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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del seguente documento:
Ricordo che a ciascun gruppo, per l'esame del documento, è assegnato un tempo di 5 minuti (10 minuti per il gruppo di appartenenza dell'onorevole Umberto Bossi). A questo tempo si aggiungono 5 minuti per il relatore, 5 minuti per richiami al regolamento e 10 minuti per interventi a titolo personale.
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dall'onorevole Bossi nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
GAETANO PECORELLA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità avanzata dal deputato Umberto Bossi con riferimento ad un procedimento civile pendente nei suoi confronti presso il tribunale di Milano, iniziato con atto di citazione della dottoressa Ersilia Carbone, giornalista del giornale radio RAI.
accompagnate da un invito. 'Calma e gesso' aveva esortato. «Allegria e tranquillità, lasciamoli lavorare». I toni sono cambiati (...). «Sapete stiamo rastrellando i numeri. C'era un milione e mezzo di persone lungo il grande fiume. Ricaviamo i dati dalle vendite degli adesivi e dalle schede votate per il governo provvisorio della Padania. Ve li daremo domani con precisione. I numeri sono infinitamente più grandi di quelli che avete comunicato ai vostri capi. Avete mentito e ha mentito il Governo». La dimostrazione? «Coloro che sanno, come il Presidente del Consiglio, hanno già parlato della necessità di avviare una trattativa con noi». «Imbroglioni e leccapiedi (...). Domande. Tocca a Giovanna Pajetta de il Manifesto prendersi la prima razione di «carezze». Aveva chiesto: chi ha legittimato il governo della Padania, visto che i cinque ministri non sono stati votati ma indicati dal palco di Venezia, ossia dallo stesso Bossi? Umberto Bossi risponde: «Cara signora, i giornali raccontano sistematicamente bugie (...)». Successivamente il giornalista riferisce, con alcuni commenti, dell'episodio relativo alla dottoressa Carbone, oggetto del procedimento sottoposto all'attenzione della Giunta.
PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio sull'applicazione dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile, pendente presso il tribunale di Milano, nei confronti del deputato Bossi (Doc. IV-quater, n. 102).
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Pecorella.
Il fatto di cui si duole la dottoressa Carbone consiste in alcune affermazioni rese dall'onorevole Bossi nel corso di una conferenza stampa, tenutasi presso la sede della Lega forza nord in Milano il 16 settembre 1996, che aveva ad oggetto la manifestazione relativa alla cosiddetta «catena umana lungo il Po» e alla presentazione del cosiddetto «Governo della Padania», che avrebbe appunto ricevuto l'investitura dai partecipanti alla manifestazione sul fiume.
Nel corso di tale conferenza la dottoressa Carbone chiese all'onorevole Bossi, come risulta anche da un'agenzia ANSA pubblicata in data 16 settembre 1996, se durante la catena umana sul Po avessero votato anche i bambini. L'onorevole Bossi, sentendosi profondamente offeso, personalmente e in quanto leader del suo movimento politico, dalle affermazioni della giornalista, liquidava tali affermazioni come «imbecillità» e proferiva all'indirizzo della giornalista le seguenti parole: «Guardi che la nazione padana non ha molta tolleranza per chi viene dal di fuori a sporcare la nostra gente. Stia attenta (...) all'onestà (...) ha capito?», «Ma che giornale radio, cosa vuole «giornaleradiare». Lei è lì per motivi politici, perché ha trovato la via giusta che l'ha portata lì. È una leccapiedi del sistema e non c'è arrivata certo» (alla RAI) «perché era brava, perché ha lavorato per arrivare lì, ma perché ha trafficato per arrivare lì (...). Si vergogni, zitta, si vergogni, lei (...)», e nel momento in cui quest'ultima si accingeva ad abbandonare la sala insieme ad altri colleghi: «Allora chi se ne deve andare, se ne va» e poi ancora: «Via, via fuori di qua per favore, chi non deve star qui vada fuori. È inutile star qui. Chi non deve star qui, vada fuori».
