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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 11 maggio 1999, n. 127, recante proroga di termini in materia di acque di balneazione.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
LUIGI OCCHIONERO, Relatore per l'VIII Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo anche a nome del relatore per la XII Commissione, onorevole Giacco. Con il provvedimento in esame, si richiede con urgenza l'approvazione della proroga dal 31 dicembre 1998 al 31 dicembre 1999 della normativa prevista dal decreto-legge 13 aprile 1993, n. 109, convertito con modificazioni dalla legge 12 dicembre 1993, n. 185, che regola la qualità ed i limiti da rispettare per le acque di balneazione. Sarebbe peraltro auspicabile, considerate le iniziative comunitarie per quanto riguarda il settore, chiedere all'Assemblea un rinvio di tre anni.
stesso tempo, non causa né danni né preoccupazioni, sia per i bagnanti sia più in generale per la salute pubblica. La deroga rispetto ai valori è subordinata al fatto che questi dipendano solo da fenomeni di eutrofizzazione: non si fa riferimento, dunque, a cause come gli scarichi di sostanze chimiche, i rifiuti urbani e gli scarichi industriali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MONICA BETTONI BRANDANI, Sottosegretario di Stato per la sanità. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.
PAOLO GALLETTI. Signor Presidente, il provvedimento di cui oggi avviamo la discussione generale apparentemente è quasi dovuto: per dare tranquillità alla nostra stagione balneare, approntiamo una deroga - accade ormai da sedici anni - ai parametri dell'ossigeno disciolto. Di per sé essi non sono significativi dal punto di vista sanitario, ma sicuramente lo sono dal punto di vista ambientale perché sono la spia di una situazione alterata dell'ambiente marino, vale a dire la eutrofizzazione;
è una situazione anomala. L'articolo 2 prevede una sorveglianza delle regioni rispetto alla possibilità di rinvenimento di alghe tossiche, che possono indurre a mutazioni dell'ambiente marino che possono portare anche a danni per la fauna e la flora - eutrofizzazione, moria di pesci e di alghe - nonché per lo stesso essere umano. Mi, riferisco, ad esempio, alle mutazioni di microalghe che diventano tossiche; esse sono state rinvenute nello scorso decennio nel mare Adriatico. La stampa ha riportato informazioni in più riprese al riguardo: fortunatamente si tratta di quelle alghe che vanno sotto il nome di DSP, ossia microalghe tossiche che, se ingerite con molluschi o altro, possono provocare forti problemi intestinali. Tuttavia, esistono in altri mari del mondo anche alghe tossiche, PSP, soggette all'eutrofizzazione che possono provocare paralisi anche permanenti. Con il traffico internazionale delle navi, e di conseguenza il traffico internazionale dei molluschi, può verificarsi l'ipotesi di una loro presenza nei nostro mari. Non intendo creare allarmismo, ma è necessario impostare correttamente una politica di prevenzione per l'ambiente marino.
industria e ad un'urbanizzazione sbagliata, senza che ci si preoccupasse, ad esempio, dei suoi effetti sul sistema delle acque, che è vitale per la nostra sopravvivenza ed è alla base della salute pubblica, come è affermato anche nel piano sanitario, approvato recentemente dal Governo, che definisce la qualità ambientale e delle acque come obiettivi primari per la salute pubblica del nostro paese.
scatenante. Esiste una bibliografia dalla quale si evince che esso si verificava già nel 1700, per cui è da ritenere che sia naturale, ma le sue ripercussioni sono negative, sempre che sia davvero un evento naturale. Infatti un fenomeno che si ripete annualmente non è da ritenere naturale, così come non si può affermare che un raffreddore cronico sia naturale, perché il raffreddore cronico sta a significare che l'organismo è malato. Oggi l'ambiente marino è ammalato, non solo per la presenza di azoto e di fosforo, ma per tutti gli inquinanti chimici che vengono scaricati in mare dall'industria, dall'agricoltura e dagli insediamenti civili, oltre che dalla navigazione marina ed aerea.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che le Commissioni VIII e XII si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per l'VIII Commissione, onorevole Occhionero, ha facoltà di svolgere la relazione.
