Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 664 del 2/2/2000
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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 4197 - Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica (approvato dal Senato) (6483); e delle abbinate proposte di legge: Boato; Giovanardi; Rossetto; Comino ed altri; Volontè ed altri; Paissan; Follini; Pecoraro Scanio; Bertinotti ed altri, Calderisi ed altri (2323-3485-3659-5562-5662-6244-6353-6354-6393-6533) (ore 9,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica; e delle abbinate proposte di legge: Boato; Giovanardi; Rossetto; Comino ed altri; Volontè ed altri; Paissan; Follini; Pecoraro Scanio; Bertinotti ed altri, Calderisi ed altri.


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(Ripresa esame articolo 1 - A.C. 6483)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 1 , nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, e del complesso degli emendamenti ad esso riferiti.
Ricordo che nella seduta di ieri sono proseguiti gli interventi sull'articolo 1 e sul complesso degli emendamenti ad esso riferiti (per l'articolo e gli emendamenti vedi l'allegato A - A.C. 6483 sezione 1).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà. L'onorevole Benedetti Valentini dispone di 4 minuti e 41 secondi.

ELIO VITO. Erano 6 ieri, Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Vito, la vedo eccitata alle 10, figuriamoci come starà a mezzanotte! Quindi si calmi. Si prenda i tempi; il collega Buontempo ha parlato di più.
Prego, onorevole Benedetti Valentini.

ELIO VITO. Lei non doveva farlo parlare di più!

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il numero di minuti - quattro o cinque e mezzo che siano - ovviamente non cambia la qualità della situazione, rispetto alla quale mi guarderò bene dal riproporre argomentazioni che sono già state ampiamente svolte dai colleghi precedentemente intervenuti, limitandomi invece alla sintesi di alcune osservazioni politiche.
L'intempestività del provvedimento è qualcosa di più che sospetta. Si tratta - agli occhi di qualunque cittadino che osservi la vicenda - di una disciplina voluta esattamente nell'imminenza di consultazioni elettorali di carattere generale con un forte rilievo politico. Una maggioranza numerica in termini di seggi ma minoranza in termini di voti intende mantenere tale posizione con la forza ed anche, direi, con la violenza del numero (è ben noto che in determinate circostanze anche il numero può essere utilizzato con violenza). È qualcosa di più di un sospetto. Un antico proverbio cinese diceva che se stai attraversando un campo di meloni e ti si scioglie il laccio della scarpa non devi chinarti immediatamente per riallacciarla, perché qualcuno potrebbe sospettare che intendi appropriarti dei meloni. Così è la maggioranza: nell'imminenza di elezioni a larga valenza generale e politica non esita ad avvalorare o a suscitare sospetti; anzi, se ne infischia ampiamente di questi che sono qualcosa di più di sospetti e vuole imporre con la violenza e con la protervia una modifica delle regole del gioco.
Una seconda considerazione, che svolgiamo per la prima volta, riguarda proprio le regole del gioco. Credo acquisti particolare rilievo il fatto che una regola del gioco venga alterata (pesantemente alterata, limitata, condizionata profondamente) senza il concorso di un confronto costruttivo e senza margini di disponibilità nei confronti dell'altra metà del Parlamento, che rappresenta qualcosa di più della metà numerica delle elettrici e degli elettori italiane. Si è fatta troppa retorica su questo tema, dicendo che le regole non devono essere appannaggio di quella che contingentemente - in un certo momento specifico - è la maggioranza numerica in termini di seggi, poiché le regole devono valere a regime o comunque per un lungo periodo. Quindi è molto grave che una maggioranza contingente e fortuita in termini di seggi parlamentari si prenda l'arbitrio di imporre una regola fondamentale del gioco sulle modalità di svolgimento della propaganda elettorale.
Ma questa legge deve essere veramente iniqua, inefficiente, distorta e liberticida se riesce a suscitare l'opposizione anche di coloro che potrebbero non essere potenzialmente contrari ad una disciplina della campagna elettorale. Molti di voi sono operatori politici, dirigenti politici e comunque hanno dovuto disputare prove in campagne elettorali. Devo ricordarvi che ormai tutte le forme di campagna elettorale, anche le più elementari, sono così limitate e così condizionate, rese così


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difficili anche dalla normativa vigente, che il loro svolgimento è stato reso veramente illiberale. Chiunque si trovi a dover proporre una candidatura, un programma o un confronto in campagna elettorale si accorge di quante difficoltà e di quante limitazioni (anche alle forme tradizionali di campagna elettorale) siano ormai state introdotte dalle nostre complesse e contraddittorie normative. In questo contesto venire a coartare la volontà, la libera scelta e la libera autoamministrazione della campagna elettorale da parte delle forze politiche costituisce non dirò un precedente ma un episodio di eccezionale gravità.
Peraltro, con l'ausilio di un'apposita documentazione e con esempi concreti abbiamo contestato che con la nuova disciplina ci si ponga nel solco delle democrazie occidentali che più credono al libero ed aperto confronto elettorale. È esattamente vero il contrario. Ammesso che si debba copiare ciò che vige in altri paesi (una regola stabilita da nessuna parte, perché la libertà non ha regole precostituite ed anzi i paesi dovrebbero scavalcarsi l'uno con l'altro nella ricerca di maggiori livelli e spazi di libertà e non di coartazione), abbiamo dimostrato che in quasi tutti i paesi - anche laddove sono attuate forme di regolamentazione o di disciplina - esistono spazi compensativi assicurati all'estrinsecazione della libertà di propaganda e di messaggio ed anche alla scelta del tipo di messaggio che si vuole indirizzare alle elettrici ed agli elettori.
Queste ragioni sono sostanziali, sono molto semplici e sono comprese dal cittadino medio. Per quanto grande sia il fastidio verso la politica che questo regime è riuscito, più che a far serpeggiare, ad indurre nell'opinione pubblica - l'astensionismo ne è una documentata prova, un fenomeno del quale tutti ci diciamo allarmati ma rispetto al quale ci guardiamo bene dall'adottare coerenti misure - pensare di poter tornare indietro rispetto all'affinamento delle misure con cui si vuol far giungere il proprio messaggio all'opinione pubblica è una posizione assolutamente fuori del tempo.
Mi meraviglia che una sinistra che intende, anche se sempre più abusivamente, presentarsi come progressista e modernizzatrice incorra in questo storico e formidabile errore.
Signor Presidente, concludo dicendo che anche chi è affezionato alle forme tradizionali di propaganda, vedendo come queste siano sempre più complesse, tanto più ne trae ragioni per opporsi ad una disciplina intenzionalmente liberticida e che non tornerebbe certo ad onore del Parlamento qualora dovesse essere approvata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Bampo. Le ricordo che il tempo massimo a sua disposizione è di quattordici minuti: decida lei come utilizzarlo.
Ne ha facoltà.

PAOLO BAMPO. Signor Presidente, questa legge, oltre che ingiusta, è anche ipocrita sia nei suoi contenuti oggettivi sia negli sviluppi che se ne vorrebbero far discendere, tra cui l'anomalia di una informazione in presunto possesso di un soggetto politico. Nell'approccio all'attività legislativa il richiamo all'Europa non c'entra niente perché la situazione italiana dell'etere è anomala, ma soprattutto perché esistono tre reti di Stato al servizio non dell'informazione ma della lottizzazione. Basta pensare, amici della maggioranza, alla quotidiana propaganda elettorale che produce palazzo Chigi.
Si parla dell'anomalia italiana rispetto all'Europa ma in nessuna parte del continente c'è un capo di Governo che interviene come capo fazione per dire cosa è giusto e cosa non è giusto con riferimento a ciò che stiamo discutendo in questa sede, che dovrebbe essere sovrana.
Il tema abusato della par condicio serve a nascondere, dietro un concetto paludato e apparentemente onesto, un disegno di legge che onesto non è ed anzi appartiene alla peggior demagogia parolaia,


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spacciando il divieto come qualcosa di utile e necessario alla libertà altrui. Tutti sanno che il concetto di libertà non si concilia per niente con i divieti, che i divieti sono l'antitesi della libertà e che, soprattutto quelli alla libera espressione dei pensieri, sono stati un elemento caratteristico dei regimi autoritari.
I diessini hanno festeggiato il loro ingresso nel 2000 con un assemblea il cui slogan era I care. Abbiamo assistito ad un passaggio brusco dalla cultura settaria del marxismo alla cultura cattolico-solidaristica. Ecco qui la prima traduzione italiana del I care di don Milani: i diessini vogliono dimostrare che si preoccupano sempre e si preoccupano per lo più di vietare. La cultura del divieto di spot elettorale si iscrive in questa logica, che vuole negare la modernità e la rivoluzione indotta, anche nella politica, dai mezzi di comunicazione di massa.
Diceva Mc Luhan, noto massmediologo canadese, in un'abusata sintesi del suo pensiero: «il mezzo è il messaggio». Vale la pena applicare questo pensiero alla legge che siamo chiamati a votare e che verte, guarda caso, proprio sull'utilizzo dei mezzi di comunicazione. In questo caso il mezzo è la legge, che vieta la pubblicità elettorale sul primo e più forte strumento di comunicazione di massa, la televisione. Questa, in altre parole, deve far finta che le elezioni, che sono mezzo di esercizio della sovranità popolare, non esistano; non ne può parlare attraverso gli spot, che peraltro sono quasi il suo unico specifico contenutistico.
Quanto al messaggio, per tornare a Mc Luhan, è chiaro che la maggioranza dice al paese «Comandiamo noi e si fa come diciamo noi!». Fate pure come volete, votate una legge che oggi - e sottolineo oggi - vi fa comodo, perché è finalizzata a togliere spazio all'opposizione, ma sappiate che domani questa stessa legge vi si rivolterà contro. Quando la maggioranza di questo paese sarà di segno contrario all'attuale, potreste essere voi a rinunciare a veicolare le vostre idee attraverso la televisione specie se la futura maggioranza volesse essere coerente con la vostra politica.
Certo, la sinistra preferisce i mezzi di comunicazione che ritiene più alti come i volantini, i manifesti, i comizi; la televisione viene apprezzata per lo più quando è gratis, quando è pagata con i soldi del contribuente, quando l'informazione è targata RAI, quando si chiama Telekabul, quando proviene dai TG di Stato! Quando, insomma, è prodotta da giornalisti fedeli alla linea, come si diceva fino a qualche stagione orsono. Al contrario non si deve riconoscere alcuna credibilità al messaggio politico degli spot televisivi che di per sé inducono lo spettatore - è la tesi che fa da sfondo al divieto oggetto di questa legge - ad una sorta di incomprensibile, inconsapevole lavaggio del cervello: ecco che affiora il vecchio vizio degli ex comunisti che di masse allevate con la propaganda e con i lavaggi del cervello se ne intendevano! Rispondendo ad un riflesso condizionato, la televisione per la sinistra è sempre stata il luogo dove non si devono spezzare i sogni ed interrompere le emozioni, come voleva uno sfortunato slogan di qualche stagione orsono, quando la sinistra venne sconfitta nel referendum anti-spot: ricordiamocelo! Ma la lezione non è bastata!
Varrebbe la pena di ricordare agli ex compagni quanto disse un loro anziano, dimenticato ma certo non misconosciuto padre: a chi gli chiedeva cosa fosse il comunismo, il compagno Vladimir Il'ic Ul'janov meglio noto come Lenin rispondeva «Rivoluzione comunista è soviet più elettrificazione!», quest'ultima intesa come apertura ineluttabile alla modernizzazione del paese.
La sinistra ex comunista l'ha forse dimenticato, ma si è ricordata dell'elettrificazione solo per praticarne la lottizzazione, come ha fatto questo Governo con l'ENEL! La valenza rivoluzionaria dello slogan leninista è ciò che manca ai tardi epigoni italiani delle radiose giornate dell'ottobre rosso, divenute forza di governo reazionaria. Va detto a chiare lettere che la sinistra di Governo, prima ancora della


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comunicazione televisiva di Berlusconi, teme ossessivamente ciò che non controlla, intrinsecamente e snobbisticamente reazionario. Essa ritiene che lo spot elettorale non sia una forma moderna di comunicazione politica; lo liquida come la comunicazione del diavolo, sia esso Berlusconi o la Bonino, o quanti altri lo usino in maniera massiccia, ma soprattutto in maniera intelligente.
La sinistra, che non riesce a controllare la libera circolazione delle idee, ritiene più facile vietare, così come avviene in Cina.
Per tornare allo slogan di Lenin, dovremmo forse precisare che gli ex comunisti si rammentano dei soviet, ma dimenticano l'elettrificazione: vogliono negare il diritto all'informazione politica autoprodotta dai partiti ma enfatizzano il ruolo della comunicazione prodotta dai soviet dell'informazione, quella dei telegiornali di Stato pronti ad incensare i potenti di turno e ad oscurare - come dimostrano i dati ampiamente citati nel dibattito - le forze dell'opposizione ed i suoi leader. Come dicevo all'inizio della mia dichiarazione, ciò che maggiormente trapela da questo dibattito è l'ipocrisia di chi sa che il vero problema irrisolto, scientificamente irrisolto, è quello del conflitto di interessi che riguarda il capo dell'opposizione. Il nocciolo del problema è questo: il conflitto di interessi viene lasciato irrisolto scientificamente - dicevo - per poterlo meglio agitare quando se ne ha bisogno. Si preferisce mostrarsi liberali e al passo con l'Europa, mettendo il bavaglio all'opposizione, a tutta l'opposizione, anche a quella che non si ascrive necessariamente nel Polo. Chi non è con noi - questa è la vostra logica - è contro di noi e a chi è contro di noi devono essere negati gli spazi per poter offrire elementi di valutazione all'elettorato.
Fate pure, colleghi della maggioranza, alla quale da quest'oggi salutiamo l'iscrizione tardiva ma convinta di Rifondazione comunista. Fate pure, ma non lamentatevi poi se questo agire contro il buonsenso e il comune sentire dei cittadini si ritorcerà contro di voi. Ricordatevelo; non lamentatevi se domani o dopodomani, quando sarete costretti a lasciare gli scranni della maggioranza per trasferirvi in quelli più disagiati, più scomodi dell'opposizione, vi ritroverete a manovrare gli spazi da voi resi sempre più angusti, forse anche in quest'aula. Avete voluto introdurre nuove e per voi più vantaggiose regole del gioco, avete voluto limitare la libertà degli elettori. Ebbene, prima di noi saranno loro ad emettere il giudizio! Saranno loro ad esprimere la condanna ricordando quanto si è consumato in quest'aula. La nuova maggioranza che verrà si ritroverà tra le mani una splendida giustificazione per invocare i precedenti di quanto avete fatto. Vi ricorderà che leggi delicate come questa che stiamo esaminando possono essere votate in dispregio delle ragioni di chi vi si oppone.
Colleghi della maggioranza, volete introdurre il precedente del muro contro muro. Badate a non finire sotto le macerie di quel muro, di quello stesso muro che avete edificato. Ricordate e fate tesoro di quello che è avvenuto ad alcuni tra voi, che un giorno si sono ritrovati a spolverarsi dalle polveri di quel muro abbattuto a Berlino in nome di quella libertà che questa legge vuole negare attraverso il bavaglio che la sinistra vuole imporre alla destra. Ricordiamocelo (Applausi)!

PRESIDENTE. Colleghi, prego i deputati che intendono parlare a titolo personale di iscriversi, in modo tale che si possa poi distribuire il tempo tra tutti e che tutti possano prendere la parola.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Fontan. Ne ha facoltà.

ROLANDO FONTAN. In questa discussione abbiamo sentito tante cose e stiamo leggendo sui giornali che questa legge sta inesorabilmente portando verso la cosiddetta par condicio.
Senza dubbio vi è la necessità di regolamentare questa materia. Allora, visto che stiamo parlando dell'articolo 1 facendo riferimento all'ambito di applicazione, non posso non rilevare alcuni problemi, che è bene mettere sulla pubblica piazza a livello di riflessione.


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Innanzitutto, sarà difficile dare applicazione a quanto previsto dalla rubrica dell'articolo 1, concernente l'ambito di applicazione, perché non è ancora chiaro quali e quanti saranno i soggetti politici di cui si è tanto discusso; è una materia difficile, ma rimangono molti dubbi su quali saranno i soggetti politici oggetto di questa legge.
Un altro problema importante è quello della carta stampata, mentre nel provvedimento si parla solo di televisioni. È vero che i giornali hanno una rilevanza minore della televisione, ma nella formazione delle idee e nella informazione più in generale, anche la carta stampata ha il suo valore; tuttavia, non è stata considerata ai fini della par condicio e questo è un aspetto che peserà moltissimo nella ricerca di una reale pari opportunità dell'informazione ai cittadini.
Approfitto di questo breve intervento per osservare che non è esattamente vero quanto viene scritto in alcuni giornali e ripetuto anche in quest'aula. Stiamo parlando di regole del gioco e lo stesso Presidente del Consiglio D'Alema ieri diceva che la par condicio dipende dall'opposizione: se quest'ultima la vuole, certamente si troverà una soluzione. Le regole dovrebbero prescindere da chi è maggioranza e da chi è opposizione; mi pare invece che in queste ultime settimane la maggioranza abbia «blindato» il provvedimento, aprendo eventualmente solo a qualche emendamento di Rifondazione comunista. La maggioranza ha quindi trattato un argomento così importante ai fini delle regole del gioco democratico in maniera per così dire omogenea dalla sua parte: ha aperto a sinistra, a Rifondazione comunista, ma non ha accettato gli emendamenti delle opposizioni e nessun emendamento proposto dalla Lega nord. Al di là del merito, questo mi pare un elemento molto negativo; non è vero che si vuole aprire, che si vogliono fare le regole del gioco insieme; è vero, invece, che le regole, in un terreno peraltro molto difficile, vengono decise unilateralmente da questa maggioranza per di più allargata a sinistra.
Devo anche rilevare l'azione discriminatoria condotta in questi giorni nei nostri confronti. Ieri per esempio il Presidente del Consiglio, che utilizza a man bassa le strutture dell'informazione pubblica, ha cercato di denigrare un serio partito dell'opposizione come la Lega nord, facendolo passare come movimento razzista e antidemocratico, mentre finora l'unico comportamento antidemocratico è stato proprio quello di questo centrosinistra che, lo ripeto, sta decidendo importanti regole del gioco a proprio uso e consumo senza tener conto delle opposizioni o comunque senza tener conto della volontà della Lega nord. Vogliamo denunciare questo comportamento della maggioranza e del Presidente del Consiglio che determina una assoluta impar condicio utilizzando le strutture pubbliche per farci passare per denigratori della democrazia. Noi vogliamo solo denunciare tutto questo perché, cari amici, mi risulta che a livello elettorale ciò non ci porti male. Lo dico agli amici popolari, i quali accettano che il loro Presidente del Consiglio, espressione della loro coalizione, vada in giro a denunciare in tutte le reti televisive questa orribile Lega, quando mi pare che in Austria il possibile candidato premier sia proprio un popolare del quale vi ritenete amici. È evidente l'azione strumentale dei mezzi pubblici; è evidente che, mentre si sta cercando di predisporre le regole del gioco, i primi a barare siete voi del centrosinistra. Comunque, ben venga anche questo perché a livello elettorale ciò può solo giovarci. Continuate così e ci darete anche voi una mano.

DANIELE ROSCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. Signor Presidente, la prego di tener conto del fatto che la componente autonomisti per l'Europa è rappresentata nel gruppo misto. So che il tempo è contingentato e che avremmo a disposizione singolarmente 14 minuti. La


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invito a tenerne conto perché desidero intervenire su vari punti del provvedimento.

PRESIDENTE. Molti colleghi hanno chiesto di parlare a titolo personale. È evidente che anche in questo caso consumano il tempo prefissato. Nonostante abbia già raddoppiato i tempi assegnati per gli interventi a titolo personale, può quindi accadere che il tempo venga esaurito già in questa fase del dibattito.
Il collega Roscia intende poter utilizzare il proprio tempo nel corso del dibattito. Invito pertanto coloro che intendono intervenire a titolo personale di comunicarlo alla Presidenza per poter valutare come evitare che chi intende parlare, conducendo un legittimo ostruzionismo, tolga il diritto di parola agli altri. È un problema delicato che affronteremo.

ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. È evidente che vi è una quota di tempo assegnata per gli interventi a titolo personale, che il Presidente ha raddoppiato, alla quale i nostri colleghi, che ieri non hanno potuto utilizzare il tempo del gruppo perché era esaurito, hanno il diritto di attingere.
Vi è poi il problema dei colleghi i quali condividono il testo - il collega Roscia, ma potrebbero esservi altri colleghi della maggioranza -, per i quali si pone la questione se possano utilizzare il tempo assegnato per gli interventi a titolo personale o ai gruppi sottraendolo ai deputati dell'opposizione.
Mi permetto di dare un suggerimento al collega Roscia e agli altri che ora scoprono in sé l'istinto di sostenere Governo e maggioranza su un tema così delicato, a garanzia di tutte le opposizioni e di tutte le minoranze, onorevole Roscia; un tema sul quale ritengo non si possa scherzare utilizzandolo come elemento strumentale. A mio avviso, la quota di 14 minuti, tempo massimo previsto dal Presidente per l'intervento di un deputato, potrebbe essere considerata extra per le singole componenti del gruppo misto che non dovessero intervenire a titolo personale. Si utilizza cioè l'ora e 35 minuti, la si utilizza raddoppiata e, se nell'arco di questi interventi non ve ne è alcuno dei deputati appartenenti alla componente dell'onorevole Roscia - o ad altre componenti -, è evidente che essi hanno comunque il diritto di esprimere la loro opinione utilizzando una quota di tempo extra. Si configurerebbe altrimenti una situazione assurda: un ostruzionismo di maggioranza che occupa il tempo che invece cerchiamo legittimamente di occupare noi per manifestare le opinioni che ieri non ci è stato possibile esprimere.

PRESIDENTE. Onorevole Vito, ora ci rifletto. Trovo un po' difficile applicare ciò che lei dice, perché il tempo per gli interventi a titolo personale non costituisce una riserva di una parte contro l'altra; naturalmente, non sarebbe possibile consentire alla maggioranza di utilizzare capziosamente il tempo riservato per gli interventi a titolo personale al fine di impedire ad altri di utilizzarlo. Tuttavia, al momento non ricorre questa ipotesi: vi è un collega che chiede che non gli venga sottratto il tempo che egli intende utilizzare.
La questione è, dunque, la seguente: se si trattasse di colleghi che hanno tempo a disposizione (perché appartengono a gruppi che hanno ancora tempi residuali) il problema non si porrebbe, perché, appunto, potremmo decidere diversamente. Tuttavia, vorrei cercare di capire quali siano i riflessi e le conseguenze di una decisione come quella che lei chiede in ordine al corretto andamento dei lavori. Infatti, come voi sapete, quando c'è ostruzionismo - legittimo - si richiede una applicazione rigorosa del regolamento; già abbiamo ampliato notevolmente... (Commenti del deputato Vito). Mi faccia riflettere! Vorrei capire quali possano essere le conseguenze regolamentari di una simile scelta.


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Onorevole Roscia, per quanto riguarda i suoi 14 minuti, stia tranquillo. Se altri colleghi intendono avanzare la richiesta di utilizzare i 14 minuti nel corso del dibattito e non soltanto in questa fase, li prego di farlo presente agli uffici per capire come organizzare i lavori.

GIUSEPPE CALDERISI. Esatto!

MAURO PAISSAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO PAISSAN. Signor Presidente, in attesa di una sua decisione al riguardo, la inviterei a tenere presente che i deputati del gruppo misto che fanno parte di componenti non riconosciute possano attingere al tempo solamente previsto per gli interventi a titolo personale, mentre i deputati delle componenti riconosciute hanno altro tempo a disposizione. Intendo dire che i ventidue (se non ricordo male) deputati single - chiamiamoli così! - o appartenenti a componenti politiche non riconosciute a' termini di regolamento possono utilizzare solo questo tempo. Pertanto, penso che i primi beneficiari di esso dovrebbero essere proprio questi deputati appartenenti al gruppo misto.

PRESIDENTE. Infatti, quando parlavo dei riflessi e degli effetti di una simile decisione, cercavo proprio di capire questo aspetto.

GUSTAVO SELVA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, ieri i colleghi Armaroli e Vito hanno sottolineato che la RAI ha completamente oscurato il dibattito che si svolge in quest'aula, non trasmettendo né un'immagine né una notizia sui numerosi interventi che si sono effettuati.
Lei ha convenuto che questo fatto non rispondeva agli obblighi del servizio pubblico. Vorrei allora sapere quale risposta abbia ricevuto in proposito.
Poiché ho la parola, vorrei anche osservare, da uomo dell'immagine - almeno lo ero un tempo -, che le telecamere sono piazzate quasi sempre verso i banchi della sinistra. Tant'è vero che ieri l'onorevole Mussi ha avuto diritto ad una lunga inquadratura! Naturalmente, non pensiamo che tutto questo sia... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Comunista).
Per la par condicio occorrerebbe... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Comunista). È una cosa seria! Nella Germania che voi prendete sempre a modello...

