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PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 maggio 1999, n. 145 (vedi l'allegato A - A.C. 6201 sezione 1), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6201 sezione 2).
Avverto che gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi presentati sono riferiti agli articoli del decreto-legge, nel testo della Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 6201 sezione 3).
Avverto altresì che non sono stati presentati emendamenti riferiti all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Ricordo che sono stati ritirati tutti gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi presentati dai deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD.
Passiamo agli interventi sul complesso degli emendamenti ed articoli aggiuntivi riferiti agli articoli del decreto-legge.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, credo sia giusto mostrare apprezzamento per lo sforzo compiuto dal Parlamento e dalle forze politiche per arrivare non tanto a un compromesso, quanto ad un giusto punto di equilibrio in grado - come penso che avverrà - di evitare la decadenza di un decreto-legge con conseguenze disastrose non solo per il processo penale, ma anche, e soprattutto, per il processo del lavoro. Si è trovata una soluzione in grado di evitare rischi di incostituzionalità, considerato che vi sarebbe stato il rischio di una disparità di trattamento che avrebbe comportato, dopo lo svolgimento di udienze preliminari ed anche di dibattimenti di primo grado, la nullità dell'intero processo.
pure emettere sentenza d'incompetenza, con tutti i rischi facilmente intuibili. Ecco perché rifondazione comunista si asterrà dal votare questo emendamento della Commissione, mentre esprimerà voto favorevole su tutti gli altri emendamenti che mi sembra rappresentino una soluzione equa e garantista che evita contemporaneamente rischi di incostituzionalità, l'annullamento di numerose udienze preliminari e limita l'allungamento dei tempi delle udienze preliminari in corso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Veltri. Ne ha facoltà.
ELIO VELTRI. Signor Presidente, voterò contro l'emendamento e contro il provvedimento che ci viene sottoposto (Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia). Voterò contro perché mi sono convinto che dopo aver gridato più volte in quest'aula «al processo, al processo!» come «alla convenzione, alla convenzione», in realtà, i processi non si vogliono celebrare.
giustizia questa maggioranza fosse compatta, mi ero rallegrato e quasi non volevo credere al racconto del collega Maggi. La mia fiducia, poi, era stata ulteriormente rafforzata da quanto avevo letto sui giornali; il ministro di grazia e giustizia, che sa che per lui nutro non solo stima ma quasi affetto - (Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia)...
ANTONIO LEONE. Bacio! Bacio!
ELIO VELTRI. ...è così, è la verità - aveva detto: «Vogliono la guerra, andiamo alla guerra». Andiamo alla guerra, ma è una resa, caro ministro Diliberto (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)! È una resa!
Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di forza Italia: Basta!
ELIO VELTRI. Poiché da quella parte si urla e basta, voglio dire che l'onorevole Previti mi sta diventando quasi simpatico (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale) perché da tre anni riesce a condizionare la vita del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo). Ebbene, in due mesi l'onorevole Previti è riuscito a far saltare - ci sono le date - quattro udienze preliminari. A Milano, poi, il GIP aveva deciso di svolgere l'udienza di sabato perché così l'onorevole Previti non avrebbe potuto dire che doveva andare in Parlamento; bene, ci ha pensato il dottor Squillante a farla saltare!
TIZIANA MAIOLO. Sei un maniaco!
ELIO VELTRI. ...ma quando si discusse in quest'aula del caso specifico tutti avete urlato: «Al processo, al processo!». No, al processo non si andrà; voi lo sapevate e in quel momento mentivate a voi stessi prima che ai vostri elettori e al paese.
MARIO LANDOLFI. È merito tuo!
ELIO VELTRI. Questa maggioranza ha gravissime responsabilità, eppure, e concludo Presidente (Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia)...
PRESIDENTE. Onorevole Veltri, non accolga questo invito!
ELIO VELTRI. Io credo che i colleghi di forza Italia, sapendo che io spesso sono solo, dovrebbero avere un po' di cortesia...
TIZIANA MAIOLO. Ci siamo noi!
ELIO VELTRI. Sono spesso solo; abbiate un po' di cortesia (Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia).
PRESIDENTE. Colleghi, per piacere.
ELIO VELTRI. Quando dico che spesso sono solo, lo dico con grande amarezza, con enorme amarezza. Non pensavo, infatti, che nella cosiddetta - e lo sottolineo tre volte - seconda Repubblica, io mi sarei dovuto trovare spesso da solo, come per venti anni circa mi sono trovato nelle vicende della prima Repubblica (Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Copercini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI COPERCINI. Signor Presidente, la posizione che il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania ha preso sul merito della materia è stata - così come è ora - chiara, univoca ed improntata ad una realpolitik moralmente ed ideologicamente inattaccabile nei suoi principi e nella sua evoluzione comportamentale. Il nostro gruppo, infatti, è stato l'unico che fin dall'inizio si è opposto alla riforma del giudice unico ed al complesso di norme che andavano sotto il nome di «pacchetto Flick», poi sposato con annessi e connessi con i provvedimenti minori, ma non meno importanti dal punto di vista del cittadino che è poi il nostro interlocutore privilegiato, al quale noi e voi tutti dobbiamo e dovremo rispondere e rendere conto.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, onorevole Copercini.
PIERLUIGI COPERCINI. In realtà, l'iter delle cose procedeva da sé, come se fosse guidato da un potere sovrannaturale, in direzione opposta però: mi riferisco alla chiusura delle preture, alla ridefinizione dei confini della geografia giurisdizionale, ai tribunali metropolitani. Fu come buttare benzina sul fuoco per spegnerlo. Sono sorti clamori e conflitti che hanno sconquassato la fatiscente macchina della giustizia e amplificato rancori, seppur mai sopiti, in tutti gli ambienti.
PRESIDENTE. Colleghi, ancora una volta! Onorevole Michielon!
PIERLUIGI COPERCINI. ...di difesa e tutela di interessi di certi suoi esponenti come non a torto, a mio avviso, ventilano illustri commentatori sui media, forse non del tutto disinteressati, ma queste sono altre questioni.
in esame: il fallimento del giudice unico avrebbe rappresentato una specie di impallinamento del Presidente del Consiglio, già presidente della bicamerale. Che vi sia un nesso?
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Copercini. Colleghi, per cortesia, prendete posto!
PIERLUIGI COPERCINI. ...per meglio esprimere concetti che sono alla base di ciò che vogliamo avvenga sul piano evolutivo in questo disastrato settore della giustizia.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole Copercini.
PIERLUIGI COPERCINI. ...o giustificative di certi comportamenti di alcuni tribunali - Presidente, cercherò di sbrigarmi - così come alle assoluzioni totali da parte del Consiglio superiore della magistratura nei confronti dei propri pari. Il braccio di ferro continua: garantisti, giustizialisti, avvocati, magistrati dinanzi alla burocrazia di Stato ministeriale e no e media. Insomma, una pletora di personaggi che si è inserita con forza nel dibattito dove le regole sono sempre meno rispettate, mentre il giusto processo, le garanzie del cittadino, i tempi certi di giudizio e l'imparzialità del giudice sono concetti che vengono diluiti ed asserviti a pure logiche di potere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piscitello. Ne ha facoltà.
RINO PISCITELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare dei democratici si asterrà sull'emendamento in discussione che, a mio avviso, pone rilevanti problemi di riflessione al Parlamento ed anche al centro-sinistra. Siamo molto critici a partire dal metodo con il quale esso è stato prodotto, siamo critici riguardo all'idea che ogni discussione sulla giustizia possa essere fatta di lunghissime ore di trattative, all'idea che qualcuno debba difendere i propri interessi e che, dall'altra parte, qualcuno voglia a tutti i costi mediare attraverso lo scambio. So che non è così, ma non possiamo continuare a dare questa immagine al paese. Questa è la prima critica che esprimiamo perché qualcuno è stato chiuso in una stanza per ore ed ore, peraltro facendo rinviare sia la seduta della Camera sia la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo e del Comitato dei nove, producendo un effetto devastante nel paese, al di là della qualità dell'accordo. Non possiamo più dare l'idea che sui problemi della giustizia esiste un tavolo di trattativa permanente perché, anche se lo scambio non ha luogo, il paese si costruisce l'immagine dello scambio costante e dei compromessi continui.
- non è impossibile da accettare, ma è inficiato da tutte le questioni di cui ho parlato prima. Si tratta sicuramente di un testo che pone dei problemi, perché è stato accettato da qualcuno facendo il conto di un determinato processo. Mentre altri trattavano per trovare un soluzione, qualcuno invece faceva i conti di quanti giorni e quante possibilità vi fossero per arrivare al 1 gennaio 2000 senza che il GIP avesse concluso le udienze preliminari.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Saraceni. Ne ha facoltà.
LUIGI SARACENI. Signor Presidente, anche il mio gruppo si asterrà nella votazione del «pacchetto» - o «pacchettino» - degli emendamenti, mentre preannuncio fin da ora che esprimeremo un voto favorevole nella votazione finale del provvedimento.
di ricusazione si somma alle altre che chiunque può sempre utilizzare con quegli effetti. Mi pare inoltre, poiché questa è una delle preoccupazioni che abbiamo manifestato in Commissione, che a quella causa speciale e transitoria di ricusazione (basta leggere l'emendamento per averne conferma) non sia applicabile l'articolo 37 del codice di procedura penale perché si richiamano le norme dal 38 in poi. Forse valeva la pena di lasciarne una traccia anche per l'interprete della norma. Esplicitamente si esclude ciò che è previsto in genere per le cause di ricusazione.
PRESIDENTE. Colleghi, per favore!
LUIGI SARACENI. Credo che qualunque percorso riformatore - e specificamente quello sulla giustizia - abbia bisogno di intese trasparenti, leali e chiare. Credo che...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore. Onorevole Turci, la richiamo all'ordine per la prima volta! Onorevole Turci, la richiamo all'ordine per la seconda volta!
LUIGI SARACENI. Signor Presidente, può tranquillizzare i colleghi che ho concluso. Credo che...
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la richiamo all'ordine per la prima volta! Mi scusi onorevole Saraceni.
LUIGI SARACENI. Prego, signor Presidente. La ringrazio.
PRESIDENTE. La «terza ipotesi» sono gli idranti, ma vorrei evitarli.
LUIGI SARACENI. Signor Presidente, stavo dicendo che ogni percorso riformatore - in particolare in materia di giustizia - ha bisogno necessariamente di confronti e di intese. Credo, però, che questa vicenda debba essere assunta a modello di come non si deve dialogare, di come non ci si deve confrontare: il modello deve essere completamente diverso.
se riteniamo che una commistione tra le due figure debba permanere tuttora - non possiamo poi stabilire una incompatibilità globale tra i due: possiamo soltanto stabilire incompatibilità specifiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Taradash. Ne ha facoltà.
MARCO TARADASH. Signor Presidente, il collega Veltri, poco fa, ha espresso una sua opinione e cioè che tutto questo dibattito sulla questione della incompatibilità tra GIP e GUP sia in realtà dovuto al tentativo di una parte politica - il Polo - di difendere un suo esponente: il collega Previti.
avere un giudizio viziato da un pre giudizio, ossia da un giudizio anticipato, ebbene di quei 1.599 personaggi sconosciuti nessuno di noi si deve occupare? E per fare in modo che quello conosciuto sia sottoposto direttamente ad un giudizio ingiusto, come tutti voi riconoscete, bisogna consentire che altri 1.599 paghino il fatto che in questo Parlamento c'è il collega Previti? Scusate, ma questa logica è profondamente sbagliata. Scegliete guerre diverse, perché quella che avete scelto era una guerra che avrebbe fatto vittime civili, vittime ignote, per cui avete fatto bene, durante la notte, con la mediazione non so di chi, a cambiare idea. Vi sarete resi ben conto che la strada non era quella giusta, non è lì che dovete schierare i vostri carri armati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dalla Chiesa. Ne ha facoltà.
NANDO DALLA CHIESA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il mio voto in dissenso da quello espresso dai deputati verdi su questo provvedimento. Esprimo il mio giudizio negativo su questi emendamenti per ragioni già esposte, in chiavi polemiche diverse, dall'onorevole Pisapia e dall'onorevole Veltri.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carmelo Carrara. Ne ha facoltà.