Il provvedimento in esame è dovuto al persistere di fenomeni di eutrofizzazione in alcuni tratti non secondari di coste del Tirreno, dell'Adriatico ed in numerosi laghi dell'Italia settentrionale. Il provvedimento in esame è caratterizzato da necessità ed urgenza, dovute sia alla stagione balneare ormai iniziata, sia al danno che potrebbe derivare dalla sua mancata approvazione per l'economia di moltissime aziende turistiche familiari e per molte altre attività economiche (penso alla pesca e ad altro). La proroga prevista, nello
La proroga, circoscritta dunque al fenomeno dell'eutrofizzazione, riguarda sostanzialmente gli articoli 1 e 2 del decreto-legge n. 109 del 1993, in base ai quali, in attesa di una revisione della normativa di recepimento della direttiva CEE n. 76 del 1975 (dovuta al crescente inquinamento delle acque), recepita dal nostro ordinamento con il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470, i valori limite dell'ossigeno disciolto nelle acque, per l'idoneità delle acque di balneazione, possono essere compresi tra i 50 ed i 170, diversamente dai limiti previsti dalla direttiva comunitaria, cioè tra i 70 ed i 120. La deroga è prevista dall'articolo 11 della direttiva della Comunità europea, anche se riguardava dieci anni a partire dal 1975 ed era compito dei Governi nazionali adoperarsi di conseguenza.
La deroga dei valori è subordinata al fatto che essi dipendano solo ed unicamente da fenomeni di eutrofizzazione, quindi non da un inadeguato sistema di depurazione. Iniziative positive per quanto riguarda la depurazione sono state assunte dal Governo nazionale, con l'approvazione della legge n. 35 del 1977 e con la definizione di un piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di depurazione.
Tuttavia, dobbiamo constatare che a tutt'oggi il sistema è insufficiente ed in notevole ritardo, basti pensare a grandi città, a grandi regioni e a grandi territori.
L'articolo 1 assegna alle regioni il compito di adottare un programma di sorveglianza ed interventi preventivi per la rilevazione di alghe aventi possibili implicazioni igienico-sanitarie.
L'articolo 2 prevede altresì che le regioni che si avvalgono della facoltà della deroga sono tenute al rispetto dei vincoli con specifiche attività amministrative per il rientro nei limiti previsti dalla direttiva comunitaria. A livello comunitario è in fase di elaborazione una nuova direttiva relativa alla ricerca sulla qualità delle acque di balneazione che riscriverà ex novo l'intera materia. Tre anni sono il tempo previsto per l'approvazione e proprio per questo ho aggiunto che sarebbe necessaria una proroga di tre anni, tenendo presente che in questo periodo sarebbe necessaria una più incisiva azione legislativa nazionale e di controllo per quanto riguarda la complessità delle acque, della loro qualità ed anche dell'inquinamento. Contemporaneamente vi sono l'impegno e l'iniziativa da parte del Governo ad investire sulla qualità dell'ambiente, sul risanamento delle acque e sulla manutenzione del territorio, nonché sulla valorizzazione.
Oggi ci si chiede - lo impongono i tempi - l'approvazione del provvedimento, lasciando ad altri tempi ed altre iniziative il riordino di un tema così complesso ma anche urgente per tutte le forze economiche e non solo economiche del nostro paese.
Per questi motivi, non concordo con la proposta di prorogare per tre anni il parametro dell'ossigeno disciolto perché almeno ogni anno, in questo stanco rito della proroga, siamo comunque obbligati a fare una riflessione, seppure breve e distratta, sullo stato di salute del nostro ambiente marino. La proroga ci impone tale obbligo ma, purtroppo, fino ad oggi il Parlamento italiano non è riuscito ad impostare politiche strutturali per il risanamento dell'ambiente marino. Devo dire, tuttavia, che il Governo sta facendo di più rispetto al passato, ma non abbiamo avuto risultati significativi dal punto di vista strutturale e cercherò di spiegarne i motivi. Come ha accennato brevemente il relatore, vi sono oggi intere città, come ad esempio la ricca e popolosa Milano - quindi, non una città con difficoltà economiche -, che non sono dotate di un sistema moderno di depurazione delle acque. Un'intera città, quindi, scarica direttamente nei fiumi tutti i suoi liquami, che finiscono regolarmente nel Po e nel mare Adriatico.
