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PAOLO BAMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO BAMPO. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per fare una commemorazione
in ordine alla quale non penso che la presenza di un rappresentante del Governo sia indispensabile.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, si parla di commemorazioni e debbo ricordare alla Camera che oggi cade il ventesimo anniversario del tragico assassinio del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, il professor Vittorio Bachelet, che fu ucciso dalle Brigate rosse nell'atrio della facoltà di scienze politiche dell'università di Roma.
al quale mi legavano rapporti di colleganza e d'amicizia, in quanto eravamo entrambi professori di diritto amministrativo.
Cinquantacinque anni orsono, proprio nei giorni che vanno dal 10 al 12 febbraio, venne consumata una delle pagine più tragiche della storia della guerra di liberazione; quella lotta grazie alla quale ci è consentito oggi di essere qui ed esprimere liberamente le nostre opinioni.
In questo brevissimo intervento intendo ricordare l'eccidio delle malghe di Porzûs, nel quale morirono ventidue partigiani della brigata Osoppo.
Si tratta di una pagina tralasciata dagli studiosi della nostra storia contemporanea poiché quei combattenti della libertà morirono per mano di un centinaio di partigiani comunisti.
Tra le file di quei patrioti uccisi il 12 febbraio del 1945 vi fu anche Guidalberto Pasolini, detto Guido, fratello minore di Pier Paolo Pasolini, il più scomodo intellettuale italiano della fine del secolo scorso e proprio per questo rimosso dalla memoria custodita dalla intellighenzia di questo paese.
Nella breve vita di Guido Pasolini c'è la storia di una generazione che venne chiamata a scegliere. Quando Guido, che era nato come me a Belluno, lasciò la casa per la montagna, aveva 19 anni. Egli portò con sé soltanto una valigetta e all'interno di questa una rivoltella nascosta dentro un libro di poesie.
Da iscritto al partito d'azione, intimamente socialista, assieme ai suoi compagni di lotta non poteva accettare che una parte del territorio italiano, come il Friuli, potesse divenire oggetto dell'espansionismo dei partigiani iugoslavi titoisti. Una mira che in quella stagione di sangue ebbe per complici non pochi elementi delle brigate comuniste italiane.
I ventidue di Porzûs caddero insieme ad altre migliaia di giovani che scelsero un'altra divisa ed un'altra barricata. Credo di non urtare la coscienza di nessuno se a 55 anni da quel drammatico periodo della nostra storia dico che la gran parte di coloro che morirono in quei frangenti pagarono per lo più per il coraggio di aver fatto una scelta, di aver deciso di non rimanere neutrali in un momento drammatico della storia. Da una parte e dall'altra delle fazioni che combatterono quella che fu anche una guerra civile, vi era chi si sentiva portatore di un'ideale di patria.
L'eccidio di Porzûs costituisce l'esempio emblematico dell'alto prezzo che alcuni di loro pagarono per il coraggio manifestato nell'opporsi ad estremisti violenti e fanatici del pensiero. Cinquantacinque anni dopo quei fatti ritengo giusto e necessario ricordare quei combattenti, sulla cui morte per lungo tempo è stata fatta calare la cortina del silenzio. Un silenzio che si somma e si sovrappone alle censure operate dal partito comunista italiano i cui vertici per anni si sono ostinati a sostenere la tesi della sola e isolata responsabilità del comandante dei gappisti. Un atteggiamento che ha finito con il favorire l'accumularsi di quelle incomprensioni che non hanno mai consentito di restituire la piena e completa giustizia a quei ventidue martiri. Per essi, più di altre, valgono le parole di uno scritto di Pier Paolo Pasolini: «Quel tragico evento conferma che nulla è semplice, nulla avviene senza complicazioni e sofferenze e quello che soprattutto conta è la lucidità critica che distrugge le parole e le convenzioni e va a fondo delle cose, dentro la loro segreta e inalienabile verità».
Oggi pomeriggio, in una solenne cerimonia alla presenza del Capo dello Stato, saranno ricordate la figura e l'opera del professor Bachelet.
Con particolare commozione, a nome della Camera dei deputati, mi associo alla commemorazione del professor Bachelet,
Come detto poc'anzi, nonostante l'arrivo del rappresentante del Governo, giunto in ritardo per il traffico romano, sospendo brevemente la seduta.