CARMELO CARRARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la marcia «indietro tutta» innestata dalla maggioranza rappresenta un salto che provoca un
disgelo rispetto al raffreddamento che vi era stato tra i poli, ma dimostra anche un fatto politico inequivocabile: nonostante certi trionfalismi di esponenti della sinistra, questa è una vittoria del centro-destra. È una vittoria anche per chi ha fatto da mediatore tra la legalità e l'illegalità che era in nuce in quel provvedimento. È una vittoria per chi nei giorni scorsi ha condotto una battaglia per le garanzie dei cittadini e denota un altro fatto politicamente molto grave: che questa sinistra è un aggregato che sta insieme soltanto perché la malta cementizia è formata dal Governo. Questo centro-sinistra non è assolutamente un soggetto politico e non ha una politica unica neanche sui temi della giustizia, neanche sui temi delle garanzie che sono costituzionalmente riconosciute a tutti i cittadini.
del soggetto titolare dell'ufficio giurisdizionale e, quindi, a maggior ragione necessitano del requisito della certezza, perché la possibilità di paralizzare la giurisdizione si può e si deve avere solo nei casi in cui sia in crisi la credibilità dell'organo giudiziario. Ecco perché la Cassazione è intervenuta più volte sostenendo che i casi di ricusazione debbano essere assolutamente tassativi. A cosa serve, dunque, questo emendamento? Secondo me serve solo a disciplinare, là dove il giudice eserciti ancora la propria attività di giurisdizione, i casi di ricusazione relativamente alle opinioni espresse dallo stesso su determinati fatti del processo. Ciò però unicamente quando il giudice vada extra petitum, ossia anziché limitarsi ad esporre le ragioni del suo convincimento sulla questione sottoposta alla sua cognizione abbia in qualche modo straripato dall'alveo che gli è consentito, manifestando espressamente, senza alcuna necessità, anche la sua parziale opinione sulla colpevolezza dell'imputato con riferimento a fatti e comportamenti che sono ancora sub iudice e che, comunque, sono estranei al tema stesso del processo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Crema. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, dichiaro da subito il voto favorevole dei deputati socialisti democratici italiani sugli emendamenti. Abbiamo sostenuto da sempre che in materia di regole e di diritti non si può legiferare a colpi di fiducia e a tal fine abbiamo lavorato in questi giorni. Esprimiamo pertanto la nostra soddisfazione per una soluzione che riteniamo equilibrata e che rappresenta un sensibile miglioramento del decreto in senso garantista.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Colleghi, esprimiamo consenso agli emendamenti proposti dalla Commissione. Prima di fare alcune considerazioni sul merito, consentitemi di esprimere piena solidarietà al ministro di grazia e giustizia, insultato ed attaccato ora dall'uno, ora dall'altro. Invitiamo il ministro, il suo Governo, il nostro Governo, a proseguire su questa strada di radicali riforme della giustizia. Vorrei ricordare in primo luogo ai membri della maggioranza, poi a tutti gli italiani, che per la prima volta da cinquanta anni a questa parte le istituzioni di giustizia internazionale esprimono consenso e fiducia verso un Governo della Repubblica italiana, sospendendo le decisioni di condanna per denegata giustizia che da cinquanta anni, appunto, ci perseguitano come se il nostro fosse uno dei paesi più arretrati d'Europa; è questo un merito che va al ministro Diliberto, al Governo e a questa maggioranza. Il decreto-legge in esame si inserisce in questo percorso.
PIERLUIGI COPERCINI. Vi ricade sulla coscienza.
ANTONIO SODA. Con il decreto-legge in esame, anzitutto, garantiamo il funzionamento della giustizia. I processi proseguono, contrariamente a quel che il Polo ha sempre richiesto: applicate questa norma ai processi in corso per cui tutte le udienze preliminari che si stanno celebrando si arrestano e si ricomincia daccapo. No, questo non accadrà: è scritto nell'articolo 3-bis.
assolvo, ti prosciolgo o ti rinvio davanti ad un tribunale. Credo sia giusto che queste due figure di giudici, con diverse funzioni, siano anche diverse, per l'equilibrio e per la imparzialità oggettiva che deve avere sempre il giudice in ogni fase del processo. È un principio di civiltà, che viene introdotto con una salvaguardia che non scardina il sistema, non blocca i processi e le udienze preliminari in corso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Meloni. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MELONI. A me sembra che vada sottolineato - forse più di quanto non si sia fatto fino ad ora - il fatto che, con l'accordo che si è raggiunto e che tra breve verrà votato (come io mi auguro), si sia riusciti ad evitare quello che per la giustizia italiana sarebbe stato un autentico disastro: mi riferisco al fatto che la riforma del giudice unico sarebbe stata compromessa in modo definitivo, così come l'amministrazione della giustizia penale italiana, se il decreto-legge al nostro esame non fosse stato convertito in legge nei termini previsti. Credo che questo aspetto vada sottolineato e rimarcato perché rispetto a questo problema il Parlamento si è assunto una responsabilità di fronte al paese che era giusto che si assumesse.
che forse, con ritardo, ma comunque in qualche modo, si può tentare quanto meno di affievolire l'immagine che stava costruendosi intorno alla nostra discussione in questi giorni sui mezzi di comunicazione di massa e cioè che le questioni della giustizia, soprattutto quando riguardano le procedure, siano sempre subordinate ad alcuni processi eccellenti. Credo che noi dobbiamo fare di tutto per non dare questa impressione che pure, in questi giorni, ha fatto larghi passi ed è penetrata nella coscienza dei cittadini.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, voteremo a favore della conversione del decreto-legge in esame e degli emendamenti che sono stati presentati dalla Commissione giustizia, incluso quello sull'ipotesi di ricusazione a cui ha appena fatto riferimento l'onorevole Meloni.
possibile, come hanno osservato alcuni colleghi, che la necessità di distinguere tra GIP e GUP, in qualche caso specifico, possa aiutare il trascorrere del tempo e risolvere per via di prescrizione, o di ritardi, situazioni giuridiche che altrimenti sarebbero chiare, ma in un certo senso è un prezzo inevitabile nel momento in cui si vuole introdurre, come ha giustamente osservato l'onorevole Soda, un principio di maggiore giustizia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.
ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, il gruppo di alleanza nazionale voterà a favore degli emendamenti che sono stati da ultimo elaborati per le ragioni che enuncio in estrema sintesi. Ventiquattr'ore fa, o poco più, il ministro della giustizia, dichiarando guerra al Polo, fondava la sua proclamazione sulla immodificabilità di questo decreto-legge e sull'accusa rivolta al Polo di confondere i casi personali con le scelte di politica legislativa in materia di giustizia; a distanza di ventiquattr'ore, l'onorevole Soda ricorda a tutti, ma anzitutto alla sua maggioranza, che quando si scrivono le regole del processo si discutono con tutti e che non va criminalizzato nessuno all'interno di questo Parlamento. È una bella virata, della quale non possiamo che prendere atto con soddisfazione.
faccia feroce bisogna averla e voi, in questi due giorni, l'avete perduta (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.
ANTONELLO SORO. Signor Presidente, non ci siamo mai iscritti alle tifoserie dei radicali del giustizialismo o del garantismo, la nostra idea mite della giustizia come luogo di misura e di ragionevolezza, qualche volta, è stata scambiata con incertezza o timidezza, come non precisa scelta di campo rispetto alle questioni che si aprono intorno ai temi della giustizia. Non vorremmo iscriverci neppure oggi ad una di queste tifoserie; tuttavia, signor Presidente, non possiamo non esprimere il disagio che questa mattina abbiamo avvertito, credo non solo noi popolari, ma anche i componenti della maggioranza e non solo. Mi riferisco alla sensazione diffusa che fossero in corso trattative capaci di intrecciare gli interessi estranei al dibattito politico, storie personali, alla sensazione che fosse in corso una mediazione che vedeva protagonisti attori impropri, attori titolari di più di una parte. Abbiamo colto questa sensazione sgradevole e abbiamo sentito che è presente in quest'aula e nella vita parlamentare italiana - e ci dispiace constatarlo, perché può toccare i sentimenti e la sfera personale di un nostro collega - un convitato di pietra, tutte le volte che si discute di giustizia.
confronto politico rischia di rendere incomprensibile agli italiani le posizioni che ognuno di noi qui sostiene.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisanu. Ne ha facoltà.
BEPPE PISANU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la conclusione di questa complessa vicenda mi pare che risponda bene all'invito che nei giorni scorsi ha rivolto a tutti noi un autorevole ed esperto parlamentare, l'amico Alfredo Biondi, quando ci ha esortati a far valere in questa discussione le ragioni del diritto, non quelle - pur legittime - di ciascuna parte politica.
LUIGI OLIVIERI. Nessun caso personale? Hai una faccia «di pietra»!
BEPPE PISANU. ...e, per dirla fuori dai denti... (Dai banchi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e dei democratici si grida: «Oh!»). Potete urlare quanto volete, ma continuerò a parlare! Per dirla fuori dai denti, non avevamo affatto - come le circostanze dimostrano - da difendere le posizioni personali dell'onorevole Previti. L'onorevole Previti non ha mai chiesto, né a forza Italia né al Polo delle libertà, di far prevalere la valutazione delle sue ragioni personali sulle valutazioni politiche del Polo... (Commenti).
PRESIDENTE. Colleghi, per piacere.
LUIGI OLIVIERI. Perché non va a farsi interrogare? Perché?
BEPPE PISANU. L'onorevole Previti difenderà in tribunale la sua innocenza. Farà valere lì le sue ragioni...
LUIGI OLIVIERI. Se ci va, sì! Che ci vada!
BEPPE PISANU. ...ma qui ha il diritto di non vedere le sue ragioni personali confuse con le sue ragioni politiche (Vivi applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)! Qui ha diritto di essere rispettato nella sua dignità di parlamentare, come viene rispettato l'onorevole Piscitello (Dai banchi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e dei democratici-l'Ulivo si ride - Commenti).
PAOLO PALMA. Non c'è Piscitello!
ELIO VITO. Riferiteglielo!
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!
BEPPE PISANU. Non c'è l'onorevole Piscitello? Peggio per lui. So benissimo che questo pregiudizio lo avete e lo manterrete, ma non penserete mica che ci facciamo impressionare dai vostri pregiudizi (Dai banchi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e dei democratici si grida: «No»!) e che per questo rinunzieremo a difendere le ragioni e i diritti di un nostro deputato? Non ci rinunzieremo mai (Vivi applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)! Ma chi aveva in buona fede dei dubbi si interroghi sull'accordo che è stato realizzato. Vada lì, a vedere se c'è traccia alcuna, seppure remota, di tutela di interessi particolari. Non ve ne è nessuna!
PAOLO PALMA. Oggettive!
BEPPE PISANU. ...abbiamo illustrato le nostre proposte. Abbiamo favorito un dialogo alla ricerca di un qualche ragionevole punto di incontro con altre posizioni che erano emerse nella giornata di ieri, da quelle espresse dall'onorevole Pisapia a quelle formulate dall'onorevole Saraceni e da altri autorevoli colleghi della maggioranza. Non so chi in questa vicenda abbia vinto o chi abbia perso e non mi interessa saperlo: sono convinto che abbia vinto la ragione e, dunque, tutte le persone ragionevoli. Credo che tra tali persone - e lo dico da avversario leale - si debba annoverare il presidente della Commissione giustizia. All'onorevole Anna Finocchiaro Fidelbo desideriamo dare atto di essersi adoperata per il corretto svolgimento del confronto democratico su questa delicata materia e per la sua positiva conclusione (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.
GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la sfida che con toni un po' bellicosi lei, onorevole ministro Diliberto,
ha lanciato al Polo ieri è stata da noi raccolta per ragioni di principio costituzionali e politiche. Certamente non volentieri, onorevole ministro e onorevole Presidente della Camera, il Polo è ricorso allo strumento ostruzionistico, ma nella politica gridata occorre talvolta strillare per confermare le buone ragioni.
PRESIDENTE. Mi scusi, presidente Selva.
GUSTAVO SELVA. Come dicevo, l'accordo che è stato trovato dà, nel periodo transitorio, la garanzia che anche i cittadini sottoposti ai procedimenti in corso possano avvalersi del diritto di ricusare il giudice per le indagini preliminari che non offra garanzia di obiettività, di serenità e di imparzialità nei suoi giudizi. La «guerra» che lo stesso ministro Diliberto ieri aveva annunciato, con aria corrusca, ha avuto l'esito da noi sperato che anche in una fase delicata, quale quella della transizione verso la riforma del sistema giudiziario, la terzietà del giudice venga garantita, anzi rafforzata.
che non viene accettata dall'apporto che l'opposizione ha dato. Noi siamo orgogliosi di aver partecipato con determinazione fortunatamente non ad una guerra, signor ministro, ma certo ad una battaglia di libertà e di difesa dei diritti di tutti i cittadini.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Manzione. Ne ha facoltà.
ROBERTO MANZIONE. Concludiamo due giorni particolarmente impegnativi perché siamo tornati a respirare quell'aria elettrica che appassiona chi ama lo scontro che, quando è corretto, anche se forte, è sempre sintomo di vivacità di un Parlamento che vuole misurarsi rispetto alle problematiche reali.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Manzione.
ROBERTO MANZIONE. Questo allora deve forse essere un parametro, quasi una stella polare che ci guida per cercare di comprendere quale sia il percorso reale di un garantismo che ha molte facce, un garantismo che dovrebbe avere la capacità di guardare a tutto tondo l'universo dei provvedimenti che a volte si è costretti ad adottare per comprendere quali e quanti diritti vengano concretamente lesi.
mass media, un'attenzione maggiore, in parte per quella che alcuni chiamano la questione sensibile, l'oggetto sensibile, gli interessi diretti; non so quale definizione usare e non mi sembra il caso di fare dei nomi, ma nemmeno di essere così ipocriti rispetto a ciò che viene scritto quotidianamente sui giornali.
PRESIDENTE. Colleghi!
ROBERTO MANZIONE. Posso rispondere. Mi chiedono perché è stato congelato. Probabilmente, perché in quel momento storico non c'era l'interesse a «scongelarlo», lo sappiamo tutti (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e dei democratici-l'Ulivo)! È questo il discorso, purtroppo dobbiamo riconoscerlo perché abbiamo l'obbligo (Proteste del deputato Urbani)...
PRESIDENTE. Onorevole Urbani, la richiamo all'ordine.
ROBERTO MANZIONE. ...di avere il coraggio di rispondere delle nostre azioni.
invettive, sono pronto (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, dei democratici-l'Ulivo e comunista)!
Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale: Sei ridicolo!
ROBERTO MANZIONE. Va bene, ne prendo atto (Interruzione del deputato Mancuso). Presidente Mancuso, presidente Mancuso...
PRESIDENTE. Onorevole Mancuso, la richiamo all'ordine per la prima volta.
ROBERTO MANZIONE. Presidente Mancuso, abbia rispetto delle persone.
PRESIDENTE. Onorevole Manzione, su!
ROBERTO MANZIONE. Presidente, cerco di...
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, se continua così sospendo la seduta.
ELIO VELTRI. A me capita sempre, tuteli il deputato, lo tuteli.
PRESIDENTE. Onorevole Veltri, non contribuisca, la prego.
ROBERTO MANZIONE. Presidente, però il collega Veltri è più lontano.
PRESIDENTE. Appena ne avrò bisogno, glielo chiederò. Prego, onorevole Manzione.
ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente...
Una voce dai banchi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania: Vai Manzione!