Ma non vi è solo Milano: anche nelle città della costa e nelle stesse località turistiche i sistemi depurativi sono inesistenti o, qualora esistano, non sono abilitati al funzionamento. Una recente indagine del nucleo ecologico dei Carabinieri ha dimostrato che oltre l'80 per cento dei depuratori non funziona, perché progettati o gestiti male.
È evidente, quindi, che stiamo scontando un grave ritardo e che vi sono gravissime responsabilità, soprattutto in sede locale. Sarebbe forse il caso, in un'epoca di federalismo, di connettere la responsabilità nell'uso delle risorse e nella gestione dell'ambiente ad una penalizzazione, anche fiscale, dei comuni e delle regioni che non rispettano gli obiettivi minimi di qualità dell'ambiente e delle acque.
Si tratta di una proposta sulla quale forse occorrerebbe ragionare, in vista della prossima proroga che verrà proposta per il prossimo anno. È evidente, che il sistema di depurazione delle acque è divenuto oggi una priorità per il nostro paese, anche per motivi strutturali, cioè per la necessità di separare le acque di fogna da quelle piovane - anche per evitare che, in occasione di grandi piogge, si crei una situazione per cui i depuratori non vengono più fatti funzionare, determinando una piena di nutrienti che arrivano nelle acque fluviali, lacuali e marittime -, nonché per la sicurezza dell'intero sistema idrico e per la qualità delle acque sotto casa, che non è meno importante di quella delle acque marine. Infatti, una volta nei canali e nei fossi sotto casa vi era una vita normale, fatta di pesci, di piante e di fiori: oggi sono «tombati», perché trasportano, invece, sostanze chimiche e rifiuti organici maleodoranti.
Evidentemente, non abbiamo saputo porre un rimedio a questo effetto indesiderato della modernità e della mancanza di una moderna cultura industriale ed abitativa, che ha portato ad una crescita abnorme della piccola, media e grande
Tra l'altro, il problema della depurazione è stato affrontato quasi sempre in termini esclusivamente ingegneristici, con mega-depuratori molto costosi, anche in situazioni nelle quali sarebbe bastato avere, ad esempio, una fitodepurazione o depuratori molto semplici, perché anche sui depuratori vi è stato, negli anni passati, un business malavitoso che ha portato a costruire tante opere non utili e non efficienti. Anche su ciò occorrerebbe fare una profonda riflessione, prima di avviare un secondo programma di depurazione civile nel nostro paese.
Vi è poi l'aspetto, non meno importante e significativo, dell'apporto di nutrienti e, in particolare, di fosforo e azoto, fattori limitanti che provocano la cosiddetta eutrofizzazione, anche se sarebbe meglio chiamarla ipertrofia, cioè un nutrimento eccessivo che porta poi all'esplosione della fioritura di microalghe, le quali, a loro volta, prima producono molto ossigeno e poi lo consumano, determinando morie di pesci, che a volte vengono «spiaggiati» e solo a quel punto ci si accorge del fenomeno.
Il fosforo e l'azoto sono prodotti non solo dagli scarichi civili, ma anche da quelli industriali e da una concimazione errata nell'agricoltura «chimicizzata» con un eccesso di azoto e di fosforo: anche in questo caso sono stati avviati i programmi per un'agricoltura sostenibile e, fortunatamente, nel nostro paese vi è un grande sviluppo dell'agricoltura biologica, nella quale non si utilizzano concimi chimici, ma solo concimi organici che non vengono dilavati con le piogge.
Anche in tema di concimazione occorrerebbe svolgere un ragionamento più approfondito perché i concimi, oltre a contaminare le acque di superficie, arrivano fino alle falde più profonde contaminando le acque di falda dalle quali oggi avviene l'approvvigionamento dell'acqua potabile delle grandi città. Questa è una bomba a tempo della quale nessuno si preoccupa.
Vi sono poi i mega-allevamenti industriali che, utilizzando l'acqua come vettore per la pulizia degli escrementi animali, provocano un inquinamento incredibile, soprattutto in alcune zone (per esempio, in Veneto, in Emilia-Romagna e in tutte le altre regioni dove sono situati).
