposizione contro l'immigrazione indiscriminata e incontrollata, la proposizione di una rigida politica degli ingressi, per bollare come razzista un partito o un uomo politico, probabilmente non si ha chiaro che la vera solidarietà e l'unico modo concreto per far crescere i paesi più poveri non è quello di aprire le frontiere e di ospitare tutti, magari facendoli


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dormire sotto i ponti, ma, al contrario, seguendo un modello cristiano, quello di operare per aiutarli nei loro paesi fornendo tutto il supporto necessario al superamento della loro situazione di sottosviluppo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania).
Signor Presidente, se vi è qualcosa di preoccupante oggi in Europa non è la situazione del Governo austriaco che, comunque, nasce legittimato dal consenso popolare e finora non ha compiuto o preannunciato nessun atto antidemocratico, ma lo strapotere della grande finanza che sottomette l'interesse dei popoli a quello del mercato. Questa è la cosa grave (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania e del deputato Rosso)! Un ulteriore fatto estremamente emblematico in questa discussione è che esiste una assoluta incoerenza storica nell'azione delle grandi forze della socialdemocrazia europea e italiana in particolare che oggi condannano l'alleanza dei popolari con i liberali in Austria, ma si dimenticano dei governi socialdemocratici-liberali dei primi anni ottanta di quel paese.
Signor Presidente, signor ministro, la Lega nord ha presentato una mozione dai contenuti chiari, che condanna ogni estremismo e che riteniamo rispecchi il pensiero di tutti gli uomini liberi, di tutti coloro che credono in certi valori e che richiama nelle premesse l'importanza per tutti i popoli, compreso quello austriaco, di convivere in modo pacifico. Riteniamo che sarebbe un grosso errore partecipare alla caccia ai fantasmi del passato, che sembra piacere tanto ai potenti della sinistra europea e alle lobby della grande finanza.
Dobbiamo rispetto al popolo austriaco e alle sue libere determinazioni elettorali, per la sua storia, per la sua cultura mitteleuropea, per come ha saputo riscattare gli errori del passato e, francamente, non ci sentiamo né legittimati, né autorizzati a concedere patenti di democrazia a Stati sovrani. Il problema, però, è ben altro, diciamola tutta: il centrosinistra ha capito che perderà nei prossimi appuntamenti elettorali, la paura fa novanta come si usa dire, e per questo utilizza tutti gli appigli (se non li trova, se li inventa) per spaventare gli elettori e convincerli a non cambiare.
Colleghi della maggioranza, vi state facendo male da soli, avete dimostrato più volte che l'unico vostro collante è il potere. Dopo quarant'anni di opposizione consociativa, la sinistra, pur di entrare nella stanza dei bottoni, ha accettato di farsi guidare nelle scelte di governo dalla grande finanza, si è votata al mercato, ha svenduto i propri ideali. Signori del Governo, non sprecate il vostro tempo in missioni disperate, pensate invece a governare in modo accettabile nei pochi mesi che mancano alla fine del vostro mandato, in modo da non sommare ulteriori danni ai tanti che già avete creato (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania).
Signor Presidente, per concludere, naturalmente voteremo a favore della nostra mozione e della mozione dei colleghi del Polo, che condividiamo, mentre esprimeremo un deciso voto contrario sulla mozione Mussi per la sua natura chiaramente strumentale e per la sua negazione dei principi di libertà (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brunetti. Ne ha facoltà.

MARIO BRUNETTI. Signor Presidente, in Europa e nel mondo, forze politiche, uomini di cultura e dello spettacolo, musicisti e artisti si indignano per la costituzione a Vienna di un Governo dominato da Jörg Haider, erede delle ideologie hitleriane. Questo vasto movimento di opposizione civile e isolamento morale di questa ingombrante presenza trova le sue ragioni di grande inquietudine nel fatto che l'Austria si va configurando, con questo Governo, come focolaio torbido di


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rinascente nazismo, che, per di più, investe le porte di casa nostra.
Nella stessa Vienna, una grande mobilitazione popolare riscopre i valori della resistenza e scuote alle fondamenta quel paese da quando nella capitale austriaca siede un Governo di cui fa parte un partito neonazista, l'FPO, che è un confuso miscuglio di pangermanesimo, filofascismo, razzismo, nazionalismo populista e che Haider evoca come resurrezione di un'ideologia, una mitologia, una bandiera che egli concretizza in Carinzia, con la discriminazione verso gli sloveni. Del resto, la sua stessa ascesa è iniziata nel 1986, quando Haider, al congresso di Innsbruck, sbaraglia la vecchia guardia ex nazista tacciandola di revisionismo filoliberista e rivendica la fedeltà al passato, solleticando il retaggio dell'estrema destra dell'Austria che con quel passato non ha mai fatto i conti.
Non a caso, oggi la storia si ripete tragicamente, se ancora una volta, il partito dei conservatori-cristiani - l'OVP - che gli spalanca le porte del Governo come, a suo tempo, aveva già favorito l'apertura dell'Austria al Reich tedesco. Le preoccupazioni e le conseguenti prese di posizione unitarie assunte, a livello europeo, da quattordici paesi, sono sacrosante e particolarmente lodevoli sono i richiami di alcuni paesi, come la Francia e il Belgio, che hanno individuato, con maggiore puntualità, il pericolo, non solo per ragioni di memoria storica, ma anche per altre due ragioni di fondo, che sono motivo di sottolineatura in questa mia dichiarazione di voto. Innanzitutto perché con questo Governo austriaco l'Europa corre il rischio che Haider blocchi le posizioni più importanti, facendo leva sul principio di unanimità, il che produrrebbe effetti disastrosi sui processi di riforma in atto, soprattutto per quanto riguarda l'allargamento dell'Unione. In secondo luogo, perché la scelta dell'Europa di isolare il Governo nero-blu dell'Austria assume un chiaro valore di riqualificazione dell'identità dell'Unione europea all'interno della ridefinizione di un orizzonte di principio che, riattivando la memoria, fa i conti con il terribile passato vissuto. È una riflessione che dobbiamo fare anche noi denunciando le odierne complicità nel nostro paese.
Facciamo un esempio: l'invito a far visitare ad Haider il civico museo della Risiera di San Sabba non è solo una provocazione, non è solo una profanazione della memoria delle vittime di ieri. Infatti, in presenza di una generale indignazione; di una presa di posizione ferma dei Governi europei, che si allarga, tra l'altro, a Israele e agli Stati Uniti; di una divisione della stessa chiesa austriaca, che si riflette anche su Roma: in sostanza, in un simile contesto, quella visita per chi la vuole effettuare è il tentativo immorale di un uso strumentale della memoria ai fini di una legittimazione politica. È la celebrazione dell'odio e del qualunquismo. Ed è questo uno dei punti che dobbiamo sottolineare, altrimenti sfuggiamo alla realtà.
Per chi la sollecita e la vuole agevolare, invece, è il prevalere degli affari sull'etica politica, sulla morale, sulla democrazia. Questo dibattito, dunque, diventa importante perché ci riporta a riflettere su questo: a discutere di noi stessi per tentare di capire se non si vadano configurando punti di contatto pericolosi tra i fenomeni eversivi austriaci ed alcuni fenomeni di populismo reazionario nostrano. Elementi di preoccupazione esistono davvero, cari colleghi. In Austria le ideologie neorazziste di Haider, oltre a trovare linfa in possenti gruppi finanziari reazionari, si innestano nella crisi della partecipazione politica e della crescente passivizzazione della gente. La vita politica di quel paese, infatti, si è andata caratterizzando per una sempre maggiore distanza dei cittadini, degli elettori, dalle istituzioni, dai partiti, dalla militanza politica che, invece, nel passato, ne aveva fatto una società tra le più politicizzate del nostro continente, con indici altissimi di mobilitazione politica.
Turba il fatto di dover constatare fenomeni identici che si vanno prefigurando nella nostra società, vale a dire la crisi della politica, la passivizzazione,


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l'astensionismo, sui quali si innesta il populismo qualunquista. Ecco, riflettiamo su questo ulteriore dato, che desidero sottolineare in occasione di questo dibattito.
Un altro elemento che inquieta è il fatto che Haider ha cavalcato e cavalca stati d'animo e frustrazioni collettive, facendoli diventare problemi reali, immediati, obiettivi politici ravvicinati, costruendo su cascami della memoria, sulla demagogia che evoca fantasmi, su aspettative apocalittiche.
Mi chiedo: su cosa poggia da noi la quotidiana propaganda neoperonista, fatta con l'uso spregiudicato dei mass media? Ecco un interrogativo che tutti dobbiamo porci. In Italia non ci troviamo forse di fronte alla stessa miscela haideriana, quando anche qui da noi sentiamo identificare criminalità e immigrati, come formula provvidenziale per manovre elettorali e come negazione di qualsiasi forma di multiculturalismo? Ecco un altro interrogativo su cui vorrei che ci fermassimo a discutere. Anche da noi siamo di fronte ad un razzismo non formale, ma sostanziale, speculare alla piattaforma antidemocratica ed eversiva del movimento di Haider. Dunque, attenzione, signor Presidente e cari colleghi.
Per tale motivo noi comunisti pensiamo che il nostro Governo debba essere più attento a ciò che avviene nella nostra società, debba dare risposta ai problemi sociali del lavoro, per riguadagnare fiducia e dare speranza al malessere sociale - soprattutto nel Mezzogiorno del nostro paese, dove più gravi sono gli sconquassi sociali - e, a livello europeo, debba agire risolutamente e in prima fila per la costruzione di quel fronte di resistenza morale e di isolamento politico all'alleanza nero-azzurra dell'Austria, che ha in sé i germi del nazismo. Occorre cominciare da subito, anche in questo Parlamento, e, per dare un segnale, congelare la ratifica degli accordi bilaterali tra Italia ed Austria.
Devo dire che in questi giorni non solo lasciano dubbi sull'argomento le incertezze di Prodi, probabilmente dettate dalla sua responsabilità europea, ma, per quel che ci riguarda più direttamente, lasciano perplessi anche i tentennamenti che Dini ha manifestato due giorni fa a Bruxelles alla conferenza intergovernativa sulle riforme istituzionali dell'Unione europea. Mentre gli altri ministri degli esteri hanno dimostrato di non voler abbassare la guardia sul fenomeno e di non voler fare sconti al Governo neorazzista, il nostro ministro degli esteri ha dichiarato di voler aspettare prima di giudicare quel Governo.
Penso, al contrario, che il nostro Governo, cogliendo tutta intera la memoria storica antifascista del popolo italiano, debba operare per spezzare sul nascere quel grumo razzista che si presenta come grave rischio nel vecchio continente, in cui proprio le radici del movimento europeo affondano in un forte sentimento antifascista e antirazzista.
Noi ci auguriamo, dunque, che si vada avanti con più fermezza, per contribuire a ridefinire politicamente il volto civile, democratico ed antifascista dell'Europa.
Con questo spirito voteremo a favore della mozione di cui siamo firmatari, ma anche delle altre mozioni che si muovono in questa direzione, proprio perché vi è un'unità di fondo sull'ispirazione dei valori fondanti dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Comunista - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monaco. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MONACO. Signor Presidente, è innegabile che la reazione della comunità internazionale, e segnatamente dell'Unione europea, all'insediamento del Governo austriaco sia stata singolarmente concorde, forte e severa. Così è stato da parte dei Governi europei, ma - vorrei dirlo anche al collega Brunetti - anche da parte della Commissione europea. Qualcuno ha creduto di rilevare un tono più cauto, una misura di prudenza in più o, secondo i critici, una misura di fermezza in meno da parte della Commissione


