![]() |
![]() |
![]() |
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
VINCENZO CERULLI IRELLI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, poiché la relazione è depositata agli atti della Camera, posso limitarmi a qualche rapida annotazione. In primo luogo, desidero far riferimento al procedimento che oggi per la prima volta ci troviamo ad affrontare: la legge n. 50 del 1999 prevede, tra le misure complessivamente rivolte al riordino e alla razionalizzazione della produzione normativa nonché della normazione in essere, uno specifico strumento che è il programma di redazione dei testi unici. Questo programma è un atto del Governo però, in relazione alle norme specifiche dell'articolo 7 della citata legge, esso deve essere individuato sulla base di indirizzi fissati dalle Camere. Noi oggi siamo qui proprio per individuare gli indirizzi. La relazione che ho l'onore di presentare, a nome della Commissione speciale, è quella sulla cui base la Camera potrà individuare gli indirizzi da dare al Governo per la predisposizione del programma di testi unici. Quest'ultimo è una delle misure che la legislazione sta introducendo e che affrontano uno dei problemi di funzionamento complessivo del sistema pubblico, dello Stato, cioè il problema della normazione.
potere legislativo delegato da esercitare sulla base dei criteri e nei limiti di materia e di oggetto stabiliti dall'articolo 7 della legge n. 50 del 1999. Tale articolo, in realtà, riguardo alle norme legislative oggetto di riordino contenute nel testo unico, conferisce al Governo possibilità di modificazione soltanto nei limiti delle esigenze di coordinamento. Quindi, in sostanza, l'articolo 7 della legge n. 50 del 1999 non conferisce al Governo poteri di modificazione sostanziale della normazione legislativa, bensì, poteri di modificazione nei limiti che ho indicato.
Così non si produrrebbe quell'effetto, sicuramente negativo, di ricondurre anche la parte regolamentare al rango legislativo. Questo il procedimento che la Commissione suggerisce al Governo.
Da questi criteri scaturisce l'elenco che ovviamente la Camera potrà modificare come crede.
PRESIDENTE. Onorevole Cerulli Irelli, la ringrazio per la sua pregevole sintesi.
FRANCO BASSANINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Vorrei innanzitutto ringraziare il presidente Cerulli Irelli, relatore della Commissione Maggi, e l'intera Commissione speciale per il contributo che ha già fornito, con un lavoro intenso ancorché contenuto in poche settimane, per affrontare attraverso uno degli strumenti possibili - perché sappiamo assai bene che è solo uno degli strumenti possibili - una problematica che, come il relatore ha ben sottolineato nella sua amplissima introduzione, è una tra le più complesse e importanti che travagliano gli Stati e i sistemi altamente sviluppati. Tale problematica si riassume in tre questioni: l'inflazione legislativa, o se vogliamo essere più precisi, l'inflazione normativa; l'accessibilità e la comprensibilità degli atti normativi da parte dei cittadini; la complessità dei procedimenti amministrativi e, come conseguenza, il problema dei costi della regolazione nei confronti sia delle strutture amministrative che devono applicare la regolazione, sia delle imprese e dei cittadini che devono ad essa adeguarsi; si deve inoltre tener conto sia dei costi indiretti sull'economia causati da una possibile riduzione della competizione dovuta a rigidità indotte da una regolazione per molti versi eccessiva, per altri confusa e contraddittoria, sia del costo degli incombenti burocratici.
degli Stati Uniti - abbia prodotto risparmi, sotto questo profilo, tra i 42 e i 54 miliardi; risparmi consistenti, ma come si vede lontani dall'aver radicalmente inciso sui costi della burocrazia. In Europa, a questo riguardo, si stima un costo intorno ai 540 miliardi di ECU, mentre, come sapete, si stima che gli effetti del mercato unico, in termini di stimolo alla concorrenza e di sostituzione dei singoli requisiti nazionali con requisiti unici in ambito europeo, abbia fatto aumentare il PIL europeo dell'1,5 per cento tra il 1987 e il 1993.
riordino in testi unici di complessi normativi, in specie se prevale l'interpretazione sostenuta - mi sembra unanimemente - dalla Commissione speciale della Camera, che ritiene trattarsi in questo caso di una vera e propria delega legislativa, sia pure nei limiti delle modifiche necessarie al coordinamento formale dei testi (quindi senza innovare sostanzialmente per quanto riguarda le scelte legislative di merito), deve essere espressa dal legislatore ordinario, quindi dal Parlamento, nella legge che identifica le materie per le quali questa autorizzazione viene concessa. Conseguentemente, il lavoro molto importante ed estremamente interessante che le singole Commissioni permanenti hanno svolto, arrivando ad identificare l'esigenza di numerosi altri testi unici non previsti dalla legge n. 50 del 1999 in molte altre materie, potrà trovare svolgimento se il Parlamento riterrà opportuno, con propri strumenti o attraverso integrazioni al prossimo disegno di legge annuale di semplificazione, incaricare e autorizzare il Governo a procedere alla redazione di testi unici anche in tali materie; finché ciò non accadrà, le indicazioni delle Commissioni di merito potranno e dovranno interessare il Governo - e lo interesseranno - nell'elaborazione della nuova normativa da sottoporre all'esame e all'approvazione delle Camere, quindi de iure condendo. È questa la mia ferma opinione, che peraltro coincide con quella del relatore. Lo ripeto, le indicazioni delle Commissioni non possono determinare una estensione delle materie per le quali il Parlamento ha autorizzato il riordino, neppure se esse fossero oggetto di una risoluzione parlamentare. A me non pare, infatti, che l'estensione possa avvenire attraverso un atto di indirizzo, essendo necessaria una deliberazione legislativa.
come noi sappiamo, di provvedimenti legislativi statali, ma anche di provvedimenti legislativi regionali. Anzi, secondo una ricerca del servizio studi della Camera, come ricordava prima il presidente Cerulli Irelli (credo che il dato sia aggiornato ad un anno fa), noi ci troveremmo di fronte a circa 18 mila provvedimenti legislativi (o probabilmente tali) statali e a circa 18-20 mila provvedimenti legislativi regionali.
