Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 537 del 19/5/1999
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Si riprende la discussione sulle comunicazioni del Governo.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taradash. Colleghi, vi informo che bisogna rimanere nell'ambito dei tempi stabiliti. L'onorevole Taradash dispone di tre minuti. Ne ha facoltà.

MARCO TARADASH. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, è vero quello che lei ha detto: l'opposizione fino a questo momento non ha mai cercato di mettere in difficoltà il Governo. È vero, al contrario, che è stata la sua maggioranza che ha sempre cercato, riuscendoci, di mettere in difficoltà il suo Governo. La ridicola pantomima cui abbiamo assistito poco fa e i pareri espressi sulle risoluzioni presentate ne sono la riprova.
Oggi abbiamo ascoltato tre posizioni. La prima è quella espressa dalla risoluzione Pisanu, sulla quale esprimeremo un voto favorevole. In essa si impegna il Governo ad appoggiare ogni iniziativa che comporti l'adozione da parte dell'ONU di una risoluzione; una volta che essa sia stata votata e che Milosevic l'abbia accettata, si potranno sospendere i bombardamenti.


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È una posizione lineare, l'unica che garantisca le popolazioni del Kosovo.
Lei questa mattina ha compiuto un passo in avanti; ha detto: andiamo alle risoluzioni delle Nazioni Unite, dopodiché sospenderemo i bombardamenti in attesa che Milosevic parli. Questa è un'altra posizione e un passo in avanti.
La terza posizione, quella che lei oggi fa sua, è però ben diversa. La maggioranza di Governo dice: sospendiamo i bombardamenti, dopodiché andiamo alla risoluzione dell'ONU e successivamente - gli italiani devono sapere quello che c'è scritto nel documento della maggioranza - verificheremo la disponibilità del Governo jugoslavo ad applicarla.
Questa è, dunque, la vostra posizione: altro che un passaggio verso una pace giusta, altro che offrire una possibilità in più! Voi dite: risoluzione dell'ONU e, dopo, basta! I bombardamenti cesseranno e la tregua sarà unilaterale. Dopo 900 mila profughi e 200 mila assassinii nel Kosovo da parte delle forze serbe - sono le cifre che riportava il Presidente -, voi dite di verificare la disponibilità del Governo jugoslavo ad applicare la risoluzione dell'ONU! E se non la applica, che cosa fate? Non c'è scritto! Vergogna Mussi, vergogna Soro, vergogna Paissan (Applausi)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caveri. Ne ha facoltà.

LUCIANO CAVERI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il dato di partenza per noi rappresentanti delle minoranze linguistiche resta il tentativo scientifico e sistematico di cancellare i kosovari dalla propria terra. Un'operazione che è in corso da tempo e che sta proseguendo. È del tutto evidente che si tratta di una scelta assassina che ci colpisce perché rappresenta il rischio che talora corrono in Europa le minoranze nazionali. Che sia chiara questa premessa per evitare di fare confusioni sulle responsabilità.
Ciò detto, preciso che appoggiamo ogni tentativo di ridare voce alla diplomazia e, dunque, ogni determinazione positiva, ogni determinazione parlamentare che cerchi gli elementi comuni di posizioni talvolta differenziate. In questo senso, condividendo il metodo del confronto contro gli opposti estremismi, ascoltate le dichiarazioni del Presidente D'Alema - abbiamo apprezzato il suo richiamo alla realtà -, ricordiamo, in primo luogo, che è necessaria l'azione comune della NATO, perché l'unità degli intenti è indispensabile in un clima internazionale così difficile; in secondo luogo, che la pulizia etnica deve fermarsi e che la Serbia deve dimostrare con i fatti le proprie intenzioni; in terzo luogo, che il ritrovato ruolo politico dell'ONU, che condividiamo, deve essere anch'esso reso concreto con il rientro dei kosovari in patria e con una chiarezza su libertà e poteri del Kosovo di domani, perché non si ripetano gli stessi problemi di oggi; infine, che l'Unione europea ha un ruolo nel cercare soluzioni nuove nel diritto internazionale a garanzia delle minoranze nazionali e linguistiche.
In questo contesto non c'è ambiguità nella sospensione concordata dei bombardamenti, che restano certo una soluzione grave quant'è grave la guerra.
Un cenno conclusivo mi sia permesso, signor Presidente, per ricordare in queste ore l'azione meritoria del volontariato ai confini con il Kosovo. Senza quel volontariato è assai probabile che l'azione umanitaria sarebbe molto più difficile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, c'è una frase cruciale nella risoluzione che reca le firme dell'onorevole Mussi e di altri colleghi che la differenzia dal testo che era stato ieri originariamente preparato dai presidenti dei gruppi della maggioranza e sul quale noi avevamo espresso una riserva, informando la Camera che su di esso non avremmo potuto esprimere un voto favorevole.


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Nella frase cruciale introdotta questa mattina si legge che la sospensione eventuale dei bombardamenti della NATO è volta a consentire la convocazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, sulla base di una risoluzione concordata. Non si tratta cioè, come ha detto con molta forza il Presidente del Consiglio - e noi lo ringraziamo per averlo chiarito in modo così preciso - di una tregua unilaterale della NATO nei confronti dell'azione militare che si sta svolgendo in Jugoslavia. L'onorevole D'Alema ha detto testualmente, onorevole Bertinotti, che tale tregua unilaterale consentirebbe alle forze corazzate serbe di fare meglio quella guerra, di compiere meglio quelle violenze, quegli stupri, quegli incendi e quegli assassinii che da molti anni si compiono in quella parte della Jugoslavia.
È sulla base di questo testo della risoluzione e delle posizioni chiaramente assunte dal Presidente del Consiglio che noi oggi possiamo sciogliere la riserva e votare a favore di questa risoluzione, aggiungendo, signor Presidente, che il contrasto non è tra chi vuole la pace e chi vuole la guerra; non c'è in questo Parlamento nessuno che voglia la guerra e le democrazie, a differenza dei regimi totalitari, sono sistemi politici che aborriscono la guerra ed in cui l'opinione pubblica è sempre contraria ad essa, si tratti degli Stati Uniti, della Gran Bretagna o del nostro paese. Sono le dittature che si muovono in un'altra logica, nella quale il popolo e i cittadini non sono autorizzati e non hanno la possibilità di esprimere il desiderio di pace.
La differenza non è quella che dicevo - ne dovremo parlare, onorevoli colleghi, quando la condizione internazionale ce lo consentirà -, ma è tra coloro i quali vogliono un'Italia che si muova isolatamente dal contesto delle alleanze e delle amicizie internazionali che l'hanno accompagnata in questi cinquant'anni e coloro i quali, come noi, pensano che l'Europa, l'alleanza occidentale, l'insieme dei paesi dell'occidente, costituiscano il luogo entro il quale il nostro paese può adempiere meglio i suoi doveri di potenza che ama la pace, che ama i diritti civili e che vuole che essi si diffondano e si rafforzino nel mondo. Questa è una discussione che dovremo fare, tra chi vuole un'Italia isolata, neutralista, pacifica ma impotente e coloro che la vogliono pacifica, ma capace, insieme con i propri alleati, di svolgere il suo compito.
Signor Presidente, questa discussione la faremo dopo. Per oggi noi sosteniamo pienamente l'azione del Governo italiano (Applausi dei deputati del gruppo misto-federalisti liberaldemocratici repubblicani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boselli. Ne ha facoltà.

ENRICO BOSELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, quello che sta accadendo nei Balcani, la crisi di questi mesi crea grandi preoccupazioni nell'opinione pubblica, che nessuno può ignorare, tanto meno noi socialisti. Dobbiamo ricordare anche, però, che l'intervento della NATO, avvenuto in una condizione di paralisi della Nazioni Unite, non ha l'obiettivo di vincere una guerra, ma di mettere fine alla pulizia etnica da parte di Milosevic nel Kosovo.
È opinabile che i bombardamenti aerei di questi due mesi possano ottenere tale risultato, ossia costringere Milosevic a rispettare l'autonomia del Kosovo; tuttavia, l'alternativa ai bombardamenti non potrebbe essere l'inazione, ma un intervento di terra, che noi socialisti - anche lei lo ha affermato stamattina in modo molto efficace - giudicano irto di rischi, denso di incognite, gravido di gravissimi pericoli. La strada maestra resta il negoziato, che può iniziare se vi sono chiari ed inequivocabili segnali di apertura da parte del Governo di Belgrado.
Signor Presidente, noi abbiamo manifestato ieri riserve sulla prima bozza di risoluzione parlamentare proposta dalla maggioranza, ora superata con un nuovo testo. Tutto si può fare nell'alleanza e in stretta solidarietà con gli alleati, esprimendo il punto di vista autonomo dell'Italia, al fine di aprire la via ad una pace


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giusta e riportare l'intera questione balcanica nella sede legittima rappresentata dall'ONU. Nulla si deve fare per porre l'Italia in una posizione di rottura rispetto a decisioni comuni, che devono essere assunte collegialmente dalla NATO.
Il Presidente del Consiglio D'Alema ha espresso un parere favorevole sulla risoluzione della maggioranza, nella quale si chiede una sospensione dei bombardamenti; ciò significa che i suoi contenuti non sono in stridente contrasto con il comune convincimento in materia che può maturare nei nostri alleati europei della NATO.
I socialisti, nel riconfermare oggi il pieno e leale sostegno al Governo, voteranno a favore della risoluzione della maggioranza, affidandosi al senso di responsabilità del Presidente del Consiglio. Con tale risoluzione, oggi, la Camera dei deputati non vincola il Governo ad assumere un'iniziativa isolata, che potrebbe ridare fiato all'oltranzismo di Belgrado, ma lo impegna a sviluppare un'azione efficace, basata su una forte e riconfermata compattezza della nostra alleanza (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bertinotti. Ne ha facoltà.

