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PRESIDENTE. Passiamo agli interventi.
LUCIANO CAVERI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, signori rappresentanti del Governo, abbiamo seguito con attenzione l'intervento del Presidente D'Alema, insieme ai colleghi della Südtiroler Volkspartei e ne abbiamo apprezzato la completezza e l'equilibrio su un tema delicato, viste le differenti sensibilità, che pure, come mi pare stia avvenendo, non devono impedirci di essere il più possibile solidali, ma direi anche pluralisti, nel considerare i diritti di tutte le minoranze nazionali e non solo di quelle che possono esserci più o meno simpatiche in certi momenti della storia. Noi deputati del gruppo misto minoranze linguistiche restiamo attestati sul documento già votato dalla Camera sul Kosovo, al quale ci richiamiamo, e lo facciamo dolorosamente, perché certo avremmo preferito discutere oggi su diversi avvenimenti e con qualche speranza in più. Invece la guerra prosegue, ma se c'è la guerra è perché Milosevic ed il suo regime non hanno fatto alcun passo concreto, anzi dobbiamo registrare elementi in più nel proseguire del dramma dei kosovari: la fuga, anzi la cacciata, la diaspora, l'esilio, la fame, il disagio.
PRESIDENTE. Scusate, colleghi, vi invito a sciogliere quel club ed a prendere posto. Onorevole Prestigiacomo, la prego.
LUCIANO CAVERI. Ci farebbe molto piacere, signor Presidente del Consiglio, se proprio l'Italia si facesse portavoce di quell'idea, che lei stesso ha manifestato nel suo intervento, di una sorta di garanzia internazionale per tutte le minoranze europee. Lo diciamo conoscendo la debolezza attuale del diritto comunitario e del diritto internazionale in questa materia.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Marongiu.
GIANNI MARONGIU. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, ho l'onore di manifestare il consenso dei federalisti liberaldemocratici repubblicani alla risoluzione di maggioranza. Noi condividiamo in pieno e plaudiamo alle sue parole, signor Presidente del Consiglio, ed alle sue azioni, senza reticenze, senza retropensieri, senza distinguo, senza - mi sia consentito - «malpancismi». Le condividiamo perché esse vanno oggettivamente contro i nuovi mostri che attraversano tragicamente questa nostra Europa, mostri che tendono a restaurare e ad acutizzare il vecchio Stato-nazione e più specificamente lo Stato-nazione etnico, una deviazione mostruosa rispetto allo Stato moderno dei nostri pensatori liberali, di questo e dello scorso secolo. Nell'azione del suo Governo abbiamo visto emergere ciò che più ci piace e che più riteniamo coerente con i sentimenti e gli interessi del nostro paese oggi. È un'idea di federazione che si vuole difendere oggi in Europa, l'antitesi dello
Stato-nazione solitario, autosufficiente e completamente sovrano nelle sedi e nelle capacità economiche e strategiche. Si vuole difendere, e l'Italia con i suoi alleati lo ha fatto, la possibilità per le etnie, i pensieri, le razze ed i popoli di coesistere democraticamente e, dunque, senza spargimenti di sangue.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Schietroma.
GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i socialisti democratici italiani approvano le dichiarazioni del Presidente del Consiglio sugli sviluppi della crisi nei Balcani. In particolare, apprezzano l'impegno ad essere pienamente leali nel sostegno alla NATO. Per chi come noi appartiene alla tradizione politica di uomini come Giuseppe Saragat, tale impostazione di fedeltà all'Alleanza atlantica è davvero irrinunciabile.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Casini.
PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, quella vera e propria apocalisse umanitaria che abbiamo visto in televisione e sentito sulla pelle in questi giorni credo che abbia convinto tutti, anche i più scettici, che occorreva fare qualcosa.
bene che nessuna pace e nessun negoziato sono possibili, se non poggiano sulla riuscita delle iniziative umanitarie e strategiche nelle quali siamo impegnati.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Mantovani.
RAMON MANTOVANI. Signor Presidente del Consiglio, è veramente arduo, come lei ha tentato di fare, spiegare che se c'erano 60 mila profughi (e i bombardamenti ne hanno prodotti centinaia di migliaia, forse più di un milione, poi spiegherò il perché sono stati prodotti)...
MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. Da chi sono stati prodotti.
RAMON MANTOVANI. ...e che ciò è stato fatto per motivi umanitari.
Però, signor Presidente della Camera, noi non abbiamo intenzione di partecipare ad una farsa. Vi è stata una tregua o una proposta di tregua la settimana scorsa. Il Governo italiano insieme agli altri, e pappagallescamente con le stesse motivazioni addotte un'ora dopo l'offerta di tregua dal Presidente Clinton, ha chiuso la porta in faccia a questa tregua.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Paissan.
MAURO PAISSAN. Signor Presidente del Consiglio, i verdi hanno già espresso più volte, dentro e fuori il Parlamento, le loro valutazioni sulla guerra in corso tra Serbia e NATO e sulla guerra che Milosevic sta da tempo combattendo contro la democrazia, contro la convivenza etnica, contro la pace in quell'area dell'Europa.
un ospedale) è, a dir poco, terribile. Alto è il suo valore anche simbolico: si colpisce un treno, mezzo di trasporto e di comunicazione, e si colpisce e si distrugge un ponte in una terra che proprio di ponti ha bisogno, ponti tra terre, tra popoli, tra etnie, tra culture, tra religioni, tra persone. Ricordiamo tutti che cosa ha significato la distruzione dello storico ponte di Mostar.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Rebuffa.
GIORGIO REBUFFA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, anzitutto le do atto, anche se probabilisticamente - in quanto non ne sono sicuro - di un merito: quello di aver tenuto il nostro paese, in una situazione difficile, all'interno dell'Alleanza atlantica; si tratta di un risultato che forse altri presidenti del Consiglio non sarebbero riusciti a conseguire. Devo anche dirle, senza toglierle nulla, che tale merito è anche dei leader socialisti europei, che hanno agito con molta fermezza per il mantenimento dell'Alleanza atlantica.
federale serba ha invaso ed occupato alcuni villaggi dell'Albania, con riferimento al contingente militare, il cui impiego ha esclusivamente fini umanitari, siamo consapevoli dei rischi che corriamo e del fatto che dobbiamo dare risposte che non possono essere soltanto umanitarie o di solidarietà?
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Saraca.
GIANFRANCO SARACA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, torniamo oggi a discutere di una crisi, quella dei Balcani, che senza dubbio è la più pericolosa tra quelle verificatesi nel dopoguerra in Europa.
tentare di disinnescare la bomba che il dittatore serbo ha innescato con la sua repressione in Kosovo non può arrivare ad una simile conclusione, a meno che non sia in mala fede.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Cimadoro.
GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, cari colleghi, siamo al ventunesimo giorno di guerra e ancora non si intravede una soluzione per il conflitto. Si discute molto, le parole aiutano a capire, ma non risolvono i problemi. Anzi, da quando è iniziata la guerra, stiamo vivendo il paradosso per cui l'uso massiccio di informazioni, commenti e parole sulla guerra ottiene il risultato contrario di una generale disinformazione su ciò che sta realmente accadendo.
e la nostra fiducia al Governo, perché fiducia è non far finta che gli assetti del mondo non siano cambiati: fiducia al paese e al Governo è prendere atto che l'interesse nazionale oggi attraversa e abbraccia gli interessi sovranazionali. La nostra fiducia è coerenza verso gli elettori che ci hanno dato il mandato a governare, parlando loro in modo chiaro, dicendo loro quali siano allo stato attuale delle cose gli strumenti di sicurezza che ci garantiscono la pace e il benessere.
molte sono le colpe dell'occidente e dell'Europa nel non aver avuto la voglia ed il coraggio di svolgere un ruolo forte negli anni passati per salvaguardare il diritto di tutti i popoli. È vero, ma questo non giustifica e non può giustificare il sistematico massacro di un popolo, che non si può identificare in blocco con milizie terroristiche; al contrario, i Balcani sono tristemente attraversati dalle storie agghiaccianti di stupri, massacri, deportazioni, che portano le firme delle sue milizie, già tristemente celebri a Sarajevo, che da mesi operano per umiliare, depredare, annientare l'etnia albanese. Il rispetto per la propria cultura e la propria storia, che lei giustifica ed esige per la sua patria, richiede da parte sua, soprattutto da parte sua, un effettivo esercizio di rispetto.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Piscitello.
RINO PISCITELLO. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, colleghi, se ci fosse l'Europa politica, la casa comune dei popoli europei, molti dei conflitti etnici non avrebbero ragione di esistere. La lentezza con la quale in questi decenni si è costruito il progetto dell'Europa ha certamente un ruolo nel conflitto in atto.
profondo di una Europa più grande che sappia aprirsi all'est.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Armando Cossutta.
ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente, come lei ci ha detto, continua la guerra che noi condanniamo.
tacere delle ancora più gravi conseguenze globali, con la pentola russa sull'orlo dell'esplosione.
La guerra non risolve il problema della sacrosanta autonomia del Kosovo e quello dei sacrosanti diritti dei kosovari, perché solo la politica potrà farlo; la possibilità concreta esisteva già a Rambouillet, ma non si è voluto, sono stati gli americani che non hanno voluto, che hanno ingannato, imbrogliato il mondo per scatenare la loro guerra.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Comino.
DOMENICO COMINO. Signor Presidente del Consiglio, la sua informativa è da noi ritenuta inutile, intempestiva ed inconcludente. È di queste ore la notizia che il Presidente Clinton avrebbe dichiarato un incremento del numero di bombardieri impiegabili in Serbia ed in Kosovo e l'operatività, tra cinque giorni, degli elicotteri Apache già presenti in territorio albanese. Dalla sua informativa, signor Presidente del Consiglio, non abbiamo tratto ragionevoli certezze, tranne una: lei ha egregiamente avallato la teoria del bombardiere. Si tratta di una teoria che si affermò dopo la prima guerra mondiale, inizialmente negli ambienti militari italiani e poi in quelli angloamericani, secondo la quale i bombardamenti avrebbero dovuto avere una duplice funzione: una funzione tattica di supporto delle truppe di terra ed una funzione strategica; ovvero, avrebbero dovuto servire per fare strage di civili. Si tratta di una teoria che, come si è visto, accomuna il soldato con la divisa alla donna che allatta il bambino. Questa teoria fu rifiutata persino dai nazisti; gli americani, invece, la avallarono e grazie ad essa vinsero la seconda guerra mondiale, facendo con le bombe al fosforo 2 milioni di morti in Europa.
delle truppe naziste. Degli interventisti che sono qui dentro, con me, non c'era nessuno, neanche quelli che oggi, da questi banchi, invocano un intervento di terra. Allora, se si deve andare, andiamoci tutti assieme, anche quelli che rivestono cariche di Governo, magari con compiti strategici, senza aver fatto il loro dovere di servitori della patria (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)! È una vergogna, signor Presidente del Consiglio, che noi non possiamo assecondare in alcun modo. Alla soluzione delle bombe e della demagogia si doveva contrapporre quella dei quattrini e della politica, ma non in sede di gruppo di contatto: lo si doveva fare dieci anni or sono, quando la Jugoslavia, disgregata dalla storia, ha necessariamente cercato una nuova identità, forse negativa, nel nazionalismo.
FABIO CALZAVARA. Guerrafondaia!
DOMENICO COMINO. Di commissari del genere possiamo anche farne a meno! La Bonino di sua iniziativa non è capace di riempire un camion di pannolini per bambini, eppure tutti i giorni viene osannata e qualcuno vorrebbe anche che diventasse Presidente di questa Repubblica (Commenti dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)! Ci sono notizie riportate dal settimanale Newsweek che affermano che il KLA (Kosovo liberation army) ha utilizzato i proventi dei traffici di droga per acquistare ingenti quantitativi di armi e munizioni negli Stati Uniti.
Camera - è un contingente organico alla AMFL (air mobile force of land), la forza mobile di pronto intervento di terra. Quei reparti - glielo dice uno che ha fatto l'ufficiale nella brigata alpina taurinense - quando si muovono lo fanno con armi individuali e di reparto: questo non avete il coraggio di dirlo! Quindi, delle due l'una...
PRESIDENTE. Onorevole Comino, la prego di concludere.
DOMENICO COMINO. Sto per concludere, signor Presidente (Commenti dei deputati del gruppo di alleanza nazionale - Interruzione del deputato Stefani - Proteste del deputato Storace).
PRESIDENTE. Onorevole Stefani, la richiamo all'ordine per la prima volta.
DOMENICO COMINO. Avete impegnato il personale militare di questo paese in una guerra, senza dichiararla, ma, soprattutto, senza chiedere l'autorizzazione al Parlamento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Marini.
FRANCO MARINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, confermo, a nome dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo, la fiducia al Governo. Vi è una ragione di fondo alla base della nostra posizione politica: nel dramma di questa guerra, che pesa su tutti, noi riconosciamo a lei ed al suo Governo di aver mantenuto assieme, in una sintesi che abbiamo accettato, fermezza ed iniziativa per la pace.
e negli Stati il principio del rispetto dei diritti di cittadinanza e diritti umani è qualcosa che non riguarda soltanto l'interno di un paese ma si sta affermando in Europa. Negli ultimi dieci anni cominciamo a vedere questo cambiamento nei rapporti internazionali. Spero che questi valori si affermino nei rapporti tra Stati e cittadini in tutte le aree del mondo. In Europa c'è già un cammino fatto! Dobbiamo sapere che è possibile tornare indietro ma che indietro non vogliamo tornare rispetto a questa evoluzione dei rapporti tra i paesi!
mondo. L'obiettivo è un altro: creare con fermezza e con durezza le condizioni del rientro delle popolazioni scacciate e della loro sicurezza. Questa è una responsabilità che devono assumersi l'ONU, la NATO e tutti coloro che possono agire in questa direzione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Fini.
GIANFRANCO FINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, alla luce del dibattito che vi è stato nei giorni scorsi tra le forze politiche nel paese, i deputati di alleanza nazionale hanno ritenuto certamente doveroso da parte del Governo rispondere quest'oggi al Parlamento illustrando quello che, sempre ad avviso del Governo, è stato e dovrà essere nel prossimo futuro l'atteggiamento dell'Italia. Ma abbiamo altresì ritenuto estremamente opportuno, signor Presidente del Consiglio, il ringraziamento che lei ha rivolto al Parlamento. Era doveroso riferire in quest'aula e nell'aula di palazzo Madama. Abbiamo apprezzato che ella abbia voluto ringraziare il Parlamento, perché siamo anche noi convinti che si debba ringraziare il Parlamento per ciò che ha fatto nelle Commissioni e per le valutazioni espresse per garantire all'Italia di adempiere ai doveri militari, umanitari e diplomatici - uso anch'io i tre aggettivi utilizzati dal Presidente del Consiglio - connessi con il dovere di far fronte all'emergenza e alle tragiche vicende del Kosovo. Con altrettanta sincerità le dico però che ci è parso di maniera, una sorta di atto dovuto non so quanto sincero, il ringraziamento che ha rivolto alla sua maggioranza, una maggioranza che nel dibattito che ha preceduto questo incontro, ma anche negli interventi che lo hanno caratterizzato, ci è parsa assai meno coesa di quello che il Presidente del Consiglio in qualche modo ha affermato. Non credo che per tutti coloro che hanno ascoltato l'intervento appassionato dell'onorevole Armando Cossutta si possa, come ha fatto il Presidente del Consiglio, liquidare con la definizione «differenza di linguaggio» o «differente punto di vista» quello che non soltanto a noi è apparso e continua ad apparire come un'evidente divaricazione di natura politica.