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europea, se rapportati ai pronunciamenti dei Governi nazionali.
A mio giudizio le cose non stanno esattamente così: basti notare che il Presidente della Commissione Prodi, facendo esplicito rimando agli articoli 6 e 7 del Trattato di Amsterdam, si è solennemente impegnato ad una severa vigilanza ed ha minacciato di applicare le sanzioni previste dal suddetto trattato nei confronti di Stati e Governi che contraddicano i principi di democrazia, il primato del diritto, i diritti fondamentali dell'uomo ed il rispetto delle minoranze, tutte condizioni che sono a fondamento dell'Unione europea. Piuttosto, nel Presidente della Commissione europea, in ragione del suo ufficio, affiora la motivata preoccupazione che, non essendo prevista l'ipotesi dell'espulsione degli Stati che abbiano infranto i suddetti principi, si debba tuttavia garantire il funzionamento di quel sistema complesso rappresentato dalle istituzioni europee.
Haider ha già procurato abbastanza problemi e non merita, come regalo, che gli sia consentito di procurarne un altro, e di grande rilievo, cioè la paralisi delle istituzioni dell'Unione europea. Del resto, che la preoccupazione del funzionamento pieno delle istituzioni europee al più alto livello sia la preoccupazione e, in un certo modo, la missione che Prodi si è assegnato, è testimoniato dal suo intervento di ieri al Parlamento europeo, nel quale non solo si è impegnato a fare da guardiano e da inflessibile garante del rispetto di quei principi qualora fossero contraddetti nell'alveo dell'Unione europea, ma ha anche indirizzato ai paesi membri un vibrante appello ad adoperarsi per soluzioni energiche e radicali - quindi, non timide e minimaliste - in sede di conferenza intergovernativa, mirate alla riforma e al rafforzamento del profilo politico dell'Unione europea.
Ci si è chiesti se la condanna e le sanzioni varate dai Governi europei fossero legittime e opportune. Personalmente non ho dubbi che siano legittime, in quanto sono in gioco i valori, i principi e la base etico-politica dell'Unione europea; mi riferisco ai valori consegnati all'articolo 3 del Trattato di Amsterdam che, non a caso, è accompagnato da un apparato disciplinare e sanzionatorio nei confronti di chi lo trasgredisce. Quelle misure sono state opportune, se solo si consideri il profilo tragico della storia europea del ventesimo secolo e l'irruzione in essa dei totalitarismi, non contrastati energicamente e per tempo sul nascere, magari proprio perché instauratisi - così è avvenuto storicamente - attraverso libere elezioni. Spesso i fascismi - così ha scritto Claudio Magris - giungono al potere anche in ragione dell'istinto a minimizzarne la portata. Del resto, che l'allarme in Austria ed in Europa sia più che giustificato lo testimoniano molteplici indizi. Di recente, l'ex Presidente della Confederazione svizzera ricordava che - cito le sue parole - anche nella ricca e sempre più egoista Confederazione ciò che non si poteva sostenere negli anni cinquanta è ora completamente accettabile e può diventare parte del programma di un partito.
Anche agli attori politici italiani è giusto chiedere parole chiare ed inequivoche di dissociazione e comportamenti conseguenti rispetto ad Haider e, soprattutto, alla sua cultura prima che alla sua politica. Non possiamo non registrare qualche ambiguità e qualche incertezza al riguardo. L'episodio più riprovevole è quello già menzionato dal ministro Toia, relativo all'ordine del giorno leghista votato dal Polo, il 3 febbraio scorso, nel consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, nel quale si impegnava il presidente della giunta ad invitare Haider a rendere visita alla risiera di San Sabba, come auspicato dal rabbino capo, salvo incassare poi la smentita del rabbino e la protesta di Israele.
Fortunatamente, come si è già osservato, non si è poi dato corso a quell'ordine del giorno ma, di fronte a problemi del genere, incombe su di noi il dovere di comprendere, di scavare, di distinguere e non solo di esprimere sdegno, né di ricondurre strumentalmente tutto entro l'imbuto della politica nostrana. Dobbiamo


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chiederci: cosa sta alla radice del caso del fenomeno Haider? Al riguardo, si è aperta un'utile riflessione. Vi è chi la interpreta come una reazione di segno regressivo alla globalizzazione, che fa riaffiorare vecchi fantasmi e si scarica sull'altro e sul diverso, oggi soprattutto gli immigrati. Vi è chi denuncia lo spaesamento dell'Austria dopo la caduta del muro ed il conseguente smarrimento della sua vocazione mediana e mediatrice; una vocazione che sta anche nel nome - la Mitteleuropa - della regione occupata dall'Austria. Ancora, secondo un acuto commentatore, l'Austria, pur governata fino a ieri da forze riformiste, era già abbondantemente «haiderizzata», a testimonianza del fatto che la politica non è onnipotente, oppure che quando la politica insegue umori regressivi prima o poi l'Haider di turno sbuca fuori a raccoglierne i frutti.
Tuttavia ha ragione chi interpreta - anche per rimarcare il profilo positivo di questa sfida - il caso Haider come un'opportunità preziosa per l'Unione europea, oltre che come un problema. Esemplifico il senso di questa opportunità. In primo luogo, davvero l'Unione europea - oggi lo intendiamo bene - non si attiva solo intorno a moneta e mercato, ma anche intorno a valori universali (i diritti dell'uomo, la democrazia, lo Stato di diritto): eccola, finalmente, l'anima profonda dell'Europa, senza la quale non si dà vera unità. Un secondo significato di questa opportunità sta nell'esigenza di affinare ed arricchire l'istituto dell'ingerenza umanitaria verso Stati e Governi che hanno liberamente sottoscritto precisi e vincolanti impegni, patti, trattati. In terzo luogo, si presenta l'opportunità di uno scatto in avanti, di un soprassalto europeista, si è detto, addirittura, di uno shock federalista, di un balzo in avanti nella costituzionalizzazione dell'Unione europea, finalmente fondata sul concetto denso di cittadinanza europea, superando quello che Andrea Manzella ha qualificato come il «rachitismo costituzionale» dell'Unione europea.
Vi è poi - quarto aspetto - la disponibilità a mettere in discussione non solo la sovranità nazionale (questo è un punto delicato, ed anche, vorrei dire, concettualmente controverso), ma in un certo senso la stessa sovranità popolare, in nome di principi della democrazia e - ultimamente - di diritti fondamentali dell'uomo da considerare indisponibili da parte dello stesso popolo sovrano. Si ha così il superamento di un'idea di democrazia risolta dentro le sole procedure formali dell'investitura popolare. Sta qui il rilievo fondativo della Carta dei diritti dei cittadini evocata dal ministro Toia. È buona cosa che i cittadini dei paesi membri dell'Unione sappiano in anticipo che con il loro voto dato a Governi non conformi a quella Carta dei diritti potranno causare l'isolamento del proprio paese. Ecco, quindi, che si assume un'enorme responsabilità anche quando si vota per esprimere i Governi interni. Infine, la quinta ed ultima lezione che possiamo ricavare riguarda le contraddizioni laceranti che si sono prodotte nel partito popolare europeo, tensioni che covavano da tempo e che non fanno che confermare l'esigenza - che noi, in realtà, sottolineiamo da tempo - di rivalutare criticamente le famiglie politiche europee che abbiamo ereditato dal secolo scorso. A questo riguardo, ci piace dare atto ai popolari italiani della loro coerenza e della loro determinazione nel denunciare le responsabilità dei popolari austriaci non solo all'interno delle istituzioni europee, ma anche nell'alveo del partito popolare europeo, capeggiando il fronte interno genuinamente riformista, coerente con le istanze sociali e cristiane del movimento cattolico europeo.
Sulla scorta di queste considerazioni, e condividendo le premesse ed il dispositivo delle mozioni accolte dal Governo, dichiaro che i democratici si dispongono a votare con ferma convinzione a favore di esse (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici-l'Ulivo e dei Popolari e democratici-l'Ulivo).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, signor ministro, è con senso di avvilimento - lo devo confessare - che assisto a questo dibattito, perché francamente mi sembra che le logiche di schieramento interno facciano premio sulla serietà del problema che stiamo affrontando. Non diversamente, infatti, potrei interpretare l'atteggiamento del Governo, che esprime, a mio avviso con motivazioni speciose, un giudizio negativo sulla mozione presentata dal Polo e poi, a mio avviso giustamente, perché la voterò anch'io, esprime parere favorevole sulla mozione presentata dall'amico Brugger, del gruppo misto-minoranze linguistiche.
Il ministro ha letto due passaggi della nostra mozione, a mio avviso giustamente problematici, i quali però pongono meno problemi di una mozione che giustamente riporta integralmente il preambolo su cui è nato il Governo di alleanza popolare e liberale in Austria. Tutti i contenuti di questo preambolo sono perfettamente condivisibili ed in linea con i valori dell'Europa. Nella risoluzione presentata dall'onorevole Brugger si dà un giudizio positivo delle prime iniziative del Governo austriaco. Il Governo ha espresso parere favorevole su questa mozione.
A questo punto mi domando se il dibattito sulle posizioni del Governo possa essere costruttivo e se possa servire a costituire una linea comune che era ed è di preoccupazione per posizioni assunte anche solo a parole (anche le parole possono diventare pericolose se dette a ruota libera). Mi domando altresì se vi è una preoccupazione comune di avvertire i cittadini austriaci della preoccupazione europea relativamente agli sviluppi di determinate dichiarazioni o se il tutto si giochi in maniera cinica e brutale sul piano della politica interna, per cui si esprime parere favorevole su una mozione presentata dai deputati di un gruppo facente parte della maggioranza - pure affermando cose condivisibili -, mentre si esprime parere contrario sulla mozione presentata dall'opposizione che, a livello sia europeo sia italiano, ha condiviso le stesse preoccupazioni. Permettetemi un certo avvilimento, specialmente se si parla di politica estera, settore in cui sia l'attuale sia il precedente Governo hanno potuto contare sui voti determinanti del Polo per poter assolvere ad impegni assunti sul piano europeo e internazionale, magari surrogando gruppi che adesso voteranno a favore della risoluzione di maggioranza, ma che allora non si erano impegnati in favore degli interessi nazionali.
Gli atti parlamentari non vengono conosciuti a fondo al di fuori di qui, ma mi piacerebbe sapere come il Presidente del Consiglio dei ministri, D'Alema, e il ministro degli affari esteri, Dini, possano giustificare il parere favorevole espresso nei confronti della mozione Brugger n. 1-00435 ed il parere contrario sulla mozione Pisanu n. 1-00438. Sulla base di quale considerazione sono stati espressi tali pareri: sulle firme o sui loro contenuti?
Si può ben vedere come questo dibattito venga giocato - questa la nostra preoccupazione fin dall'inizio - non perché erano chiare, fin dall'inizio le preoccupazioni per un paese amico. Condivido pienamente la posizione espressa da Romano Prodi, perché mi è sembrata equilibrata e saggia ed ha espresso preoccupazione, ma anche volontà di attendere. Non posso invece condividere una serie di passaggi strumentali. È come se un mio amico fosse in bilico sul davanzale di una finestra e invece di dargli una mano per impedirgli di cadere cerchi di spingerlo affinché cada più velocemente. Questo non perché si voglia bene all'amico, ma perché vi è da perseguire un obiettivo contingente di politica interna.
Suonano stonate le dichiarazioni in favore dei valori umani, della democrazia e dei diritti dei cittadini se dette da persone che, pur facendo parte di questo Governo, fanno parte del partito dei comunisti italiani, che ritiene che la Cina o Cuba siano paesi con i quali non solo si devono intrattenere rapporti, ma che costituiscono


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anche modelli da seguire. La posizione della sinistra democratica, che riconosco ampiamente, è stata quella di riconoscere l'insufficienza e i drammi storici causati dal comunismo, condannando certe esperienze. In questo caso, chi non condanna questa esperienza è solidale con paesi in cui i diritti umani vengono conculcati ogni giorno e si sente di erigersi a giudice di esperienze per le quali alcune dichiarazioni possono creare preoccupazioni, ma poi approva risoluzioni che riportano il preambolo che è alla base della nascita del Governo liberale e popolare in Austria.
Tutto quello che è contenuto in quel documento è una condivisione di diritti umani, di principi di libertà, di non xenofobia, di condanna di ogni atteggiamento di disprezzo verso chi non vuole gli stranieri, di condivisione degli ideali europei. Per questo, come ho detto all'inizio, provo un senso di avvilimento.
Infine penso che abbiamo perso anche l'occasione per comprendere come la democrazia sia un processo, attraverso il quale si arriva a convincere degli errori commessi chi storicamente ha assunto posizioni sbagliate.
Quando vedo personaggi come Brandt, che andò ad inginocchiarsi in Polonia, che riconoscono storicamente di aver sbagliato e chiedono perdono di quello che non personalmente hanno fatto ma di ciò che ha fatto il popolo cui appartengono e rendono omaggio alle vittime degli errori della storia, non mi indigno ed anzi sono molto soddisfatto perché penso che questi riconoscimenti rendano la causa della libertà e della democrazia ancora più condivisa.
Per tali ragioni voteremo naturalmente a favore del nostro documento e di quello della Volkspartei ma sicuramente non possiamo condividere posizioni che sono state presentate nel dibattito odierno soltanto in maniera strumentale. (Applausi dei deputati del gruppo misto-CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manzione. Ne ha facoltà.

ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole ministro, alcuni giorni orsono si è celebrato in tutto il mondo il «giorno della memoria».
L'umanità ha ricordato a se stessa la più grande ferita che mai l'abbia colpita, non solo nel secolo che si sta per concludere ma forse nella sua storia: l'olocausto. Il 26 gennaio scorso, ricordando il cinquantacinquesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, tutti gli uomini di buona volontà, tutti gli uomini liberi, tutti gli uomini democratici hanno manifestato la propria angoscia per quell'aberrante crimine ed il proprio impegno morale, civile e politico affinché non si dimentichi.
Ancora oggi, a distanza di mezzo secolo, rivedendo le immagini, le fotografie dei campi di sterminio, alla nostra ragione rimane difficile accettare che l'uomo possa essere arrivato a tanto. L'ingranaggio scientifico, meticoloso, fatto di orari precisi, di movimenti composti, di azioni coordinate e preordinate in cui si muoveva la cosiddetta soluzione finale è la più violenta offesa che l'uomo abbia inflitto a se stesso: porre la propria razionalità, nella sua interezza, a disposizione del crimine. Stato, burocrazia, ordinamenti giuridici e militari erano al completo servizio dell'omicidio di massa senza lasciare il minimo spazio al sentimento, al ricordo, per non parlare della pietà.
Dalla seconda guerra mondiale in poi il mondo purtroppo non è migliorato. Si sono continuati a vedere guerre e massacri. Mentre discutiamo, in Cecenia, in Africa e in altre zone del globo c'è gente che combatte e che muore. Non credo di esagerare affermando che la storia di questo ultimo secolo può essere divisa tra il «prima di Auschwitz» e il «dopo Auschwitz».
Auschwitz rappresenta in tutti i suoi significati e nelle sue connotazioni generali e particolari la concretizzazione dell'uomo nicciano e del concetto hegeliano dello Stato supremo, ma attraverso la sofferenza, tortura e la morte degli internati, Auschwitz è diventato anche il simbolo della sconfitta di quei concetti. Ad Auschwitz il dolore ha acceso una fiaccola


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che noi abbiamo il dovere di passare alle generazioni future. È la fiaccola del ricordo perché, come ha detto il premio Nobel Elie Wiesel (un sopravvissuto), non possiamo dare la vita ai morti ma possiamo salvarne la memoria. Se non lo facessimo li uccideremmo una seconda volta.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche il nostro territorio è stato infangato dalla ignominia dei campi di sterminio, ne è tragica testimonianza la Risiera di San Sabba. In quel luogo migliaia di persone sono state torturate e uccise, altre vi sono passate prima di finire nei forni crematori di Auschwitz. A San Sabba operavano le solite «SS» più un piccolo distaccamento di ucraini, tristemente noti per la loro ferocia. San Sabba era molto più piccola di Auschwitz; non aveva i larghi viali dove far marciare i prigionieri, non esisteva la stazione ferroviaria, né la grande Appelplatz. La specializzazione di San Sabba era però la tortura. Vi è un graffito scritto da un prigioniero in una delle celle; un graffito sconvolgente e grande allo stesso tempo. Il graffito dice: «Se Dio esiste, mi deve chiedere scusa».
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non possiamo dimenticare. Guai se abbassassimo la guardia! Forse, il caso Haider è stato gonfiato, ma che rispondere riguardo ad un uomo di Governo che afferma: «Le SS erano brave persone che compivano il loro dovere». Sono solo parole di libertà? Sono frasi rivolte da un politico ad un particolare gruppo per raggranellare qualche voto?

FABIO CALZAVARA. Sono state smentite, vi è stato un processo!

ROBERTO MANZIONE. Siamo convinti che se è sbagliato sopravvalutare, sia oltremodo dannoso sottovalutare il fenomeno Haider.
Riteniamo sia improponibile vedere in Haider un qualsiasi tipo di rinascita del nazismo; è, invece, possibile che da Haider parta un tentativo di giustificazione, o peggio, come da certe sue reali dichiarazioni appare, una forma di revisionismo storico.
Cosa dice Haider? Il nazismo ha creato i campi di sterminio, ma è anche vero che la sua politica sociale era ammirevole, che tutti lavoravano, che si costruivano autostrade e via di seguito.
Il pericolo, quello reale, è nel tentativo di creare una scala dei valori o, meglio, dei risultati della politica nazista in un modo semplicistico che non rivela il sistema costrittivo e violento anche nel raggiungere risultati presentati come positivi. Oltre a questo, di per sé già grave, ciò che preoccupa dell'ascesa del leader del partito liberale austriaco è di essere diventato punto di riferimento di aspirazioni e sentimenti mai completamente sopiti, che varcano i confini della Carinzia ed investono i paesi dell'est europeo e dei Balcani.
Sono questi i sentimenti xenofobi e nazionalisti che hanno, comunque, insanguinato il nostro continente nel passato e che sono l'antitesi della convenzione europea. È urgente, allora, lavorare per la riforma delle istituzioni europee e superare i limiti legati al prevalere degli interessi egoistici dei singoli Stati membri prima che si diffonda ancora di più la spinta alla frammentazione che nasce dai micronazionalismi.
Occorre una più forte e coesa politica comunitaria che stimoli lo sviluppo e freni quelle tensioni sociali che sono sempre state all'origine dell'emarginazione e del razzismo. Occorre, al più presto, aggiungere all'Europa dell'economia l'Europa delle persone e della solidarietà!
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sanzionando Haider aiuteremo l'Austria a rivisitare la propria storia recente, a fare i conti con il proprio passato, come ha già fatto la Germania. Con il «no» alla visita di Haider alla Risiera di San Sabba non solo rispetteremo la volontà dei parenti delle vittime, ma soprattutto la dignità delle vittime stesse e di tutti coloro che con il sacrificio della loro vita hanno auspicato un'umanità migliore. Ce lo impone la nostra coscienza, ce lo impone la nostra ragione, ce lo impone la nostra


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memoria (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDEUR, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e Comunista)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanni Bianchi. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BIANCHI. Presidente, annuncio il voto pienamente favorevole dei deputati Popolari sulle mozioni accolte dal Governo ed esprimo la convinzione che, in ordine al caso Haider, la ricerca della verità è destinata a continuare. Credo che si possa immediatamente porre qualche punto fermo. Per questo motivo ho deciso di procedere secondo una linea parzialmente controcorrente rispetto ai pareri sin qui uditi, che vedono in Haider o il nazista o il cittadino normale compiutamente e compitamente democratico. Le cose non stanno così!
In un modo, per così dire, paradossale quella di Wolfgang Schüssel e degli altri Popolari austriaci potrebbe perfino sembrare una curiosa colpa, nel senso che, se la loro decisione di allearsi con il partito di Haider rimane un'inaccettabile ferita alla coscienza democratica dell'Europa che merita di essere adeguatamente sanzionata, nello stesso tempo, ha il merito di definire il crinale su cui in Europa e nello stesso PPE si dividono democratici cristiani e «avventuristi» non conservatori - perché l'atteggiamento di Aznar e più ancora di Chirac è lì a smentirli - e, di conseguenza, europeisti ed antieuropeisti. È persino drammatico che ciò accada nella forza politica che reclama, a giusto titolo, l'eredità dei costruttori dell'Unione europea, quando ancora molti partiti socialdemocratici non avevano pienamente definito la loro appartenenza al campo delle democrazie occidentali, ma così è. Però così è e lo è perché pervicacemente il gruppo dirigente del PPE nel corso di questi anni ha seguito una linea di accettazione nei suoi ranghi politici e parlamentari di soggetti e forze politiche che poco avevano a che fare con l'ispirazione cristiana, federalista e democratica, alla base delle intuizioni di De Gasperi, Adenauer e Schuman.
Ebbene, di fronte all'ineccepibile decisione del Consiglio europeo di congelare i rapporti con Vienna, il moderatismo europeo, se c'è e fin dove arriva, gioca parte del suo destino e gran parte del suo profilo.
Diceva Dossetti che non dobbiamo occuparci della cronaca ma della storia sì, con tutta la vigilanza, perché là dove la piccola politica guarda, la grande politica vede. Viaggiare nelle vicende della cronaca senza disperdersi nel non senso è possibile solo con la visione del processo, con uno sguardo d'epoca sul proprio tempo. È quello che è mancato a chi non ha capito che se non ci fosse stata l'iniziativa dei Popolari italiani, belgi e francesi, la vicenda sarebbe passata sotto silenzio. Con tale iniziativa s'intendeva aprire una riflessione molto seria, senza fanatismi né fondamentalismi.
I Popolari non perseguono l'isolamento di un paese. Conosciamo la differenza tra Governi e partiti. Non dimentichiamo però una acuta osservazione di Grillparzer: l'Austria è un piccolo paese dove il mondo fa le prove generali: un piccolo paese (oggi 8 milioni di abitanti, uno in meno della Lombardia), però il mondo vi manda in scena le prove generali.
Haider non ci preoccupa per il passato nazista dei suoi genitori, ma per quel che dice oggi, alla vigilia dell'allargamento dell'Europa.
La libertà europea fu riconquistata insieme, nel ferro e nel fuoco del secondo conflitto mondiale, sulle sue macerie, dalle potenze alleate, quindi, insieme, da Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e all'interno del nostro paese la composizione dei CLN, che condussero la lotta di liberazione, è a tutti nota per dover essere qui ripetuta.
È questa la pagina della storia; chiede solo la pazienza di essere letta. Non posso quindi non restare perplesso di fronte all'atteggiamento di chi - come il leader di Forza Italia ed altri - ha voluto in maniera spericolata introdurre un parallelismo tra Vienna, che vede insieme al Governo neri e blu, e Roma dove, a suo dire, i cattolici democratici condividono le


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responsabilità del Governo con quelli che sempre l'onorevole Berlusconi continua a chiamare a gran voce i comunisti.

GUSTAVO SELVA. Cossutta si chiama comunista!