GIUSEPPE CALDERISI. Per ciascuna regione?
FRANCO BASSANINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. No, complessivamente.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bassanini.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, innanzitutto, va dato atto del lavoro che è stato svolto, sulla spinta della ristrettezza dei tempi, dalla Commissione speciale, che ha operato davvero «a tamburo battente», in un periodo brevissimo; va quindi apprezzato il lavoro svolto, oltre che dal relatore Cerulli Irelli, anche dal presidente Maggi e da tutti i componenti la Commissione. Tuttavia, va osservato che la relazione proposta all'Assemblea, oltre che elementi sicuramente meritevoli di valutazione positiva, contiene anche numerosi spunti di approfondimento, in relazione alla materia ed alla novità di fronte alla quale il Parlamento ed il Governo si sono venuti a trovare. Personalmente, fin dai primi momenti (il Presidente lo ricorderà), ho ipotizzato una possibile sfiducia nei confronti del Governo, nel senso di mancanza di fiducia rispetto alla capacità del Governo di attenersi agli indirizzi del Parlamento. D'altro canto, numerose volte, nella stessa Commissione finanze, cui appartengo, ci è accaduto di verificare tale incongruenza: anche in questa prima fase, peraltro, è emersa una contraddizione e vi è stata una sorta di retromarcia da parte del Governo a proposito del problema delle deleghe.
FRANCO BASSANINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Volevo meno poteri per il Governo!
ANTONIO LEONE. Sì, indubbiamente, ma così non è stato, secondo le indicazioni della relazione all'attenzione della Camera. Va peraltro rilevato che, anche nell'ambito delle materie indicate nell'articolo 7 della legge n. 50 del 1999, vi è stata una défaillance per qualche materia di prioritaria importanza: mi riferisco, in particolare, a quella fiscale (scorgo con piacere in aula il sottosegretario per le finanze, senatore Vigevani, che non vedevamo da parecchio tempo), anche se si sono accolte, almeno a parole, le indicazioni della Commissione speciale proprio in ordine alle materie.
estremo rammarico ho constatato che in Inghilterra, che appariva come la patria della non legiferazione, in materia di trust - ad esempio - da una legge di poche righe si è arrivati in pochi anni addirittura a 5 mila pagine. Ciò non dipende dal fatto che non si sia inteso fare delegificazione, ma proprio dal fatto che si è inteso regolamentare.
VINCENZO CERULLI IRELLI, Relatore. Abbiamo parlato di ridurre lo stock normativo.
ANTONIO LEONE. Esatto, ma è successo in un momento successivo, nel momento in cui la discussione si era incanalata proprio in quella direzione che ci sembrava assurdo continuare a seguire. Occorre, quindi, sanare il vulnus costituito dalla mancata previsione di puntuali principi e di criteri direttivi. Avrei auspicato che la relazione che accompagna il provvedimento - e quindi gli indirizzi della Camera - fosse più puntuale e non di natura meramente indicativa. A questo punto, sarebbe necessario apportare le integrazioni e le modifiche necessarie allo scopo che ci prefiggiamo, che il Governo si prefigge, nella risoluzione che verrà presentata all'Assemblea.
che non parte dal Parlamento, ma dalla base. Infatti, sono i cittadini che la chiedono da anni ed, evidentemente, sino ad ora non si è riusciti a dar loro le risposte giuste.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà per un tempo superiore a quello così rigoroso, e forse anche avaro, che gli è stato concesso. Tuttavia, conto, come sempre, sulla sua discrezione.
GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, devo utilizzare alcuni secondi per porre il problema relativo al contingentamento dei tempi, che evidentemente non può essere applicato in questo modo nelle sedute del lunedì - come quella odierna - o del venerdì, quando sono previsti pochissimi interventi e viene assegnata una manciata di «nanosecondi», che certamente non è un tempo congruo per affrontare una tematica così complessa ed importante come quella in discussione.
è sicuramente un problema che non riguarda solo il nostro paese ma forse l'Italia lo ha in misura maggiore perché, oltre ai procedimenti, come ricorda la relazione, occorre riconsiderare il regime sostanziale. In primo luogo, oltre che domandarci quali leggi approvare, dobbiamo chiederci se per le norme già esistenti vi debba essere una regolamentazione.
che il Governo fosse venuto a dire che è in grado di realizzare solo poche cose, ma che le avrebbe fatte per davvero. Il rischio è che si aprano tanti cantieri di lavoro e che nessuno di essi venga chiuso.
PRESIDENTE. La Presidenza non è magnanima, ma segue sempre un criterio di opportunità.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Cerulli Irelli, che illustrerà la relazione.
Veniamo da anni, da decenni di normazione quantitativamente ingente, caotica e sovrapposta, nella quale si sono intrecciate competenze dello Stato con quelle delle regioni e, sul versante regolamentare, degli enti locali, nonché competenze affidate all'Unione europea. Si è prodotto, quindi, un intrico tra fonti di diversa gerarchia e di diversa competenza; tra fonti, cioè, affidate a diversi livelli di governo.
