![]() |
![]() |
![]() |
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica; e delle abbinate proposte di legge: Boato; Giovanardi; Rossetto; Comino ed altri; Volontè ed altri; Paissan; Follini; Pecoraro Scanio; Bertinotti ed altri, Calderisi ed altri.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 1 , nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, e del complesso degli emendamenti ad esso riferiti.
ELIO VITO. Erano 6 ieri, Presidente!
PRESIDENTE. Onorevole Vito, la vedo eccitata alle 10, figuriamoci come starà a mezzanotte! Quindi si calmi. Si prenda i tempi; il collega Buontempo ha parlato di più.
ELIO VITO. Lei non doveva farlo parlare di più!
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il numero di minuti - quattro o cinque e mezzo che siano - ovviamente non cambia la qualità della situazione, rispetto alla quale mi guarderò bene dal riproporre argomentazioni che sono già state ampiamente svolte dai colleghi precedentemente intervenuti, limitandomi invece alla sintesi di alcune osservazioni politiche.
difficili anche dalla normativa vigente, che il loro svolgimento è stato reso veramente illiberale. Chiunque si trovi a dover proporre una candidatura, un programma o un confronto in campagna elettorale si accorge di quante difficoltà e di quante limitazioni (anche alle forme tradizionali di campagna elettorale) siano ormai state introdotte dalle nostre complesse e contraddittorie normative. In questo contesto venire a coartare la volontà, la libera scelta e la libera autoamministrazione della campagna elettorale da parte delle forze politiche costituisce non dirò un precedente ma un episodio di eccezionale gravità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Bampo. Le ricordo che il tempo massimo a sua disposizione è di quattordici minuti: decida lei come utilizzarlo.
PAOLO BAMPO. Signor Presidente, questa legge, oltre che ingiusta, è anche ipocrita sia nei suoi contenuti oggettivi sia negli sviluppi che se ne vorrebbero far discendere, tra cui l'anomalia di una informazione in presunto possesso di un soggetto politico. Nell'approccio all'attività legislativa il richiamo all'Europa non c'entra niente perché la situazione italiana dell'etere è anomala, ma soprattutto perché esistono tre reti di Stato al servizio non dell'informazione ma della lottizzazione. Basta pensare, amici della maggioranza, alla quotidiana propaganda elettorale che produce palazzo Chigi.
spacciando il divieto come qualcosa di utile e necessario alla libertà altrui. Tutti sanno che il concetto di libertà non si concilia per niente con i divieti, che i divieti sono l'antitesi della libertà e che, soprattutto quelli alla libera espressione dei pensieri, sono stati un elemento caratteristico dei regimi autoritari.
comunicazione televisiva di Berlusconi, teme ossessivamente ciò che non controlla, intrinsecamente e snobbisticamente reazionario. Essa ritiene che lo spot elettorale non sia una forma moderna di comunicazione politica; lo liquida come la comunicazione del diavolo, sia esso Berlusconi o la Bonino, o quanti altri lo usino in maniera massiccia, ma soprattutto in maniera intelligente.
PRESIDENTE. Colleghi, prego i deputati che intendono parlare a titolo personale di iscriversi, in modo tale che si possa poi distribuire il tempo tra tutti e che tutti possano prendere la parola.
ROLANDO FONTAN. In questa discussione abbiamo sentito tante cose e stiamo leggendo sui giornali che questa legge sta inesorabilmente portando verso la cosiddetta par condicio.
Innanzitutto, sarà difficile dare applicazione a quanto previsto dalla rubrica dell'articolo 1, concernente l'ambito di applicazione, perché non è ancora chiaro quali e quanti saranno i soggetti politici di cui si è tanto discusso; è una materia difficile, ma rimangono molti dubbi su quali saranno i soggetti politici oggetto di questa legge.
DANIELE ROSCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE ROSCIA. Signor Presidente, la prego di tener conto del fatto che la componente autonomisti per l'Europa è rappresentata nel gruppo misto. So che il tempo è contingentato e che avremmo a disposizione singolarmente 14 minuti. La
invito a tenerne conto perché desidero intervenire su vari punti del provvedimento.
PRESIDENTE. Molti colleghi hanno chiesto di parlare a titolo personale. È evidente che anche in questo caso consumano il tempo prefissato. Nonostante abbia già raddoppiato i tempi assegnati per gli interventi a titolo personale, può quindi accadere che il tempo venga esaurito già in questa fase del dibattito.
ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. È evidente che vi è una quota di tempo assegnata per gli interventi a titolo personale, che il Presidente ha raddoppiato, alla quale i nostri colleghi, che ieri non hanno potuto utilizzare il tempo del gruppo perché era esaurito, hanno il diritto di attingere.
PRESIDENTE. Onorevole Vito, ora ci rifletto. Trovo un po' difficile applicare ciò che lei dice, perché il tempo per gli interventi a titolo personale non costituisce una riserva di una parte contro l'altra; naturalmente, non sarebbe possibile consentire alla maggioranza di utilizzare capziosamente il tempo riservato per gli interventi a titolo personale al fine di impedire ad altri di utilizzarlo. Tuttavia, al momento non ricorre questa ipotesi: vi è un collega che chiede che non gli venga sottratto il tempo che egli intende utilizzare.
Onorevole Roscia, per quanto riguarda i suoi 14 minuti, stia tranquillo. Se altri colleghi intendono avanzare la richiesta di utilizzare i 14 minuti nel corso del dibattito e non soltanto in questa fase, li prego di farlo presente agli uffici per capire come organizzare i lavori.
GIUSEPPE CALDERISI. Esatto!
MAURO PAISSAN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURO PAISSAN. Signor Presidente, in attesa di una sua decisione al riguardo, la inviterei a tenere presente che i deputati del gruppo misto che fanno parte di componenti non riconosciute possano attingere al tempo solamente previsto per gli interventi a titolo personale, mentre i deputati delle componenti riconosciute hanno altro tempo a disposizione. Intendo dire che i ventidue (se non ricordo male) deputati single - chiamiamoli così! - o appartenenti a componenti politiche non riconosciute a' termini di regolamento possono utilizzare solo questo tempo. Pertanto, penso che i primi beneficiari di esso dovrebbero essere proprio questi deputati appartenenti al gruppo misto.
PRESIDENTE. Infatti, quando parlavo dei riflessi e degli effetti di una simile decisione, cercavo proprio di capire questo aspetto.
GUSTAVO SELVA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, ieri i colleghi Armaroli e Vito hanno sottolineato che la RAI ha completamente oscurato il dibattito che si svolge in quest'aula, non trasmettendo né un'immagine né una notizia sui numerosi interventi che si sono effettuati.
PRESIDENTE. Non per tutto, però!
GUSTAVO SELVA. ...queste immagini vengono effettivamente divise secondo la par condicio che vi sta tanto a cuore.
PRESIDENTE. Onorevole Selva, per quanto riguarda l'ultima questione che lei ha posto gli uffici mi dicono che i telegiornali successivi hanno dato risalto tanto all'intervento del collega Armaroli quanto a quello del collega Vito.
PIETRO ARMANI. Sì, di notte!
PRESIDENTE. Vi è stata quindi, come dire, una correzione.
PAOLO ARMAROLI. A «Mezzanotte e dintorni»!
PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'altra questione, non so se guardare a lungo il viso del collega Mussi - che è una persona simpatica - giovi particolarmente
a qualcuno (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, quando ci sono di mezzo le elezioni, credo che la ricerca del consenso, con tutto ciò che comporta anche in termini di alleanze elettorali, prenda il sopravvento su tutto il resto. Ritengo anche - cosa oggi del tutto evidente - che la discussione che si sta svolgendo in quest'aula risenta del clima di campagna elettorale, già presente nel paese, che, nel breve volgere di alcuni mesi, porterà alle elezioni regionali e, quindi, alle ben più importanti elezioni politiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà.
MARIO BACCINI. Signor Presidente, credo che l'intervento in questo dibattito sia il momento più alto per un parlamentare
impegnato nel tentativo di difendere le prerogative che le elezioni gli hanno dato. Al di là delle considerazioni che tutti i colleghi che mi hanno preceduto hanno voluto fare in quest'aula, io ritengo, signor Presidente, che in questo momento non sia in gioco solo la regolamentazione per legge della quantità dei possibili spot: qui viene messo in discussione un processo democratico, vengono messe in discussione le sue regole, il suo cardine fondamentale. Oggi, nel nostro paese non è in gioco la fortuna di una forza politica o di una coalizione; assistiamo piuttosto alla contrapposizione di due differenti modelli culturali. E ritengo che proprio nel momento più alto di una democrazia, qual è quello di una campagna elettorale, vi debba essere per le forze politiche e per i cittadini la possibilità di comunicare e di partecipare a far vincere un modello di vita anziché un altro. Oggi, infatti, tra il centrodestra ed il centrosinistra è in corso una battaglia politica che non è giocata soltanto sui numeri, perché solo la finzione della disinformazione può creare equivoci di questo tipo: la corsa alle casacche (rossi, bianchi, neri) è una cosa che non rende giustizia al desiderio di chiarezza dei cittadini. Allora, per evitare che nei bar, nei circoli culturali, nelle piazze la gente dica: «tanto sono tutti uguali», oggi il Parlamento deve impedire che venga varata una regola che uccida definitivamente la possibilità di informare sui programmi, sulle posizioni politiche, sui regolamenti che noi vogliamo portare avanti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. La discussione odierna, non è né ampia né aperta e non dà a tutti noi la possibilità di esprimere come vorremmo la nostra opinione perché si è deciso di tagliare tutto, di tagliare i tempi attraverso il cosiddetto contingentamento. Per questi motivi ci troviamo a discutere con una spada di Damocle sul capo. E mi viene in mente ciò che padre Dante avrebbe detto: «vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare».
PIETRO ARMANI. Bravo!
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Non dobbiamo perciò chiedere perché votiamo e perché non votiamo. Dobbiamo ingoiare questo calice amaro, e dobbiamo farlo pure velocemente, senza la possibilità di
riflettere. Tutto infatti è stato organizzato in questo senso a partire dalla sostituzione dell'onorevole Rebuffa nella Commissione affari costituzionali, con la scusa che non c'era la maggioranza. In altre Commissioni, lo faccio presente al signor Presidente, si è verificata analoga situazione, e ciò nonostante non si proceduto allo stesso modo perché non ce ne era bisogno. Qui invece c'è bisogno che la legge venga approvata in un certo modo e tutto viene organizzato in maniera tale da volgere a questo fine. Anche in Commissione i tempi sono stretti, si procede a colpi di maggioranza e non c'è la possibilità di approfondire gli emendamenti. Ieri mattina ed anche oggi in Comitato dei nove i tempi sono stati pure ristrettissimi: si procede con premura perché bisogna arrivare subito all'approvazione del disegno di legge.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Lucchese, le faccio presente che in questo momento è esaurito il tempo a disposizione della sua componente, che è stato raddoppiato: pertanto lei sta entrando nella quota di tempo raddoppiato.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Sto terminando, signor Presidente. Dicevo che alla fine del comma 2 dell'articolo 2 è scritto che quelle regole non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi di informazione. È ovvio che in questo caso sono avvantaggiati il Governo e le forze di maggioranza, perché le notizie e le informazioni provengono proprio dal Governo.
Concludo con questa spigolatura per dimostrare che il problema è di grande rilevanza politica e che di questa legge vedremo le conseguenze nei prossimi mesi ed anni. Ritengo che sarebbero state necessarie maggiore attenzione ed apertura ed, al di là del regolamento, quanto meno un po' di buonsenso o di senso comune nel voler accettare un dibattito che potrebbe essere produttivo ai fini della libertà nel nostro paese.
PRESIDENTE. Colleghi, in ordine alla questione relativa ai tempi per gli interventi a titolo personale, che è stata posta prima, vorrei segnalare una possibile applicazione dei vari criteri, affinché ci possiate riflettere. La questione è la seguente: alcuni gruppi hanno ritenuto di utilizzare il tempo a loro disposizione in un certo modo, così privando gli altri membri del proprio gruppo della possibilità di parlare; infatti, se ciascuno avesse parlato per minor tempo, avrebbe potuto intervenire un maggior numero di colleghi. Vi sono poi componenti del gruppo misto che hanno un tempo inferiore ai quattordici minuti e poi vi sono i singoli non inseriti in alcuna componente.
ELIO VITO. Presidente, ...
PRESIDENTE. Ci rifletta, onorevole Vito, lei è troppo rapido! Riflettiamoci bene, tanto abbiamo tempo.
FABIO CALZAVARA. Signor Presidente, certamente si debbono porre limitazioni alla concentrazione dell'informazione, anche perché la Lega nord è sempre stata contro i monopoli, in particolare quello della televisione di Stato che - lo ricordo - è pagata da tutti i cittadini che votano per tutti i partiti presenti in quest'aula e non soltanto per quelli della maggioranza che governa la RAI. Questa maggioranza, cosiddetta democratica, deve vergognarsi proprio per la mancanza di democrazia dimostrata nell'inaccettabile censura contro il referendum popolare - e sottolineo popolare - promosso dalla Lega nord per l'abolizione dell'inaccettabile legge Turco-Napolitano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Presidente, la ringrazio, ma io non avevo chiesto di parlare
in questo caso. Lei aveva detto che ogni deputato doveva chiedere di poter riservare il suo tempo...
PRESIDENTE. Le spiego la ragione. Poiché stanno intervenendo adesso i colleghi che appartengono a gruppi che dispongono di tempo, come ho cercato di spiegare, e lei finora è l'unico degli iscritti della Lega, devo darle la parola ora.
DAVIDE CAPARINI. D'accordo, intervengo ora.
PRESIDENTE. Le chiedo scusa.
DAVIDE CAPARINI. Ci mancherebbe.
PRESIDENTE. Potrei conoscere la valutazione dei colleghi sulla precedente proposta?