Certo è che, quando qualche ora dopo il ministro degli esteri dice che quella mano gronda di sangue, si può affermare che vi è qualche differente valutazione, ma così facendo si cerca di nascondere una realtà che, al contrario, appare a noi - e non soltanto a noi - estremamente evidente.
riguarda gli aspetti militari, senza assumere iniziative unilaterali. Non c'è ombra di dubbio che, in quanto corrispondente alle necessità umanitarie e per rendere meno tragica la sorte del popolo kosovaro, sia oggi necessario inviare un contingente di terra in Albania con incarichi umanitari.
(Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale e di forza Italia). La collaborazione deve essere reciproca!
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Martino.
ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, un commentatore politico, nel presentare ai lettori del suo giornale il dibattito che avrebbe avuto luogo oggi in Parlamento, ha detto che esso avrebbe fatto emergere differenze marginali. Io non so se le differenze che sono emerse siano marginali. Quello che so è che il suo discorso, onorevole Presidente del Consiglio, ha contribuito a dissipare una impressione che da una certa parte politica - a mio avviso irresponsabilmente - era stata alimentata, cioè l'impressione e l'idea che esistano nel nostro paese, con riferimento alla pace, due partiti: da un lato, il partito della pace, di quanti amano e vogliono la pace e, da un altro, coloro che, dissentendo con i primi, chiaramente rifiutano la pace e quindi vogliono la guerra. Non è così! Nei confronti di un valore fondamentale, come la pace, nel nostro paese e in questo Parlamento c'è un solo partito unito nel volere la pace.
uno o più di questi obiettivi, contestualmente, fossero presi in considerazione. D'altro canto, per ciò che riguarda i mezzi per realizzare questi obiettivi, si è stati eccessivamente espliciti: si è immediatamente resa nota la totale indisponibilità della NATO a fare ricorso ad opzioni di terra.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, prendete posto!
ANTONIO MARTINO. Semmai, è stata un'iniziativa europea a cui gli americani hanno finito con l'accedere con ritardo. Se una responsabilità può essere addebitata al comportamento dell'America in questa circostanza, non è quella di essere intervenuta, ma semmai di avere ritardato un intervento necessario.
di tornare alla politica: una dichiarazione improvvida, che le venne rimproverata.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Mussi.
FABIO MUSSI. Signor Presidente, l'enormità dell'esodo dei profughi, l'insopportabilità delle immagini della violenza hanno scosso la coscienza di tutti ed hanno in questi giorni mostrato in diretta la politica di Milosevic: pulizia etnica e destabilizzazione dell'area balcanica. Una politica che certamente va fermata: potevamo fare in altro modo, potevamo aspettare? Ci siamo detti più volte - l'ha ripetuto qui il Presidente del Consiglio - che la comunità internazionale ha già pesante sulla coscienza la tragedia della Bosnia: l'attesa è costata centinaia di migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi.
Un'azione militare - come ha ricordato il Presidente del Consiglio - non volta a conquistare la Serbia, tanto è vero che i Governi impegnati sono tornati ad escludere un'azione di terra. Un'azione militare in cui l'Italia si è trovata e si trova in prima linea; dovremmo superare di slancio certe «polemichette» sull'Italia inaffidabile, sul paese di Pulcinella perché le realtà non corrispondono a questa immagine caricaturale. È da basi collocate sul territorio italiano che partono le azioni, l'Italia ha tre aeroporti civili chiusi, come ricordava il presidente Fini, e l'Adriatico che è la sponda che guarda direttamente all'area di crisi. Si tratta di un'azione volta a piegare Milosevic e a difendersi dal pericolo ricordato anche oggi da numerose autorità internazionali di una estensione del conflitto, che sicuramente bisogna fare di tutto perché venga evitata.
grandi questioni per il futuro immediato e più lontano dell'Europa e del mondo, a partire da quella del posto che vogliamo assegnare al valore dei diritti civili ed umani nel governo delle cose internazionali. Si tratta di un grande tema a cui ha dedicato una parte importante del suo discorso l'onorevole Veltroni nell'ultima discussione che si è svolta alla Camera.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi a titolo personale.
VITTORIO SGARBI. È singolare sentire queste espressioni di malumore per chi non è stato e non ha visto, come per quanti oggi hanno votato e non hanno letto le carte sulle quali dovevano votare (Commenti). È difficile immaginare di potersi dissociare dalle posizioni del Governo per chi è stato al confine con il Kosovo e ha visto povera gente disperata e disarmata, spinta da una violenza cieca e senza senso, senza carta d'identità, senza denaro, con le automobili senza le targhe, qualcosa che non ha l'eguale, e pensare ad una civiltà quale è quella in cui viviamo noi, con tutte le comodità e i lussi e gli stipendi di questo Parlamento, e i privilegi e le prerogative (Commenti). Pensare che vi sia una parte di questo Parlamento che intende manifestare in modo demagogico la sua posizione pacifistica
è soltanto una forma ulteriore di ipocrisia per difendere la propria idea della pace, quando quelli che portano morte e violenza sono esattamente come fu Hitler con gli ebrei.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Malavenda.
MARA MALAVENDA. Questo Governo, insieme alla NATO, a Clinton e alla vostra Europa sta massacrando la popolazione jugoslava; con l'ipocrita scusa della missione umanitaria si stanno bombardando le fabbriche con dentro gli operai, i ponti ferroviari mentre vi transitano i treni, le città, le case, gli acquedotti, le stazioni televisive. Siamo alle stragi premeditate, al cosciente sterminio di massa della popolazione civile, alla distruzione del territorio con i proiettili - non dimentichiamolo - all'uranio, proprio come quelli usati in Iraq.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Giovanni Bianchi.
GIOVANNI BIANCHI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, sgombro immediatamente il terreno, esplicitando la mia piena sintonia con l'intervento del segretario del partito popolare, onorevole Franco Marini.
tutte le bande paramilitari; che cessino le azioni militari, le bombe ed i missili; apprezziamo, invece, la posizione italiana, affinché venga trovata una nuova soluzione negoziata ed il sostegno ad un'iniziativa dell'ONU che coinvolga la Russia.
PIETRO ARMANI. Tempo! È esaurito il tempo!
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bianchi, debbo spiegare ai colleghi che tutti i firmatari dell'appello per la pace avrebbero potuto svolgere una dichiarazione facendo, però, impiegare molto più tempo ai nostri lavori; questa è la ragione per la quale il collega Bianchi ha più tempo a disposizione per il suo intervento.