GIOVANNI BIANCHI. Non ho dubbi sulla natura totalitaria del comunismo e non penso neppure che essere comunista sia un destino eterno, ma non vorrei ci si comportasse come se i cattolici democratici - e cioè i democristiani - la battaglia comunista non l'avessero già fatta a suo tempo e, fortunatamente, vinta; fortunatamente per lei, onorevole Berlusconi, ed anche per chi oggi si dichiara ex comunista o comunista. Già fatto, grazie a De Gasperi, a Dossetti, ad Aldo Moro. Chi arriva buon ultimo, con alto strepito dei media, non dovrebbe sottrarsi alla fatica di informarsi, anche per evitare la figura di quei giapponesi che restarono in armi e solitari nella giungla a guerra finita da qualche decennio (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo).
Di Haider mi crea problema la leggerezza. È la figura, non nuova, del populismo. Perentorio il giudizio di Joachim Fest, lo storico tedesco autore di Hitler: una biografia. Egli dice: «I neonazisti in Europa sono pochi e dispersi. Haider ha applaudito alle SS per accattivarsi un pubblico che resta purtroppo sensibile a questi terribili richiami, ma è tattica, non c'è ideologia. Il milione di austriaci che lo ha votato non è nazista o neonazista. È solo scontento di come vanno le cose. La gente protesta contro la crisi economica e la burocrazia. È questo il vento che spazza l'Europa ed il populismo, di destra come di sinistra, non fa che raccoglierlo». E ancora: «Haider è un leader postmoderno, non ha idee e convinzioni, cavalca i problemi irrisolti per denunciarli, incassare voti ed arrivare al potere. Gli austriaci si accorgeranno presto di chi è Haider; ogni volta che dice una cosa sbagliata si corregge, chiede scusa, cambia musica e ricomincia. È il nulla, la fine della politica». Si tratta di una leggerezza che non ha bisogno di essere esportata perché non è una specialità austriaca, purtroppo, ma è possibile acquistarla a buon prezzo anche da noi. Per tale ragione, il nostro è il tentativo di essere chiari da subito; il populismo è materia totalmente plastica, plasmabile secondo il corso degli eventi, lo spirito del tempo, la convenienza di una parte. Non è una creatura in sé compiuta; è sempre disponibile a qualcosa di diverso, di inedito, di altro da sé. È paragonabile, piuttosto, ad una placenta dove la storia s'incarica di depositare le sue creature e, sovente, i suoi mostri.
I nostri avversari e gli interlocutori interni devono essere rimandati alla coerenza con le loro prese di posizione soprattutto per due circostanze, che possono rendere drammatica la situazione europea. La prima di esse è costituita dalla disavventura giudiziaria di Helmut Kohl e dalla conseguente crisi della democrazia cristiana tedesca. Il possibile venir meno, infatti, della storica funzione moderatrice svolta dalla CDU può aprire ed allargare spazi inediti alla destra tedesca, quella sì di marca nazista, fin qui confinata nell'orto dei republikaner; qui il contagio dell'austriaco Haider potrebbe in qualche modo attecchire e sortire effetti non voluti e non previsti.
La seconda circostanza rimanda ancora una volta alla tragedia dell'ex Jugoslavia. È, infatti, al confine storico tra l'Austria-Ungheria e l'impero ottomano che è affiorato in Europa lo spettro della pulizia etnica; si tratta di un monito per ricordare che Sarajevo è pur sempre nel cuore di questa Europa e che quelli balcanici sono comunque mostri europei. Non a caso, don Primo Mazzolari, nel suo ultimo articolo, evocava proprio la «Balcania» come la culla nella quale fu compiuto il tentativo maldestro di rifondare le nazioni sul sangue, sulla razza, sulle religioni.
Sarebbe ingiusto ed ingeneroso mettere oggi tali scenari sul conto del populista Haider, ma evocarne gli esiti possibili dovrebbe servire a prendere le distanze non da un popolo civilissimo quale quello


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austriaco, ma dalla inquietante e mediatica leggerezza di un suo leader di successo. I popolari lo hanno fatto con tempestività, gli altri sono attesi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato con grande attenzione quello che è stato dichiarato in quest'aula, ma ne traggo motivo di grande preoccupazione e tristezza perché ciò mi sembra pregevole come auspicio, come linea da osservare con attenzione; esso è basato, però, anzitutto su una non notizia.
Oggi si è discusso di una eventuale visita del leader del partito liberale nazionalista alla risiera di San Sabba. In realtà, vogliamo sapere come sono andati i fatti? È stato Il Piccolo, il quotidiano di Trieste, che a tutta pagina ha riportato una dichiarazione del presidente della comunità ebraica: «Haider deve venire ad inginocchiarsi alla risiera di San Sabba». Se vi è stato - lo dico sommessamente - un invito ad Haider a visitare Trieste, esso è stato avanzato dal presidente della comunità ebraica con le parole riportate. Che poi tale presidente abbia dato la colpa, dicendolo più o meno velatamente, all'interpretazione che il titolo del giornale avrebbe dato alle sue dichiarazioni, può essere preso in considerazione, perché noi rispettiamo la sensibilità del rabbino in ogni sua fase.
Ma è su una «non notizia», onorevoli colleghi, che abbiamo discusso perché - come ha ricordato il collega Menia - lo stesso Haider (lo dico molto sommessamente e in un modo che forse potrà sembrare inopportuno a qualcuno) ha pronunciato le seguenti parole: «se la mia visita», che del resto gli era stata confermata dal sindaco di Trieste Illy, «dovesse essere motivo di divisione, io rinuncio a fare questa visita».
Onorevoli colleghi, perché, invece di montare una campagna di questo genere, non riflettiamo sul peso delle parole quando ci piacciono ed anche quando eventualmente non ci piacciono?
Il secondo punto che vorrei sottolineare è relativo alla creazione di un «mostro», di un demonio, di una persona della quale si devono condannare anche gli atti che non sono stati compiuti. Onorevoli colleghi, ragionando molto pacatamente, devo dire che nessuno ha ricordato in quest'aula, nemmeno il rappresentante del partito popolare, l'onorevole Soro, con il quale è in rapporti sicuramente stretti, quale sia il preambolo che il Presidente della Repubblica austriaca ha voluto che fosse posto a suggello del programma del Governo Shuessel, assieme con i liberali democratici. Si è trattato di un preambolo che rappresenta un impegno di particolare significato. Voglio che sia consegnato a questo dibattito il testo integrale dei passaggi principali.
Il testo di tale preambolo così recita testualmente: «Il Governo federale è impegnato a rispettare i princìpi della democrazia pluralista e il ruolo della legge comune a tutti i membri dell'Unione europea. Il Governo federale riafferma la sua salda aderenza ai valori spirituali, morali che sono eredità comune dei popoli d'Europa; si schiera a favore del rispetto, della tolleranza e della comprensione per tutte le persone, senza riguardo per l'origine, la religione o la visione del mondo; condanna e combatte attivamente ogni forma di discriminazione, intolleranza e demagogia in tutti i campi; si batte per un'Austria nella quale xenofobia, antisemitismo, razzismo, non trovino posto; agirà in modo vigoroso per contrastare ogni forma di pensiero che cerchi di denigrare gli esseri umani e combatterà attivamente la diffusione di queste idee».
Onorevoli colleghi, questo è un documento di una chiarezza solare, di una esemplarità che forse non riscontriamo in nessun altro documento programmatico governativo; è un documento che non lascia sicuramente margini ad equivoci o a interpretazioni diverse.


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Ma di particolare rilievo è anche un altro brano, che è del seguente tenore: «L'Austria accetta la sua responsabilità nella tragica storia del ventesimo secolo e nei mostruosi delitti del regime nazionalsocialista; il nostro paese accetta i lati chiari e quelli scuri del suo passato ed anche le azioni di tutti gli austriaci, buoni o cattivi, come propria responsabilità: nazionalismo, dittatura, intolleranza hanno portato la guerra, la xenofobia, la mancanza di libertà, il razzismo e uccisioni di massa. L'unicità e l'incomparabilità dei crimini dell'Olocausto sono un ammonimento a stare in guardia permanentemente contro tutte le forme di dittatura e di totalitarismo».
Onorevoli colleghi, voi qui, o parte di voi qui, avete condannato già azioni che non si sono svolte. Facciamo in modo che l'evocazione di un mostro non generi davvero in qualche mente eccitata quell'odio, quella xenofobia e quella violenza che voi temete non meno di quanto possa temerle io. Il passo che state compiendo è gravissimo! È estremamente grave che un Parlamento si sia abbandonato a delle affermazioni che prevedono un pericolo che fino a questo momento non c'è stato soltanto in base a dei giudizi o a dei pregiudizi.
Mi auguro davvero che l'Austria non accolga (e che nessuno in Austria lo accolga) come pericolo o come provocazione quello che stiamo facendo perché davvero allora si preparerebbero dei tempi bui per tutti noi.
Questa è la posizione che Alleanza nazionale assume e in questa luce, mi dispiace di doverlo dire all'onorevole ministro, noi respingiamo la definizione di genericità che lei ha dato. Il nostro documento ha una chiarezza solare che si ispira a quei principi che prima vi ho detto e che si legge esattamente nel documento di preparazione e di suggello del Governo austriaco.
Pertanto, noi voteremo la nostra mozione e siccome ci ritroviamo anche nella mozione della Lega nord voteremo anche la mozione dei colleghi della Lega nord (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frau. Ne ha facoltà.

AVENTINO FRAU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ormai il dibattito è avanzato; abbiamo sentito molte valutazioni e forse è opportuno un minimo di sintesi per la valutazione di quanto è stato detto.
Nelle mozioni presentate ci sono elementi di unità ed elementi di diversità. Che cosa unifica le valutazioni espresse in tutte le mozioni? Vi è il giudizio negativo sulle pregresse dichiarazioni e sulle posizioni estremistiche di Haider. Certamente, questo è un elemento comune a tutte le mozioni. Vi è la tutela dei valori che sono alla base delle nostre democrazie, dei trattati e quindi dell'Unione europea come valori di fondo, ma non semplicemente come affermazione di valori, bensì valori di fondo per i quali si è pagato tanto e che vanno difesi strenuamente. Vi è la condanna del razzismo, della xenofobia e di tutte le forme di estremismo che caratterizzano la non democrazia e le pericolose avventure che purtroppo la nostra Europa (e non solo essa) ha sperimentato nel corso del novecento. Vi sono, però, molti elementi che le diversificano l'una dall'altra.
Vi è una diversa valutazione sulla presa di posizione ufficiale (ne ha parlato molto opportunamente il collega Selva poco fa). Vi è una sorta di pregiudizio basato su elementi non ancora verificati di comportamento statuale. Sono legittime le aspettative, positive o negative, e sono legittimi i timori, ma la presa di posizione istituzionale non ha corrisposto ad eventi come quelli previsti dall'articolo 7 della convenzione costitutiva dell'Unione europea. Vi è il rifiuto della strumentalizzazione che abbiamo sentito profondamente (che è stata giustamente citata e illustrata dall'onorevole Giovanardi nel suo intervento di poco fa). È una strumentalizzazione