ELIO VITO. Signor Presidente, abbiamo cercato innanzitutto di capire la sua proposta; ed è già stata un'impresa difficile. Dopo di che dobbiamo dire che troviamo sia stata in parte già applicata, perché lei non sta più chiamando i
colleghi secondo l'ordine di iscrizione ma sta procedendo in base ai gruppi; quindi, sta dando un carattere politico diverso ad una quota di interventi che, per loro espressa definizione, sono invece «a titolo personale».
PRESIDENTE. Un attimo, onorevole Vito, altrimenti non ci capiamo. Come ho spiegato, ho dato la parola ai colleghi della Lega perché essi hanno ancora del tempo a disposizione; intanto, ho cercato di riflettere su quali potessero essere le modalità da seguire nel prosieguo dei nostri lavori.
ELIO VITO. Sì, Presidente, ma la discussione sull'articolo 1 si deve svolgere secondo l'ordine degli iscritti a parlare. Non possiamo mettere prima gli oratori dei gruppi e poi i paria a titolo personale...
PRESIDENTE. No, no. Gli interventi a titolo personale sono sempre quelli finali.
ELIO VITO. No, Presidente, questo non sta scritto da nessuna parte. Non c'è alcuna norma regolamentare che lo preveda; anzi, potrebbe essere utile che altri interventi a titolo personale si svolgessero durante la discussione secondo l'ordine delle iscrizioni a parlare.
del gruppo misto, che hanno meno tempo a disposizione, si dia il tempo che è giusto sia loro riconosciuto.
MAURO GUERRA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURO GUERRA. Signor Presidente, credo che l'ipotesi da lei formulata sia equilibrata e che su di essa sia opportuno convenire.
PRESIDENTE. Onorevole Vito, non interrompa.
MAURO GUERRA. Signor Presidente, credo che oltre questo non sia possibile andare e che, ogni volta che si interviene per chiedere un ulteriore allungamento dei tempi, non si debba perdere la memoria dei tempi già utilizzati. Quando si pensa di intervenire per tutelare gli interventi a titolo personale dei deputati, si deve far riferimento a tutti i deputati.
ELIO VITO. Componenti!
MAURO GUERRA. Credo che oltre non sia possibile andare, credo che questa ipotesi sia equilibrata e che pertanto su di essa sia opportuno convenire.
DOMENICO NANIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO NANIA. Signor Presidente, noi riteniamo che l'utilizzazione dei tempi per gli interventi a titolo personale risponda ad una logica che non è quella in base alla quale ora si intendono utilizzare i tempi.
Signor Presidente, questa norma va interpretata alla luce del comportamento adottato da un singolo gruppo nell'intera vicenda in discussione. Non si può pensare di attribuire i tempi degli interventi a titolo personale, per esempio al gruppo misto, in ragione di un aspetto meramente quantitativo o di composizione dello stesso gruppo misto, se quest'ultimo in precedenza non ha partecipato al dibattito oppure ha utilizzato il tempo a disposizione, insomma per dirla in parole semplici «se l'ha fatta alla larga»! Questo caso rappresenta un ulteriore tentativo di impedire all'opposizione di compiere il proprio dovere nel merito del provvedimento! Quindi il gruppo misto, come qualunque altro gruppo, senza invocare alcuna ragione di ordine preferenziale, partecipa al dibattito con gli interventi che riterrà opportuni; non occorre, dunque, operare alcuna scelta o discriminazione a favore di questo o di quell'altro gruppo.
PRESIDENTE. Onorevole Nania, posso chiederle una spiegazione? Il deputato singolo - prima è stato citato il caso dell'onorevole Roscia - che non appartiene a nessuna componente, come può essere tutelato?
DOMENICO NANIA. Lei può fare questa valutazione, io mi riferisco alla valutazione discrezionale; l'importante è che il tempo per gli interventi a titolo personale non sia attribuito ad un gruppo che non interviene mai e poi, invocando la ragione...
PRESIDENTE. Ho capito e la ringrazio.
DANIELE ROSCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE ROSCIA. Signor Presidente, penso che la sua proposta sia accettabile. Sono parte in causa, ma vorrei rispondere all'onorevole Vito, secondo cui non si deve sottrarre tempo all'opposizione, che il mio gruppo è di opposizione, non di maggioranza; è una componente non riconosciuta...
ELIO VITO. Hai ragione!
PRESIDENTE. Onorevole Vito, lasci parlare.
DANIELE ROSCIA. Evidentemente il fatto di non essere omologato al Kapo delle opposizioni...
PRESIDENTE. Onorevole Vito! Onorevole Palumbo, lei è un medico, veda un po'...!
ELIO VITO. Non iniziamo con le offese personali!
DANIELE ROSCIA. ...non significa essere automaticamente in maggioranza. Ognuno deve avere la possibilità di intervenire, ma vedo che il disturbatore dell'Assemblea, l'onorevole Vito, che lo fa di professione, non permette al sottoscritto di intervenire.
ELIO VITO. Presidente!
DANIELE ROSCIA. Spesso e volentieri ho criticato il suo atteggiamento in aula, forse questa volta ha peccato di troppa democrazia: parliamo di meno e votiamo gli emendamenti. Grazie.
PRESIDENTE. Onorevole Nania!
ELIO VITO. Presidente!
PRESIDENTE. Onorevole Vito, deve lasciar svolgere la discussione, non è il monopolista dell'aula! I monopoli sono contro la democrazia. Ripeto, lei deve lasciar parlare e discutere!
ELIO VITO. Lei non mi può offendere.
PRESIDENTE. Volevo rivolgermi al collega Nania in relazione alle cose che ha detto. C'è il problema dell'organizzazione del tempo tra i gruppi, e lui sotto questo
profilo ha ragione; vi è la questione dei deputati che non sono iscritti a nessun gruppo, che secondo l'onorevole Nania si può valutare, ed infine vi è il problema delle componenti i cui appartenenti dispongono singolarmente di meno di quattordici minuti. O si sceglie la strada da me indicata in precedenza oppure più semplicemente, fermo il raddoppio dei tempi, darò dieci minuti o un quarto d'ora di tempo a chi intende iscriversi a titolo personale e tale tempo potrà essere utilizzato da ciascuno nel modo che ritiene opportuno, nel corso dell'esame del provvedimento. Francamente non vedo altre possibilità.
ELIO VITO. Con questa proposta accade esattamente quello che il collega Roscia non vuole. Egli giustamente dice di far parte di una componente politica di opposizione che ha diritto ad essere riconosciuta in questa Camera e ad avere una sua quota di tempo, la quale non può essere attinta o sottratta a quella degli iscritti a titolo personale. Altrimenti, si riduce Roscia...
PRESIDENTE. Non si tratta di una componente; in quel caso avremmo risolto!
ELIO VITO. Ho capito, ma si crea tutto questo artificio di componenti e sottocomponenti e poi si fa riferimento a quelli che hanno avuto 14 minuti. Ma da chi? Lei ha dato 4 minuti al Patto Segni ed ha dato 5 minuti al CDU. Ora, poiché stiamo utilizzando il tempo per interventi a titolo personale, scopre che è poco e lo vuole aumentare non aggiungendo altro tempo cui si ha diritto ma sottraendolo da quello destinato agli interventi a titolo personale.
tutela dei nostri diritti, che sono i diritti della democrazia e del Parlamento, anche quando lei tornerà all'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e misto-CCD)!
PRESIDENTE. Onorevole Vito, non intendevo assolutamente offenderla. Mi sono rivolto al collega Palumbo essendo questi un uomo assolutamente pacato e sereno e per il fatto che lei ha l'abitudine di interrompere continuamente chi parla. Se ha considerato la mia un'offesa, le chiedo scusa; è stato un equivoco, non si tratta assolutamente di questo, mi sarei rivolto allo stesso modo anche ad altri.
GIOVANNI PILO. Presidente, colleghi, sono stato tentato - dico la verità - di parlare in dissenso dal mio gruppo anziché a titolo personale, perché mi è capitato di dover dire e scrivere più volte che Lilli Gruber può averci fatto vincere le elezioni, mentre Emilio Fede ce le può aver fatte perdere. Come ognuno comprende, questa posizione non è tanto popolare soprattutto da quelle parti. Allora, è deludente che oggi l'onorevole Vita ed anche il Presidente del Consiglio condividano le posizioni che implicitamente o esplicitamente li accomunano proprio ad Emilio Fede, che è stato spesso bersaglio del loro sarcasmo e della loro ironia. Cito Emilio Fede, tanto per cominciare, perché è evidente che nel tema dell'informazione politica c'è il problema legato al fatto che questa è mediata dal ruolo dei giornalisti. Non si può eludere il problema che lo spazio di questa informazione è mediato da giornalisti in larga misura schierati da una parte. Ho in mente un sondaggio di SWG, pubblicato dall'Espresso, dal quale risulta che il 73 per cento dei giornalisti italiani è dichiaratamente di orientamento di sinistra, ma ci sono anche dati relativi ad altri paesi che confermano questa tendenza; quindi non è un problema solo italiano. Questo costringe a prendere in considerazione ogni forma di comunicazione diretta attraverso cui partiti, movimenti politici o anche singoli candidati possono tentare di far conoscere direttamente all'elettore il proprio punto di vista.
imponenti del fatto che la gente nel lungo periodo è capace di formarsi opinioni personali che non possono essere fuorviate dalla propaganda. Prendiamo l'esempio clamoroso della caduta del muro di Berlino: un grande impero, un apparato straordinario di informazione, disinformazione e repressione è potuto cadere nonostante la sua presenza. Ma ci sono casi anche nel nostro paese: il referendum sul divorzio del 1974 fu vinto nonostante la maggior parte dei mezzi di informazione fossero chiaramente schierati contro. La conferma di questa situazione è data da chi ha avuto modo di osservare il panorama dell'informazione politica nella cosiddetta prima Repubblica, quando i partiti avevano il monopolio dell'informazione.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Pilo.
SIMONE GNAGA. Non so quanto questo dibattito possa interessare la comunità nazionale. I problemi che abbiamo di fronte sono sicuramente molto sentiti da ogni cittadino, perché le regole del gioco in un regime democratico non solo devono essere eque, ma devono permettere la partecipazione di tutti i soggetti politici, anche di quelli che oggi non sono rappresentati in Parlamento e che in un prossimo futuro potrebbero avere un consenso elettorale. Inoltre questa normativa è un nuovo eccesso di regolamentazione, tipico del sistema politico italiano, che va a creare ulteriore confusione. È vero che la parità di accesso ai mezzi di informazione è uno dei parametri della democraticità di un sistema, anche considerando la variazione dei mezzi di comunicazione ed i soggetti politici. Tra l'altro bisognerebbe chiarire quali sono i soggetti politici, altrimenti potremmo trovarci, per esempio, in campagna elettorale con associazioni ambientaliste che legittimamente comunicano le loro iniziative. Sono però o non sono soggetti politici? Possono o no definire nei quarantacinque giorni precedenti le consultazioni elettorali il loro messaggio, fatto necessario per le comunicazioni e per l'informazione nei confronti della comunità? Un eccesso di regolamentazione che non aiuta quella che comunque rappresenta un'anomalia del sistema politico italiano.
fatto che mezzi e strumenti per fare attività politica ci auguriamo non siano sempre più anomali...
PRESIDENTE. La ringrazio.
GIUSEPPE DEL BARONE. Alcune rapidissime considerazioni sugli argomenti al nostro esame. Mi sembra di aver sentito dire che la discussione in atto non avrebbe sicura rilevanza politica e sociale. Si tratta di un'affermazione che ritengo assurda. Se infatti è vero che la maggioranza sostiene che questa è una legge europea, è anche evidente che la legge - soprattutto in periodo elettorale - è solo idonea a zittire la voce dell'opposizione. Mi pare dunque che la discussione sull'argomento abbia seria rilevanza sociale e politica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO. Ci avete provato: avete tentato, per qualche mese, di resistere alle tentazioni dirigistiche, alle tentazioni comuniste. Avete tentato, per qualche mese, di esprimervi con un volto buonista, ma non ci siete riusciti: ben presto è venuto fuori il vero volto, quello che viene da lontano, quello che viene dalle vostre esperienze, dalla vostra tradizione, da ciò che avete imparato da chi vi ha preceduto, tentando di limitare, tentando di conculcare, tentando di vietare.
l'Ulivo mondiale, che consenta di lavorare su Internet? Perché non utilizzate questi strumenti di modernità per creare nuove forme e nuove barriere illogiche, illiberali, antistoriche, proprie della vostra condizione culturale? Perché non cominciate a suggerire quando e come i televisori nelle nostre case devono essere accesi?
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Russo.
DOMENICO NANIA. Per giustificare il disegno di legge governativo, si è chiamato in causa Popper con la sua frase sulla necessità di mettere sotto controllo il mezzo televisivo; si è richiamato anche lo stesso Sartori, il politologo italiano che, in più occasioni, si è pronunciato sull'efficacia manipolativa del mezzo televisivo. Non vi è dubbio che le frasi hanno un loro fondamento di verità, solo che in quest'aula sono state interpretate dal ministro Cardinale o dal sottosegretario Vita con una falsificazione evidente, perché si è scambiata la messa sotto accusa del mezzo televisivo con la messa sotto accusa della comunicazione politica tramite la propaganda elettorale e la pubblicità elettorale.
protegge il vizio ideologico della sinistra di regime, cioè quello di proteggere un'opera di penetrazione condotta nel tempo, almeno in cinquant'anni. A differenza della sinistra socialdemocratica, che, come abbiamo visto anche in quest'aula, ha un atteggiamento molto più aperto nei confronti del problema, la sinistra politica - in particolare la sinistra di regime - vuole garantirsi a tutti i costi il vantaggio di apparato e di organizzazione del quale gode.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Scarpa Bonazza Buora. Ne ha facoltà.
PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA. Signor Presidente, sono molto rattristato di dover intervenire oggi in quest'aula per unirmi al coro di sconcerto e di dolore che si leva da parte dei banchi dell'opposizione nei confronti della maggioranza parlamentare. Effettivamente, sembra strano, sembra incredibile ed è sicuramente inaccettabile, intervenire alle soglie del 2000 per difendere ancora le libertà fondamentali, le libertà più elementari, francamente pare una situazione irreale. Eppure, ci troviamo qui a difendere strenuamente, senza usare nessun tipo di enfasi ma con il massimo senso di responsabilità, alcune libertà, e in questo caso la libertà di informazione, di comunicazione politica, che a nostro modo di vedere (e - noi ritenevamo - a modo di vedere di tutti, anche dei comunisti, anche di quelli che si vergognano di chiamarsi comunisti) dovrebbero essere delle verità lapalissiane. Purtroppo, non è così. Ci troviamo di fronte ad un disegno lucido, ad un disegno certamente allucinante, specialmente se pensiamo al combinato disposto di quello che vi potrà essere se, oltre alla legge della par condicio, sarà approvata anche la legge del conflitto di interessi così come viene interpretato da rifondazione comunista.
Probabilmente ciò potrebbe scatenare delle crisi nervose o delle crisi epilettiche nei bambini.
PRESIDENTE. Colleghi, l'onorevole Roscia ha chiesto di utilizzare il famoso tempo di 14 minuti, così come l'onorevole Calderisi. Se vi sono altri colleghi che intendano farlo, li prego di comunicarlo entro le 11,30, in modo da avere un quadro chiaro.
MICHELE RALLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da parte di qualcuno è stato adombrato il sospetto che dietro questo provvedimento, certamente illiberale ed antidemocratico, vi sia, gratta gratta, la vecchia scorza comunista, il che è anche possibile - per carità! - in alcuni settori, spero minoritari, della maggioranza. Secondo me, ciò che sta alla base del provvedimento non è il vizio di origine antidemocratico, bensì la mancanza di senso del reale, di senso della modernità che manca a questa sinistra, continuamente e regolarmente impegnata in battaglie di retroguardia, quale quella portata avanti contro la televisione commerciale fin dal suo nascere. Questa sinistra, vecchia e superata e non illiberale, guardava all'innovazione con occhiali obsoleti che non riuscivano a mettere a fuoco la nuova realtà. Infatti, quella battaglia fu condotta dicendo che alla televisione commerciale non potevano essere date le frequenze di cui aveva bisogno perché poche e non occupabili; cosa, questa, falsa perché il progresso della tecnologia moltiplicava le frequenze. Si arrivò al punto di costringere il popolo italiano ad un referendum nel momento in cui si volevano togliere le televisioni commerciali dalla libera disponibilità dell'imprenditore; referendum che bocciò la vecchia e superata posizione della sinistra. Nonostante ciò, la volontà così espressa fu violentata attraverso un indirizzo che ha inviato, o sta per farlo, una di queste televisioni sul satellite ritenendo che qui non vi siano gli spazi. Anche questa cosa non vera, o quantomeno non esatta perché - lo ripeto - il progresso tecnologico porta ad una moltiplicazione degli spazi disponibili per l'emittenza televisiva, oggi attraverso il satellite e domani - e questo Governo ha già fissato la scadenza - attraverso la trasmissione digitale terrestre.
PRESIDENTE. Ne farete un'altra sbagliata.
MICHELE RALLO. ...ne faremo una migliore. Credo che non ripeteremo questi errori. Certamente non sarà una legge di retroguardia.
giornalisti venduti ad una certa parte politica. Cosa purtroppo oggi dominante nell'ambito della pubblicità elettorale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.
CARMELO PORCU. Signor Presidente, arrivati a questo punto del dibattito molto, direi moltissimo, è stato detto. Ed allora mi permetto di rassegnare all'Assemblea alcune piccole riflessioni tratte dal diario della mia vita, direi in questo caso, alcuni spot. Ricordo che, agli albori dell'evo televisivo, ebbi il primo contatto con questo mezzo che ha influenzato tutta la nostra vita, cioè nostra signora televisione, in un luogo indubitabile e strano, cioè la sezione del mio paese del partito comunista italiano.
PRESIDENTE. Vedo che gli effetti sono stati negativi!
CARMELO PORCU. Signor Presidente, volevo appunto sottolineare che non per questo sono diventato comunista!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Sospiri. Ne ha facoltà.
NINO SOSPIRI. Signor Presidente, la scorsa settimana - tempestivamente, come si conviene - mi sono iscritto a parlare sul complesso degli emendamenti presentati all'articolo 1, avendo a disposizione venti minuti. Ieri sera ho atteso fino alle 22 il mio turno, che però non è arrivato. Questa mattina, con l'intervento del collega Domenico Benedetti Valentini, Alleanza nazionale per i noti motivi ha esaurito il tempo a propria disposizione e perciò ho chiesto di intervenire a titolo personale sapendo di avere a disposizione quattordici minuti. Poco fa, invece, lei ha ricordato che, considerato il numero degli iscritti, il tempo si è ulteriormente ridotto a quattro minuti e qualche secondo; tuttavia non ho voluto rinunciare all'intervento affinché agli atti della Camera resti qualche traccia di quanto avrei voluto dire.
Le rammento, signor Presidente, che diversi anni fa, in una circostanza simile, un nostro collega simpaticamente ricordò che il Parlamento si chiama così perché è fatto per parlare e non per tacere. Ma tant'è, queste sono le circostanze.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.
TOMMASO FOTI. Signor presidente, quest'aula non è sicuramente deputata ad ospitare un seminario di scienza e tecnica dell'informazione televisiva. Pur tuttavia, mi pare abbastanza superficiale non considerare il fatto che, se fosse sufficiente uno spot per far vendere un prodotto, non si spiegherebbe il perché di tanti flop di prodotti, seppur pubblicizzati adeguatamente e con campagne pubblicitarie di notevole spesa. È evidente che il tema non è questo, non può essere soltanto questo. È evidente che, nel momento in cui si parla di parità di accessi ai mezzi di informazione, si nasconde la realtà dei fatti. Questo Governo, questa maggioranza si preoccupano unicamente di licenziare un testo con il quale si penalizzano soltanto alcune grandi reti televisive, dimenticando forse che, nel contempo, si penalizza tutto un insieme di piccole e medie reti televisive che pure svolgono sul territorio un servizio meritorio di informazione per le comunità locali.
le masse non hanno più una coscienza critica. Temete la forza degli spot quando in realtà l'unico spot che vi ha sul serio danneggiato - perché vi ha fatto conoscere - è la vostra permanenza al Governo del paese. Non saranno certo gli spot a mandarvi a casa: bastate voi - con le vostre suggestioni ed i vostri timori, con una faziosità che non conosce confini - a liquidare un'esperienza politica di Governo che ha legittimato il trasformismo e la compravendita dei parlamentari; quasi che fosse morale acquistare con fondi di dubbia provenienza il consenso di qualche prezzolato eletto e fosse invece immorale acquistare con il denaro assegnato dallo Stato ai partiti un certo numero di spot.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Morselli. Ne ha facoltà.
STEFANO MORSELLI. Signor Presidente, in questi giorni i colleghi hanno abbondantemente sviscerato la materia: serve o non serve la pubblicità? Qual è il modo più consono per fare propaganda?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Giovanni Pace. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PACE. Signor Presidente, credo che in quest'aula sia stato detto tutto e il contrario di tutto sulla par condicio. Sono perciò consapevole che il mio intervento, a titolo personale, potrà aggiungere pochissimo alle argomentazioni già svolte dai colleghi in ordine ai sospetti di incostituzionalità della norma, alla libertà di informazione, alla strumentalità di un'iniziativa con la quale, secondo alcuni, la maggioranza vuole raggiungere un indubbio vantaggio sull'opposizione.
iniziative legittime che realizzino, anche contro la volontà di chi le ha poste in essere, un vulnus alla democrazia realizzata, alla Costituzione così come interpretata ed intesa fino a questo momento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Ozza. Ne ha facoltà.
EUGENIO OZZA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, seguendo l'esempio dell'onorevole Pace, non farò disquisizioni o formulerò osservazioni, ma mi limiterò soltanto a rilevare come questa legge rappresenti la giustificazione che la maggioranza dà a se stessa per l'esito elettorale delle elezioni europee del giugno scorso. In altri termini, dopo aver perduto le elezioni europee, la maggioranza si chiede le ragioni del risultato negativo, ma avendo poca dimestichezza con l'autocritica - nel senso di riconoscere di aver perso per mancanza di credibilità - insiste sul fatto che il Polo ha vinto perché manda in onda gli spot. Questo è il motivo per cui, a distanza di alcuni mesi, stiamo discutendo questa legge.
della televisione. Agli amici deputati del centrosinistra domando: quanti di voi sono stati eletti grazie anche alla campagna pubblicitaria televisiva? Quasi nessuno, perché l'opinione pubblica sceglie il candidato che si presenta nel singolo collegio oltreché per motivi politici per una serie di altre ragioni: siamo eletti perché la gente ci crede capaci di interpretare i loro bisogni; siamo scelti perché ci ritiene onesti, capaci, intelligenti, seri, credibili; in altre parole non ci vota perché abbiamo fatto lo spot o perché ci siamo presentati in televisione per propagandare questo o quel prodotto! In quest'aula siamo chiamati a responsabilità enormi, ad approvare leggi per l'occupazione, per l'economia, in favore dei diseredati e degli emarginati, non per licenziare leggi liberticide come stiamo facendo in questi giorni!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Gazzilli. Ne ha facoltà.
MARIO GAZZILLI. Con forza e con profonda convinzione esprimo il mio personale dissenso in ordine alla iniqua legge bavaglio al nostro esame, che già nel corso del dibattito al Senato è sembrata particolarmente odiosa persino ad importanti esponenti della maggioranza, i quali proprio per questo motivo ritennero di prevenire taluni prevedibili ed ovvi argomenti dell'opposizione, incorrendo in un vero e proprio incidente di percorso, se non altro per il noto brocardo latino excusatio non petita accusatio manifesta. Infatti, il senatore Villone ha negato che il provvedimento al nostro esame abbia intenti liberticidi e sia inficiato da illegittimità costituzionale, asserendo addirittura che la materia dovrebbe essere opportunamente regolamentata per assicurare parità di condizioni ed un'equilibrata partecipazione di tutti i cittadini alle scelte fondamentali che investono la vita della collettività.
quali non è concessa parità di accesso ma è riservato l'esatto contrario, atteso che la televisione di Stato è praticamente asservita alla maggioranza, alla quale vengono accordate innumerevoli possibilità di diffondere il proprio messaggio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI. Signor Presidente, signori membri del Governo, onorevoli colleghi di questa Camera, è proprio il caso di dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Era cominciata nel 1996, per proposta - che qualcuno riteneva leale e sincera - di questa sinistra e per disponibilità coerente dei rappresentanti dell'opposizione, quella che doveva essere la stagione delle regole, una stagione nella quale nessuno avrebbe dovuto rinunciare alle proprie prerogative (la maggioranza di governare e l'opposizione di controllare) e si sarebbero dovute scrivere delle regole che avrebbero fatto crescere la democrazia in questo paese.
avevano ragione. Il Polo per le libertà dai banchi dell'opposizione in momenti determinanti, fondamentali, della vita di questo paese, quando era in gioco anche la credibilità internazionale, non ha fatto venire meno il proprio sostegno per legittimare l'Italia agli occhi dei suoi alleati: abbiamo sostenuto la missione in Albania, abbiamo sostenuto l'intervento in Iugoslavia, abbiamo contribuito ad individuare e votare un Capo dello Stato, eravamo disponibili ad un percorso per le riforme istituzionali. Tutto questo è venuto meno ed è stata smascherata la volontà di quanti elogiano questa opposizione soltanto quando la possono utilizzare per fini politici, allora è santa e saggia, quando invece rappresenta gli interessi del paese, è piazzaiola ed eversiva.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Stagno d'Alcontres. Ne ha facoltà.
FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Signor Presidente, il principio sul quale sono fondate le norme contenute nel disegno di legge in esame, secondo le parole attribuite a un maestro della comunicazione politica del calibro del Presidente del Consiglio, è che la politica non si vende come un detersivo. Se ha pronunciato queste parole e se l'italiano, come il latino dell'onorevole Mussi, non è fatto di parole dette a casaccio, chiederei sommessamente al Presidente del Consiglio come si venda la politica. Mi riferisco ovviamente alla comunicazione.
quelle che, nonostante una parvenza di generalità, di validità erga omnes, ne sono totalmente prive.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Tortoli. Ne ha facoltà.
Ricordo che nella seduta di ieri sono proseguiti gli interventi sull'articolo 1 e sul complesso degli emendamenti ad esso riferiti (per l'articolo e gli emendamenti vedi l'allegato A - A.C. 6483 sezione 1).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà. L'onorevole Benedetti Valentini dispone di 4 minuti e 41 secondi.
Prego, onorevole Benedetti Valentini.
L'intempestività del provvedimento è qualcosa di più che sospetta. Si tratta - agli occhi di qualunque cittadino che osservi la vicenda - di una disciplina voluta esattamente nell'imminenza di consultazioni elettorali di carattere generale con un forte rilievo politico. Una maggioranza numerica in termini di seggi ma minoranza in termini di voti intende mantenere tale posizione con la forza ed anche, direi, con la violenza del numero (è ben noto che in determinate circostanze anche il numero può essere utilizzato con violenza). È qualcosa di più di un sospetto. Un antico proverbio cinese diceva che se stai attraversando un campo di meloni e ti si scioglie il laccio della scarpa non devi chinarti immediatamente per riallacciarla, perché qualcuno potrebbe sospettare che intendi appropriarti dei meloni. Così è la maggioranza: nell'imminenza di elezioni a larga valenza generale e politica non esita ad avvalorare o a suscitare sospetti; anzi, se ne infischia ampiamente di questi che sono qualcosa di più di sospetti e vuole imporre con la violenza e con la protervia una modifica delle regole del gioco.