Sulla stampa si è parlato molto, anche in anni passati, di cifre che ammonterebbero alle decine di migliaia di leggi e di atti normativi nel nostro paese; si tratta di numeri in larga misura, esagerati; in ogni caso, resta il fatto - testimoniato dai dati del servizio studi della Camera dei deputati - che il nostro paese ha prodotto uno stock normativo eccessivamente ampio, che deve essere risistemato.
Il testo unico rappresenta uno degli strumenti di razionalizzazione e di riordino normativo. Tale strumento consente di assorbire, in un unico testo, l'insieme della normazione sia di fonte legislativa, che di fonte regolamentare, in merito ad una specifica materia. Al riguardo, ritengo che la legge n. 50 del 1999 rappresenti un'innovazione rispetto ad alcune nostre precedenti convinzioni ed abbia consentito un passo avanti significativo, in quanto ha previsto, appunto, testi unici di tipo nuovo, che contengono una parte di normativa legislativa ed una parte di normativa regolamentare.
Si pone il problema del procedimento di adozione di ciascun testo unico, nonché del tipo di potere formale che il Governo esercita nell'adozione dei testi unici: ci si chiede, cioè, se si tratti di potere legislativo delegato, oppure, di un compito di mero riordino della normazione vigente. La Commissione - come credo risulti chiaramente dalla relazione - ritiene che quello esercitato dal Governo sia un potere legislativo delegato; naturalmente, si tratta di un
D'altra parte, l'inserimento della normativa legislativa nel testo unico dà luogo ad effetti - in ordine alle singole norme - sotto il profilo della loro particolare forza di resistere ad abrogazioni - che non siano abrogazioni espresse - da parte della normazione successiva: le norme, cioè, una volta entrate nei testi unici, potranno essere successivamente abrogate soltanto con abrogazione espressa. Ciò conferisce loro una forza particolare.
Per le ragioni espresse e per le altre ragioni illustrate nella relazione, riteniamo che il Governo possa esercitare, in questo ambito, un vero e proprio potere legislativo delegato; il che significa che i testi che saranno adottati avranno valore legislativo in quanto tali, cioè, andranno a coprire - con la fonte legislativa - la materia oggetto della normazione. Ovviamente essi potranno essere sindacati per quanto riguarda i limiti posti dalla delega, ma questo sindacato potrà essere effettuato soltanto dalla Corte costituzionale.
L'altro problema che si è posto riguarda i rapporti tra parte legislativa e parte regolamentare di questi testi. La Commissione ha infatti affrontato il problema, delicato ed interessante, di evitare che l'inserimento in questi testi unici di norme regolamentari - più in particolari di quelle provenienti da un'operazione di delegificazione - facesse sì che tali norme acquistassero valore legislativo: potessero, cioè, essere «rilegificate» dopo essere state delegificate. Sicuramente il legislatore non vorrebbe che si verificasse tutto ciò. In relazione a ciò, la Commissione ritiene, e suggerisce al Parlamento ed al Governo, che il procedimento da seguire per l'adozione di questi testi unici debba suddividersi in alcune fasi.
In una prima fase, il Governo, per ciascuna materia oggetto dell'operazione di riordino, deve individuare la parte di normazione da delegificare: quindi, oltre a quella già oggetto di procedimenti di delegificazione, dovrà individuare, sulla base di quanto stabilito dall'articolo 7, le parti normative concernenti il settore dell'organizzazione e del procedimento. Queste parti normative devono essere delegificate, vale a dire riscritte attraverso norme di carattere regolamentare formulate sulla base dei principi di semplificazione stabiliti dalla legge n. 59 del 1997.
La parte non oggetto di delegificazione è quella che costituirà l'oggetto del vero e proprio testo unico legislativo. Pertanto, il Governo sulla prima parte deve adottare un regolamento organico che comprenda tutti i settori della materia delegificati - se volete, si può parlare di un testo unico regolamentare, anche se io preferisco definirlo un regolamento -, con un atto successivo, invece, deve adottare un vero e proprio decreto legislativo contenente il testo unico delle norme di rango legislativo oggetto del riordino. Ci troviamo così di fronte a due testi emanati dal Governo: uno a carattere regolamentare e l'altro legislativo.
Entrambi i testi devono in seguito essere fusi in un unico provvedimento, a carattere esclusivamente conoscitivo e compilativo, il quale, secondo la dizione della norma, dovrà contenere una normazione a carattere regolamentare e un'altra di carattere legislativo.
Con questo procedimento, che sicuramente è macchinoso ma che è anche l'unico che ci è sembrato possibile realizzare, si può arrivare al testo unico compilativo - contenente, cioè, tutte le parti della normazione in oggetto -, mantenendo per ciascuna il suo valore formale.
Vorrei sottolineare ulteriori questioni che abbiamo affrontato, pur rimandando alla relazione presentata. In primo luogo, la Commissione ritiene che questa complessa operazione abbia un valore strategico per il paese e che in essa debba essere intensamente coinvolto il Parlamento.
Il Parlamento dovrà essere coinvolto con riferimento al suo ruolo consultivo (attraverso cioè le Commissioni parlamentari che hanno il compito di esprimere il parere sui singoli testi unici) e al suo ruolo di regista dell'operazione, insieme con il Governo.
Il problema non è soltanto quello di conoscere nel merito i singoli testi unici ma anche quello di monitorare l'operazione di riordino nel suo complesso, nella sua impostazione, nei suoi tempi ed anche nelle sue difficoltà operative, pratiche, nelle sue prospettive e nei suoi obiettivi.