PRESIDENTE. Non per tutto, però!

GUSTAVO SELVA. ...queste immagini vengono effettivamente divise secondo la par condicio che vi sta tanto a cuore.
Pertanto, non è solo un fatto narcisistico, se così vogliamo dire; è un dato di fatto che, in generale, le telecamere della RAI sono puntate su quella parte. Provi a farsi dare i filmati e vedrà che questo è vero (Commenti del deputato Saia e dei deputati del gruppo Comunista).

PRESIDENTE. Onorevole Selva, per quanto riguarda l'ultima questione che lei ha posto gli uffici mi dicono che i telegiornali successivi hanno dato risalto tanto all'intervento del collega Armaroli quanto a quello del collega Vito.

PIETRO ARMANI. Sì, di notte!

PRESIDENTE. Vi è stata quindi, come dire, una correzione.

PAOLO ARMAROLI. A «Mezzanotte e dintorni»!

PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'altra questione, non so se guardare a lungo il viso del collega Mussi - che è una persona simpatica - giovi particolarmente


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a qualcuno (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.

ETTORE PERETTI. Signor Presidente, quando ci sono di mezzo le elezioni, credo che la ricerca del consenso, con tutto ciò che comporta anche in termini di alleanze elettorali, prenda il sopravvento su tutto il resto. Ritengo anche - cosa oggi del tutto evidente - che la discussione che si sta svolgendo in quest'aula risenta del clima di campagna elettorale, già presente nel paese, che, nel breve volgere di alcuni mesi, porterà alle elezioni regionali e, quindi, alle ben più importanti elezioni politiche.
In questo clima credo che sia estremamente ingenuo pensare che le regole fondamentali, come questa della parità di accesso alla comunicazione politica attraverso l'uso dello strumento televisivo, possano essere scritte insieme da maggioranza e opposizione. Ritengo, infatti, che in questo momento subentri in molti la paura di perdere le elezioni e che prevalga l'arroganza per fare intendere di chi è il potere, che magari viene esercitato in maniera tale da creare per la propria parte una condizione più favorevole alle elezioni politiche. Credo che l'occasione sia molto ghiotta e che il centrosinistra la stia utilizzando in maniera forse anche decisiva per le proprie sorti; per un verso, infatti, vi è la volontà di imbrigliare l'opposizione, il che è un limite culturale prima ancora che politico, trattandosi di impedire agli altri di comunicare con il proprio elettorato, con il paese; per altro verso, ciò che si sta verificando in questi giorni, con l'accettazione di alcuni emendamenti, costituisce il pretesto per trovare l'aggancio con quelle forze politiche che sembravano essersi irrimediabilmente allontanate dal centrosinistra (mi riferisco, in maniera particolare, a Rifondazione comunista, ma anche ai Socialisti democratici). Vi è stata, quindi, una sorta di tentativo di riavvicinamento di Rifondazione comunista, sulla base del principio tendente a ribadire il ruolo centrale della televisione pubblica, con tutto ciò che questo comporta anche in termini di facilità di accesso da parte di chi detiene il potere; per contro, vi è stata una sorta di demonizzazione della TV commerciale abbinata alla demonizzazione del leader dell'opposizione.
Per quanto riguarda, invece, il rapporto con i Socialisti democratici, la cosa è un po' più complessa, perché non è ancora chiaro se essi riterranno corretta l'alleanza con il centrosinistra; comunque, l'essersi garantiti l'astensione di questo gruppo serve, quanto meno, ad addolcire la presenza ingombrante di Rifondazione comunista. Credo che questo tolga tutti i veli all'operazione politica in corso e che sia anche il sintomo della difficoltà a rapportarsi con le nuove tecnologie e con ciò che esse intendono in termini di comunicazione politica.
Ecco poi la terza questione che sta risultando in maniera chiara in questi momenti: visto che siamo al muro contro muro, tanto vale promuovere una campagna, attraverso l'uso della TV pubblica, di demonizzazione dell'avversario e di quelli che saranno, probabilmente, i suoi alleati politici. Stiamo assistendo quindi al vergognoso abbinamento fra la figura dell'onorevole Bossi e la figura di quello che comunque in Austria ha ottenuto più di un terzo dei consensi dell'elettorato, vale a dire Haider, l'alleato che sta entrando al Governo con i popolari.
Credo che gli italiani non cadranno nel tranello di considerare queste condizioni come quelle che ci porteranno al voto in campagna elettorale, perché gli italiani hanno capito il senso di questa battaglia e ritengo che alla fine faranno giustizia, con il voto, di una posizione che è tutta tesa a demonizzare la parte politica avversaria per conseguire il mantenimento del potere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, credo che l'intervento in questo dibattito sia il momento più alto per un parlamentare


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impegnato nel tentativo di difendere le prerogative che le elezioni gli hanno dato. Al di là delle considerazioni che tutti i colleghi che mi hanno preceduto hanno voluto fare in quest'aula, io ritengo, signor Presidente, che in questo momento non sia in gioco solo la regolamentazione per legge della quantità dei possibili spot: qui viene messo in discussione un processo democratico, vengono messe in discussione le sue regole, il suo cardine fondamentale. Oggi, nel nostro paese non è in gioco la fortuna di una forza politica o di una coalizione; assistiamo piuttosto alla contrapposizione di due differenti modelli culturali. E ritengo che proprio nel momento più alto di una democrazia, qual è quello di una campagna elettorale, vi debba essere per le forze politiche e per i cittadini la possibilità di comunicare e di partecipare a far vincere un modello di vita anziché un altro. Oggi, infatti, tra il centrodestra ed il centrosinistra è in corso una battaglia politica che non è giocata soltanto sui numeri, perché solo la finzione della disinformazione può creare equivoci di questo tipo: la corsa alle casacche (rossi, bianchi, neri) è una cosa che non rende giustizia al desiderio di chiarezza dei cittadini. Allora, per evitare che nei bar, nei circoli culturali, nelle piazze la gente dica: «tanto sono tutti uguali», oggi il Parlamento deve impedire che venga varata una regola che uccida definitivamente la possibilità di informare sui programmi, sulle posizioni politiche, sui regolamenti che noi vogliamo portare avanti.
La nostra, allora, non è una battaglia volta solo a difendere qualcuno o qualcosa. Noi ci crediamo molto. Siamo infatti convinti che se prendiamo la deriva di non concordare le regole del gioco, domani in questo Parlamento, a colpi di maggioranza, la maggioranza di sinistra che tanto ha parlato di democrazia in questi anni, quando era all'opposizione (questa regola la professa, ma non l'ha mai applicata), potrà decidere qualunque cosa.
Allora, compagni del centrosinistra, in questo momento sulle regole è importante concordare il percorso perché, se giochiamo una partita, le regole vanno appunto concordate. In Parlamento, domani, sulla base di simili regole, si potrà anche impedire, a colpi di maggioranza, che vi siano elezioni: tanto governa la sinistra; è inutile andare a votare! Sul tavolo intendiamo allora portare il confronto. Crediamo che in questo momento l'informazione sia essenziale. Riteniamo doveroso che proprio nelle campagne elettorali, che rappresentano il momento più significativo della vita democratica di un paese, di una comunità, vi sia la possibilità di informare e la possibilità per i cittadini di scegliere fra due modelli culturali che si differenziano e si distinguono.
Per concludere il mio contributo al dibattito, ritengo questo sia il momento per denunciare con forza quanto il Governo e la maggioranza intendono portare avanti in ossequio soltanto ai propri interessi di parte. È un fatto che non ci limiteremo a denunciare in quest'aula perché lo faremo fra i cittadini, fra i lavoratori e fra tutti coloro che, insieme a noi, vorranno partecipare alla riconquista di uno Stato democratico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. La discussione odierna, non è né ampia né aperta e non dà a tutti noi la possibilità di esprimere come vorremmo la nostra opinione perché si è deciso di tagliare tutto, di tagliare i tempi attraverso il cosiddetto contingentamento. Per questi motivi ci troviamo a discutere con una spada di Damocle sul capo. E mi viene in mente ciò che padre Dante avrebbe detto: «vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare».

PIETRO ARMANI. Bravo!

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Non dobbiamo perciò chiedere perché votiamo e perché non votiamo. Dobbiamo ingoiare questo calice amaro, e dobbiamo farlo pure velocemente, senza la possibilità di


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riflettere. Tutto infatti è stato organizzato in questo senso a partire dalla sostituzione dell'onorevole Rebuffa nella Commissione affari costituzionali, con la scusa che non c'era la maggioranza. In altre Commissioni, lo faccio presente al signor Presidente, si è verificata analoga situazione, e ciò nonostante non si proceduto allo stesso modo perché non ce ne era bisogno. Qui invece c'è bisogno che la legge venga approvata in un certo modo e tutto viene organizzato in maniera tale da volgere a questo fine. Anche in Commissione i tempi sono stretti, si procede a colpi di maggioranza e non c'è la possibilità di approfondire gli emendamenti. Ieri mattina ed anche oggi in Comitato dei nove i tempi sono stati pure ristrettissimi: si procede con premura perché bisogna arrivare subito all'approvazione del disegno di legge.
Ieri abbiamo discusso sul contingentamento dei tempi e ci siamo richiamati alla sua incidenza sui principi di libertà di cui agli articoli 6, da 13 a 22 e da 24 a 27 della Costituzione che imporrebbero, per l'appunto, tempi non regolamentati. Però, anche se non si vuole accertare che il provvedimento sia tale da incidere sui principi di libertà - ma non c'è dubbio che sia così - in ogni caso si tratta di un disegno di legge che rientra tra quelli di eccezionale rilevanza politica. E ieri ci siamo dilettati a richiamarci al regolamento, agli articoli 49, 24, commi 6 e 12, ed a molti altri. So però per esperienza che, quando si fanno richiami al regolamento, significa che non si è d'accordo, mentre quando lo si è, non servono. Oggi quindi non c'è la volontà della maggioranza di dare spazio alla discussione, e così ci si arrampica sugli specchi.
Ho ascoltato ieri con molta attenzione le statistiche riportate dal Presidente Violante, il quale intendeva dimostrare che la minoranza, l'opposizione godeva dei suoi spazi. Sì, abbiamo uno spazio perché ce lo conquistiamo a gomitate e con grande difficoltà. Non c'è bisogno che ci si vengano a propinare statistiche che possono essere modificate e girate come si vuole, così come i regolamenti si possono applicare ed interpretare in modo particolare, ognuno pro domo sua.
C'è un altro pericolo che incombe ed è quello dell'accorpamento degli emendamenti per materia o per affinità. A tale scopo bisogna interpretare gli articoli del regolamento, ma l'interpretazione degli articoli 85 ed 85-bis può essere fatta in modo particolare o per così dire singolare. Nel caso odierno li si potrebbe applicare in modo singolare perché non esistono motivi per procedere all'accorpamento.
In conclusione, voglio far notare che il provvedimento è stato posto all'ordine del giorno con grande ritardo perché non c'era accordo tra maggioranza e Governo. Pertanto questa legge è stata inserita all'ordine del giorno con grande ritardo, del quale stiamo pagando le conseguenze noi minoranze; infatti, interpretando il regolamento secondo il combinato disposto del programma mensile e di tutta una serie di arzigogoli, alla fine chi ne fa le spese è la minoranza con questa difficoltà di inserimento della proposta di legge all'ordine del giorno.
Voglio dare un giudizio sulla qualità dell'informazione e sul modo in cui vengono trattate maggioranza e minoranza in ordine all'equità dell'informazione stessa: basterebbe leggere solo la parte dell'articolo 2, comma 2, dove si dice che quelle regole non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Lucchese, le faccio presente che in questo momento è esaurito il tempo a disposizione della sua componente, che è stato raddoppiato: pertanto lei sta entrando nella quota di tempo raddoppiato.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Sto terminando, signor Presidente. Dicevo che alla fine del comma 2 dell'articolo 2 è scritto che quelle regole non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi di informazione. È ovvio che in questo caso sono avvantaggiati il Governo e le forze di maggioranza, perché le notizie e le informazioni provengono proprio dal Governo.


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Concludo con questa spigolatura per dimostrare che il problema è di grande rilevanza politica e che di questa legge vedremo le conseguenze nei prossimi mesi ed anni. Ritengo che sarebbero state necessarie maggiore attenzione ed apertura ed, al di là del regolamento, quanto meno un po' di buonsenso o di senso comune nel voler accettare un dibattito che potrebbe essere produttivo ai fini della libertà nel nostro paese.

PRESIDENTE. Colleghi, in ordine alla questione relativa ai tempi per gli interventi a titolo personale, che è stata posta prima, vorrei segnalare una possibile applicazione dei vari criteri, affinché ci possiate riflettere. La questione è la seguente: alcuni gruppi hanno ritenuto di utilizzare il tempo a loro disposizione in un certo modo, così privando gli altri membri del proprio gruppo della possibilità di parlare; infatti, se ciascuno avesse parlato per minor tempo, avrebbe potuto intervenire un maggior numero di colleghi. Vi sono poi componenti del gruppo misto che hanno un tempo inferiore ai quattordici minuti e poi vi sono i singoli non inseriti in alcuna componente.
Avanzo dunque una proposta che vi chiedo di valutare: potremmo ripartire la prima quota di tempo fra tutti coloro i quali hanno chiesto la parola, appartenenti a gruppi che sono già intervenuti, mentre potremmo utilizzare la seconda quota di tempo in via preferenziale a favore di coloro i quali non hanno tempo a disposizione, cioè i singoli deputati del gruppo misto o di quelle componenti che non dispongono di un tempo pari a quattordici minuti. Il resto potrebbe essere, infine, ripartito fra tutti quelli che chiedono ancora di intervenire. Riflettete, per cortesia...

ELIO VITO. Presidente, ...

PRESIDENTE. Ci rifletta, onorevole Vito, lei è troppo rapido! Riflettiamoci bene, tanto abbiamo tempo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.

FABIO CALZAVARA. Signor Presidente, certamente si debbono porre limitazioni alla concentrazione dell'informazione, anche perché la Lega nord è sempre stata contro i monopoli, in particolare quello della televisione di Stato che - lo ricordo - è pagata da tutti i cittadini che votano per tutti i partiti presenti in quest'aula e non soltanto per quelli della maggioranza che governa la RAI. Questa maggioranza, cosiddetta democratica, deve vergognarsi proprio per la mancanza di democrazia dimostrata nell'inaccettabile censura contro il referendum popolare - e sottolineo popolare - promosso dalla Lega nord per l'abolizione dell'inaccettabile legge Turco-Napolitano.
E dov'è la democrazia quando si viene tacciati stupidamente di razzismo, senza possibilità di replica? La Lega nord è sempre stata contro il razzismo, a cominciare da quello italiano, come è sempre stata contraria ad un altro crimine politico e culturale, cioè quello di imporre per legge, purtroppo anche con violenza, il mescolamento di razze, popolazioni, religioni, culture e lingue, senza tener conto delle sofferenze e delle destabilizzazioni che questo comporta e per di più, senza una seria programmazione, senza mezzi adeguati, falsificando e mistificando gli intenti di una doverosa - e sottolineo doverosa - solidarietà con scopi elettorali e clientelari.
Mi domando inoltre come mai, nonostante tutti i proclami e tutte le affermazioni di questa maggioranza, lo Stato detenga ancora ben tre reti televisive e tre reti radio che vengono pagate da tutti i cittadini. Credo che sia sufficiente per lo Stato detenere solo una rete televisiva, per ovvie ragioni di democrazia ed anche finanziarie, visto che continuamente il Governo e questa maggioranza ci rimproverano e ci allietano con discorsi relativi a tagli doverosi e rinunce insopportabili.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Presidente, la ringrazio, ma io non avevo chiesto di parlare


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in questo caso. Lei aveva detto che ogni deputato doveva chiedere di poter riservare il suo tempo...

PRESIDENTE. Le spiego la ragione. Poiché stanno intervenendo adesso i colleghi che appartengono a gruppi che dispongono di tempo, come ho cercato di spiegare, e lei finora è l'unico degli iscritti della Lega, devo darle la parola ora.

DAVIDE CAPARINI. D'accordo, intervengo ora.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa.

DAVIDE CAPARINI. Ci mancherebbe.
A mio avviso non è ancora stato debitamente affrontato il merito di questa legge. Come forza politica noi siamo stati quelli più colpiti da una situazione di disparità di trattamento nei mezzi di informazione. Questo è palese ed è legato non solo allo spazio dedicato alla Lega dai mezzi di informazione, ma anche al modo in cui la Lega stessa viene trattata: un'informazione da sempre strumentale, un'informazione che ha sempre la tendenza ad annichilire e in qualche modo ad annullare le nostre posizioni.
Nel merito di questa legge, occorre rilevare che, proprio a causa di questa mediazione che vi è stata sul testo arrivato dal Senato, mediazione avvenuta da parte del Governo con Rifondazione comunista, si è incorsi per l'ennesima volta nell'errore di non definire quali siano i soggetti interessati dal provvedimento: ad oggi non sappiamo quali siano i soggetti (questa, secondo me, è una cosa gravissima, ma che purtroppo continua una tradizione di questo tipo di maggioranza), non sappiamo come, per un certo tipo di competizione elettorale, verrà applicata la legge e chi saranno i soggetti interessati. Ciò è ancora più grave in quanto per l'ennesima volta si demanda sia alla Commissione bicamerale di vigilanza sia all'authority la definizione per quanto riguarda le competizioni politiche. Per l'ennesima volta, infatti, demandiamo tale compito sia all'autorità sia alla Commissione, due organi che non hanno dimostrato nel tempo di avere la capacità di gestire i compiti loro affidati.
Il presidente dell'authority ha più volte dichiarato (l'abbiamo visto soprattutto per quanto riguarda gli affollamenti pubblicitari, aspetto fondamentale, di cardine nel sistema informativo) di non riuscire oggi a monitorare, a controllare l'affollamento pubblicitario. Inoltre, non riesce - è una questione che abbiamo provveduto più volte a denunciare - a far rispettare gli affollamenti conseguenti per quanto riguarda gli spot elettorali, perché, come abbiamo già segnalato (vi sono interrogazioni al riguardo), la legge n. 249 in materia era chiara. Mi sembra che le modalità per la pubblicità elettorale siano state subito stravolte proprio a causa dell'incapacità di applicare la legge o per la volontà di non farlo.
D'altra parte vengono demandate competenze alla Commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Su questo punto penso sia ormai inutile discutere o cercare di approfondire; bisogna stendere un velo pietoso. Ho fatto parte della Commissione ed ho constatato direttamente l'assoluta impotenza e la totale mancanza di strumenti di intervento per far rispettare un qualsiasi equilibrio o una qualunque parità di accesso delle forze politiche in campo.
In definitiva, qui non abbiamo ancora capito quali siano i soggetti che accederanno a questo strumento, i soggetti della par condicio; ed è particolarmente grave. Ecco perché, con il progredire dell'esame e delle mediazioni che ho richiamato, il nostro parere sulla legge diventa sempre più critico.

PRESIDENTE. Potrei conoscere la valutazione dei colleghi sulla precedente proposta?

ELIO VITO. Signor Presidente, abbiamo cercato innanzitutto di capire la sua proposta; ed è già stata un'impresa difficile. Dopo di che dobbiamo dire che troviamo sia stata in parte già applicata, perché lei non sta più chiamando i


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colleghi secondo l'ordine di iscrizione ma sta procedendo in base ai gruppi; quindi, sta dando un carattere politico diverso ad una quota di interventi che, per loro espressa definizione, sono invece «a titolo personale».

PRESIDENTE. Un attimo, onorevole Vito, altrimenti non ci capiamo. Come ho spiegato, ho dato la parola ai colleghi della Lega perché essi hanno ancora del tempo a disposizione; intanto, ho cercato di riflettere su quali potessero essere le modalità da seguire nel prosieguo dei nostri lavori.

ELIO VITO. Sì, Presidente, ma la discussione sull'articolo 1 si deve svolgere secondo l'ordine degli iscritti a parlare. Non possiamo mettere prima gli oratori dei gruppi e poi i paria a titolo personale...

PRESIDENTE. No, no. Gli interventi a titolo personale sono sempre quelli finali.

ELIO VITO. No, Presidente, questo non sta scritto da nessuna parte. Non c'è alcuna norma regolamentare che lo preveda; anzi, potrebbe essere utile che altri interventi a titolo personale si svolgessero durante la discussione secondo l'ordine delle iscrizioni a parlare.
Ma il punto è proprio questo. Lei dice che una quota degli interventi a titolo personale deve essere riservata a componenti politiche del gruppo misto, e precisamente alle componenti minori che dispongono di meno di 13 minuti o a quelle che addirittura non sono componenti. Ciò non corrisponde alla norma regolamentare e nemmeno al significato degli interventi a titolo personale. È già grave che vi siano componenti politiche che dispongono di meno del tempo previsto per un intervento a titolo personale; è un fatto paradossale. I colleghi del Patto Segni hanno 4 minuti - complessivamente per tutto il provvedimento -, i Federalisti 5 minuti, il CDU 6 minuti, Rinnovamento italiano 6 minuti. Sarà pure il più grande contingentamento di tutta la legislatura, ma non mi pare così «grande». In effetti occorre un contingentamento che consenta di intervenire anche a quelle componenti. Evidentemente il tempo va portato sul minimo, ma senza per questo detrarlo dalla quota destinata agli interventi a titolo personale.
In buona sostanza, Presidente, se lei ritiene di dare a queste o ad altre componenti del gruppo misto una quota di 14 minuti (il tempo massimo originariamente previsto per gli interventi a titolo personale per un singolo deputato), è giusto farlo, ma non utilizzando la quota politica riservata alle componenti politiche del gruppo misto e togliendola agli interventi a titolo personale, anche perché è in corso ciò che lei ha definito legittimo. Allora, se è legittimo, ce lo lasci praticare. Abbiamo esaurito i tempi di gruppo, altri colleghi vogliono intervenire e lo faranno parlando a titolo personale. Non possiamo togliere questa quota di tempo destinata agli interventi a titolo personale per coprire gli spazi dedicati alle componenti del gruppo misto (alle quali lei ha riservato poche manciate di minuti).
Quindi, Presidente, noi non condividiamo la sua proposta e la preghiamo di non darvi seguito, anche perché sarebbe di difficile praticabilità. È evidente che queste componenti possono poi valutare come utilizzare una quota di tempo che è loro assegnata, ma in quanto a titolo personale, durante altre fasi del dibattito, magari per decidere alla fine di non utilizzarla affatto. Cosa faremo poi, alla fine dell'esame del provvedimento, se questo tempo non è stato utilizzato da tali componenti? Glielo daremo nella prossima legislatura o durante l'esame della prossima legge finanziaria, della prossima legge bavaglio, tanto se ne annunciano altre da qui alla fine della legislatura?
Signor Presidente, credo che questa interpretazione, ed applicazione, del regolamento non corrisponda alla finalità per cui è stato riservato il tempo agli iscritti a titolo personale. Proseguiamo utilizzando questo tempo finché ci saranno iscritti a titolo personale e alle componenti


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del gruppo misto, che hanno meno tempo a disposizione, si dia il tempo che è giusto sia loro riconosciuto.

MAURO GUERRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO GUERRA. Signor Presidente, credo che l'ipotesi da lei formulata sia equilibrata e che su di essa sia opportuno convenire.
L'onorevole Vito ha la memoria molto corta, anche se si esercita ad intervenire così spesso in quest'aula, intanto perché tace il fatto che abbiamo iniziato l'esame di questo provvedimento con una definizione dei tempi. Legittimamente i gruppi di opposizione hanno utilizzato integralmente nella fase di discussione sull'articolo 1 il tempo a loro disposizione e, una volta esaurito, hanno chiesto che gliene fosse assegnato di ulteriore per partecipare alla discussione. Sono stati, quindi, raddoppiati i tempi originariamente previsti per i gruppi di opposizione. Si è posta poi la questione degli interventi a titolo personale.
Con l'ipotesi formulata dal Presidente, che comporta un raddoppio dei tempi originariamente previsti per gli interventi a titolo personale, si fa esattamente quello che l'onorevole Vito invocava: si garantiscono gli interventi a titolo personale che non siano solo quelli di appartenenti a gruppi di opposizione; si consente ai singoli deputati dei gruppi di opposizione di utilizzare integralmente il tempo originariamente previsto per tutti gli interventi a titolo personale e contemporaneamente si prevede una quota analoga di tempo che consenta ai singoli deputati del gruppo misto e, per la parte mancante dei tempi loro assegnati, alle componenti del gruppo misto e agli altri parlamentari di utilizzare il tempo originariamente previsto per gli interventi a titolo personale (Interruzione del deputato Vito).