Una seconda considerazione, che svolgiamo per la prima volta, riguarda proprio le regole del gioco. Credo acquisti particolare rilievo il fatto che una regola del gioco venga alterata (pesantemente alterata, limitata, condizionata profondamente) senza il concorso di un confronto costruttivo e senza margini di disponibilità nei confronti dell'altra metà del Parlamento, che rappresenta qualcosa di più della metà numerica delle elettrici e degli elettori italiane. Si è fatta troppa retorica su questo tema, dicendo che le regole non devono essere appannaggio di quella che contingentemente - in un certo momento specifico - è la maggioranza numerica in termini di seggi, poiché le regole devono valere a regime o comunque per un lungo periodo. Quindi è molto grave che una maggioranza contingente e fortuita in termini di seggi parlamentari si prenda l'arbitrio di imporre una regola fondamentale del gioco sulle modalità di svolgimento della propaganda elettorale.
Ma questa legge deve essere veramente iniqua, inefficiente, distorta e liberticida se riesce a suscitare l'opposizione anche di coloro che potrebbero non essere potenzialmente contrari ad una disciplina della campagna elettorale. Molti di voi sono operatori politici, dirigenti politici e comunque hanno dovuto disputare prove in campagne elettorali. Devo ricordarvi che ormai tutte le forme di campagna elettorale, anche le più elementari, sono così limitate e così condizionate, rese così
Peraltro, con l'ausilio di un'apposita documentazione e con esempi concreti abbiamo contestato che con la nuova disciplina ci si ponga nel solco delle democrazie occidentali che più credono al libero ed aperto confronto elettorale. È esattamente vero il contrario. Ammesso che si debba copiare ciò che vige in altri paesi (una regola stabilita da nessuna parte, perché la libertà non ha regole precostituite ed anzi i paesi dovrebbero scavalcarsi l'uno con l'altro nella ricerca di maggiori livelli e spazi di libertà e non di coartazione), abbiamo dimostrato che in quasi tutti i paesi - anche laddove sono attuate forme di regolamentazione o di disciplina - esistono spazi compensativi assicurati all'estrinsecazione della libertà di propaganda e di messaggio ed anche alla scelta del tipo di messaggio che si vuole indirizzare alle elettrici ed agli elettori.
Queste ragioni sono sostanziali, sono molto semplici e sono comprese dal cittadino medio. Per quanto grande sia il fastidio verso la politica che questo regime è riuscito, più che a far serpeggiare, ad indurre nell'opinione pubblica - l'astensionismo ne è una documentata prova, un fenomeno del quale tutti ci diciamo allarmati ma rispetto al quale ci guardiamo bene dall'adottare coerenti misure - pensare di poter tornare indietro rispetto all'affinamento delle misure con cui si vuol far giungere il proprio messaggio all'opinione pubblica è una posizione assolutamente fuori del tempo.
Mi meraviglia che una sinistra che intende, anche se sempre più abusivamente, presentarsi come progressista e modernizzatrice incorra in questo storico e formidabile errore.
Signor Presidente, concludo dicendo che anche chi è affezionato alle forme tradizionali di propaganda, vedendo come queste siano sempre più complesse, tanto più ne trae ragioni per opporsi ad una disciplina intenzionalmente liberticida e che non tornerebbe certo ad onore del Parlamento qualora dovesse essere approvata.
Ne ha facoltà.
Si parla dell'anomalia italiana rispetto all'Europa ma in nessuna parte del continente c'è un capo di Governo che interviene come capo fazione per dire cosa è giusto e cosa non è giusto con riferimento a ciò che stiamo discutendo in questa sede, che dovrebbe essere sovrana.
Il tema abusato della par condicio serve a nascondere, dietro un concetto paludato e apparentemente onesto, un disegno di legge che onesto non è ed anzi appartiene alla peggior demagogia parolaia,
I diessini hanno festeggiato il loro ingresso nel 2000 con un assemblea il cui slogan era I care. Abbiamo assistito ad un passaggio brusco dalla cultura settaria del marxismo alla cultura cattolico-solidaristica. Ecco qui la prima traduzione italiana del I care di don Milani: i diessini vogliono dimostrare che si preoccupano sempre e si preoccupano per lo più di vietare. La cultura del divieto di spot elettorale si iscrive in questa logica, che vuole negare la modernità e la rivoluzione indotta, anche nella politica, dai mezzi di comunicazione di massa.
Diceva Mc Luhan, noto massmediologo canadese, in un'abusata sintesi del suo pensiero: «il mezzo è il messaggio». Vale la pena applicare questo pensiero alla legge che siamo chiamati a votare e che verte, guarda caso, proprio sull'utilizzo dei mezzi di comunicazione. In questo caso il mezzo è la legge, che vieta la pubblicità elettorale sul primo e più forte strumento di comunicazione di massa, la televisione. Questa, in altre parole, deve far finta che le elezioni, che sono mezzo di esercizio della sovranità popolare, non esistano; non ne può parlare attraverso gli spot, che peraltro sono quasi il suo unico specifico contenutistico.
Quanto al messaggio, per tornare a Mc Luhan, è chiaro che la maggioranza dice al paese «Comandiamo noi e si fa come diciamo noi!». Fate pure come volete, votate una legge che oggi - e sottolineo oggi - vi fa comodo, perché è finalizzata a togliere spazio all'opposizione, ma sappiate che domani questa stessa legge vi si rivolterà contro. Quando la maggioranza di questo paese sarà di segno contrario all'attuale, potreste essere voi a rinunciare a veicolare le vostre idee attraverso la televisione specie se la futura maggioranza volesse essere coerente con la vostra politica.
Certo, la sinistra preferisce i mezzi di comunicazione che ritiene più alti come i volantini, i manifesti, i comizi; la televisione viene apprezzata per lo più quando è gratis, quando è pagata con i soldi del contribuente, quando l'informazione è targata RAI, quando si chiama Telekabul, quando proviene dai TG di Stato! Quando, insomma, è prodotta da giornalisti fedeli alla linea, come si diceva fino a qualche stagione orsono. Al contrario non si deve riconoscere alcuna credibilità al messaggio politico degli spot televisivi che di per sé inducono lo spettatore - è la tesi che fa da sfondo al divieto oggetto di questa legge - ad una sorta di incomprensibile, inconsapevole lavaggio del cervello: ecco che affiora il vecchio vizio degli ex comunisti che di masse allevate con la propaganda e con i lavaggi del cervello se ne intendevano! Rispondendo ad un riflesso condizionato, la televisione per la sinistra è sempre stata il luogo dove non si devono spezzare i sogni ed interrompere le emozioni, come voleva uno sfortunato slogan di qualche stagione orsono, quando la sinistra venne sconfitta nel referendum anti-spot: ricordiamocelo! Ma la lezione non è bastata!
Varrebbe la pena di ricordare agli ex compagni quanto disse un loro anziano, dimenticato ma certo non misconosciuto padre: a chi gli chiedeva cosa fosse il comunismo, il compagno Vladimir Il'ic Ul'janov meglio noto come Lenin rispondeva «Rivoluzione comunista è soviet più elettrificazione!», quest'ultima intesa come apertura ineluttabile alla modernizzazione del paese.
La sinistra ex comunista l'ha forse dimenticato, ma si è ricordata dell'elettrificazione solo per praticarne la lottizzazione, come ha fatto questo Governo con l'ENEL! La valenza rivoluzionaria dello slogan leninista è ciò che manca ai tardi epigoni italiani delle radiose giornate dell'ottobre rosso, divenute forza di governo reazionaria. Va detto a chiare lettere che la sinistra di Governo, prima ancora della
La sinistra, che non riesce a controllare la libera circolazione delle idee, ritiene più facile vietare, così come avviene in Cina.
Per tornare allo slogan di Lenin, dovremmo forse precisare che gli ex comunisti si rammentano dei soviet, ma dimenticano l'elettrificazione: vogliono negare il diritto all'informazione politica autoprodotta dai partiti ma enfatizzano il ruolo della comunicazione prodotta dai soviet dell'informazione, quella dei telegiornali di Stato pronti ad incensare i potenti di turno e ad oscurare - come dimostrano i dati ampiamente citati nel dibattito - le forze dell'opposizione ed i suoi leader. Come dicevo all'inizio della mia dichiarazione, ciò che maggiormente trapela da questo dibattito è l'ipocrisia di chi sa che il vero problema irrisolto, scientificamente irrisolto, è quello del conflitto di interessi che riguarda il capo dell'opposizione. Il nocciolo del problema è questo: il conflitto di interessi viene lasciato irrisolto scientificamente - dicevo - per poterlo meglio agitare quando se ne ha bisogno. Si preferisce mostrarsi liberali e al passo con l'Europa, mettendo il bavaglio all'opposizione, a tutta l'opposizione, anche a quella che non si ascrive necessariamente nel Polo. Chi non è con noi - questa è la vostra logica - è contro di noi e a chi è contro di noi devono essere negati gli spazi per poter offrire elementi di valutazione all'elettorato.
Fate pure, colleghi della maggioranza, alla quale da quest'oggi salutiamo l'iscrizione tardiva ma convinta di Rifondazione comunista. Fate pure, ma non lamentatevi poi se questo agire contro il buonsenso e il comune sentire dei cittadini si ritorcerà contro di voi. Ricordatevelo; non lamentatevi se domani o dopodomani, quando sarete costretti a lasciare gli scranni della maggioranza per trasferirvi in quelli più disagiati, più scomodi dell'opposizione, vi ritroverete a manovrare gli spazi da voi resi sempre più angusti, forse anche in quest'aula. Avete voluto introdurre nuove e per voi più vantaggiose regole del gioco, avete voluto limitare la libertà degli elettori. Ebbene, prima di noi saranno loro ad emettere il giudizio! Saranno loro ad esprimere la condanna ricordando quanto si è consumato in quest'aula. La nuova maggioranza che verrà si ritroverà tra le mani una splendida giustificazione per invocare i precedenti di quanto avete fatto. Vi ricorderà che leggi delicate come questa che stiamo esaminando possono essere votate in dispregio delle ragioni di chi vi si oppone.
Colleghi della maggioranza, volete introdurre il precedente del muro contro muro. Badate a non finire sotto le macerie di quel muro, di quello stesso muro che avete edificato. Ricordate e fate tesoro di quello che è avvenuto ad alcuni tra voi, che un giorno si sono ritrovati a spolverarsi dalle polveri di quel muro abbattuto a Berlino in nome di quella libertà che questa legge vuole negare attraverso il bavaglio che la sinistra vuole imporre alla destra. Ricordiamocelo (Applausi)!
Ha chiesto di parlare l'onorevole Fontan. Ne ha facoltà.
Senza dubbio vi è la necessità di regolamentare questa materia. Allora, visto che stiamo parlando dell'articolo 1 facendo riferimento all'ambito di applicazione, non posso non rilevare alcuni problemi, che è bene mettere sulla pubblica piazza a livello di riflessione.
Un altro problema importante è quello della carta stampata, mentre nel provvedimento si parla solo di televisioni. È vero che i giornali hanno una rilevanza minore della televisione, ma nella formazione delle idee e nella informazione più in generale, anche la carta stampata ha il suo valore; tuttavia, non è stata considerata ai fini della par condicio e questo è un aspetto che peserà moltissimo nella ricerca di una reale pari opportunità dell'informazione ai cittadini.
Approfitto di questo breve intervento per osservare che non è esattamente vero quanto viene scritto in alcuni giornali e ripetuto anche in quest'aula. Stiamo parlando di regole del gioco e lo stesso Presidente del Consiglio D'Alema ieri diceva che la par condicio dipende dall'opposizione: se quest'ultima la vuole, certamente si troverà una soluzione. Le regole dovrebbero prescindere da chi è maggioranza e da chi è opposizione; mi pare invece che in queste ultime settimane la maggioranza abbia «blindato» il provvedimento, aprendo eventualmente solo a qualche emendamento di Rifondazione comunista. La maggioranza ha quindi trattato un argomento così importante ai fini delle regole del gioco democratico in maniera per così dire omogenea dalla sua parte: ha aperto a sinistra, a Rifondazione comunista, ma non ha accettato gli emendamenti delle opposizioni e nessun emendamento proposto dalla Lega nord. Al di là del merito, questo mi pare un elemento molto negativo; non è vero che si vuole aprire, che si vogliono fare le regole del gioco insieme; è vero, invece, che le regole, in un terreno peraltro molto difficile, vengono decise unilateralmente da questa maggioranza per di più allargata a sinistra.
Devo anche rilevare l'azione discriminatoria condotta in questi giorni nei nostri confronti. Ieri per esempio il Presidente del Consiglio, che utilizza a man bassa le strutture dell'informazione pubblica, ha cercato di denigrare un serio partito dell'opposizione come la Lega nord, facendolo passare come movimento razzista e antidemocratico, mentre finora l'unico comportamento antidemocratico è stato proprio quello di questo centrosinistra che, lo ripeto, sta decidendo importanti regole del gioco a proprio uso e consumo senza tener conto delle opposizioni o comunque senza tener conto della volontà della Lega nord. Vogliamo denunciare questo comportamento della maggioranza e del Presidente del Consiglio che determina una assoluta impar condicio utilizzando le strutture pubbliche per farci passare per denigratori della democrazia. Noi vogliamo solo denunciare tutto questo perché, cari amici, mi risulta che a livello elettorale ciò non ci porti male. Lo dico agli amici popolari, i quali accettano che il loro Presidente del Consiglio, espressione della loro coalizione, vada in giro a denunciare in tutte le reti televisive questa orribile Lega, quando mi pare che in Austria il possibile candidato premier sia proprio un popolare del quale vi ritenete amici. È evidente l'azione strumentale dei mezzi pubblici; è evidente che, mentre si sta cercando di predisporre le regole del gioco, i primi a barare siete voi del centrosinistra. Comunque, ben venga anche questo perché a livello elettorale ciò può solo giovarci. Continuate così e ci darete anche voi una mano.