FAUSTO BERTINOTTI. Signori Presidenti, signore deputate e signori deputati, dopo due mesi siamo al fallimento manifesto della strategia della NATO; le popolazioni sono sottoposte a fatti devastanti. Le drammatiche vicende dei profughi, generati dalla repressione dell'esercito serbo e delle forze paramilitari, sono moltiplicate dai bombardamenti. Ormai si bombarda tutto (gli errori rappresentano un sistema): vengono bombardate fabbriche, sedi di televisioni, palazzi, profughi in fuga, ospedali, «croci rosse»: è una guerra devastante.
Si fa la guerra a popolazioni inermi: così si seppellisce ogni prospettiva di pace ed aumentano anche i costi, oltre che umani, politici, economici e sociali della guerra stessa. Ci si domanda chi li pagherà. L'Italia è sempre più a rischio, come dimostrano le bombe della NATO che infestano l'Adriatico e colpiscono i nostri pescatori, colpiti anche dall'arroganza degli Stati Uniti, esattamente come le vittime della strage del Cermis.
Cambia così l'opinione pubblica del paese. Le mobilitazioni pacifiste diventano più forti: la Perugia-Assisi ha dimostrato una domanda di pace forte e grande, che ha influenzato le forze politiche. Oggi, con la risoluzione della maggioranza, cambia anche l'atteggiamento del Parlamento italiano che, onorevole La Malfa, esplicitamente impegna il Governo a promuovere una sospensione dei bombardamenti al fine di favorire una fase negoziale; si tratta esattamente della tregua unilaterale chiesta dalla marcia Perugia-Assisi. È per questo che ritiriamo la nostra risoluzione, che si riferiva a tale piattaforma; chiediamo di procedere ad una votazione per parti separate, perché esprimeremo il nostro dissenso nei confronti di un'azione del Governo, gravemente responsabile di questa vicenda, ma manifesteremo anche il nostro convinto favore per la sospensione dei bombardamenti, chiesta dalla risoluzione della maggioranza, che rappresenta un successo dei movimenti pacifisti e che chiede un mutamento di rotta nell'azione del Governo. E il Governo non può decidere se attuarla o meno e in che misura attuarla.
Il Presidente del Consiglio nella sua introduzione ha detto cose completamente diverse da quelle sostenute nella risoluzione, come quando ha affermato che la sospensione unilaterale dei bombardamenti avrebbe favorito la crescita dell'arroganza di Milosevic. Se fosse coerente, ora dovrebbe votare contro la risoluzione! Nella replica ha detto cose diverse da quelle contenute nella risoluzione: se fosse coerente, dovrebbe proporre un altro testo!
Vorrei dirlo con bonomia: signor Presidente del Consiglio, non può confondere il rapporto tra esecutivo e Parlamento con quello di qualche partito in cui il comitato centrale vota una risoluzione e le segreterie


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fanno un'altra politica. Qui il Parlamento esprime un mandato al Governo, che lo impegna a chiedere e a promuovere la sospensione dei bombardamenti! La prova è affidata ai fatti: il Parlamento impegna il Governo a promuovere la sospensione dei bombardamenti. Il Governo ha la possibilità di ottenere la sospensione dei bombardamenti della NATO; se non vi sarà, sarà violata la volontà di questo Parlamento! Se vi sarà, avremo compiuto oggi tutti insieme una prova di responsabilità dando un risultato allo spostamento di opinione a favore della pace e alla domanda dei movimenti della pace che hanno chiesto per tutte queste settimane, contro la posizione del Governo, la sospensione dei bombardamenti (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti e del deputato Giancarlo Giorgetti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, se c'è una divisione in questo Parlamento, essa non riguarda la pace; riguarda semmai il legame tra la pace e la sicurezza, tra la pace e i nostri impegni internazionali, tra la pace e la sorte di quelle centinaia di migliaia di profughi del Kosovo che sono vittime - e non da ora - di una spaventosa guerra etnica. Sono quei profughi, sono quelle vittime che hanno sancito l'inevitabilità - uso le parole del Capo dello Stato - delle azioni militari di questi due mesi.
Possiamo sospendere ora quelle azioni? Possiamo farlo senza avere certezza che stia per cominciare un negoziato vero? Possiamo farlo senza offrire una ragionevole possibilità ai profughi, cacciati dalle loro terre, di farvi ritorno e di vivervi in pace?
Questa è la domanda a cui oggi il Parlamento italiano è chiamato a rispondere.
La risoluzione della maggioranza elude la domanda; sostituisce alla risposta che non può dare un auspicio che non costa molto. Ancora una volta vi è differenza di toni e di argomenti tra il Presidente del Consiglio e la sua base parlamentare, ma questo accentua e non risolve il problema!
Il punto è che non basta sospendere i bombardamenti per riaprire magicamente la via del negoziato e tanto meno per far cessare quelle atrocità che hanno portato la NATO, e in essa l'Italia, a percorrere l'inevitabile strada della forza. Nessuno di noi percorre a cuor leggero quella strada. Abbiamo orrore delle tante vittime civili che i bombardamenti di queste settimane hanno provocato. Non ci sentiamo di giustificare come errori le troppe volte che le bombe non sono cadute su obiettivi militari e strategici. Abbiamo avvertito però ancor di più l'afonia di un'Europa socialista senza voce, incapace di guidare alla pari un'alleanza occidentale, che appare troppo sbilanciata e che in questi mesi ci ha visto oscillare tra obbedienze quasi acritiche e malumori poco costruttivi. Siamo convinti che la politica internazionale richieda un'infinita capacità di comprensione delle ragioni e delle culture altrui, persino dei loro legittimi egoismi. È stato questo il grande retaggio di una Europa moderata a guida popolare che nei decenni passati ha saputo far sentire tutto il peso della propria presenza sulla scena internazionale e che non a caso ha coinciso con i momenti più felici di unità e di forza del nostro continente.
Noi abbiamo assunto ora, come italiani e come europei, una responsabilità. Abbiamo scelto di garantire ad un popolo il diritto di vivere in pace in quel che resta delle loro case. Quel diritto - è ovvio - non può essere affidato alla buona volontà del loro carnefice. Esistono condizioni minime che la comunità internazionale ha posto a Belgrado. Se quelle condizioni non vengono rispettate, la fine dei bombardamenti rischia di essere anche la fine delle nostre concrete possibilità di negoziato.
Non possiamo lasciar credere a Milosevic e al suo regime che la determinazione della comunità internazionale a ripristinare le regole della convivenza non


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sia così forte e così convinta da piegare la sua resistenza. Noi italiani non possiamo ricadere, ancora una volta, nella vecchia abitudine dei giri di valzer! Su questi temi cruciali non può esistere - lo dico con chiarezza - un gioco delle parti fra D'Alema e la sua maggioranza. Se faremo questi errori, non avremo aperto le porte del negoziato, ma avremo posto noi stessi e la comunità internazionale davanti al bivio atroce tra la resa e una guerra ancor più cruenta.
La responsabilità di una grande opposizione come la nostra è di evitare quel bivio. Cercheremo di farlo tenendo fede ai nostri impegni, alle nostre alleanze e alle nostre vocazioni. Tanto più vi terremo fede quanto più vediamo che la maggioranza se ne allontana (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paissan. Ne ha facoltà.