Il Parlamento dunque ritiene che vi sia bisogno di un organismo da esso stesso individuato, che potrà essere una Commissione permanente o la stessa Commissione speciale o una Commissione bicamerale o anche un organismo di collaborazione misto, composto cioè da rappresentanti del Parlamento e del Governo, secondo il modello francese. A tale riguardo ricordo che la Francia ha creato un comitato misto, in cui sono presenti membri del Governo, deputati e senatori, al quale è affidata la regia dell'operazione di riordino normativo. Riteniamo che un qualche organismo di questo tipo, individuato nel modo che le Camere stabiliranno, sia necessario per seguire l'operazione nel suo complesso.
Quali materie indicare per prime come oggetto del programma di riordino? La Commissione ritiene, a fronte di richieste che provengono da alcune Commissioni permanenti, che il programma di riordino debba avere come oggetto le materie indicate espressamente dall'articolo 7 e non altre che invece potranno essere successivamente indicate (come è già avvenuto) dalle Commissioni di merito, anche se dovranno essere previste nella prossima legge di semplificazione che credo il Parlamento stia preparando e che presto sarà esaminata dalle Camere. Se ciò non dovesse accadere, si rimarrà nell'ambito delle materie indicate dall'articolo 7.
La Commissione ritiene che i testi unici, già in preparazione perché previsti da alcune leggi di settore, che nel frattempo sono entrate in vigore, possano essere adottati attraverso il procedimento indicato dall'articolo 7 e inseriti in questo programma di riordino, a meno che la legislazione di settore, successiva alla legge n. 50 del 1999, non introduca delle specifiche eccezioni o deroghe, altrimenti la legge n. 50 può essere considerata come una normativa avente efficacia generale.
In questa prospettiva riteniamo - è un suggerimento al legislatore - che successive leggi di settore non debbano prevedere specifici testi unici. Da oggi in poi, infatti, quella dei testi unici dovrebbe essere una politica unitaria, dovrebbe cioè avere una precisa individuazione nella legge annuale di semplificazione e poi entrare nel programma di riordino che via via verrà aggiornato sulla base appunto della legge di semplificazione.
Riteniamo che leggi di settore debbano «astenersi», proprio in questa logica di riordino e di razionalizzazione normativa, dall'indicare singoli testi unici.
Le materie oggetto di riordino dovranno essere individuate in un atto di indirizzo espresso dalla Camera; noi ci siamo limitati, come del resto emerge dalla stessa relazione, a dare alcune prime indicazioni che derivano, in parte, da quelle date dalle Commissioni permanenti e, in parte, da quelle date dal Governo in ordine alle materie in cui è per così dire più pronto, ossia, in quelle dove il lavoro è più avanzato, nonché in ordine a quei testi unici già previsti da leggi di settore che sono in stato di avanzata elaborazione.
Riteniamo - e qui concludo questa brevissima introduzione - che in questa materia sia necessario procedere con grande cautela e con il massimo realismo: redigere i testi unici, così come redigere i regolamenti di semplificazione, è estremamente difficile; occorrono mezzi e personale.
Su questo punto il Governo ha manifestato problemi di carattere pratico; il Parlamento ha risposto nella legge n. 50 con una norma molto significativa che introduce il nucleo per la semplificazione: nell'ufficio, costituito in questi giorni, sarà svolta tutta questa attività. Riteniamo che l'operazione debba partire con i piedi per terra e che si dovranno assumere solo gli impegni che potranno essere mantenuti e che si debba tenere conto soprattutto della disponibilità effettiva delle forze in campo da destinare a questo delicato lavoro.
Questo è il quadro, signor Presidente, e non credo debba aggiungere altro. La relazione è a disposizione dei colleghi e la Commissione ovviamente recepirà tutte le indicazioni che verranno dall'Assemblea.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
Sul problema generale, nella relazione che ho presentato qualche mese fa al Parlamento, si citavano a titolo esemplificativo alcuni dati. Vorrei richiamarne alcuni tra i più impressionanti, perché restino anche agli atti dell'Assemblea e nella memoria dei nostri colleghi che leggeranno nei prossimi giorni il resoconto della seduta di oggi. Per esempio, il code of federal regulations degli Stati Uniti si è dilatato dalle 55 mila pagine del 1970 alle quasi 140 mila del 1995. La lunghezza media delle leggi francesi è passata dalle 93 righe del 1950 alle 220 righe del 1991. Nel Regno Unito, la lunghezza media del finance act annuale è passata dalle 145 pagine del quinquennio 1975-1979 alle 336 pagine del quinquennio 1988-1992. Per contro, in Svezia, il numero di leggi e ordinanze del Governo è stato ridotto da 5 mila a 2 mila tra il 1970 e il 1996, grazie ad un processo intenso e prolungato di regulatory reform.
I costi di questa inflazione legislativa sono molto consistenti. Negli Stati Uniti sono stati calcolati, in termini complessivi di burdens of bureaucracy nei confronti delle imprese, intorno ai 500 miliardi di dollari all'anno. Si calcola che la riforma Clinton-Gore - che ha avuto consistenti effetti e che tra l'altro ha fortemente contribuito prima alla riduzione del deficit federale e poi addirittura a produrre un consistente avanzo nel bilancio annuale
Sottolineo, tra l'altro, che il nostro paese sarà sottoposto ai periodici esami annuali dell'OCSE, in ordine alla qualità della propria regolazione, nella seconda metà dell'anno prossimo. Quindi, come è già capitato ad altri paesi, saremo soggetti ad analisi che per altri paesi hanno portato alla luce ritardi, difetti e costi derivanti dal sistema della regolazione, dall'inflazione legislativa, dall'obsolescenza delle norme legislative, dalle rigidità e dai vincoli, talora eccessivi e talora addirittura del tutto ingiustificati, che vengono imposti alle attività dei cittadini e delle imprese.