Il collega Roscia intende poter utilizzare il proprio tempo nel corso del dibattito. Invito pertanto coloro che intendono intervenire a titolo personale di comunicarlo alla Presidenza per poter valutare come evitare che chi intende parlare, conducendo un legittimo ostruzionismo, tolga il diritto di parola agli altri. È un problema delicato che affronteremo.
Vi è poi il problema dei colleghi i quali condividono il testo - il collega Roscia, ma potrebbero esservi altri colleghi della maggioranza -, per i quali si pone la questione se possano utilizzare il tempo assegnato per gli interventi a titolo personale o ai gruppi sottraendolo ai deputati dell'opposizione.
Mi permetto di dare un suggerimento al collega Roscia e agli altri che ora scoprono in sé l'istinto di sostenere Governo e maggioranza su un tema così delicato, a garanzia di tutte le opposizioni e di tutte le minoranze, onorevole Roscia; un tema sul quale ritengo non si possa scherzare utilizzandolo come elemento strumentale. A mio avviso, la quota di 14 minuti, tempo massimo previsto dal Presidente per l'intervento di un deputato, potrebbe essere considerata extra per le singole componenti del gruppo misto che non dovessero intervenire a titolo personale. Si utilizza cioè l'ora e 35 minuti, la si utilizza raddoppiata e, se nell'arco di questi interventi non ve ne è alcuno dei deputati appartenenti alla componente dell'onorevole Roscia - o ad altre componenti -, è evidente che essi hanno comunque il diritto di esprimere la loro opinione utilizzando una quota di tempo extra. Si configurerebbe altrimenti una situazione assurda: un ostruzionismo di maggioranza che occupa il tempo che invece cerchiamo legittimamente di occupare noi per manifestare le opinioni che ieri non ci è stato possibile esprimere.
La questione è, dunque, la seguente: se si trattasse di colleghi che hanno tempo a disposizione (perché appartengono a gruppi che hanno ancora tempi residuali) il problema non si porrebbe, perché, appunto, potremmo decidere diversamente. Tuttavia, vorrei cercare di capire quali siano i riflessi e le conseguenze di una decisione come quella che lei chiede in ordine al corretto andamento dei lavori. Infatti, come voi sapete, quando c'è ostruzionismo - legittimo - si richiede una applicazione rigorosa del regolamento; già abbiamo ampliato notevolmente... (Commenti del deputato Vito). Mi faccia riflettere! Vorrei capire quali possano essere le conseguenze regolamentari di una simile scelta.
Lei ha convenuto che questo fatto non rispondeva agli obblighi del servizio pubblico. Vorrei allora sapere quale risposta abbia ricevuto in proposito.
Poiché ho la parola, vorrei anche osservare, da uomo dell'immagine - almeno lo ero un tempo -, che le telecamere sono piazzate quasi sempre verso i banchi della sinistra. Tant'è vero che ieri l'onorevole Mussi ha avuto diritto ad una lunga inquadratura! Naturalmente, non pensiamo che tutto questo sia... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Comunista).
Per la par condicio occorrerebbe... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Comunista). È una cosa seria! Nella Germania che voi prendete sempre a modello...
Pertanto, non è solo un fatto narcisistico, se così vogliamo dire; è un dato di fatto che, in generale, le telecamere della RAI sono puntate su quella parte. Provi a farsi dare i filmati e vedrà che questo è vero (Commenti del deputato Saia e dei deputati del gruppo Comunista).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.
In questo clima credo che sia estremamente ingenuo pensare che le regole fondamentali, come questa della parità di accesso alla comunicazione politica attraverso l'uso dello strumento televisivo, possano essere scritte insieme da maggioranza e opposizione. Ritengo, infatti, che in questo momento subentri in molti la paura di perdere le elezioni e che prevalga l'arroganza per fare intendere di chi è il potere, che magari viene esercitato in maniera tale da creare per la propria parte una condizione più favorevole alle elezioni politiche. Credo che l'occasione sia molto ghiotta e che il centrosinistra la stia utilizzando in maniera forse anche decisiva per le proprie sorti; per un verso, infatti, vi è la volontà di imbrigliare l'opposizione, il che è un limite culturale prima ancora che politico, trattandosi di impedire agli altri di comunicare con il proprio elettorato, con il paese; per altro verso, ciò che si sta verificando in questi giorni, con l'accettazione di alcuni emendamenti, costituisce il pretesto per trovare l'aggancio con quelle forze politiche che sembravano essersi irrimediabilmente allontanate dal centrosinistra (mi riferisco, in maniera particolare, a Rifondazione comunista, ma anche ai Socialisti democratici). Vi è stata, quindi, una sorta di tentativo di riavvicinamento di Rifondazione comunista, sulla base del principio tendente a ribadire il ruolo centrale della televisione pubblica, con tutto ciò che questo comporta anche in termini di facilità di accesso da parte di chi detiene il potere; per contro, vi è stata una sorta di demonizzazione della TV commerciale abbinata alla demonizzazione del leader dell'opposizione.
Per quanto riguarda, invece, il rapporto con i Socialisti democratici, la cosa è un po' più complessa, perché non è ancora chiaro se essi riterranno corretta l'alleanza con il centrosinistra; comunque, l'essersi garantiti l'astensione di questo gruppo serve, quanto meno, ad addolcire la presenza ingombrante di Rifondazione comunista. Credo che questo tolga tutti i veli all'operazione politica in corso e che sia anche il sintomo della difficoltà a rapportarsi con le nuove tecnologie e con ciò che esse intendono in termini di comunicazione politica.
Ecco poi la terza questione che sta risultando in maniera chiara in questi momenti: visto che siamo al muro contro muro, tanto vale promuovere una campagna, attraverso l'uso della TV pubblica, di demonizzazione dell'avversario e di quelli che saranno, probabilmente, i suoi alleati politici. Stiamo assistendo quindi al vergognoso abbinamento fra la figura dell'onorevole Bossi e la figura di quello che comunque in Austria ha ottenuto più di un terzo dei consensi dell'elettorato, vale a dire Haider, l'alleato che sta entrando al Governo con i popolari.
Credo che gli italiani non cadranno nel tranello di considerare queste condizioni come quelle che ci porteranno al voto in campagna elettorale, perché gli italiani hanno capito il senso di questa battaglia e ritengo che alla fine faranno giustizia, con il voto, di una posizione che è tutta tesa a demonizzare la parte politica avversaria per conseguire il mantenimento del potere.
La nostra, allora, non è una battaglia volta solo a difendere qualcuno o qualcosa. Noi ci crediamo molto. Siamo infatti convinti che se prendiamo la deriva di non concordare le regole del gioco, domani in questo Parlamento, a colpi di maggioranza, la maggioranza di sinistra che tanto ha parlato di democrazia in questi anni, quando era all'opposizione (questa regola la professa, ma non l'ha mai applicata), potrà decidere qualunque cosa.
Allora, compagni del centrosinistra, in questo momento sulle regole è importante concordare il percorso perché, se giochiamo una partita, le regole vanno appunto concordate. In Parlamento, domani, sulla base di simili regole, si potrà anche impedire, a colpi di maggioranza, che vi siano elezioni: tanto governa la sinistra; è inutile andare a votare! Sul tavolo intendiamo allora portare il confronto. Crediamo che in questo momento l'informazione sia essenziale. Riteniamo doveroso che proprio nelle campagne elettorali, che rappresentano il momento più significativo della vita democratica di un paese, di una comunità, vi sia la possibilità di informare e la possibilità per i cittadini di scegliere fra due modelli culturali che si differenziano e si distinguono.
Per concludere il mio contributo al dibattito, ritengo questo sia il momento per denunciare con forza quanto il Governo e la maggioranza intendono portare avanti in ossequio soltanto ai propri interessi di parte. È un fatto che non ci limiteremo a denunciare in quest'aula perché lo faremo fra i cittadini, fra i lavoratori e fra tutti coloro che, insieme a noi, vorranno partecipare alla riconquista di uno Stato democratico.
Ieri abbiamo discusso sul contingentamento dei tempi e ci siamo richiamati alla sua incidenza sui principi di libertà di cui agli articoli 6, da 13 a 22 e da 24 a 27 della Costituzione che imporrebbero, per l'appunto, tempi non regolamentati. Però, anche se non si vuole accertare che il provvedimento sia tale da incidere sui principi di libertà - ma non c'è dubbio che sia così - in ogni caso si tratta di un disegno di legge che rientra tra quelli di eccezionale rilevanza politica. E ieri ci siamo dilettati a richiamarci al regolamento, agli articoli 49, 24, commi 6 e 12, ed a molti altri. So però per esperienza che, quando si fanno richiami al regolamento, significa che non si è d'accordo, mentre quando lo si è, non servono. Oggi quindi non c'è la volontà della maggioranza di dare spazio alla discussione, e così ci si arrampica sugli specchi.
Ho ascoltato ieri con molta attenzione le statistiche riportate dal Presidente Violante, il quale intendeva dimostrare che la minoranza, l'opposizione godeva dei suoi spazi. Sì, abbiamo uno spazio perché ce lo conquistiamo a gomitate e con grande difficoltà. Non c'è bisogno che ci si vengano a propinare statistiche che possono essere modificate e girate come si vuole, così come i regolamenti si possono applicare ed interpretare in modo particolare, ognuno pro domo sua.
C'è un altro pericolo che incombe ed è quello dell'accorpamento degli emendamenti per materia o per affinità. A tale scopo bisogna interpretare gli articoli del regolamento, ma l'interpretazione degli articoli 85 ed 85-bis può essere fatta in modo particolare o per così dire singolare. Nel caso odierno li si potrebbe applicare in modo singolare perché non esistono motivi per procedere all'accorpamento.
In conclusione, voglio far notare che il provvedimento è stato posto all'ordine del giorno con grande ritardo perché non c'era accordo tra maggioranza e Governo. Pertanto questa legge è stata inserita all'ordine del giorno con grande ritardo, del quale stiamo pagando le conseguenze noi minoranze; infatti, interpretando il regolamento secondo il combinato disposto del programma mensile e di tutta una serie di arzigogoli, alla fine chi ne fa le spese è la minoranza con questa difficoltà di inserimento della proposta di legge all'ordine del giorno.
Voglio dare un giudizio sulla qualità dell'informazione e sul modo in cui vengono trattate maggioranza e minoranza in ordine all'equità dell'informazione stessa: basterebbe leggere solo la parte dell'articolo 2, comma 2, dove si dice che quelle regole non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi...
Avanzo dunque una proposta che vi chiedo di valutare: potremmo ripartire la prima quota di tempo fra tutti coloro i quali hanno chiesto la parola, appartenenti a gruppi che sono già intervenuti, mentre potremmo utilizzare la seconda quota di tempo in via preferenziale a favore di coloro i quali non hanno tempo a disposizione, cioè i singoli deputati del gruppo misto o di quelle componenti che non dispongono di un tempo pari a quattordici minuti. Il resto potrebbe essere, infine, ripartito fra tutti quelli che chiedono ancora di intervenire. Riflettete, per cortesia...
Ha chiesto di parlare l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.
E dov'è la democrazia quando si viene tacciati stupidamente di razzismo, senza possibilità di replica? La Lega nord è sempre stata contro il razzismo, a cominciare da quello italiano, come è sempre stata contraria ad un altro crimine politico e culturale, cioè quello di imporre per legge, purtroppo anche con violenza, il mescolamento di razze, popolazioni, religioni, culture e lingue, senza tener conto delle sofferenze e delle destabilizzazioni che questo comporta e per di più, senza una seria programmazione, senza mezzi adeguati, falsificando e mistificando gli intenti di una doverosa - e sottolineo doverosa - solidarietà con scopi elettorali e clientelari.
Mi domando inoltre come mai, nonostante tutti i proclami e tutte le affermazioni di questa maggioranza, lo Stato detenga ancora ben tre reti televisive e tre reti radio che vengono pagate da tutti i cittadini. Credo che sia sufficiente per lo Stato detenere solo una rete televisiva, per ovvie ragioni di democrazia ed anche finanziarie, visto che continuamente il Governo e questa maggioranza ci rimproverano e ci allietano con discorsi relativi a tagli doverosi e rinunce insopportabili.
A mio avviso non è ancora stato debitamente affrontato il merito di questa legge. Come forza politica noi siamo stati quelli più colpiti da una situazione di disparità di trattamento nei mezzi di informazione. Questo è palese ed è legato non solo allo spazio dedicato alla Lega dai mezzi di informazione, ma anche al modo in cui la Lega stessa viene trattata: un'informazione da sempre strumentale, un'informazione che ha sempre la tendenza ad annichilire e in qualche modo ad annullare le nostre posizioni.
Nel merito di questa legge, occorre rilevare che, proprio a causa di questa mediazione che vi è stata sul testo arrivato dal Senato, mediazione avvenuta da parte del Governo con Rifondazione comunista, si è incorsi per l'ennesima volta nell'errore di non definire quali siano i soggetti interessati dal provvedimento: ad oggi non sappiamo quali siano i soggetti (questa, secondo me, è una cosa gravissima, ma che purtroppo continua una tradizione di questo tipo di maggioranza), non sappiamo come, per un certo tipo di competizione elettorale, verrà applicata la legge e chi saranno i soggetti interessati. Ciò è ancora più grave in quanto per l'ennesima volta si demanda sia alla Commissione bicamerale di vigilanza sia all'authority la definizione per quanto riguarda le competizioni politiche. Per l'ennesima volta, infatti, demandiamo tale compito sia all'autorità sia alla Commissione, due organi che non hanno dimostrato nel tempo di avere la capacità di gestire i compiti loro affidati.