ROBERTO MANZIONE. Pure il tifo della lega, no!
Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di forza Italia: Chiedi la fiducia!
ROBERTO MANZIONE. D'accordo, si chiede la fiducia, ma quando lo si fa, si parla di attentato perché si mina il percorso democratico. Comunque, si tratta di valutazioni (Commenti). No, l'ho detto sempre, dico sempre le stesse cose, purtroppo sono ripetitivo (Commenti dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Onorevole Manzione, ha altri due minuti.
ROBERTO MANZIONE. Lo farò, per la verità, non come il collega Piscitello, che ha detto che avrebbe affrontato il provvedimento nel merito e che, invece, si è fermato - come diciamo noi - in limine litis, nel senso che (Interruzione del deputato Filocamo)...
PRESIDENTE. Onorevole Filocamo, la richiamo all'ordine.
ROBERTO MANZIONE. ...in merito al problema dell'incompatibilità, una strada era stata già tracciata ieri e lo è anche per il domani. L'incompatibilità, infatti, l'abbiamo già sancita con l'articolo 171 del decreto legislativo e l'abbiamo riaffermata, per il domani, nel provvedimento Carotti - se il Senato non modificherà il testo -, che prevede non solo l'incompatibilità assoluta, ma addirittura una distinzione ordinamentale laddove stabilisce che, per recuperare la neutralità, l'imparzialità, la terzietà che tutti vogliamo, esistono il GIP, che appartiene ordinamentalmente all'ufficio istruzione, e il GUP che, onorevole Piscitello, è una figura diversa dal GIP e che invece appartiene al ruolo dibattimentale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, onorevole colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare ed esprimere apprezzamento per il contributo offerto dalla presidente Finocchiaro Fidelbo a questa soluzione (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo) per l'equilibrio e per la competenza con i quali ha guidato una difficile fase del nostro lavoro parlamentare.
e democratici-l'Ulivo, dei democratici-l'Ulivo e comunista). Sottolineo che il ministro Diliberto in questi mesi ha dato un notevole impulso al processo riformatore ed ha cercato - assumendosi una esplicita responsabilità - il dialogo con l'opposizione la quale, per tutta risposta, al Senato ne ha chiesto le dimissioni.
TIZIANA MAIOLO. «Cosiddetto» sarai tu!
CARLO LEONI. ...sarebbe entrata in vigore anche la parte penale del giudice unico, subito e senza la rete di garanzie della riforma del rito processuale di fronte al giudice monocratico. Questo sarebbe stato l'esito. Quindi, siamo soddisfatti per aver colto questo primo obiettivo e, in secondo luogo, per il fatto che l'incompatibilità tra GIP e GUP non scatta per i processi in corso fino al 2 gennaio del prossimo anno. Questo era l'altro obiettivo fondamentale che ci eravamo dati, cioè salvare quei 1.600 processi che il monitoraggio del Ministero di grazia e giustizia ci aveva detto essere molto a rischio.
LUCIO COLLETTI. Ma si vergogni!
CARLO LEONI. Il presidente Pisanu ha negato che con l'atteggiamento che ha assunto il Polo avrebbe voluto aiutare l'onorevole Cesare Previti. Io direi al presidente Pisanu che un certo aiuto all'onorevole Previti potrebbe darlo. Vale per il signor Mario Rossi come per l'onorevole Previti la presunzione di non colpevolezza. Allora, il presidente Pisanu potrebbe non tenere così impegnato nei lavori parlamentari, anche il lunedì, anche nelle discussioni generali sui temi più svariati (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, comunista, dei popolari e democratici-l'Ulivo e dei democratici-l'Ulivo), l'onorevole Previti e consentirgli di andare tempestivamente a protestare e a difendere la sua innocenza. Questo è un contributo che può dare anche ai diritti di un imputato (Commenti del deputato Colletti).
pur di condizionare un unico processo. Non è stato raggiunto e noi ne siamo soddisfatti.
ALFREDO BIONDI. Il vuoto!
CARLO LEONI. ...di realizzare le riforme, come stiamo facendo ormai da mesi con determinazione, con equilibrio e con forza (Applausi polemici dei deputati del gruppo di forza Italia). L'intesa di oggi è un altro passo che segnamo nel cammino riformatore al quale il centro-sinistra tiene moltissimo. Sono certo che gli italiani sapranno apprezzare e sanno apprezzare in queste ore la differenza tra la propaganda, l'ostruzionismo distruttivo (Commenti dei deputati di forza Italia) e i veri riformatori (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
ELIO VITO. Hai perso Leoni, lo sai.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sul complesso degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
NICOLA MIRAGLIA DEL GIUDICE, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione dei suoi emendamenti 3-bis.31, 3-bis.32, 3-bis.30 e 3-ter.70.
PRESIDENTE. Il Governo?
OLIVIERO DILIBERTO, Ministro di grazia e giustizia. Signor presidente, il Governo esprime parere favorevole sugli emendamenti 3-bis.31, 3-bis.32, 3-bis.30 e 3-ter.70 della Commissione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Avverto che il gruppo di forza Italia ha chiesto la votazione nominale.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti 512
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3-bis.32 della Commissione, accettato dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti 509
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3-bis.30 della Commissione, accettato dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti 509
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3-ter.70 della Commissione, accettato dal Governo.
Dichiaro chiusa la votazione.
(Presenti 507
Poiché il disegno di legge consta di un articolo unico, si procederà direttamente alla votazione finale.
Con questi emendamenti si è anche superato il rischio, che molti temevano, di allungamento dei tempi di determinati processi che, in alcuni casi, avrebbe portato alla loro prescrizione.
Questa soluzione che ritengo equa, garantista e perfettamente coincidente con i princìpi costituzionali, mi consente di ritirare gli emendamenti da me presentati. Condivido quasi tutti gli emendamenti proposti dalla Commissione, salvo l'emendamento 3-bis.30 che introduce un nuovo caso di ricusazione. Credo che questo emendamento - la cui approvazione, tuttavia, non mi porterà e non porterà rifondazione comunista ad esprimere voto contrario sul disegno di legge conversione del decreto-legge - sia estremamente pericoloso e possa essere usato strumentalmente per allungare i tempi e per giungere a quel 2 gennaio 2000, quando tutte le udienze preliminari non ancora terminate dovranno essere annullate. Ciò può avvenire in quanto questo emendamento delega alla magistratura un compito che dovrebbe essere del legislatore: esprimere ed indicare tassativamente i motivi di ricusazione e di incompatibilità. È evidente che delegare al giudice la valutazione della sussistenza degli estremi per accogliere l'istanza di ricusazione senza fornire parametri precisi significa demandare al giudice una discrezionalità che può diventare arbitrio. Ritengo che ciò sia gravissimo e che sia un grande errore del Parlamento in quanto da sempre sosteniamo che il legislatore deve avere la forza e il coraggio di assumersi le proprie responsabilità senza demandare ad altri poteri dello Stato scelte di politica legislativa che sono - o dovrebbero essere - di esclusiva competenza del parlamentare.
Aggiungo un altro elemento di perplessità: molti sanno che, quando sia in atto una ricusazione, il giudice può continuare le udienze, ma non può emettere sentenza; così come i colleghi sanno perfettamente che, a fronte di una decisione della corte di appello, è sempre possibile, in caso sia di rigetto sia di accoglimento dell'istanza di ricusazione, proporre il ricorso per Cassazione. Considerati i tempi della giustizia, qualsiasi ricorso per Cassazione sarà deciso dopo il 2 gennaio 2000. I colleghi sanno benissimo che, nel frattempo, il giudice eventualmente ricusato non può emettere sentenza di proscioglimento (saranno, quindi, danneggiati gli imputati innocenti), ma non può nep
Fatte queste considerazioni di carattere strettamente giuridico, credo si debba fare una riflessione sul come e sul perché si doveva arrivare a questa soluzione. Penso che sulla giustizia sia ora di parlare non più di guerre, ma di confronti, anche duri, ma costruttivi, nell'interesse di tutti i cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). È ora - lo chiedo con vigore - che questo Parlamento ragioni sulla correttezza o meno di una soluzione legislativa senza valutare se poi quella soluzione incida sul singolo processo o sul singolo imputato (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). Credo che questo valga per me così come - dal centrodestra al centrosinistra - per tutti. Aggiungo anche che chi in questi giorni ha fatto riferimenti in tal senso, con dichiarazioni o comunicati, si è solo coperto di spazzatura, che lo coprirà anche per il futuro (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Voglio anche spiegare perché l'emendamento da me proposto non avrebbe determinato quei rischi che la soluzione prospettata dalla Commissione - una soluzione, lo ripeto, malgrado tutto equilibrata e che quindi appoggeremo - invece determinerà. Infatti, se tra uno o due giorni fosse entrato in vigore il decreto-legge, in quei pochissimi casi in cui il giudice per le indagini preliminari aveva emesso un provvedimento restrittivo della libertà personale e, quindi, si era espresso sulla gravità degli indizi di colpevolezza, sarebbe stato immediatamente possibile assegnare quei pochissimi procedimenti ad altro giudice, il quale avrebbe avuto, per studiare le carte processuali, oltre sessanta giorni di tempo in cui in ogni caso non potevano svolgersi udienze per l'astensione degli avvocati e, dal 1 agosto al 15 settembre, per la sospensione dei termini feriali. Quel GUP nuovo avrebbe avuto tutto il tempo per studiare il procedimento e sarebbero rimasti validi ed efficaci gli atti compiuti dal GIP-GUP. Si sarebbe così risolto senza alcuno scontro e senza nessun ritardo il problema che adesso superiamo con un'altra soluzione che, a parte la perplessità che ho espresso, è accettabile.
Prima di concludere il mio intervento sul complesso degli emendamenti voglio solo rivolgere a tutti un auspicio: spero e confido che le forze e le energie utilizzate in questi giorni su un tema delicato, ma anche limitato, possano essere utilizzati nelle prossime settimane in un confronto costruttivo per risolvere tutti gli altri problemi della giustizia, primo fra tutti quello che è il presupposto di un giusto processo, cioè il patrocinio dei non abbienti (Applausi dei deputati dei gruppi misto-rifondazione comunista-progressisti, di forza Italia, di alleanza nazionale, misto-verdi-l'Ulivo).
Questa volta mi aveva rincuorato la compattezza della maggioranza. Il collega Maggi, il quale aveva seguito questo provvedimento più e meglio di me in Commissione giustizia ed aveva partecipato agli incontri di maggioranza, mi aveva detto che quest'ultima era compatta. Ebbene, siccome era la prima volta o quasi che si verificava che su un problema della
Mi era stato detto, inoltre, che il Governo avrebbe posto la questione di fiducia; poi, però, per ragioni che non mi sono risultate comprensibili, la questione di fiducia non è stata posta. Mi sono trovato di fronte ad un accordo improvviso, maturato nella notte, non si sa tra chi - o è facilmente immaginabile tra chi - che non condivido e che considero sbagliato, un boomerang per questa maggioranza di centrosinistra.
Nel merito, signor ministro di grazia e giustizia, lei sa meglio di me che le udienze preliminari non si concluderanno. Abbiamo un caso emblematico, quello dell'onorevole Previti.
Udienze non se ne faranno, non si faranno i processi! Statene certi, amici miei, non c'è dubbio, ne dovete prendere atto. Può anche essere una cosa giusta, se voi pensate che alcuni non devono essere processati, ...
La seconda questione riguarda il diritto dell'imputato di ricusare il giudice. Caro ministro di grazia e giustizia, i tribunali diventeranno dei «ricusifici», il contenzioso sarà enorme; sapete anche questo, ma fino a quando questa maggioranza vuole mettere la testa nella sabbia come uno struzzo? Essa, infatti, continua a lavorare implacabilmente, con solerzia, tutti i giorni per l'onorevole Berlusconi! Io non lo capisco (Commenti del deputato Leone)!
Quando sono arrivato in Parlamento vi era la seguente situazione: l'onorevole Berlusconi era messo in discussione come leader del Polo, aveva grandi problemi giudiziari, le sue aziende avevano 5 mila miliardi di debito; oggi forza Italia è il primo partito, Berlusconi non è messo in discussione, è fortissimo e si dice che vincerà le elezioni (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). Tutto questo è merito soltanto dell'onorevole Berlusconi (Dai banchi dei deputati del gruppo di forza Italia si grida: «Sì»)? È merito dello Spirito santo (Dai banchi dei deputati del gruppo di forza Italia si grida: «No!»)? Mi hanno risposto, è così!
Un grande personaggio, come il capo del Fronte popolare in Francia, Léon Blum, così disse a Mendès-France: «Piccolo Mendès, al peggio non c'è mai fine» (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici-l'Ulivo).
Le motivazioni del nostro sostanziale dissenso - che abbiamo espresso sia in Commissione sia in quest'aula - sono state puntuali e dettagliate, nonché reiterate ogni volta nell'ambito dell'esame dei diversi provvedimenti in discussione, allorquando si affrontavano i punti «sensibili» dell'impianto globale della giustizia e delle sue implicazioni sul Palazzo e sul consesso civile.
Ciò detto, riteniamo che altre dovessero essere le strade da percorrere: si doveva, ad esempio, adeguare al numero ritenuto congruo da tutte le parti la categoria dei giudici togati; si sarebbe dovuto procedere all'adeguamento delle strutture «fisiche», umane ed intellettuali quali le aule, il mobilio, la computerizzazione, le attrezzature e gli addetti di cancelleria; si sarebbe quindi dovuto razionalizzare la ottocentesca - come l'ho sempre definita - burocrazia di supporto (mi riferisco ai timbri, ai bolli, alle notifiche e via dicendo). Solo dopo, con la macchina e gli impianti della giustizia in grado di funzionare a regime, si sarebbe potuto affrontare il grosso di una riforma, forse anche di questa riforma.
In che modo? Da principio procedendo con la modifica e con l'adeguamento del dettato costituzionale e, poi, a cascata, con i provvedimenti esecutivi di questi principi basilari introdotti nel dettato stesso.