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politica che sembra fatta per ingigantire da un lato e collegare dall'altro. Vi è il rifiuto del collegamento alla realtà italiana che si è tentato e che si è espresso cercando di fare delle acrobazie di tipo logico collegando Haider alla Lega, la Lega a Forza Italia, Forza Italia al bieco fascismo di AN e quant'altro per arrivare a delle combinazioni che sono state lette da tutti come un modo per fare politica interna attraverso la politica estera o comunque, attraverso la visione della politica estera.
Del resto, la strumentalizzazione non è necessariamente dovuta ad un collegamento in senso negativo ed è presente in alcune delle mozioni, per esempio in quella a prima firma Mussi, nella quale vi è un'affermazione politica significativa, in quanto prevede che la camera stimi che «... l'ammissione del FPO all'interno di un Governo di coalizione avrebbe l'effetto di legittimare l'estrema destra in Europa». Si tratta, quindi, di una valutazione politica che rappresenta un'interferenza in un altro paese e che, comunque, è legata non ai fatti ma ad un'ipotesi politica.
Un altro punto della mozione a prima firma Bertinotti è significativo, perché si afferma un principio che riteniamo giusto: «l'Europa democratica (...) ha politicamente il dovere di reagire fermamente di fronte al grave "sdoganamento" di forze politiche che in modo diretto ed indiretto si richiamino ad un'esperienza che nel XX secolo è stata protagonista di una serie impressionante di crimini contro l'umanità». Da questo punto di vista, credo che l'onorevole Bertinotti, non inserendo il termine «nazista», abbia riconosciuto che i crimini contro l'umanità hanno avuto, come tutti qui dentro sappiamo, una connotazione che, oltre all'Europa, riguarda in particolare la Russia, con la sua storia da Lenin e Stalin in poi. Ad oggi, invece, Haider non si è macchiato di crimini contro l'umanità, e non crediamo che possa macchiarsene.
Il problema, allora, è valutare se la strumentalizzazione sia un fatto teorico. Basta leggere un articolo su l'Unità, non di uno qualsiasi ma di Gianfranco Pasquino, nel quale ci si chiede, sul caso Haider, quale distanza Bossi debba prendere dalle posizioni del leader austriaco, osservandosi che, per la verità, esistono davvero le affinità e che i leghisiti si nutrono di xenofobia e di antisemitismo, con un po' troppa intolleranza e qualche tendenza separatista, magari in nome non dell'Europa ma della Mitteleuropa, che può evocare civiltà e convivenza tra etnie diverse, ma anche essere prospettata come esperienza di predominio di una razza eletta, ariana o celtica a seconda delle preferenze. Ora, credo che, se illustri ed autorevoli esponenti dei democratici di sinistra si esprimono in questo modo (l'articolo continua con collegamenti successivi), non si può che arrivare ad una sorta di timore e di sospetto che tutto questo discorso venga utilizzato non tanto perché si creda veramente ai valori ai quali tutti crediamo, quanto piuttosto per arrivare ad una loro contestazione.
Il Parlamento, certo, ha diritto di valutare e discutere tutto questo, ma ha anche il dovere di rispettare la sovranità degli altri paesi, altrimenti si ha una grossa contraddizione. Il ministro Toia ci ha detto, in modo molto più defilato, che non vi è interferenza, che non vi è alcun tentativo di coazione, che dobbiamo considerare tutto in termini molto leggeri, ma l'onorevole Soro ha parlato in modo ben diverso, affermando addirittura che la riduzione della sovranità è la grande conquista, che l'ingerenza va considerata come nuova politica dell'Unione europea (mi sembra di citare esattamente le sue parole). Si afferma allora un principio, anche in termini giuridici, assai grave: se la nuova comunità europea, che indubbiamente ha ricevuto cessioni di sovranità da parte dei paesi membri, stabilisce un nuovo principio di ingerenza negli affari interni degli Stati, per di più negli affari strettamente politici, come le scelte degli elettori e l'espressione dei Parlamenti, allora viene da chiedersi veramente se l'Unione europea sia quella dell'ultimo documento di Prodi, che da parte di un collega si è cercato di riportare a valori forti.


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Si è cercato di dire che non è vero, si è tentato di ridimensionare, ma si sa che Prodi condanna, e lo fa pesantemente; d'altronde, il contenuto del documento è noto. Se l'Unione europea opterà per l'ingerenza nei paesi e nelle loro scelte politiche, ciò costituirà un fatto estremamente grave, soprattutto se si tiene presente il discorso dell'onorevole Selva, il quale ci ha letto - l'avrei fatto io - il documento firmato dal Governo federale austriaco che è la base della formazione di questo Governo.
Non voglio rileggerne le parti citate dal collega Selva poco fa, ma vorrei sapere, anche dal nostro Governo, quale sia la valutazione su quel documento politico. Si tratta di un documento del Governo austriaco, delle forze politiche che lo compongono, non di un'affermazione fatta in un comizio né di una dichiarazione politica rilasciata durante manifestazioni o incontri. Ebbene, quale significato riteniamo che abbiano quelle parole, noi che, in un certo senso, stiamo giocando su un «non problema» - e se fosse vero sarebbe giusto farlo - rispetto alle posizioni di Haider? Con quale faccia possiamo guardare al Governo austriaco? Certo non per contestare le posizioni di un leader politico, ma per valutare le sue posizioni istituzionali e giuridicamente rilevanti.
Da questo punto di vista, credo che dobbiamo valutare - e concludo, Presidente - se non siamo molto farisei. Per citare una frase dell'onorevole Bianchi, «la pagina della storia esige la pazienza di essere letta», ma io aggiungo che tutta la storia deve essere letta e non solo qualche capitolo.
Desidero aggiungere anche che, mentre discutiamo e guardiamo a queste vicende, mentre noi dibattiamo sulla coerenza, sui principi morali e politici nell'ambito dell'Unione, noi italiani come altri paesi europei e i nostri stessi alleati, non stiamo forse compiendo un formidabile atto di ipocrisia? Siamo strabici, volontariamente strabici, guardiamo a Vienna con la paura della violazione dei diritti - dico paura perché ancora non sono stati violati - con il terrore di ritorni ideologici non ancora e forse mai verificabili. Noi non guardiamo un po' più in là, non guardiamo a Grozny, di cui nessuno parla, dove le truppe russe danno la caccia agli ultimi civili ceceni ammazzandoli come cani (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Onorevole Frau, il tempo a sua disposizione è terminato.

AVENTINO FRAU. Signor Presidente, mi faccia concludere. Rispetto a tutto ciò non si sente una parola di condanna, non una sanzione. Non sono io che lo dico, lo scrive Le Monde. La Russia è membro dell'OCSE, è nel Consiglio d'Europa, ma la Russia è l'antica piccola grande madre, la Russia non si può criticare, né nel suo presente, né nel suo passato. Allora, stiamo attenti, perché nasce la conclusione che dal comunismo si può impunemente uscire, dal nazismo no.

PRESIDENTE. Onorevole Frau, deve concludere.

AVENTINO FRAU. Con il nostro voto e la nostra posizione politica vogliamo evitare infingimenti, che i figli morali e politici di quelle terribili storie e di quelle folli culture siano insieme condannati o insieme graziati per buona condotta successiva. Tuttavia, la condotta è da verificare, non tanto per vedere se è quella di qualcuno in particolare, ma se è quella di tutti. Non vorremmo, cioè, che qualche altro paese si ribellasse e dicesse che la presenza al Governo ... (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Frau.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Benetti. Ne ha facoltà.

LINO DE BENETTI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, i Verdi sottoscrivono la


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mozione di maggioranza con le integrazioni del ministro Toia, esplicitate in precedenza.
Ovviamente non richiamo i capisaldi della mozione che abbiamo firmato e che voteremo tra poco. Si tratta della carta d'identità dell'Unione europea: questo è l'argomento che costituisce l'oggetto della nostra discussione, del nostro voto e del nostro giudizio, in un momento importante, mentre i paesi membri dell'Unione europea, l'Italia e la XIV Commissione della Camera stanno discutendo la redazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e quest'ultima sta valutando l'ampliamento dei paesi che la compongono e, quindi, sta pensando alla necessità di valutare con serietà la propria carta dei diritti e quella degli altri Stati che ne fanno parte e di quelli che verranno. È un momento costituente: ecco perché è cogente, importante ed assolutamente coerente l'oggetto della discussione odierna.
Faccio due premesse a nome dei Verdi. La prima è che non vi è bisogno di ricordare che per noi Verdi - e penso per l'intero Parlamento, per il Governo e per lo Stato italiano - vi è l'ovvio rispetto per il diritto dell'Austria di scegliere legittimamente il proprio Governo con libere elezioni democratiche. Non ci importa nemmeno sapere, come qualcuno ha detto in questa sede, ergendosi a difensore d'ufficio, che, nella sua precedente esperienza di governatore della Carinzia, Haider non ha mai commesso azioni xenofobe.
Non ci importa quello che è successo: oggi la questione è un'altra. L'Austria è un paese sovrano, è uno Stato di diritto, ma noi stiamo parlando dell'Unione europea - di cui l'Italia, come l'Austria, è membro - come «Stato di diritto» e nella questione dei diritti l'interferenza, o meglio la discussione su tale questione, è un fatto oggettivo e necessario.
Non ci meravigliamo, infatti, quando la Corte di giustizia dell'Aja denuncia il mancato recepimento di direttive da parte del nostro o di altri paesi, perché è naturale e giusto che ciò avvenga. Senza questo dibattito il nostro paese, membro dell'Unione europea, non sarebbe uno Stato di diritto, né l'Unione europea nel suo complesso si configurerebbe come «Stato di diritto»: di questo stiamo discutendo.
La seconda premessa è che per i Verdi - e, come spero e credo, per l'intero Parlamento - non vi è bisogno di prendere le distanze dalle parole e dalle idee che Jörg Haider ha espresso, rappresenta e incarna, come presidente di un partito ed ora membro di una coalizione di Governo. Per i Verdi non occorre farlo, perché tra le nostre idee e le sue non vi è un fossato, ma un abisso. Per esprimere bene tale concetto, riportando un giudizio che non è nostro, voglio ricordare l'intervista, pubblicata oggi su un quotidiano, a Predrag Matvejevic, lo scrittore intellettuale di Mostar, che definisce Haider un playboy demagogico e xenofobo, che cavalca un populismo fascistoide. È un giudizio che condividiamo, ma ve ne sono molti altri.
Collega Selva, intendevo dire che noi Verdi non abbiamo bisogno di mostrare l'evidenza, di portare le prove provate di un'infinita serie di affermazioni che Haider ed esponenti del suo partito hanno fatto in questi anni ed anche recentemente. Alcune di queste affermazioni fanno rabbrividire: basti leggere la rassegna stampa di centinaia di pagine predisposta dagli uffici della Camera, da cui si può attingere con estrema facilità.
Tuttavia, noi Verdi non vogliamo giocare a fare confronti storici con le tragedie del secolo passato. Trovo anche assai disgustoso, come ho sentito fare in questo dibattito, confrontare gli orrori e i crimini del nazifascismo con quelli dello stanilismo. È assurdo fare questo confronto. Sono questioni sulle quali la storia e la giustizia del secolo passato (e, mi auguro, la memoria futura dei prossimi decenni) hanno posto la parola fine, nel mondo delle democrazie politiche occidentali e dell'intero pianeta. Siamo qui, però, a discutere di un'altra cosa: mi riferisco al tener conto di quella memoria e ad assumerci una responsabilità politica


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riguardo all'Europa che vogliamo, sia essa l'Europa dei quindici o dei ventuno, come sarà tra pochi anni. Vogliamo discutere quale carta dei diritti e quali diritti vogliamo per questa Europa. I Verdi sono per l'Europa della moneta unica, l'Europa sociale, dello sviluppo ecosostenibile e l'Europa politica, ma vogliono anche un'Europa dei cittadini europei che abbia una Costituzione europea ed un processo costituente nel quale possiamo definirci cittadini italiani, cittadini europei ed anche un po' cittadini austriaci. Questa è l'Europa a cui guardiamo, con una Costituente dei diritti che possa fare giustizia di ciò che è calpestato o è calpestabile. Vorremmo un'Europa protagonista nel mondo dei diritti fondamentali e non impotente o debole o assente, come è accaduto nel caso della frantumazione della ex Jugoslavia, molto prima della tragedia del Kosovo e della Bosnia; se l'Europa, allora, fosse stata protagonista, molti crimini sarebbero stati evitati.