Il presidente dell'authority ha più volte dichiarato (l'abbiamo visto soprattutto per quanto riguarda gli affollamenti pubblicitari, aspetto fondamentale, di cardine nel sistema informativo) di non riuscire oggi a monitorare, a controllare l'affollamento pubblicitario. Inoltre, non riesce - è una questione che abbiamo provveduto più volte a denunciare - a far rispettare gli affollamenti conseguenti per quanto riguarda gli spot elettorali, perché, come abbiamo già segnalato (vi sono interrogazioni al riguardo), la legge n. 249 in materia era chiara. Mi sembra che le modalità per la pubblicità elettorale siano state subito stravolte proprio a causa dell'incapacità di applicare la legge o per la volontà di non farlo.
D'altra parte vengono demandate competenze alla Commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Su questo punto penso sia ormai inutile discutere o cercare di approfondire; bisogna stendere un velo pietoso. Ho fatto parte della Commissione ed ho constatato direttamente l'assoluta impotenza e la totale mancanza di strumenti di intervento per far rispettare un qualsiasi equilibrio o una qualunque parità di accesso delle forze politiche in campo.
In definitiva, qui non abbiamo ancora capito quali siano i soggetti che accederanno a questo strumento, i soggetti della par condicio; ed è particolarmente grave. Ecco perché, con il progredire dell'esame e delle mediazioni che ho richiamato, il nostro parere sulla legge diventa sempre più critico.
Ma il punto è proprio questo. Lei dice che una quota degli interventi a titolo personale deve essere riservata a componenti politiche del gruppo misto, e precisamente alle componenti minori che dispongono di meno di 13 minuti o a quelle che addirittura non sono componenti. Ciò non corrisponde alla norma regolamentare e nemmeno al significato degli interventi a titolo personale. È già grave che vi siano componenti politiche che dispongono di meno del tempo previsto per un intervento a titolo personale; è un fatto paradossale. I colleghi del Patto Segni hanno 4 minuti - complessivamente per tutto il provvedimento -, i Federalisti 5 minuti, il CDU 6 minuti, Rinnovamento italiano 6 minuti. Sarà pure il più grande contingentamento di tutta la legislatura, ma non mi pare così «grande». In effetti occorre un contingentamento che consenta di intervenire anche a quelle componenti. Evidentemente il tempo va portato sul minimo, ma senza per questo detrarlo dalla quota destinata agli interventi a titolo personale.
In buona sostanza, Presidente, se lei ritiene di dare a queste o ad altre componenti del gruppo misto una quota di 14 minuti (il tempo massimo originariamente previsto per gli interventi a titolo personale per un singolo deputato), è giusto farlo, ma non utilizzando la quota politica riservata alle componenti politiche del gruppo misto e togliendola agli interventi a titolo personale, anche perché è in corso ciò che lei ha definito legittimo. Allora, se è legittimo, ce lo lasci praticare. Abbiamo esaurito i tempi di gruppo, altri colleghi vogliono intervenire e lo faranno parlando a titolo personale. Non possiamo togliere questa quota di tempo destinata agli interventi a titolo personale per coprire gli spazi dedicati alle componenti del gruppo misto (alle quali lei ha riservato poche manciate di minuti).
Quindi, Presidente, noi non condividiamo la sua proposta e la preghiamo di non darvi seguito, anche perché sarebbe di difficile praticabilità. È evidente che queste componenti possono poi valutare come utilizzare una quota di tempo che è loro assegnata, ma in quanto a titolo personale, durante altre fasi del dibattito, magari per decidere alla fine di non utilizzarla affatto. Cosa faremo poi, alla fine dell'esame del provvedimento, se questo tempo non è stato utilizzato da tali componenti? Glielo daremo nella prossima legislatura o durante l'esame della prossima legge finanziaria, della prossima legge bavaglio, tanto se ne annunciano altre da qui alla fine della legislatura?
Signor Presidente, credo che questa interpretazione, ed applicazione, del regolamento non corrisponda alla finalità per cui è stato riservato il tempo agli iscritti a titolo personale. Proseguiamo utilizzando questo tempo finché ci saranno iscritti a titolo personale e alle componenti
L'onorevole Vito ha la memoria molto corta, anche se si esercita ad intervenire così spesso in quest'aula, intanto perché tace il fatto che abbiamo iniziato l'esame di questo provvedimento con una definizione dei tempi. Legittimamente i gruppi di opposizione hanno utilizzato integralmente nella fase di discussione sull'articolo 1 il tempo a loro disposizione e, una volta esaurito, hanno chiesto che gliene fosse assegnato di ulteriore per partecipare alla discussione. Sono stati, quindi, raddoppiati i tempi originariamente previsti per i gruppi di opposizione. Si è posta poi la questione degli interventi a titolo personale.
Con l'ipotesi formulata dal Presidente, che comporta un raddoppio dei tempi originariamente previsti per gli interventi a titolo personale, si fa esattamente quello che l'onorevole Vito invocava: si garantiscono gli interventi a titolo personale che non siano solo quelli di appartenenti a gruppi di opposizione; si consente ai singoli deputati dei gruppi di opposizione di utilizzare integralmente il tempo originariamente previsto per tutti gli interventi a titolo personale e contemporaneamente si prevede una quota analoga di tempo che consenta ai singoli deputati del gruppo misto e, per la parte mancante dei tempi loro assegnati, alle componenti del gruppo misto e agli altri parlamentari di utilizzare il tempo originariamente previsto per gli interventi a titolo personale (Interruzione del deputato Vito).
Non c'è il presidente Pisanu?
L'ipotesi prospettata consente a tutti i singoli deputati e ai gruppi di opposizione di utilizzare completamente i tempi originariamente previsti per gli interventi a titolo personale e contemporaneamente fa salvi i diritti degli altri deputati che fanno parte del gruppo misto.
Non fare parti nelle quali non credi. Rifiutati!
Gli interventi a titolo personale, secondo noi, servono a quei parlamentari che, per una ragione o per un'altra, non sono potuti intervenire a causa dell'organizzazione degli interventi realizzati da ciascun gruppo politico. Se - faccio il caso di Alleanza nazionale - un gruppo politico ha deciso di organizzare la propria attività iscrivendo a parlare venti o venticinque deputati - questi e non quegli altri - è evidente che i deputati non iscritti, per una ragione o per l'altra, possono, anzi debbono, utilizzare i tempi previsti per gli interventi a titolo personale.
Se viene contestata la prima decisione, chiedo ai colleghi che intendono intervenire a titolo personale e che si sono già iscritti di segnalarlo alla Presidenza per poi ripartire il tempo doppio. Credo che sia questa l'unica possibilità.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Vito.
Vorrei infine svolgere una considerazione di carattere personale perché altre volte sono accaduti episodi del genere e, come lei dice, la giornata è lunga.
Presidente, credo che non abbiamo mancato di rispetto, abbiamo rivolto critiche politiche, anche molto serrate e severe - non siamo qui a dire se siano giuste, fondate o infondate: non siamo in grado di giudicare - alle decisioni da lei assunte. Però, Presidente, noi chiediamo rispetto da parte sua, perché è molto facile dall'alto del suo seggio, con il suo modo importante di presiedere, riuscire ad ottenere applausi da parte dell'Assemblea per mancanza di rispetto o per battute poco rispettose nei confronti dei deputati e di deputati di opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Noi comunque non ci faremo neanche involontariamente intimidire da queste forme di pressione che possono essere esercitate su di noi. Tuttavia, non riteniamo giusto per la figura che lei ha, per il modo anche autorevole con il quale interpreta il suo difficile ruolo di Presidente dell'Assemblea, che questo ruolo difficile scada in battutine nei confronti di questo o di quel deputato, che viene invitato a rivolgersi a questo o a quel medico o in diverso modo, come altre volte è accaduto.
Dico questo anche - lei lo sa - per la franchezza e la stima reciproca dei nostri rapporti, che sono molto duri e tuttavia improntati a quella franchezza per la quale le dico che a maggior ragione da lei, quando presiede l'Assemblea, non accetto battute che possano essere offensive nei miei confronti e che possano scatenare la maggioranza, trascinandola in considerazioni ancora più offensive e intimidatorie nei confronti di chi svolge un ruolo di rappresentanza dell'opposizione. Questo è l'unico ruolo, Presidente, che consente di poter dire se in questo Parlamento e in questo paese vi sia o non vi sia democrazia; infatti, la democrazia è la misura nella quale l'opposizione è riconosciuta, legittimata, può svolgere i suoi diritti, può parlare, non viene né criminalizzata né ridicolizzata. Resta comunque fermo che non ci faremo né ridicolizzare né criminalizzare; andremo fino in fondo nella
Comunque non abbiamo risolto il problema che avevamo! Mi pare, colleghi, non ci sia altro da fare: o divido il tempo fra tutti o passiamo a distinguere tra la prima e la seconda fase, come sarei propenso a fare. Assegno dunque i tempi della prima parte così come sono dati; per quelli della seconda parte, do la preferenza a quei colleghi che non hanno nessun tempo per intervenire; quello che resterà sarà distribuito. I colleghi che non sono iscritti a nessuna componente, a nessun gruppo, o che appartengono ad una componente che dispone di meno di 14 minuti, sono pregati di segnalare se intendano prendere la parola.
Sono iscritti a parlare a titolo personale - leggo nell'ordine - i colleghi Pilo, Gnaga, Del Barone, Russo, Nania, Scarpa Bonazza Buora, Rallo, Porcu, Sospiri, Foti, Morselli, Giovanni Pace, Ozza, Gazzilli, Vitali, Stagno d'Alcontres, Tortoli, Sgarbi. A ciascuno di questi sono attribuiti 4 minuti e 5 secondi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pilo. Ne ha facoltà.
È ovvio che, se la pubblicità fosse capace di deformare la volontà degli elettori, sarei d'accordo nel considerare necessario un intervento in questo senso; ma quello che mi distingue anche dalla posizione di molti miei colleghi è che io ritengo che in realtà questo non accada. Gli spot pubblicitari sono l'unico programma televisivo esplicitamente progettato per modificare il comportamento e l'atteggiamento delle persone, ma gli spettatori sono consapevoli di essere messi sotto pressione. Sia i fan più accaniti sia i critici più feroci della pubblicità ritengono che essa eserciti un effetto assai potente; io non sono affatto d'accordo, ritengo infatti che la pubblicità abbia solo una debole influenza sui consumatori e sui cittadini.
È un punto di vista molto diffuso che la pubblicità manipoli consumatori e cittadini, anche se nessuno sostiene che la cosa lo riguardi personalmente; la storia tuttavia ci ha consegnato esempi straordinariamente
Chiedo alla Presidenza di voler autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di alcune considerazioni integrative del mio intervento.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Gnaga. Ne ha facoltà.
Non è questo l'oggetto del provvedimento al nostro esame ma la mancata definizione dei soggetti politici, una partecipazione politica che vede nella televisione - questo è indubbio - uno strumento assai più forte di qualche anno fa. La televisione rappresenta oggi uno strumento di propaganda e di azione politica assai più forte di quanto non fosse la partecipazione politica una volta. Ci lamentiamo tutti che la gente non partecipa alle riunioni e non fa più politica attiva, ma non ci dobbiamo sorprendere perché il distacco tra l'Italia legale e l'Italia reale è sempre più aumentato. Mi auguro comunque di non vivere in un sistema nel quale la televisione sostituisce la totale assenza di partecipazione politica da parte della gente.
Sono d'accordo con l'onorevole Pilo sull'efficacia dello spot elettorale. Ho un'alta considerazione del cittadino e ritengo che sia libero di cambiare canale di fronte a qualcosa che non lo interessa. Al contrario, ritengo che in alcuni casi possa addirittura nascere nell'utente un sentimento negativo che lo porta al rifiuto piuttosto che al consenso. Si tratta comunque di una materia che attiene al libero arbitrio dell'individuo; dobbiamo avere una maggiore considerazione del cittadino e smetterla con la regolamentazione a tutto campo da parte del grande padre Stato.
Viviamo in un paese anomalo - non vi è dubbio in proposito - con un sistema politico anomalo e soggetti politici anomali. Dobbiamo mettere tutti di fronte al
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà.
Sono convinto che ci troviamo di fronte a quello che potrei definire come un furto di diritto costituzionale e ad una volontà di non colloquio tra maggioranza ed opposizione. Non vi è in questo disegno di legge coordinamento tra nuova e vecchia normativa; conseguentemente, la legislazione non può che zigzagare sul prima e sul dopo, cosicché è quasi impossibile leggerla. Molteplici sono state le chiavi trattate; molteplici le interpretazioni. Non si è però tenuto conto di un argomento che a mio modo di vedere dovrebbe essere di prima spettanza, vale a dire la volontà del telespettatore (che, diciamolo chiaramente, è quello che paga il canone), che si potrebbe trovare dinanzi ad una overdose di informazioni politiche mono orientate. Sapete tutti che sono un deputato napoletano. Nella mia città tutto è catastrofe: forze dell'ordine aggredite, furti, borseggi, treni bloccati, scuole occupate, donne uccise, disoccupazione al 24 per cento, senza citare tutti gli aspetti negativi. Tutto questo dal Governo e dalla maggioranza è trattato quasi come un optional, perché la fretta è riservata ad una legge che deve - e rapidissimamente - proibire gli spot elettorali di Berlusconi e del Polo. Saremmo stati favorevoli a trovare regole sull'argomento, ma vedere coartate democrazia e libertà non può che farci trovare coerenti con una contestazione dura e convinta.
Invero, nessuna meraviglia, però, per chi appunto non aveva creduto alle metamorfosi lessicali né alle evoluzioni fantasiose di sigle, tentando con qualche tratto di penna di cancellare una storia comunista ed illiberale; anzi, oggi ponete a frutto le vostre migliori esperienze di regime, mettendo in campo la forza bruta, quella dei numeri, ma non quella dei numeri derivanti da un consenso popolare, bensì quella dei numeri raccattati al mercato della politica, contribuendo così ad un doppio danno: il danno censorio da una parte e il danno di immagine dall'altra; contribuendo, insomma, ad una disaffezione, quella sì, vera della gente nei confronti delle istituzioni democratiche.