Rispetto al tentativo effettuato dalla Commissione bicamerale, presieduta non a caso dall'attuale Presidente del Consiglio, di risolvere i problemi della giustizia, si dice che sia stato fatto fallire proprio dal «padre-padrone» della cosiddetta opposizione, che oggi ci ritroviamo un po' consociativa. La strada e l'ambiente erano quelli giusti, ma non se ne è fatto nulla!
Onorevole Fei, le dispiace prendere posto?
Prosegua pure onorevole Copercini.
A margine, mi corre l'obbligo di precisare che, come ebbi già modo e occasione di fare in Commissione a suo tempo, nella ridefinizione dei distretti e della geografia giudiziaria, con l'abolizione delle preture, si è andati controcorrente rispetto a tutti gli altri paesi aderenti all'Unione europea contravvenendo ad una norma e ad un principio votati e quindi accettati da tutti: portare i servizi verso il cittadino e verso il territorio e non allontanarli, così come è avvenuto e come avviene costantemente da noi, e non solo nel settore giustizia (si pensi alla sanità e alla scuola), per motivi chiari e lapalissiani di risparmio economico. Questa è una nota dolens che troveremo ricorrente anche nel caso della giustizia.
Nonostante tutto ciò, la lega nord per l'indipendenza della Padania non si è sottratta al dialogo costruttivo o a proposte finalizzate a mitigare gli effetti, per noi deleteri, di certi provvedimenti. Non ci siamo sottratti obtorto collo a dare il nostro assenso a provvedimenti dilatori o riparatori di danni combinati da noi stessi legislatori e puntualmente segnalati da sentenze della Corte costituzionale.
Sarebbe troppo facile dire adesso che noi lo avevamo detto, che i termini erano impossibili da rispettare, eppure abbiamo concesso il nostro assenso alle proroghe e agli aggiustamenti. Abbiamo persino dato atto al ministro Diliberto di un suo sostanziale coraggio, nel momento del suo insediamento, nel voler portare avanti la riforma nei termini, ma forse si trattava di una imposizione (questo ce lo dirà lei). Gli abbiamo ricordato, però, che non era sufficiente il suo coraggio personale per combattere i demoni del palazzo, delle lobby e delle caste. Gli sarebbe occorsa molta fortuna, ma anche e soprattutto mancavano i soldi dei dicasteri economici e il consenso dei suoi stessi compagni di ventura e delle congreghe fiancheggiatrici del palazzo, sempre riluttanti ai cambiamenti che facciano perdere loro parte di un potere effettivo e quasi ordinamentale.
Venendo ad oggi, la lega nord per l'indipendenza della Padania ha assistito stupita a questa nuova prova di forza tra una maggioranza spesso giustizialista (abbiamo appena ascoltato un intervento), sfilacciata, che perde i pezzi e l'opposizione di un Polo sempre più schierato massimalisticamente su posizioni oltranziste...
Eppure, proprio questi due poli, che noi chiamiamo i poli romani, avevano fino a ieri collaborato a questa riforma epocale, come la definivano gli uni, e indispensabile, secondo gli altri, dimenticando entrambi che i veri guai della giustizia erano altri, come dicevo, e che questo giudice unico poteva, viceversa, sfasciare quello che di buono era rimasto nel settore.
Mi viene in mente, allora, quella riforma del 1989, il cui padre è il padre dell'onorevole Pisapia, di trasformazione del rito inquisitorio in rito penale accusatorio che non è stata completata e che quindi è fallita. Mi viene in mente il fallimento della bicamerale, come accennavo, soprattutto per cause collegate al settore della giustizia; e D'Alema era il presidente di quella Commissione. In questi giorni, vi era il pericolo che fallisse anche questa riforma del giudice unico, con lo scompenso che avrebbe provocato la mancata conversione del decreto-legge
Stiamo assistendo ai due poli romani che tirano verso di sé una coperta troppo corta: fino a qualche decina di minuti fa, si sono ricattati alla ricerca di un accordo che - come si vede, lo può capire anche un minimo esperto di problemi giurisdizionali - è un compromesso. Chi pagherà questo compromesso? Saranno ancora una volta i cittadini, sarà l'uomo della strada, quello che lavora, che produce, il quale porterà sulla sua pelle per i prossimi decenni i segni di una lotta di potere che non è la sua. Noi della lega ci chiamiamo fuori, ma proprio perché siamo dalla parte dei cittadini ci siamo resi conto che eravamo in mezzo ad un guado, dal quale in qualche maniera bisognava uscire. Ecco perché mercoledì scorso ci siamo astenuti nella votazione sulle questioni pregiudiziali presentate sul provvedimento in esame, proprio nella consapevolezza di questa posizione pericolosa, pur riconoscendo nel merito dei documenti presentati diversi punti di convergenza con il nostro pensiero e con i nostri giudizi.
I danni per il cittadino, infatti, avrebbero potuto essere senz'altro maggiori rispetto alla riforma zoppa rappresentata da questo decreto-legge, che è rimasta zoppa dopo gli ultimi accordi: d'altronde, anche un autorevole esponente della maggioranza ha usato l'espressione «giustizia zoppa» in Commissione. Abbiamo quindi scelto, responsabilmente, il male minore. Vede, signor Presidente, noi della lega nord per l'indipendenza della Padania non dobbiamo difendere nessuno - persona, lobby o corporazione che sia - né siamo disponibili a combattere al soldo sotto altre bandiere, per ideali o finalità che non siano i nostri. Pensiamo d'altronde che la retroattività paventata per l'applicazione di norme in via di approvazione non sia la strada da percorrere, men che meno per una giustizia giusta e per la credibilità delle istituzioni, e l'abbiamo detto.
D'altra parte, abbiamo visto in Commissione una maggioranza confusa e spaurita, con suoi eminenti esponenti che si dichiaravano disponibili a votare a favore di emendamenti, peraltro sacrosanti nel merito, dell'onorevole Pecorella, del gruppo di forza Italia. Sul dettaglio tecnico dell'impianto del provvedimento, molto, troppo, forse tutto è già stato detto da coloro che mi hanno preceduto, anche se diverse delle questioni affrontate meriterebbero qualche ulteriore approfondimento da parte nostra, che faremo al momento opportuno...
Prego, onorevole Copercini.
Non tornerò, quindi, su quanto avvenuto al Senato, sulla querelle Calvi-Russo, sul voltafaccia del Governo, sugli articoli 3-bis e 3-ter, sui 500 o 1.600 processi da salvare; aggiungo una sola osservazione. Sono stupito che qualcuno si sia accorto che da certi ambienti vengano fatte pressioni ed inviti, più o meno espliciti, alle forze politiche e anche al Governo. Ora, dopo la tempesta in atto prima degli accordi, ho sentito dire che tutti vogliono che il provvedimento passi, ma contemporaneamente si volevano scaricare le responsabilità del fallimento all'altra parte. È un teatrino che abbiamo già visto e che non ci spaventa più di tanto perché siamo già vaccinati, così come siamo vaccinati contro i teoremi audaci di certi pubblici ministeri, procuratori, così come ad ispezioni ministeriali concertate...
Signor Presidente, concludo riservandomi di aggiungere altre osservazioni in sede di dichiarazione di voto finale (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Noi non immaginiamo norme giustizialiste - in proposito vi è una riflessione interna al nostro gruppo - non le chiediamo, anzi chiediamo che si vada verso un'idea garantista della giustizia. Ciò è possibile quando non si ha mai l'impressione che qualcuno stia difendendo la propria parte politica ed alcuni processi specifici. Vi è un meccanismo che impedisce, di fatto, una discussione serena su queste tematiche, una discussione corretta nel Parlamento.
Credo che vi sia il rischio oggettivo che una parte politica di questo Parlamento pratichi, invece, un garantismo ad personam, che non è sostenibile, come non lo è l'idea che su una serie di questioni si ponga continuamente e costantemente lo stesso problema: la questione attuale del rapporto di conflittualità e di incompatibilità fra il GIP e il GUP; il problema del giusto processo, nell'ambito del quale si sono dovute inserire financo le norme più marginali; il problema del conflitto di interessi e quello delle autorizzazioni a procedere. Non è sostenibile l'idea che una parte del Parlamento lavori e imposti i propri ragionamenti su questioni fondamentali a partire da un problema specifico di quella parte politica.
Ma io aggiungo, colleghi - e mi rivolgo soprattutto al centro-sinistra -, che noi non possiamo dichiarare sui giornali di ieri che su questa questione arriveremo alla guerra e andremo fino in fondo e poi cominciare dalla mattina alle 8 trattative snervanti e defatiganti, che hanno fatto persino esplodere contraddizioni nei nostri gruppi.
Non so quanti di voi abbiano chiamato, per varie ragioni, persone e amici fuori del Parlamento: nessuno comprende cosa stia accadendo. Tutti lo leggono come uno scambio e un compromesso: questo non è possibile!
Veniamo al merito: vi devo dire con grande franchezza che il testo prodotto - è evidente che preferivo quello precedente
Se non vi fosse stato tutto questo meccanismo sul piano del metodo e su quello dell'impostazione di una parte politica, il nostro gruppo avrebbe potuto persino votare a favore di tale ipotesi, ma è il modo in cui vi si è arrivati che lo rende assolutamente impossibile.
Il gruppo dei democratici - e concludo -, decidendo di astenersi, chiede però che sulle questioni relative alla giustizia si proceda con maggiore chiarezza, trasparenza e - speriamo - serenità.
Sappiamo che ciò, per responsabilità precise, è difficile, ma speriamo che si proceda con maggiore chiarezza verso l'esterno e, soprattutto, con maggiore decisione, colleghi del centro-sinistra. Il centro-sinistra deve assumere una posizione collettiva nell'andare avanti: abbiamo programmi che ci siamo dati tutti insieme e una posizione politica chiara ed è, perciò, incomprensibile che essa debba subire continue trattative.
Sappiamo che la politica è confronto e mediazione, ma non lo è quando diventa incomprensibile per il nostro paese. È in questo modo che vogliamo discutere sulle questioni della giustizia, ma anche procedere nella discussione di questioni ancora più complesse di quella relativa al giusto processo, invitando tutti non solo ad un clima di serenità, ma anche ad una discussione preventiva ed ad una definizione di posizioni concordate per poi, come maggioranza, procedere su di esse (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici-l'Ulivo).
Ritengo che la conclusione della vicenda sia l'espressione della posizione coerente che abbiamo mantenuto in ogni sede; intendo dire che abbiamo sempre sostenuto la necessità della conversione del decreto-legge senza la quale i guasti nel sistema giudiziario vigente e nel percorso riformatore che abbiamo avviato sarebbero stati devastanti.
Ci asterremo sui tre emendamenti presentati per ragioni molto diverse - direi quasi opposte - da quelle che abbiamo sentito enunciare poco fa dal collega Piscitello al quale vorrei chiedere se davvero a questo punto valga la pena di porsi la domanda chi si sia arreso, se si sia arreso il ministro. Ammesso che a questo punto della vicenda valga ancora la pena (secondo me, no) di usare questo linguaggio bellicista, direi che il ministro non si è arreso, che non si è arresa la maggioranza, dalla quale però noi ci distinguiamo in questa vicenda. Secondo me non si è arresa la maggioranza perché gli emendamenti presentati, dovuti alla saggezza delle persone che avevano a cuore anzitutto la conversione del decreto (è una posizione che va senza dubbio condivisa), sul piano tecnico rivelano la loro funzione unicamente politica, che è apprezzabile solo per questo motivo.
L'intervento del collega Pisapia merita, per la sua autorevolezza, una replica. La soluzione adottata ha prodotto una norma che non ha molto senso, una norma che già esiste nel nostro ordinamento: la ricusazione per manifestazioni indebite. Il collega Pisapia ci pone in guardia avvertendoci di fare attenzione perché questa norma può essere utilizzata per paralizzare il famoso processo, quello che ieri abbiamo definito «l'affare sensibile» che ha malauguratamente governato molta parte di questa vicenda. Non mi pare che sia così; innanzitutto perché quella causa
Quanto all'altra norma importante, quella che comunque blocca al 2 gennaio 2000 la sospensione dell'incompatibilità, essa mi sembra del tutto ragionevole. Probabilmente non era contenuta nel testo solo per un disguido, ma anche in questo caso, se vogliamo verificare chi si è arreso, non posso fare a meno di notare che questa era una norma inesistente e supposta dal Polo, nel senso che quest'ultimo sosteneva che la norma già esistesse. Inoltre era così contrario alla norma supposta e non esistente da fondarvi una delle pregiudiziali di costituzionalità. Oggi - ne sono lieto - il Polo accetta quella norma, nonostante la pregiudiziale di costituzionalità.
Ai colleghi del gruppo dei Democratici, che vogliono ancora verificare chi abbia vinto e chi abbia perso, suggerisco di prendere atto che qui è passata la soluzione della maggioranza, quella stessa soluzione che io da un punto di vista garantista critico. Placatevi, dunque!
Dicevo che noi ci asteniamo per i motivi tecnici che ho illustrato, ma anche perché non abbiamo condiviso il percorso della vicenda che non può essere assunta a modello di comportamento per le necessarie intese ed i dovuti confronti fra maggioranza ed opposizione.
Prego, onorevole Saraceni.
I verdi avevano proposto al Senato una soluzione trasparente e chiara - una soluzione che è stata approvata: si trattava di una delle nostre ragioni critiche - che consisteva nel mandare a regime una norma capace di disinnescare la vicenda dall'affare sensibile: quello sarebbe stato il modo istituzionale, trasparente e generale per risolvere il problema. La norma proposta dai verdi ed approvata dal Senato sarebbe stata idonea a risolvere il problema a regime, nonché le questioni transitorie.