PRESIDENTE. Onorevole De Benetti, deve concludere.

LINO DE BENETTI. Ho finito, signor Presidente. A nome dei deputati del gruppo dei Verdi, voglio preannunciare il voto favorevole e fare un'ultima osservazione: occorre prevenire, anche da un punto di vista ambientale; la tragedia del Danubio - che è ben altra cosa - non sarebbe accaduta se l'avessimo prevenuta; occorre non tacere perché i germi del silenzio, anche di fronte soltanto a parole o ad affermazioni, sono pericolosissimi. Non bisogna tacere! I germi terribili del silenzio si possono ritrovare in tragedie che, fortunatamente, hanno avuto fine e sono state giustiziate dalle democrazie del nostro tempo. Ci auguriamo che ciò avvenga e che si apra un periodo dei diritti in cui anche l'Austria eserciti un'azione da protagonista, rispetto alle questioni che abbiamo discusso (Applausi dei deputati del gruppo misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima ancora che il Parlamento ponesse la cosiddetta «questione austriaca» all'ordine del giorno, il mio partito, che per ragioni storiche e politiche può vantare una profonda e diretta conoscenza della situazione politica in Austria, ha sentito il dovere di esprimere con franchezza e determinazione il proprio punto di vista in merito. Abbiamo detto - e ribadisco qui - che il mio partito, i cui rapporti di buona collaborazione con il partito cristiano democratico austriaco dell'OVP sono noti, ha sempre preso le distanze, per motivi ideologici di Weltanschauung dal partito dei Freiheitlichen e, in tale contesto, dal suo leader Jörg Haider, poiché erano e rimangono inaccettabili talune sue esternazioni e modi di comportamento.
Haider non ci convince neanche in termini di coerenza. L'onorevole Mitolo ricordava il programma del partito di Haider sul Sud Tirolo; ma ricordo all'onorevole Mitolo che lo stesso Haider, dicendo esattamente il contrario una settimana dopo le elezioni in Austria, ha confermato la politica austriaca sul Sud Tirolo; queste affermazioni non sono coerenti con quelle affermate precedentemente. Lo dico a prescindere dalla nostra posizione sul diritto di autodeterminazione e dalla nostra critica di fondo su Haider. Le nostre esperienze passate ci fanno sostenere che le preoccupazioni espresse da varie parti politiche in Italia, in Europa e nel mondo, sono comprensibili; condividiamo l'impegno morale e politico della democrazia europea di seguire con attenzione gli sviluppi sul nostro continente e di esprimere, nel modo giusto e nel momento giusto, il proprio giudizio critico e preoccupato.
Debbo, però, far presente che nel caso dell'Austria ci troviamo di fronte ad una situazione che non esiterei a definire straordinaria per il modo in cui è stata affrontata in queste settimane. Andando per ordine, mi sia concesso di ripercorrere brevemente le tappe. L'Austria si è data un nuovo Governo, sostenuto da due


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partiti, i cui rappresentanti sono stati eletti democraticamente e liberamente. Uno di questi partiti, quello dei Freiheitlichen, ha scatenato, per i motivi che sappiamo, un'ondata di proteste senza precedenti all'interno ed all'estero, inducendo quattordici Stati membri dell'Unione europea non solo ad esprimere una ferma condanna, ma anche a decidere gravi sanzioni di tipo politico e diplomatico, coinvolgendo in tal modo tutto il popolo austriaco e la Repubblica d'Austria stessa come istituzione democratica. Ma l'Austria non è Haider e questo vorrei ribadirlo con molta fermezza.
Il fatto è senza precedenti nella storia europea del dopoguerra, come è del resto senza precedenti - ed è stato ricordato, io stesso l'ho sottolineato nella mozione da me sottoscritta - il preambolo che il nuovo Governo austriaco ha anteposto, anche per volontà del Presidente della Repubblica austriaca, Klestil, al proprio programma di Governo. Nella nostra mozione, che confidiamo venga approvata, abbiamo citato alcuni passaggi di tale preambolo: sono certo che voi colleghi, avendoli letti con attenzione, vi possiate rendere conto di come mai Governo europeo abbia finora esposto con una simile chiarezza ed indiscutibile franchezza tutti - dico tutti - i principi fondamentali che stanno alla base del nostro essere democratici, umanitari e solidali. Bastano i primi tre capoversi di tale preambolo per chiarire senza ombra di dubbio che il nuovo Governo di Vienna si muove, e si deve muovere, su quelle linee che a noi tutti stanno a cuore. Il preambolo ed il programma sono stati firmati - questo va detto - di persona sia dal Cancelliere Schussel in veste di presidente del partito popolare austriaco, sia da Jörg Haider, presidente dei Freiheitlichen, il quale, fra l'altro, non fa parte della compagine governativa. Dice un proverbio tedesco che la carta «è paziente», ma questa carta è stata firmata al cospetto di tutta l'Europa e il Cancelliere Schusell, nonché il presidente della Repubblica Klestil, ne sono e ne devono essere i garanti. Anche per chi, a prescindere dalla personalità discussa e, da noi come da altri, aspramente criticata di Haider, non volesse, per qualunque ragione, fidarsi dei Freiheitlichen, ci sono a Vienna le due massime cariche dello Stato che, a nostro avviso, sono garanti indiscutibili di questa carta del diritto e della coerenza democratica.
Ma tutto ciò è avvenuto, purtroppo, solo in seguito - e non era possibile un tempismo diverso, a causa delle regole istituzionali - alle misure decise da quattordici membri dell'Unione europea, i quali, non solo secondo il nostro avviso, ma anche secondo le regole scritte del Trattato dell'Unione, hanno preso decisioni che io considero comunque affrettate, senza informare l' «imputato», senza possibilità di contraddittorio, senza la minima chance di giustificarsi. Questo non è condivisibile da parte nostra. Con tutta la comprensione - penso, comune a tutti noi - per le preoccupazioni relative alla posizione assai critica in cui l'Austria si è trascinata con questo cambio di Governo, come Parlamento di uno Stato democratico non possiamo non tenere presenti alcuni principi fondamentali della convivenza tra Stati democratici, la cui sovranità non va messa in discussione, né oggi né mai.
Il Governo di Vienna si è costituito democraticamente. I suoi rappresentanti hanno solennemente preso l'impegno di rispettare tutte le libertà e tutti i principi fondamentali del nostro sistema. Si sono professati europei ed europeisti: non so che cosa l'Europa potrebbe chiedere di più, al momento, all'Austria e a se stessa.
Ci rendiamo conto che i grandi Stati europei, promotori delle sanzioni, non ritorneranno, dall'oggi al domani, sui propri passi. Ma un conto è interrompere relazioni bilaterali, altro è restare vigili, seguire con attenzione i futuri sviluppi in Austria, la corrispondenza delle parole ai fatti: è quello che l'Austria si aspetta. Ma si aspetta senza dubbio anche che i suoi partner giudichino con senso di giustizia e di imparzialità.
Noi speriamo che la Camera dei deputati, il Governo e la diplomazia sappiano


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trarre i giusti insegnamenti da questa situazione ormai diventata complessa, che rimangano vigili sì, ma non preconcetti nei confronti di uno Stato vicino e amico che sinora, non solo non si è allontanato dalla democrazia, ma ha fatto netta e incondizionata professione di fede democratica. Si vigili e si osservi molto attentamente, ma se si accerta che il nuovo Governo rispetta fino all'ultima virgola quanto annunciato, si ritirino coerentemente anche le sanzioni.
Del resto, sono pienamente convinto che il partito popolare austriaco ed il suo Cancelliere Schussel - voglio menzionare anche la socialdemocrazia ed i verdi di Vienna -, che rappresentano pur sempre oltre il 70 per cento della popolazione, vigileranno, anche più di tutti gli altri, affinché le regole che caratterizzano la convivenza europea siano convintamente rispettate. Lo faranno anche con maggior slancio se noi offriremo, da questo punto di vista, il nostro sostegno. La mozione da noi presentata va in questa direzione ed io confido che venga approvata (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bastianoni. Ne ha facoltà.

STEFANO BASTIANONI. Signor Presidente, colleghi, il caso Haider rappresenta un fenomeno inquietante da non sottovalutare. Il leader austriaco dell'estrema destra ha fatto di tutto, con il suo comportamento degli ultimi anni, per meritarsi giudizi negativi e per far apparire la sua presenza e quella del suo partito preoccupante per il futuro dell'Austria.
Le concessioni e le ambiguità di Haider rispetto al passato - al nazismo e ai suoi miti, compreso quello della razza -, le connotazioni demagogiche e populiste, il ricorso al linguaggio della provocazione e della sfida aggressiva fanno ritenere fondate le prese di posizione dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea, compresi i moderati Chirac e Aznar, e l'approvazione della risoluzione del Parlamento europeo nella seduta del 3 febbraio scorso.
La reazione dei quattordici Governi e delle istituzioni comunitarie dimostrano che l'Europa, oltre ad una moneta comune, ha anche un'anima. È un bene che l'Unione europea abbia preso quella decisione, perché rappresenta un segnale importante e può valere, in futuro, anche per altre situazioni. Essa indica fortemente che i parametri europei da rispettare non sono solamente quelli economici, ma sono rappresentati anche da grandi scelte di indirizzo politico e da concezioni fondamentali di rapporti tra gli uomini. Occorre saper riconoscere, in ogni paese, movimenti e posizioni da cui può venire una minaccia ai principi ed ai valori fondanti della democrazia europea e fornire una risposta politica e culturale ferma e rigorosa.
Al cuore del problema c'è poi una questione importante: per asserire la legittimità di un sistema democratico non è sufficiente il fondamento della sovranità popolare. Questa deve essere accompagnata dal rispetto dei diritti fondamentali divenuti, nell'evoluzione della coscienza europea ed internazionale, il più esigente ed ineludibile criterio di giudizio sulla reale natura di uno Stato. Non possiamo, quindi, venire meno all'impegno di misurarci con questa nuova dimensione politica destinata ad espandersi ed a radicarsi sempre di più nelle sedi internazionali. Coloro che intendono fare scelte in contrasto con questi principi devono essere consapevoli che tali scelte possono essere causa di un isolamento internazionale del loro paese.
Per queste ragioni Rinnovamento italiano voterà a favore delle mozioni accolte dal Governo. La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taradash. Ne ha facoltà.