GIOVANNI BIANCHI. Signor Presidente, oltre a me, i firmatari dell'appello sono gli onorevoli Buffo, Maura Cossutta, Fioroni, Guarino, Marco Fumagalli, Crucianelli, Pistone, Panattoni, Paissan, Galletti, Cento, Leccese, Scalia, De Benetti, Frigato, Duilio, Cananzi, Servodio, Scantamburlo, Lucà, Giacalone, Lucidi, Dameri, Duca, Giardiello, Evangelisti, Bandoli, Vozza, Scrivani, Peruzza, Gasperoni, Chiavacci, Capitelli, Caccavari, Gatto, Bolognesi, Giacco, Vignali, Guerra, Bielli, Altea, Sciacca, Nappi, Brunetti, Eduardo Bruno, Carazzi, Armando Cossutta, De Murtas, Galdelli, Grimaldi, Lento, Meloni, Michelangeli, Moroni, Muzio, Nesi, Ortolano, Rizzo, Santoli, Saia, Strambi, Penna, Olivo, Giulietti, Orlando, Di Capua, Di Fonzo, Chiusoli, Valetto, Ciani, Acciarini, Gaetani, Attili, Labate, Rabbito, Grignaffini, Occhionero, Novelli, Gardiol, Lumia, Jannelli, Anedda, Palma, Maselli, Albanese, Ruggeri, Cutrufo, Borrometi, Ruzzanti, Schmid, Mauro, Parenti, Procacci, Saraceni, Signorini, Benvenuto, Parrelli, Angelici, Giannotti, Rava e Rubino (Applausi).
GIACOMO GARRA. Vuole fondare un nuovo Governo!
NICOLA BONO. E D'Alema?
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Marinacci.
NICANDRO MARINACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, nell'interminabile attesa di svolgere questo mio breve intervento ho telefonato a casa, dove mio figlio di cinque anni ha visto in televisione una bambina ed una nonna morte sotto la neve. Invito a fare solo un momento di riflessione. Lei ha detto che siamo amici di tutti, siamo amici anche di Milosevic: ebbene, allora dica al «suo» amico Milosevic che gli amici sono quelli che rispettano i patti, che rispettano le famiglie e le amicizie e Milosevic non le ha rispettate fino a questo momento.
La regione Puglia, con le sue istituzioni locali, il volontariato e la generosità dei cittadini sta sostenendo ormai da alcuni anni l'onere dell'accoglienza dei profughi albanesi, curdi e kosovari - e chi più ne ha più ne metta -, dando una grande prova di civiltà, di solidarietà e di effettivo senso di rispetto per la vita di ogni essere umano. Allora voglio ulteriormente sensibilizzare lei ed il suo Governo, signor Presidente, sollecitandola ad intervenire in sostegno di quei poveretti che nel Kosovo muoiono giornalmente e vengono cacciati dalla loro terra. La sprono ad intervenire in sostegno delle attività turistiche della regione Puglia...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marinacci.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, nel guardare quei volti di bambini e donne perseguitati dalle milizie serbe credo che ogni cuore di persona civile soffra terribilmente, ma credo non si possa soffrire di meno di fronte ai morti civili, incolpevoli, che finiscono sotto le bombe della NATO: uomini, donne e bambini che nessuno di noi potrà mai vedere, perché Milosevic non ha interesse a mostrare quanti siano i morti civili e la NATO non ha interesse a farci vedere che le sue bombe intelligenti colpiscono anche le scuole, gli ospedali, i treni. Si muore a centinaia. Io credo che il Presidente del Consiglio non abbia dormito un sonno tranquillo di fronte alla tragedia di quei 40 mila profughi che ai confini della Macedonia sono stati perseguitati: famiglie divise, squartate, sotto gli occhi degli osservatori della NATO, sotto gli occhi...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Buontempo.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Caveri.
È meritoria l'iniziativa umanitaria, così come è emersa per volontà italiana, ed è giusto anche che i kosovari rientrino nella loro terra, nel loro paese. Se l'umanità deve sempre vergognarsi della guerra, deve comunque riflettere sulle sue ragioni e sul diritto, spesso mancato, dei popoli, anzitutto dei popoli dei Balcani, nonché sulla necessità della convivenza etnica in Europa. I vecchi Stati nazionali e l'esplosione delle identità nazionali rilanciano quei principi di federalismo in cui noi da sempre crediamo e rilanciano il ruolo importante, di cerniera, delle minoranze nazionali. Naturalmente, l'uscita da un'emergenza drammatica, quale quella che si sta registrando adesso, sarà istruttiva per il futuro delle istituzioni d'Europa...
Scusi, onorevole Caveri, prosegua pure.
Voteremo dunque a favore della risoluzione della maggioranza e voteremo anche a favore del dispositivo della risoluzione delle opposizioni, considerando estremamente importante il fatto che si trovino sempre più, come dicevo, occasioni di solidarietà, di unione, perché questo è un momento essenziale, in cui l'immagine dell'Italia è proiettata all'esterno, con un ruolo estremamente rilevante (Applausi dei deputati del gruppo misto minoranze linguistiche).
Si vuol difendere una sorta di progetto dell'Unione, un progetto di res publica europea, uno spazio laico e neutrale dove non contino le appartenenze etniche, religiose e, a volte, persino nazionali, ma le persone, i singoli cittadini che in questo spazio regolano o dovrebbero regolare le dispute attraverso la lotta politica e non la lotta al coltello.
Di una sola cosa ci rammarichiamo, signor Presidente del Consiglio, e riteniamo che ella si rammarichi con noi: noi non siamo molti, ma siamo solidali tra noi e con lei (Applausi dei deputati dei gruppi misto federalisti liberaldemocratici repubblicani e dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
Signor Presidente del Consiglio, condividiamo altresì l'azione politica del Governo italiano tesa a creare i presupposti per una ripresa del dialogo. Il nostro auspicio è che presto il buonsenso prevalga e che la guerra lasci rapidamente il passo ad una pace duratura che restituisca serenità non solo alle popolazioni del Kosovo, ma anche a tutti coloro che seguono con ansia e preoccupazione tale delicatissimo conflitto.
Abbiamo apprezzato altresì l'impegno di carattere umanitario del Governo che ha coinvolto non solo le istituzioni, ma anche la nostra popolazione che si è prodigata in un'importante gara di solidarietà nei confronti di migliaia di donne, uomini, anziani e bambini che soffrono nei territori travagliati dei Balcani. In questo ambito siamo favorevoli all'invio in Albania di un contingente militare di pace a scopo umanitario. Questo non deve assolutamente significare un primo passo verso un'azione di guerra con truppe di terra, che è peraltro esclusa non solo dal nostro Governo, ma anche dagli alleati.
Signor Presidente del Consiglio, il Parlamento aiuterà il suo Governo a mantenere alto il prestigio del nostro paese in questa difficilissima congiuntura. Nel prendere atto dell'atteggiamento responsabile del Polo delle libertà, è necessario che la maggioranza, in un'occasione tanto delicata, sia in grado di assicurare sempre il massimo sostegno al Governo, come sta avvenendo, del resto, in tutti gli altri paesi, compresi quelli come la Francia caratterizzati da una presenza comunista nella compagine governativa (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti democratici italiani).
Una comunità internazionale che avesse lasciato correre e che avesse consentito che questo orrore della pulizia etnica andasse avanti indisturbato non sarebbe mai più riuscita a dare un senso comune alla propria civiltà.
Coltivare la pace è un conto, rassegnarsi alla giungla è un altro: noi diciamo che nessuna giungla può essere camuffata da pace. Chi come noi ha a cuore il valore della pace ed il metodo del negoziato sa
Le dimensioni di questa catastrofe non hanno bisogno di essere ricordate, ma non vanno mai dimenticate. L'opposizione ha condiviso la scelta del Governo di far parte a pieno titolo di quell'intervento dell'Alleanza atlantica che si propone di offrire un riparo ed una speranza al popolo dei profughi. L'abbiamo condivisa, signor Presidente, e abbiamo fornito al Governo in questa occasione - in questa sola - quella forza politica e morale che una parte significativa della sua maggioranza andava invece erodendo con le sue contrarietà, i suoi distinguo, le sue remore.