MAURO PAISSAN. Signor Presidente del Consiglio, lei sa che i verdi sono stati sin dall'inizio contrari alla scelta della NATO di attaccare militarmente la Serbia perché tale scelta non avrebbe interrotto le inaudite violenze del regime serbo e, anche, per ragioni di legalità internazionale poiché la guerra non è uno strumento per affermare i diritti umani.
I fatti, purtroppo, ci hanno dato ragione. La politica assassina di Milosevic è proseguita e, anzi, si è rafforzata; le condizioni di vita dei kosovari si sono aggravate; morte, distruzione e sofferenze si sono aggiunte alla tragedia che era già in atto. E non voglio parlare della gestione spesso cinica e strafottente da parte dei vertici della NATO, fallimentare anche in termini di comunicazione: la vicenda delle bombe seminate in Adriatico ha dell'incredibile e le esternazioni a getto continuo dei funzionari e dei portavoce di Bruxelles sono davvero intollerabili.
Nonostante questo nostro dissenso di fondo originario, noi apprezziamo e sosteniamo tutti gli sforzi del Governo italiano per una soluzione negoziata della crisi. Sappiamo che le difficoltà sono enormi. Serve più intelligenza, più sensibilità, più capacità e anche più coraggio nell'intraprendere un cammino di reale pacificazione che non per bombardare un ospedale, un treno, un ponte, una sede di ambasciata o un rifugio di kosovari.
Il Governo italiano sta facendo - lo sappiamo - seri tentativi politici nella linea dei punti indicati dalla riunione del G8 che ha previsto la decisiva partecipazione russa. Ora occorre portare la gestione politica del conflitto nelle mani dell'ONU e dunque anche con un consenso della Cina. È quanto si spera di ottenere con gli sforzi in atto, ma sappiamo che la prosecuzione dei bombardamenti rappresenta uno ostacolo su questa via, per la Cina lo è certamente (l'ha detto e lo ha ripetuto) come ha ricordato il Presidente del Consiglio. Da qui nasce la richiesta nostra, di molti parlamentari e di vasti settori dell'opinione pubblica affinché il Governo italiano si batta per fermare i bombardamenti al fine di favorire la convocazione del Consiglio di sicurezza e l'adozione di un piano di pace che garantisca davvero i diritti dei popoli della regione. Questo noi chiedevamo da giorni, questo ora chiede la maggioranza, in questa direzione ci aspettiamo che il Governo agisca e le parole del Presidente D'Alema nella replica da questo punto di vista ci rassicurano.
Infine, signor Presidente del Consiglio, segnalo tre questioni specifiche cui i verdi danno molta importanza. Primo: l'uso di proiettili all'uranio. L'Italia ne chieda il bando - signor ministro della difesa, questo argomento interessa anche lei - e non consenta il loro movimento sul nostro territorio. Secondo: le bombe in mare. Va garantita una rapida e reale bonifica di quelle acque dell'Adriatico. Terzo: i profughi. Per noi rappresentano una priorità politica: va loro assicurata la libera circolazione e vanno aiutati i disertori serbi.
Per concludere, signor Presidente, un argomento di cui non voglio nemmeno parlare: l'intervento via terra. Lo evoco e lo ripongo subito nel cassetto degli incubi:


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non vogliamo nemmeno pensarci (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lamacchia. Ne ha facoltà.

BONAVENTURA LAMACCHIA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, annuncio il voto favorevole di rinnovamento italiano alla risoluzione di maggioranza, nella sua definitiva versione, che va incontro alle esigenze poste dai vari gruppi parlamentari di promuovere una risoluzione del Consiglio di sicurezza che incorpori le conclusioni del G8 e che, per favorirla, si accetti una pausa nei bombardamenti.
La risoluzione della maggioranza non è in contrasto, anzi sostiene l'iniziativa diplomatica del Presidente del Consiglio, che nei giorni scorsi si è incontrato a Bari con il Cancelliere tedesco Schroeder per mettere a punto una proposta di tregua in concomitanza con una risoluzione dell'ONU sulla base dei principi stabiliti dal G8, che prevedono la presenza di una forza internazionale di sicurezza che garantisca il rientro dei profughi nel Kosovo.
Se la proposta italiana dovesse concretizzarsi, sarebbe un grande successo per il nostro Governo, che sta compiendo ogni sforzo nel cercare di risolvere la drammatica situazione del Kosovo. L'Italia, infatti, è stata uno dei paesi che maggiormente si è adoperato, non solo fin dall'inizio del conflitto, ma anche prima dell'intervento militare, affinché si giungesse ad una soluzione pacifica, insistendo in ogni circostanza e in ogni sede in trattative e tentativi di intesa. Apprezziamo anche i tentativi diplomatici del mediatore russo Cernomyrdin verso la risoluzione della crisi dei Balcani. Positiva è la notizia giunta ieri, e confermata da Belgrado al nostro ministro degli esteri Lamberto Dini, di un'apertura del Governo jugoslavo al dialogo sui principi contenuti nella proposta del G8 per la soluzione del conflitto nel Kosovo, anche se si mantengono alcune riserve sul documento elaborato dai sette paesi più industrializzati e dalla Russia.
Pur convenendo sul fatto che la guerra non può essere considerata come uno strumento utile per la soluzione dei conflitti e pur prendendo atto che nei giorni scorsi sono stati compiuti da parte delle forze della NATO alcuni errori di pianificazione e di calcolo nella gestione degli interventi militari, che hanno causato numerose vittime tra i civili, bisogna tuttavia ribadire che l'intervento era necessario, dal momento che non vi erano più altre strade percorribili. Prima di attaccare obiettivi e postazioni militari serbe, era stata infatti sviluppata un'intensa azione diplomatica che puntava a tutelare le popolazioni albanesi nel Kosovo nel pieno rispetto dell'unità e dell'integrità territoriale della Repubblica serba. Ma tutti i tentativi per indurre Milosevic ad aderire agli accordi definiti a Rambouillet erano falliti e quindi l'attacco della NATO era inevitabile.
In conclusione, a nome di rinnovamento italiano, condividendo l'azione condotta finora dal Governo nelle varie fasi della crisi del Kosovo e confermando il nostro sostegno, rivolgo un invito allo stesso Governo affinché continui a compiere ogni sforzo necessario per evitare l'inasprirsi ulteriore di una situazione già così drammatica e non lasci alcunché di intentato per far cessare le azioni militari, riprendere le trattative diplomatiche e raggiungere al più presto un'intesa al fine di tutelare i diritti umani e civili delle migliaia di profughi in fuga dal Kosovo e garantire l'autonomia di quella regione nell'ambito dell'integrità territoriale della Repubblica federale jugoslava.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rebuffa. Ne ha facoltà.

GIORGIO REBUFFA. Signor Presidente, dico subito che non possiamo condividere la risoluzione Mussi ed altri n. 6-00091; d'altronde, in sede di replica, il Presidente del Consiglio ha fatto un


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discorso, che sintetizzo, naturalmente in modo soggettivo: la risoluzione va bene, ma non la condivido. Questa posizione del Presidente del Consiglio istituisce una sorta di presidenzialismo strisciante, per il quale le questioni di politica estera e di politica della difesa vengono avocate al Presidente del Consiglio e al ministro della difesa; questo va bene, la risoluzione è inaccettabile ma, per rispetto del Presidente del Consiglio e delle sue posizioni - soltanto delle sue -, ci asterremo.

ALFREDO BIONDI. Mi aspettavo qualcosa di più drammatico!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pivetti. Ne ha facoltà.

IRENE PIVETTI. Signor Presidente, è un atto di saggezza quello che la risoluzione di maggioranza propone al Governo: una saggezza di fronte alla logica non logica della guerra; una guerra iniziata dalla NATO con tre pesanti ipoteche. La prima: non era stato previsto alcun piano alternativo, dunque si sono iniziati i bombardamenti, ma se poi non avesse funzionato? La seconda è rappresentata da un errore di valutazione sulla resistenza di Milosevic: si pensava, si sperava di piegarlo in pochi giorni...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pivetti.
Colleghi, per cortesia! Onorevole Bonito, prenda posto per piacere.
Prego, onorevole Pivetti.

IRENE PIVETTI. Sono passati 57 giorni di bombardamenti ed il regime serbo tiene ancora robustamente. Infine, non si era previsto alcun piano per i profughi: solo la prontezza del Governo italiano, che si è fatto interprete del grande cuore e delle grandi qualità d'animo degli italiani, della nostra capacità di operare da volontari anche su larga scala e con buona organizzazione, ha consentito di lenire qualche sofferenza (il Presidente del Consiglio, questa mattina, ci ha ricordato alcuni dati significativi riguardo alle prime cifre dell'aiuto italiano).
Considerato il protrarsi del conflitto, a questo punto si impone una riflessione, anche etica oltre che politica, sulla liceità e sulla ragionevolezza di questa guerra. In particolare, si pongono due domande; la prima: esiste una proporzione fra il male che all'inizio si è detto di voler evitare, cioè lo sradicamento e le sofferenze della popolazione kosovara, ed il male che si è effettivamente prodotto? Ricordiamo fra l'altro che i cosiddetti errori dell'aviazione NATO, che provocano tante vittime civili, sono solo destinati a moltiplicarsi. La seconda domanda è: fino a che punto è lecito, per qualsiasi causa, distruggere un paese radendo al suolo le sue infrastrutture, non solo militari ma anche civili per la ragione che potrebbero essere utilizzate a scopo militare?
Di fronte a questi interrogativi, la retta coscienza ed il buon senso suggeriscono alcune osservazioni. In primo luogo, se vi è stata all'inizio una sottovalutazione dei costi umani dell'operazione (s'intende peraltro da parte serba e kosovara, perché sul fronte NATO si è stati subito ben attenti, e per fortuna, a non dover contare vittime), ora però i fatti sono noti e dunque il difetto iniziale non è una buona ragione per continuare nell'errore e l'emergenza umanitaria è ormai un'urgenza per l'intera comunità internazionale.
La seconda osservazione verte invece sulla natura del conflitto: la prosecuzione ad oltranza dei bombardamenti rende sempre meno credibile la giustificazione di questa guerra come guerra umanitaria. Resta dunque la giustificazione politica: non si voleva permettere la sopravvivenza di un regime totalitario nel seno dell'Europa; è vero che nelle sedi ufficiali non ci si è mai espressi in questi termini, ma non vi è cittadino d'Europa che non pensi essere stata questa la vera ragione del conflitto. Anche da questo punto di vista, allora, si deve portare la politica a riprendere il controllo di ciò che ha generato, facendo sì che lo scontro militare