La legge n. 50 ha inteso apprestare, come ricordava molto bene il relatore Cerulli Irelli, alcuni primi strumenti per affrontare questi problemi e per cercare di cominciare a costruire alcune prime risposte.
È evidente che si tratta di problemi che non sono propri di una parte. Non a caso, la legge n. 50 fu a suo tempo approvata da questo ramo del Parlamento a larghissima maggioranza (se non ricordo male, nel voto finale il risultato fu di 356 voti contro 6) e il Senato in prima lettura l'approvò addirittura all'unanimità per poi dividersi in seconda lettura nel giudizio, diversificato tra i diversi gruppi, sulle modifiche introdotte dalla Camera. Alcuni gruppi decisero infatti di votare contro il provvedimento contestando peraltro non l'impianto della legge nel suo insieme, ma le modifiche introdotte da questo ramo del Parlamento ed i presunti cedimenti del Governo nei confronti di quelle modifiche, che peraltro erano sostenute pressoché da tutti i gruppi, di maggioranza come di opposizione. Succede: il bicameralismo mette non di rado il Governo in queste condizioni.
La legge n. 50 ha previsto alcuni strumenti che ora andranno correttamente applicati e che, come ricordava il presidente Cerulli Irelli, richiedono un'intensa collaborazione tra Parlamento e Governo, nella distinzione dei rispettivi ruoli; lo richiedono sin dall'inizio del processo, cioè dalla definizione del programma di riordino della legislazione in testi unici che è definito dal Governo sulla base degli indirizzi delineati dal Parlamento. Siamo per l'appunto al momento della definizione degli indirizzi e, sotto questo profilo, il Governo deve attenersi alle indicazioni che il Parlamento gli fornirà. Peraltro, non ho difficoltà nell'affermare che il Governo concorda pienamente con le indicazioni e le proposte che la Commissione ed il relatore, l'onorevole Cerulli Irelli, hanno riassunto nella relazione della Commissione stessa. È ovvio però che, se l'Assemblea vorrà modificare in qualche punto queste proposte, il Governo non potrà che rimettersi alle valutazioni dell'Assemblea medesima, spettando al Parlamento definire gli indirizzi al quale il Governo deve attenersi.
L'esecutivo è inoltre favorevole, in una materia come questa, ad un intenso coinvolgimento nel corso del lavoro di predisposizione dei testi unici, del Parlamento e delle sue Commissioni; non può ovviamente pronunciarsi sui modi e sugli strumenti con i quali ciascuna delle due Camere intenderà partecipare a questo lavoro.
Devo invece sottolineare, perché ciò attiene alla corretta interpretazione dei principi e delle disposizioni che reggono il nostro sistema istituzionale, che non credo potrebbe essere accolta l'indicazione (proveniente da molte delle Commissioni parlamentari che hanno avuto modo di esaminare la relazione predisposta dal Governo) in ordine ad un'estensione delle materie della cui legislazione procedere al riordino in testi unici. L'autorizzazione al
Il Governo, dunque, ha l'incarico di riordinare la legislazione in testi unici nei limiti della legge n. 50 del 1999 o di altre leggi che hanno egualmente previsto testi unici e i cui termini non sono ancora scaduti; l'autorizzazione al riordino non può essere estesa in questa sede, ossia in relazione alla definizione del programma di riordino, in merito al quale le Camere sono chiamate a dare indirizzi che, ovviamente, il Governo dovrà rispettare.
Penso che su questo punto maggioranza e opposizione vorranno convenire, trattandosi della semplice applicazione del nostro sistema costituzionale; credo e mi auguro che tutti i gruppi vorranno dare il loro contributo ad un lavoro che in altri paesi, spero anche nel nostro, deve limitarsi alla revisione, al miglioramento, alla riorganizzazione del sistema normativo, senza estendersi in alcun modo ad aspetti che, attenendo al contenuto, alle scelte di merito della legislazione, sono ovviamente rimessi alla normale dialettica tra le forze politiche, tra maggioranza e opposizione, richiedendo quindi strumenti diversi dal riordinamento in testi unici. Tale riordino avviene attraverso processi che si traducono, da una parte, in delegificazione di norme attinenti agli aspetti organizzativi e procedimentali, dall'altra, nel coordinamento formale volto ad eliminare contraddizioni tra disposizioni diverse, rimettendo al normale processo legislativo ogni questione che possa comportare innovazioni nelle scelte legislative già compiute, che non possono essere che confermate puramente e semplicemente.
In avvio di questo dibattito, vorrei dire che è incoraggiante che qualche risultato si cominci ad intravedere, non solo nel lavoro di semplificazione dei procedimenti compiuto negli ultimi due anni sulla base della legge n. 59, ma anche nei provvedimenti che singole regioni hanno adottato nell'ambito dell'attuazione della legge n. 59 per la riforma della regolazione regionale.