PRESIDENTE. Onorevole Vito, non interrompa.
Non c'è il presidente Pisanu?

MAURO GUERRA. Signor Presidente, credo che oltre questo non sia possibile andare e che, ogni volta che si interviene per chiedere un ulteriore allungamento dei tempi, non si debba perdere la memoria dei tempi già utilizzati. Quando si pensa di intervenire per tutelare gli interventi a titolo personale dei deputati, si deve far riferimento a tutti i deputati.
L'ipotesi prospettata consente a tutti i singoli deputati e ai gruppi di opposizione di utilizzare completamente i tempi originariamente previsti per gli interventi a titolo personale e contemporaneamente fa salvi i diritti degli altri deputati che fanno parte del gruppo misto.

ELIO VITO. Componenti!
Non fare parti nelle quali non credi. Rifiutati!

MAURO GUERRA. Credo che oltre non sia possibile andare, credo che questa ipotesi sia equilibrata e che pertanto su di essa sia opportuno convenire.

DOMENICO NANIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO NANIA. Signor Presidente, noi riteniamo che l'utilizzazione dei tempi per gli interventi a titolo personale risponda ad una logica che non è quella in base alla quale ora si intendono utilizzare i tempi.
Gli interventi a titolo personale, secondo noi, servono a quei parlamentari che, per una ragione o per un'altra, non sono potuti intervenire a causa dell'organizzazione degli interventi realizzati da ciascun gruppo politico. Se - faccio il caso di Alleanza nazionale - un gruppo politico ha deciso di organizzare la propria attività iscrivendo a parlare venti o venticinque deputati - questi e non quegli altri - è evidente che i deputati non iscritti, per una ragione o per l'altra, possono, anzi debbono, utilizzare i tempi previsti per gli interventi a titolo personale.


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Signor Presidente, questa norma va interpretata alla luce del comportamento adottato da un singolo gruppo nell'intera vicenda in discussione. Non si può pensare di attribuire i tempi degli interventi a titolo personale, per esempio al gruppo misto, in ragione di un aspetto meramente quantitativo o di composizione dello stesso gruppo misto, se quest'ultimo in precedenza non ha partecipato al dibattito oppure ha utilizzato il tempo a disposizione, insomma per dirla in parole semplici «se l'ha fatta alla larga»! Questo caso rappresenta un ulteriore tentativo di impedire all'opposizione di compiere il proprio dovere nel merito del provvedimento! Quindi il gruppo misto, come qualunque altro gruppo, senza invocare alcuna ragione di ordine preferenziale, partecipa al dibattito con gli interventi che riterrà opportuni; non occorre, dunque, operare alcuna scelta o discriminazione a favore di questo o di quell'altro gruppo.

PRESIDENTE. Onorevole Nania, posso chiederle una spiegazione? Il deputato singolo - prima è stato citato il caso dell'onorevole Roscia - che non appartiene a nessuna componente, come può essere tutelato?

DOMENICO NANIA. Lei può fare questa valutazione, io mi riferisco alla valutazione discrezionale; l'importante è che il tempo per gli interventi a titolo personale non sia attribuito ad un gruppo che non interviene mai e poi, invocando la ragione...

PRESIDENTE. Ho capito e la ringrazio.

DANIELE ROSCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. Signor Presidente, penso che la sua proposta sia accettabile. Sono parte in causa, ma vorrei rispondere all'onorevole Vito, secondo cui non si deve sottrarre tempo all'opposizione, che il mio gruppo è di opposizione, non di maggioranza; è una componente non riconosciuta...

ELIO VITO. Hai ragione!

PRESIDENTE. Onorevole Vito, lasci parlare.

DANIELE ROSCIA. Evidentemente il fatto di non essere omologato al Kapo delle opposizioni...

PRESIDENTE. Onorevole Vito! Onorevole Palumbo, lei è un medico, veda un po'...!

ELIO VITO. Non iniziamo con le offese personali!

DANIELE ROSCIA. ...non significa essere automaticamente in maggioranza. Ognuno deve avere la possibilità di intervenire, ma vedo che il disturbatore dell'Assemblea, l'onorevole Vito, che lo fa di professione, non permette al sottoscritto di intervenire.

ELIO VITO. Presidente!

DANIELE ROSCIA. Spesso e volentieri ho criticato il suo atteggiamento in aula, forse questa volta ha peccato di troppa democrazia: parliamo di meno e votiamo gli emendamenti. Grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Nania!

ELIO VITO. Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Vito, deve lasciar svolgere la discussione, non è il monopolista dell'aula! I monopoli sono contro la democrazia. Ripeto, lei deve lasciar parlare e discutere!

ELIO VITO. Lei non mi può offendere.

PRESIDENTE. Volevo rivolgermi al collega Nania in relazione alle cose che ha detto. C'è il problema dell'organizzazione del tempo tra i gruppi, e lui sotto questo


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profilo ha ragione; vi è la questione dei deputati che non sono iscritti a nessun gruppo, che secondo l'onorevole Nania si può valutare, ed infine vi è il problema delle componenti i cui appartenenti dispongono singolarmente di meno di quattordici minuti. O si sceglie la strada da me indicata in precedenza oppure più semplicemente, fermo il raddoppio dei tempi, darò dieci minuti o un quarto d'ora di tempo a chi intende iscriversi a titolo personale e tale tempo potrà essere utilizzato da ciascuno nel modo che ritiene opportuno, nel corso dell'esame del provvedimento. Francamente non vedo altre possibilità.
Se viene contestata la prima decisione, chiedo ai colleghi che intendono intervenire a titolo personale e che si sono già iscritti di segnalarlo alla Presidenza per poi ripartire il tempo doppio. Credo che sia questa l'unica possibilità.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Vito.

ELIO VITO. Con questa proposta accade esattamente quello che il collega Roscia non vuole. Egli giustamente dice di far parte di una componente politica di opposizione che ha diritto ad essere riconosciuta in questa Camera e ad avere una sua quota di tempo, la quale non può essere attinta o sottratta a quella degli iscritti a titolo personale. Altrimenti, si riduce Roscia...

PRESIDENTE. Non si tratta di una componente; in quel caso avremmo risolto!

ELIO VITO. Ho capito, ma si crea tutto questo artificio di componenti e sottocomponenti e poi si fa riferimento a quelli che hanno avuto 14 minuti. Ma da chi? Lei ha dato 4 minuti al Patto Segni ed ha dato 5 minuti al CDU. Ora, poiché stiamo utilizzando il tempo per interventi a titolo personale, scopre che è poco e lo vuole aumentare non aggiungendo altro tempo cui si ha diritto ma sottraendolo da quello destinato agli interventi a titolo personale.
Vorrei infine svolgere una considerazione di carattere personale perché altre volte sono accaduti episodi del genere e, come lei dice, la giornata è lunga.
Presidente, credo che non abbiamo mancato di rispetto, abbiamo rivolto critiche politiche, anche molto serrate e severe - non siamo qui a dire se siano giuste, fondate o infondate: non siamo in grado di giudicare - alle decisioni da lei assunte. Però, Presidente, noi chiediamo rispetto da parte sua, perché è molto facile dall'alto del suo seggio, con il suo modo importante di presiedere, riuscire ad ottenere applausi da parte dell'Assemblea per mancanza di rispetto o per battute poco rispettose nei confronti dei deputati e di deputati di opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Noi comunque non ci faremo neanche involontariamente intimidire da queste forme di pressione che possono essere esercitate su di noi. Tuttavia, non riteniamo giusto per la figura che lei ha, per il modo anche autorevole con il quale interpreta il suo difficile ruolo di Presidente dell'Assemblea, che questo ruolo difficile scada in battutine nei confronti di questo o di quel deputato, che viene invitato a rivolgersi a questo o a quel medico o in diverso modo, come altre volte è accaduto.
Dico questo anche - lei lo sa - per la franchezza e la stima reciproca dei nostri rapporti, che sono molto duri e tuttavia improntati a quella franchezza per la quale le dico che a maggior ragione da lei, quando presiede l'Assemblea, non accetto battute che possano essere offensive nei miei confronti e che possano scatenare la maggioranza, trascinandola in considerazioni ancora più offensive e intimidatorie nei confronti di chi svolge un ruolo di rappresentanza dell'opposizione. Questo è l'unico ruolo, Presidente, che consente di poter dire se in questo Parlamento e in questo paese vi sia o non vi sia democrazia; infatti, la democrazia è la misura nella quale l'opposizione è riconosciuta, legittimata, può svolgere i suoi diritti, può parlare, non viene né criminalizzata né ridicolizzata. Resta comunque fermo che non ci faremo né ridicolizzare né criminalizzare; andremo fino in fondo nella


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tutela dei nostri diritti, che sono i diritti della democrazia e del Parlamento, anche quando lei tornerà all'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e misto-CCD)!

PRESIDENTE. Onorevole Vito, non intendevo assolutamente offenderla. Mi sono rivolto al collega Palumbo essendo questi un uomo assolutamente pacato e sereno e per il fatto che lei ha l'abitudine di interrompere continuamente chi parla. Se ha considerato la mia un'offesa, le chiedo scusa; è stato un equivoco, non si tratta assolutamente di questo, mi sarei rivolto allo stesso modo anche ad altri.
Comunque non abbiamo risolto il problema che avevamo! Mi pare, colleghi, non ci sia altro da fare: o divido il tempo fra tutti o passiamo a distinguere tra la prima e la seconda fase, come sarei propenso a fare. Assegno dunque i tempi della prima parte così come sono dati; per quelli della seconda parte, do la preferenza a quei colleghi che non hanno nessun tempo per intervenire; quello che resterà sarà distribuito. I colleghi che non sono iscritti a nessuna componente, a nessun gruppo, o che appartengono ad una componente che dispone di meno di 14 minuti, sono pregati di segnalare se intendano prendere la parola.
Sono iscritti a parlare a titolo personale - leggo nell'ordine - i colleghi Pilo, Gnaga, Del Barone, Russo, Nania, Scarpa Bonazza Buora, Rallo, Porcu, Sospiri, Foti, Morselli, Giovanni Pace, Ozza, Gazzilli, Vitali, Stagno d'Alcontres, Tortoli, Sgarbi. A ciascuno di questi sono attribuiti 4 minuti e 5 secondi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pilo. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PILO. Presidente, colleghi, sono stato tentato - dico la verità - di parlare in dissenso dal mio gruppo anziché a titolo personale, perché mi è capitato di dover dire e scrivere più volte che Lilli Gruber può averci fatto vincere le elezioni, mentre Emilio Fede ce le può aver fatte perdere. Come ognuno comprende, questa posizione non è tanto popolare soprattutto da quelle parti. Allora, è deludente che oggi l'onorevole Vita ed anche il Presidente del Consiglio condividano le posizioni che implicitamente o esplicitamente li accomunano proprio ad Emilio Fede, che è stato spesso bersaglio del loro sarcasmo e della loro ironia. Cito Emilio Fede, tanto per cominciare, perché è evidente che nel tema dell'informazione politica c'è il problema legato al fatto che questa è mediata dal ruolo dei giornalisti. Non si può eludere il problema che lo spazio di questa informazione è mediato da giornalisti in larga misura schierati da una parte. Ho in mente un sondaggio di SWG, pubblicato dall'Espresso, dal quale risulta che il 73 per cento dei giornalisti italiani è dichiaratamente di orientamento di sinistra, ma ci sono anche dati relativi ad altri paesi che confermano questa tendenza; quindi non è un problema solo italiano. Questo costringe a prendere in considerazione ogni forma di comunicazione diretta attraverso cui partiti, movimenti politici o anche singoli candidati possono tentare di far conoscere direttamente all'elettore il proprio punto di vista.
È ovvio che, se la pubblicità fosse capace di deformare la volontà degli elettori, sarei d'accordo nel considerare necessario un intervento in questo senso; ma quello che mi distingue anche dalla posizione di molti miei colleghi è che io ritengo che in realtà questo non accada. Gli spot pubblicitari sono l'unico programma televisivo esplicitamente progettato per modificare il comportamento e l'atteggiamento delle persone, ma gli spettatori sono consapevoli di essere messi sotto pressione. Sia i fan più accaniti sia i critici più feroci della pubblicità ritengono che essa eserciti un effetto assai potente; io non sono affatto d'accordo, ritengo infatti che la pubblicità abbia solo una debole influenza sui consumatori e sui cittadini.
È un punto di vista molto diffuso che la pubblicità manipoli consumatori e cittadini, anche se nessuno sostiene che la cosa lo riguardi personalmente; la storia tuttavia ci ha consegnato esempi straordinariamente


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imponenti del fatto che la gente nel lungo periodo è capace di formarsi opinioni personali che non possono essere fuorviate dalla propaganda. Prendiamo l'esempio clamoroso della caduta del muro di Berlino: un grande impero, un apparato straordinario di informazione, disinformazione e repressione è potuto cadere nonostante la sua presenza. Ma ci sono casi anche nel nostro paese: il referendum sul divorzio del 1974 fu vinto nonostante la maggior parte dei mezzi di informazione fossero chiaramente schierati contro. La conferma di questa situazione è data da chi ha avuto modo di osservare il panorama dell'informazione politica nella cosiddetta prima Repubblica, quando i partiti avevano il monopolio dell'informazione.
Chiedo alla Presidenza di voler autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di alcune considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Pilo.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Gnaga. Ne ha facoltà.

SIMONE GNAGA. Non so quanto questo dibattito possa interessare la comunità nazionale. I problemi che abbiamo di fronte sono sicuramente molto sentiti da ogni cittadino, perché le regole del gioco in un regime democratico non solo devono essere eque, ma devono permettere la partecipazione di tutti i soggetti politici, anche di quelli che oggi non sono rappresentati in Parlamento e che in un prossimo futuro potrebbero avere un consenso elettorale. Inoltre questa normativa è un nuovo eccesso di regolamentazione, tipico del sistema politico italiano, che va a creare ulteriore confusione. È vero che la parità di accesso ai mezzi di informazione è uno dei parametri della democraticità di un sistema, anche considerando la variazione dei mezzi di comunicazione ed i soggetti politici. Tra l'altro bisognerebbe chiarire quali sono i soggetti politici, altrimenti potremmo trovarci, per esempio, in campagna elettorale con associazioni ambientaliste che legittimamente comunicano le loro iniziative. Sono però o non sono soggetti politici? Possono o no definire nei quarantacinque giorni precedenti le consultazioni elettorali il loro messaggio, fatto necessario per le comunicazioni e per l'informazione nei confronti della comunità? Un eccesso di regolamentazione che non aiuta quella che comunque rappresenta un'anomalia del sistema politico italiano.
Non è questo l'oggetto del provvedimento al nostro esame ma la mancata definizione dei soggetti politici, una partecipazione politica che vede nella televisione - questo è indubbio - uno strumento assai più forte di qualche anno fa. La televisione rappresenta oggi uno strumento di propaganda e di azione politica assai più forte di quanto non fosse la partecipazione politica una volta. Ci lamentiamo tutti che la gente non partecipa alle riunioni e non fa più politica attiva, ma non ci dobbiamo sorprendere perché il distacco tra l'Italia legale e l'Italia reale è sempre più aumentato. Mi auguro comunque di non vivere in un sistema nel quale la televisione sostituisce la totale assenza di partecipazione politica da parte della gente.
Sono d'accordo con l'onorevole Pilo sull'efficacia dello spot elettorale. Ho un'alta considerazione del cittadino e ritengo che sia libero di cambiare canale di fronte a qualcosa che non lo interessa. Al contrario, ritengo che in alcuni casi possa addirittura nascere nell'utente un sentimento negativo che lo porta al rifiuto piuttosto che al consenso. Si tratta comunque di una materia che attiene al libero arbitrio dell'individuo; dobbiamo avere una maggiore considerazione del cittadino e smetterla con la regolamentazione a tutto campo da parte del grande padre Stato.
Viviamo in un paese anomalo - non vi è dubbio in proposito - con un sistema politico anomalo e soggetti politici anomali. Dobbiamo mettere tutti di fronte al


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fatto che mezzi e strumenti per fare attività politica ci auguriamo non siano sempre più anomali...

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DEL BARONE. Alcune rapidissime considerazioni sugli argomenti al nostro esame. Mi sembra di aver sentito dire che la discussione in atto non avrebbe sicura rilevanza politica e sociale. Si tratta di un'affermazione che ritengo assurda. Se infatti è vero che la maggioranza sostiene che questa è una legge europea, è anche evidente che la legge - soprattutto in periodo elettorale - è solo idonea a zittire la voce dell'opposizione. Mi pare dunque che la discussione sull'argomento abbia seria rilevanza sociale e politica.
Sono convinto che ci troviamo di fronte a quello che potrei definire come un furto di diritto costituzionale e ad una volontà di non colloquio tra maggioranza ed opposizione. Non vi è in questo disegno di legge coordinamento tra nuova e vecchia normativa; conseguentemente, la legislazione non può che zigzagare sul prima e sul dopo, cosicché è quasi impossibile leggerla. Molteplici sono state le chiavi trattate; molteplici le interpretazioni. Non si è però tenuto conto di un argomento che a mio modo di vedere dovrebbe essere di prima spettanza, vale a dire la volontà del telespettatore (che, diciamolo chiaramente, è quello che paga il canone), che si potrebbe trovare dinanzi ad una overdose di informazioni politiche mono orientate. Sapete tutti che sono un deputato napoletano. Nella mia città tutto è catastrofe: forze dell'ordine aggredite, furti, borseggi, treni bloccati, scuole occupate, donne uccise, disoccupazione al 24 per cento, senza citare tutti gli aspetti negativi. Tutto questo dal Governo e dalla maggioranza è trattato quasi come un optional, perché la fretta è riservata ad una legge che deve - e rapidissimamente - proibire gli spot elettorali di Berlusconi e del Polo. Saremmo stati favorevoli a trovare regole sull'argomento, ma vedere coartate democrazia e libertà non può che farci trovare coerenti con una contestazione dura e convinta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Ci avete provato: avete tentato, per qualche mese, di resistere alle tentazioni dirigistiche, alle tentazioni comuniste. Avete tentato, per qualche mese, di esprimervi con un volto buonista, ma non ci siete riusciti: ben presto è venuto fuori il vero volto, quello che viene da lontano, quello che viene dalle vostre esperienze, dalla vostra tradizione, da ciò che avete imparato da chi vi ha preceduto, tentando di limitare, tentando di conculcare, tentando di vietare.
Invero, nessuna meraviglia, però, per chi appunto non aveva creduto alle metamorfosi lessicali né alle evoluzioni fantasiose di sigle, tentando con qualche tratto di penna di cancellare una storia comunista ed illiberale; anzi, oggi ponete a frutto le vostre migliori esperienze di regime, mettendo in campo la forza bruta, quella dei numeri, ma non quella dei numeri derivanti da un consenso popolare, bensì quella dei numeri raccattati al mercato della politica, contribuendo così ad un doppio danno: il danno censorio da una parte e il danno di immagine dall'altra; contribuendo, insomma, ad una disaffezione, quella sì, vera della gente nei confronti delle istituzioni democratiche.
Cambiate le regole; lo fate ovviamente a vostro piacimento, non per creare condizioni di maggiore partecipazione, ma per mantenere un potere usurpato; modificate le norme per evitare che la gente partecipi e conosca le differenze. Viene fuori la bieca logica dei bavagli e dei divieti. Non consentite una informazione elettorale compiuta. Mi aspetto ancora altro, altre forme di privazione, altre forme di divieti e vi suggerisco anche qualche riflessione: perché non utilizzate l'Ulivo mondiale, una commissione, attraverso


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l'Ulivo mondiale, che consenta di lavorare su Internet? Perché non utilizzate questi strumenti di modernità per creare nuove forme e nuove barriere illogiche, illiberali, antistoriche, proprie della vostra condizione culturale? Perché non cominciate a suggerire quando e come i televisori nelle nostre case devono essere accesi?
Ci si allontana, insomma, dalla politica, e volutamente. Si vuole che questi palazzi siano distanti dalla gente; si vuole che questa sia una logica per addetti ai lavori; si vuole che le nomenclature si perpetuino; si vuole insomma evitare che la gente conosca e capisca. È una vecchia logica che noi ovviamente combatteremo in ogni modo.
Ma quale par condicio, Presidente! Si tratta di impari o dispari condizione! State organizzando una corsa truccata, state creando condizioni per partire prima, per partire avanti, in una corsa nella quale ponete, giorno dopo giorno, ulteriori ostacoli ai vostri avversari e solo ai vostri avversari politici.
Ma gli italiani capiranno anche questo e sconfiggeranno ogni forma, come dire, democratica o meno tesa a conculcare le libertà. Imbavagliate anche la satira, ormai! Bloccate le opposizioni e procedete anche - ci aspettiamo di tutto - ad ulteriori censure della carta stampata, dei libri e di quant'altro! L'esecutivo pare solo impegnato a far risaltare l'effimero, abbagliando gli occhi degli italiani, mentre lo Stato italiano viene continuamente condannato dalla Corte europea per i diritti dell'uomo per gli innumerevoli casi di malagiustizia. Quando le opposizioni non avranno più la possibilità di denunciare ciò in Parlamento e fuori del Parlamento, sarà un giorno triste: quel giorno la libertà sarà stata del tutto conculcata; quel giorno sarà una pagina nera per la democrazia del nostro paese.
Allora, perché non consentire una libera e piena informazione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Russo.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Nania. Ne ha facoltà.

DOMENICO NANIA. Per giustificare il disegno di legge governativo, si è chiamato in causa Popper con la sua frase sulla necessità di mettere sotto controllo il mezzo televisivo; si è richiamato anche lo stesso Sartori, il politologo italiano che, in più occasioni, si è pronunciato sull'efficacia manipolativa del mezzo televisivo. Non vi è dubbio che le frasi hanno un loro fondamento di verità, solo che in quest'aula sono state interpretate dal ministro Cardinale o dal sottosegretario Vita con una falsificazione evidente, perché si è scambiata la messa sotto accusa del mezzo televisivo con la messa sotto accusa della comunicazione politica tramite la propaganda elettorale e la pubblicità elettorale.
Il mezzo televisivo, caro ministro, va messo sotto accusa, eccome; va messo sotto controllo soprattutto perché la manipolazione è quotidiana, costante, ricorrente e si verifica non solo durante le competizioni elettorali, quando l'elettore-cittadino ha una coscienza vigile e attenta perché, prima o dopo, deve esprimere una scelta, ma di continuo, come giorno dopo giorno possiamo tutti verificare: ricordo, per esempio, il caso di Pillitteri, che doveva andare ai funerali del cognato, e quello di Borrelli, che al TG1 ha detto di non esserci potuto andare per una difficoltà logistica. Questo modo di fare informazione che cosa rappresenta? E cosa rappresenta il fatto che nei libri di testo si descrivano il Polo delle libertà e la figura dell'onorevole Berlusconi in un certo modo?
Di fronte a questo problema, quindi, non vi è dubbio che il mezzo televisivo vada messo sotto controllo. Per non parlare poi, nel caso del dibattito che stiamo portando avanti, di come si sono comportate le testate giornalistiche. Dicevo che il mezzo televisivo va messo eccome sotto controllo, ci mancherebbe! Ma la propaganda e la comunicazione politica ed elettorale vanno favorite, vanno incentivate, vanno incrementate, altrimenti si


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protegge il vizio ideologico della sinistra di regime, cioè quello di proteggere un'opera di penetrazione condotta nel tempo, almeno in cinquant'anni. A differenza della sinistra socialdemocratica, che, come abbiamo visto anche in quest'aula, ha un atteggiamento molto più aperto nei confronti del problema, la sinistra politica - in particolare la sinistra di regime - vuole garantirsi a tutti i costi il vantaggio di apparato e di organizzazione del quale gode.
Preferisce il voto di appartenenza conquistato nel tempo, sudato giorno dopo giorno, contro il voto di opinione, che si considera mobile ed incerto e che può essere condizionato dal mezzo radiotelevisivo. Ma le democrazie moderne non vivono sulla certezza granitica del voto, vivono sull'incertezza del voto: è l'incertezza dell'esito elettorale che garantisce la sussistenza della democrazia. L'unica certezza è quella dei valori condivisi e della tenuta del sistema politico.
Da questo punto di vista, favorire la comunicazione significa consentire una comunicazione alla pari e ridurre quel vantaggio di apparato, di organizzazione e di struttura che residua, come vizio ideologico, nella sinistra di regime.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Scarpa Bonazza Buora. Ne ha facoltà.

PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA. Signor Presidente, sono molto rattristato di dover intervenire oggi in quest'aula per unirmi al coro di sconcerto e di dolore che si leva da parte dei banchi dell'opposizione nei confronti della maggioranza parlamentare. Effettivamente, sembra strano, sembra incredibile ed è sicuramente inaccettabile, intervenire alle soglie del 2000 per difendere ancora le libertà fondamentali, le libertà più elementari, francamente pare una situazione irreale. Eppure, ci troviamo qui a difendere strenuamente, senza usare nessun tipo di enfasi ma con il massimo senso di responsabilità, alcune libertà, e in questo caso la libertà di informazione, di comunicazione politica, che a nostro modo di vedere (e - noi ritenevamo - a modo di vedere di tutti, anche dei comunisti, anche di quelli che si vergognano di chiamarsi comunisti) dovrebbero essere delle verità lapalissiane. Purtroppo, non è così. Ci troviamo di fronte ad un disegno lucido, ad un disegno certamente allucinante, specialmente se pensiamo al combinato disposto di quello che vi potrà essere se, oltre alla legge della par condicio, sarà approvata anche la legge del conflitto di interessi così come viene interpretato da rifondazione comunista.
Quello che avremmo di fronte a noi sarebbe uno scenario lunare, uno scenario in cui avremmo di nuovo le tribune politiche di antica memoria, in cui avremmo la comunicazione politica di regime, la comunicazione politica burocratica. Proporrei a questo punto ai comunisti, che stanno seduti di fronte a me, di rispolverare il bianco e il nero. Ecco, delle tribune politiche in bianco e in nero, magari richiamando in servizio Jader Jacobelli, il povero Zatterin! Si vuole ritornare a quel tipo di comunicazione. Evidentemente è questo quello che voi volete. Siete in ritardo! Siete condannati ad arrivare in ritardo! Mi rendo conto (ecco, al riguardo avete la mia comprensione) delle vostre difficoltà. Anche se siete oggi fasciati in eleganti abiti di sartoria, anche se Valter Veltroni ha annunciato al mondo che Kennedy è risorto ed ha scelto di farlo nelle sue sembianze, anche se il Primo ministro va a Wall Street, anche se qualcuno dei compagni dei DS viene chiamato l'indossatore appunto per la sua eleganza, per il suo elegante modo di porgersi, siete rimasti sempre i soliti comunisti ed usate i metodi che purtroppo fanno parte di quel tipo di regime. Mi rendo conto della vostra difficoltà a comunicare in modo moderno. Mi rendo anche conto che siete consapevoli di non poter competere con la capacità di comunicazione che altri hanno. Effettivamente, posso comprendere la difficoltà anche solo di immaginare uno spot natalizio con l'onorevole Mussi (con tutto il rispetto che lui merita) che fa gli auguri agli italiani.


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Probabilmente ciò potrebbe scatenare delle crisi nervose o delle crisi epilettiche nei bambini.
Cari amici della sinistra, vi invito veramente, con il cuore in mano, a ritornare sui vostri passi, vi invito a riflettere ed a provare a dialogare con noi con meno iattanza, con maggiore apertura, senza rinchiudervi in quell'atteggiamento di totale ostracismo nei confronti delle proposte che provengono dall'opposizione e - ne siamo convinti - da gran parte degli italiani. Questa è una situazione estremamente grave, è una situazione che sicuramente porterà ad un inasprimento di rapporti, è una situazione che alla fine porterà dei danni anche a voi, soprattutto a voi, perché gli italiani capiranno che voi non siete quei moderni riformisti che dite di essere, ma siete purtroppo degli arcaici oscurantisti.

PRESIDENTE. Colleghi, l'onorevole Roscia ha chiesto di utilizzare il famoso tempo di 14 minuti, così come l'onorevole Calderisi. Se vi sono altri colleghi che intendano farlo, li prego di comunicarlo entro le 11,30, in modo da avere un quadro chiaro.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Rallo. Ne ha facoltà.

MICHELE RALLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da parte di qualcuno è stato adombrato il sospetto che dietro questo provvedimento, certamente illiberale ed antidemocratico, vi sia, gratta gratta, la vecchia scorza comunista, il che è anche possibile - per carità! - in alcuni settori, spero minoritari, della maggioranza. Secondo me, ciò che sta alla base del provvedimento non è il vizio di origine antidemocratico, bensì la mancanza di senso del reale, di senso della modernità che manca a questa sinistra, continuamente e regolarmente impegnata in battaglie di retroguardia, quale quella portata avanti contro la televisione commerciale fin dal suo nascere. Questa sinistra, vecchia e superata e non illiberale, guardava all'innovazione con occhiali obsoleti che non riuscivano a mettere a fuoco la nuova realtà. Infatti, quella battaglia fu condotta dicendo che alla televisione commerciale non potevano essere date le frequenze di cui aveva bisogno perché poche e non occupabili; cosa, questa, falsa perché il progresso della tecnologia moltiplicava le frequenze. Si arrivò al punto di costringere il popolo italiano ad un referendum nel momento in cui si volevano togliere le televisioni commerciali dalla libera disponibilità dell'imprenditore; referendum che bocciò la vecchia e superata posizione della sinistra. Nonostante ciò, la volontà così espressa fu violentata attraverso un indirizzo che ha inviato, o sta per farlo, una di queste televisioni sul satellite ritenendo che qui non vi siano gli spazi. Anche questa cosa non vera, o quantomeno non esatta perché - lo ripeto - il progresso tecnologico porta ad una moltiplicazione degli spazi disponibili per l'emittenza televisiva, oggi attraverso il satellite e domani - e questo Governo ha già fissato la scadenza - attraverso la trasmissione digitale terrestre.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tempo è tiranno ma voglio concludere non drammatizzando. Oggi voi fate una legge sbagliata, domani, quando vinceremo le elezioni, con lo stesso sistema...

PRESIDENTE. Ne farete un'altra sbagliata.

MICHELE RALLO. ...ne faremo una migliore. Credo che non ripeteremo questi errori. Certamente non sarà una legge di retroguardia.
Concludo, davvero, signor Presidente, dicendo che la mia preoccupazione non è data tanto dalla questione degli spot. Concordo con chi dalla sinistra sostiene che lo strapotere di un imprenditore «x» o «y» in campo televisivo - ed aggiungo io in quello della carta stampata - è nocivo per la democrazia. Lo è però non per gli spot che hanno un nome ed un cognome, che lo spettatore vede e sa da dove vengono e come sono pagati, ma piuttosto per quelli che vengono ammantati di imparzialità, cioè quando non sono spot veri e propri, ma spot camuffati da


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giornalisti venduti ad una certa parte politica. Cosa purtroppo oggi dominante nell'ambito della pubblicità elettorale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.

CARMELO PORCU. Signor Presidente, arrivati a questo punto del dibattito molto, direi moltissimo, è stato detto. Ed allora mi permetto di rassegnare all'Assemblea alcune piccole riflessioni tratte dal diario della mia vita, direi in questo caso, alcuni spot. Ricordo che, agli albori dell'evo televisivo, ebbi il primo contatto con questo mezzo che ha influenzato tutta la nostra vita, cioè nostra signora televisione, in un luogo indubitabile e strano, cioè la sezione del mio paese del partito comunista italiano.
Siccome la parrocchia, con il cinema parrocchiale, era lontano da casa, e poiché anche il prete spegneva la televisione dopo Carosello e non c'era modo di fare altre cose, ma avevo la ventura di avere una sezione del PCI davanti casa, andavamo tutti lì a vedere Lascia o raddoppia o programmi di quel tipo.

PRESIDENTE. Vedo che gli effetti sono stati negativi!

CARMELO PORCU. Signor Presidente, volevo appunto sottolineare che non per questo sono diventato comunista!
Qualche anno dopo, quando la televisione stava prendendo piede nella società, ma a casa mia era arrivata da pochi anni, ricordo che venne a trovarmi al mio paese - Orune - un carissimo amico africano dell'Alto Volta: poiché il fenomeno dell'immigrazione non era ancora evidente, mi preoccupai del fatto che questo mio amico africano sarebbe venuto a trovarsi in un ambiente che non aveva dimestichezza con gli uomini di colore e pertanto raccomandai a casa mia di accoglierlo bene. Pertanto tutti si prepararono ad accoglierlo bene, ma mia nonna - che allora aveva 85 anni e non era mai uscita da Orune, nemmeno per andare nel capoluogo di provincia Nuoro (anzi, una volta ci si era recata a piedi e poi aveva detto che non ci sarebbe più andata perché il viaggio era stato troppo faticoso) - quando vide il mio amico di colore fu colta dal panico e, nonostante le mie raccomandazioni, fuggì via terrorizzata. Al che io le chiesi: «Cara nonna, perché mi hai fatto fare brutta figura con questo mio carissimo amico?»; ed a rafforzamento aggiunsi: «Non li hai mai visti i negri in televisione, non sai che esistono i negri?». E lei mi rispose candidamente: «Ma io pensavo che i negri fossero solo in televisione!».
Dallo scetticismo di mia nonna sulla televisione come fonte di verità al fatto che adesso consideriamo quest'ultima come unica fonte di verità, ce ne corre! Pertanto, poiché pur avendo visto la televisione nella sezione del PCI, grazie a Dio, non sono diventato comunista, chiedo che questo mezzo non venga drammatizzato e che si lasci spazio alla libera formazione di un pensiero e di una critica (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Sospiri. Ne ha facoltà.

NINO SOSPIRI. Signor Presidente, la scorsa settimana - tempestivamente, come si conviene - mi sono iscritto a parlare sul complesso degli emendamenti presentati all'articolo 1, avendo a disposizione venti minuti. Ieri sera ho atteso fino alle 22 il mio turno, che però non è arrivato. Questa mattina, con l'intervento del collega Domenico Benedetti Valentini, Alleanza nazionale per i noti motivi ha esaurito il tempo a propria disposizione e perciò ho chiesto di intervenire a titolo personale sapendo di avere a disposizione quattordici minuti. Poco fa, invece, lei ha ricordato che, considerato il numero degli iscritti, il tempo si è ulteriormente ridotto a quattro minuti e qualche secondo; tuttavia non ho voluto rinunciare all'intervento affinché agli atti della Camera resti qualche traccia di quanto avrei voluto dire.


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Le rammento, signor Presidente, che diversi anni fa, in una circostanza simile, un nostro collega simpaticamente ricordò che il Parlamento si chiama così perché è fatto per parlare e non per tacere. Ma tant'è, queste sono le circostanze.
Noi ci siamo impegnati in questa lunga maratona oratoria per tentare di cogliere due obiettivi. Il primo è quello di aprire un confronto con la maggioranza che portasse questa ad aprire spazi di trattativa rispetto al provvedimento al nostro esame. Debbo però constatare che invece vi è stata chiusura netta, nonostante la disponibilità formale manifestata ancora negli ultimi giorni e nelle ultime ore da parte del Presidente del Consiglio e, per esempio, da parte del segretario del partito popolare, onorevole Castagnetti.
Voglio però soffermarmi brevemente su una frase pronunciata dal Presidente del Consiglio ieri mattina, nel corso di un'intervista rilasciata a Radio anch'io: «Se la destra abbandona la sua opposizione pregiudiziale e violenta, siamo pronti a discutere». Onorevole Presidente, passi il termine «pregiudiziale», anche se sbagliato, ma non è possibile accettare che il Presidente del Consiglio dei ministri si rivolga all'opposizione, che sta compiendo il proprio dovere, usando un termine tanto forte. Quale violenza vi è stata in quest'aula? Presidente, lei lo ha riconosciuto: noi abbiamo fatto ricorso a tutti gli strumenti messi a disposizione dal regolamento della Camera dei deputati; ed altrettanto ha fatto la maggioranza, altrettanto ha fatto il Governo. Perché, allora, definire «violenta» l'opposizione del Polo in quest'aula? La parola colpisce ancor di più in quanto non proviene da un capogruppo di una forza politica avversa o dal segretario di un partito avverso, ma proviene dal Presidente del Consiglio dei ministri. Questa è vera ed intollerabile violenza (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor presidente, quest'aula non è sicuramente deputata ad ospitare un seminario di scienza e tecnica dell'informazione televisiva. Pur tuttavia, mi pare abbastanza superficiale non considerare il fatto che, se fosse sufficiente uno spot per far vendere un prodotto, non si spiegherebbe il perché di tanti flop di prodotti, seppur pubblicizzati adeguatamente e con campagne pubblicitarie di notevole spesa. È evidente che il tema non è questo, non può essere soltanto questo. È evidente che, nel momento in cui si parla di parità di accessi ai mezzi di informazione, si nasconde la realtà dei fatti. Questo Governo, questa maggioranza si preoccupano unicamente di licenziare un testo con il quale si penalizzano soltanto alcune grandi reti televisive, dimenticando forse che, nel contempo, si penalizza tutto un insieme di piccole e medie reti televisive che pure svolgono sul territorio un servizio meritorio di informazione per le comunità locali.
La par condicio per legge null'altro è - questo sì - che uno spot e un'utopia, non solo perché non è ipotizzabile che la norma o l'insieme di norme, seppur generali ed astratte che siano, possano di per sé essere rappresentative di una casistica i cui confini tra informazione e propaganda sono molto stretti, con inevitabili e conseguenti sconfinamenti, ma anche e soprattutto perché mi pare di poter dire che a volte deforma più l'informazione resa in modo subdolo, durante alcuni programmi televisivi, rispetto ad uno spot che si sa già in partenza essere di parte. Lo spot, infatti, lancia un messaggio «marchiato», mentre l'informazione subdola riesce a condizionare proprio perché non ha un marchio chiaro di provenienza.
La cultura del divieto che oggi la sinistra propugna è figlia delle contraddizioni che l'attraversano. La sinistra è libertaria quando si tratta di tutelare i valori profondi di una comunità, ma diventa autoritaria e sopraffattrice quando sono in gioco le regole che favoriscono la libera espressione del pensiero. Devo prendere atto che per questa sinistra


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le masse non hanno più una coscienza critica. Temete la forza degli spot quando in realtà l'unico spot che vi ha sul serio danneggiato - perché vi ha fatto conoscere - è la vostra permanenza al Governo del paese. Non saranno certo gli spot a mandarvi a casa: bastate voi - con le vostre suggestioni ed i vostri timori, con una faziosità che non conosce confini - a liquidare un'esperienza politica di Governo che ha legittimato il trasformismo e la compravendita dei parlamentari; quasi che fosse morale acquistare con fondi di dubbia provenienza il consenso di qualche prezzolato eletto e fosse invece immorale acquistare con il denaro assegnato dallo Stato ai partiti un certo numero di spot.
Un ultimo richiamo, infine. La sinistra voleva seppellire con una risata la società borghese, ma oggi teme di essere seppellita da uno spot. Vorrà dire che la risata ce la faremo noi, quando conosceremo i risultati elettorali (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Morselli. Ne ha facoltà.

STEFANO MORSELLI. Signor Presidente, in questi giorni i colleghi hanno abbondantemente sviscerato la materia: serve o non serve la pubblicità? Qual è il modo più consono per fare propaganda?
Oggi l'eccesso di regolamentazione, i vincoli, i divieti sono all'ordine del giorno. Ma a mio avviso, colleghi, stiamo parlando di niente. La gente sceglie, vede centinaia di canali, si serve di parabole, di reti via cavo, di nuove tecnologie; in questo scenario, che vede affacciarsi sulla scena grandi concentrazioni, gli usi, i costumi e le mentalità tendono naturalmente a cambiare. Più che una battaglia pratica, quindi, quella in corso è una grande battaglia di principio e di libertà; una battaglia contro la cultura della prevaricazione, classica della sinistra.
Ieri in nome della libertà e della democrazia non mi facevate parlare in piazza, oggi non volete che si parli in televisione. Sono l'arroganza e la prevaricazione classiche di un modo di pensare e di far politica da parte della sinistra. La sinistra ha sempre avuto paura del confronto, del dibattito ad armi pari. Voi temete la capacità degli esponenti del Polo di interpretare le esigenze ed i cambiamenti della società, temete la preparazione culturale ed imprenditoriale di chi conosce e comprende i cambiamenti epocali della società, di chi - conseguentemente - sa come utilizzare al meglio anche i fondi destinati alla propaganda politica. A voi, colleghi della sinistra, deve essere sempre permesso tutto: la prevaricazione, la menzogna, i comportamenti illiberali, la gestione arrogante del potere, l'occupazione di tutti i posti possibili, le clientele, gli amici prezzolati e le veline di comodo dei giornalisti. Logicamente, a fronte di tutto ciò non vi deve essere un confronto, un dibattito, la libera circolazione delle idee.
Voi siete un po' come l'acqua che tracima. Volete espandervi dappertutto, allagare ogni cosa, sperando di far annegare anche gli uomini e le coscienze libere. Non ce la farete perché siamo vigili e saremo noi a farvi annegare nella vergogna dei vostri comportamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Giovanni Pace. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PACE. Signor Presidente, credo che in quest'aula sia stato detto tutto e il contrario di tutto sulla par condicio. Sono perciò consapevole che il mio intervento, a titolo personale, potrà aggiungere pochissimo alle argomentazioni già svolte dai colleghi in ordine ai sospetti di incostituzionalità della norma, alla libertà di informazione, alla strumentalità di un'iniziativa con la quale, secondo alcuni, la maggioranza vuole raggiungere un indubbio vantaggio sull'opposizione.
Colleghi, ritengo legittimo che una parte politica assuma iniziative finalizzate ad irrobustire la sua presenza nel territorio e nel paese. Non credo però che siano sempre obiettivamente apprezzabili


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iniziative legittime che realizzino, anche contro la volontà di chi le ha poste in essere, un vulnus alla democrazia realizzata, alla Costituzione così come interpretata ed intesa fino a questo momento.
La maggioranza e il Governo sostengono che l'uso dei mezzi radiofonici e televisivi, quando avviene con determinate modalità, invece di informare, disinforma e cioè contribuisce a formare un esito elettorale e politico sull'onda della disinformazione. A questo proposito, ho sentito pronunciare in quest'aula il termine «bugie».
Signor Presidente, la storia che viviamo in quest'aula e nel paese, giorno dopo giorno, nella contrapposizione, è una storia strana perché è scritta molto spesso solo per conseguire vantaggi per la propria parte politica e non sempre per dare risposte agli uomini ed alle donne che vogliono veder risolti i propri problemi, che sono alla ricerca dell'armonia, del vivere con serenità, di quella che una volta si chiamava felicità.
Signor Presidente, a proposito di informazione e disinformazione, mi sia consentito ricordare un fatto che ho vissuto in prima persona e che può essere verificato. Se qualcuno mi dovesse obiettare che non dico la verità, rassegnerei nelle sue mani le mie dimissioni. Si tratta di un evento luttuoso che ha commosso la nazione italiana ed in particolare la mia città, quello nel settembre scorso, quando nel corso di un'esercitazione aerea, due piloti morirono. Uno di questi, il colonnello Cornacchia, era di Chieti e la città partecipò con intensa commozione al grave lutto: la sua famiglia è molto stimata e conosciuta. I funerali furono di Stato e la televisione pubblica (RAI 3) fece le riprese televisive di questa cerimonia così partecipata. Non c'era però nessun rappresentante del Governo né della Commissione difesa.
Come deputato della città, giustamente e doverosamente partecipavo al funerale, anche perché sono amico di quella famiglia. Il giornalista di RAI 3 mi venne vicino e mi disse, alla conclusione della cerimonia: «Onorevole, non c'è nessuno che rappresenti le istituzioni dello Stato in questa occasione, pure essendo un funerale di Stato?». Replicai che doveva essere lui a verificare queste circostanze. Mi rispose che effettivamente, tranne l'onorevole Pace, il quale ovviamente rappresentava se stesso, non c'era nessuno e mi promise che alle 19 avrebbe fatto sfracelli durante la trasmissione del servizio per denunciare il fatto. Alle ore 19, signor Presidente, nel corso del servizio il giornalista disse che aveva presenziato al funerale il presidente della Commissione difesa e tacque la mia presenza. Questa è l'informazione nel nostro paese attraverso il servizio pubblico di cui si serve una sola parte e se ne avvantaggia in maniera subdola!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Ozza. Ne ha facoltà.

EUGENIO OZZA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, seguendo l'esempio dell'onorevole Pace, non farò disquisizioni o formulerò osservazioni, ma mi limiterò soltanto a rilevare come questa legge rappresenti la giustificazione che la maggioranza dà a se stessa per l'esito elettorale delle elezioni europee del giugno scorso. In altri termini, dopo aver perduto le elezioni europee, la maggioranza si chiede le ragioni del risultato negativo, ma avendo poca dimestichezza con l'autocritica - nel senso di riconoscere di aver perso per mancanza di credibilità - insiste sul fatto che il Polo ha vinto perché manda in onda gli spot. Questo è il motivo per cui, a distanza di alcuni mesi, stiamo discutendo questa legge.
Amici e colleghi, gli spot servono al commercio per presentare e vendere i prodotti per cui non si capisce perché si voglia mettere sullo stesso piano per forza un prodotto e un voto, che ha tutt'altra origine e natura. Vi chiedo se la maggioranza con questa legge non offenda l'intelligenza degli italiani. Lo dico perché vietare gli spot significa dire all'opinione pubblica che non è in grado di fare scelte oculate e scelte politiche senza il condizionamento


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della televisione. Agli amici deputati del centrosinistra domando: quanti di voi sono stati eletti grazie anche alla campagna pubblicitaria televisiva? Quasi nessuno, perché l'opinione pubblica sceglie il candidato che si presenta nel singolo collegio oltreché per motivi politici per una serie di altre ragioni: siamo eletti perché la gente ci crede capaci di interpretare i loro bisogni; siamo scelti perché ci ritiene onesti, capaci, intelligenti, seri, credibili; in altre parole non ci vota perché abbiamo fatto lo spot o perché ci siamo presentati in televisione per propagandare questo o quel prodotto! In quest'aula siamo chiamati a responsabilità enormi, ad approvare leggi per l'occupazione, per l'economia, in favore dei diseredati e degli emarginati, non per licenziare leggi liberticide come stiamo facendo in questi giorni!
Agli amici e colleghi della maggioranza ed al Governo chiedo più senso di responsabilità, più dedizione, più impegno nel considerare i bisogni degli italiani. Solo questo modo di agire potrebbe far recuperare i consensi perduti, perciò invito il Governo ad impegnarsi nella ricerca di soluzioni ai problemi ed ai bisogni degli italiani!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Gazzilli. Ne ha facoltà.