Non c'è bisogno che dica una volta di più che l'abbiamo fatto in nome di ragioni umanitarie e del nostro interesse nazionale, che vanno molto oltre i ruoli dei Governi e delle opposizioni. Ora ci troviamo di fronte ad un passaggio ancora più impegnativo; ora viene annunciata l'esigenza di inviare i militari italiani in Albania in funzioni umanitarie e a difesa degli aiuti. Si tratta di un sostegno logistico e di soccorso sanitario senza del quale nessuna solidarietà sarebbe praticabile. Ma è anche un segno che in quelle regioni la solidarietà ha appunto bisogno di un presidio, di una forza su cui far leva.
L'opposizione sottoscrive queste esigenze e voterà di conseguenza, ma non possiamo non cogliere l'occasione attuale per interrogarci anche su come tutte queste esigenze di solidarietà si raccordino con le decisioni operative strategiche che siamo andati via via assumendo, e ancor di più con quelle che eventualmente saremo chiamati ad assumere se l'azione militare di questi giorni non avrà ripristinato condizioni di vivibilità in quella regione.
Non so se alla fine un impegno militare di terra diventerà la condizione per rendere possibile - dico fisicamente possibile - il ritorno dei profughi nel Kosovo, in ciò che resta delle loro case e delle loro città. Non lo auspico, so però che un simile impegno non può essere escluso una volta che si sia deciso - e noi lo abbiamo deciso - di prendere anche sulle nostre spalle il peso di una soluzione giusta, umana, degna di questa drammatica vicenda.
Ed allora mi chiedo e chiedo al Presidente del Consiglio con quale maggioranza, con quali consensi, con quali solidarietà politiche egli pensi di onorare gli impegni internazionali che il nostro paese e il suo stesso Governo vanno assumendo.
Io non mi lascio impressionare da qualche zelante politologo americano che ci accusa di essere il lato debole dell'alleanza occidentale, so però che una parte della maggioranza e persino qualche esponente governativo ha avvalorato come ha potuto quelle accuse e quei sospetti, ed ancor di più sarà indotto a farlo man mano che si dovranno assumere responsabilità, rispettare impegni e assicurare coerenza.
Il suo Governo, onorevole D'Alema, si è retto sui voti decisivi di un partito, quello comunista, che considera Milosevic un vecchio compagno d'armi e che si è reso protagonista, nel silenzio di tutto l'esecutivo, di una missione diplomatica che sta a cavallo tra la farsa e la resa. Quel silenzio le ha fatto guadagnare venti voti in quest'aula e le ha fatto perdere un patrimonio di credibilità o ha rischiato di farglielo perdere in tutto il mondo.
Non so quanto la sua ormai sperimentata capacità di navigazione tra questi dissensi porterà fortuna al suo gabinetto, temo però che questa contraddizione, questo involucro di contraddizioni rischi di non portare fortuna al paese, al suo buon nome, presso la comunità internazionale. Tanto più allora, colleghi deputati, c'è bisogno di una grande opposizione che sappia parlare in nome dell'interesse nazionale e che riesca a dare voce a quella aspirazione ad una pace giusta che è nel cuore di tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo misto-CCD).
Lei ha invocato l'esempio della Bosnia per spiegare la necessità e l'urgenza di un intervento militare della NATO che ponesse fine alla guerra etnica.
Scusi la franchezza, ma lei, non so se per ignoranza o perché in malafede, ha dimenticato di dire che all'inizio del conflitto bosniaco le Nazioni Unite inviarono una missione militare atta a fare da forza di interposizione. Poiché però le Nazioni Unite non posseggono proprio personale militare, fecero appello ai paesi europei e agli Stati Uniti affinché fossero inviati soldati americani ed europei per impedire i massacri. Gli Stati Uniti e i paesi europei si rifiutarono apertamente di partecipare a quella missione. Dopo tre anni di massacri abbiamo capito perché: si preparava l'intervento salvifico della NATO che ha portato agli accordi di Dayton in terra americana. Tali accordi hanno premiato tanto il nazionalismo serbo, quanto quello croato in Bosnia dove i più penalizzati sono stati i musulmani. Per capire basta vedere la situazione di Mostar.
Le popolazioni della Bosnia non sono tornate sulla loro terra e, invece, i nazionalismi e i regimi che li supportavano sono stati premiati. L'interesse primario dell'intervento della NATO era quello di creare una nuova cartina geografica nel cuore dei Balcani, di produrre l'instabilità necessaria e sufficiente a garantire, da una parte, l'espansione della NATO e, dall'altra, la primazia americana sulla NATO. Comunque, signor Presidente del Consiglio, se da 60 mila profughi siamo arrivati ad un milione, ciò è certamente dovuto alla pulizia etnica e alla repressione.
Dovete spiegare perché quella repressione sia stata di fatto favorita dall'intervento della NATO e, soprattutto, dal ritiro degli osservatori internazionali. È stato quello il «la» affinché il regime di Milosevic potesse realizzare la pulizia etnica. Ma bisogna spiegare anche perché Milosevic fa la pulizia etnica. Sia chiaro che per noi le pulizie etniche, come anche quelle di Tudjman e dei suoi complici, Bonino e Pannella, che hanno applaudito alla pulizia etnica della Croazia nei confronti dei serbi e al riconoscimento di uno Stato unico nei Balcani che nella propria Costituzione porta scritto il razzismo e la pulizia etnica, sono ingiustificabili, condannabili e perseguibili nei tribunali internazionali: su questo non abbiamo dubbi. Ma bisogna anche capire perché dopo gli accordi di Dayton, la pulizia etnica nelle Krajne e gli accordi segreti intercorsi forse anche con Governi europei, Milosevic abbia detto che Kohl mai avrebbe permesso un intervento militare quale quello che si sta effettuando.
Bisogna spiegare, cari colleghi e colleghe, e cari signori del Governo, le motivazioni di Milosevic per fare quella pulizia etnica.
Non si è detto forse a Milosevic per più di un anno che si sarebbe bombardata la Serbia? Non si stanno preparando le premesse per una spartizione etnica del Kosovo che verrà gestita in un secondo momento? Vedremo poi quale sarà, dopo che si sarà preparato, o magari solo minacciato, un intervento militare di terra per ottenere il risultato della spartizione del Kosovo.
Signor Presidente della Camera, non ho il tempo per fare un'analisi più approfondita di questa situazione e, del resto, basta conoscere i fatti per capire quale gravità ci si dipani di fronte con la guerra, i massacri, la pulizia etnica nel Kosovo e, soprattutto, con la distruzione tanto del Kosovo, quanto della Serbia.
Avevamo chiesto un dibattito in questa Camera perché il Parlamento potesse manifestare la sua opinione e dare un indirizzo al Governo sulla nuova situazione che si era venuta a determinare. Ciò è stato messo sotto le scarpe dal Governo che, nonostante altre richieste provenienti da quest'Assemblea, ha voluto ignorare una richiesta puramente democratica.
Non parteciperemo alla farsa di intervenire su mozioni nelle quali si discute delle virgole, non per dare un contributo ai profughi, bensì per fare i soliti noiosi e, in questo caso, abbastanza scandalosi giochini che ben conosciamo. Si misurano le parole e le virgole affinché si possa schierare tutto il fronte, dall'estrema destra al partito di Cossutta, nel sostegno attivo a questa guerra.