Vi sono alcune regioni che, lavorando al cosiddetto recepimento (detto in senso atecnico) della legge n. 59 e dei suoi decreti legislativi, hanno operato una «ripulitura» della legislazione regionale vigente che ha portato a dimezzare, e qualche volta più che a dimezzare, il numero delle leggi regionali, cioè ad abrogare la maggioranza delle leggi regionali vigenti, cominciando a dare un colpo a quella giungla legislativa che è formata,
Quest'ultimo dato merita di essere aggiornato perché è vero che nel frattempo, come è ovvio, i legislatori regionali hanno continuato a produrre leggi, però nel frattempo molti di loro hanno anche approvato drastici provvedimenti di abrogazione di gruppi di leggi vigenti, al fine di raggiungere una sostanziale semplificazione del corpus legislativo di ciascuna regione. Lo voglio dire perché spesso tutti noi abbiamo ricordato in quest'aula i ritardi, le contraddizioni e i problemi nell'azione delle regioni. Possiamo e dobbiamo, in qualche caso, sottolineare invece gli aspetti e i risultati positivi, cercare di incoraggiarli. Citarli per il pubblico elogio serve ad incoraggiare le buone pratiche. Le buone pratiche sono quelle che si riferiscono ad una legislazione che, senza perdere nulla della sua efficacia nella tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini e degli interessi generali della collettività, è tuttavia più semplice, meno invasiva nelle attività dei cittadini, delle loro associazioni e delle imprese.
Troppe leggi non significano necessariamente leggi più efficaci anzi, normalmente, l'eccesso e l'inflazione legislativa generano l'esatto contrario: incertezze, contraddizioni, difficoltà e ritardi nell'attuare la volontà del legislatore e nell'applicare le norme di legge, generano anche difficoltà e ritardi non sempre giustificati, anzi spesso ingiustificati, nell'esplicarsi delle attività dei cittadini.
Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
È doveroso ricordare che lo stesso sottosegretario Bassanini, in sede di Commissione speciale, lo scorso 6 ottobre, sostenne la tesi, peraltro discutibile, perché non supportata da elementi oggettivi, per la quale l'articolo 7 della legge n. 50 del 1999 non configurerebbe una delega legislativa piena ed al Governo sarebbe stato affidato esclusivamente il compito di apportare modifiche di coordinamento formale...
Detto questo, certamente un dubbio sulla fiducia da accordare al Governo in relazione alle indicazioni che verranno date va espresso, almeno in questa sede di confronto parlamentare. Occorre poi rilevare che un'analisi delle disposizioni della legge ed un'attenta lettura dei contenuti della relazione governativa dimostrano, senza ombra di dubbio, una carenza di sufficienti principi e criteri direttivi: siamo partiti da quella relazione e vi è stato poi un aggiustamento di tiro. La relazione, se per un verso non manca di fornire precisazioni circa le procedure da seguire (al riguardo, si è innestato un altro tipo di problema, risolto parzialmente con la relazione sottoposta all'attenzione della Camera) ai fini dell'adozione dei testi unici, non contiene alcuna indicazione puntuale quanto al merito delle diverse materie contenute nell'allegato 3, che dovrebbero invece costituire l'oggetto dei diversi testi unici.
Lo stesso relatore ha concentrato la sua attenzione su questioni di carattere procedurale, fra l'altro suggerendo opportunamente il coinvolgimento delle Commissioni parlamentari competenti: ringrazio il relatore, in particolare, per aver accolto una serie di proposte emendative del gruppo di forza Italia, dell'onorevole Marongiu e dell'onorevole Antonio Pepe di alleanza nazionale. Si è invece limitato a richiamare riassuntivamente - almeno in un primo momento, poi è stato aggiustato in parte il tiro - i suggerimenti avanzati dalle stesse Commissioni nei pareri espressi, senza peraltro indicarli nei relativi provvedimenti. La ratio, ovviamente, è quella che il relatore ha rappresentato, ma, sin dai primi interventi in Commissione, noi chiedevamo di più. Inoltre, non mi sembra corretto affermare che il carattere eminentemente compilativo dei testi unici e la previsione di alcune limitazioni per quanto concerne la possibilità di modificare il contenuto della normativa vigente, da accorpare nei testi unici, possano giustificare tale carenza di principi e di criteri direttivi.
A dimostrazione del fatto che non sembra prospettarsi una revisione di tipo esclusivamente formale, vi è la disposizione che consente di demandare a fonti sublegislative le questioni di tipo organizzativo e procedimentale, stante l'assenza, nell'ordinamento vigente, di elementi che consentano di individuare in tali questioni in termini certi, distinguendole da quelle sostanziali. La disposizione sembra rimettere interamente alla discrezionalità del Governo la scelta degli aspetti da disciplinare con regolamento anziché con legge. È in questo caso che il Governo si riappropria di quel potere al quale, apparentemente, aveva fatto credere di rinunziare.
I dati che il sottosegretario Bassanini ci ha fornito in ordine a quanto accade negli altri paesi, ai quali si è sempre guardato perché riuscivano ad andare avanti sulla scorta di sole quattro leggi, e che in un primo momento possono apparire di conforto, in realtà mettono in rilievo un dramma di natura politica che riguarda la situazione italiana e che io ebbi modo di richiamare nella Commissione speciale. Mi riferisco all'inflazione normativa, che sicuramente discende dalle istituzioni, dal numero dei governi che si succedono, dal modo nel quale ciò accade, nonché a tutta una legiferazione «a casaccio», cioè l'accavallarsi di provvedimenti, proprio a causa dell'instabilità di Governo. Mi sembra strano che si possa arrivare ad una reale delegificazione senza partire da una riforma istituzionale costituzionale. Si incorrerebbe nel rischio nel quale sono incorsi anche gli altri paesi; con mio
In Italia si corre lo stesso rischio e dobbiamo tentare di evitarlo; delegificazione non significa regolamentazione tout court, altrimenti saremmo caduti «dalla padella nella brace».