MARIO GAZZILLI. Con forza e con profonda convinzione esprimo il mio personale dissenso in ordine alla iniqua legge bavaglio al nostro esame, che già nel corso del dibattito al Senato è sembrata particolarmente odiosa persino ad importanti esponenti della maggioranza, i quali proprio per questo motivo ritennero di prevenire taluni prevedibili ed ovvi argomenti dell'opposizione, incorrendo in un vero e proprio incidente di percorso, se non altro per il noto brocardo latino excusatio non petita accusatio manifesta. Infatti, il senatore Villone ha negato che il provvedimento al nostro esame abbia intenti liberticidi e sia inficiato da illegittimità costituzionale, asserendo addirittura che la materia dovrebbe essere opportunamente regolamentata per assicurare parità di condizioni ed un'equilibrata partecipazione di tutti i cittadini alle scelte fondamentali che investono la vita della collettività.
Per contro, proprio per garantire l'attuazione di basilari principi di eguaglianza e per realizzare compiutamente precetti essenziali per il sistema democratico, è stata rilevata l'illegittimità costituzionale del provvedimento in quanto in contrasto con gli articoli 3, 21, 41 e 48 della Carta fondamentale. Contemporaneamente sono state articolate censure di merito tese a dimostrare che il Governo e la maggioranza che lo sostiene non intendono regolamentare la parità di accesso ai mezzi d'informazione, bensì pretendono semplicemente di imporre la forma di comunicazione e di accesso ad essi più congeniale e più gradita.
Non è un caso che, dopo le elezioni europee, esponenti della maggioranza con grande rabbia e malcelato disappunto abbiano proclamato a gran voce la necessità di arginare l'avanzata del Polo e di precludergli la riconquista del Governo, avvalendosi di qualunque mezzo, ancorché di natura antidemocratica, per il raggiungimento di questo obiettivo.
Questa e non altra è la preoccupante genesi della proposta in argomento ed è una genesi che risulta perfettamente in linea con gli abituali atteggiamenti di una sinistra che ritiene di poter ottenere, ampliare e consolidare il consenso con l'uso politico della giustizia e riducendo la minoranza al silenzio. Perché di questo in fondo si tratta, nonostante la solenne dichiarazione a salvaguardia della più ampia e libera espressione del diritto di informare, in quanto si cerca di introdurre tutta una serie di divieti che non sono necessari per bilanciare i rapporti tra le forze politiche, ma sono, al contrario, in contrasto con i principi del pluralismo e della correttezza dell'informazione.
Questa non è la par ma la impar condicio, il tentativo di perpetuare una discriminazione contro le opposizioni, alle


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quali non è concessa parità di accesso ma è riservato l'esatto contrario, atteso che la televisione di Stato è praticamente asservita alla maggioranza, alla quale vengono accordate innumerevoli possibilità di diffondere il proprio messaggio.
Come ho già detto, il testo licenziato dal Senato è incostituzionale in quanto in contrasto con alcune disposizioni della Carta. Trascurando per brevità le problematiche connesse agli articoli 3, 41 e 48, devo dire che assai evidente mi pare il contrasto con l'articolo 21 della Costituzione, che riconosce a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto o altro mezzo di diffusione, stabilendo altresì il divieto di pubblicazioni a stampa, di spettacoli e di tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.
La libertà delineata dalla legge fondamentale si configura in termini assoluti con riguardo sia ai contenuti sia agli strumenti e non tollera limitazioni di sorta, ad eccezione di quelle desumibili esplicitamente o implicitamente dal dettato normativo. Il limite esplicito è costituito dal buon costume; i limiti impliciti, invece, devono desumersi da altre norme costituzionali che attengono, per esempio, al rispetto della persona o al buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Va comunque osservato che, quando vi sia potenziale collisione fra il diritto di libertà di manifestazione del pensiero e un altro bene o interesse garantito in Costituzione, non potrà mai giustificarsi il sacrificio del primo rispetto al secondo; occorrerà invece, da parte del legislatore o dell'interprete un giudizio di prevalenza del valore in concreto dei due interessi costituzionali che si trovano contrapposti. Tale giudizio dovrà rispettare un unico canone, ancorché di difficile applicazione, ossia quello della ragionevolezza. Ora, non pare che dalla nostra Costituzione possa desumersi il diritto di tutti i partiti di accedere ai mezzi d'informazione a costi contenuti, senza discriminazioni economiche. Per altro verso, essendo garantita dalla legge ordinaria la parità di accesso al mezzo televisivo per la diffusione di spot, non è lecito impedire per la manifestazione del pensiero politico l'uso di uno strumento assolutamente diffuso nella società massmediologica, ossia l'uso del messaggio pubblicitario che è divenuto ormai la forma di comunicazione per eccellenza.
Da tutto il provvedimento al nostro esame trasuda uno sgradevole effluvio di statalismo e di dirigismo, che rivela talora persino profili di irrazionalità. Ma vi è di più: vi è l'opprimente presenza di un sistema che trova le proprie radici nella disinformazione di base che faceva da supporto alla vecchia metodologia comunista nel fare informazione. Siamo di fronte non solo ad un tentativo di impedire gli spot, ma anche ad un disegno assai più vasto volto a monopolizzare il servizio d'informazione con una serie di film, trasmissioni, documentari, interventi culturali o pseudoculturali, in modo tale da poter sostenere che la libertà e il progressismo sono da una parte...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, signori membri del Governo, onorevoli colleghi di questa Camera, è proprio il caso di dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Era cominciata nel 1996, per proposta - che qualcuno riteneva leale e sincera - di questa sinistra e per disponibilità coerente dei rappresentanti dell'opposizione, quella che doveva essere la stagione delle regole, una stagione nella quale nessuno avrebbe dovuto rinunciare alle proprie prerogative (la maggioranza di governare e l'opposizione di controllare) e si sarebbero dovute scrivere delle regole che avrebbero fatto crescere la democrazia in questo paese.
Si erano create nel polo di centrodestra due linee di pensiero: vi erano alcuni che ritenevano che questo invito fosse leale e corretto ed altri i quali ritenevano che dietro di esso si nascondesse la solita manovra di eversione politica. La storia e i fatti hanno dimostrato che i secondi


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avevano ragione. Il Polo per le libertà dai banchi dell'opposizione in momenti determinanti, fondamentali, della vita di questo paese, quando era in gioco anche la credibilità internazionale, non ha fatto venire meno il proprio sostegno per legittimare l'Italia agli occhi dei suoi alleati: abbiamo sostenuto la missione in Albania, abbiamo sostenuto l'intervento in Iugoslavia, abbiamo contribuito ad individuare e votare un Capo dello Stato, eravamo disponibili ad un percorso per le riforme istituzionali. Tutto questo è venuto meno ed è stata smascherata la volontà di quanti elogiano questa opposizione soltanto quando la possono utilizzare per fini politici, allora è santa e saggia, quando invece rappresenta gli interessi del paese, è piazzaiola ed eversiva.
È una logica che non può più essere tollerata, ormai vi siete data, amici della sinistra, la patente di legittimazione: voi e soltanto voi potete riconoscere e mandare in paradiso i buoni e distinguere e mandare all'inferno i cattivi. Questo avete fatto nel 1997 con Bertinotti, che prima era buono, poi è diventato cattivo, adesso può essere utile; così avete fatto con i parlamentari del Polo, che quando erano nel Polo erano eversivi, quando hanno creato l'UDR per sostenervi erano degli appestati ma vi servivano per mantenere la maggioranza e che oggi sono stati omogeneizzati (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Volete fare la stessa cosa con la par condicio, cercando di far passare - ma non vi siete riusciti - una democratica rappresentazione e protesta di popolo come una manifestazione piazzaiola, cercando di far passare un incubo - perché tale si è rivelato - dell'onorevole Castagnetti come un atto eversivo.
Vi voterete questa legge. Mi rivolgo ai colleghi socialisti: come si fa ad andare a colazione con i carnefici della vostra storia e della vostra politica? Abbiate uno scatto di dignità (Proteste)!
Avete disatteso le aspettative di lavoro e di sicurezza di questo paese, avete introdotto il mercimonio nella politica, avete irregimentato la scuola, probabilmente ci toglierete la possibilità di comunicare tramite le televisioni, però, state tranquilli, non ci toglierete la speranza di mandarvi a casa nell'interesse del paese e questo potrete cominciare a percepirlo dalle prossime elezioni (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Stagno d'Alcontres. Ne ha facoltà.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Signor Presidente, il principio sul quale sono fondate le norme contenute nel disegno di legge in esame, secondo le parole attribuite a un maestro della comunicazione politica del calibro del Presidente del Consiglio, è che la politica non si vende come un detersivo. Se ha pronunciato queste parole e se l'italiano, come il latino dell'onorevole Mussi, non è fatto di parole dette a casaccio, chiederei sommessamente al Presidente del Consiglio come si venda la politica. Mi riferisco ovviamente alla comunicazione.
I principi dichiarati dal disegno di legge, oltre a quelli dichiarati - come sembra - dal Presidente del Consiglio, i principi che devono essere assicurati nell'accesso all'informazione e alla comunicazione politica sono l'imparzialità e l'equità. Bene, anche un profano come me, aprendo un manuale di diritto costituzionale, comprende nei primi paragrafi le caratteristiche della norma giuridica. Tra queste, onorevoli colleghi, vi sono la generalità e l'astrattezza. Qualche autore le unisce con un trattino, ma quella del trattino è una polemica che, in fondo, non cambia i contenuti, compresi quelli politici. Ogni riferimento alla ridicola querelle del centrosinistra con il trattino o senza il trattino, in questo caso, è voluto. Generalità e astrattezza, dicevo, delle quali non sto qui a spiegare il significato: norme prive di generalità e astrattezza sono quelle che in dottrina vengono chiamate leggi-fotografia, leggi ad hoc, leggi con un nome ed un cognome scritti sopra. Tuttavia, vi sono leggi deteriori, «le leggine»,


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quelle che, nonostante una parvenza di generalità, di validità erga omnes, ne sono totalmente prive.
Dunque, i colleghi concorderanno senz'altro con me se trovo poco difendibile la tesi di una leggina fondata su principi di imparzialità e di equità. Signor Presidente, questo è il progetto di una leggina. Già il titolo, le prime righe, i principi ed i valori richiamati da queste norme sono incongruenti rispetto a quanto successivamente disposto. Questo Parlamento è il luogo della certezza del diritto, non il luogo dell'illogicità e dello sviamento del potere, naturalmente sotto il profilo legislativo. L'ho detto e lo ribadisco: se così non fosse, tanto varrebbe chiamare la nostra forma di Governo in un altro modo, diverso da democrazia parlamentare. Bisogna chiamare le cose con il proprio nome e mi riferisco a quanto affermato dall'onorevole Mussi; l'imparzialità e l'equità in questo caso c'entrano proprio poco. L'onorevole Mussi ha dichiarato alla stampa che si tratta di una legge di libertà, la sua libertà naturalmente, dei suoi compagni di partito e dei suoi colleghi di Governo; una libertà sempre più ridotta a bramosia, desiderio smodato di potere, in una parola cupiditas.
Colleghi del Polo, per la traduzione vi consiglio di chiedere all'onorevole Mussi, che è un filosofo e conosce le lingue classiche; attenti, però, che così come ha confuso già una volta Plauto con Terenzio, non spacci per virtù un volgare vizio capitale.
Personalmente, dal punto di vista dell'opposizione, renderei questa legge ancora più seria, imparziale ed equa con l'estensione del divieto ai giornali di partito, alle feste di partito, agli uffici di partito. In campagna elettorale non si deve più spendere una lira, così risparmiamo sul finanziamento pubblico e non dei partiti.
Certo, resta aperta la questione RAI, perché il canone deve essere pagato da tutti coloro che possiedono un televisore. Chiedo, quindi, al Governo, in nome dei principi di imparzialità e di equità, un'altra leggina che assicuri all'opposizione gli stessi spazi - e gratuitamente - di cui questa maggioranza polimorfa dispone sui mezzi di comunicazione politica.
Leggendo gli articoli del disegno di legge in discussione, mi è ritornata in mente una vecchia vignetta sulla moglie di Andrej Sakarov. Vi ricordate il fisico premio Nobel per la pace dissidente sovietico? La moglie nel 1975 ritirò il premio al suo posto perché le autorità sovietiche non diedero a Sakarov il permesso di uscire dal paese; circa dieci anni dopo, le autorità sovietiche autorizzarono questa donna a tornare in occidente per operarsi. La vignetta risale a quella data e mostra la moglie di Sakarov con un bavaglio sulla bocca mentre un soldato sovietico, se rammento bene, le tiene un braccio. Per una curiosa coincidenza, l'autore della vignetta era Giorgio Forattini, al quale, tre mesi fa, è toccata la stessa sorte.
Signor Presidente, il bavaglio è lo strumento tipico dei regimi totalitari, quindi se i comunisti usano il bavaglio, il regime comunista è un regime totalitario. Se nel nostro paese un Governo diretto da uomini che si chiamavano comunisti fino a qualche anno fa usa il bavaglio, io sospetto, e sospetto fortemente, che siano cambiati i nomi ma non i metodi, che sono da regime totalitario.
Mi rivolgo al partito di maggioranza relativa in questo Parlamento e al Governo: sapete qual è la parte più triste? Avete creato delle fratture terribili ed avete diviso la società italiana, con la vostra miopia state rischiando di distruggere l'assetto istituzionale del nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Tortoli. Ne ha facoltà.

ROBERTO TORTOLI. Signor Presidente, la nostra preoccupazione nasce dalla constatazione che questo provvedimento non è un semplice disegno di legge, ma un vero e proprio manifesto culturale e politico della sinistra: è il vero e unico programma elettorale della sinistra.


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Caro compagno Veltroni, hai proprio ragione: comunismo e libertà non sono compatibili. Una sinistra che vuole impedire all'opposizione di utilizzare la propaganda televisiva per illustrare ai cittadini i propri programmi politici si inserisce nella peggiore tradizione comunista. Ma noi non ci faremo intimidire e continueremo la nostra battaglia per la difesa della libertà e della democrazia nel nostro paese. Non ci stancheremo di rivolgerci ai cittadini che hanno a cuore la libertà, che sono tanti, molti di più di quanto riteniate; non ci stancheremo di ripetere che il confronto delle idee è il ritmo pulsante di una democrazia. La competizione tra gli schieramenti politici si nutre non solo di idee nuove, ma anche della ricerca incessante di strumenti sempre più moderni di comunicazione.
La reazione dei DS all'utilizzo di nuove tecniche di comunicazione da parte di movimenti politici giovani, privi di una potente e diffusa organizzazione, come quella dell'ex partito comunista italiano, dimostra non solo la natura illiberale della sinistra italiana, ma soprattutto la sua avversione alla modernità. Invece di scagliarsi contro gli spot, fino al punto di proporre una legge antistorica che li proibisce, non solo durante le campagne elettorali, ma di fatto sempre, la sinistra avrebbe potuto accettare la sfida lanciata da Berlusconi e portare così il confronto su un piano più alto e più vantaggioso per la democrazia. Alla sinistra non sarebbero mancati i mezzi per farlo: dispone di un potere nelle università, nell'editoria, nei mezzi di comunicazione di massa e nel mondo dell'arte infinitamente superiore a qualunque altro partito italiano.
Se la sinistra avesse deciso di raccogliere la sfida sul piano della comunicazione, della creatività, dei programmi e delle idee, ne sarebbe derivato un beneficio per tutta la vita politica italiana. Invece di consentire a tutti, attraverso una giusta regolamentazione, di utilizzare la propaganda televisiva, la sinistra ha preferito imboccare la strada dei divieti e delle proibizioni. Ma la legge sulla par condicio è al tempo stesso la manifestazione più evidente della debolezza della sinistra, che è giunta al potere non per meriti propri, ma grazie all'eliminazione per via giudiziaria dei suoi avversari politici. La sinistra ha vinto la partita perché, a un certo punto, tutti i suoi concorrenti sono stati espulsi dal campo di gioco.
Una sinistra sicura di sé, orgogliosa della sua storia, forte delle sue ragioni, consapevole delle proprie possibilità non avrebbe avuto timore di misurarsi sul terreno della moderna comunicazione politica; avrebbe fatto ricorso a tutte le sue risorse culturali, morali e politiche per presentarsi al giudizio degli elettori con il suo volto, le sue idee, le sue proposte. La sinistra, invece, ha avuto paura e, non volendo mettersi alla prova in un terreno che è impietosamente rivelatore, cerca di imporre un divieto che vale per tutti.
In questo modo non si avvede che tutto il confronto si impoverisce e decade a livello del passato, con il rituale delle tribune politiche e di un «cicaleccio» che non interessa più nessuno. Anche qui la scelta non è solo: par condicio sì, par condicio no, ma è una scelta ben più impegnativa tra modernità... (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio.
Prima di dare la parola al collega Luciano Dussin, vorrei fare il punto, che credo sia tendenzialmente definitivo, della situazione. Potranno parlare a titolo personale, utilizzando il tempo di 14 minuti, i colleghi Roscia, Sgarbi e Calderisi, se lo riterranno. Successivamente parleranno, utilizzando il resto del tempo - poi non interverrà più nessuno in assoluto, sia chiaro -, i colleghi Michelini, Gastaldi, Di Comite, Palumbo, Cuccu, Aracu, Fratta Pasini, Filocamo, Sestini, Ricciotti, Marengo e Tarditi.

ELIO VITO. Sgarbi è assente!

PRESIDENTE. Mi hanno detto che ha chiesto di parlare.

ELIO VITO. No!


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, vorrei manifestare la contrarietà sul disegno di legge in esame dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania, perché non ci fidiamo di chi finora ha gestito la televisione pubblica con un sistema totalmente di parte. Osservatori istituzionali hanno attribuito alla Lega forza nord per l'indipendenza della Padania il 2 per cento dei tempi nei telegiornali pubblici, ovvero nei telegiornali della RAI, che continuate a controllare. Con tali premesse è naturale non fidarsi di chi gestisce il servizio pubblico di informazione, ignorando volutamente il principio della pluralità delle espressioni. Pretendiamo pluralità e pari opportunità; pretendiamo la libera partecipazione alla vita politica dei cittadini nel rispetto, però, dei valori e dei riconoscimenti popolari di chi si propone come soggetto politico. Vale a dire: è democratico pretendere il rispetto della formula proporzionale nel gestire i tempi televisivi. È pura utopia, a nostro giudizio, concedere gli stessi spazi a chi rappresenta se stesso e magari il voto della sua cognata e a chi, con i voti ricevuti, rappresenta milioni di cittadini: questa continua ad essere la vostra falsa propaganda e la vostra distruttiva interpretazione della gestione dell'informazione pubblica!
Tutto ciò vuol dire prendere in giro i cittadini e la loro volontà. A nostro giudizio, è giusto dare spazio a chi ha un minimo di credibilità provata dal voto dei cittadini, altrimenti dovremo assistere a tribune elettorali con centinaia di esponenti politici sconosciuti ai più: in questo modo non sarà data ai cittadini alcuna informazione concreta; gli elettori invece necessitano di notizie da chi fa realmente politica e ha realmente un seguito. La vostra proposta è demagogia, è anarchia di parte e non vi sono i presupposti perché chi continua a proporsi in questo modo scriva una legge seria!
Quel 2 per cento di spazi che avete attribuito e continuate ad attribuire alla Lega forza nord per l'indipendenza della Padania grida vendetta! Al riguardo, non abbiamo ancora ottenuto alcun tipo di risposta. Per troppi anni la Lega nord è stata oscurata dal sistema oggi al Governo: abbiamo dovuto lavorare servendoci di volontari, di volantini e di fotocopiatrici; siamo stati sempre oscurati sistematicamente dalle televisioni di Stato e dai giornali asserviti al sistema. Oggi, dieci anni dopo, ci concedete quel 2 per cento di spazio; non è migliorato assolutamente nulla e sono state disattese tutte le rivendicazioni di una pluralità e di una risposta democratica alle esigenze di comunicazione formulate dal nostro movimento rispetto ai 4 milioni di elettori che ci avevano dato fiducia nel 1996.
Per tutte le considerazioni che ho espresso, visto che continuiamo a non fidarci di chi gestisce l'informazione pubblica - come state facendo voi -, manifesteremo contrarietà alla vostra proposta (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Tarditi. Ne ha facoltà.

VITTORIO TARDITI. Signor Presidente, colleghi, il disegno di legge in esame - nel testo approvato dal Senato - rappresenta un attacco grave alla libertà di espressione ed alle prerogative fondamentali dei partiti. Non è compito mio ricordare il ruolo dei partiti; esso è comunque decisivo per un corretto funzionamento di ogni democrazia rappresentativa.
Con il disegno di legge in esame, assistiamo ad una drastica limitazione posta a carico della comunicazione politica radiotelevisiva anche in periodi non elettorali; essa impedisce di fatto ai cittadini di essere informati dal proprio partito e dai propri rappresentanti in Parlamento sui programmi, l'azione politica, le valutazioni e gli orientamenti in ordine ai problemi del paese.


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Oggi il mezzo radiotelevisivo - non nascondiamocelo - ha assunto un rilevo preponderante nell'ambito dei mezzi di comunicazione. Pertanto, il disegno di legge in esame può senza ombra di dubbio essere rapportato a quei provvedimenti illiberali che già nel 1800 e nel 1900 preludevano a gravi limitazioni della libertà, in paesi in cui già esisteva un certo grado di libertà. Per questo motivo, come cittadino di un paese libero, vedo con grande preoccupazione e profonda inquietudine la disinvoltura con la quale i partiti della maggioranza (che è, purtroppo per loro, variopinta) propongono e sostengono restrizioni gravissime della libertà di espressione, sia in un periodo elettorale sia in periodi non elettorali.
Sui temi della libertà, su cui la dice lunga l'articolo 21 della Costituzione, non sono possibili sconti o distrazioni ed è obiettivamente inquietante come le forze di maggioranza si muovano in questa delicata materia. Questo la dice lunga sull'incompletezza e sulla superficialità della revisione ideologica dell'ex PCI, ora DS. Non basta dire oggi, amici dei DS, di aderire all'internazionale socialista; non basta dire, come è stato detto al congresso del Lingotto dal Presidente del Consiglio D'Alema, «avevano ragione loro», i socialisti, per decenni apostrofati come traditori, socialtraditori o socialfascisti. Non basta programmare l'adesione ideale ai principi di libertà in campo economico-politico. Occorre dimostrare tale adesione con i comportamenti concreti, altrimenti questa conversione, peraltro iniziata realmente solo dopo il crollo del muro di Berlino, dimostra ancora una volta di essere un fatto del tutto strumentale.
Ma il vero volto, amici della sinistra, che voi rammostrate ai cittadini è quello che traspare dai vostri giornali: oggi ne ho trovato uno in casella e vi faccio riferimento. Qui si dice: «La destra che allarma»; terza pagina: «Par condicio, l'ultima spiaggia del Cavaliere». Sì, onorevole Novelli, è proprio del suo articolo che sto parlando. Questo articolo è inquietante. L'ultima spiaggia e la destra, che sarebbe illiberale, sono nulla in confronto ai problemi del paese, sono nulla in confronto agli studenti - o a quei giovani che tali si definiscono - che occupano le città, imbrattano i muri, assaltano la polizia. Questa è la situazione inquietante del nostro paese. Sono inquietanti i disoccupati che non hanno avvenire per le loro famiglie, sono inquietanti...

PRESIDENTE. Onorevole Tarditi, deve concludere.

VITTORIO TARDITI. Grazie, Presidente, per la pazienza che dimostra nel concedermi ancora qualche secondo, ma ritenevo di dover affrontare questo passaggio, perché a mio avviso è decisivo per far capire ai cittadini quale sia realmente il progetto di questa maggioranza: soffocare la verità che noi manifestiamo attraverso i mezzi televisivi, per riempire il paese di questi giornali attraverso i quali non si dicono altro che cose non vere (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Michelini. Ne ha facoltà.

ALBERTO MICHELINI. Signor Presidente, ho l'impressione che, come spesso accade in politica, la verità su questo provvedimento in tema di informazione e di propaganda elettorale sia rimasta un po' nell'ombra. La verità va anche cercata sia nelle difficoltà finanziarie delle forze di Governo - parlo del partito di maggioranza relativa - sia nelle loro difficoltà di comunicazione politica, cui fa cenno, Presidente, anche lei, nel suo recentissimo libro sulle due libertà.
Nelle prime pagine di questo libro lei parla delle difficoltà di comunicazione della sinistra, e del PDS in particolare, nei confronti dei suoi elettori. Temo che si sia determinata un'impossibilità di comunicazione, ma la difficoltà cui le fa cenno mi sembra sia sufficiente. Tale difficoltà deriva dal fatto che i DS stanno attraversando una fase di transizione che è difficile spiegare all'opinione pubblica, alla


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vostra opinione pubblica. In questa fase di transizione e nelle difficoltà di comunicazione che, come lei scrive, oggi senz'altro esistono, possiamo trovare una prima spiegazione dell'opposizione agli spot televisivi. Uno spot deve contenere un messaggio semplice, chiaro, fulminante: come può individuarlo un partito che ancora non ha trovato la sua nuova bussola e che, per di più, è alla testa di una coalizione così piena di contraddizioni e di veti incrociati?
Direi che, al di là delle polemiche di questi giorni, bisogna informare adeguatamente i cittadini, facendoli partecipare al processo democratico. Il Governo ritiene di aver fatto un buon uso della propria maggioranza nell'imporre un provvedimento così chiaramente mirato ad una persona, anzi contra personam, o si rende piuttosto conto di aver contribuito ad allargare la frattura ormai purtroppo incolmabile tra un mondo politico sempre più autolesionista ed un paese reale sempre più stanco di bizantinismi, di rissosità e della prepotenza di una classe politica - mi riferisco a tutta la classe politica - sempre più delegittimata?
Al di là dei conflitti tra maggioranza ed opposizione c'è, come dicevo prima, il sacrosanto ed inalienabile diritto del cittadino, sempre più confuso, di essere informato per potere esprimere nel modo migliore il proprio voto. Il voto è la prima regola della democrazia e più informazione significa maggiore partecipazione: la comunicazione televisiva è quella che oggi caratterizza la comunicazione nell'era moderna. Qualsiasi provvedimento che limiti o vizi questa decisione fa tornare indietro - non solo l'Italia, ma l'Europa intera in una forma più sottile e subdola, - al periodo precedente il crollo del muro di Berlino, quando nell'Europa dell'est il popolo non poteva liberamente esprimersi se non in quella che era una vera e propria farsa elettorale.
Quando da parte nostra si parla di provvedimento illiberale - termine che indigna la maggioranza - lo si fa con riferimento a provvedimenti che limitano o viziano la libera espressione del voto. Dobbiamo tutti renderci conto della gravità di questa misura che limita, appanna e incrina il valore della libertà. Personalmente, non parlo di Stato di polizia, di bavagli o di sistema comunista, ma, lo ripeto, di qualcosa di più sottile e forse peggiore concernente il sistema dei valori. Infatti, una società senza valori si trasforma facilmente in un totalitarismo aperto o subdolo come dimostra la storia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Gastaldi. Ne ha facoltà.