Questo paese è in guerra, come ha detto l'onorevole Zani in una passata discussione e, signor Presidente della Camera, il Parlamento non ha fatto nulla. Vi è a questo proposito una critica alle Presidenze delle Camere per richiamare il Governo al rispetto della Costituzione. Per questi motivi, signor Presidente, ritiriamo la nostra mozione ed abbandoniamo questa discussione che consideriamo assolutamente inutile (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti).
Non starò dunque qui a riesporre la nostra posizione, che ci ha anche portato a distinguerci dal Governo di cui facciamo parte. Però, solo per richiamare la sostanza dei nostri giudizi mi piace riferirmi ad un testo non dei verdi, ma di un gruppo di associazioni di varia ispirazione che hanno scritto ieri ai presidenti dei gruppi parlamentari. Dicono tra gli altri le ACLI, l'ARCI, l'Associazione per la pace, il Consorzio italiano di solidarietà, la federazione delle Chiese evangeliche, Legambiente, la Tavola della pace: «L'origine di questa guerra e di questa tragedia umanitaria è nel nazionalismo distruttivo e violento di Milosevic, che ha negato i più elementari diritti umani alle popolazioni del Kosovo, ha perseguito con scientificità la pulizia etnica, ha perseguitato gli oppositori e le forze democratiche, ma per fermare Milosevic occorre uscire dalla strada senza uscita dei bombardamenti».
Queste associazioni, che sono state promotrici del corteo per la pace del 3 aprile, chiedono poi il ritorno alla via politica, al protagonismo politico dell'Europa e della comunità internazionale, perché - cito ancora - «non va lasciato a Milosevic il potere di decidere se continuare o fermare questa guerra». I verdi, signor Presidente, sottoscrivono.
Il Presidente D'Alema ci ha presentato poco fa il difficile quadro dei rapporti internazionali ai fini della possibile ripresa di un dialogo di pace. Il coinvolgimento della Russia è essenziale. L'affacciarsi - purtroppo, per ora, solo l'affacciarsi - dell'ONU non può che essere positivo e confidiamo possa proseguire il progetto di una conferenza internazionale sui Balcani, proposta che è di tutti i verdi europei e che lei, onorevole D'Alema, ha qui richiamato.
Se qualcosa si sta muovendo nella direzione della ricerca della pace, diventa ancora più forte l'esigenza, che vogliamo sottolineare, di una sospensione contestuale dei bombardamenti da una parte e delle operazioni belliche contro i kosovari dall'altra.
Il cosiddetto errore della NATO con la strage del treno (oggi è toccato anche ad
I verdi sono d'accordo, signor Presidente del Consiglio, con l'utilizzo a fini umanitari di nostre truppe in Albania. I nostri militari potranno svolgere un ruolo importante accanto ai nostri civili, ai volontari, alle organizzazioni non governative. Al riguardo, evidenziamo però quattro questioni che segnaliamo alla sua considerazione. La prima è la seguente. La missione parla di invio, trasporto, distribuzione degli aiuti umanitari, ma rimangono sconosciuti l'entità ed il finanziamento degli aiuti stessi da parte dell'alleanza e della comunità internazionale. Non vorremo, onorevole D'Alema, che a consuntivo scoprissimo - come altre volte è successo - che abbiamo investito molto più per proteggere gli aiuti che per fornire gli aiuti stessi.
La seconda questione attiene non solo all'assistenza dei kosovari in Albania, ma anche all'ospitalità in Italia di coloro che - speriamo per loro che siano pochi - dovessero richiedere di essere portati in zone più tranquille e protette, fuori dall'Albania, senza favorire quella dispersione di kosovari in ogni dove che lei ha giustamente cercato di evitare, come ha ricordato nel suo intervento.
L'esigenza di dare ospitalità in Italia esiste; al riguardo, si può attivare la collaborazione con gli enti locali, già sperimentata per i profughi bosniaci. Inoltre, signor Presidente del Consiglio, ci sembrerebbe significativo destinare a tale ospitalità la base di Comiso in Sicilia, che può essere immediatamente operativa ed in grado di accogliere un numero consistente di profughi.
La terza questione riguarda i profughi kosovari, per i quali va predisposto uno status specifico al momento dell'arrivo in territorio italiano. Dobbiamo accogliere, inoltre, i disertori e i dissidenti serbi, anzi dobbiamo incentivare la dissociazione, soprattutto dei militari, da quel regime.
Infine, ma non certo ultima per importanza, vi è la questione dell'effettivo ruolo dei nostri soldati in Albania rispetto alle operazioni militari. Non è chiaro quale sia il rapporto tra la NATO e l'UCK ed occorre assolutamente evitare che la presenza umanitaria della NATO sia una sorta di retrovia, di retrostruttura logistico-militare per le operazioni dell'UCK nel territorio del Kosovo. La struttura NATO umanitaria va tenuta nettamente distinta da quella organizzata dalla NATO stessa e dagli USA per rendere operativi gli elicotteri Apache e, dunque, l'intera struttura militare.
Signor Presidente del Consiglio, a tali condizioni, segnalandole dette questioni, l'invio delle nostre truppe è pienamente condiviso dai verdi. Dobbiamo assumerci con convinzione l'onere dell'aiuto umanitario per quelle popolazioni e, contestualmente, dobbiamo far finire la guerra e costruire la pace possibile (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).
Nel mio intervento devo soltanto porre alcune domande per ottenere risposte in ordine a questioni che non sono state affrontate né nel suo intervento, né in altre dichiarazioni.
La prima domanda è la seguente: dal momento che oggi, l'esercito della Repubblica
Seconda domanda: come rispondiamo al Montenegro e ai paesi viciniori del Kosovo e dell'Albania? Risulta che l'esercito federale jugoslavo stia richiamando i riservisti del Montenegro, dividendo anzi i riservisti filo-serbi da quelli anti-serbi, e preparando anche una sorta di occupazione del Montenegro; anche a tale questione dobbiamo fornire una risposta. Lo stesso problema si pone per la Macedonia dove, nel corso dell'ultima settimana, si è assistito ad un aumento della componente etnica albanese di quasi il 10 per cento.
Tali situazioni che si creano nei Balcani richiedono una risposta in termini di ordine e controllo: siamo pronti a darla? Dobbiamo sapere che la Jugoslavia è in gran parte, e sarà anche domani, una costruzione artificiale che ha l'obiettivo di mantenere la stabilità a vantaggio dell'alleanza occidentale. Siamo in grado di mantenere l'artificialità di questa costruzione? Questo richiederà un impegno militare. Lo sappiamo, ma forse sarebbe meglio dirlo.
Pongo un'altra domanda, quasi personale: che cosa intende lei per garanzie certe? Pensa davvero che sia possibile e che non sia un artificio retorico di oggi prevedere una forza di interposizione, una volta raggiunta la pace - se raggiunta -, che escluda le forze armate dell'Alleanza atlantica, cioè i paesi della NATO? La mia opinione è che questa possibilità sia oggi un artificio retorico. Sarebbe più chiaro ed onesto dire la verità, o almeno quella che riteniamo un rischio.
Un'ultima questione: lei pensa davvero - come è stato detto in svariate occasioni - che le responsabilità nel fallimento degli accordi di Rambouillet e Parigi siano ugualmente divisi? Se pensiamo così, noi non diciamo la verità. A queste semplici domande credo che non sarà difficile rispondere.