Possiamo anche affidarci alla fortuna degli eventi meteorologici, sperando, per salvare la stagione turistica, che i fenomeni di fioritura algale avvengano all'inizio di stagione, quando i turisti sono ancora pochi, o alla fine di settembre, quando sono già partiti. Non sarà forse pericoloso dal punto di vista sanitario, ma immergersi in una specie di minestrone, in un acqua eutrofizzata, non è certo il massimo di piacevolezza per chi voglia riposarsi in vacanza. Possiamo sperare nella combinazione di eventi meteoclimatici che allontanino le fioriture, come è accaduto fortunatamente negli ultimi anni, o che si verifichino lontano dalla stagione turistica, ma questa non è una politica sufficiente di prevenzione e di contenimento del fenomeno, anche perché non tutte le regioni si sono dotate di strumenti adeguati per osservare, quanto meno, l'andamento dell'ambiente marino, perché non tutti i comuni fanno quanto dovrebbe loro competere. Per altro non disponiamo di adeguati strumenti di repressione e di sostituzione rispetto a queste politiche che riguardano tutta la collettività.
Vi è un altro aspetto da considerare, oltre l'eutrofizzazione - che sarebbe meglio definire «ipertrofia» o «distrofia», cioè nutrimento sbagliato del mare -, quello cioè della mucillagine, detta anche neve marina, che qualche anno fa sconvolse letteralmente l'industria turistica della riviera romagnola. Tale fenomeno è stato studiato superficialmente, tanto che ancora non se ne conosce il fattore
In mare vengono rinvenuti anche alcuni microinquinanti molto tossici, come il DDT, che nel nostro paese non si usa più da decenni perché - dopo anni di dibattito - ne è stato riconosciuto l'alto valore cancerogeno e di mutazione, ma che viene usato ancora in molti paesi del mondo, dai quali importiamo prodotti trattati appunto con il DDT. Vi sono altri potentissimi elementi tossici, sia pure in dosi infinitesimali, come il PCB o il cadmio che possono indurre mutazioni nella flora e nella fauna dell'ambiente marino.
Parlo con tanta veemenza perché ritengo che la salute del mare sia il termometro della salute generale dell'ambiente terrestre e che non sia giusto parlare di questi problemi solo in presenza di fenomeni acuti, quali lo spiaggiamento di pesci morti o le mucillagini nel mese di agosto. Non ritengo giusto che non ci si preoccupi di tutto questo per non turbare gli affari dell'industria marina. Anche questa è una visione miope della politica turistica, perché non si pensa che solo con un risanamento strutturale dei bacini fluviali che portano al mare gli inquinanti (quindi con modifiche strutturali nei sistemi di depurazione, in agricoltura, negli allevamenti e nelle industrie) si potrà garantire negli anni il turismo dal punto di vista ambientale. Ci si affida invece solo al caso, alla stagione fortunata. Mi auguro che la prossima stagione porti situazioni meteoclimatiche favorevoli senza eventi traumatici; questo però non è sufficiente per poter parlare di risanamento strutturale del nostro ambiente marino.
Anche la nostra industria turistica dovrebbe essere meno miope al riguardo. È necessario intervenire con decisione, chiedendo alla ricerca - che pure è stata attivata da questo Governo e da questo Parlamento - di fornire in tempi rapidi i risultati richiesti e di non avere paura di diffondere dati che possano mettere in crisi l'industria turistica.
Abbiamo il dovere di intervenire con coraggio per risalire alla causa dell'inquinamento strutturale dell'ambiente marino e di porre alcune limitazioni, nonché praticare alcune alternative che sono già in uso, favorendo chi utilizza una depurazione corretta, chi esercita un'agricoltura pulita, chi fa allevamenti senza utilizzare l'acqua come vettore per la pulizia. Al contrario, devono essere penalizzati coloro che continuano impunemente ad inquinare l'acqua come se non fosse un bene di interesse generale.
È stato detto che l'acqua è lo specchio della nostra anima. È evidente, allora, che la nostra anima collettiva oggi non è tersa, viste le condizioni del nostro mare; per di più, è in corso una guerra che porta in mare ulteriori elementi di turbativa: oltre al pericolo per le vite dei pescatori, le bombe gettate nell'Adriatico possono produrre un ulteriore, pericoloso inquinamento in un ambiente già compromesso.
Chiedo, dunque, che il Governo affronti con decisione il problema dell'inquinamento delle acque e che questa pausa - apparentemente poco significativa - costituisca un momento di riflessione sull'iceberg che è sotto la punta che noi vediamo.