LUIGI GASTALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, par condicio è un eufemismo che contrasta con le norme di divieto della pubblicità televisiva contenuta nel provvedimento. Sono passati quasi quattro anni dall'aprile del 1996 in cui vi è stata la vittoria del centrosinistra nelle elezioni politiche e proprio ora, alla vigilia delle elezioni regionali, fissate dal Governo per il 16 aprile, e di quelle politiche del prossimo anno, torna l'urgenza di una regolamentazione. Se alle elezioni per il Parlamento europeo del 13 giugno scorso il risultato fosse stato diverso, non saremmo certamente qui ad esaminare questo disegno di legge. Esso è diventato ora necessario ed urgente solo perché il centrosinistra ha perso quelle elezioni e teme fortemente che il risultato negativo possa ripetersi alle prossime elezioni regionali.
La materia della propaganda elettorale è sicuramente tra le più delicate che il Parlamento deve affrontare, perché si tratta di stabilire le regole del gioco. In quale grande democrazia europea si è mai verificato che le regole del gioco siano state stabilite dalla maggioranza al fine di permettere alla maggioranza stessa, che nel nostro caso si è costituita attraverso congiure di palazzo, di affrontare le elezioni con maggiori possibilità di vittoria?
Le regole del gioco non possono cambiare la partita in corso solo perché fa comodo alla squadra che gioca in casa.
Nel mondo attuale, nel mondo della comunicazione, nel mondo della politica,


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anche «mediatizzata», non ci sono pari condizioni se tutte le forze politiche non possono informare tutti i cittadini che le possono scegliere e non ci sono pari condizioni soprattutto se a tutti i votanti non si dà la possibilità di conoscere le posizioni ed i programmi di tutte le forze politiche in campo, se non si dà ai cittadini la possibilità di decidere di votare con la propria testa, senza quella tutela paternalistica dell'elettore che è propria di quei sistemi che pensano di poter gestire anche la coscienza dell'individuo, nel presupposto che i cittadini, titolari della sovranità popolare, si trovino in condizioni di minorità ed abbiamo bisogno di essere tutelati dalle aggressioni del libero pensiero. Questo significa par condicio, le cui regole attuative devono essere unanimemente condivise.
Il primo motivo della nostra contrarietà al disegno di legge in esame è rappresentato dal fatto che il Governo non può essere considerato terzo agli effetti della ripartizione dei tempi, essendo la massima espressione della maggioranza. D'altra parte, rifacendoci alle rilevazioni dell'osservatorio dell'università di Pavia, nei primi mesi del 1999 il tempo destinato ad informare sulle attività e sulle posizioni politiche dei partiti della maggioranza e di governo è stato complessivamente di 5 mila 24 minuti, contro i 1547 riservati all'opposizione. Se poi consideriamo che un minuto su RAI1 non è uguale ad un minuto su Rete4, perché il rapporto di audience è di dieci a uno, emerge che il rapporto effettivo di comunicazione tra la maggioranza e l'opposizione non è di tre a uno, come rileva l'Osservatorio di Pavia, bensì di sette a uno, determinando una predominanza comunicativa che contravviene al rispetto dei diritti della minoranza e dell'opposizione.
Poiché la comunicazione elettorale fa parte delle regole fondamentali della democrazia, non è conforme al principio di uguaglianza riservare gli spazi di espressione senza considerare che con l'attuale sistema maggioritario una coalizione ha tanti spazi quanti sono i partiti o partitini che la compongono e che, dunque, sono premiate le moltiplicazioni dei partiti, come nel caso dell'attuale maggioranza, costituita da otto a undici partiti a seconda dei casi, in danno a coalizioni coese come il Polo, che ne conta tre.
Chiedo alla Presidenza di voler autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di alcune considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, onorevole Gastaldi.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Di Comite. Ne ha facoltà.

FRANCESCO DI COMITE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge sulla cosiddetta par condicio è l'ennesima prova che questo Governo e questa maggioranza non sopportano di avere competitori nell'agone politico. Per essi l'opposizione dovrebbe essere silenziosa o, meglio, silenziata ed esistere soltanto al fine di legittimare apparentemente l'amministrazione sinistrorsa del paese. Del resto, questa sinistra ha già dimostrato storicamente e in nazioni meno fortunate dell'Italia di possedere un DNA liberticida e degno dei regimi che ha imposto.
Peraltro, la par condicio giunge alla luce dopo parti plurigemellari di decreti-legge disclipinanti la stessa materia ed egualmente restrittivi. Eppure, una legge regolante l'accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali esiste ed è la legge 10 dicembre 1993, n. 515. Si obietterà che necessita di ulteriori correttivi ed anche questo è falso: essa necessita soltanto di essere applicata, rigidamente ma applicata. Invece, il Governo preferisce un nuovo parto legislativo, me ne rendo conto. Esso è dettato da ulteriori necessità: imbavagliare l'opposizione, impedirle di far conoscere idee nuove e programmi certi ai cittadini, vietarle di dimostrarsi unita e coesa rispetto ad una maggioranza di Governo che potrebbe al massimo presentare divisioni e lotte, programmi contraddittori e incapacità genetiche.
Il disegno di legge in questione si presta ad una serie infinita di obiezioni,


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dal punto di vista sia tecnico sia di merito, ed è assolutamente inadeguato alle capacità tecniche di cotanto ispiratore, il Governo. Infatti, esso confligge con gli articoli 3, 22 e 41 della Costituzione. Il testo approvato dal Governo, elaborato in fretta e furia nel mese di agosto dello scorso anno, è incostituzionale poiché vieta innanzitutto la libera manifestazione del pensiero e contrasta con i principi basilari della democrazia. Esso incide, inoltre, sulla libertà di espressione e comunicazione, sul diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. Vieppiù, lo stesso testo governativo anche per quanto attiene ai referendum dimostra di aver dimenticato che nel 1995 la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale il divieto di spot contenuto nel decreto del Governo Dini, a seguito del ricorso per conflitto di attribuzioni presentato dal comitato promotore dei referendum radicali svoltisi nel giugno 1995. In tale occasione la Corte, che poteva solo pronunciarsi sulla materia referendaria non essendo stata investita del resto, non mancò di dare indicazioni di carattere generale, evidentemente tenute in dispregio dall'attuale testo governativo. Essa parlò, infatti, di eccessività, incongruità e di irragionevole sproporzione della misura tendente ad imporre il silenzio sulle iniziative delle diverse parti politiche.
Tralascerò, tuttavia, ulteriori aspetti tecnici che, peraltro, sono noti proprio perché questo testo arrogante non se ne cura, essendo indirizzato, nel merito - ed è ciò che conta - a neutralizzare l'opposizione ed il suo leader e a vietare in sostanza gli spot elettorali. Tutto ciò non sta bene a questa maggioranza perché non ha nulla da mostrare o, forse crede, secondo un antico convincimento, che il popolo bue, in assenza di una specifica preparazione politica, non debba conoscere altro se non la disciplina e le indicazioni del partito.
Questo Governo, al fine di giustificare tale abnormità legislativa, ne ha inventate di tutti i colori diffondendo notizie false e producendosi in una serie di inganni.
Ho già detto che esiste una legge che regola la stessa materia; aggiungerò che non è vero - come è sostenuto dal Governo - che il divieto di spot sia in vigore nella maggioranza nei paesi europei.
Diciamoci la verità, cari colleghi, e diciamola ai cittadini: il disegno di legge che oggi discutiamo non è altro che una ritorsione nei confronti dell'opposizione e del suo leader, Silvio Berlusconi, reo di non aver vinto le ultime consultazioni elettorali.
Chiedo alla Presidenza di voler autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di alcune considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, onorevole Di Comite.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Palumbo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, prima di iniziare vorrei ringraziarla per la stima che lei ha sempre dimostrato nei confronti della mia professione di medico. Ma se dovessi esercitare a tempo pieno l'attività nei confronti di questa Assemblea, come lei mi ha detto di fare per l'onorevole Vito, penso che sarei oberato di lavoro da parte sia della maggioranza sia dell'opposizione, come lei più volte ha evidenziato.
Entro ora in argomento. In una democrazia, il diritto di informare e di essere informati è, a mio avviso, un principio fondamentale che non può essere violato da alcuno.
Come già molti hanno detto, la stessa Costituzione all'articolo 21, comma 1, pur non menzionando tale diritto nei principi fondamentali afferma...

PRESIDENTE. Per cortesia, onorevole Palumbo, può avvicinarsi al microfono?

GIUSEPPE PALUMBO. Certamente, Presidente.
Dicevo che la stessa Costituzione afferma, nella parte relativa ai diritti e ai


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doveri dei cittadini, che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione. Pertanto, anche se non viene citato direttamente il mezzo radiotelevisivo - perché evidentemente quando la Carta costituzionale fu redatta non esisteva -, è ovvio che anche con questo mezzo si ha il diritto di affermare liberamente il proprio pensiero.
Vietare l'informazione e gli spot elettorali costituisce senz'altro la violazione di un diritto soggettivo del cittadino.
Mi sembra altamente ingiusto eliminare gli spot televisivi, poiché - come è stato detto - sarebbero lo strumento principale del Polo in televisione per fare in modo che lo strumento principale diventino i telegiornali, in cui predomina senz'altro la maggioranza che è al Governo e in cui le opposizioni sono spesso relegate in una posizione subordinata o sono pressoché escluse.
Nello sforzo di trovare argomenti nobili per mascherare questa verità, che nobile non è affatto, i vari esponenti della maggioranza, tra cui anche il ministro Cardinale, hanno detto che gli spot sono buoni solamente per reclamizzare i detersivi, facendo presente anche che vi è una sentenza della Corte costituzionale che avrebbe riconosciuto la legittimità del divieto di spot perché preserva l'elettore dalla suggestione di messaggi brevi e non motivati. La Corte costituzionale e il ministro probabilmente vorrebbero consentire soltanto i messaggi lunghi. Vogliono forse abolire gli slogan perché, come recita la sentenza della Corte, sono brevi e non motivati; vogliono forse abolire anche i manifesti e i manifestini a stampa riproducenti facce e faccioni di tutti i candidati al Parlamento o alle elezioni locali recanti spesso slogan banalissimi o soltanto l'indicazione dei nomi? Non costituiscono anche questi manifesti una forma vile, elementarissima e superficiale, non motivata e, perfino, volgare di propaganda? Vogliamo vietare anche questi manifesti e manifestini con il pretesto di proteggere una dignità superiore della politica? Con la scusa della brevità e della non motivazione potremmo vietare quasi tutte le forme di propaganda politica dirette alle masse. La verità è invece che ogni forma di propaganda, anche la più elementare, la più brutta e la più sgradevole, può favorire il dibattito politico, perfino grazie alla sua sgradevolezza.
Il pubblico degli elettori, secondo il mio modo di vedere - sto concludendo, Presidente -, giudicherà la propaganda politica in modo positivo o negativo proprio perché è in grado di valutare, pensare e criticare molto meglio di quanto tanti altri suppongono.
Vorrei terminare riferendo solo un episodio di par condicio accaduto a me personalmente due settimane fa a Catania. Avendo istituito nella clinica che ho l'onore di dirigere un servizio nuovissimo per il prelievo del sangue funicolare a fini di prevenzione e per la cura soprattutto delle leucemie dei bambini, il primo in Sicilia, era programmato in quella clinica un servizio di RAI3, a cui i colleghi che lavorano nel mio ospedale avevano detto che avrebbero gradito, fosse presente quando si sarebbe girato quel servizio, anche il professor Palumbo. Ebbene, nel momento in cui alla RAI3 regionale è stato detto che sarei stato presente anch'io, il servizio, carissimo Presidente, non è stato più realizzato. Questa è la par condicio che si vorrebbe attuare in questa nazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Cuccu. Ne ha facoltà.

PAOLO CUCCU. Signor Presidente, posso chiederle, per gentilezza, per quanti minuti posso parlare?

PRESIDENTE. Per quattro minuti e cinque secondi.

PAOLO CUCCU. Le chiedo la cortesia di avvisarmi venti secondi prima della scadenza del tempo.

PRESIDENTE. Lo faccio sempre.


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PAOLO CUCCU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori ministri e sottosegretari - qualora interessati -, diversi anni fa, in occasione del rinnovo di un contratto dei medici ospedalieri, l'allora ministro della sanità, il compianto onorevole Donat-Cattin, in considerazione degli scarsi stanziamenti destinati a quel settore, ebbe a dire: «Cari amici, si tratta semplicemente di becchime per polli». Questo, signor Presidente, sono i minuti concessi a noi parlamentari dell'opposizione: semplicemente becchime per polli. Noi, però, non vogliamo essere tali.
Questo - lo ha ricordato poco fa un deputato di Alleanza nazionale - è il Parlamento della Repubblica italiana, il luogo in cui si deve parlare, nel quale si debbono esprimere le opinioni, i pensieri e le idee; però, signor Presidente, debbono parlare tutti, specie in occasione di provvedimenti così importanti, che riguardano le libertà di tutti i cittadini italiani ed è inutile che si levino delle proteste assurde.
Ci troviamo comunque ad esaminare un provvedimento che da più parti viene descritto come indispensabile per colmare una grave anomalia italiana. Ebbene, sarebbe opportuno valutare a fondo, ma con molta serietà, le diverse realtà europee per poter discutere serenamente di questo progetto di legge.
In Italia la televisione pubblica che - giova ricordarlo sempre - percepisce un consistente contributo, pagato da tutti i cittadini, di tutte le opinioni politiche, è praticamente la televisione del Governo e della maggioranza che lo sostiene che, come dimostrano tutti i dati, ricordati anche in quest'aula da vari colleghi, riserva uno spazio del tutto irrisorio alle opposizioni, penalizzando così tutti coloro che non condividono le idee né i programmi della sinistra, i quali non possono conoscere le nostre proposte.
Indipendentemente però dai dati forniti sia dalla Presidenza della Camera che dagli onorevoli relatori, c'è da fare una considerazione. Basta avere in mano il telecomando di un televisore qualsiasi. Ebbene, a me personalmente è capitato, guardando in televisione il primo canale della RAI, di vedere il Presidente del Consiglio, l'onorevole Massimo D'Alema. Non avendo molta voglia di seguirlo, ho cambiato canale. Sul secondo canale c'era l'onorevole Veltroni. Signori, sono passato al terzo: altri esponenti della sinistra. Ho avuto allora l'imprudenza di passare ad una rete Mediaset e vi dico che c'era ancora un esponente della sinistra che conduceva la discussione. Indipendentemente dai numeri fornitici, la realtà è questa e chi vuole ancora protestare può farlo; se ha onestà di coscienza, si renderà conto che non sto dicendo cose banali e non vere. Tutti i giornali, d'altra parte, sono orientati politicamente in una certa direzione che, nel 90 per cento dei casi, stranamente, non è quella di centrodestra.
Purtroppo, mi avvio a conclusione per motivi tecnici relativi alle limitazioni di tempo. Nonostante il fatto che non riusciamo a parlare, che abbiamo difficoltà ad esprimere le nostre idee, una cosa è certa: gli italiani sanno scegliere, non hanno bisogno, spesso e volentieri, di grandi parole. Anche i messaggi semplici, che comunque riusciremo a far arrivare agli italiani, saranno tali da impedire al futuro pullman... (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cuccu.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Aracu. Ne ha facoltà.

SABATINO ARACU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorremmo comprendere la realtà del provvedimento in esame applicando una regola che non è scritta da nessuna parte ma che credo sia la più importante non solo per fare politica, ma nella vita in generale: la regola del buon senso.
Quando si compie un'azione bisognerebbe sempre domandarsi: perché non farla? Oggi io domando: perché non bisogna inviare messaggi alla gente attraverso le televisioni? Esiste un motivo particolare? Se non c'è, o se addirittura si ritiene che tali messaggi possano aiutare, mandiamoli.


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La realtà, caro Presidente e cari colleghi, è che si vuole condizionare la campagna elettorale solo attraverso certi strumenti. Non ne faccio un discorso di opposizione di centrodestra, perché vietare gli spot significa mettere un bavaglio all'opposizione, oggi di centrodestra, mi auguro presto di sinistra. Inviare messaggi è una garanzia per tutti. La realtà, invece, è che, anzitutto, si vuole la par condicio solo per le televisioni, divisa fra cento «partitini» che, guarda caso, non sono nel centrodestra ma nella sinistra, nell'alleanza di Governo, il che significa dare più voce a sinistra che non a destra.
L'aspetto più importante, però, è che la par condicio non si applica ai giornali; di conseguenza, la campagna elettorale sarà condizionata da questi ultimi, la maggioranza dei quali, notoriamente, sta con il potere, attualmente con la sinistra. La verità è che la mattina, nel nostro paese, quando vedremo in televisione la rassegna stampa, al di fuori della par condicio, saranno i titoli dei diversi giornali a fare politica anche in televisione. La verità è che l'altro strumento di propaganda saranno i sindacati confederali, come la CGIL, che, senza dire niente a nessuno, spendono 3 mila miliardi l'anno per fare campagna elettorale. Ecco perché non si vedono i bilanci: invece di usarli per i lavoratori, vengono impiegati per fare campagna elettorale a favore della sinistra.
Sono queste le realtà del paese che dobbiamo far capire alla gente. Vi è uno sbilanciamento totale, altro che par condicio! È una vergogna, Presidente, è una vergogna, colleghi, che ancora si accettino queste cose.
Cosa significa nel nostro paese la par condicio? Applichiamola per tutti, anche per i giornali. Perché i giornali non rappresentano una voce e le televisioni sì? Chi stabilisce quale sia la voce che «penetra» di più nella popolazione? Il Governo attuale?
Chi stabilisce che qualsiasi messaggio arrivi entra nelle teste dei cittadini italiani? Il Governo attuale? Il Governo attuale pensa che gli italiani siano 50-60 milioni di idioti che accettano qualsiasi cosa diciamo loro? Questa è la paura! La verità è che questo paese lo si vuole portare a spasso per le orecchie, signor Presidente, e noi dobbiamo reagire. Vogliamo la par condicio? In conclusione, vi dico provocatoriamente, da uomo di sport: siamo stanchi di vedere il calcio tutte le sere in televisione.
Vogliamo vedere tutti gli sport: quale par condicio vi è altrimenti? Anche nello sport vogliamo la par condicio, in modo che in televisione si possa seguire nella stessa maniera sia il calcio sia il tennis da tavolo sia il tamburello (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Fratta Pasini. Ne ha facoltà.

PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor Presidente, sono uno dei parlamentari del gruppo di Forza Italia che sarebbe voluto intervenire su questo provvedimento nel merito degli emendamenti e dell'articolato; purtroppo, però, con il contingentamento dei tempi, questo non sarà possibile.
Credo comunque - a parte questa denuncia - che sia chiaro il significato dei nostri interventi in questo dibattito: il «no» di ognuno di noi ad un provvedimento come quello proposto dal Governo e dalla maggioranza, che limita gravemente la libertà di informazione, è una precisa assunzione di responsabilità politica anche di fronte al paese.
Signor Presidente, oggi si tenta, con un provvedimento antistorico e illiberale, di eliminare - non certo di regolamentare - la propaganda politica nel mezzo televisivo. Se vi è un aspetto sconcertante nell'atteggiamento della maggioranza e del Governo, è il tentativo di banalizzare questo problema, con il contingentamento dei tempi e con l'atteggiamento che abbiamo registrato in questi giorni in aula, di far passare questa legge quasi come un provvedimento di ordinaria amministrazione.
Colleghi, sulle regole - lo ha detto tante volte lo stesso Presidente del Consiglio


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- non dovrebbero valere logiche di schieramento né colpi di maggioranza; le regole sono un patrimonio comune di tutti i concorrenti. Ma le regole in materia di spot, in materia di par condicio, esistono già e non le abbiamo volute noi: sono regole nate sotto l'impulso e con il consenso dei partiti dell'attuale maggioranza; sono regole già restrittive, che assolutamente riducono, fino a sopprimerlo proprio in campagna elettorale, il tempo a disposizione per comunicare con gli spot programmi, messaggi e anche i volti dei candidati.
Signor Presidente, colleghi, oggi queste regole vengono cambiate nel senso del proibizionismo totale. Quella che state facendo è una scelta antistorica, anticostituzionale e soprattutto antidemocratica! Nessun legislatore oggi, fortunatamente, riuscirà però a limitare la circolazione delle idee; come nessun legislatore del passato è mai riuscito a bloccare la domanda di libertà dei popoli, che è prima di tutto libertà di espressione e che costituisce un punto cardine nella nostra Costituzione, come tutte le più alte e più nobili dichiarazioni internazionali: dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo alla Carta delle Nazioni Unite!
Ciò che stiamo discutendo è un tentativo di cambiare le regole del gioco a partita già iniziata e da parte di uno solo dei due contendenti: nelle democrazie mature europee (alle quali tanto spesso, e soprattutto tanto impropriamente, si fa riferimento) la minoranza è considerata un valore essenziale per il funzionamento del sistema democratico e, come tale, gode di tutele particolari! Invece, questo provvedimento contiene norme in dispregio totale delle prerogative della minoranza, di qualsiasi minoranza vi sia al momento nel nostro paese.
Senza gli spot la presenza in minuti sulle reti televisive nazionali, pubbliche e private, di cui dispone la maggioranza è oltre il triplo di quella dell'opposizione; ma, in realtà, questo è un calcolo approssimativo: non si può, infatti, paragonare la presenza di un minuto al TG1 delle ore 20, che è seguito da 7-8 milioni di telespettatori, alla presenza di un minuto sul TG4, che avrà soltanto 1 milione di telespettatori. Se facciamo questo calcolo un po' più sofisticato, considerando anche l'ascolto di singoli programmi, constateremo che la situazione è ancora più grave: lo spazio dell'opposizione è pari soltanto ad un settimo di quello della maggioranza!
Signor Presidente, onorevoli colleghi, un voto alla Camera che riduca la libertà di espressione sarebbe quindi una sconfitta per il nostro Parlamento; una sconfitta per la democrazia e una sconfitta per ciascuno di noi. Spero che nessun calcolo, nessuna malintesa lealtà di schieramento, vi induca a compiere un passo così grave e a creare un precedente tanto serio e tanto pericoloso (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia) ...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Filocamo (Commenti). Ne ha facoltà.

GIOVANNI FILOCAMO. Signor Presidente (Applausi polemici dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo - Si ride), i cittadini calabresi...

PAOLO PALMA. Presenti!

GIOVANNI FILOCAMO. ...e del territorio ionico, reggino, che mi hanno dato l'onore di rappresentarli in Parlamento, mi chiedono come mai, di fronte ad una disoccupazione giovanile galoppante che ha superato il 70 per cento...

Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo: Assassini!

GIOVANNI FILOCAMO. Tu sei un assassino della libertà (Si ride)!
Come mai di fronte ad un livello di disoccupazione che nella nostra zona ha superato il 70 per cento e di fronte alla mancanza di strutture e di infrastrutture e al degrado socio-economico e dell'ordine pubblico, noi siamo qui ad interessarci di una legge inutile e liberticida? Essa è


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inutile perché esiste la legge sulla pubblicità elettorale ed è liberticida perché non adotta le regole che come tali dovrebbero essere uguali per tutti e condivise da tutti, ma vieta ad una parte politica, cioè all'opposizione, la libertà di parlare sancita dalla Costituzione, la libertà di diffondere cioè il proprio pensiero con il mezzo radiotelevisivo. Tale divieto riguarda in modo particolare il mezzo radiotelevisivo privato che è il più obiettivo e che noi non paghiamo, mentre la televisione cosiddetta pubblica è una televisione Kabul, cioè una televisione sovietica che mistifica e riporta soltanto quello che dicono la maggioranza e il Governo.
Se avete seguito in questi giorni la protervia e le sciocchezze che dicono il signor Presidente del Consiglio e i signori della maggioranza (mi limito per adesso soltanto a chiamarli signori: è già un onore per loro), avrete riscontrato che sono veramente incredibili!
Il Presidente del Consiglio parla soltanto di Haider, che io non so chi sia (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo), ma che comunque ha preso il 27 per cento dei voti in Austria, mentre qui abbiamo uno che prende il 17 per cento ed è Presidente del Consiglio dello Stato italiano. È una vergogna «considerare» Presidente del Consiglio un signore che proviene geneticamente dal partito comunista sovietico e ha la spudoratezza di chiamare altri dittatori (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!

MARIO LANDOLFI. Ha ragione!

GIOVANNI FILOCAMO. Si è persino permesso di offendere il capo di una opposizione, cioè Bossi, il quale fino ad un mese fa, fino a ieri, era la costola della sinistra. Adesso anche lui sarebbe un nazista! Questo siete voi! Voi fate la mistificazione della realtà! Ed allora, cosa dovremmo dire noi italiani (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo) che abbiamo un Governo in cui i comunisti, quelli che si chiamano comunisti, governano l'Italia?
Il muro di Berlino (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)...

PRESIDENTE. Grazie.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Sestini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FILOCAMO. Mi poteva avvisare, prima di togliermi la parola.

PRESIDENTE. Onorevole Sestini, dovrebbe cominciare il suo intervento.