Cambiate le regole; lo fate ovviamente a vostro piacimento, non per creare condizioni di maggiore partecipazione, ma per mantenere un potere usurpato; modificate le norme per evitare che la gente partecipi e conosca le differenze. Viene fuori la bieca logica dei bavagli e dei divieti. Non consentite una informazione elettorale compiuta. Mi aspetto ancora altro, altre forme di privazione, altre forme di divieti e vi suggerisco anche qualche riflessione: perché non utilizzate l'Ulivo mondiale, una commissione, attraverso
Ci si allontana, insomma, dalla politica, e volutamente. Si vuole che questi palazzi siano distanti dalla gente; si vuole che questa sia una logica per addetti ai lavori; si vuole che le nomenclature si perpetuino; si vuole insomma evitare che la gente conosca e capisca. È una vecchia logica che noi ovviamente combatteremo in ogni modo.
Ma quale par condicio, Presidente! Si tratta di impari o dispari condizione! State organizzando una corsa truccata, state creando condizioni per partire prima, per partire avanti, in una corsa nella quale ponete, giorno dopo giorno, ulteriori ostacoli ai vostri avversari e solo ai vostri avversari politici.
Ma gli italiani capiranno anche questo e sconfiggeranno ogni forma, come dire, democratica o meno tesa a conculcare le libertà. Imbavagliate anche la satira, ormai! Bloccate le opposizioni e procedete anche - ci aspettiamo di tutto - ad ulteriori censure della carta stampata, dei libri e di quant'altro! L'esecutivo pare solo impegnato a far risaltare l'effimero, abbagliando gli occhi degli italiani, mentre lo Stato italiano viene continuamente condannato dalla Corte europea per i diritti dell'uomo per gli innumerevoli casi di malagiustizia. Quando le opposizioni non avranno più la possibilità di denunciare ciò in Parlamento e fuori del Parlamento, sarà un giorno triste: quel giorno la libertà sarà stata del tutto conculcata; quel giorno sarà una pagina nera per la democrazia del nostro paese.
Allora, perché non consentire una libera e piena informazione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)...
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Nania. Ne ha facoltà.
Il mezzo televisivo, caro ministro, va messo sotto accusa, eccome; va messo sotto controllo soprattutto perché la manipolazione è quotidiana, costante, ricorrente e si verifica non solo durante le competizioni elettorali, quando l'elettore-cittadino ha una coscienza vigile e attenta perché, prima o dopo, deve esprimere una scelta, ma di continuo, come giorno dopo giorno possiamo tutti verificare: ricordo, per esempio, il caso di Pillitteri, che doveva andare ai funerali del cognato, e quello di Borrelli, che al TG1 ha detto di non esserci potuto andare per una difficoltà logistica. Questo modo di fare informazione che cosa rappresenta? E cosa rappresenta il fatto che nei libri di testo si descrivano il Polo delle libertà e la figura dell'onorevole Berlusconi in un certo modo?
Di fronte a questo problema, quindi, non vi è dubbio che il mezzo televisivo vada messo sotto controllo. Per non parlare poi, nel caso del dibattito che stiamo portando avanti, di come si sono comportate le testate giornalistiche. Dicevo che il mezzo televisivo va messo eccome sotto controllo, ci mancherebbe! Ma la propaganda e la comunicazione politica ed elettorale vanno favorite, vanno incentivate, vanno incrementate, altrimenti si
Preferisce il voto di appartenenza conquistato nel tempo, sudato giorno dopo giorno, contro il voto di opinione, che si considera mobile ed incerto e che può essere condizionato dal mezzo radiotelevisivo. Ma le democrazie moderne non vivono sulla certezza granitica del voto, vivono sull'incertezza del voto: è l'incertezza dell'esito elettorale che garantisce la sussistenza della democrazia. L'unica certezza è quella dei valori condivisi e della tenuta del sistema politico.
Da questo punto di vista, favorire la comunicazione significa consentire una comunicazione alla pari e ridurre quel vantaggio di apparato, di organizzazione e di struttura che residua, come vizio ideologico, nella sinistra di regime.
Quello che avremmo di fronte a noi sarebbe uno scenario lunare, uno scenario in cui avremmo di nuovo le tribune politiche di antica memoria, in cui avremmo la comunicazione politica di regime, la comunicazione politica burocratica. Proporrei a questo punto ai comunisti, che stanno seduti di fronte a me, di rispolverare il bianco e il nero. Ecco, delle tribune politiche in bianco e in nero, magari richiamando in servizio Jader Jacobelli, il povero Zatterin! Si vuole ritornare a quel tipo di comunicazione. Evidentemente è questo quello che voi volete. Siete in ritardo! Siete condannati ad arrivare in ritardo! Mi rendo conto (ecco, al riguardo avete la mia comprensione) delle vostre difficoltà. Anche se siete oggi fasciati in eleganti abiti di sartoria, anche se Valter Veltroni ha annunciato al mondo che Kennedy è risorto ed ha scelto di farlo nelle sue sembianze, anche se il Primo ministro va a Wall Street, anche se qualcuno dei compagni dei DS viene chiamato l'indossatore appunto per la sua eleganza, per il suo elegante modo di porgersi, siete rimasti sempre i soliti comunisti ed usate i metodi che purtroppo fanno parte di quel tipo di regime. Mi rendo conto della vostra difficoltà a comunicare in modo moderno. Mi rendo anche conto che siete consapevoli di non poter competere con la capacità di comunicazione che altri hanno. Effettivamente, posso comprendere la difficoltà anche solo di immaginare uno spot natalizio con l'onorevole Mussi (con tutto il rispetto che lui merita) che fa gli auguri agli italiani.
Cari amici della sinistra, vi invito veramente, con il cuore in mano, a ritornare sui vostri passi, vi invito a riflettere ed a provare a dialogare con noi con meno iattanza, con maggiore apertura, senza rinchiudervi in quell'atteggiamento di totale ostracismo nei confronti delle proposte che provengono dall'opposizione e - ne siamo convinti - da gran parte degli italiani. Questa è una situazione estremamente grave, è una situazione che sicuramente porterà ad un inasprimento di rapporti, è una situazione che alla fine porterà dei danni anche a voi, soprattutto a voi, perché gli italiani capiranno che voi non siete quei moderni riformisti che dite di essere, ma siete purtroppo degli arcaici oscurantisti.
Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Rallo. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tempo è tiranno ma voglio concludere non drammatizzando. Oggi voi fate una legge sbagliata, domani, quando vinceremo le elezioni, con lo stesso sistema...
Concludo, davvero, signor Presidente, dicendo che la mia preoccupazione non è data tanto dalla questione degli spot. Concordo con chi dalla sinistra sostiene che lo strapotere di un imprenditore «x» o «y» in campo televisivo - ed aggiungo io in quello della carta stampata - è nocivo per la democrazia. Lo è però non per gli spot che hanno un nome ed un cognome, che lo spettatore vede e sa da dove vengono e come sono pagati, ma piuttosto per quelli che vengono ammantati di imparzialità, cioè quando non sono spot veri e propri, ma spot camuffati da
Siccome la parrocchia, con il cinema parrocchiale, era lontano da casa, e poiché anche il prete spegneva la televisione dopo Carosello e non c'era modo di fare altre cose, ma avevo la ventura di avere una sezione del PCI davanti casa, andavamo tutti lì a vedere Lascia o raddoppia o programmi di quel tipo.
Qualche anno dopo, quando la televisione stava prendendo piede nella società, ma a casa mia era arrivata da pochi anni, ricordo che venne a trovarmi al mio paese - Orune - un carissimo amico africano dell'Alto Volta: poiché il fenomeno dell'immigrazione non era ancora evidente, mi preoccupai del fatto che questo mio amico africano sarebbe venuto a trovarsi in un ambiente che non aveva dimestichezza con gli uomini di colore e pertanto raccomandai a casa mia di accoglierlo bene. Pertanto tutti si prepararono ad accoglierlo bene, ma mia nonna - che allora aveva 85 anni e non era mai uscita da Orune, nemmeno per andare nel capoluogo di provincia Nuoro (anzi, una volta ci si era recata a piedi e poi aveva detto che non ci sarebbe più andata perché il viaggio era stato troppo faticoso) - quando vide il mio amico di colore fu colta dal panico e, nonostante le mie raccomandazioni, fuggì via terrorizzata. Al che io le chiesi: «Cara nonna, perché mi hai fatto fare brutta figura con questo mio carissimo amico?»; ed a rafforzamento aggiunsi: «Non li hai mai visti i negri in televisione, non sai che esistono i negri?». E lei mi rispose candidamente: «Ma io pensavo che i negri fossero solo in televisione!».
Dallo scetticismo di mia nonna sulla televisione come fonte di verità al fatto che adesso consideriamo quest'ultima come unica fonte di verità, ce ne corre! Pertanto, poiché pur avendo visto la televisione nella sezione del PCI, grazie a Dio, non sono diventato comunista, chiedo che questo mezzo non venga drammatizzato e che si lasci spazio alla libera formazione di un pensiero e di una critica (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
Noi ci siamo impegnati in questa lunga maratona oratoria per tentare di cogliere due obiettivi. Il primo è quello di aprire un confronto con la maggioranza che portasse questa ad aprire spazi di trattativa rispetto al provvedimento al nostro esame. Debbo però constatare che invece vi è stata chiusura netta, nonostante la disponibilità formale manifestata ancora negli ultimi giorni e nelle ultime ore da parte del Presidente del Consiglio e, per esempio, da parte del segretario del partito popolare, onorevole Castagnetti.
Voglio però soffermarmi brevemente su una frase pronunciata dal Presidente del Consiglio ieri mattina, nel corso di un'intervista rilasciata a Radio anch'io: «Se la destra abbandona la sua opposizione pregiudiziale e violenta, siamo pronti a discutere». Onorevole Presidente, passi il termine «pregiudiziale», anche se sbagliato, ma non è possibile accettare che il Presidente del Consiglio dei ministri si rivolga all'opposizione, che sta compiendo il proprio dovere, usando un termine tanto forte. Quale violenza vi è stata in quest'aula? Presidente, lei lo ha riconosciuto: noi abbiamo fatto ricorso a tutti gli strumenti messi a disposizione dal regolamento della Camera dei deputati; ed altrettanto ha fatto la maggioranza, altrettanto ha fatto il Governo. Perché, allora, definire «violenta» l'opposizione del Polo in quest'aula? La parola colpisce ancor di più in quanto non proviene da un capogruppo di una forza politica avversa o dal segretario di un partito avverso, ma proviene dal Presidente del Consiglio dei ministri. Questa è vera ed intollerabile violenza (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
La par condicio per legge null'altro è - questo sì - che uno spot e un'utopia, non solo perché non è ipotizzabile che la norma o l'insieme di norme, seppur generali ed astratte che siano, possano di per sé essere rappresentative di una casistica i cui confini tra informazione e propaganda sono molto stretti, con inevitabili e conseguenti sconfinamenti, ma anche e soprattutto perché mi pare di poter dire che a volte deforma più l'informazione resa in modo subdolo, durante alcuni programmi televisivi, rispetto ad uno spot che si sa già in partenza essere di parte. Lo spot, infatti, lancia un messaggio «marchiato», mentre l'informazione subdola riesce a condizionare proprio perché non ha un marchio chiaro di provenienza.
La cultura del divieto che oggi la sinistra propugna è figlia delle contraddizioni che l'attraversano. La sinistra è libertaria quando si tratta di tutelare i valori profondi di una comunità, ma diventa autoritaria e sopraffattrice quando sono in gioco le regole che favoriscono la libera espressione del pensiero. Devo prendere atto che per questa sinistra
Un ultimo richiamo, infine. La sinistra voleva seppellire con una risata la società borghese, ma oggi teme di essere seppellita da uno spot. Vorrà dire che la risata ce la faremo noi, quando conosceremo i risultati elettorali (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
Oggi l'eccesso di regolamentazione, i vincoli, i divieti sono all'ordine del giorno. Ma a mio avviso, colleghi, stiamo parlando di niente. La gente sceglie, vede centinaia di canali, si serve di parabole, di reti via cavo, di nuove tecnologie; in questo scenario, che vede affacciarsi sulla scena grandi concentrazioni, gli usi, i costumi e le mentalità tendono naturalmente a cambiare. Più che una battaglia pratica, quindi, quella in corso è una grande battaglia di principio e di libertà; una battaglia contro la cultura della prevaricazione, classica della sinistra.
Ieri in nome della libertà e della democrazia non mi facevate parlare in piazza, oggi non volete che si parli in televisione. Sono l'arroganza e la prevaricazione classiche di un modo di pensare e di far politica da parte della sinistra. La sinistra ha sempre avuto paura del confronto, del dibattito ad armi pari. Voi temete la capacità degli esponenti del Polo di interpretare le esigenze ed i cambiamenti della società, temete la preparazione culturale ed imprenditoriale di chi conosce e comprende i cambiamenti epocali della società, di chi - conseguentemente - sa come utilizzare al meglio anche i fondi destinati alla propaganda politica. A voi, colleghi della sinistra, deve essere sempre permesso tutto: la prevaricazione, la menzogna, i comportamenti illiberali, la gestione arrogante del potere, l'occupazione di tutti i posti possibili, le clientele, gli amici prezzolati e le veline di comodo dei giornalisti. Logicamente, a fronte di tutto ciò non vi deve essere un confronto, un dibattito, la libera circolazione delle idee.
Voi siete un po' come l'acqua che tracima. Volete espandervi dappertutto, allagare ogni cosa, sperando di far annegare anche gli uomini e le coscienze libere. Non ce la farete perché siamo vigili e saremo noi a farvi annegare nella vergogna dei vostri comportamenti.