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porti qualche frutto; uno scontro che finora ha dimostrato solo quanto l'Europa politica sia debole e divisa, nonostante grandi potenzialità. Ciò ha un oggettivo riscontro sul piano economico, tant'è che dall'inizio del conflitto si è assistito ad un costante deprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro; in aggiunta a ciò e contemporaneamente la borsa di New York collezionava record storici di rialzo.
Non vorremmo, insomma, che andando avanti di questo passo questa diventasse anche la guerra del dollaro contro l'euro. Forse sarà anche una preoccupazione apparentemente meno nobile rispetto a quella per le vittime civili della guerra, ma si tratta di un danno oggettivo all'economia, che significa un danno alla vita materiale di milioni di cittadini europei. Di ciò l'Europa ha sempre più coscienza.
Ecco perché la richiesta che la risoluzione pone al Governo è profondamente ragionevole affinché la politica, vale a dire il dialogo costruttivo, ritrovi il proprio posto come regolatore dei rapporti internazionali. Ecco perché bene ha fatto il Presidente del Consiglio a ricercare, con spirito di iniziativa, ogni intesa che fosse utile alla ricostruzione di un clima internazionale disponibile alla pace, come il recente incontro con il cancelliere tedesco Schroeder nella città di Bari. Ecco perché, animati dal medesimo spirito costruttivo, i deputati dell'UDR esprimeranno un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDR).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piscitello. Ne ha facoltà.

RINO PISCITELLO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, nessuno deve dimenticare mai le ragioni della pace e della diplomazia; anche se la politica non è riuscita finora a prevenire ed impedire l'esplosione del conflitto, essa rimane lo strumento principale per la risoluzione di ogni controversia internazionale. Per questo abbiamo apprezzato le proposte avanzate dal Presidente del Consiglio per una soluzione diplomatica del dramma del Kosovo che restituisca per intero all'ONU la sua legittima funzione, coinvolgendo a pieno titolo tutti i principali paesi del pianeta.
Nessuno deve mai dimenticare, allo stesso modo, le pulizie etniche, le deportazioni, le stragi e le violenze. Per questo l'ONU, nel momento in cui riprende le sue funzioni, deve esplicare il massimo di determinazione possibile nel caso in cui non venissero ripristinati i fondamentali diritti delle persone dei popoli. Ha ragione il Presidente del Consiglio: l'Italia ha una posizione ancora più avanzata rispetto agli altri paesi NATO. Tuttavia, voglio aggiungere che è giusto e normale che sia così perché questa è la nostra storia, la storia di un paese crocevia di culture e di popoli, ponte insostituibile tra occidente ed oriente, tra nord e sud. Il nostro contributo di lealtà agli altri paesi non può che essere il portato di questa differenza positiva.

PRESIDENTE. Onorevole Ballaman, per cortesia!

RINO PISCITELLO. L'azione dei nostri volontari in Albania, definibile forse come la più grande operazione di solidarietà della storia del nostro paese, e non solo, allo stesso modo della straordinaria marcia della pace Perugia-Assisi, con in prima fila i frati francescani del Sacro convento, evidenziano la sensibilità straordinaria e diffusa del nostro popolo che va anche al di là delle diverse posizioni rispetto alla risoluzione del conflitto. In più, siamo la nazione che con più coerenza ha creduto e crede nell'Europa, in una unità di popoli e nazioni economica e monetaria, ma anche sociale e politica, un grande spazio condiviso di sicurezza, di sviluppo e di comuni diritti. Se vi fosse già stata questa Europa, casa comune dei popoli, anche di quelli balcanici, questo conflitto probabilmente non vi sarebbe stato. In esso, riconosciamolo, quell'idea di Europa si è indebolita in un contesto nel quale qualcuno dei protagonisti internazionali forse ha persino pensato che ciò potesse tornargli utile. Se l'Europa diventa protagonista


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della conquista della pace e della ricostruzione, forse alla pulizia etnica potremo contrapporre il modello di convivenza tra le etnie, le religioni e le culture che è l'anima stessa, la radice fondativa del progetto europeo.
È adesso, quindi, che il ruolo del nostro paese può determinare maggiori risultati, uscendo da un'inutile contrapposizione tra posizioni che vanno da un atlantismo oltranzista ad un ambiguo neutralismo che non distingue fra aggressori e aggrediti. Oggi, infatti, è sempre più evidente la sproporzione tra gli obiettivi che ci si proponeva di raggiungere con l'intervento e i risultati che si sono, o meglio, non si sono conseguiti; oggi appare umanamente insopportabile il peso di quelli che, con un orribile eufemismo, vengono definiti tragici errori o effetti collaterali,
Nessuna tregua unilaterale, dunque, ma la sospensione dei bombardamenti per ridare il proprio ruolo al consiglio di sicurezza dell'ONU, che, sulla base del documento del G8, dovrà predisporre un'adeguata risoluzione condivisa, capace di imporre una soluzione rapida e convincente, che non può non contemplare il ritorno in sicurezza dei deportati e dei profughi nelle loro case, accompagnati e protetti da contingenti ONU capaci di difendersi e di difendere le popolazioni civili da qualsiasi eventuale attacco o violenza.
Allo stesso modo, resta inteso che, se Milosevic non accettasse neppure questa soluzione, toccherebbe all'ONU imporla con tutti i mezzi previsti dal diritto internazionale.
Con questo spirito i deputati democratici voteranno a favore della risoluzione predisposta dalla maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo de i democratici-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armando Cossutta. Ne ha facoltà.

ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente, condividiamo ed approviamo la risoluzione della maggioranza che chiede, nella sostanza, la sospensione dei bombardamenti, innanzitutto perché essa coglie gli orientamenti e i sentimenti che sono forti e diffusi nel Parlamento (ricordiamo che già da tempo oltre 190 parlamentari avevano sottoscritto una risoluzione che chiedeva, appunto, la sospensione dei bombardamenti); in secondo luogo, perché la risoluzione corrisponde finalmente agli orientamenti e ai sentimenti che sono sempre più forti e diffusi nel paese, come dimostrano le tante, continue manifestazioni e come ci è stato reso chiaro dalla marcia di Assisi e da quell'appello che è condiviso non solo dai molti, moltissimi che lì erano presenti, ma anche da quanti, sconvolti dalla guerra, oggi chiedono la sospensione dei bombardamenti dalle case, dai luoghi di lavoro, dalle chiese. In terzo luogo, ci pare che la risoluzione colga gli orientamenti che il Governo ha cercato di seguire in questi due mesi per ottenere un accordo politico capace di porre fine alla guerra, certamente, signor Presidente, entro la NATO e le alleanze militari di cui l'Italia fa parte, ma - sono le sue parole - con un passo più in là da parte del Governo italiano. E giungerà pure il tempo per rivedere che cosa sia la NATO e, sin da ora, è giunto il momento di dire basta ad una NATO nella quale c'è uno soltanto che comanda e tutti gli altri che debbono obbedire.
Ma nel discorso dell'onorevole D'Alema vi è qualche considerazione che non ci convince del tutto. Forse l'analisi di D'Alema era giusta e valida due mesi fa, ma ora non più. Era ed è giusto condannare le persecuzioni senza incertezze; era ed è giusto e comprensibile porre un problema, come è stato detto, di ingerenza umanitaria, ma non vi è stata ingerenza, vi è stata è vi è la guerra. Vi era una guerra disumana, quella di Milosevic: ad essa si è contrapposta un'altra guerra disumana come poche altre.
Ecco perché ora occorre rivedere e riesaminare la situazione e giungere ad una sospensione dei bombardamenti per ottenere un accordo: è questa stessa un'esigenza umanitaria e ve ne è coscienza


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nei Parlamenti, nei paesi e in Europa. L'opinione pubblica, che era sconvolta dalle immagini dei profughi visti in televisione, oggi è atterrita dalle immagini dei bombardamenti.
Vi è, d'altra parte, un'esigenza politica: sino a quando si dovrebbero proseguire i bombardamenti, all'infinito e in modo sempre più micidiale? Ma, oltre al fatto «disumanitario», non è forse chiaro che con essi non si ottengono gli obiettivi che si intendono perseguire?
Milosevic non cede ai bombardamenti, anzi questi ultimi diventano controproducenti all'orientamento dell'opinione pubblica mondiale e si ritorcono contro il Pentagono e contro la NATO. La guerra, che aveva come scopo l'azione umanitaria, è diventata una catastrofe umanitaria. Non si può impedire un genocidio con un altro genocidio! Sino a quando si dovrebbe proseguire lungo questa strada? Giustamente si risponde: sino a quando non si raggiunge una soluzione politica. D'accordo, è ormai chiaro però che una soluzione politica può venire soltanto da una presa di posizione delle Nazioni Unite; ma ormai è chiaro che nessuna posizione da parte delle Nazioni Unite potrà essere assunta senza il consenso della Russia e della Cina; ormai è chiaro, infatti, che né la Russia né la Cina accetteranno mai un accordo e che non accetteranno mai di riunirsi se prima non si sospenderanno i bombardamenti. Non c'è altra strada, non c'è altra via se non quella di giungere, con la sospensione dei bombardamenti, a creare le condizioni per un accordo politico. Va bene, dunque, questa risoluzione che vuole arrivare ad un accordo attraverso la sospensione dei bombardamenti, e che pone quest'ultima come condizione per l'accordo.
Questo è un impegno che il Governo si assume dinanzi al Parlamento e noi lo incalzeremo perché l'impegno sia mantenuto, noi che di questo Governo facciamo parte consapevolmente e vogliamo essere, nel Governo - se mi consentite -, «sentinella per la pace» (Applausi dei deputati del gruppo comunista - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bossi. Ne ha facoltà.