GRAZIA SESTINI. Non volevo togliere la parola al collega.
Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, credo che la discussione su questo provvedimento si inserisca in un dibattito più ampio sulle libertà.
Io stessa, da poco in Parlamento, ho combattuto in quest'aula per una libertà importante qual è la libertà all'educazione. Quindi, credo che anche questa si inserisca nel medesimo discorso della libertà perché qui trattiamo di libertà di scelta e di libertà di accesso ad uno strumento.
Se è vero che la sinistra non considera così importante il mezzo televisivo, perché allora arroccarsi nella difesa di una legge che comunque, anche se lo dirò con toni diversi rispetto al collega che mi ha preceduto, considero anch'io certamente una scelta liberticida? Un autorevole esponente del partito popolare, la settimana scorsa, in quest'aula, ha detto che senza questa par condicio si andrebbe verso un imbarbarimento della politica: attenzione, non possiamo trattare i cittadini italiani ed i nostri elettori da barbari. Cosa vuol dire imbarbarimento della politica? Significa forse che vi è qualcuno che detta legge, magari con la violenza, ed altri che ascoltano? Vuol dire forse che non abbiamo fiducia che i nostri concittadini siano in grado, non solo di scegliere che programma guardare, ma anche di avere opinioni politiche?
Questa mattina, sono rimasta molto perplessa leggendo un'intervista rilasciata dal sottosegretario Vita a Famiglia Cristiana


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(devo dire, per correttezza, che la rivista ha rispettato un principio di par condicio, perché ha riservato uno spazio anche al senatore La Loggia); nell'intervista, il sottosegretario Vita afferma una cosa a mio avviso gravissima. Dichiara infatti: nel 1994, alle ultime consultazioni europee, il bombardamento di spot elettorali da parte di chi aveva i soldi per permetterseli ha prodotto i risultati che sappiamo; quando invece la competizione elettorale si è svolta in modo equo, l'esito è stato molto più equilibrato.
Chiedo allora: cosa vuol dire che la competizione elettorale si è svolta in modo equo? Cosa significa, sottosegretario Vita, che il risultato è stato equilibrato? Chi lo decide che il risultato elettorale è equilibrato? Il risultato elettorale è equilibrato perché lo vogliono i cittadini, non perché lei o il Governo, decide se lo è o meno (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Aggiungo due ultime considerazioni. In primo luogo, dato che provengo da una terra dove la sinistra è sempre stata all'avanguardia, non capisco questa paura delle nuove tecnologie, questa paura che altri possano liberamente usare determinati strumenti. Ho imparato la libertà nell'uso degli strumenti anche da insegnanti di sinistra: non dovete averne paura! Dato che provengo, ripeto, da una terra di sinistra, ritengo che, poiché le vostre macchine elettorali, i vostri apparati di partito stanno scricchiolando, dovete impossessarvi di altri mezzi, che sono più difficili da conquistare!
Infine, signor Presidente, come ultima considerazione, osservo che, a mio avviso, questo dibattito deve essere ricondotto, per quanto sarà possibile, sui binari del confronto, ma non mi sembra che vi siano le condizioni. Perché chiediamo il criterio della proporzionalità? Non perché vogliamo azzittire i partiti più piccoli, non perché non abbiamo rispetto delle opinioni altrui, ma perché siamo convinti, da persone democratiche, che le regole vadano date e che ne esista in questo paese una grande, quella della rappresentatività, che i cittadini ci conferiscono (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Ricciotti. Ne ha facoltà.

PAOLO RICCIOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è uno dei settori per i quali si discute complessivamente su quella che dovrebbe essere, sia oggi sia domani, una regola comune per il gioco democratico, in un mercato che sta divenendo sempre più globalizzato: un mercato che vede i meccanismi della socialità in continuo arretramento e la competizione economica come attore primario del nuovo sistema.
Chi conosce la legislazione degli Stati Uniti sa perfettamente che gli spot elettorali non hanno mai cambiato il risultato elettorale: sappiamo che in quel paese, che ha una tradizione democratica molto più antica della nostra, è possibile, anche per competitor fuori dai blocchi egemoni dei democratici e dei repubblicani, costruire le condizioni per una presenza, chiaramente con un sistema finanziato esclusivamente dai cittadini. Un altro esempio è costituito dall'utilizzazione di Internet nelle elezioni che si sono tenute in Germania, dove la competizione elettorale si è spostata anche nello scontro Schroeder-Kohl. Tale riflessione ci fa comprendere che il provvedimento che stiamo per approvare è una mistificazione complessiva del dibattito politico.
Nell'ampio dibattito che si è svolto, abbiamo cercato concretamente di fare comprendere cosa significhi difendere la libertà di informazione: come fa un cittadino che non è collegato alle realtà sociali esistenti nel nostro paese ad avere una comunicazione corretta e a farsi una propria idea? Ciò è impossibile, se si elimina una delle poche possibilità dirette di comunicazione politica, esistente dal 1994 al 1999, vale a dire un sistema che superava i partiti pesanti, colpiti da Tangentopoli, e superando quel modello di partito, consentiva una comunicazione diretta


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tra cittadino elettore e partiti politici.
In Italia si vuole bloccare tutto ciò e si tenta di farlo in maniera difforme rispetto ad altri paesi; è inutile citare i paesi dell'Unione europea che non usano tale tipo di sistema, è utile invece citare quelli che considerano realmente il sistema pubblico una situazione di par condicio. In altri paesi non esistono televisioni pubbliche strumentalizzate in questo modo dalle maggioranze governative.
Vi è poi un'altra grande riflessione collegata all'informazione; mi riferisco al modo in cui i sistemi informativi modificano le intenzioni e le scelte delle persone. In Austria, in questi giorni, il leader dei liberali viene attaccato perché accusato di razzismo e xenofobia; condivido tale attacco, ma mi chiedo come mai l'Unione europea non predisponga, come affermano eminenti giornali cattolici, anche una censura netta e forte per tutti i Governi nei quali vi è una presenza comunista. Il dibattito politico si incentra e si divide sui postideologismi proprio dove non si è ancora affrontato il problema del comunismo, come nel nostro paese.
Allora, la «legge bavaglio» è un altro atto illiberale, che riguarda la rivoluzione dell'informazione e delle telecomunicazioni, che inevitabilmente - come è accaduto nel 1994 quando si pensava che la rivoluzione giudiziaria modificasse il rapporto tra elettori e postcomunisti - non cambierà le idee a tutti quegli elettori che non si fidano dei postcomunisti (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Marengo. Ne ha facoltà.

LUCIO MARENGO. Signor Presidente, nella giornata di ieri, lei ha inteso deliziarci con dati statistici sui documenti di sindacato ispettivo, al 50 per cento dei quali lei sostiene sia stata data una risposta. È vero, signor Presidente, ma del 50 per cento a cui lei fa riferimento, il 40 per cento è costituito da atti di sindacato ispettivo della maggioranza e solo il 10 per cento da quelli dell'opposizione. Come se non bastasse, signor Presidente, a lei, che ci vuole far credere di essere il garante della par condicio in quest'aula, desidero segnalare le risposte vergognose che vengono propinate ai parlamentari, umiliando la dignità del diritto di sindacato ispettivo. Mi riferisco alla risposta fornita nella giornata di ieri, in VI Commissione, da un sottosegretario per le finanze in merito ad una questione da me sollevata: in occasione della festa dell'Unità tenuta lo scorso anno a Roma da giugno a settembre è stata messa in funzione una «sala Bingo» - gioco vietato dalla legge in Italia - con la quale i gestori della manifestazione hanno incassato oltre 2 miliardi. Il sottosegretario, a distanza di dieci mesi, essendogli stato anticipato che vi erano state verbalizzazioni della Guardia di finanza, ha ritenuto di poterci dire che le indagini sono in corso: ciò è umiliante per noi. Signor Presidente. Le esterno questo nostro sentimento...

PRESIDENTE. Onorevole Marengo, mi scusi. Colleghi, per piacere. Onorevole Massa.

LUCIO MARENGO. Signor Presidente, noi chiediamo il rispetto delle regole. Vogliamo risposte serie nei contenuti; vogliamo che la dignità del parlamentare non continui ad essere calpestata, così come avviene grazie a funzionari dei Ministeri compiacenti o a consulenti nominati dal Governo e superpagati a 450 milioni l'anno per sette anni.
Signor Presidente, visto che questa legge parla, o vorrebbe parlare, di par condicio, le faccio alcuni esempi: il TG3 della Puglia, della televisione di Stato, meglio detto «Tele-Bargone», ha ricevuto dal presidente del comitato di vigilanza sui servizi televisivi il richiamo al rispetto delle regole, perché l'atteggiamento vergognosamente fazioso del TG3 della Puglia è proiettato a sinistra, soprattutto nella prospettiva di tempesta, che ormai si sente nell'aria, che il Polo possa vincere le prossime elezioni.


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Come fare allora a creare un impedimento? Si predispone una legge finalizzata ad imbavagliare la voce libera dell'opposizione. Se non fosse stato per le libere emittenti private, non avremmo scoperto la vicenda relativa all'operazione Arcobaleno, la vergogna di questo Governo, che ha cercato di coprire le malefatte ed i responsabili, parte dei quali sono rinchiusi nelle carceri di Bari.
Signor Presidente, come si può parlare di par condicio, quando c'è disparità di trattamento in Parlamento, quando parte della stampa è asservita, quando nei TG regionali, che sono quelli che proiettano sul territorio l'attività dei parlamentari, noi non riusciamo ad essere citati, perché non abbiamo la raccomandazione del sottosegretario Bargone, che è diventato padrone...?

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi si occupa di marketing sa bene che un prodotto, per quanto pubblicizzato, si vende se è buono o, per lo meno, se ha un appeal decente che possa raggiungere il pubblico che poi lo deve consumare. Noi vogliamo trattare i cittadini italiani come consumatori disattenti, che non sanno valutare se il prodotto è buono o meno?
Noi riteniamo che parlare di spot pubblicitari sia anche affrontare la grande questione se i cittadini sono maturi a tal punto da poter scegliere se un prodotto è buono o meno. Ne sa certamente qualcosa il ministro Visco, che in questi giorni, tramite la Presidenza del Consiglio, sta facendo uno spot in cui si dice: «Abolita l'imposta per lo spettacolo - Presidenza del Consiglio - Di questo fisco mi fido».

ELIO VITO. È una vergogna, Visco! Ascolta, Visco.

GIANFRANCO CONTE. Il ministro Visco crede veramente che gli italiani si fidino di lui, semplicemente perché fa una rappresentazione di una cosa che non gli appartiene, ma appartiene a questo Parlamento?
Credo che oggi sia importante stabilire ciò, se cioè basti semplicemente esporre le proprie idee per essere creduti. Noi riteniamo che questo non sia sufficiente; crediamo che la sinistra abbia dato prova ancora una volta, attraverso questo bavaglio che si vuole mettere all'opposizione, di presupporre che i cittadini italiani siano immaturi, che abbiano bisogno di essere governati, che occorra dare loro le indicazioni e, se possibile, evitare che l'opposizione possa rappresentarsi in qualche modo.
Giustamente qualche collega in precedenza ha chiesto: «Se vietiamo gli spot, perché non vietiamo i manifesti pubblicitari?». Devo dire che il Governo ha nutrito qualche pensiero anche sulla possibilità per i parlamentari di spedire i propri messaggi durante le campagne elettorali. Abbiamo faticato per due anni a convincere il Governo che questo ulteriore vantaggio, che si poteva dare a tutte le forze politiche, sarebbe stata una grossa perdita, se il Governo non avesse sostenuto la necessità di continuare a mantenere questa agevolazione. Incentrerei il dibattito, al di là della nostra contrarietà alla scelta della sinistra, soprattutto sul punto se il nostro sia un popolo maturo. Signor Presidente, lei sa bene che vi sia una grossa sperequazione, anche in termini di presenza, tra la maggioranza o il Governo (che sembrerebbe terzo, ma che invece è parte rappresentante la maggioranza) e le forze del Polo sui mezzi di comunicazione.
Signor Presidente, lei è dovuto intervenire ieri per richiamare il presidente della RAI Zaccaria a far cenno, durante i telegiornali, che in quest'aula era in corso un conflitto sulla par condicio e soprattutto sulla libertà. Sa bene, signor Presidente, che Santoro ha cancellato quasi improvvisamente un dibattito che doveva vertere sulla par condicio. Tutti questi sono segnali importantissimi: la sinistra vuole zittire completamente l'opposizione,


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impedendo prima gli spot e poi il dibattito, per costringere gli italiani a non sapere di che cosa si vuol parlare!
Probabilmente, la maggioranza tende ad ingrossare le file di coloro che non parteciperanno al voto perché non hanno ben chiaro di che cosa si stia discutendo e quali siano i temi del dibattito; ritengo che su tutto ciò si debba insistere. Signor Presidente, per i motivi esposti, siamo assolutamente contrari all'impostazione del disegno di legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Guidi. Ne ha facoltà.

ANTONIO GUIDI. Signor Presidente, insisto su un discorso che ho iniziato l'altro giorno. Lo spot...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Guidi.
Colleghi, per cortesia. Onorevole Raffaldini, per cortesia. Onorevoli Pennacchi e Bandoli, per cortesia.
Prego, onorevole, Guidi può continuare.

ANTONIO GUIDI. La ringrazio, signor Presidente. Lo spot, che io considero il comizio di tanti anni fa, tende a bilanciare in maniera non ottimale (ma ognuno fa quel che può) un'enorme overdose di strapotere della maggioranza e del Governo. Il Governo non è qualcosa che proviene da fuori; si tratta di eletti che utilizzano spot istituzionali: ne sanno qualcosa il ministro Visco ed il ministro Turco; mi riferisco all'abuso dei telegiornali ed agli interventi in trasmissioni con ruoli istituzionali, nonché all'utilizzo di testimonial che, attraverso la satira, mettono in ridicolo la minoranza.
Signor Presidente, mi chiedo di quale par condicio si stia parlando. Si eliminano gli spot per chi vuole difendere una fetta di libertà e non si penalizza chi, per mezzo del Governo e del sottogoverno e attraverso l'utilizzo di testimonial, dispone di ore e ore di spazi pubblici ogni giorno per affermare che il Governo funziona e che certi parlamentari sono i migliori. Perché non si impedisce ai ministri candidati delle elezioni regionali di parlare facendo spot istituzionali pagati dallo Stato e dai contribuenti? Questa è una vergogna che deve finire! Come al solito, in politica quello che oggi togliete a noi ve lo ritroverete domani quando sarete minoranza. Quando si parla di libertà, si parla della libertà di tutti, dei cittadini e dei parlamentari; la libertà riceverà una grave ferita da questa legge. Ma sapete come vanno le cose: oggi qualcuno sorriderà di voi, domani non vorrei che si pentisse di quel che si sta facendo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, vorrei esprimere, a titolo personale ma con convinzione e determinazione, la mia opposizione al disegno di legge in esame che ritengo odioso, liberticida e dirigista. Chi mi conosce sa che sono impegnata in prima linea in un'altra battaglia, quella per la libertà di educazione, di cui ci occuperemo probabilmente la settimana prossima; ma non mi sento meno impegnata in questa battaglia per la libertà di comunicazione, che giustamente il mio partito e le altre forze di opposizione stanno portando avanti da mesi in Parlamento, ora in quest'aula, ma prima ancora al Senato. La ragione è semplice, l'hanno affermato in tanti, voglio ripeterlo anch'io. Questa legge non regolamenta, ma vieta la libertà di comunicazione, anzi, il testo che vorreste approvare vieta la manifestazione della libertà di pensiero ed in questo senso è un atto che va contro i principi della democrazia, ma anche della nostra Costituzione. È giusto, certo, affermare il principio delle pari opportunità, ma è esattamente il contrario del silenzio assoluto. La pubblicità elettorale, in democrazia, ha senso proprio perché offre un'opportunità in più ai cittadini di formarsi


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un'opinione politica. Vietare gli spot, invece, non consente la libera formazione della volontà dei cittadini elettori. Ci troviamo di fronte ad un provvedimento gravissimo, illiberale e liberticida, che incide non solo sulla libertà di espressione e di comunicazione dell'opposizione, ma soprattutto sul diritto dei cittadini di essere correttamente informati. I cittadini sono sovrani in qualsiasi momento, ma soprattutto quando devono scegliere il proprio Governo. Invece, la differenziazione tra pubblicità elettorale e propaganda elettorale operata dal disegno di legge governativo è la fonte di tutta una serie di norme che non solo metteranno il bavaglio a tutte le forze politiche, ma impediranno anche ai cittadini di fare confronti, di farsi un'idea, di scegliere, nel bene o nel male, quale potrà essere il Governo nelle prossime legislature.
Non si comprende che differenza ci sia tra spot e propaganda, dal momento che i dati dimostrano che i criteri di parità di accesso non vengono rispettati. Al contrario, deve essere maggiormente garantito il diritto all'informazione di tutti i cittadini, in particolare durante le campagne elettorali.
A questo punto vorrei denunciare un altro aspetto gravissimo di tutto questo dibattito. Maggioranza e Governo continuano a riversare sul paese una serie di inganni su questa legge: è falso che non esiste una regolamentazione della pubblicità televisiva e che quella che c'è viene elusa, perché la legge n. 515 del 1993 sulla pubblicità elettorale viene fatta rispettare dall'autorità per le garanzie nelle comunicazioni; è falso che il provvedimento del Governo non vieta, ma favorisce, la comunicazione politica; è falso che il divieto di spot è in vigore nella maggioranza dei paesi europei; è falso che il provvedimento non è una ritorsione nei confronti di Berlusconi e non ha nulla a che fare con il risultato delle elezioni europee. Presidente, io sto seguendo attentamente non solo questo dibattito, ma anche le trasmissioni televisive e, mi creda, comincio davvero a pensare che altri siano coloro che hanno questo potere nelle mani, non certo il presidente Berlusconi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a titolo personale l'onorevole Vincenzo Bianchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO BIANCHI. Signor Presidente, io vorrei tanto poter difendere con il mio intervento la rielezione al Parlamento italiano nella prossima legislatura e contribuire alla vittoria del Polo per le libertà, perché è forza di libertà di pensiero e di governo.
Vede, signor Presidente, si è tanto parlato in questi giorni dei temi che conosciamo, ma, cari amici della sinistra, ieri sera abbiamo assistito sulla televisione di Stato, nel corso di una delle trasmissioni più seguite d'Italia, Circus, al veleno insinuato da un conduttore di estrema sinistra. Si tentava di insinuare il germe dell'accostamento di un esponente politico austriaco (che non c'entra nulla con la realtà politica del nostro paese) con un politico italiano. A tutti i costi si cercava di far passare l'idea che quella figura avesse delle analogie con il leader della Lega Bossi. Ecco, cari amici: come difenderci da questi attacchi subdoli, dove una parola detta in una trasmissione può provocare danni devastanti? È questo che definiamo par condicio? Questo è il motivo per cui ci stiamo battendo da giorni e giorni in quest'aula. Vogliamo continuare a farlo, perché il centrosinistra vuole privarci dei nostri diritti di opposizione. Perché non ci chiediamo quanta televisione di Stato stia denunciando il fatto che l'Europa ci condanna per la condizione della giustizia in Italia, una giustizia definita lumaca? Ne avete avuto notizia da qualcuna delle televisioni di Stato? No, ovviamente, perché è così che funziona.
Quante altre inesattezze vengono dette e quanta disinformazione viene fatta? Ricordo che il Governo e la regione Lazio, entrambi guidati dall'Ulivo, non danno informazioni sulle opere per il Giubileo: non è stata completata neanche un'opera


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e ci sono ancora centinaia di cantieri aperti. Questo tipo di informazione non è stata data perché vi spaventa, cari amici.
È necessario, quindi, che da questo pulpito noi denunciamo questa situazione, perché ci stanno seguendo decine e decine di italiani grazie a Radio radicale. Sono convinto che gli italiani sapranno capire la nostra battaglia iniziata dal 1994 dal nostro presidente, insieme agli altri leader del Polo (ben venga l'alleanza con la Lega e con tutti gli altri soggetti politici del centro che avversano la politica vessatoria del Governo). Noi daremo il nostro contributo contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Galati. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GALATI. Il dibattito che ci vede impegnati dà la sensazione alla mia forza politica che vi sia una maggioranza che, seppur variegata e rissosa, trova un collante nella paura del libero confronto delle idee.
Il Governo, sufficientemente garantito dall'adeguato controllo della RAI e dall'influenza, attraverso i sistemi economici, sulle principali testate giornalistiche, tenta di oscurare un dibattito politico e di creare un notevole diaframma fra i partiti ed i cittadini, rispetto al quale tutti i dibattiti sull'astensionismo diventano vuoti, perché creare una condizione di mancata comunicazione non causa problemi solo alla libertà, ma anche alla capacità di comunicazione che i partiti, con i loro programmi e le loro idee, possono avere. Nonostante i problemi del nostro paese relativi anche alla giustizia, alla pubblica amministrazione e al lavoro, il Governo impegna il Parlamento in un dibattito su un provvedimento che avremmo voluto diverso. Il provvedimento affronta uno dei problemi della democrazia, il quale non è solo connesso agli spot pubblicitari, ma concerne anche uno dei meccanismi del funzionamento della democrazia rappresentativa rispetto al quale il pericolo di scelte non meditate può portare ad un mancato impegno.
Siamo convinti che questo provvedimento si rivelerà un boomerang, perché il nostro paese ama il confronto e quindi si arriverà a determinare una situazione elettorale diversa da quella che in realtà si vorrebbe realizzare con questo provvedimento.
Ma abbiamo una sensazione terribile, quella che non si tratti soltanto di un provvedimento che nasce con riferimento ai risultati delle elezioni europee ed alle prossime competizioni elettorali. Abbiamo la sensazione che l'ostilità rispetto al meccanismo della comunicazione sia anche un tentativo di tornare indietro, un tentativo di non cogliere ciò che l'innovazione oggi porta - attraverso la televisione e, in generale, i mass media -, nella capacità di comunicare con la società ed il paese.
Il Governo impegna il Parlamento con questo disegno di legge invece di impegnarlo su dibattiti in tema di disoccupazione, di crisi, di giovani del Mezzogiorno, che seguiranno certo il dibattito sulla par condicio con grandissimo interesse ma che ben sanno che questa non risolve alcuno dei tanti problemi che riguardano l'occupazione e la libertà oggettiva dei giovani, che dipende non tanto dalla capacità di ascoltare uno, cento o mille spot quanto, semmai, dalla capacità di guardare al futuro non con la speranza ma con la profonda consapevolezza che attraverso la libertà, quindi attraverso il lavoro, potranno raggiungere una condizione diversa. Si è così raggiunto un accordo con Rifondazione comunista, che stravolge i dettami di una normale coalizione di Governo, che su questo punto non è riuscita a trovare coesione politica.
Siamo di fronte all'ennesima condizione che stravolge il rapporto con il paese. Prima numerosi parlamentari dal centrodestra sono passati al centrosinistra, condizione per la quale già si rompe un legame, ora siamo ad un ulteriore meccanismo. Noi siamo mossi solo dalla convinzione che già dalle prossime elezioni il paese si libererà di questa situazione,


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perché non soltanto non accetta il fascismo, ma non accetta neanche alcun tipo di leninismo, che pure il Governo, attraverso questo provvedimento ci ripropone con forte determinazione e con forte arroganza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pirovano. Ne ha facoltà.