Colleghi, ritengo legittimo che una parte politica assuma iniziative finalizzate ad irrobustire la sua presenza nel territorio e nel paese. Non credo però che siano sempre obiettivamente apprezzabili
La maggioranza e il Governo sostengono che l'uso dei mezzi radiofonici e televisivi, quando avviene con determinate modalità, invece di informare, disinforma e cioè contribuisce a formare un esito elettorale e politico sull'onda della disinformazione. A questo proposito, ho sentito pronunciare in quest'aula il termine «bugie».
Signor Presidente, la storia che viviamo in quest'aula e nel paese, giorno dopo giorno, nella contrapposizione, è una storia strana perché è scritta molto spesso solo per conseguire vantaggi per la propria parte politica e non sempre per dare risposte agli uomini ed alle donne che vogliono veder risolti i propri problemi, che sono alla ricerca dell'armonia, del vivere con serenità, di quella che una volta si chiamava felicità.
Signor Presidente, a proposito di informazione e disinformazione, mi sia consentito ricordare un fatto che ho vissuto in prima persona e che può essere verificato. Se qualcuno mi dovesse obiettare che non dico la verità, rassegnerei nelle sue mani le mie dimissioni. Si tratta di un evento luttuoso che ha commosso la nazione italiana ed in particolare la mia città, quello nel settembre scorso, quando nel corso di un'esercitazione aerea, due piloti morirono. Uno di questi, il colonnello Cornacchia, era di Chieti e la città partecipò con intensa commozione al grave lutto: la sua famiglia è molto stimata e conosciuta. I funerali furono di Stato e la televisione pubblica (RAI 3) fece le riprese televisive di questa cerimonia così partecipata. Non c'era però nessun rappresentante del Governo né della Commissione difesa.
Come deputato della città, giustamente e doverosamente partecipavo al funerale, anche perché sono amico di quella famiglia. Il giornalista di RAI 3 mi venne vicino e mi disse, alla conclusione della cerimonia: «Onorevole, non c'è nessuno che rappresenti le istituzioni dello Stato in questa occasione, pure essendo un funerale di Stato?». Replicai che doveva essere lui a verificare queste circostanze. Mi rispose che effettivamente, tranne l'onorevole Pace, il quale ovviamente rappresentava se stesso, non c'era nessuno e mi promise che alle 19 avrebbe fatto sfracelli durante la trasmissione del servizio per denunciare il fatto. Alle ore 19, signor Presidente, nel corso del servizio il giornalista disse che aveva presenziato al funerale il presidente della Commissione difesa e tacque la mia presenza. Questa è l'informazione nel nostro paese attraverso il servizio pubblico di cui si serve una sola parte e se ne avvantaggia in maniera subdola!
Amici e colleghi, gli spot servono al commercio per presentare e vendere i prodotti per cui non si capisce perché si voglia mettere sullo stesso piano per forza un prodotto e un voto, che ha tutt'altra origine e natura. Vi chiedo se la maggioranza con questa legge non offenda l'intelligenza degli italiani. Lo dico perché vietare gli spot significa dire all'opinione pubblica che non è in grado di fare scelte oculate e scelte politiche senza il condizionamento
Agli amici e colleghi della maggioranza ed al Governo chiedo più senso di responsabilità, più dedizione, più impegno nel considerare i bisogni degli italiani. Solo questo modo di agire potrebbe far recuperare i consensi perduti, perciò invito il Governo ad impegnarsi nella ricerca di soluzioni ai problemi ed ai bisogni degli italiani!
Per contro, proprio per garantire l'attuazione di basilari principi di eguaglianza e per realizzare compiutamente precetti essenziali per il sistema democratico, è stata rilevata l'illegittimità costituzionale del provvedimento in quanto in contrasto con gli articoli 3, 21, 41 e 48 della Carta fondamentale. Contemporaneamente sono state articolate censure di merito tese a dimostrare che il Governo e la maggioranza che lo sostiene non intendono regolamentare la parità di accesso ai mezzi d'informazione, bensì pretendono semplicemente di imporre la forma di comunicazione e di accesso ad essi più congeniale e più gradita.
Non è un caso che, dopo le elezioni europee, esponenti della maggioranza con grande rabbia e malcelato disappunto abbiano proclamato a gran voce la necessità di arginare l'avanzata del Polo e di precludergli la riconquista del Governo, avvalendosi di qualunque mezzo, ancorché di natura antidemocratica, per il raggiungimento di questo obiettivo.
Questa e non altra è la preoccupante genesi della proposta in argomento ed è una genesi che risulta perfettamente in linea con gli abituali atteggiamenti di una sinistra che ritiene di poter ottenere, ampliare e consolidare il consenso con l'uso politico della giustizia e riducendo la minoranza al silenzio. Perché di questo in fondo si tratta, nonostante la solenne dichiarazione a salvaguardia della più ampia e libera espressione del diritto di informare, in quanto si cerca di introdurre tutta una serie di divieti che non sono necessari per bilanciare i rapporti tra le forze politiche, ma sono, al contrario, in contrasto con i principi del pluralismo e della correttezza dell'informazione.
Questa non è la par ma la impar condicio, il tentativo di perpetuare una discriminazione contro le opposizioni, alle
Come ho già detto, il testo licenziato dal Senato è incostituzionale in quanto in contrasto con alcune disposizioni della Carta. Trascurando per brevità le problematiche connesse agli articoli 3, 41 e 48, devo dire che assai evidente mi pare il contrasto con l'articolo 21 della Costituzione, che riconosce a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto o altro mezzo di diffusione, stabilendo altresì il divieto di pubblicazioni a stampa, di spettacoli e di tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.
La libertà delineata dalla legge fondamentale si configura in termini assoluti con riguardo sia ai contenuti sia agli strumenti e non tollera limitazioni di sorta, ad eccezione di quelle desumibili esplicitamente o implicitamente dal dettato normativo. Il limite esplicito è costituito dal buon costume; i limiti impliciti, invece, devono desumersi da altre norme costituzionali che attengono, per esempio, al rispetto della persona o al buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Va comunque osservato che, quando vi sia potenziale collisione fra il diritto di libertà di manifestazione del pensiero e un altro bene o interesse garantito in Costituzione, non potrà mai giustificarsi il sacrificio del primo rispetto al secondo; occorrerà invece, da parte del legislatore o dell'interprete un giudizio di prevalenza del valore in concreto dei due interessi costituzionali che si trovano contrapposti. Tale giudizio dovrà rispettare un unico canone, ancorché di difficile applicazione, ossia quello della ragionevolezza. Ora, non pare che dalla nostra Costituzione possa desumersi il diritto di tutti i partiti di accedere ai mezzi d'informazione a costi contenuti, senza discriminazioni economiche. Per altro verso, essendo garantita dalla legge ordinaria la parità di accesso al mezzo televisivo per la diffusione di spot, non è lecito impedire per la manifestazione del pensiero politico l'uso di uno strumento assolutamente diffuso nella società massmediologica, ossia l'uso del messaggio pubblicitario che è divenuto ormai la forma di comunicazione per eccellenza.
Da tutto il provvedimento al nostro esame trasuda uno sgradevole effluvio di statalismo e di dirigismo, che rivela talora persino profili di irrazionalità. Ma vi è di più: vi è l'opprimente presenza di un sistema che trova le proprie radici nella disinformazione di base che faceva da supporto alla vecchia metodologia comunista nel fare informazione. Siamo di fronte non solo ad un tentativo di impedire gli spot, ma anche ad un disegno assai più vasto volto a monopolizzare il servizio d'informazione con una serie di film, trasmissioni, documentari, interventi culturali o pseudoculturali, in modo tale da poter sostenere che la libertà e il progressismo sono da una parte...
Si erano create nel polo di centrodestra due linee di pensiero: vi erano alcuni che ritenevano che questo invito fosse leale e corretto ed altri i quali ritenevano che dietro di esso si nascondesse la solita manovra di eversione politica. La storia e i fatti hanno dimostrato che i secondi
È una logica che non può più essere tollerata, ormai vi siete data, amici della sinistra, la patente di legittimazione: voi e soltanto voi potete riconoscere e mandare in paradiso i buoni e distinguere e mandare all'inferno i cattivi. Questo avete fatto nel 1997 con Bertinotti, che prima era buono, poi è diventato cattivo, adesso può essere utile; così avete fatto con i parlamentari del Polo, che quando erano nel Polo erano eversivi, quando hanno creato l'UDR per sostenervi erano degli appestati ma vi servivano per mantenere la maggioranza e che oggi sono stati omogeneizzati (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Volete fare la stessa cosa con la par condicio, cercando di far passare - ma non vi siete riusciti - una democratica rappresentazione e protesta di popolo come una manifestazione piazzaiola, cercando di far passare un incubo - perché tale si è rivelato - dell'onorevole Castagnetti come un atto eversivo.
Vi voterete questa legge. Mi rivolgo ai colleghi socialisti: come si fa ad andare a colazione con i carnefici della vostra storia e della vostra politica? Abbiate uno scatto di dignità (Proteste)!
Avete disatteso le aspettative di lavoro e di sicurezza di questo paese, avete introdotto il mercimonio nella politica, avete irregimentato la scuola, probabilmente ci toglierete la possibilità di comunicare tramite le televisioni, però, state tranquilli, non ci toglierete la speranza di mandarvi a casa nell'interesse del paese e questo potrete cominciare a percepirlo dalle prossime elezioni (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
I principi dichiarati dal disegno di legge, oltre a quelli dichiarati - come sembra - dal Presidente del Consiglio, i principi che devono essere assicurati nell'accesso all'informazione e alla comunicazione politica sono l'imparzialità e l'equità. Bene, anche un profano come me, aprendo un manuale di diritto costituzionale, comprende nei primi paragrafi le caratteristiche della norma giuridica. Tra queste, onorevoli colleghi, vi sono la generalità e l'astrattezza. Qualche autore le unisce con un trattino, ma quella del trattino è una polemica che, in fondo, non cambia i contenuti, compresi quelli politici. Ogni riferimento alla ridicola querelle del centrosinistra con il trattino o senza il trattino, in questo caso, è voluto. Generalità e astrattezza, dicevo, delle quali non sto qui a spiegare il significato: norme prive di generalità e astrattezza sono quelle che in dottrina vengono chiamate leggi-fotografia, leggi ad hoc, leggi con un nome ed un cognome scritti sopra. Tuttavia, vi sono leggi deteriori, «le leggine»,
Dunque, i colleghi concorderanno senz'altro con me se trovo poco difendibile la tesi di una leggina fondata su principi di imparzialità e di equità. Signor Presidente, questo è il progetto di una leggina. Già il titolo, le prime righe, i principi ed i valori richiamati da queste norme sono incongruenti rispetto a quanto successivamente disposto. Questo Parlamento è il luogo della certezza del diritto, non il luogo dell'illogicità e dello sviamento del potere, naturalmente sotto il profilo legislativo. L'ho detto e lo ribadisco: se così non fosse, tanto varrebbe chiamare la nostra forma di Governo in un altro modo, diverso da democrazia parlamentare. Bisogna chiamare le cose con il proprio nome e mi riferisco a quanto affermato dall'onorevole Mussi; l'imparzialità e l'equità in questo caso c'entrano proprio poco. L'onorevole Mussi ha dichiarato alla stampa che si tratta di una legge di libertà, la sua libertà naturalmente, dei suoi compagni di partito e dei suoi colleghi di Governo; una libertà sempre più ridotta a bramosia, desiderio smodato di potere, in una parola cupiditas.
Colleghi del Polo, per la traduzione vi consiglio di chiedere all'onorevole Mussi, che è un filosofo e conosce le lingue classiche; attenti, però, che così come ha confuso già una volta Plauto con Terenzio, non spacci per virtù un volgare vizio capitale.
Personalmente, dal punto di vista dell'opposizione, renderei questa legge ancora più seria, imparziale ed equa con l'estensione del divieto ai giornali di partito, alle feste di partito, agli uffici di partito. In campagna elettorale non si deve più spendere una lira, così risparmiamo sul finanziamento pubblico e non dei partiti.
Certo, resta aperta la questione RAI, perché il canone deve essere pagato da tutti coloro che possiedono un televisore. Chiedo, quindi, al Governo, in nome dei principi di imparzialità e di equità, un'altra leggina che assicuri all'opposizione gli stessi spazi - e gratuitamente - di cui questa maggioranza polimorfa dispone sui mezzi di comunicazione politica.
Leggendo gli articoli del disegno di legge in discussione, mi è ritornata in mente una vecchia vignetta sulla moglie di Andrej Sakarov. Vi ricordate il fisico premio Nobel per la pace dissidente sovietico? La moglie nel 1975 ritirò il premio al suo posto perché le autorità sovietiche non diedero a Sakarov il permesso di uscire dal paese; circa dieci anni dopo, le autorità sovietiche autorizzarono questa donna a tornare in occidente per operarsi. La vignetta risale a quella data e mostra la moglie di Sakarov con un bavaglio sulla bocca mentre un soldato sovietico, se rammento bene, le tiene un braccio. Per una curiosa coincidenza, l'autore della vignetta era Giorgio Forattini, al quale, tre mesi fa, è toccata la stessa sorte.
Signor Presidente, il bavaglio è lo strumento tipico dei regimi totalitari, quindi se i comunisti usano il bavaglio, il regime comunista è un regime totalitario. Se nel nostro paese un Governo diretto da uomini che si chiamavano comunisti fino a qualche anno fa usa il bavaglio, io sospetto, e sospetto fortemente, che siano cambiati i nomi ma non i metodi, che sono da regime totalitario.
Mi rivolgo al partito di maggioranza relativa in questo Parlamento e al Governo: sapete qual è la parte più triste? Avete creato delle fratture terribili ed avete diviso la società italiana, con la vostra miopia state rischiando di distruggere l'assetto istituzionale del nostro paese.