Le frasi riportate sono quelle che risultano dall'atto di citazione dell'attrice. La medesima ha anche allegato la cassetta contenente la registrazione della conferenza stampa, che tuttavia la Giunta non ha avuto modo di acquisire. Le frasi in questione risultano anche sostanzialmente dal resoconto della vicenda pubblicato sul Corriere della Sera del giorno successivo in un articolo: «Imbroglioni, leccapiedi. E i cronisti sbattono la porta della Lega», a firma di Fabio Cavalera, nel quale si dà anche una complessiva rappresentazione del contesto nel quale tali frasi furono pronunciate. Così inizia l'articolo: «Milano - 'Imbroglioni'. E uno. 'Imbroglioni'. E due. 'Imbroglioni'. E...basta. Fine delle trasmissioni. Gli 'imbroglioni' alzano i tacchi e voltano le spalle. Conferenza stampa finita anzitempo. Alle ore diciotto e quindici, Umberto Bossi convoca i giornalisti, nel salone del primo piano di via Bellerio, il quartier generale della Lega per l'indipendenza della Padania». «Imbroglioni e leccapiedi, avete falsificato i numeri della più grande manifestazione politica degli ultimi anni». «State attenti, verrà il tempo in cui i vostri valori non saranno più tollerati». «Agite per motivi di stipendio e per motivi abbietti». «Arriverà la giusta risposta a imbroglioni come voi e come i vostri padroni». «Vi assumerete davanti al popolo padano la responsabilità personale di quello che scrivete». Cose già urlate sabato, al comizio di Cremona. Ma, allora, furono
È apparso opportuno riportare per esteso gran parte dell'articolo citato in quanto dà ampiamente conto del «contesto» nel quale si sono svolti i fatti, contesto che è apparso particolarmente significativo ai fini delle decisioni della Giunta.
La Giunta ha, infatti, esaminato la questione nella seduta del 1o dicembre 1999 alla quale il deputato Bossi, sia pure debitamente convocato, non ha ritenuto di intervenire.
La discussione è stata particolarmente ricca ed approfondita.
L'opinione prevalente, che - lo si anticipa - è stata nel senso dell'insindacabilità, è stata fondata appunto sulla considerazione del contesto complessivo, di carattere politico-parlamentare, nell'ambito del quale si sono svolti i fatti. Come risulta, infatti, in modo molto chiaro, dal resoconto apparso sul Corriere della Sera, l'onorevole Bossi, con frasi e con toni sicuramente provocatori, e certamente non condivisibili per quanto attiene alla forma, intendeva fornire una risposta di carattere politico ad un attacco, altrettanto politico, che a suo giudizio gli proveniva dalla stampa nel suo complesso, nel momento in cui la medesima aveva diffuso dati a suo giudizio inesatti con riferimento ad una manifestazione di estrema importanza per il movimento politico-parlamentare dell'onorevole Bossi, quale quella svoltasi sui fiume Po e, in particolare, a Venezia, che preludeva alla costituzione del cosiddetto «governo della Padania».
Alla maggioranza della Giunta è sembrato di poter cogliere altresì in modo chiaro anche il collegamento con l'attività parlamentare del medesimo onorevole Bossi, atteso che «l'indipendenza della Padania» costituisce a tal punto un fine del movimento politico che a lui fa capo da figurare addirittura nel nome del relativo gruppo parlamentare, che non a caso è denominato «Lega forza nord per l'indipendenza della Padania». In tale prospettiva, anche le frasi rivolte specificatamente all'indirizzo della dottoressa Carbone devono inquadrarsi nell'ambito dell'attività politica e delle finalità complessive perseguite, anche nelle sedi parlamentari, dal gruppo della lega nord, delle quali la conferenza stampa dell'onorevole Bossi rappresentava, in sostanza, una proiezione esterna.
Per il complesso dei motivi sopra evidenziati la Giunta, a maggioranza, riferisce all'Assemblea nel senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.