MARCO TARADASH. Nel corso del novecento l'Europa ha partorito le due più perfette, più inflessibili e più feroci


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macchine di distruzione delle libertà, della cultura e della vita, ossia il nazismo e il comunismo. Per questo è giusta la preoccupazione quando un fenomeno come quello di Haider, caratterizzato dalla duplicità, dall'ambiguità ed anche dal richiamo spesso ad un linguaggio se non ai principi del nazismo, diventa fenomeno di Governo.
Tuttavia credo che 14 Governi, 14 rappresentanze di Stati nazionali, al di fuori dei meccanismi dell'Unione europea, abbiano sbagliato nel prendere una certa posizione. Lo dico non perché sia stato violato un principio di non ingerenza. Un Governo è democratico non perché riceve i consensi della maggior parte dell'elettorato (il che non fu vero nella Germania che portò al nazismo né nella Cecoslovacchia che portò al comunismo) ma se rispetta le regole della democrazia e le afferma nella sua azione quotidiana. L'ingerenza è un dovere per l'Unione europea che è nata contro il nazismo del suo passato e contro il comunismo che minacciava gli Stati democratici dell'Unione europea.
Ma la risposta deve essere politica e non può essere la faccia feroce delle diplomazie! Non può essere cioè una risposta che maschera problemi di politica interna e che non si pone il vero problema che la «soluzione Haider» rappresenta per l'Austria. Non possono essere Governi incapaci di fronteggiare i fenomeni critici che danno il via libera al populismo, e che poi si chiudono a riccio nella fortezza dei regolamenti e delle regole che invece violano nel momento in cui prendono posizione, ad offrire una risposta ed un'alternativa a coloro che in Haider trovano delle soluzioni fittizie.
Per questo credo che sia un errore approvare il comportamento dei 14 Stati europei che hanno assunto quella posizione così come credo sia stato un errore dire di «no» ad un Haider disposto a recarsi alla risiera di San Sabba.
Penso che certi atti che vengono compiuti probabilmente anche per ragioni strumentali acquistano una forza che supera le ragioni della strumentalità, e non possono essere negati a priori. L'Austria dovrà essere valutata come Governo per il suo rispetto delle regole europee e delle regole democratiche. L'Europa si è messa nelle condizioni di non poter esercitare fino in fondo con dignità questa funzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, colleghi, c'è qualcosa che sinceramente non riesco a comprendere. Non riesco a comprendere come mai, onorevole Selva, onorevole Frau, ciò che è stato possibile al Parlamento europeo, pur con qualche dissenso individuale, ossia un voto comune attorno a valori condivisi di forze di ispirazione politica e culturale diversa (non della Lega, certo), di forze di destra, di centro e di sinistra, quello che è stato possibile, dicevo, a Strasburgo non lo possa essere qui a Roma.
Onorevole Frau, il testo che lei ha letto della mozione Mussi riprende testualmente la mozione che anche il suo gruppo ha votato al Parlamento europeo. Non solo, ma le domande legittime, per me non condivisibili ma legittime, che lei pone e che pone anche l'onorevole Selva circa il fatto se si debba dare un qualche credito alle dichiarazioni fatte in sede di formazione del nuovo Governo austriaco hanno già trovato autorevolissima risposta quando in un modo a mio avviso apprezzabile e coraggioso il suo partito, onorevole Frau, ha votato a favore della sospensione del partito popolare austriaco dal partito popolare europeo. Voglio cioè dire: stiamo ai fatti, non alla polemica provincialistica locale. Se ci atteniamo ai fatti, non dobbiamo parlare di un piccolo partito neonazista che giunge al Governo con la svastica o di un qualche cretino fanatico come quelli che stupidamente rovinano il tifo di alcune curve dei nostri stadi, ma di un partito movimento, senza storia, giustificazionista rispetto al passato, rispetto alla storia dell'Austria e della Germania, animato - come ha detto efficacemente l'onorevole Giovanni Bianchi -


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da una feroce posizione razzista e xenofoba.
Lei sa, onorevole Selva, qual era lo slogan elettorale nel partito di Haider? Non lo dico in tedesco per non fare concorrenza al presidente Mussi; lo slogan nell'ottobre del 1999 era «Nessuna pietà»!
Un liberale autentico come Giovanni Malagodi, stimato e rispettato in questo Parlamento e nel paese, presidente dell'internazionale liberale, ben dieci anni fa decise di espellere il partito di Haider dall'internazionale liberale!
Questi sono i dati di fatto: Haider nel 1993, nel corso di una campagna sui referendum antistranieri, contro i troppi immigrati nelle scuole di Vienna - rumori di questo tipo ne abbiamo sentiti da qualche parte anche nel paese e nel Parlamento - dichiarò: «Non è per questo che noi abbiamo sconfitto i turchi». E ancora: gli esponenti del suo partito in tempi recenti hanno testualmente dichiarato: «Riportare ebrei in Austria? Impossibile, la gente farebbe un salto indietro se vedesse ambulanti ebrei correre per le strade di Vienna». Ancora: «Auschwitz? Morirono solo 74 mila persone, per lo più a causa dei bombardamenti angloamericani!». È tutto un insieme di posizioni ideologiche, politiche e programmatiche che connotano questo partito come autenticamente xenofobo e razzista. Quando gli elettori votarono per i nazisti o per i fascisti non avevano piena consapevolezza dei regimi, dei rischi di limitazione di libertà, dei campi di concentramento cui sarebbero andati incontro (Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Colleghi, per favore!

PIETRO FOLENA. La vostra interruzione, in questo momento - permettetemi - è stupida perché sto dicendo cose che hanno detto anche l'onorevole Selva e i vostri leader. Se mi interrompete, significa che non condividete ciò che dicono i vostri dirigenti politici che hanno preso posizioni chiare in questo Parlamento e anche in altre occasioni, per quanto riguarda il rifiuto netto del fascismo e del nazionalsocialismo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e Comunista).
La domanda è: si sarebbe potuto e dovuto tacere di fronte a tutto ciò? Si è fatta una polemica - l'ha fatta anche l'onorevole Taradash - ora sul fatto che la sinistra al Governo in molti paesi avrebbe favorito questa presa di posizione. È vero e ne siamo consapevoli e orgogliosi, ma non è un uomo di sinistra Jacques Chirac, che ha sostenuto che era importante che i partner dell'Austria facessero conoscere le conseguenze di una partecipazione del partito di Haider al Governo! Non è una donna di sinistra Madeleine Albright che ha detto che gli americani non sono nell'Unione europea, ma condividono la nostra preoccupazione. Anche Rudy Giuliani, sindaco repubblicano di New York, con cui Hillary Clinton ha fatto una polemica perché partecipò ad un ricevimento in cui era presente Haider, ha risposto ammettendo un proprio difetto di informazione: «Non sapevo chi fosse Haider, se lo avessi saputo non sarei andato a quel banchetto. Uno come lui non dovrebbe entrare al Governo». Questo pensano in Europa e nel mondo.
Allora non strumentalizziamo per fini di polemica politica interna una questione più grande, che è l'impegno antirazzista, che è la forza di chi vuole erigere un muro ed una barriera nei confronti di ogni intolleranza. Le parole di Luzzatto, presidente della comunità ebraica in Italia, di Rita Levi Montalcini, il documento della commissione della risiera di San Sabba sono qualcosa che non riguarda solo la posizione che tanti ebrei nel nostro paese hanno espresso in questi giorni, ma che condivide anche un giornale che comunista non è, come Famiglia cristiana, quando in un suo editoriale scrive: «A Vienna sta per arrivare al potere un uomo che può essere considerato un simpatizzante di Hitler» (Commenti del deputato Cè). Uomini come il Presidente Cossiga,


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come l'onorevole Buttiglione e come altri cattolici e cristiani, all'opposizione rispetto a questa maggioranza, hanno avuto il coraggio di prendere posizioni nette e senza distinguo, senza «ma».
Dico tutto questo, colleghi, per affermare un principio in sintonia con Giovanni Bianchi e dissentendo da lei, onorevole Frau, circa il sacrosanto diritto, nell'epoca moderna, all'ingerenza (Commenti del deputato Lembo). È un grande diritto democratico. Io avevo capito che il suo partito ed il suo gruppo erano d'accordo (Vive proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non capisco. Secondo voi è un comportamento adeguato?
Onorevoli colleghi, lasciate che l'onorevole Folena possa parlare come avete fatto tutti voi.
Onorevole Lembo, la prego!

LUCIO MARENGO. È un provocatore!

PIETRO FOLENA. Onorevole Frau, onorevole Selva, io avevo capito che eravate a favore di un sacrosanto diritto all'ingerenza quando avete sostenuto, anche in questo Parlamento, le iniziative politiche ed anche le drammatiche iniziative militari che insieme abbiamo deciso di appoggiare...

NICOLA BONO. Ma che c'entra? Sei un provocatore!

PIETRO FOLENA. ...quando si trattava di combattere un uomo che dice anch'egli di avere il consenso del popolo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo), ma che in base alla xenofobia, all'ideologia della pulizia etnica, ha costruito un regime, qual è quello di Belgrado (Commenti del deputato Armani). Attenzione, perché negli anni venti e trenta grandi potenze europee e democratiche, impossibilitate ad intervenire, in difficoltà, imbarazzate, hanno lasciato crescere un mostro e quando sono intervenute era davvero troppo tardi!

PIETRO ARMANI. Negli anni venti c'era Stalin!

PIETRO FOLENA. «Sì» al diritto all'ingerenza, che non è solo ingerenza militare o politica, ma è anche ingerenza morale e civile...

NICOLA BONO. Ma che stai dicendo?

PIETRO FOLENA. ...della coscienza di chi deve dire che nella nazione in cui è nato Hitler ed è nato il nazismo, che poi si è trasferito in Germania, noi vogliamo invece che i valori che insieme socialisti democratici e cristiano democratici hanno rappresentato in quel paese possano affermarsi davvero e fino in fondo (Vive proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania - Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e dei Popolari e democratici-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!
Onorevole Morselli, per favore.
Deve concludere, onorevole Folena.

PIETRO FOLENA. Concludo, Presidente.
Voglio dirlo, signor Presidente, anche per il fatto che il partito popolare europeo, con le decisioni difficili che ha preso dimostra che, in realtà, non si può assemblare in un tutt'uno anche chi prende aperte posizioni xenofobe, come quelle che abbiamo letto l'altro giorno su un giornale del nostro paese, vagamente minacciose nei confronti di un collega del nostro gruppo, l'onorevole Di Bisceglie...

ALESSANDRO CÈ. Ma smettila, buffone! Pagliaccio! Imbecille!

PRESIDENTE. Onorevole Cè, per favore!


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PIETRO FOLENA. ...il quale è stato invitato a cambiare aria e a non presentarsi più in Friuli!

ENRICO CAVALIERE. Respira che muori!

PIETRO FOLENA. Credo che insieme dobbiamo affrontare questi rischi, combattendoci nella democrazia come forze diverse ed opposte, ma senza strizzare l'occhio a chi è razzista, a chi rischia di portare anche nel nostro paese un pesante germe (Vive proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)!

ENRICO CAVALIERE. Sei pericoloso!

PRESIDENTE. Onorevole Folena, la prego di concludere.

PIETRO FOLENA. C'è un'intervista su la Padania all'onorevole Bossi, dell'ottobre 1999 (Proteste dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

PIETRO FOLENA. ...in cui si sancisce in modo aperto la stima, la convergenza e l'alleanza con Haider. L'incidente della risiera di San Sabba ...

FABIO CALZAVARA. Bugiardo, falso!

PRESIDENTE. Onorevole Calzavara!

PIETRO FOLENA. ... si può dire concluso anche se non è stata una bella pagina.
Voglio dire a voi colleghi dell'opposizione (Proteste dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, in queste condizioni non costringetemi a sospendere la seduta. Onorevoli colleghi, vi prego (Commenti del deputato Duca). Onorevole Duca, la prego; se fa silenzio lei, forse lo faranno anche gli altri.

PIETRO FOLENA. Mi sento di condividere...

PRESIDENTE. Onorevole Folena, deve concludere.

PIETRO FOLENA. Ho capito, se mi lascia parlare dico l'ultima frase. Ammetterà che non è facile parlare in questo clima di intolleranza.

PRESIDENTE. Le riconosco l'attenuante.