Purtroppo, non si è voluta accettare quella proposta, con il guasto di aver ripristinato una incompatibilità globale tra GIP e GUP che, allo stato dell'ordinamento, è fonte - essa sì - di una grave inefficienza del sistema giudiziario. Infatti, o adottiamo una soluzione di totale dissociazione - anche sul piano ordinamentale - tra GIP e GUP e, quindi, il problema si risolve alla radice, oppure -
La norma approvata dal Senato era certamente integrabile; tuttavia, averla sostituita con quella di una incompatibilità globale tra le due figure è fonte di inefficienza del sistema giudiziario, sia sul versante della garanzia, sia su quello dell'efficienza. Infatti, la nostra cultura della garanzia, il nostro garantismo non è quello che io chiamo il garantismo «confuso» - oltre che «peloso» - cioè quello per il quale è garanzia tutto ciò che intralcia il procedere dei procedimenti penali; garantismo è un equilibrato rapporto tra l'efficienza del procedimento e le garanzie dell'imputato. La norma che i verdi avevano proposto al Senato era un esempio di tale modo di intendere le garanzie e di tradurle in precetti del legislatore. Purtroppo, l'andamento della vicenda e la sua condizione politica da una parte e dall'altra - siamo critici anche verso il modo in cui è stata condotta dalla maggioranza - ha portato ad un tale esito.
Speriamo di poterci tornare sopra; vi sono ancora, all'esame del Senato, provvedimenti - quale la proposta di legge Carotti - in cui potremo ancora recuperare il punto di vista di garantismo razionale, che non è incompatibile con l'efficienza. Mi auguro che da questa vicenda derivi una lezione per tutti - per noi e per l'opposizione - in modo che ci si metta attorno ad un tavolo a parlare in modo chiaro, trasparente e alla luce del sole, senza legittimare alcuno a vedere dietro ogni provvedimento chissà quali loschi affari; affari che, per quanto ci riguarda - ma credo per quanto riguarda l'intera maggioranza - non sono mai esistiti (Applausi del deputato Scalia).
Vorrei chiedere al collega Veltri se contesti il provvedimento, se contesti il fatto che sia un diritto dell'imputato non essere giudicato due volte e in due differenti situazioni dallo stesso giudice, oppure se affermi tale principio, ritenendo però che non debba valere perché la sua applicazione generale ed astratta viene a scontrarsi con un caso concreto, ovvero quello che riguarda il collega Previti.
Se anche, per assurdo, fosse vero che un passo avanti verso il riconoscimento delle garanzie a tutti i cittadini di questo paese viene realizzato dal Parlamento perché c'è un interesse particolare di una parte del Parlamento, ad ottenere quel risultato, allora, collega Veltri, dobbiamo pensare che o si riesce ad avere quella speciale illuminazione che consente di conoscere sempre le recondite intenzioni di ciascuno (e quindi si ha anche il buon diritto di dare giudizi morali in ogni situazione) oppure, un po' più laicamente, ci si deve rimettere al gioco delle parti e valutare di volta in volta se ci sia un interesse generale a premiare, eventualmente, l'interesse particolare. In questo campo, come in altri, come ad esempio nell'economia e nei principi della concorrenza, è ben difficile mettere insieme una maggioranza di deputati angelici; pertanto credo che dovrebbe essere interesse comune cercare di capire cosa giovi ai cittadini.
Il ministro Diliberto ci dice: attenzione, voi - e vi dichiaro guerra - volete difendere una persona - Previti -, ma ci sono 1.600 processi in corso, quindi finirete per far saltare 1.600 processi. Mi scusi, signor ministro, ma dei 1.599 imputati che non si chiamano Previti e che sarebbero stati costretti, secondo le intenzioni espresse fino a ieri, ad accettare quella che la stragrande maggioranza del Parlamento ritiene un'ingiustizia, cioè ad
Faccio un'ultima valutazione, sul risultato. A me la soluzione Pisapia sembrava la più tranquilla e lineare: se il GIP si era già pronunciato, saltava il GIP, mentre per le altre situazioni si poteva andare avanti. Era una soluzione, ripeto, di buon senso; il dottor Nordio la condivideva e penso che potesse essere accettata da tutti, ma evidentemente la maggioranza non poteva accettare una proposta proveniente dal collega Pisapia. Non siamo fessi! Abbiamo letto che un illustre esponente della maggioranza ha dichiarato «mai quella soluzione!», allora se ne è cercata un'altra più pasticciata. Attenzione, di pasticcio in pasticcio poi ci troveremo con una riforma complessiva che risolverà, magari, i problemi dell'efficienza, ma non quelli delle garanzie.
Io sono stato tra i pochissimi deputati del Polo - e dell'intero Parlamento - a votare contro la riforma del giudice unico, perché non è giusto che i cittadini siano sottoposti ad un unico soggetto che può infliggere fino a vent'anni di reclusione. Non è giusto, sarà efficiente, ma non è giusto. Se vogliamo un processo giusto non possiamo accettare una riforma di questo genere perché avremo, forse, più efficienza, ma certamente meno garanzie e probabilmente più rischi di corruzione indiretta o diretta nel caso in cui affidassimo una tale responsabilità ad una sola persona. Pertanto, alla fine di questo grande scontro all'interno del Parlamento avremo una riforma che rischia di peggiorare ancora di più le cose.
Ritengo che tutto questo agitarsi di bandiere e di stendardi dovrebbe finire e, se vi è un'intenzione garantista nella maggioranza, bisognerebbe preoccuparsi di meno - ma forse non è possibile - per le notizie che compaiono, a corrente alternata, sulle prime pagine dei giornali. Quando si tenta di avviare una riforma garantista, arriva dalla procura di Palermo o da quella di Milano, come è accaduto in questi giorni, la notizia che è stata riaperta un'inchiesta sulle tangenti rosse ed un imprenditore è finito in carcere, ma non compare il nome dell'esponente o dei funzionari politici legati a quell'imprenditore. Guarda caso, quando in Parlamento si cerca di fare un passo in avanti per offrire ai cittadini - non a Previti o al Polo, ma ai cittadini - qualche possibilità di giustizia in più, ecco tornare la notizia dell'inchiesta sulle tangenti rosse.
Colleghi della maggioranza, non si può andare avanti in questo modo! O si procede con una vera inchiesta sul periodo di Tangentopoli e voi vi liberate del consenso, ma anche del ricatto, di una parte della magistratura oppure le guerre saranno sempre proclamate per necessità di questo genere in materia di giustizia. Alla fine, però, si dovrà fare marcia indietro, come mi sembra la maggioranza abbia in gran parte fatto, perché la guerra, in realtà, non è sostenibile (Applausi dei deputati dei gruppi misto-patto Segni riformatori liberaldemocratici, di forza Italia e di alleanza nazionale).
Credo vi siano questioni di merito che devono essere comprese e che io valuto in maniera distante da quella bellicosa - non penso né ai carri armati né agli stendardi - in quanto ritengo necessario un confronto limpido e chiaro sul tema importante della giustizia. Tali questioni di merito nascono da quelle di metodo che devono essere sottolineate con forza.
Non ci troviamo di fronte ad un risultato che sia andato al di là delle intenzioni o che sia sbagliato: non farò riferimento alle vicende del singolo possibile imputato. Tuttavia, c'è una questione generale che vorrei sottoporre all'Assemblea, ma, soprattutto, ai deputati della maggioranza.
Questo è un periodo in cui, in tutte le occasioni di incontro interne ai partiti che sono usciti malconci dalle elezioni europee, ci si chiede con angoscia e smarrimento quali siano le cause del rapporto così logorato con l'opinione pubblica e l'elettorato, quali siano le ragioni del massiccio astensionismo che ha colpito il centro-sinistra. Ritengo che la giustizia rappresenti ancora, dopo trent'anni, il nervo scoperto della politica italiana; non possiamo dimenticare che questo è il nervo scoperto della nostra democrazia e che la questione deve essere affrontata con limpidezza di intenti e di principi. Noi non possiamo dimenticare che c'è questa questione irrisolta nel paese e che uno dei principi fondamentali di tutte le culture politiche del centro-sinistra è che tutti i cittadini sono uguali dinanzi alla legge. Questo è il principio cardine della società moderna; è il principio cardine anche dell'idea di uguaglianza che a volte in modo così abborracciato introduciamo nelle nostre legge assistenzialiste. Lì vige il principio di uguaglianza, qui il principio di uguaglianza spesso tende a saltare.
Cari colleghi, non si può dire una cosa alla Camera e un'altra al Senato, una cosa in Commissione e un'altra dentro l'aula, una cosa in televisione e un'altra negli incontri privati, una cosa quando le elezioni sono state appena fatte ed un'altra quando le elezioni sono un po' più lontane, una cosa quando i magistrati parlano ed un'altra quando non hanno parlato, perché se c'è qualcosa che lega la classe politica al proprio elettorato, al popolo di riferimento e anche a quello che si vuole conquistare, questa è la credibilità della propria parola. La parola è la moneta migliore che si può usare in politica! Ed allora, prima ancora di andare a guardare in che cosa si è sbagliato, di guardare ai modelli organizzativi, a questa proposta o a quel programma, al clima che si è creato con l'opposizione, credo che noi dobbiamo guardare al modo in cui viene affrontata la questione centrale della democrazia italiana di questi trent'anni, dobbiamo guardare alla limpidezza, alla chiarezza, al nitore con cui tale questione fa parte della nostra discussione.
Ci sono dei compromessi che si possono fare, che è giusto e lodevole saper delineare e approvare, e poi ci sono delle grandi questioni di principio sulle quali purtroppo i compromessi non sono possibili proprio perché si tratta di questioni di principio. Il compromesso ha un confine ed è quello dell'ingresso in campo delle grandi questioni di principio. L'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge è un principio cardine sacrosanto e irrinunciabile.
È questa la ragione che mi porta, seppure con disagio, a votare, diversamente dagli altri deputati verdi, contro gli emendamenti, capendo benissimo quale sia la ragione profonda di questa legge che dà più garanzie agli imputati. Proprio perché le garanzie sono di tipo universale, il fatto che dentro questa legge si vadano a disegnare delle condizioni calibrate su singoli casi personali mi induce, lo ripeto, a pronunciarmi su tali emendamenti in maniera differente dal gruppo al quale appartengo.
Questo spiega perché, rispetto al peana di guerra di 24 ore fa pronunciato dal ministro Diliberto, siamo arrivati a quello che non soltanto è un compromesso con l'opposizione ma soprattutto è una Caporetto per la sinistra! Che non sia stata una battaglia di parte - l'invito a verificarlo è rivolto soprattutto a quelli che hanno avuto il mal di pancia nella sinistra ed hanno annunciato la propria astensione - lo dimostra il «parto» avvenuto in seno alla Commissione giustizia!
Andate a verificare funditus e vi accorgerete che non vi è alcuna possibilità, per coloro che hanno processi in corso, di beneficiare dell'approvazione di questi emendamenti. La questione Previti non è mai esistita e non esiste neppure nel testo concordato in seno alla Commissione giustizia.
Abbiamo condotto una battaglia garantista, di un garantismo puro e non elitario, per una legge che sia veramente uguale per tutti, così come recita l'articolo 3 della Costituzione, e non una legge, così come paventato poco fa, contro qualcuno. È sicuramente illegittimo adottare un provvedimento legislativo per creare privilegi nei confronti di qualcuno, ma è altrettanto criminale, così come si voleva fare fino a ieri, approvare leggi contro qualcuno. Ciò sarebbe stato in spregio alla Costituzione, ma poiché stiamo dibattendo di garanzie difensive e riconosciute dalla Costituzione, sarebbe stato un attentato contro i diritti fondamentali dell'uomo.
L'emblema della vittoria, oltre le enunciazioni dei «malpancisti» della sinistra, emerge proprio dall'accordo maturato, è evidente negli emendamenti proposti dalla Commissione e, soprattutto, in quello che enuncia la soppressione dell'articolo 3-ter.
Ritengo, però, che sull'emendamento proposto dalla Commissione in riferimento all'articolo 3-bis si dovesse fare un ragionamento più approfondito. Qualcuno ha già avanzato dubbi sull'utilità di questo emendamento che, così come enunciato nella definizione stipulativa proposta dalla Commissione, è una ripetizione dell'articolo 37, secondo comma, del codice di procedura penale. Nella dizione generica, a quali casi si potrà attagliare in concreto? I casi in cui il giudice esprime parere al di fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie sono disciplinati dall'articolo 36, lettera c), del codice di procedura penale, mentre gli altri casi, cui genericamente rinvia questo emendamento, sono già previsti alla lettera b) dell'articolo 37 del codice medesimo, in cui si legge: «Se nell'esercizio delle funzioni, e prima che sia pronunciata sentenza, il giudice ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione, può essere ricusato dalle parti». È, dunque, veramente emblematico mantenere questo testo che riproduce una possibilità di impugnazione in caso di violazione di uno dei doveri di astensione che è già disciplinato dal codice. E allora, questa norma transitoria quando potrà dispiegare concretamente i propri effetti? L'articolo 37 del codice di procedura penale è abbastanza preciso, ma non lo è l'emendamento proposto dalla Commissione, ancorché si tratti di una norma transitoria.
Ricordo ancora una volta a me stesso, ma anche ai componenti della Commissione, che le norme sulla ricusazione sono di carattere eccezionale, in quanto sono limitative del potere giurisdizionale perché esse incidono sulla capacità processuale
Se allora volevamo veramente uscire da questa impasse, restituire certezza e chiarezza al disposto normativo ed innestare nello stesso tessuto normativo che disciplina i casi di ricusazione un'altra ipotesi di ricusazione, che ben potevamo titolare come indebita manifestazione di parere da parte del giudice, era d'obbligo da parte della Commissione intervenire con maggiore chiarezza ed una migliore tecnica legislativa imponeva di cassare - perché assolutamente ultroneo - l'inciso «fuori dai casi consentiti dalla legge», oppure migliorare il testo inserendo locuzioni del tipo «in qualsiasi forma» o «comunque».