A nulla sono valse le iniziative volte, dall'ultimo dibattito che si è tenuto in quest'aula, a trovare una vera alternativa ai bombardamenti della NATO. Purtroppo, il presidente serbo ha continuato nella sua scellerata politica di aggressione contro la popolazione albanese del Kosovo, sottoponendola ad ogni sorta di violenze: dal genocidio alla deportazione di massa, dall'eccidio allo stupro. Cos'altro potevano fare gli alleati se non intensificare la loro azione militare nei confronti di chi si è dimostrato sordo ad ogni richiamo alla ragionevolezza, per quanto autorevole ed accorato fosse?
Si è mosso in questa direzione il Santo Padre, si è mosso nella stessa direzione il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, si sono spesi in frenetiche iniziative diplomatiche i dirigenti russi, Eltsin, Primakov, Ivanov (in queste ore a colloquio con la signora Albright), il presidente del partito dei comunisti italiani, onorevole Armando Cossutta, tutte le forze che aborriscono le guerre come mezzo per la soluzione delle controversie internazionali. Si è mossa la comunità di sant'Egidio, che pure ha al suo attivo la fine della guerra civile in Mozambico e tanti altri risultati apprezzati per la pace in altre parti del mondo. Tutto è stato inutile di fronte alla pervicace opera di pulizia etnica condotta da Milosevic.
Ciò detto, nella circostanza mi preme soffermarmi sull'opera svolta dal Governo italiano e respingere le accuse che sono state mosse di doppiogiochismo. No, cari colleghi, chi ha seguito con scrupolo l'impegno profuso dal nostro Governo per
Mettere l'accento - come ha fatto e fa il ministro degli esteri Dini - sulla ovvia considerazione che i bombardamenti non possono durare all'infinito e che quindi è bene non mettere nel cassetto l'ipotesi, tra tutte quelle possibili e praticabili, di soluzione negoziata, è segno di serietà e di lungimiranza diplomatica.
Il nostro paese è coinvolto più degli altri nella crisi per posizione geografica e per vicende storiche. Di conseguenza, nessuno può prescindere dal contributo che il Governo italiano può dare in questa terribile evenienza.
Non possiamo e non vogliamo, neppure per ipotesi, prendere le distanze dai nostri alleati ai quali siamo legati da vincoli indissolubili. Tutta la nostra politica estera dal dopoguerra in poi, è stata improntata alla fedeltà atlantica e non è proprio questo il momento di metterla in dubbio.
Tutto ciò non può e non potrà mai esimerci dal ricercare soluzioni oltre l'attuale orizzonte di guerra. Il nostro ministro degli esteri e lo stesso Presidente del Consiglio hanno, in tutte le sedi, confermato la nostra convinta adesione all'azione della NATO pur ribadendo, tuttavia, che la nostra stessa collocazione geografica, il nostro DNA e i valori che ci appartengono, cristiani, umanitari, culturali e storici, ci impongono di favorire iniziative diplomatiche che creino le condizioni per una convivenza pacifica nei Balcani tra popolazioni di etnie diverse.
Trovo fuorviante discutere, come fanno molti colleghi, di presenza di soldati italiani per un eventuale intervento militare di terra. Finora gli unici soldati trasferiti nei Balcani sono lì per operazioni di pace e scopi umanitari. Se mai le condizioni mutassero, sono certo che il Governo saprebbe muoversi con accortezza, in linea con l'indirizzo seguito finora in questa triste vicenda e sempre, negli anni scorsi, dalla diplomazia italiana.
Aborriamo la guerra, ma non possiamo neppure tollerare la violenza che si accanisce sugli inermi. Quindi, a nome di rinnovamento italiano, esprimo la convinta adesione all'azione politica del Governo, al quale il mio gruppo rinnova la sua piena ed incondizionata approvazione ed il proprio sostegno politico più ampio (Applausi dei deputati del gruppo misto-rinnovamento italiano popolari d'Europa).
Per una volta, tuttavia, il nostro paese non si limita a discutere, non si tira indietro, né si lava le mani, lasciando ad altri paesi l'amaro calice; è impegnato in modo diretto e su più fronti con azioni concrete. In questo senso, credo sia nostro dovere esprimere anzitutto la piena e convinta solidarietà per l'appoggio forte del Parlamento nei confronti delle forze armate italiane impegnate nella missione «Arcobaleno» e di tutte le altre azioni concrete sul campo accanto ai più bisognosi; penso alle forze del volontariato laico e cattolico, ai volontari tutti, al corpo degli alpini, ai cittadini che con slancio hanno consentito al nostro paese di distinguersi nelle missioni umanitarie e di sostegno alle centinaia di migliaia di civili vittime di questa guerra.
Accanto all'azione meritoria della società civile, mi sembra giusto e doveroso evidenziare gli sforzi del Capo del Governo, tesi a coniugare una politica che tenga conto della umana solidarietà con il pragmatismo che la guerra impone.
Su questa politica, noi parlamentari dell'UDR riconfermiamo il nostro appoggio
Esprimiamo fiducia nell'azione strategica del Patto atlantico, perché frutto unanime di tutti i paesi membri della NATO, paesi che da sempre lavorano per la pace e la stabilità tra i popoli. È questo il ruolo della NATO. È questa la realtà che a pochi o a molti può non piacere, ma sulla quale nessuno, soprattutto tra le forze parlamentari, può speculare a proprio vantaggio. In modo più esplicito, mi riferisco a quei colleghi parlamentari che usano la guerra e già pregustano le possibili perdite del consenso politico-elettorale dei colleghi che portano sulle spalle la pesante croce del conflitto bellico. Sappiano quei colleghi che non si costruiscono fortune elettorali sane e durature sulle disgrazie!
In verità ho intenzione di rivolgere il mio intervento, vostro tramite, direttamente al Presidente della Federazione jugoslava, perché non si sa ancora per quanto tempo rimarrà nelle sue mani il destino di un intero popolo e anche perché ho la speranza che dal conflitto si esca senza umiliare nessuno.
Presidente Milosevic, sarebbe pretenzioso da parte mia ricostruire la storia dei Balcani e la tormentata vicenda che da dieci anni sconvolge un'area geografica dell'Europa alla quale noi italiani ci sentiamo profondamente legati, ma sono proprio questi sentimenti di amicizia e di rispetto verso il suo popolo e verso tutte le etnie che popolano le terre al di là dell'Adriatico che mi spingono a rivolgerle queste parole, senza che il fragore delle armi possa distorcerne il significato. Ritengo sia sbagliato considerarla come il responsabile assoluto di quanto sta avvenendo; proprio perché ho appena richiamato i miei colleghi ad uno sforzo di verità sui fatti di guerra, non credo si faccia un buon uso della verità se non si compie un atto di umiltà e non si effettua uno sforzo di obiettività.
Per quanto malleabile sia, la storia non è infatti interamente riducibile ad interessi di parte o, peggio, di fazione.
L'intera vicenda del novecento ci insegna che il giudizio deve essere ponderato, l'analisi scrupolosa, l'esame dei fatti rigoroso: questo secolo che va concludendosi è iniziato a Sarajevo e dalle sue parti sta tornando. Assistiamo ad un ricorso storico clamoroso, ad un ripiegarsi degli eventi nella culla che li ha originati: ciò accade probabilmente perché quegli eventi attendono ancora una risposta, perché vi è bisogno di un chiarimento.
Ma le risposte che possono e debbono essere date non possono non tenere conto del nuovo assetto mondiale: questa guerra sancisce definitivamente il tramonto dell'ideologica presunzione di questo secolo di addormentare il conflitto chiudendolo in ferrei schieramenti, che, se fino a ieri hanno beneficiato di una contrapposizione ideologica rigida, oggi sono resi fluidi da nuovi rapporti di interdipendenza.