UMBERTO BOSSI. Signor Presidente, la lega è stata il primo partito di opposizione di uno Stato membro della NATO ad inviare tre parlamentari a Belgrado nel tentativo di scongiurare la sindrome di isolamento di Milosevic. Ritenevamo allora e riteniamo oggi che i serbi non sono i cattivi del mondo, bensì un popolo su cui da dieci anni ricadono in modo drammatico le conseguenze della fine del comunismo e della fine del mondo bipolare.
Nella ex Jugoslavia vi è stato e continua ad esservi un assestamento difficile con una forte resistenza al mutamento storico perché è coinciso con la frantumazione dello Stato. Bisognava affrontarlo dal punto di vista dell'occidente, non solo attraverso la voce delle armi ma anche attraverso strumenti più complessivi, come l'economia e la politica.
A Milosevic abbiamo chiesto tre cose, per altro abbastanza note: liberare i tre prigionieri americani, liberare Rugova ed appellarsi all'ONU. Era una via piuttosto indicativa di quello che si poteva fare.
A dire la verità, abbiamo chiesto anche un'altra cosa. Ricordando le difficoltà ed il fallimento per la pace in Bosnia e ricordando altresì la grande intuizione di Mitterand per l'istituzione di una conferenza di pace di tutti i paesi della Jugoslavia, abbiano avanzato anche la proposta di una conferenza di pace.
Va ricordato che questa crisi viene dopo il fallimento del GATT, morto peraltro di onorata vecchiaia. È chiaro però che poiché non vi è più un'unica grande potenza economica, come esisteva nel dopoguerra, a Bretton Woods, e l'Europa non è formata e quindi non è ancora in grado di scrivere le regole del commercio internazionale, viviamo un momento di grande difficoltà: siamo passati dal multilateralismo del GATT agli accordi bilaterali in economia (America-Giappone, America-Canada, America-Messico e così via) ed era inevitabile che la fine del multilateralismo economico ricadesse sul


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versante politico dell'ONU, decretandone la crisi. Il giudice unico delle controversie internazionali, l'ONU, senza il quale si entra in guerra anche se poi è molto più difficile uscirne, anzi a volte non si può più uscirne.
Viviamo in un'epoca pericolosa in tutti i sensi, che non ascolta più nemmeno la voce del Papa. È stata creata ad arte una confusione delle lingue, con notizie false a livello mondiale ed europeo; si è trattato di un'opera di disinformazione con la creazione di una falsa verità: la guerra giusta.
Se l'opinione pubblica è contraria ad un intervento della NATO, allora si va giù ancora più forte con il lavaggio del cervello; si va avanti con la propaganda, per far perdere di vista altre ragioni, forse quelle vere o, per lo meno, le più importanti; ragioni che non sono esattamente quelle umanitarie, bensì quelle strategiche in un'area - i Balcani - in cui sopravvive l'anomalia comunista della Serbia; si tratta di un vuoto da colmare per la NATO! Ci ripenseranno la ricostruzione e l'arrivo di risorse, che porteranno forzosamente il capitalismo a Belgrado, proprio come allora avvenne con il piano Marshall, che originò in Europa una situazione tutto sommato positiva.
Si tratta di una guerra che mostra anche la vera faccia del fronte dei pacifisti della sinistra di guerra: a quanto pare, quel fronte di pacifisti era pieno di guerrafondai; sono andati al Governo e lo stanno dimostrando.
La guerra è la morte dei valori della solidarietà, in questa Guernica jugoslava, con la NATO che a Duboj sgancia bombe arricchite all'uranio debole, che vertiginosamente aumenta e moltiplica i tumori e le leucemie nei residenti: certamente, è uno spregio alla ragione.
Comprendo che il tempo a mia disposizione è limitato e debbo, pertanto, stringere su problemi importanti: sottolineo il rischio delle bombe a Chioggia, dove alcuni pescatori hanno già pagato con danni piuttosto seri e gravi. C'è la necessità di trovare risorse; settecento pescherecci sono fermi e non possono uscire in mare perché le acque sono disseminate di ordigni della NATO.
A questo punto, mi riesce difficile capire quale sia il teatrino sullo sfondo di questa guerra. La legge n. 96 del 1973, che impone al Presidente americano di richiedere entro sessanta giorni al Parlamento americano il permesso di continuare una guerra, crea un alone di incertezza e tocca anche le dichiarazioni e le mosse di alcuni leader politici. È certo che se Clinton dovrà cadere ad opera del suo Congresso, cercherà di cadere in piedi, aggrappandosi ad alcuni leader europei. Non può utilizzare il Premier inglese, che è favorevole alla guerra, né quello francese, perché quel paese è nella NATO da poco e vi si trova con un collocamento molto autonomo ed alcune peculiarità; il Presidente Clinton non può nemmeno utilizzare gli spagnoli, che hanno Solana nella NATO. Chi resta a Clinton, se non Schroeder e D'Alema, se il Congresso boccerà il Presidente americano? Ebbene, Clinton cadrà in piedi, perché la colpa sarà di D'Alema e di Schroeder; per non rompere l'Alleanza bisognava fare la guerra.

PRESIDENTE. Onorevole Bossi, deve concludere.

UMBERTO BOSSI. Ho finito, signor Presidente. A questo punto, mi pare evidente che votare a favore della risoluzione della maggioranza non abbia senso, se non quello dell'ipocrisia; preannuncio, pertanto, il voto favorevole del gruppo della lega nord sulla risoluzione Comino n. 6-00087, che chiede la fine della guerra ed una conferenza di pace per tutti i paesi coinvolti e per i paesi della ex Jugoslavia (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marini. Ne ha facoltà.

FRANCO MARINI. Signor Presidente, colleghi, in quest'aula per noi non sono in


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discussione la fiducia al Governo e all'Alleanza atlantica o le gravissime responsabilità di Milosevic.
Vorrei ribadire - mi pare non contestato da alcuno - che l'obiettivo vero dell'intervento della NATO sia stato quello di riportare pace e sicurezza nei Balcani. La conquista della Jugoslavia o della Serbia non è mai stato un obiettivo proclamato da alcuno.
L'uso della forza che il Parlamento italiano ha accettato è stato da sempre finalizzato alla ricerca di uno spazio maggiore per la trattativa e la soluzione pacifica, nonché per la difesa del popolo kosovaro schiacciato dagli interventi di Milosevic.
Vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi sulla situazione della Serbia dopo circa sessanta giorni di bombardamenti. Può darsi che l'esercito di Milosevic sia stato risparmiato, si sia difeso e non sia stato colpito significativamente; sta di fatto che la Serbia è un paese in ginocchio sul piano economico e sociale, dove i colpi della NATO hanno creato gravissimi problemi di convivenza e in termini di prospettiva.
Il problema per noi è uno solo: come dare spazio all'iniziativa russo-cinese per la ripresa delle trattative a condizioni per noi accettabili? Come sperare che i primi segnali di discussione interna alla Jugoslavia possano svilupparsi fino a mettere in crisi o anche solo in discussione la politica di Milosevic?
Ebbene, noi popolari siamo convinti di due cose. La prima è che la NATO non ha bisogno di dare ulteriori prove di decisione e di capacità di intervento. Quello che è accaduto sta a dimostrare che l'Alleanza non è un bluff per cui non si vanno mai a vedere le carte: essa ha dimostrato di saper intervenire anche con durezza.
Inoltre, dobbiamo guardare con occhio attento alla ripresa di un dibattito interno alla Jugoslavia. Alcuni di voi avranno certamente sentito quell'intellettuale intervistato in una trasmissione da Belgrado che ha detto di essere contro il regime, ma quando l'intervistatore gli ha chiesto cosa succederà riguardo al dibattito interno, egli, a muso duro, ha risposto: «Ora ci sono i bombardamenti!». Vale più questo segnale che mille discussioni fuori luogo.
Sono convinto che l'assunzione di responsabilità, espressa nella risoluzione della maggioranza, per lavorare al fine di ottenere la sospensione dei bombardamenti, apra maggiori strade all'iniziativa di chi sta mediando seriamente e, probabilmente, negli apparati civili e militari della Jugoslavia può dare spazio a chi sa che la NATO non può più far finta di niente e che la sospensione richiede una soluzione dei problemi. Questo deve essere l'obiettivo della sospensione dei bombardamenti che chiediamo da tempo con grande forza e che il Governo assume come la linea indicata dalla risoluzione di maggioranza. Queste le ragioni che ci hanno portato ad una decisione di questo genere.
Signor Presidente, concludo dicendo che a me sembra ovvio, come a tutti del resto, che votando la risoluzione della maggioranza non pensiamo certamente che il Governo italiano possa avere la forza, unilateralmente, di determinare le decisioni della NATO. Questo non è possibile, ma chiediamo al Governo di un paese, che sta, per ragioni geografiche e per la lealtà all'Alleanza - che non è in discussione -, pagando il prezzo più alto, anche se è il più interessato alla pace nei Balcani, di avere la capacità e la sicurezza di battersi nell'Alleanza per ottenere la sospensione dei bombardamenti che noi ora chiediamo con la risoluzione della maggioranza. Questo deve essere fatto sia per rispetto della decisione del Parlamento sia per l'attesa di pace espressa da tutto il popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo, dei democratici di sinistra-l'Ulivo, de i democratici-l'Ulivo, comunista e misto-rifondazione comunista-progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fini. Ne ha facoltà.


