Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 655 del 20/1/2000
Back Index Forward

Pag. 15


...

La seduta, sospesa alle 11,30, è ripresa alle 12,15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE

Commemorazione dell'onorevole Bettino Craxi.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi, e con lui i deputati ed i membri del Governo nonché il pubblico presente nelle tribune). Colleghi, la morte, nella maggior parte dei casi, porta ordine e pace nelle vite che spegne. Non è così per Bettino Craxi. Non è così per i suoi familiari, che lo hanno visto spegnersi lontano dalla sua città e dal suo paese, con l'animo dell'esule, ma con un diverso statuto giuridico. Non è così per i militanti del suo partito, che pagano ancora oggi i prezzi di una stagione di governo che finì nell'isolamento. Non è così per noi, che abbiamo visto Bettino Craxi trionfatore prima e sconfitto poi, senza essere ancora riuscito ad esaminare, con pienezza di impegno e spirito di verità, né le ragioni del successo né le cause della disfatta.
Non c'è pace, oggi, attorno alla figura di Bettino Craxi, ma non ci deve essere neanche una corsa allo smembramento della sua memoria, con ciascuno che si appropria di un pezzo della sua vita per renderlo simbolo del tutto.
La vita di ciascuno di noi non è scindibile. A maggior ragione non è scindibile la vita di chi ha rivestito funzioni di uomo di Stato e di governo. Alla fine, l'apparente disordine, la contraddittorietà dell'esperienza si ricostruiscono nella memoria e nella storia, in una unità superiore. Ma oggi non siamo ancora in grado di ricostruire questa unità, questo senso compiuto, perché la sua morte non è un'uscita di scena; anzi, pone più interrogativi oggi di quanti non ne abbia posti ieri. Oggi siamo in grado solo di ricostruire i singoli aspetti di un'esperienza umana e politica di straordinaria intensità e tragicità, della quale molti di noi sono stati spettatori o partecipi. Quegli aspetti sono come frammenti di uno specchio rotto, che è diverso da noi ma riflette e moltiplica aspetti dell'immagine di noi stessi.
Il suo primo grande successo politico fu segnato dalla vittoria nel referendum sulla scala mobile. Il suo declino cominciò con la sconfitta in un altro referendum: quello sulla preferenza unica.
Trasse la sua legittimazione, prima che dalla lotta politica, dalla capacità di dare un senso di marcia agli orientamenti della società. La sua sconfitta nacque forse dalla perdita di questa capacità, offuscata da un esercizio del potere fondato sull'idea