L'invito che rivolgo quindi alla Commissione è di proporre un subemendamento che renda maggiore giustizia ed assicuri maggiore trasparenza e chiarezza alla norma transitoria che, altrimenti, potrebbe generare ulteriore confusione a chi dovrà materialmente interpretarla, evitando dunque al Parlamento che questo accordo tra i poli si trasformi in una vittoria di Pirro per la giustizia (Applausi dei deputati del gruppo misto-CCD).
La nostra soddisfazione è dovuta inoltre al fatto che in tal modo si sventa anche il rischio di decadenza del provvedimento legislativo. Sappiamo tutti che la mancata entrata in vigore del decreto rappresenterebbe una gravissima responsabilità del Parlamento, soprattutto nei confronti della difesa, perché non entrerebbero in vigore le garanzie previste. Voglio però sottolineare il significato politico di quanto accadrà tra poco, cioè il fatto positivo che la maggioranza, alla fine, ha scelto la strada del dialogo e dell'intesa. Noi non riteniamo assolutamente che la maggioranza abbia capitolato o fatto marcia indietro, ma che abbia responsabilmente concorso con le forze più sensibili dell'opposizione a migliorare il testo - lo ripeto - proprio nel senso di garanzia nei confronti degli imputati.
Da ultimo, rivolgo un fraterno consiglio al ministro. Abbiamo apprezzato la sua capacità di presidente di gruppo e riteniamo che un filo di sobrietà di più non faccia male né a lui né alla compagine di Governo e nemmeno, probabilmente, a tutta la maggioranza.
Per quanto riguarda il metodo, quando si scrivono le regole del processo occorre discuterle con tutti perché esse non riguardano il cittadino di sinistra o di centro, di estrema destra o di estrema sinistra, ma tutti i cittadini, senza aggettivi politici.
Nel merito, vi è stato uno scontro aspro dopo l'introduzione di un principio di civiltà, dell'incompatibilità fra chi emette un provvedimento di custodia cautelare e chi deve decidere per il rinvio a giudizio o per il proscioglimento; lo scontro ha riguardato la necessità di salvaguardare i processi in corso, quindi un principio di tutela del funzionamento dei meccanismi di giustizia, del servizio di giustizia.
Noi abbiamo affermato sempre la necessità di salvaguardare, quindi di trovare un punto di equilibrio e di contemperamento; tale punto di equilibrio è scolpito nell'articolo 3-bis. Orbene, il Polo era tanto contrario a detto articolo che ha sollevato una questione pregiudiziale di costituzionalità. Oggi questo principio resta nel decreto-legge; i processi in corso continuano, si possono celebrare, vi è tempo per decine e decine di udienze dalla data di entrata in vigore del provvedimento fino alla scadenza prevista, il 2 gennaio 2000. Sul punto nodale dello scontro, quindi, questa maggioranza non ha ceduto di un millimetro (Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia); noi abbiamo chiesto di salvaguardare, da una parte, i servizi di giustizia a garanzia e presidio di tutti i cittadini, dall'altra, che entrasse in vigore un principio di civiltà, l'incompatibilità fra chi emette un provvedimento di custodia cautelare o si pronuncia nel corso delle indagini e chi, alla fine, decide se prosciogliere o rinviare a giudizio.
È questa la verità, che qualcuno troppo frettolosamente, anche nella maggioranza, non ha saputo cogliere, probabilmente stordito da una incapacità di affrontare i problemi ed anche le difficoltà che la stessa maggioranza ha. Non è su questo terreno, amici e compagni della coalizione di centrosinistra, che possiamo recuperare un rapporto di fiducia con i cittadini; con lo scontro, con la demonizzazione dell'avversario, con la criminalizzazione non andiamo verso lidi fiorenti. Noi dobbiamo ragionare e dare risposte ai cittadini italiani, prescindendo dalla ricaduta sull'uno o sull'altro.
Certo, il principio è temperato da una ragionevole introduzione del tempo.
Vorrei sottolineare che vi è stato un messaggio televisivo molto chiaro che ha spiegato agli italiani chi è il GIP e chi è il GUP. Il GIP è il giudice che conduce le indagini; il GUP è il giudice dell'udienza preliminare che la conclude dicendo: ti
Perché allora si grida accusando la maggioranza di consegnarsi alle istanze o agli interessi, più o meno legittimi, del Polo o di qualcuno di essi? Cerchiamo di essere ricchi di razionalità! Vorrei ora rivolgere il seguente invito all'onorevole Veltri: affrontiamo il merito con razionalità, dando risposte ai cittadini italiani!
Da ultimo, vorrei soffermarmi sulla preoccupazione espressa dall'onorevole Pisapia. L'introduzione di questa causa di ricusazione è una delle forme alle quali tutti spesso abbiamo gridato indicandola come necessaria. È veramente impossibile chiedere ad un giudice che, al di fuori dai casi consentiti dalla legge, non parli, non esprima le proprie opinioni ed in particolare non esprima opinioni di colpevolezza in ordine agli imputati che sta giudicando? Questo è sancito nella norma in esame!
Qualcuno la utilizzerà per operare dei ricorsi? Bene, l'ordinamento, il sistema devono essere in grado di respingere i ricorsi pretestuosi! Lavoriamo dunque affinché i tempi di giustizia siano celeri e affinché il presupposto del giusto processo, la durata ragionevole dei processi, diventino un fatto normale e non eccezionale come avviene in Italia! In questo caso sì che avremmo dato delle risposte ai cittadini italiani.
In questo senso, ritorno a ciò che ho detto prima e invito gli amici della maggioranza a riflettere sul fatto che, per la prima volta nella storia di questo paese, le istituzioni di giustizia internazionale, compresa la Corte europea di giustizia, abbiano dato atto a questo Governo, a questo ministro e a questa maggioranza di avere iniziato ad affrontare delle riforme radicali della giustizia per garantire a tutti i cittadini italiani (agli operatori economici, a coloro i quali accogliamo in questo paese) una giustizia rapida, ma non sommaria, una giustizia giusta, ma non appesantita da meccanismi di ricorso incontrollabili. Siamo, cioè, sulla strada che ci avvicinerà sempre più ai paesi di più alta civiltà europea.
Questo è un merito della maggioranza e di questo Governo! E noi dobbiamo essere orgogliosi di questo e dobbiamo rivendicarlo davanti ai cittadini italiani. Altro che vergognarci, caro Veltri (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo)!
Va poi rimarcata anche un'altra cosa. Il senso dell'accordo, sul quale fra poco ci esprimeremo, è quello di ridare al decreto-legge la impostazione originaria che aveva nel momento in cui è stato adottato dal Governo.
Non è possibile non rimarcare che, se questo è il senso dell'accordo, il Parlamento, richiamando quel senso, quel testo e quei contenuti, conferma sostanzialmente che l'impostazione data dal Governo per la soluzione di questo problema importante, come ogni problema di principio, era un'impostazione giusta e corretta. Accanto a questo, bisogna ammettere
Mi pare che la soluzione che è stata trovata, indipendentemente dal fatto positivo in sé che si sia trovato l'accordo, ma anche il contenuto della soluzione stessa consentano quanto meno di attenuare quella impressione che pure va attenuata o contenuta. Credo che noi tutti dovremo essere capaci di prendere un impegno di lungo periodo che ci porti a discutere di questi problemi, dei problemi della giustizia, astraendoci sempre dai casi concreti.
La soluzione che è stata adottata, quella di applicare una regola uguale per tutti apponendovi una data (il 2 gennaio del prossimo anno) e consentendo allo stesso tempo che i processi in corso non abbiano a subire rallentamenti o deviazioni, in qualche misura corrisponde a questa esigenza di non calibrare le nostre decisioni esclusivamente sul fatto concreto. Naturalmente, ogni decisione ha una influenza sui processi concreti, ma è molto sbagliato pensare di costruire la norma al fine di garantire a qualcuno qualche vantaggio, così come sarebbe altrettanto sbagliato - io ne sono profondamente convinto - costruire la norma per costruire nei confronti di quel medesimo qualcuno uno svantaggio. Non è questa la nostra funzione di legislatori! La nostra funzione, invece, è quella di trovare soluzioni valide per tutti con norme generali e astratte, che riescano a dimenticarsi della concretezza delle singole fattispecie e delle condizioni dei singoli. Certo, so che ciò non è sempre avvenuto e che probabilmente non avverrà sempre, ma questo deve essere il punto di approdo a cui mirare, soprattutto se continueremo, come faremo a partire da domani, a lavorare per portare avanti le riforme che si sono avviate e addirittura per inserire in Costituzione principi importanti. Rispetto a questi ultimi, sarebbe veramente spaventoso pensare che si possa modificare la Costituzione avendo di mira l'interesse particolare di qualcuno.
La decisione nostra di oggi, allora, non può che attingere a questo livello di totale astrazione rispetto ai fatti concreti, pur sapendo che alcune delle questioni che hanno suscitato un dibattito vivo ed appassionato nel corso di questi giorni naturalmente rimangono aperte. Tuttavia, fissare una data di entrata in vigore per tutti dell'incompatibilità tra GIP e GUP a me sembra un fatto di civiltà: si può discutere poi sull'introduzione di una nuova causa di ricusazione, ma mi sembra utile ricordare in questa sede che non solo quella causa può essere giudicata opportuna, ma che sostanzialmente essa opererà per tre mesi, per essere realisti, per cui non incide sul sistema delle ricusazioni scolpito dalle norme del codice che conosciamo.
Per queste ragioni, signor Presidente, pensiamo che la soluzione sia giusta e preannuncio che voteremo a favore di essa (Applausi dei deputati del gruppo comunista).
A nostro avviso, una volta che si introduce nel processo un principio di garanzia con la distinzione tra GIP e GUP, è necessario che tale garanzia venga applicata a tutti: in tal senso, ci sembra giusto che la soluzione proposta venga estesa anche ai processi in corso nel modo che è stato definito. È certamente
Concludendo, devo precisare che avremmo preferito, nel merito, la formulazione che aveva proposto l'onorevole Pisapia, poiché ci sembrava più chiara, ma possiamo tranquillamente dichiararci soddisfatti per il testo definito, sul quale preannuncio che voteremo a favore.
Dunque, il testo torna al Senato, cosa che ieri veniva esclusa in maniera categorica dal ministro, anche se da parte nostra si osservava che sarebbe bastato poco, come peraltro è accaduto tante volte in passato.
Esso torna al Senato con un accordo ampio su tre punti essenziali. In primo luogo, viene abolito l'articolo 3-ter, cioè la tipizzazione dell'incompatibilità, consentendo una valutazione più ampia al giudice relativamente alle stesse incompatibilità; in secondo luogo, viene fissato in modo chiaro il termine del 2 gennaio 2000 quanto alla piena entrata in vigore del nuovo regime di incompatibilità; in terzo luogo, viene fissata un'ulteriore ipotesi di ricusazione che amplia la sfera della imparzialità del GUP. Il decreto-legge, quindi, è stato toccato. È stato toccato in punti essenziali, è stato toccato nella direzione sollecitata dal Polo, il quale, peraltro, conferma che le scelte legislative sono fatte prescindendo dai casi personali, se è vero che il caso personale al quale faceva riferimento il ministro di grazia e giustizia non viene toccato dal provvedimento così come viene modificato. Quando si dichiara la guerra e poi non la si combatte o non la si combatte fino in fondo, la guerra è perduta e normalmente ad una guerra esterna perduta, fa seguito una guerra civile, della quale si è avuto qualche saggio poc'anzi. Forse, però, la dichiarazione di guerra del ministro era proprio una dichiarazione di guerra interna perché oggi l'onorevole Soda rettifica, tenta di rettificare e richiama la maggioranza, la sua maggioranza, ad una maggiore compattezza.
Allora, permettete all'opposizione di dire che se avete problemi interni alla maggioranza, non dovete coinvolgerci, non giocate di sponda con noi perché noi non intendiamo prestarci ad un gioco che fa solo perdere tempo al Parlamento.
Narra la leggenda che, durante l'assedio di Gaeta, i soldati del regno di Napoli avevano esaurito le munizioni e lo fecero presente al re; Francesco II rispose dicendo: «Facite 'a faccia feroce». Cari colleghi della maggioranza, signor ministro, credo che ci sia qualche differenza rispetto a quella situazione ben più tragica: voi avete impiegato le munizioni, ma per spararvi reciprocamente. Quanto alla faccia feroce, non vi è bisogno di fare questa esortazione perché per fare la
Avremo difficoltà ad ignorare quello che si dice nei telegiornali e sui giornali. Con una sorta di ipocrisia, dovremmo omettere ed eludere la questione, che è rappresentata - non da oggi - dalla storia e dalla vicenda giudiziaria dell'onorevole Previti: credo che non lo possiamo fare e che non sia giusto.
Rispetto molto la sfera personale ed anche quella politica di un nostro collega. Nella valutazione generale dei principi ai quali ci ispiriamo, come tutti gli imputati, egli va considerato innocente; capisco, quindi, quanto possa essere difficile per chi ritiene di essere innocente ed è sottoposto ad un processo diventare protagonista oggettivo di un'intrusione in un dibattito che riguarda, invece, temi più generali della riforma della giustizia. Ciò avviene e noi lo percepiamo, lo consideriamo non corretto e riteniamo che sia un elemento negativo nella vita politica del nostro paese.
Non possiamo chiedere all'onorevole Previti di farsi da parte, così come non possiamo chiedere ai suoi compagni di partito di prescindere, nel giudizio sulle questioni che riguardano la complessa vicenda della riforma della giustizia nel nostro paese, dalla storia personale di un loro componente. Sarebbe certamente auspicabile, ma non possiamo chiederlo ai compagni di partito e agli schieramenti che sostengono o di cui fa parte questo nostro collega.