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GIANFRANCO FINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, colleghi, l'obiettivo di far cessare la guerra e riportare la pace nei Balcani è certamente l'obiettivo di tutti: è l'obiettivo dichiarato del Governo, del Parlamento e della pubblica opinione. Nessuno può accusare l'altro di essere contro la pace e di essere schierato in favore della guerra. Chi continua a dire che ciò che è accaduto e continua ad accadere nel Kosovo è il frutto della responsabilità unica della NATO farebbe meglio a gettare la maschera e a dire pubblicamente ciò che pensa, ma che non ha il coraggio di dire: vale a dire che Milosevic avrebbe potuto tranquillamente continuare a massacrare il popolo kosovaro.
Questa guerra era ed è una guerra giusta, pur nei limiti e nelle contraddizioni che vi sono sempre quando si affianca la parola guerra all'aggettivo giusto.
Era ed è una guerra giusta, ma dopo due mesi di bombardamenti dobbiamo avere l'onestà di dire che i soli bombardamenti, senza un'iniziativa politico-diplomatica, rischiano di non raggiungere l'obiettivo dichiarato.
Chi aveva preventivato qualche ora o qualche giorno di bombardamento per determinare la caduta di Milosevic aveva sbagliato i conti e oggi occorre l'onestà intellettuale di ammetterlo. I bombardamenti hanno aggiunto alla tragedia del popolo kosovaro (il milione di profughi, le 200 mila vittime) il dramma, l'analoga tragedia della popolazione civile della Serbia anch'essa vittima innocente di bombardamenti. Né si può negare che due mesi di bombardamenti abbiano già fatto pagare all'Italia un costo alto (un costo doveroso perché non siamo certo noi a negare il dovere di essere leali nei confronti dell'alleanza) in termini economici, con una crisi che riguarda ormai tutta la fascia adriatica, da Trieste fino al Salento: crisi nel settore del turismo, crisi nel settore della pesca, crisi per tutte le imprese che in qualche modo avevano attività commerciali con la Jugoslavia; una crisi anche in termini di dignità nazionale.
Non ho alcuna esitazione nel dire, coerentemente a quanto ho detto tante altre volte qui e fuori di qui, che quelle bombe sganciate nelle nostre acque territoriali e di cui il nostro Governo non avrebbe saputo assolutamente nulla se non fossero state rinvenute casualmente dai pescatori, hanno rappresentato una mortificazione per la dignità nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
La invito, signor Presidente del Consiglio, proprio perché le abbiamo dato atto tante volte di lealtà nei confronti dell'Alleanza, ad esprimere l'indignazione del popolo italiano, perché essere leali ed essere alleati non può significare essere servi (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia). Siamo esposti, stiamo facendo bene quello che gli alleati ci chiedono, ma non meritiamo di essere trattati così come siamo stati trattati sulla vicenda specifica delle bombe sganciate e di cui, lo ripeto, non avremmo saputo nulla se non fossero state trovate casualmente.
Quindi alleanza nazionale, proprio perché sa che questa è una guerra giusta, con tutte le contraddizioni che ci sono nel mettere insieme giustizia e guerra, proprio perché non meritiamo in questo momento di essere considerati (anche perché non lo siamo) inadeguati ai compiti che l'Italia ha nell'ambito dell'Alleanza, condivide tutti gli sforzi volti a rilanciare una iniziativa politico-diplomatica. Siamo infatti consapevoli che dopo due mesi i soli bombardamenti non possono servire, non si raggiunge l'obiettivo. Siamo anche noi convinti che la via di sottoporre all'approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione che recepisca i punti del G8 è sicuramente la via che al momento appare più idonea per raggiungere l'obiettivo che è di tutti, quello del ristabilimento della pace.
In conclusione, se a noi appare chiaro, ed è chiaro, che non si può puntare unicamente sull'uso della fermezza e della forza e che occorre accanto all'uso della fermezza e della forza intraprendere la via politico-diplomatica, ci sembra però


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vero che non si può pensare di far venir meno, affinché una iniziativa politico-diplomatica abbia davvero successo, l'uso della fermezza.
Voglio cioè dire, signor Presidente del Consiglio e colleghi, che il punto è, a nostro modo di vedere, tutto nella assoluta necessità di una sincronia tra la decisione di sospendere i bombardamenti e il momento in cui viene approvata, come ci auguriamo, dal Consiglio di sicurezza dell'ONU la risoluzione che recepisce il punto del G8.
Rivolgendomi soprattutto a lei, signor Presidente del Consiglio, che ha mostrato lealtà nei confronti dell'Alleanza e che ha pagato dei costi politici nei confronti della sua maggioranza, vorrei dire che, se non si è chiari sulla sincronia tra i due eventi, si concede a Milosevic la possibilità di cantare vittoria; si concede a Milosevic la possibilità di dire: l'Alleanza atlantica si è fermata e quindi noi abbiamo vinto! E questo quando tutti sanno che così non è.
Ed allora, «no» ad una sospensione dei bombardamenti senza che vi sia sincronia e quindi concomitanza temporale con la convocazione del Consiglio di sicurezza e l'approvazione della risoluzione. Ci pare che questa sia la posizione espressa stamane a Bruxelles dal Cancelliere Schroeder, il quale ha detto: penso che ci debba essere sincronia tra una pausa dei bombardamenti e la risoluzione dell'ONU, e quando quest'ultima sarà applicata i bombardamenti dovranno finire.
Con riferimento a certi passaggi del discorso del Presidente del Consiglio ed anche alla luce di sue precedenti dichiarazioni giornalistiche, forse possiamo dire che è anche la posizione dell'onorevole D'Alema. Certo, non è la posizione contenuta nella risoluzione di maggioranza ed è per questa ragione che non voteremo la risoluzione della maggioranza ma, al contrario, la risoluzione del centro-destra che ci sembra più coerente con la volontà di dar vita ad una politica diplomatica di pace, ma affiancata alla necessaria fermezza per evitare che sia soltanto Belgrado a poter dire - senza averne le ragioni - di aver ottenuto un successo dopo due mesi di bombardamenti (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisanu. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, come la grande maggioranza degli italiani siamo preoccupati, addolorati, angosciati per gli sviluppi della situazione in Kosovo e in Serbia. Anche per questo avvertiamo fortemente l'esigenza di dare al più presto una soluzione politica al conflitto. Ma diciamo subito con assoluta franchezza che noi riteniamo la mozione della maggioranza del tutto inadatta a questo scopo. Essa impegna il Governo a promuovere una tregua unilaterale prima dell'auspicata risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Per questo essa ci appare in una chiave negativa, pericolosa e addirittura controproducente, proprio per il fine del conseguimento della pace. È negativa perché capovolge il comportamento di lealtà fin qui tenuto dall'Italia nei confronti dell'Alleanza atlantica. Un comportamento - ci sia consentito dirlo - che è stato reso possibile dall'atteggiamento di grande responsabilità assunto da forza Italia e dal Polo per le libertà. È pericolosa perché offre a Milosevic un soccorso, un sostegno insperato, proprio nel momento in cui a Belgrado si avvertono per la prima volta segni di cedimento alle ragioni dell'Occidente. È controproducente perché indebolisce le possibilità di successo della stessa azione diplomatica di mediazione ora in corso da parte di Cernomyrdin e del Presidente finlandese. È, infine, inaccettabile, perché infligge un vulnus, una ferita alla solidarietà atlantica che ha garantito anche a noi mezzo secolo di sicurezza, di pace e di libertà.
Questa risoluzione non serve certo alla costruzione della pace, anzi la rende più difficile e tutto questo mi pare incontestabile. Che cos'è, allora, questa iniziativa? Quali sono i suoi obiettivi? La risposta