Pag. 16

dell'autonomia della politica dalla società, che la società stessa non condivideva più, anzi ormai respingeva!
La sua stagione politica inizia dopo un fatto tragico, la scomparsa di Aldo Moro, e termina dopo un avvenimento liberatorio, la caduta del muro di Berlino!
La prigionia di Aldo Moro lo pose al centro della scena politica con la linea della trattativa. Fui tra quelli che avversarono quella scelta e non ho mutato opinione. Ma su quella scelta, che in astratto era certamente legittimo proporre, egli iniziò a maturare una svolta strategica nella vita politica italiana che, come tutte le grandi scelte, aveva alla sua base anche un'opzione teorica. L'opzione era la modernizzazione del paese, attraverso la modernizzazione della vita politica e del sistema politico, compressi dal conservatorismo delle due maggiori forze politiche, prigioniere di un ruolo che sarebbe risultato privo di futuro.
La rottura dell'asse tra DC e PCI, l'isolamento del partito comunista, il rapporto egemonico con la democrazia cristiana, l'idea del presidenzialismo, l'abolizione del voto segreto in Parlamento, la ricerca di una identità socialista non subalterna all'identità comunista, un diverso rapporto con la destra, la consapevolezza dell'incipiente crisi dei partiti politici ed il conseguente tentativo di sostituire il primato del partito con il primato della leadership personale furono i principali elementi di questa strategia.
La fine dei regimi comunisti cambiò radicalmente la scena politica internazionale, tolse alibi e smascherò tragedie. Non so se egli colse gli effetti interni del mutamento delle condizioni nelle quali la politica italiana aveva operato per quasi mezzo secolo.
Negli anni ottanta si trovò a gestire la sua strategia, stretto tra un disegno troppo ambizioso e un partito troppo piccolo. Scelse l'esercizio del potere al fine di acquisire il consenso necessario per operare senza subalternità le grandi trasformazioni istituzionali, ma rimase prigioniero di questa scelta sino a restarne la vittima più illustre.
Sul piano internazionale, fece valere in tempi non facili l'autonomia dell'Italia rispetto agli Stati Uniti; appoggiò in modo prudente ed efficace la causa del popolo palestinese, che ancora oggi gli è riconoscente; costruì un forte ruolo dell'Italia in tutto il bacino del Mediterraneo.
Fu violentemente sincero, quando in quest'aula pose la questione del finanziamento della politica. Il tema esiste e permane grave in tutte le democrazie, sia pure in forme diverse e con diversi gradi di responsabilità. Abbiamo bisogno di affrontare con spirito di verità il rapporto tra legalità, corruzione e democrazia. Ci stiamo dando gli strumenti per farlo.
La scomparsa di un uomo, colleghi, chiude le partite aperte. La tentazione di calare il sipario, pronti alla recita del giorno dopo, può fare aggio su tutto, ma questa volta non può essere così. È stato sottoposto a legittimi processi; non possono essere ignorate le sue condanne penali; pesa la scelta di sottrarsi ai giudici del suo paese, tuttavia il senso complessivo della sua vita non può essere attinto né solo da quei processi, né solo da quelle condanne, né solo da quella scelta. La morte di un uomo così complesso, oggetto di tanti odii e di tanto affetto, simbolo di sentimenti profondamente contraddittori, destinatario di apologie e di tradimenti, come forse nessun altro italiano della nostra epoca, non è una porta che si chiude. È una porta che si apre su un decennio di storia repubblicana, che auspico che il Parlamento possa insegnare con l'oggettività e la serenità impostaci da questa stessa morte.
Con rispetto saluto la sua scomparsa, con rispetto partecipo al dolore della signora Anna, dei figli e dei suoi familiari, con rispetto mi sento vicino ai sentimenti del suo partito e degli italiani che sono stati dalla sua parte (La Camera osserva un minuto di silenzio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri. Ne ha facoltà.

MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. È scomparso un


Pag. 17

leader politico che ha vissuto e sofferto in solitudine l'ultima parte, la più dolorosa, della propria esistenza ed è questo aspetto in primo luogo a suscitare in me e in ciascuno di noi un sentimento di comprensione, di partecipazione sincera per il dramma di un uomo, dei suoi familiari e di quanti gli sono stati vicini in questi anni difficili.
L'emozione diffusa anche oltre i confini del nostro paese testimonia del ruolo rilevante che Bettino Craxi ha avuto nella vicenda politica italiana negli ultimi decenni.
La sua vicenda umana e politica è certamente complessa e contraddittoria. Vorrei dire che lo è indipendentemente dal giudizio che ognuno ritiene di esprimere sulla politica che egli ha perseguito nel corso degli anni.
Non è questa la sede, non è questo il momento e non spetta a noi una valutazione compiuta ed un giudizio su questa parabola. Ciò che appare evidente è l'intreccio tra la vicenda personale di Bettino Craxi e il consumarsi - negli anni che abbiamo alle spalle - di quella tragedia italiana che ha travolto una parte larga del nostro sistema politico e della sua classe dirigente.
Per molti versi Craxi ha incarnato quella tragedia, ne ha subito in prima persona le conseguenze, in ciò protagonista, fino alla fine, di una stagione politica che non si può ridurre alle inchieste giudiziarie, ai processi, alle sentenze, ma che va interpretata e compresa in modo corretto e obiettivo.
Ho avuto modo in altre occasioni ed in momenti meno dolorosi di riconoscere il merito di intuizioni che Bettino Craxi e la dirigenza del partito socialista ebbero nell'elaborazione di un progetto riformista per la società italiana, in modo particolare sul terreno del rinnovamento dello Stato e delle istituzioni.
Certamente la crisi dello Stato democratico ed il bisogno di innovazione si traducevano, fin da allora, nell'esigenza di una maggiore stabilità dei Governi, di una loro più forte capacità di decisione, di una modernizzazione del sistema politico al servizio della modernizzazione del paese, di cui solo dopo più largamente si sono colte la necessità e l'urgenza.
Così come è certamente vero che Craxi seppe interpretare, nel suo ruolo di Capo del Governo, un ruolo attivo dell'Italia sulla scena internazionale, nella fedeltà verso i nostri alleati, ma con una particolare forza ed autonomia nel Mediterraneo e nella solidarietà verso popoli e movimenti in lotta per l'indipendenza e la libertà.
Il mio ricordo personale per molte ragioni è legato alla vicenda politica e storica della sinistra e del riformismo italiano, alla lunga e drammatica contesa, alla sfida che ha diviso per lunghi anni le due principali forze della sinistra italiana.
Quei due grandi partiti - il partito socialista ed il partito comunista italiano - hanno rappresentato in un certo senso due facce della stessa medaglia, due volti di una stessa peculiarità italiana.
Un partito comunista a modo suo capace di un proprio gradualismo democratico, di una sorta di riformismo «dal basso», ma incapace tuttavia di misurarsi con la sfida del governo della società italiana.
Un partito socialista capace in più di un momento della sua storia di una grande innovazione politica e culturale, ma largamente sradicato da quel referente sociale che è stato il tratto tipico del riformismo europeo, ed anche per questo più debole nell'imprimere un segno riformista alla politica nazionale.
Quando quelle due forze ne ebbero il maggiore bisogno, non seppero aiutarsi a vicenda e ciò fu all'origine della sconfitta di entrambi quei partiti. La crisi del PCI non nacque solo dal crollo del comunismo, ma da un lungo periodo di isolamento e di consunzione, mentre il socialismo italiano negli anni ottanta, abbandonata l'ambizione riformista, finì con l'allontanarsi progressivamente dalle ragioni stesse della propria tradizione ed identità.
Dissi queste cose due anni fa a Firenze ed oggi continuo a credere che il paese abbia pagato il prezzo maggiore per queste


Pag. 18

divisioni e che il prolungarsi di quella frattura abbia finito con il comprimere le potenzialità e le migliori risorse dell'economia e della società italiana.
Ricordo con emozione l'incontro con Craxi nel momento in cui noi avevamo avviato il nostro cambiamento. Forse fu il momento in cui si aprì una possibilità ed egli stesso mi parve consapevole di questa possibilità di mutare il corso di una lunga storia di contrapposizione e di conflitto. Ricordo l'impegno che egli assunse, e che rispettò, a non precipitare la vicenda politica italiana verso elezioni anticipate, che avrebbero ostacolato il faticoso percorso della trasformazione del PCI; ricordo come in quel momento egli fu partecipe e non ostacolo del nostro accoglimento nell'Internazionale socialista. Quel momento, poi venne la grande crisi della prima Repubblica.
Anche per questo oggi non è più il tempo della recriminazione, soprattutto di fronte alla sfida che la sinistra sta affrontando nella prova concreta del governo del paese. Bettino Craxi ha vissuto, con i meriti e i limiti che la storia gli riconoscerà, la sua vicenda politica e personale all'interno di quella stagione e di quel contesto storico.
Oggi, finita la guerra fredda, caduto il comunismo, il paese ha intrapreso una strada nuova e, con esso, la sinistra italiana.
Questa scelta, anche perché finalmente in sintonia con la natura dei sistemi politici europei, ci rende più forti e ci consente di riflettere serenamente, con rispetto reciproco, sulla storia passata e sul ruolo che in essa hanno svolto i principali protagonisti.
Io mi auguro che questo spirito possa accomunare tutte le forze politiche e che, in questo spirito, anche il Parlamento possa volgersi ad una riflessione serena sulla crisi del sistema politico democratico, sulle sue cause, sul rapporto fra politica, economia, corruzione, nello spirito della verità di cui il cammino democratico del paese ha bisogno per andare avanti.
Quanto alla parabola complessa e contraddittoria di Bettino Craxi - di un uomo che in una vita politica relativamente breve ed intensa è passato da questo stesso banco fino a divenire solo, abbandonato nella sofferenza - c'è il dovere del rispetto, del cordoglio, c'è il dovere della politica di fare un passo indietro rispetto alla storia che, sola, giudicherà delle sue grandezze e dei suoi errori.