Desidero richiamare l'attenzione dei colleghi sull'eventualità di una pronuncia di illegittimità da parte della Corte costituzionale che potrebbe pregiudicare la realizzazione dell'obiettivo, eventualità che non è da escludersi in presenza di così evidenti lacune. In linea di massima, tra l'altro, essa è del tutto condivisibile, tanto è vero che, come ricordava il sottosegretario Bassanini, anche la mia parte politica in questa sede diede il proprio apporto alla legge n. 50, al fine di avviare un processo di riordino della normativa esistente in alcuni settori. In altri termini, occorre ricondurre la procedura prevista dall'articolo 7 della legge n. 50, a partire dalla relazione predisposta dal Governo, nell'ambito della disciplina costituzionale della delega legislativa. In assenza di interventi correttivi, l'originalità della procedura indicata dall'articolo 7 si presterebbe a gravi abusi da parte del Governo - ed è ciò che vogliamo evitare - e sarebbe passibile di un giudizio negativo sulla sua legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale.
L'esperienza degli ultimi anni fornisce numerosi esempi di deleghe - l'ho ricordato anche all'inizio di questo mio breve intervento - conferite al Governo in assenza di puntuali criteri e principi direttivi. È bene, quindi, evitare ulteriori «strappi» all'ordinamento costituzionale, che sarebbero tanto più gravi in considerazione della vastità dei settori che potrebbero essere investiti dal riordino di cui alla legge n. 50.
Proprio allo scopo di integrare i contenuti della relazione predisposta dall'onorevole Cerulli Irelli, sono state presentate alcune proposte emendative, in parte accolte ed in parte assunte, per così dire, come raccomandazioni. In buona sostanza, si tratta - e ciò va ripetuto in quest'aula - di rafforzare la parte della relazione riguardante la procedura da seguire. Poiché la risoluzione può non recepire in toto le indicazioni della relazione, ma può integrarle, va affermata con ancora maggior forza la necessità di un intervento delle Commissioni permanenti - e per quanto ci riguarda si tratta di un punto fermo -, in considerazione del fatto che esse dispongono delle conoscenze necessarie, per la consuetudine con la normativa dei vari settori.
Va sottolineata la necessità di pervenire ad un riordino che riduca le dimensioni complessive della normativa - ciò va sottolineato con forza nelle risoluzioni -, attualmente eccessive rispetto alle effettive necessità delle realtà sottostanti, in modo da ridurre gli ingenti costi che ciò determina per i destinatari della stessa. Come ha ricordato lo stesso sottosegretario Bassanini, occorre valutare, una volta per tutte, il rapporto tra il costo e il beneficio per poter arrivare ad un delegificazione,
Bisogna introdurre alcuni precisi criteri direttivi per quanto riguarda - torno a ripeterlo e non lo faccio per spirito di campanile nei confronti della Commissione di cui faccio parte - la materia tributaria, che è sicuramente una delle più caotiche. Il ministro Visco, con la sua pseudoriforma, sta contribuendo a gettare ancora di più la materia nel caos ed è per questo che, in questa sede, chiediamo con forza al Governo un riordino del settore.
La risoluzione sarà portata all'attenzione del nostro gruppo e, così come abbiamo ritenuto di fare in seno alla Commissione, saranno valutate in maniera attenta tutte le possibili integrazioni e modifiche da apportare (Applausi).
Giunge al nostro esame la relazione del Governo - voglio sottolineare, infatti, che stiamo discutendo la relazione della Commissione speciale, ma riferita ad una relazione presentata dal Governo - relativa alla questione del riordino legislativo e normativo.
La questione è di grandissima rilevanza, come è stato già osservato, perché non è solo di carattere giuridico ma anche pratico, concreto; è una questione che riguarda la vita dei cittadini, delle imprese, della pubblica amministrazione, che investe il rapporto di fiducia dei cittadini verso le istituzioni ed il sistema politico in generale. Forse non vi è questione, come quella dell'inflazione normativa, del carico burocratico, con costi enormi sui cittadini e sulle imprese, che abbia impatto maggiore sul rapporto di fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Per questo motivo dovremmo prestare maggiore attenzione al problema. Mi riferisco al fatto che, oltre alle Commissioni, anche l'Assemblea dovrebbe dedicare più tempo al tema.
Non facendo parte della Commissione speciale, sono intervenuto nel dibattito presso la Commissione affari costituzionali al quale è intervenuto il sottosegretario Bassanini e ho espresso sulla relazione del Governo il mio giudizio che, in considerazione della grande attesa, è stato di grande delusione per una serie di ragioni che voglio sommariamente elencare. In primo luogo, giudico negativamente la genericità della relazione che avrebbe dovuto contenere più dettagliate specificazioni degli indirizzi del Governo perché su questa base si sarebbe dovuto pronunziare il Parlamento. La relazione fa riferimento al dibattito avvenuto in sede internazionale, alle circolari dell'OCSE, riprese nel gennaio 1997 in due circolari dei Presidenti delle Camere e recepite dall'articolo 79 del regolamento della Camera che ha inserito nel procedimento legislativo l'istruttoria legislativa. In particolare il comma 4 stabilisce che le Commissioni, nell'acquisire gli elementi di conoscenza necessari per verificare la qualità e l'efficacia delle disposizioni contenute nel testo, valutino innanzitutto la necessità dell'intervento legislativo con riguardo alla possibilità di conseguirne i fini mediante il ricorso a fonti diverse dalla legge.