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è scontata, è nelle cose e si trova, purtroppo, in ragioni assai modeste di politica interna. Con questa risoluzione si consuma il tentativo di nascondere le profonde lacerazioni di una maggioranza ancora una volta inesistente in politica estera. Essa è un espediente per tenere divisa una coalizione che, fin dall'inizio di questa drammatica vicenda, ha esposto l'Italia a gravi e penosi rischi sulla scena internazionale.
Signor Presidente del Consiglio, noi abbiamo apprezzato stamattina ed oggi pomeriggio il suo lucido e sofisticato tentativo di prendere le distanze dalla mozione di maggioranza per salvaguardare il filo della coerenza con tutto ciò che finora lei ha detto e fatto nelle sedi dell'Alleanza atlantica, dall'Europa agli Stati Uniti d'America.
Non a caso ancora ieri - cito testualmente - il suo ministro degli esteri sosteneva che i bombardamenti continueranno fino a quando non ci sarà un punto di svolta, ovvero l'accettazione di quei principi base sanciti dal G8 che permetterebbero, in particolare, di mettere fine alla tragedia del Kosovo. Una verità scontata che lei conosce benissimo e che rende perciò inutile, velleitaria ed ingannevole la risoluzione della maggioranza; una risoluzione che oggettivamente la sua replica di questo pomeriggio ha tentato in vari modi di ridimensionare e di svuotare.
Per questi motivi noi annunciamo il nostro voto contrario alla risoluzione della maggioranza. Voteremo invece a favore del documento di forza Italia e del Polo delle libertà per una sospensione immediata dei bombardamenti sulla Serbia e sul Kosovo non appena la risoluzione, che auspichiamo venga presto adottata dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, sarà stata finalmente accettata da Milosevic.
Della nostra risoluzione lei oggi, signor Presidente del Consiglio, è riuscito a dire soltanto che è insufficiente, come il naso di Cleopatra. In realtà, quello che noi indichiamo è oggi l'unico percorso concreto e praticabile per arrivare presto alla pace nella piena intesa con i paesi alleati e con le Nazioni Unite e con il positivo concorso della mediazione russa.
Una raccomandazione - e concludo -, signor Presidente, vorremmo infine rivolgere al Governo, come abbiamo fatto qualche settimana fa con il presidente Berlusconi al Consiglio d'Europa: occorre un'ulteriore, pressante sollecitazione ai Governi di tutti i paesi membri dell'Unione europea e della NATO affinché siano gli Stati, tutti gli Stati, ad assumersi la responsabilità del finanziamento e dell'organizzazione degli aiuti umanitari ai profughi del Kosovo.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pisanu, ma deve concludere.

BEPPE PISANU. Concludo. Noi siamo certi che l'impegno concreto e costruttivo per la pace e, nondimeno, il sostegno più generoso ai profughi, costituiscano oggi la risposta più alta che la comunità internazionale può dare al tiranno Milosevic (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Veltroni. Ne ha facoltà.
Mi scusi, onorevole Veltroni. Colleghi, per cortesia!
Presidente La Russa! Presidente La Russa, la prego di prendere posto.
Onorevole Malgieri! Colleghi, per favore, non posso richiamarvi tutti.
Prego, onorevole Veltroni.

VALTER VELTRONI. Signor Presidente, colleghi deputati, dinanzi alla catastrofe umanitaria che da mesi si andava consumando in Kosovo il 26 marzo scorso abbiamo espresso in quest'aula il nostro sofferto ma convinto consenso ad un'iniziativa internazionale di pressione militare sulla Serbia volta a restituire alle popolazioni kosovare il diritto alla vita, alla sicurezza, all'autonomia.
Non è stata una decisione facile. Le ragioni della pace e della non violenza sono profondamente radicate nella nostra


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identità e nella nostra coscienza democratica. Sono ragioni che fanno parte della nostra stessa cultura collettiva. Tuttavia, il precipitare della situazione umanitaria nei Balcani con l'intensificarsi delle feroci e brutali operazioni di pulizia etnica ci ha posto quasi due mesi fa nella drammatica condizione di dover accettare il ricorso alla forza come elemento necessario di un'azione efficace di difesa dei più deboli. Si è trattato di una decisione dolorosa e sofferta che, tuttavia, abbiamo assunto con serena coscienza e che abbiamo difeso, con fermezza e pacatezza, non solo dinanzi alle legittime espressioni di disagio o di esplicito dissenso, con le quali abbiamo sempre ricercato il dialogo e il confronto, ma anche dinanzi ai tentativi di dar vita ad inaccettabili campagne di aggressione, anche violente, nei confronti del nostro partito. Se abbiamo saputo e potuto farlo è stato perché non abbiamo mai perso di vista quel che potremmo definire l'orizzonte di senso della nostra decisione: l'ingerenza umanitaria era e resta per noi l'unica ragione e l'unica finalità che possa giustificare un limitato e controllato uso della forza da parte delle nazioni alleate nel delicato e complesso scacchiere balcanico.
Diamo atto con soddisfazione - lo hanno fatto gli onorevoli Mussi e Occhetto - al Governo e al Presidente del Consiglio di non aver risparmiato alcuna energia e di non aver lasciato nulla di intentato nella ricerca di una soluzione politica che porti ad una pace giusta in Kosovo e in Jugoslavia. Sì, pace giusta, perché nessuno di noi potra dirsi a posto con la propria coscienza finché i profughi kosovari non saranno tornati nella loro terra, finché il Kosovo non sarà autonomo e pacifico, finché la logica della pulizia etnica non sarà stata sconfitta per sempre.
Solo questa è pace. Non basta che cessi il tuonare dei bombardamenti per fare pace; la pace la dobbiamo restituire a quelle centinaia di migliaia di persone alle quali è stato negato il diritto di vivere nella loro terra. Solo quando le famiglie saranno tornate nelle loro case e i bambini nelle loro scuole potremo dire di aver fatto la pace, la pace giusta.
L'azione del Governo, nel quadro del sistema di alleanze del quale l'Italia fa parte con piena e rigorosa lealtà, ha prodotto, in queste difficili settimane, risultati importanti, a cominciare dal piano di pace definito nei giorni scorsi dai ministri degli esteri dei paesi del G8. L'importanza politica del piano del G8, frutto dell'auspicato recupero di un rapporto positivo e costruttivo tra l'Alleanza atlantica e la Russia, consiste nella individuazione di una precisa strategia di uscita dalla crisi, una strategia senza la quale l'operazione corre il rischio di avvitarsi nel dilemma tragico tra una escalation incontrollata delle azioni militari, fino a vedere smarrite le ragioni morali e politiche dell'intervento, ed una altrettanto inaccettabile vittoria di Milosevic, gravida di nefaste conseguenze per le popolazioni kosovare, per la stabilità e la sicurezza dell'intera regione.
Per tale motivo, nessuna tregua unilaterale che possa apparire un segno di debolezza, ma l'idea di una sospensione finalizzata ad una svolta negoziale, a far vincere quella soluzione politica della cui possibilità è tornato a parlare oggi il Segretario generale dell'ONU, Kofi Annan.
I positivi, anche se ancora tutt'altro che conclusivi, successi dell'azione diplomatica chiedono di essere supportati da una coerente conduzione delle azioni militari. Il carattere cruciale di tale aspetto è stato messo in luce dai contraccolpi subiti dall'iniziativa diplomatica a seguito del bombardamento dell'ambasciata cinese a Belgrado, un tragico errore che ha fatto temere un durevole allontanamento delle prospettive di pace a causa del precipitare dei rapporti tra l'occidente e la Cina, nonché del ripetersi di troppi incidenti, di troppe vittime civili dei raid.
In queste ore, sembra che l'iniziativa diplomatica sia riuscita a riannodare i fili spezzati, a riaprire concrete prospettive di intesa sul terreno negoziale, individuato dal G8, in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Resta il fatto che sia


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la Russia sia la Cina sembrano chiedere all'Alleanza atlantica, quale condizione per l'assunzione del piano G8 in sede ONU, la sospensione dei bombardamenti sulla Jugoslavia. La nostra convinzione, motivata dalle stesse ragioni che ci hanno sostenuto nei difficili passaggi di queste settimane, è che, in presenza di un impegno esplicito e formale da parte della Russia e della Cina ad adottare il piano G8 come base di una coerente risoluzione del Consiglio di sicurezza, l'Italia debba farsi promotrice in seno all'Alleanza atlantica di un'iniziativa volta alla sospensione dei bombardamenti sulla Jugoslavia.
Questo, in coerenza con il discorso del Presidente del Consiglio, è il contenuto della nostra risoluzione. Noi abbiamo apprezzato parti delle risoluzioni che sono state presentate da altri gruppi parlamentari ma vorrei dire che, per la loro composizione, se alcune di esse fossero approvate, risulterebbero pregiudiziali rispetto all'approvazione del testo della maggioranza. Per queste ragioni, se esse verranno poste in votazione, noi voteremo contro di esse e a favore della risoluzione della maggioranza del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e comunista).