TIZIANA MAIOLO. Dillo a Borrelli!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boselli. Ne ha facoltà.

ENRICO BOSELLI. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, ricordo con commozione, a nome dei socialisti, la figura di Bettino Craxi, statista e leader politico.
Egli ha svolto un ruolo di primo piano nella nostra storia nazionale, nella comunità socialista in Europa e nel mondo. È stato segretario del mio partito per oltre un quindicennio, Presidente del Consiglio nel Governo di più lunga durata della storia della Repubblica, ha ricoperto la funzione di vicepresidente dell'Internazionale socialista collaborando con uomini come Willy Brandt, Francois Mitterand e Olof Palme. È stato tra i fondatori del partito del socialismo europeo ed ha svolto compiti in missioni di alto livello per conto delle Nazioni Unite. Si sentiva ed era allievo di un altro grande socialista, Pietro Nenni. Ha dato impulso alla modernizzazione del nostro paese, all'innovazione politica e istituzionale e alla difesa dell'occidente democratico. Ha contribuito allo sviluppo del riformismo e del revisionismo, in anni in cui la sinistra italiana era in larga parte prigioniera di dogmatismi, massimalismi e di sogni rivoluzionari. Ha sempre avuto chiara l'incompatibilità del socialismo democratico con ogni forma di totalitarismo; ha sostenuto attivamente l'opera dei dissidenti nei regimi comunisti e di chi contrastava le dittature di destra, dal Cile alla Cecoslovacchia. Ha abbracciato la causa della difesa delle democrazie europee nei confronti