PIETRO FOLENA. Voglio concludere con le parole che alcuni giorni fa ha pronunciato un uomo dello schieramento avverso a quello al quale appartengo: «Non si capisce perché l'Europa debba poter dire come è fatta una lavatrice, ma non debba poter dire com'è fatta la democrazia». Quest'uomo si chiama Carlo Melzi, è presidente della provincia di Udine, è stato eletto dal Polo e porta il cognome della madre perché il cognome del padre era Segre e non lo poté portare in virtù delle leggi razziali. Noi stiamo con Melzi per la democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo, dei Democratici-l'Ulivo, Comunista e misto-Rifondazione comunista-progressisti - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
Onorevole Buontempo, ha tre minuti di tempo.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intanto consiglierei all'onorevole Folena di polemizzare e di tentare di presentarsi come alternativa all'onorevole Veltroni con maggiore stile, maggiore serietà e maggiore intelligenza e non con


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questa sceneggiata di altri tempi (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
Se dovessimo ricordare in aula le dichiarazioni rese dalla sinistra sull'Alleanza atlantica, sulla NATO, sugli Stati Uniti, che ancora oggi conservano la pena di morte come soluzione ai problemi della criminalità, sul serio la sinistra si dovrebbe vergognare. Qui è in discussione altro: se l'Austria è rappresentata da un popolo razzista e se il partito di Haider ha commesso atti contro i valori di riferimento dell'Unione europea. Voi dovreste espellere dalla sinistra Illy, Cacciari ed altri rappresentanti dell'amministrazione del Friuli, che hanno detto che con Haider hanno sempre avuto ottimi rapporti, tanto da ipotizzare la macroregione formata da Slovenia, Friuli e Carinzia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania).
In Carinzia, nonostante abbiano un'immigrazione pari al 10 per cento (in Italia è al 3 per cento), non vi sono i lager nei quali voi tenete rinchiusi gli immigrati nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania). In Austria, nonostante vi sia un'immigrazione pari al 10 per cento, ringraziamo Iddio che non ci sono il lavoro nero, la schiavitù, la prostituzione e lo sfruttamento dei bambini figli degli immigrati (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania). In Austria, il rettore dell'università, proprio della Carinzia (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo), ha detto in maniera molto chiara che Haider non ha frapposto alcun ostacolo all'apertura dell'università a chiunque, di qualunque paese del mondo, di qualunque religione e di qualunque razza.
Il problema, allora, è questo: l'ingerenza dell'Unione europea può arrivare fino al punto di negare l'autonomia di un popolo? Da alcuni sondaggi risulta che, grazie al vostro operato, oggi Haider negli Stati Uniti ha avuto interviste dai maggiori media e lo avete fatto diventare l'uomo più noto politicamente del mondo! Nel caso in cui il partito di Haider, come si ipotizza dai sondaggi, diventasse il primo partito dell'Austria, per esprimere il premier quale sarà l'alternativa che voi...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, deve concludere!

TEODORO BUONTEMPO. Qual è l'alternativa? Quella di «commissariare» l'Austria; quella di impedire di votare o di tornare alla sovranità limitata, a voi tanto cara quando Napolitano era il ministro degli esteri...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Buontempo.

TEODORO BUONTEMPO. ...che faceva arrivare i carri armati dove si rivendicava l'autonomia di un popolo (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Avverto che hanno chiedo di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale gli onorevoli Furio Colombo, Guidi e Niccolini. Dopo di che, non accetteremo altre richieste.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Furio Colombo. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho chiesto di parlare per esprimere naturalmente il mio sostegno ed il mio voto a favore delle mozioni che sono state accolte dal Governo e in particolare della mozione Mussi ed altri n. 1-00432, con le modificazioni che il Governo ha ragionevolmente voluto apportare al testo.
Vorrei aggiungere due ragioni che mi sembra debbano essere notate in questa occasione e in questa circostanza.
La prima ragione: vorrei dare atto in quest'aula della valenza dell'ultimo paragrafo della mozione Pisanu, Selva, Follini, n. 1-00438, nel quale si chiede di avviare


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il più rapidamente possibile la discussione e l'approvazione della proposta di legge sul «giorno della memoria», che ho avuto l'onore di firmare assieme agli onorevoli Palmizio e Gnaga. Vi ringrazio vivamente per avere incluso nell'ultimo paragrafo della vostra mozione questo riferimento (Applausi del deputato Vito).
La seconda ragione: ho assistito, assieme a voi, ad un ridursi progressivo dell'inquadratura - direbbe un tecnico della televisione o del cinema - nel corso del nostro discorso o, almeno, del nostro dibattito o, almeno, in alcuni momenti di questa discussione in cui l'inquadratura è diventata così stretta da perdere di vista il fatto che qui si sta discutendo un dramma grande e importante! Vi sono stati certamente degli interventi alti e nobili che hanno aperto a tutto campo l'orizzonte vasto del dramma di cui stiamo parlando e il fatto che sia un «dramma potenziale» non toglie nulla alla sua grandezza, come la storia ci insegna.
Se avessimo allargato l'inquadratura, ci saremmo accorti, per esempio, di due aspetti sui quali voglio attirare la vostra attenzione. Il primo è stato il fatto che il Governo di Israele abbia ritirato il proprio ambasciatore. Attenzione, non ditemi: ah, va bene, si tratta di Israele! Israele non lo ha mai fatto!
Il secondo aspetto: vi ricordo un elemento di tensione che si è registrato tra Israele ed il Governo tedesco, quando il Cancelliere Kohl ha insistito per portare il Presidente Reagan a visitare un cimitero di guerra nel quale erano sepolti dei soldati delle SS. In quell'occasione il Governo israeliano obiettò fieramente tale scelta e Elie Wiesel chiese e implorò che quella visita non avesse luogo. Quella visita ebbe luogo ma, nel contesto della politica del Cancelliere Kohl, al Governo di Israele non è mai venuto in mente che si trattasse di qualcosa di inconcepibile e di irreversibile, che avrebbe potuto creare un problema nei rapporti tra i due paesi.
Vi ricordo ora l'atteggiamento del Governo americano. L'altro ambasciatore chiamato per consultazioni è stato proprio l'ambasciatore degli Stati Uniti!
Ebbene, queste cose non avvengono alla leggera in un paese pragmatico nel quale neppure l'uomo più a destra dello schieramento repubblicano ha pensato di dare un avallo al comportamento di Haider. Vi prego di ricordare: un paese ben informato, un paese in cui i giornali hanno memoria, un paese in cui i computer restituiscono tutto di tutti ritiene che l'atteggiamento di Haider oggi non sia di affidamento.
Mi permetto di citarvi un esempio di quella vita americana che in qualche modo è la migliore rappresentazione del federalismo nel suo senso più compiuto. Quando, il 2 settembre 1954 il governatore Faubus ha annunciato che la bambina nera Erika Eckart non sarebbe stata ammessa nelle scuole del suo Stato, nel quale il governatore Faubus era stato eletto con il 60 per cento dei voti, il generale Eisenhower, il Presidente Eisenhower (che non credo definireste di sinistra) ha federalizzato la guardia nazionale, ha aviotrasportato truppe federali, ha circondato le scuole di Little Rock perché una sola bambina nera avesse il diritto di entrare nelle scuole. Questo è il federalismo degli Stati Uniti, questo è l'esempio (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo).

ALESSANDRO CÈ. L'ha fatto Haider?

ELIO VITO. Questa è l'America!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guidi. Ne ha facoltà.

ANTONIO GUIDI. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Furio Colombo per l'apertura ad una parte della mozione del Polo, ma anche per aver ricordato quella bambina negra.
Signor Presidente, vorrei lo stesso silenzio, come al solito.

PRESIDENTE. Onorevole colleghi, vi prego, non riusciamo ad ascoltare.


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ANTONIO GUIDI. Non fatemi scegliere la strada sciocca del silenzio per amplificare qualche stupidità.
Negli stessi giorni in cui la bambina negra non era ammessa a scuola negli Stati Uniti, io non venivo ammesso nella scuola italiana e quindi qualche corda nella memoria mi ricorda che se sono contro e considero un buco nero della nostra vita Auschwitz, considero la diversità un valore e considero la lotta all'emarginazione fondamentale anche per schieramento politico e, se permettete, per storia personale. Su questo non farò mai un passo indietro.
Qui sta avvenendo una cosa preoccupante, che preoccupa come quella che sta avvenendo in Austria. In Austria c'è un pericolo potenziale, forse, è vero, ma qui sta avvenendo un fatto speculare. Molte persone, onorevole Folena, fanno uno sforzo per dimostrarsi neodemocratiche, ed è bene, per dimostrare che hanno perso abitudini antiche assai pericolose, ed è bene, celebrando al Lingotto, dal vecchio nemico, nuovi ideali. Però, certi metodi non cambiano. Alla lotta di classe si è sostituita la lotta contro un nemico virtuale. È la stessa logica comunista che non può far piacere a chi si definisce socialista democratico. La persecuzione e la demonizzazione dell'avversario, i fischi quando si dicono le stesse cose se vengono da una parte e gli applausi se vengono dall'altra sono una vergogna!
Allora, caro ministro, chiedo a lei parole più nette perché la politica mondiale è complessa e difficile, ma non può essere strumentalizzata per problemi, realtà, sogni e dolori nazionali. Questo la dice lunga. Abbiamo parlato tanto delle comunità ebraiche italiane, che io rispetto e con cui lavoro, ma oggi si sono espresse contro l'incontro fra il Santo Padre ed Arafat: cosa ne pensate voi che state dimostrando un «papismo» smielato ed avete sempre avuto parole positive per Arafat? Ecco quello che succede: il mondo è complesso e dobbiamo valutarlo da diverse angolazioni.
Concludo, Presidente: vi è una certa sinistra che vuole indicare in Haider un pericolo, come se la luna cascasse sulla terra; indica allora la luna con il dito, ma in realtà si dimentica di guardare il proprio dito, che qualche volta è un po' sporco di pregiudizi, di contraddizioni e di persecuzioni (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Niccolini. Ne ha facoltà.

GUALBERTO NICCOLINI. Signor Presidente, bene ha fatto l'onorevole Colombo a ricordare l'ultimo punto della nostra mozione; bene ha fatto a ricordare che la mozione del Polo chiede l'approvazione rapida di una legge per istituire un «giorno della memoria» che ricordi tutte le vittime dei regimi totalitari. Forse, avrebbe fatto ancora meglio se avesse letto anche le altre parti della nostra mozione, in cui si afferma chiaramente che il Polo e Forza Italia non vogliono abbonare niente ad Haider.
Visto che si è parlato dell'esperienza del Friuli-Venezia Giulia, poi, voglio ricordare che Haider è governatore della Carinzia da molto tempo ed ha sottoscritto diversi documenti insieme con i rappresentanti del Friuli-Venezia Giulia e della Slovenia. Ebbene, la stessa Slovenia guarda con sospetto ma non ha «sparato» ad Haider, perché il rapporto che si è creato in quelle tre regioni contermini è corretto, democratico, e nel suo ambito finora nessuno dei tre ha barato. Quindi, a parte il fatto che quando il diritto di ingerenza viene proclamato da una certa parte mi ricorda Praga, Budapest, i carri armati, e quindi mi fa paura (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania), va comunque «preso con il misurino».
Un'ultima precisazione: visto che l'esperienza del Friuli-Venezia Giulia pare non sia servita, vorrei ricordare che essa è stata seguita passo passo dal Ministero degli affari esteri, che conosceva esattamente


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tutti i documenti firmati ed i rapporti che vi erano tra Trieste, la Carinzia e la Slovenia; nessuno, però, ha mai avuto nulla da ridire ed il signor Haider, allora, parlava forse in maniera più dura rispetto ad oggi. Inoltre, caro Folena, il presidente degli industriali del Friuli, già editore ed oggi presidente della provincia, da cinquant'anni si chiama Carlo Segre Melsi, e non ha mai cambiato il cognome: questa era una precisazione solo per lei (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)!

GUSTAVO SELVA. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Il gruppo di Alleanza nazionale voterà a favore, oltre che naturalmente della mozione del Polo, della mozione a prima firma Pagliarini e della mozione a prima firma Brugger.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

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