PRESIDENTE. Colleghi, vorrei informarvi che è presente in aula una delegazione del Parlamento polacco, che è venuta in Italia per l'anniversario della battaglia di Montecassino e che salutiamo cordialmente (Generali applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Malavenda, alla quale ricordo che dispone di un minuto di tempo. Ne ha facoltà.

MARA MALAVENDA. Ci si appresta a votare la finta risoluzione pacifista della maggioranza; si assume la responsabilità di concedere coperture politiche ad un Governo guerrafondaio ed alle criminali bombe della NATO, che da 57 giorni stanno massacrando la popolazione civile in Jugoslavia, distruggendo città, fabbriche, ospedali, acquedotti, scuole, centrali elettriche e televisive, ponti e ferrovie ed affamando un intero popolo! Sottolineo poi che si tratta di una risoluzione che fornirà il lasciapassare all'attacco di terra.
Ma qualcuno pensa veramente che questo atto fermerà i bombardamenti? O forse credete che la povera gente, massacrata quotidianamente sotto le bombe, morirà contenta per il vostro voto pacifista e di facciata?
Per quanto ci riguarda, in questa tragedia non sono tollerabili ambiguità. E per questo esprimiamo un voto contrario sulle risoluzioni presentate ed un chiaro voto favorevole sulla risoluzione del Cobas, da me presentata.

MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. Chiedo scusa perché, per un mio errore, non ho considerato che il dibattito si conclude con il voto di risoluzioni e che evidentemente per ragioni regolamentari non possono essere approvate più risoluzioni. Per questo, è evidente che il Governo vuole che venga approvata la risoluzione della maggioranza e che l'approvazione di altri documenti risulterebbe preclusiva.
Voglio tuttavia sottolineare, sulla base dell'esame di merito effettuato, che la risoluzione Tremaglia ed altri n. 6-00086 (Nuova formulazione) è considerata dal Governo come un documento da accogliere come raccomandazione. Intendevo sottolinearlo, anche se, evidentemente, non si è nelle condizioni di votarlo perché io voglio, il Governo vuole, che venga posta in votazione la risoluzione della maggioranza che, altrimenti, risulterebbe preclusa.
È una precisazione che ho dovuto fare, perché prima ho compiuto un errore...

GIANCARLO GIORGETTI. Come la NATO!

PRESIDENTE. Desidero precisare che, non trattandosi di ordini del giorno ma di


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risoluzioni, vi è un impegno politico generale - diciamo così - del Governo, perché gli ordini del giorno si possono accogliere come raccomandazione, mentre le risoluzioni no.

MIRKO TREMAGLIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MIRKO TREMAGLIA. Signor Presidente, ascoltate le dichiarazioni fatte ora dal Presidente del Consiglio con le quali accoglie come raccomandazione la nostra risoluzione, non insisto per la votazione della stessa (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, dei democratici di sinistra-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo - Commenti dei deputati del gruppo lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Colleghi, vorrei ribadire che, per ragioni puramente regolamentari, non si tratta di un ordine del giorno...

MIRKO TREMAGLIA. Lo abbiamo capito.

PRESIDENTE. Prego il Governo di prestare un attimo di attenzione.
Non trattandosi di ordini del giorno, che il Governo può accettare come raccomandazione, in questo caso c'è un impegno politico generico del Governo. Questo è il punto di fondo, altrimenti, alla fine non si capisce bene cosa sia successo.

MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. Siamo d'accordo.

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Intervengo per richiedere un chiarimento tecnico al fine di regolare i nostri lavori. Il Presidente del Consiglio ha svolto un ragionamento secondo il quale, nel caso venisse approvata una risoluzione, non sarebbe possibile approvarne altre. Chiedo se sia così, perché altre volte è stata approvata, in linea teorica, più di una risoluzione di testo analogo o anche di testo diverso. Credo che debbano essere messe tutte in votazione e sottoposte al vaglio dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Presidente Giovanardi, si possono votare più risoluzioni quando l'approvazione dell'una non è del tutto incompatibile con l'approvazione dell'altra. Qui, come risulta anche dagli interventi svolti, vi sono due tipi di documenti: la risoluzione presentata dai colleghi Pisanu, Selva e da altri e quella firmata dal collega Tremaglia, le quali pongono il problema della simultaneità. La risoluzione della maggioranza, invece, affronta questo tema in altro modo.

IGNAZIO LA RUSSA. Come?

PRESIDENTE. Se dovessimo votare documenti che pongono la questione delle simultaneità, sarebbe preclusa la risoluzione Mussi ed altri n. 6-00091, perché il Governo non può essere impegnato a fare due cose diverse. Questo è il punto di fondo.

ALFREDO BIONDI. Non è mica vero!

PRESIDENTE. È così. Questa è la ragione per la quale il Governo ha espresso un accoglimento di tipo politico generale e non un'approvazione. Onorevoli colleghi, devo informarvi, prima di passare ai voti, che la risoluzione Mussi ed altri n. 6-00091 è stata sottoscritta anche dall'onorevole Volontè.
È stata, inoltre, presentata dall'onorevole Scaltritti e da altri colleghi una risoluzione avente ad oggetto questioni relative alla pesca nell'Adriatico e all'attività turistica. La risoluzione appare estranea per materia all'oggetto del presente dibattito. Essa, pertanto, non è ammissibile e potrà essere presentata


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come un documento a parte, come è stato fatto in un'altra occasione per un documento di un altro collega.

GIUSEPPE CALDERISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, intervengo sulla questione delle preclusioni, poiché noi abbiamo votato centinaia e centinaia di volte svariati documenti, mozioni o risoluzioni, dove erano contenute anche tesi in antitesi ma le abbiamo votate perché non vi è un regime formale di preclusione. Il problema si pone sul piano della valutazione politica, ma è altra questione rispetto a quella formale e regolamentare perché il nostro regolamento non prevede né abbiamo mai attuato un regime di preclusioni per quanto riguarda le mozioni e le risoluzioni.

PRESIDENTE. Onorevole Calderisi, le farò avere i precedenti sui meccanismi di preclusione in materia di risoluzioni.
Passiamo ai voti.
Il collega Tremaglia ha ritirato la sua risoluzione.

IGNAZIO LA RUSSA. Non l'ha ritirata. Non insiste per la votazione!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non prendiamoci in giro: non è un ordine del giorno ma una risoluzione. La risoluzione va votata. Affinché il Governo sia impegnato, deve essere votata. La risoluzione non è votata e quindi lei, onorevole Tremaglia, la ritira: non è che non insiste. È chiaro?
Si tratta di un impegno di politica internazionale e non può essere legato a sofismi logici.
Passiamo alla votazione della risoluzione Comino ed altri n. 6-00087. Avverto che vi è la richiesta dei colleghi di rifondazione comunista di votarla per parti separate, cioè di votare prima la parte motiva e poi il dispositivo.

ELIO VITO. Signor Presidente, chiedo la votazione nominale.

PRESIDENTE. Sta bene.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte motiva della risoluzione Comino ed altri n. 6-00087, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 550
Votanti 532
Astenuti 18
Maggioranza 267
Hanno votato sì 53
Hanno votato no 479).

LUCIO COLLETTI. Signor Presidente, vorrei far presente che il dispositivo di voto della mia postazione non ha funzionato.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, ho votato a favore per errore.

NICOLÒ ANTONIO CUSCUNÀ. Signor Presidente, vorrei far presente che il dispositivo di voto della mia postazione non ha funzionato.

PRESIDENTE. Ne prendo atto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della risoluzione Comino n. 6-00087, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).
(Presenti 557
Votanti 550
Astenuti 7
Maggioranza 276
Hanno votato sì 67
Hanno votato no 483).

Ricordo che la risoluzione Bertinotti ed altri n. 6-00088 è stata ritirata.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Malavenda n. 6-00089, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 554
Votanti 550
Astenuti 4
Maggioranza 276
Hanno votato sì 65
Hanno votato no 485).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Pisanu ed altri n. 6-00090, sulla quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 561
Votanti 553
Astenuti 8
Maggioranza 277
Hanno votato sì 194
Hanno votato no 359).

Ricordo che è stata chiesta da parte di deputati di rifondazione comunista la votazione per parti separate della risoluzione Mussi ed altri n. 6-00091.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte motiva della risoluzione Mussi ed altri n. 6-00091, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 558
Votanti 502
Astenuti 56
Maggioranza 252
Hanno votato sì 301
Hanno votato no 201).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della risoluzione Mussi ed altri n. 6-00091, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, comunista, de i democratici-l'Ulivo e misto-socialisti democratici italiani).
(Presenti 557
Votanti 497
Astenuti 60
Maggioranza 249
Hanno votato sì 308
Hanno votato no 189).

ELENA MONTECCHI. Presidente, le segnalo che nell'ultima votazione avrei voluto esprimere un voto favorevole, ma per errore ne ho espresso uno contrario.

PRESIDENTE. Ne prendo atto, onorevole Montecchi.

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