ETTORE PIROVANO. Presidente, la moralità, insieme alla libertà, è il più prezioso bene di un uomo. Le notizie dal mondo ci hanno abituati a non meravigliarci più: la morale è asservita al fine politico, un fine da perseguire a tutti i costi, e la libertà è un concetto da far dimenticare.
Guai a non meravigliarsi sentendo le affermazioni del Presidente del Consiglio nei confronti della Lega nord e di Bossi. La politica non deve mai sostituirsi alla morale. La Lega nord esige morale e libertà e pretende spazi televisivi proporzionati al consenso ottenuto dalla gente del nord. Vogliamo essere liberi di divulgare le nostre convinzioni; vogliamo dire al nord che ha il diritto di gestire il frutto del suo sacrificio, di tutelare il lavoro dei suoi figli, di impedire che l'invasione extracomunitaria voluta da un Governo - a vostra scelta - amorale o immorale distrugga la nostra terra e le nostre tradizioni.
Nei telegiornali i conduttori cambiano espressione commentando in forma subliminale le notizie. La Padania è sempre presentata come il quotidiano della Lega nord, L'Unità non è più il quotidiano del Partito comunista. Le espressioni - dicevo - cambiano in funzione delle notizie e questo dovrebbe passare come par condicio. Vogliamo una RAI senza pubblicità, vogliamo una professionalità non filoguidata dai politici, un Presidente del Consiglio che, se vuol sentire musica, non vada ad ascoltarla a Domenica in, dove tutti possono vederlo e sentirlo, poi, parlare di par condicio. Ma non sta facendo propaganda, non sta facendo politica, non sta accumulando minuti conteggiati dal tutore che dovrebbe tutelare la quantità di pubblicità politica fatta in televisione, perché quella non è una trasmissione politica: è amorale o immorale tutto ciò, o è semplicemente una fregatura? Lascio a voi il compito di trovare una soluzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Ci troviamo oggi a discutere, signor Presidente, l'atto Camera n. 6483 con questa nuova maggioranza di centrosinistra compattata. Si tratta di un provvedimento, blindato dalla nuova maggioranza costituita dal centrosinistra più Rifondazione comunista, sulla parità di accesso ai mezzi di informazione in campagna elettorale per i partiti politici ed i movimenti, movimenti politici radicati soprattutto in certe realtà territoriali. Personalmente lo faccio senza entusiasmo perché ritengo si tratti di un rimedio all'italiana, nel classico significato del termine.
Secondo noi, si sarebbe dovuta affrontare preliminarmente la questione del conflitto di interessi, regolandola con una legge e, solo se ve ne fosse stata ancora la necessità, si sarebbe dovuta presentare una legge di questo tipo.
Oggi la comunicazione politica penalizza pesantemente il nostro movimento. Vi sono quotidiani esempi di bugie sul nostro conto e le azioni finalizzate ad oscurare le nostre iniziative sono altrettanto eclatanti. Ricordiamo, ad esempio, quanto si sia taciuto sul nostro referendum per l'abrogazione della legge Turco-Napolitano; ricordiamo le accuse che ci vengono mosse di essere razzisti, amici di Haider, di essere come lui «mangiaterroni», per dirla chiaramente. L'unica cosa che forse ci accomuna ad Haider è di non volere uno Stato invaso dai clandestini, ma se, solo per questo, si può essere tacciati di razzismo, allora siamo razzisti noi, gli austriaci ed anche gli americani che hanno una disciplina sull'immigrazione molto più ferrea di quella che noi vorremmo. Sarebbe il caso di chiedere a qualche cittadino italiano che negli ultimi tempi sia stato negli Stati Uniti quale sia


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la situazione lì. Ricordo che due anni fa un nostro connazionale per il solo fatto di non aver apposto il visto di uscita sul passaporto è stato rinchiuso cinque giorni in galera, in quanto risultava clandestino dal 1996. Cerchiamo di inquadrare bene la situazione.
Come dicevo, vi sono molti esempi di bugie e menzogne. Quando accusate la Lega di essere fascista, dimostrate di non conoscere la storia personale di ognuno di noi. Ieri, il nostro segretario ha riferito un episodio ed io potrei riferirne un altro che riguarda la mia famiglia: mio nonno, pur di non iscriversi al partito nazionale fascista, che gli avrebbe permesso di ottenere un lavoro in una grande fabbrica della mia zona, è emigrato in Francia a fare il manovale, un lavoro umile, ma non si è piegato ad una dittatura. Questi sono gli ideali cui ci ispiriamo per condurre la nostra battaglia.
Quando si parla di par condicio, ci si accorge che essa, in realtà, non si realizzerà mai, perché il Governo ha incredibili entrature nei media. Il Presidente del Consiglio, addirittura, può permettersi di fare battute, subito raccolte da giornalisti molto sensibili al potere, in qualsiasi campo, dalle questioni che riguardano la vela a quelle relative ad altri sport. Nei giornali ogni giorno leggiamo una novella: non si parla di politica, attività precipua del Presidente del Consiglio - oltre a quella di far andar bene lo Stato, cosa che non sta facendo -, ma di frivolezze. A tutto ciò, la stampa di regime è subito pronta a dare spazio, quasi per dipingere un personaggio che si interessa del bene del paese e rappresenta ciò che gli italiani vogliono.
La verità è che, per quanto ci riguarda, lottiamo per un ideale ben preciso, che è quello di essere padroni in casa nostra, di poter decidere sulle questioni quotidiane relative al nostro territorio.
Non ci interessa quale sia il mezzo da utilizzare: secessione, federalismo o devolution, si tratta solo di mezzi; l'importante è che il cittadino acquisisca il potere di essere determinante nella scelte e ciò avviene solo quando si è vicini al centro decisionale. Vi sono molte questioni da affrontare, a nostro avviso, e relativamente al provvedimento sulla par condicio, riteniamo vi possa essere un'ulteriore soluzione: il libero mercato e non leggi dirigiste o leggi censura.
Al libero mercato si devono porre, tuttavia, paletti che possano evitare la formazione di posizioni dominanti che impediscono il normale funzionamento del mercato e, in questo senso, deve essere affrontato anche il discorso sul conflitto di interessi. Il libero mercato - ciò accade anche nel campo dell'informazione e quindi dell'informazione politica nel caso specifico nel provvedimento che stiamo discutendo - è efficace, permette di risolvere i problemi, nonché di esprimere e di far emergere la verità. Questo, però, è un problema culturale che sicuramente non si risolve con una legge. A nostro avviso, l'identità o il bagaglio culturale di ogni singolo cittadino non possono essere rafforzati approvando questo tipo di legge e sottraendolo invece alla comprensione ci ciò che è il libero mercato.
Vi è poi il problema della RAI. Nella RAI vi è sicuramente professionalità, ma imbrigliata dalla politica. Vi sono indubbiamente le lottizzazioni ed è necessario andare in direzione della sua privatizzazione, magari mantenendo alla televisione pubblica un canale dalla programmazione particolare. Sicuramente, però, è necessario togliere la RAI dalle mani dei partiti politici.
All'interno della RAI si assiste poi a fatti incredibili. Vi sono notizie trasmesse dai canali di Stato, gestiti con la logica buonista di questo centrosinistra, che cerca di nascondere un po' troppe cose: nel caso, ad esempio, di un omicidio, si rende noto che è stato trovato il responsabile, ma si glissa sul fatto che quel responsabile è un clandestino, lo si ritiene un dettaglio, un'informazione che forse è meglio non dare, perché gli animi sono già sufficientemente esasperati.
Signor Presidente, signor ministro (anzi, signor sottosegretario, perché il ministro non c'è), colleghi, un dato secondo me deve essere chiaro a tutti. Voi


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potete anche approvare il provvedimento in esame, non ci sono problemi, ma fin dall'inizio dobbiamo dire una cosa fondamentale, ossia che noi come Lega forza nord per l'indipendenza della Padania non abbiamo paura di questa legge e nemmeno dei suoi contenuti. Noi siamo abituati a fare le campagne elettorale fra la gente e per la gente ed abbiamo un numero incredibile di attivisti e di militanti, che fra l'altro vorrei ringraziare per tutto il lavoro che svolgono gratuitamente perché credono nei nostri ideali. Questo lavoro ci ha consentito con pochi mezzi, poveri, semplici ma efficaci, di conseguire risultati incredibili, perché siamo arrivati al cuore della gente.
Voi, quest'oggi, iniziate la vostra battaglia elettorale con l'arma delle leggi per impedire gli spot elettorali, ma non è così che bisogna pensare di iniziare una campagna elettorale, perché comunque il centrosinistra nelle prossime elezioni si troverà in gravissime difficoltà. Sapete però di avere i media e l'informazione dalla vostra parte, che esiste la questione degli spot governativi e che, quindi, partite con un indiscutibile vantaggio. Noi, però, questa battaglia siamo sicuri di vincerla e vi dico anche come: perché utilizzeremo, come in passato, l'arma della semplicità, del contatto diretto con gli elettori, sicuramente molto faticoso, ma che arricchisce, dà la possibilità di ottenere soddisfazioni personali, risultato che voi avete dimenticato perché utilizzerete gli spazi della televisione di regime e dei giornali asserviti per contattare i cittadini, perdendo il rapporto personale.
Noi utilizzeremo ancora questo che è sicuramente un metodo povero, ma che soprattutto, al contrario di quello che voi pensate di seguire nella vostra campagna elettorale, è un metodo più immediato e concreto (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghezio. Ne ha facoltà.

MARIO BORGHEZIO. Signor Presidente, c'era tutto il tempo per predisporre una legge seria su una materia così delicata e noi avevamo posto per tempo problemi di questo genere, non certo però da un punto di vista dirigistico e statalistico e nemmeno da un punto di vista illiberale, non pensando a norme dal profilo squisitamente anticostituzionale, come quelle che vengono offerte oggi all'esame del Parlamento. Un aborto di legge, per chiamarla con il suo nome, abborracciata, affrettata, scodellata per l'occasione delle vicine elezioni regionali che, chiaramente, costituiscono il punto di riferimento, il «punto d'ansia» della maggioranza legiferante.
Anzitutto, vogliamo affermare con chiarezza che il vero problema che sta a monte è la disinformazione della RAI, il malfunzionamento del servizio pubblico. L'amico e collega Stucchi ha parlato con molta chiarezza della necessità di privatizzare la RAI; spesso e volentieri, io vado più in là di ciò che dicono i miei colleghi. Lo faccio anche questa volta ed affermo che bisogna sbaraccare il carrozzone della RAI, un coacervo di ruffiani di regime, di raccomandati di partito, di gente con la tessera del pane, di gente che dovrebbe imparare un lavoro, di gente che viene mantenuta con il canone e con le sovvenzioni pubbliche, di sprechi e, forse, anche di ruberie; praticamente, si tratta di un arcipelago, di un continente fuori dal controllo anche del Parlamento, nonostante l'attività che molti esponenti dell'opposizione, disperatamente, cercano di svolgere in seno alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Talvolta ci siamo rivolti ai Presidenti delle Camere e, quando siamo stati costretti a chiedere al presidente della suddetta Commissione di accompagnarci nella sede della RAI per mettere i dati dell'osservatorio di Pavia sotto gli occhi del presidente e del direttore generale, questi negavano l'evidenza, negavano l'esattezza dei dati. Il presidente dell'indicata Commissione si è dovuto quasi alzare in piedi, si è dovuto «impaccare» per costringerli a riconoscere la veridicità dei dati numerici che sottoponevamo quasi disperatamente


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alla visione di quei boiardi di Stato. È ora di finirla, è ora di mandarli fuori dai coglioni!

MAURO GUERRA. Impara a parlare!

PRESIDENTE. Onorevole Borghezio, la richiamo all'ordine per la prima volta.

MARIO BORGHEZIO. È ora di finirla con la vergogna del servizio pubblico asservito ai partiti di regime...

DOMENICO GRAMAZIO. Bravo Borghezio!

MARIO BORGHEZIO. ...e lottizzato, che ha trasformato i telegiornali e le trasmissioni di massima diffusione in spot elettorali continui; sono questi gli spot della vergogna (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)! Questa è la realtà vergognosa di cui la maggioranza si dovrebbe vergognare in Parlamento! La maggioranza dovrebbe pretendere, con una Commissione di inchiesta sulla disinformazione RAI, che venisse fatta luce sui legami, sulle cordate che governano in questo paese la disinformazione: gruppi di potere, lobby fortissime che si mobilitano, che strumentalizzano addirittura - come è avvenuto nelle giornate appena trascorse e nelle ore che stanno trascorrendo - i sentimenti, verso i quali il nostro movimento non ha atteso la questione Haider per manifestare la sua sensibilità. Mi riferisco ai sentimenti di chi ha subito le conseguenze di quegli anni tragici.
Guarda caso, la Lega si è mobilitata proprio in queste settimane anticipatamente, anche da questi banchi, anche da quest'aula, in favore dei diritti di quelle persone, che da cinquant'anni attendono da voi un po' di giustizia. Non avete concesso loro neppure il vitalizio, avete bloccato la legge Pertini, avete lasciato nell'indigenza i reduci dei campi di prigionia ed oggi vi «impaccate» nel dare al mondo lezioni di democrazia e di libertà (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania e del deputato Miccichè). Vergognatevi, siete solo capaci di imbavagliare e di strumentalizzare l'informazione!
Questo è lo schifo di questo paese e di questo regime. Se servono gli spot per farla finita, finalmente, con tale regime ammorbante, ben vengano gli spot, ben vengano i canali radiotelevisivi privati, ben venga un vento che porti libertà a tutti, al nord come al sud (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dalla Rosa. Ne ha facoltà.

FIORENZO DALLA ROSA. Anche in questa occasione, l'Italia non perde l'opportunità di distinguersi negativamente nei confronti degli altri paesi europei. Infatti, non è possibile che un argomento di questa portata, che coinvolge la sfera della democrazia dell'informazione, non sia stato oggetto di un dibattito politico serio, di ampio respiro; un dibattito, insomma, che avesse permesso di ragionare uscendo dagli asfittici schemi degli stretti interessi di parte. Quello della correttezza, della imparzialità dell'informazione e dell'uso politico che di essa si continua a fare è un problema che da tempo è stato risolto negli altri paesi europei. In Italia si è voluto colpevolmente e volutamente ritardare l'avvio di una legge sulla informazione con il chiaro intento da parte della sinistra di fare un uso strumentale di questa norma, tra l'altro proprio nel momento in cui si avvicinano - guarda caso - tornate elettorali importanti.
Come si fa quindi a ragionare serenamente su una normativa di questo tipo in questo momento senza aver prima affrontato un dialogo tra tutte le forze politiche, considerando che vi è di mezzo l'interesse primario dei cittadini ai quali deve essere data la possibilità di valutare e di confrontare le loro opinioni in una vera condizione di pari opportunità e non con l'informazione sottoposta alla posizione dominante dei partiti?


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Non posso quindi che denunciare il fatto che vi è chi vuole utilizzare questa norma per interessi di parte e non per interesse dei cittadini: una sinistra che ha utilizzato per anni la minaccia di questo provvedimento - così come quella di una norma sul conflitto di interessi - per ricattare una parte politica di questo Parlamento, onde realizzare i suoi programmi di Governo.
La Lega nord è sempre stata vittima della malainformazione e dei veleni che sono stati usati a piene mani contro di noi. Basti ricordare, ad esempio, l'informazione che è stata data sul nostro referendum per l'abrogazione della legge Turco-Napolitano. Su questo tema non vi è stata informazione o, meglio, quella poca informazione data, è stata scorretta e distorta!
Ma proprio in questi giorni si sta assistendo al maldestro tentativo da parte dell'onorevole D'Alema di vomitare insulti gratuiti, ovviamente subito ripresi dai tanti servi di regime, contro il segretario federale della Lega nord il quale, da vero animale politico coraggioso, tenace e coerente, è diventato improvvisamente un personaggio pericoloso e razzista, le cui posizioni ci allontanerebbero dall'Europa. Ormai, tanti hanno capito che si tratta di un Governo fazioso, destinato ad essere mandato a casa alla prima occasione utile: ci auguriamo che questa occasione capiti il prima possibile, perché il «popolo della partita IVA», il popolo dei ceti produttivi ne ha le scatole piene di questo Governo incapace di tutto, ma grande maestro nell'usare la tecnica - di puro stile bolscevico - della calunnia.
Del resto, è anche quello che sta avvenendo oggi con la demonizzazione di Haider. È stato sempre lo stesso D'Alema che ha suggerito al Presidente di turno dell'Unione europea, sorretto dai Governi di sinistra, di fare tutto per allontanare Haider ed ha utilizzato in modo vergognosamente falso questa stessa «carta» contro la Lega nord perché è consapevole che la forza della Lega potrebbe far perdere il Governo alla sinistra di questo paese. Ma tant'è, questo è il teatrino della politica italiana!
In questa esperienza di vita parlamentare, mi sono convinto che il ruolo della politica è quello di una lotta tra poveri; ormai, in Italia, così come in Europa, primeggiano solo gli interessi dei grandi gruppi finanziari e industriali dei paesi forti e delle organizzazioni multinazionali. Ritengo che la Lega nord debba battersi contro questo stato di cose (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, l'argomento sul quale ci troviamo a discutere è sicuramente molto importante poiché si parla di democrazia.
Purtroppo, noi abbiamo sempre pagato sulla nostra pelle una carenza di democrazia perché, come è stato detto negli interventi che mi hanno preceduto, chi oggi in quest'aula vorrebbe imporre le regole a tutti ci dovrebbe spiegare come mai sulle televisioni di Stato noi abbiamo usufruito di spazi sempre assolutamente non proporzionali alla consistenza della nostra forza politica.
Vorrei dire all'onorevole Guerra che si è infastidito per un termine certamente volgare che si sarebbe potuto evitare, che quel termine non rappresenta la sostanza del discorso dell'onorevole Borghezio al quale penso sia difficile opporre delle ragioni che abbiano una consistenza e siano certificate con statistiche alla mano sulla percentuale di apparizioni televisive che è stata attribuita al nostro gruppo sulle televisioni pubbliche. Dire con enfasi alcune cose può essere concesso quando queste cose rappresentano la verità.
Di fronte alle nostre pressanti richieste di avere lo spazio che ci doveva essere riconosciuto, ci hanno sempre mostrato alcune tabelle con calcoli molto complessi che giustificavano in qualche modo l'entità della nostra presenza sui mezzi televisivi. Guarda caso la nostra presenza, che


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poi è risultata essere del 2 per cento rispetto ad una nostra giusta e legittima pretesa che fosse almeno nell'ordine del 5 o 6 per cento negli spazi dedicati all'informazione politica, era addirittura confinata in orari assolutamente disumani per le persone che normalmente lavorano. Infatti, le nostre apparizioni televisive erano fissate addirittura all'una, una e mezza, due, due e mezza di notte e, mi dicono, addirittura alle tre.
Se questo per voi significa concedere parità di accesso ai mezzi d'informazione, la dice lunga su quale sia il vostro concetto di democrazia, onorevole Guerra.
Chi oggi vuole disciplinare la materia dovrebbe aver fatto quelle riforme del settore radiotelevisivo pubblico che consentano di dichiarare che il regime nel quale viviamo è un regime democratico. Io credo, invece, che non sia assolutamente democratico e la conferma l'abbiamo avuta per l'ennesima volta ieri quando, come è già stato detto, il Premier D'Alema, ancora una volta in giro per i paesi dell'Europa, ha lanciato l'ennesima minaccia nei confronti della Lega.
Questo leader politico, che mi sembra quasi quasi che in quest'aula non abbia mai il coraggio di dire chiaramente come la pensa, si rifugia sempre in qualche sperduto paese per lanciare da lì attraverso i mezzi d'informazione, che in questo paese sono completamente al suo servizio, dei Diktat e per operare una denigrazione nei confronti di uomini politico come Umberto Bossi al quale invece questo paese dovrebbe essere estremamente riconoscente (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania). Infatti, se in questo paese non c'è stato un passaggio veramente violento che poteva essere giustificato dalla corruzione dilagante degli ultimi anni ottanta e dei primi anni novanta (della quale la sinistra è stata perfettamente compartecipe, non dimentichiamocelo, e oggi la sinistra stessa si trova a governare questo paese senza avere fatto i conti con il proprio passato) poiché vi era un'opinione pubblica che era realmente pronta ad utilizzare anche metodi non democratici per cambiare questo sistema di cose, forse, in parte, il merito è di Umberto Bossi che ha consentito di frenare questa possibile involuzione perché in quel momento sarebbe stato possibile anche un esito di questo tipo.
Allora, che oggi il Presidente D'Alema per l'ennesima volta dia del razzista e dell'antidemocratico a Umberto Bossi è assolutamente inaccettabile in un paese civile.
In un paese civile e democratico le persone si giudicano per quello che hanno fatto e fanno, e credo che da questo punto di vista la Lega nord non possa essere giudicata meno democratica di qualsiasi altra forza rappresentata in questo Parlamento.
La Lega nord ha sempre perseguito un cambiamento radicale dello Stato, ma con metodi assolutamente democratici: lo conferma il fatto che non vi siano mai stati episodi di violenza nell'ambito dell'azione dei militanti della Lega nord. Il Presidente del Consiglio, allora, oltre che utilizzare in maniera indebita uno spazio, che dovrebbe essere di informazione istituzionale, proprio per dare conferma delle belle cose che ci raccontate in aula ma che nei fatti non realizzate, avrebbe dovuto evitare qualsiasi riferimento in negativo al nostro leader politico.
Per quanto riguarda il tema dell'immigrazione, è ora di dire una parola chiara una volta per tutte: voi ritenete che in un paese civile l'immigrazione non abbia alcun limite? Ritenete che i cittadini italiani non abbiano la garanzia di veder circolare sul territorio dello Stato persone che sono in regola con la legge? Questo è il vostro livello di civiltà? Io credo che voi siate corresponsabili della situazione di grande disordine pubblico e di degrado sociale, culturale, di identità che caratterizza il nostro paese: è una vostra grandissima responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania)!
La Lega nord, invece, da tantissimo tempo, ha esposto un programma chiaro su come affrontare la situazione, e non è il programma filoatlantico al quale vi siete


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assolutamente assoggettati e di cui siete servitori, non è la politica delle grandi finanziarie e delle multinazionali delle biotecnologie, e quindi del pagamento per non coltivare i terreni delle aree sottosviluppate, fatto che porta alla desertificazione, del sostegno a politiche di governi non democratici che inducono determinati paesi a privarsi delle proprie forze migliori ed obbligano ad una emigrazione di massa verso i paesi europei. Questa politica non ci piace, perché esiste un'alternativa!
Vi è, infatti, la possibilità di una politica di cooperazione, che, guarda caso, lo Stato italiano ha ridotto dell'80 per cento negli ultimi dieci anni; vi è, ancora, la politica degli aiuti con canali istituzionali; vi è altresì l'impiego della politica estera attraverso trattati di cooperazione tra il nostro paese ed i paesi nei quali si registra in misura maggiore il fenomeno dell'emigrazione. Questi strumenti non vengono assolutamente utilizzati dal nostro Governo: cominciamo, allora, a svolgere questi tipi di azione politica e vedremo che le conseguenze saranno ben diverse da quelle che oggi ci troviamo a dover registrare sul nostro territorio.
La Lega non è assolutamente razzista, è per un'immigrazione regolata, è per aiutare nei paesi sottosviluppati le persone, insegnando loro come produrre, e non rendendole succubi delle multinazionali, della Banca mondiale, dell'usura degli organismi internazionali. Questa è la posizione della Lega nord!
Per quanto riguarda il provvedimento in esame, basta una sola osservazione: se si voleva una legge sulla par condicio (ammesso che essa abbia senso nei termini che vedo indicati nel testo in esame), essa non doveva essere un surrogato rispetto a riforme che non sono state effettuate, a leggi che non sono state approvate. Come, da un lato, mi sono riferito alla necessità di privatizzare l'emittente radiotelevisiva pubblica, eventualmente consentendo nello stesso tempo ad un residuo canale pubblico finanziato dal canone un accesso proporzionale e democratico di tutte le forze politiche, allo stesso modo, se si voleva risolvere il problema della proprietà di troppe emittenti radiotelevisive private da parte di un unico soggetto, si doveva intervenire sul piano del conflitto di interessi, che è altra cosa. Ma che voi, adesso, in questo provvedimento, dobbiate stabilire che una forza politica deve comportarsi nel modo che fa piacere a voi, proprio per avvantaggiarvi, mi sembra corrispondere ad un concetto di democrazia molto strano!
I miei colleghi hanno già espresso la posizione della Lega: un libero mercato, nel quale non vi siano posizioni dominanti, introducendo eventualmente un tetto di spesa massimo a livello di campagna elettorale ...

DOMENICO COMINO. Soprattutto nel campo dell'informazione!

ALESSANDRO CÈ. C'è qualcosa che non va, Comino? Stai zitto, almeno quando parlo.

PRESIDENTE. Onorevole Cè, parli con il Presidente che è meglio. Prego, onorevole Cè.

ALESSANDRO CÈ. Siccome ha combinato molto come presidente di gruppo nella Lega, adesso vuole rifarsi!

PRESIDENTE. Magari queste cose le potete discutere tra voi!

ALESSANDRO CÈ. Dicevo che la posizione dominante va eliminata, si mette un tetto di spesa e poi ognuno fa ciò che vuole. Come giustamente è già stato detto, vi sono strutture di partito che possono permettersi di avere dirigenti di vario livello, perché spesso riescono a pagarli con i soldi pubblici, che possono avere altri canali di propaganda e di informazione politica; c'è chi, invece, vuole utilizzare il mezzo televisivo. Perché vietarlo? Bisogna mettere un tetto di spesa e non bisogna avere posizioni dominanti: ma allora facciamo queste riforme! Non


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diamo alla par condicio, che è uno strumento improprio, il compito di fare riforme che non si vogliono fare.
Concludo perché credo che il tempo a mia disposizione sia terminato (Applausi dei deputati del gruppo della Lega forza nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Desidero informare l'Assemblea, a proposito della questione posta dal collega Marengo, riguardante gli atti di sindacato ispettivo, che il Governo ha risposto a 4.483 atti della maggioranza e a 9.384 dell'opposizione. Pertanto, non è esatto dire che risponde più ad atti della maggioranza che a quelli dell'opposizione.

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