Tuttavia, abbiamo almeno la possibilità e credo anche il dovere di chiedere al ministro di grazia e giustizia, nel rispetto delle sue prerogative, di quelle della magistratura e di tutto ciò che va rispettato, come sia possibile e per quali ragioni, in un contesto di generale denegata giustizia nel nostro paese, questo episodio, che non è piccolo, vista la sua capacità intrusiva oggettiva nel confronto politico e parlamentare del nostro paese, dall'ottobre 1998 non faccia un passo avanti. Tra l'altro, il Parlamento è stato investito della vicenda ed ha espresso un voto; quindi, non stiamo parlando di una questione che ha che fare con la storia personale di un parlamentare.
Come è possibile che dall'ottobre 1998 non si riesca neanche ad attivare l'udienza preliminare di questo processo? Noi riteniamo che esso debba essere celebrato, magari per rendere giustizia - se giustizia va fatta - all'onorevole Previti, ma anche per sottrarre dal confronto politico italiano sulle questioni della giustizia un convitato di pietra, che diventa sempre più ingombrante (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo, dei democratici di sinistra-l'Ulivo e dei Democratici-l'Ulivo) e la cui presenza nel
Anche oggi tali posizioni appaiono incomprensibili: se mi fossi trovato ad ascoltare Radio radicale, come capita a molti italiani, probabilmente seguendo il dibattito di oggi pomeriggio e sentendo molti interventi di colleghi della maggioranza e dell'opposizione, di quelli che parlano di cedimenti da una parte e dall'altra, mi sarei formato un giudizio differente rispetto a quello che ritengo essere un giudizio di verità.
In conclusione, signor Presidente, entrando nel merito, spiego la ragione per la quale oggi voteremo a favore della conversione in legge del decreto-legge. Quali erano gli obiettivi di tale decreto-legge? Il primo era quello di differire al 1 gennaio 2000 l'entrata in vigore di una riforma legislativa largamente condivisa in Parlamento. Non si tratta, quindi, di un colpo di mano di una maggioranza che ha stravolto o di una minoranza che ha imposto, ma di una riforma di cui era necessario prorogare l'entrata in vigore per rendere possibile la corretta e sana amministrazione della giustizia. Infatti, a detta di tutti, non operando tale differimento, probabilmente i nostri tribunali in Italia sarebbero entrati tutti in crisi.
È una norma transitoria che differisce al 2 gennaio 2000 l'istituto dell'incompatibilità fra il giudice per le indagini preliminari ed il giudice delle udienze preliminari, che è un istituto contemplato e sulla cui scelta non mi pare che in questo Parlamento vi siano schieramenti di guelfi e ghibellini.
Mi sembra che ieri la dichiarazione di guerra sia stata fatta da tutti perché il ricorso all'enfasi e alla retorica nella discussione, la minaccia dell'ostruzionismo, l'iscrizione a parlare di tutti i parlamentari dell'opposizione nella discussione generale, hanno evidenziato l'opinione di una parte dell'opposizione, secondo cui l'incompatibilità dovesse entrare in vigore immediatamente, e la tesi della maggioranza di centro-sinistra che riteneva che tale incompatibilità dovesse entrare in vigore successivamente. Si è trattato di due posizioni distinte e allora, onorevole Carrara ed altri colleghi che avete parlato di una resa e di un cedimento: qual è la scelta contenuta nel testo del decreto-legge che ci accingiamo a convertire? Mi sembra che non vi siano dubbi: la maggioranza di centro-sinistra ha difeso - com'è giusto, com'è nei suoi diritti, com'è nella ragionevolezza - la scelta di differire l'istituto dell'incompatibilità, di non applicarlo ai processi in corso, di creare, come sempre avviene, un termine oltre il quale si garantisce il corretto proseguimento dei processi in corso.
Noi non abbiamo ceduto e non voglio dire che abbia ceduto l'opposizione; dico però che l'opposizione ha fatto ragionevolmente una scelta corretta nell'esercizio delle sue funzioni, ritirando tutti gli emendamenti.
È stato presentato un emendamento dal carattere innovativo che riguarda la possibilità di mettere in discussione la titolarità di ricusazione del giudice che nei prossimi mesi dovesse esprimere, al di fuori delle forme che la legge gli attribuisce appropriatamente, un giudizio di colpevolezza. È un istituto di revoca che peraltro sarebbe comunque possibile. Non sono un avvocato né un giurista ma ritengo che, anche senza questo emendamento, l'istituto della revoca abbia vigenza e che comunque questa possibilità di revoca non interferisca sui tempi dell'udienza preliminare.
Questo è il risultato al quale perveniamo nella convinzione che noi e l'opposizione - insieme su questo tema - abbiamo operato una scelta corretta. Per carità, però, nessuno dica che la maggioranza ha cambiato opinione! Questo è il testo di legge voluto dal Governo con queste caratteristiche e rispetto al quale l'opposizione, per un certo numero di giorni, ha dichiarato volontà di fare guerra. Successivamente l'opposizione, saggiamente, ha riconosciuto che questo fosse il modo corretto di affrontare i problemi (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
Pensiamo anche noi, onorevole Pisapia, che sia giunto davvero il momento di affrontare la questione giustizia con grande compostezza e rispetto reciproco, senza speculazioni e senza più sospetti più o meno fondati lanciati come manciate di fango da una parte all'altra.
Vogliamo - mi consenta di dirglielo amichevolmente, signor ministro di grazia e giustizia - discutere di questi problemi senza l'elmetto in testa, per la semplicissima ragione che aspiriamo ad avere processi dove le parti si possano affrontare lealmente, senza l'elmetto in testa, e dove il giudice sia armato soltanto dalla sua imparzialità.
Noi - e non lo abbiamo certo nascosto - siamo venuti a questo dibattito parlamentare con una forte mobilitazione di tutti i deputati del Polo, pronti ad affrontare uno scontro anche duro, ma senza il velo di un solo preconcetto; avevamo soltanto l'obiettivo di ripristinare - anche all'interno di questo decreto-legge - il principio violato della terzietà e della imparzialità del giudice.
Onorevole Soro, non c'era nelle discussioni e nelle affermazioni che abbiamo fatto ieri, in aula e fuori, nessun convitato di pietra. Se un convitato c'è, è un convitato Di Pietro, dalle vostre parti (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale - Commenti)! C'è, cioè, uno spirito giustizialista che spesso vi ha indotti a giudicare senza valutare e ad imprigionare prima del giudizio! Onorevole Soro, chi come lei ha alle spalle una storia recente, anche tormentata, di partito, dovrebbe ben riflettere prima di adoperare certe figure retoriche.
Noi non avevamo nessun caso personale da tutelare...
Se, dunque, a quell'accordo abbiamo dato il nostro consenso, è perché non avevamo nessun pregiudizio, nessun interesse particolare da tutelare. Ci interessa di più, e conta davvero, il risultato che abbiamo raggiunto. Conta il fatto che sia stata eliminata dal testo pervenuto dal Senato la stortura rappresentata dall'articolo 3-ter, che l'incompatibilità tra GIP e GUP sia stata resa definitiva a datare dal 2 gennaio dell'anno prossimo e che fino a quella data vi sia la possibilità del ricorso alla ricusazione di un giudice che apparisse manifestamente velato da pregiudizio.
Ora il provvedimento torna al Senato e lì, ne siamo certi, troverà sanzione definitiva. Noi voteremo a favore degli emendamenti che sono stati concordati e voteremo a favore dell'intero provvedimento. C'è un ulteriore motivo di soddisfazione che desideriamo sottolineare ed è il fatto che questo accordo, realizzato alla luce del sole, abbia accelerato il cammino, abbia spianato la strada ad un ben più importante provvedimento: la legge di riforma costituzionale che va sotto il nome di «giusto processo». Prima della pausa estiva dei nostri lavori, i provvedimenti sul giusto processo e sull'elezione diretta dei presidenti delle regioni potranno ricevere in quest'aula il primo voto positivo, se il confronto si svilupperà alla luce del sole e lungo i normali tracciati parlamentari. Noi ci auguriamo che in questo modo possa aprirsi una fase più costruttiva per le riforme possibili. Pensiamo ad un confronto sulle regole, nel quale non intendiamo rinunciare a nessuno dei motivi che ci collocano all'opposizione rispetto a questo Governo e a questa maggioranza; un confronto, tuttavia, che ci consenta di riformare, cioè di dare nuova forma a regole ed istituti che con il tempo sono invecchiati e non rispondono più alle esigenze della modernizzazione del nostro paese.
Concludo, signor Presidente. Ieri noi per tutta la giornata in quest'aula abbiamo esposto le nostre ragioni, abbiamo fatto le nostre analisi, ...
Ci ha costretto, prima di tutto, una palese violazione del principio di rango costituzionale dell'imparzialità del giudice. Il risultato ottenuto non ci appaga completamente sotto questo profilo, perché permangono, sia pure ridotte nel tempo, le riserve di costituzionalità, ma apprezziamo il risultato politico di avere convinto il Governo, onorevole ministro della giustizia, delle nostre buone ragioni, per aver dimostrato che l'opposizione ha un ruolo fondamentale nel sistema democratico ed è capace di farlo valere.
Non dovevano difendere interessi e casi personali; dovevamo rendere valido il decreto legislativo n. 51 del 1998, in base al quale il magistrato che ha esercitato la funzione di giudice per le indagini preliminari non può assumere la funzione di giudice per l'udienza preliminare. Questa è una norma che vale per tutti i cittadini indagati.
Invece, voi della maggioranza, con il rinvio dell'applicazione generalizzata di questa norma al 2 gennaio 2000, volevate che ci fossero cittadini di serie A e cittadini di serie B, con la pretesa di distinguere, da qui al gennaio 2000, fra cittadini che non meritano di essere sottoposti ad un giudizio imparziale e quelli ai quali l'imparzialità è garantita.
Come ha scritto giustamente Mario Cervi questa mattina su il Giornale, «nessuno si sognerebbe mai di sostenere che una condanna a morte possa essere eseguita dopo l'abolizione della pena capitale soltanto perché pronunciata prima dell'abolizione della stessa». L'accordo che è stato trovato, onorevole ministro, ...
Colleghi, per piacere. Onorevole Pagliarini, onorevole Bampo, vi prego.
Può continuare, onorevole Selva.
La nostra battaglia, onorevoli colleghi, si è resa necessaria anche per cancellare la possibilità che dopo il 2 gennaio 2000, con ulteriori slittamenti, i procedimenti avviati possano essere gestiti da un giudice unico, titolare tanto delle indagini preliminari, quanto dell'udienza preliminare. Siamo dunque stati fedeli e battaglieri sostenitori - questo lo dobbiamo riconoscere e lo faccio io per primo in qualità di capogruppo -, con esemplare chiarezza, del principio che, quando si elabora e si propone una legge, lo si fa perché sia buona e giusta ed i suoi principi validi per tutti e senza trattamenti discriminatori.
Ciò era quanto voi volevate magari nei confronti dell'onorevole Previti. Una discriminazione resa evidente dalla dichiarazione dell'onorevole Leoni (responsabile del settore giustizia per i DS) che ho letto sulla stampa, secondo il quale il magistrato Alessandro Rossato resta dov'è. Onorevole Leoni, resta dov'è anche se da qui al prossimo 2 gennaio dovesse accertarsi che questo GIP agisce con parzialità, con spirito di persecuzione, magari con intendimenti politici? Oppure anche questo GIP potrà essere ricusato qualora esprima giudizi di merito sulla colpevolezza dell'indagato, violando così il principio della terzietà del giudice (quello che forse voi volevate nei confronti dell'onorevole Previti)?
Una discriminazione che noi non possiamo evidentemente accettare; una discriminazione
Le responsabilità dei ritardi che lei ha giustamente denunciato sono della maggioranza e del Governo che ha avuto tutto il tempo per preparare quegli strumenti e quegli uomini chiamati ad attuare la riforma.
Ma siamo orgogliosi soprattutto che quel principio secondo il quale la legge è uguale per tutti, in virtù anche della nostra azione, trovi la sua affermazione con la conseguente affermazione di quella norma costituzionale troppe volte ignorata o calpestata.
Sconfitta è la pretesa di distinguere tra cittadini e cittadini; annullata è l'accusa che si voleva lanciare contro di noi di voler azzerare inchieste costate ai magistrati molta fatica (e noi ringraziamo i magistrati che faticano!) e ai contribuenti molto denaro.
Quello che magari noi chiediamo, anche in questa occasione, ad una giustizia giusta è che non vengano messi a disposizione mezzi e uomini per inchieste «eccellenti», condotte da magistrati magari vivi, per dimostrare reati evanescenti nel corso di processi risultati anch'essi evanescenti in ordine ai presupposti sulla base dei quali erano stati fatti, mentre fascicoli riguardanti un comune cittadino si accumulano nella desolante tenebra dei rinvii che durano, in particolare per le pendenze civili, anni ed anni senza che venga resa loro giustizia.
La nostra adesione all'accordo, dunque, e il nostro voto favorevole sono consapevoli ed anche critici perché sarebbe stato giusto che la data del 2 giugno fosse stata rigorosamente rispettata. Ma la nostra volontà di pace ci fa accettare, sia pure con rammarico, questo breve rinvio nel nome di una prospettiva che vogliamo vedere realizzata nella sua pienezza: la distinzione tra chi prende decisioni anche gravi, come quella - ed è la più grave - della limitazione della libertà personale, e chi deve valutare se questa decisione non sia viziata da pregiudizi, da errori, da carenze o peggio da voluttà di protagonismo.
Signor Presidente, prima di concludere vorrei dire che un altro significato politico va dato a questo risultato positivo che noi approviamo. La legge di conversione del decreto, nel testo varato dal Senato, sarebbe stata un enorme macigno sulla strada delle due importanti riforme costituzionali già iscritte nel calendario dei nostri lavori: quella sul cosiddetto giusto processo e quella relativa all'elezione diretta del presidente della regione.