Pag. 19

dell'egemonismo sovietico, con il consenso all'installazione degli euromissili in Italia. Ha sempre difeso il valore dell'autonomia, dell'indipendenza, della sicurezza della nostra nazione, non solo nei confronti degli avversari, ma anche degli alleati, come è avvenuto nel caso di Sigonella. Ha sviluppato i rapporti tra Chiesa e Stato arrivando a definire un nuovo concordato. Ha abbozzato l'ipotesi di una grande riforma delle istituzioni di tipo presidenziale per assicurare stabilità e governabilità. Ha combattuto l'inflazione in quegli anni difficili, cercando di attenuare l'impatto degli automatismi salariali, sino a dover fronteggiare un referendum per il taglio di tre punti della scala mobile, ma ha sempre mirato a praticare una politica di concertazione sindacale. Ha difeso l'economia di mercato rispetto alle suggestioni dirigiste di quell'epoca. Per il complesso delle sue idee Craxi va ricordato come un socialista riformista e liberale.
La sua opera non è stata esente da errori: non colse in tutta la sua portata le conseguenze sulla politica nazionale della caduta del muro di Berlino; non comprese a tempo come il finanziamento illegale e irregolare della politica, dei partiti, avendo provocato degenerazioni negli apparati dello Stato e nel mondo dell'economia e della finanza pubblica e privata, incontrasse reazioni crescenti nell'opinione pubblica. Fu così preso alla sprovvista dall'ondata di Tangentopoli, che lo ha travolto sul piano politico e giudiziario e lo ha condannato a vivere lontano dalla sua patria. Ebbe proprio in quest'aula il coraggio di denunciare che il finanziamento irregolare e illegale riguardava l'intero sistema dei partiti, con un memorabile discorso pronunciato nel 1992, che continuò a fare con tenacia fino agli ultimi giorni della sua vita.
Le sue intuizioni e i suoi errori sono tutti legati alla politica, che era la grande passione civile della sua vita. Io ho detto, abbiamo detto e ripetuto più volte in questi anni, che la storia del partito socialista con la segreteria di Craxi non può essere annoverata sotto un capitolo criminale, né che Craxi può essere considerato un capo banda. Eppure, persino quando la sua malattia si è aggravata e sono sopraggiunte complicazioni gravissime, Craxi è stato trattato, come egli stesso lamentava, come un grande criminale a cui non è stata neppure data la possibilità di curarsi in patria. Craxi è stato tenuto fuori dall'Italia perché non si è voluto affrontare il suo caso, che era, in ogni sua evidenza, politico e che politicamente doveva essere risolto.
La sua lunga via crucis giudiziaria è finita solo con la sua morte. Mi chiedo e vi chiedo, onorevoli colleghi, come sia stato possibile che Craxi sia stato trattato alla stregua di un grande criminale, mentre dopo la sua morte il Governo ha offerto funerali di Stato, e come sia stato possibile che alla sua figura venga reso omaggio da parte del Santo Padre, del Presidente degli Stati Uniti, del Presidente della Repubblica e delle altre autorità istituzionali. Questo è il segno di una gravissima contraddizione che la Repubblica non è stata in grado di affrontare e di risolvere. O Craxi è stato davvero un grande criminale, e allora non merita i riconoscimenti che gli sono stati tributati, o Craxi è stato uno statista e un leader politico e allora bisognava, a tempo, risolvere la questione del suo ritorno in patria.
Il coraggio di questo riconoscimento del valore della figura di Craxi, che non è venuto quando era vivo, è venuto quando è morto. E questa incapacità di trovare modi e forme per risolvere il caso Craxi peserà a lungo come una macchia sull'immagine del nostro paese e su quella delle sue classi dirigenti. Rimarrà un senso di colpa per aver fatto di Craxi il capro espiatorio di Tangentopoli, senza aver avuto neppure l'umanità che si esprime verso chi è sconfitto, malato e lontano dalla sua patria. Non si tratta di una questione che doveva essere affrontata dai giudici, ma dalla politica intesa nel suo senso più alto.
Craxi si chiedeva ripetutamente chi avrebbe continuato a perseguire la verità sul sistema di Tangentopoli una volta che


Pag. 20

non fosse più in vita. Qui io dico che saranno i socialisti che continueranno ad insistere nella ricerca della verità.
Proprio il giorno in cui Craxi è morto la Commissione affari costituzionali della Camera ha assunto come testo base per l'istituzione della Commissione d'inchiesta su Tangentopoli la nostra proposta di legge. Questa Commissione potrà servire anche ad inquadrare politicamente e storicamente la figura di Craxi. Noi siamo da sempre convinti che la Commissione non dovrà interferire con i processi che ci sono stati o con quelli in corso, non dovrà essere utilizzata come arma di propaganda nella competizione tra i partiti, non dovrà essere l'occasione per operare assurde rivincite o per imbastire processi politici.
Signor Presidente, noi socialisti ci sentiamo sconfitti per non essere riusciti a far tornare Craxi - come egli voleva - da uomo libero in Italia. Ora ne ricordiamo con affetto la figura e l'opera; nel farlo non ci animano risentimenti, spirito di rivalsa e di vendetta o avversione verso la magistratura. Tangentopoli non è stata un'invenzione, la verità - che deve essere accertata - non deve servire per accrescere divisioni e conflitti ma per conciliare e rendere più serena la nostra vita pubblica.
Il nostro ricordo di Craxi oggi è commosso e convinto. Questa mattina la Camera dei deputati gli rende omaggio in quest'aula dove egli è stato e ha dato il suo contributo al nostro paese. La Camera dei deputati con questa solenne commemorazione riconosce il carattere politico della sua figura, della sua opera e persino degli errori che egli ha compiuto. In un giorno che per noi è di grande dolore, ciò è un segno di tempi migliori (Applausi).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

Back Index Forward