Nella relazione del Governo viene affrontata questa problematica ma, quando si tratta di passare al concreto, non vi sono riscontri, nel senso che il problema sembra consistere solo in una semplificazione dei procedimenti. Quello del riordino
Al cittadino, infatti, poco importa se si tratti di una legge dello Stato o di una regione, oppure di un regolamento; quando vi è un carico normativo eccessivo - qualunque sia la fonte -, poco importa al cittadino che esso sia spostato dalla sede legislativa a quella regolamentare. Anzi, come accade in Inghilterra, ciò potrebbe suscitare maggior preoccupazione, perché vi sarebbe più incertezza nel reperire fonti e testi qualora si producesse una enorme normazione regolamentare.
Un'altra problematica, dunque, è quella della delegificazione. Nella relazione del Governo manca un bilancio sui processi di delegificazione: siamo, infatti, in grave ritardo rispetto agli obiettivi che il Governo si era posto in termini di delegificazione. Come ho detto, nella relazione del Governo non esiste un bilancio al riguardo, né vengono spiegate le motivazioni dei ritardi.
Non vi è, dunque, una sufficiente attenzione alla problematica della deregolazione; si pone, inoltre, un rischio di sovrapposizione e di intersecazione a livello di normativa europea: la legge comunitaria, infatti, ha previsto alcune deleghe per l'elaborazione di testi unici. Che rapporto ci sarà tra quei testi unici e gli altri, elencati nei provvedimenti ricordati anche nella relazione?
Vi è poi una questione di fondo, relativa al modo di concepire il riordino normativo ed il rapporto tra riordino e testi unici. Ritengo che ci troviamo di fronte ad un errore. Non sono esperto della materia, ma ritengo che il testo unico debba essere il frutto conclusivo del processo di riordino; prima dovremmo affrontare il riordino normativo e poi procedere alla redazione di testi unici. Non è il testo unico lo strumento per affrontare il riordino normativo! Il testo unico, infatti, dovrebbe essere redatto nel giro di tre mesi, sei nel caso di testi più complessi; ma se non vi è stato un riordino, il testo unico può richiedere fino a tre anni di tempo: non è in questo modo che si può riuscire a dare ordine! Un tale modo di procedere, inoltre, consente di conferire un potere, a mio avviso, eccessivo al Governo. In merito alle abrogazioni, si suscitano gravi preoccupazioni anche nella relazione dell'onorevole Cerulli Irelli. Infatti, l'onorevole relatore cerca di supplire alle carenze della relazione dell'esecutivo, nei modi in cui ciò è possibile: concependo, cioè, un rapporto stretto tra il lavoro del Governo e quello del Parlamento quando si dovrà procedere alla redazione di testi unici. Non so se sia questa, però, la strada per risolvere il problema.
È necessario, invece, procedere ad una inversione logica degli strumenti. Il rischio, infatti, è quello di aprire tantissimi cantieri di lavoro per fare il riordino normativo in tutte le materie. Se volessimo fare l'elenco delle materie nelle quali occorrerebbe redigere testi unici, avremmo quasi tutto l'orbe terracqueo. Il rischio è quello di non fare assolutamente nulla! Se, infatti, esaminiamo le deleghe per la redazione di testi unici contenute in molte leggi - a prescindere dalle leggi cosiddette Bassanini - e vediamo le innumerevoli proroghe concesse, c'è da dubitare che si arrivi a qualcosa di concreto. Il rischio è che tutto ciò sia una messinscena, oppure un modo inconcludente di lavorare. Prendiamo, ad esempio, il testo unico in materia previdenziale. La sua redazione è prevista per il 31 maggio 2000; vorrei chiedere al sottosegretario Bassanini se, per quella data, avremo tale testo unico o se assisteremo, da qui ad allora, ad una ennesima - la quinta - proroga. Assisteremo, altresì, ad uno slittamento del termine del 18 maggio 2000 - come previsto dalla legge - per il testo unico in materia tributaria?
Signor Presidente, signor sottosegretario, avrei preferito molto più concretamente
Si pongono, poi, problemi di costituzionalità, che sono stati in qualche modo accennati; si pongono problemi legati all'abrogazione dei testi; mi sono già riferito ad un potere eccessivo che, in tal modo, viene consegnato nelle mani del Governo: si tratta di un problema molto delicato. Il Parlamento dovrebbe esprimere precisi indirizzi su quanto deve essere abrogato. Infatti, è difficile operare un riordino senza toccare nulla della normativa sostanziale.
A me sembra, lo ripeto, un approccio errato e che rischia di non portare ad alcun risultato: pertanto, suggerisco di concentrarci su pochissime questioni, selezionando e scegliendo le materie e attuando un riordino effettivo sperimentando una strada più selettiva e concludente.
Pertanto, nonostante la Commissione speciale e le Commissioni di merito abbiano cercato di supplire ad alcune carenze dell'azione del Governo, non riesco a valutare positivamente la relazione nonostante io sia più che mai interessato al problema del riordino. Valuterò, comunque, il contenuto della risoluzione alla quale si dovrà far ricorso, visto che non credo siano stati presentati provvedimenti al riguardo. Tuttavia, su queste basi, non credo che si possano raggiungere risultati soddisfacenti nel perseguire un obiettivo primario quale è il riordino delle norme legislative e regolamentari.
Concludo il mio intervento ringraziando la Presidenza per la magnanimità dimostrata nell'incrementare i nanosecondi a mia disposizione.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.