La nostra battaglia compatta e forte ha contribuito in modo determinante - me lo auguro - alla riforma costituzionale per il cosiddetto giusto processo, certi come siamo che i princìpi fondamentali della terzietà dei giudici e della parità dei diritti dell'accusa e della difesa daranno una spinta nel senso di un moderno Stato di diritto che non vogliamo rimanga mai una formula astratta.
L'opposizione costituita dal Polo dopo questa battaglia è un soggetto politico di un sistema bipolare - maggioranza ed opposizione - che, nell'esercizio ognuno dei propri diritti, dei propri doveri e delle proprie responsabilità consolida la fiducia dei cittadini nella democrazia rappresentativa capace di risolvere, anche attraverso un duro confronto come quello avvenuto in questa circostanza, i problemi di una società moderna incentrata sui diritti politici, sociali e civili della persona umana che affronta la grande sfida degli anni duemila (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Il mio intervento sarà, per così dire, riepilogativo di questi due giorni che hanno segnato una ripresa di vivacità che molto spesso, anziché avventurarsi in un confronto parlamentare, è stata più che altro scandita da agenzie di stampa.
Abbiamo registrato una forte presa di posizione da parte del Polo per le libertà, che ha iscritto a parlare tutti i suoi deputati in discussione generale sul disegno di legge di conversione del decreto-legge che è stato predisposto dal Governo sul giudice unico di primo grado.
La prima considerazione che intendo esporre ai colleghi e a quei pochi che non conoscono fino in fondo il decreto-legge riguarda due aspetti particolarmente significativi, rispetto ai quali vi era la necessità di un richiamo forte ad un sistema che potesse essere concretamente e astrattamente riferito alle garanzie dei singoli. Sul primo si è appuntata l'opinione pubblica con titoloni, a mio avviso, ingiustamente enfatizzanti. Il secondo, passato in secondo piano, riguarda un aspetto ugualmente significativo, ma probabilmente non tanto per il Polo per le libertà. Esso presenta una valenza concreta per i cittadini rispetto ad una lesione astratta del diritto quale è quella di trovarsi, nei processi, ad essere giudicati da giudici diversi rispetto a gradi diversi. Ciò probabilmente interessava poco il Polo che non ha concentrato la propria attenzione sul fatto che questo decreto-legge (che è un decreto-legge obbligato) ci costringerà per un breve periodo transitorio, fino al 2 gennaio del prossimo anno, ad immaginare un modello in cui una parte delle controversie di lavoro saranno decise, in primo e in secondo grado, dallo stesso ufficio di primo grado.
Mi rendo conto che non è un tema che possa suscitare particolare interesse perché riguarda le tante controversie di lavoro che forse non riguardano direttamente alcuno di noi. È sicuramente un tema delle garanzie perché la terzietà e l'imparzialità del giudice passa anche attraverso i giudici di uffici diversi che decidono in gradi diversi. Ma quali garanzie esistono? Solo quelle che ci toccano più da vicino. E quelle che sono invece più lontane perché riguardano le controversie di lavoro degli operai e dei metalmeccanici? Non mi sembra che la collega Malavenda abbia alzato la sua voce in proposito. Sono forse garanzie di serie B che, proprio per questo, ci interessano meno?
Onorevole Lombardi, onorevole Pistelli!
Prego, onorevole Manzione.
In ordine a questo aspetto, sicuramente più pregnante, forte ed incisivo, che tocca direttamente l'imparzialità del giudice, perché abbiamo una equiparazione degli uffici (giudice unico di primo e di secondo grado), mi sembra che il veder decisa la stessa controversia in materia di lavoro, sia pure per un periodo transitorio, in primo e secondo grado dallo stesso ufficio, qualche perplessità avrebbe dovuto sollevarla. Non mi pare, peraltro, che il Polo delle libertà, così attento alle libertà individuali, queste perplessità le abbia sollevate. Probabilmente, allora, dobbiamo ritenere che, come dicevo poc'anzi, esistono libertà che vale la pena di tutelare più delle altre.
Veniamo a quello che è stato il problema, ed io onestamente me ne dolgo, perché mi sarebbe piaciuto assistere ad una battaglia forte anche su questo dato. Però, colleghi del Polo, una battaglia su questo aspetto che, sicuramente, coinvolgeva anche problematiche costituzionali, di garanzia di diritti assoluti, non c'é stata.
Vengo all'altro aspetto perché ha destato, anche nell'opinione pubblica e nei
C'è stata una strana corsa da parte di molti colleghi a prendere le distanze dal provvedimento sul giudice unico di primo grado, ma noi le cose dobbiamo dirle con grande chiarezza, e per fortuna abbiamo i resoconti parlamentari, che ci illustrano il percorso fatto, che può essere mistificato quanto e come vogliamo, ma che resta riscontrabile. Ebbene, sul giudice unico di primo grado - che per me personalmente e per il mio gruppo rappresentava in parte una caduta di garanzie - c'è stata un'indicazione che nella prima applicazione era di svolta epocale.
Mi permetto di ricordare che il relatore di quel provvedimento era un collega di forza Italia e che già da allora si toccò con l'articolo 171 l'aspetto dell'incompatibilità GIP-GUP. Quella norma senza clamore, senza ostruzionismi né tatticismi è stata accantonata per un anno e mezzo. Io ho votato contro quel provvedimento, voi a favore. Ebbene, avete accantonato per un anno e mezzo quell'incompatibilità che oggi è diventato il primo problema di questo Parlamento. È questo il dato? Come mai quella tensione non c'era allora e c'è invece oggi? Come mai non è stato fatto ostruzionismo allora e viene fatto oggi? Queste sono le domande alle quali dobbiamo dare una risposta in maniera onesta (Applausi dei deputati dei gruppi misto-UDEUR, dei democratici di sinistra-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo) per comprendere che cosa guida il nostro percorso, in che modo esercitiamo la nostra funzione parlamentare.
Se siamo convinti che a guidare la nostra funzione è la stessa spinta ideale, vorrà dire che eserciteremo appieno e in maniera corretta il nostro ruolo parlamentare; se invece le enfatizzazioni nascono da tutele di interessi particolari, perché quelli generali allora esistevano e l'articolo 171 del decreto legislativo sulle incompatibilità è stato congelato un anno e mezzo fa... (Interruzione del deputato Mancuso). Se non esistevano, allora chi l'ha congelato?
Quel provvedimento, onorevole Mancuso, è stato definito una svolta epocale dal relatore, che era un collega di forza Italia (Proteste del deputato Mancuso) ed io sono stato uno dei pochi che ha votato contro, vi prego di controllarlo (Applausi dei deputati dei gruppi misto-UDEUR, dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, dei democratici-l'Ulivo, misto-rinnovamento italiano popolari d'Europa - Proteste del deputato Mancuso).
Onorevole Mancuso, la norma lo prevedeva, l'ha votata lei (Proteste dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)!
Onorevole Armani, la richiamo all'ordine!
Queste cose le ho sempre dette allora e continuo a dirle oggi (Interruzione del deputato Colletti)... Colleghi, mi dispiace, ognuno di voi è padrone di inveire come gli pare; se è questo l'atteggiamento corretto da tenere per confrontarsi dinanzi ai problemi, è giusto così (Interruzione del deputato Gagliardi). Mi si risponda! Collega, prendi la parola e rispondimi se puoi farlo! Rispondimi con i fatti, non con le
Purtroppo, il livello di alta democrazia della nostra Assemblea è questo: quando si fanno affermazioni che fanno piacere, queste vengono accettate; quando c'è qualcuno che mette il dito nella piaga, il risultato è questo.
Onorevole Colletti, si accomodi (Commenti del deputato Vito).
Basta! Per cortesia, colleghi, basta! Per cortesia, le dispiace accomodarsi? Grazie. Onorevole Colletti, prego.
Stavo dicendo che sono questi i dati sui quali ci dobbiamo misurare per comprendere quali meccanismi parlamentari facciano in modo che certi accadimenti determinino le condizioni di ingovernabilità istituzionale che stavano per verificarsi. Infatti, vi era un momento grave di conflitto in occasione del quale, purtroppo - sottolineo purtroppo -, lo scontro poteva diventare non più fra maggioranza ed opposizione, ma fra l'opposizione e la Presidenza della Camera. Ciò in quanto, purtroppo, alla Camera dei deputati non opera il meccanismo che esiste al Senato e che consente di mettere comunque in votazione un disegno di legge di conversione di un decreto-legge quando quest'ultimo sta per decadere. Se è giusto che la natura di un decreto-legge non debba condizionare l'atteggiamento dell'opposizione - il che è sacrosanto -, è pur vero che deve esservi la possibilità di misurarsi democraticamente e stabilire, con il voto, se un decreto-legge meriti o meno di essere convertito. È questo il dato democratico, però...
Detto questo come atteggiamento generale, cercherò di entrare nel merito della problematica.
Immaginiamo, infatti, una udienza preliminare che possa essere modulata con le nuove norme e che possa servire realmente da filtro per evitare che si arrivi direttamente al dibattimento. Questo è il dato da considerare e, rispetto a ciò, onorevole Veltri, pur comprendendo che lei si senta solo in questa battaglia, le vorrei dire che, quando afferma che l'emendamento che dovremo votare tra poco trasformerà la corte d'appello in un «ricusificio», afferma una cosa che probabilmente non è molto corretta. Sono infatti convinto, invece, che questa norma - che è il frutto di una mediazione politica: riconosciamolo con grande onestà - risulterà praticamente inutilizzabile, perché in parte clona norme già esistenti e in parte - proprio perché finalizzata a colmare una lacuna, ammesso che vi sia, legata al regime temporaneo: quello che va dal 2 giugno 1999 al 2 gennaio 2000 - non determinerà alcun effetto.
In ogni caso, onorevole Veltri, per come la vedo io, è meglio che vi siano mille casi di ricusazione in più con la possibilità di dimostrare che il giudice in qualche modo possa avere espresso un dato preconcetto, anziché che non vi sia in assoluto la possibilità di verificare se egli sia andato in una direzione corretta oppure no.
In conclusione, vorrei dire che il provvedimento «a monte» non mi piaceva; tuttavia, ritengo che dal punto di vista politico il decreto-legge sia un atto dovuto (il quale è stato condiviso in Commissione giustizia un po' meno, perché mi rendo conto che esiste una verità per la Commissione ed una verità per quest'aula ...), un atto obbligato per il ministro, al quale rendo merito per il fatto di essersi comportato con grande correttezza, forse eccessiva. Si tratta di un provvedimento che voteremo dal punto di vista del «merito politico», anche se personalmente come «merito pieno» non mi piace. Tuttavia, fare il parlamentare significa anche operare delle scelte: abbiamo l'obbligo di farlo (Applausi dei deputati dei gruppi misto-UDEUR, dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e comunista).
Vorrei ribadire poi non solo la solidarietà ma anche la stima, l'apprezzamento e la fiducia al ministro Diliberto il quale, onorevole Selva, non ha annunciato la guerra, ma ha reagito ad una guerra ostruzionistica che era già iniziata qualche ora prima (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari
La maggioranza di centro-sinistra può essere più che soddisfatta dell'esito di questa intesa. Noi democratici di sinistra siamo molto soddisfatti, perché la maggioranza ha colto i due obiettivi fondamentali sui quali si è impegnata in questi giorni: il primo è quello di fare in modo che il decreto-legge fosse convertito nei tempi previsti. Tutti sappiamo che cosa sarebbe accaduto se invece fosse andata in porto l'operazione ostruzionistica attuata dal Polo, se, cioè, il decreto-legge al nostro esame fosse decaduto: vi sarebbe stato non solo il caos negli uffici giudiziari ma, e lo dico ai cosiddetti garantisti del Polo,...
La terza ragione di soddisfazione è che non è passato (si possono a questo punto edulcorare le cose come si vuole ma tutti hanno visto e letto come stavano in realtà) il tentativo dell'opposizione di condizionare per legge un determinato processo. Questo tentativo chiaramente non è passato.
La maggioranza, come dicevo, è soddisfatta e può essere soddisfatta per l'esito di questa intesa, per le ragioni di merito che ho detto e anche perché conferma di avere a cuore essenzialmente l'obiettivo di portare a compimento un progetto riformatore sulla giustizia che coniughi garanzie ed efficienza, cioè di voler dimostrare all'intero paese, anche nel campo della giustizia, di essere classe dirigente che si preoccupa delle riforme e del funzionamento di un servizio essenziale per milioni di cittadini.
Qualche ora fa, è stato chiesto se questa intesa di oggi potesse far pensare alla possibilità di una nuova grande stagione di dialogo per le riforme tra maggioranza ed opposizione. Io, purtroppo, nei dati della realtà, non trovo ragioni per un ottimismo di questo tipo che mi pare francamente eccessivo.
Il presidente Pisanu ha fatto un appello alla compostezza. In questi giorni, noi abbiamo potuto vedere un volto dell'opposizione che non era il volto dei moderati, era piuttosto il volto di un estremismo distruttivo che puntava a far saltare un decreto così importante (Commenti del deputato Biondi) pur di raggiungere un obiettivo, che non è stato raggiunto,
Noi abbiamo perseguito la strada del dialogo per le riforme. A noi interessano il dialogo e le riforme. Alla destra no, non interessa il dialogo perché non interessano evidentemente le riforme. In questi giorni si è vista la differenza. Da quella parte propaganda a palate e ostruzionismo; di qua la voglia e la determinazione...
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3-bis.31 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
Votanti 442
Astenuti 70
Maggioranza 222
Hanno votato sì 435
Hanno votato no 7).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
Votanti 435
Astenuti 74
Maggioranza 218
Hanno votato sì 428
Hanno votato no 7).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
Votanti 438
Astenuti 71
Maggioranza 220
Hanno votato sì 417
Hanno votato no 21).
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
Votanti 445
Astenuti 62
Maggioranza 223
Hanno votato sì 437
Hanno votato no 8).