Signor Presidente Milosevic, non si può far finta che il mondo sia rimasto fermo al 1945: fu un altro Presidente amico suo, Michail Gorbaciov, tra i primi ad annunciare che l'interdipendenza economica, politica, culturale apriva uno scenario del tutto nuovo alle relazioni tra i popoli. Ed allora? Allora è con questo scenario che bisogna fare i conti: esso apre prospettive nuove, ma soprattutto ridisegna la geografia politica, modificando sensibilmente il vecchio ed obsoleto concetto di sovranità. Presidente Milosevic, lei ha ragione quando rivendica con orgoglio la storia della Serbia, ma la Serbia, il Kosovo, i Balcani nel loro insieme fanno parte del mondo che va rapidamente evolvendosi; e l'Europa che nasce ha bisogno del suo popolo, della sua storia e delle storie delle etnie che abitano quelle terre.
Lei, come dicevo poc'anzi, non è responsabile assoluto di quanto sta accadendo:
Io la rispetto, Presidente Milosevic, e con me il Governo ed il Parlamento italiano, che in una fase di crisi gravissima hanno deciso di mantenere aperta la strada del dialogo (come dimostra la nostra ambasciata ancora aperta sul suo territorio), ma il dialogo si fonda sulla capacità di ascolto, sulla forza della ragione, sulla volontà reale di risolvere i problemi.
Noi continueremo a batterci perché il dialogo produca risultati, ma continueremo a sostenere l'impegno militare e umanitario, perché riteniamo che i valori di libertà, solidarietà, amicizia siano cosa viva e non semplice affermazione sulla carta del diritto internazionale. Noi siamo per un ruolo attivo dell'ONU, per una pace giusta contro ogni forma di umiliazione e di imposizione.
Ascolti la nostra voce, Presidente Milosevic! È tardi, ma forse siamo ancora in tempo; non si nasconda nelle pieghe della storia, rivendicando l'orgoglio di un passato che non esiste più. Aiuti davvero il suo popolo che vuole tornare a rivedere le stelle, che anche a Belgrado sono più luminose dei tracciati della contraerea (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDR)!
Mentre tentiamo di costruire l'Europa della tolleranza, multietnica e multirazziale, a poche centinaia di chilometri da noi avvengono terribili pulizie etniche e si immaginano nazioni pure su base etnica e religiosa. Troppo spesso sapevamo e non siamo riusciti a fare nulla.
Chi vi parla, colleghi, ha fatto sempre parte di movimenti pacifisti e credo che ad essi si debba gran parte della cultura di pace dei nostri anni, ma il pacifismo mai, in nessun caso, può essere cultura dell'indifferenza. A fronte del genocidio, a fronte di interi popoli sradicati dalla propria terra e dalle proprie case, non è possibile soltanto invocare la pace, perché il pacifismo non può mai essere, ripeto, cultura dell'indifferenza. A fronte dei massacri e delle fosse comuni, delle migliaia di donne barbaramente stuprate e delle migliaia di bambini che hanno già visto gli orrori più atroci, noi abbiamo il dovere di fare qualcosa.
Potevamo fare meglio, prima - è vero - dovevamo fare di più, prima - è vero - ma certamente adesso non possiamo soltanto guardare la tragedia e magari commuoverci. Tra tutti i diritti invocati, vi sono anche quelli degli uomini, delle donne e dei bambini del Kosovo e non possiamo dimenticarli.
Certo, doveva esserci l'ONU, ma è imbrigliata dai veti e la crisi in atto impone di ripensarla profondamente. È chiaro che la NATO non può fare, non deve fare il gendarme del mondo, ma forse in Kosovo toccava all'Europa e, se fosse stata un'altra Europa, avrebbe dovuto avere un ruolo attivo anche sul fronte della sicurezza. La crisi deve essere la premessa per un protagonismo vero,
Come democratici abbiamo condiviso e condividiamo l'azione del nostro Governo, perché crediamo che non si potesse fare altro. Combattere il genocidio è anche un nostro dovere, come del resto lo è lavorare perché si arrivi ad una soluzione vera, perché tacciano le armi - come ha detto in questi giorni Giovanni Paolo II - e perché nessuno ne esalti il ruolo, nonché per evitare una escalation del conflitto.
Nessuno può, né deve evocare, con tranquillità, ulteriori fasi dell'intervento; un intervento di terra va scongiurato assolutamente. Vi sia, invece, una escalation dei tentativi di risoluzione pacifica del conflitto. Confidiamo molto in quello esperito in questi giorni dal Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e speriamo nel massimo coinvolgimento di tutti i paesi nelle iniziative di pace, a cominciare dalla Russia. Non è possibile, tuttavia, prescindere dalla chiara condizione che cessi il genocidio e i profughi tornino nelle loro case in condizioni di assoluta garanzia, nonché dal ritiro totale delle truppe serbe dal Kosovo.
Credo che l'Europa ed il mondo non possano rischiare un'altra Bosnia; prima di tutto, colleghi, abbiamo sempre il dovere della memoria. Adesso il nostro paese e l'Europa hanno un altro dovere, il primo dei doveri: l'assistenza ai profughi, che è il compito più difficile e necessario in questo momento. I militari che invieremo per compiti di supporto all'assistenza umanitaria fanno parte della migliore tradizione italiana, che è tradizione di solidarietà attiva, della quale il nostro paese può essere orgoglioso.
Il nostro è un paese che non vive con facilità questo conflitto. Le peculiarità storiche, politiche e geografiche dell'Italia comportano doveri e difficoltà maggiori di quelle di altri paesi: basti pensare a cosa comporta avere gli aeroporti chiusi dopo cinquanta anni dalla seconda guerra mondiale.
Tuttavia, credo che l'Italia stia reagendo con senso di responsabilità: l'impegno logistico nel conflitto, il forte impegno diplomatico e quello umanitario rilevantissimo rappresentano tutti una dolorosa realtà. La realtà va affrontata, ma poi va fatto ogni sforzo per migliorarla e, nel caso specifico, per ridare ai Balcani un futuro di pace in un mondo in cui l'ONU svolga il suo ruolo con efficacia e l'Europa esplichi in pieno le sue nuove funzioni (Applausi dei deputati del gruppo i democratici-l'Ulivo).
Da venti giorni si susseguono i bombardamenti che colpiscono duramente la Jugoslavia e ieri anche i passeggeri di un treno su un ponte, uno dei tanti distrutti. L'esodo dei kosovari continua: fintanto che gli osservatori dell'OSCE erano lì, i profughi si contavano in qualche migliaio; dopo che gli osservatori se ne sono andati e hanno lasciato campo libero alle persecuzioni, i profughi, anziché arrestarsi, si sono moltiplicati in modo impressionante. Con l'intento di salvare un popolo si è finito con il disperderlo.
Ora siamo ad un momento cruciale della guerra: si annunciano nuovi e massicci bombardamenti, i quali non risolveranno nulla, ma aggraveranno tutto. Distruzioni e morte in terra jugoslava non indeboliscono ma rafforzano il regime di Milosevic. Dove si vuole arrivare? Bombardare, bombardare, bombardare. Si avvera puntualmente quello che Clinton disse a D'Alema alla vigilia delle operazioni contro la Jugoslavia, cioè che alle bombe sarebbero seguite altre bombe e poi ancora bombe, per avere la testa di Milosevic, dopo aver coventrizzato il paese.
Ma che cosa ci si attende? Dopo Milosevic sorgerebbe un leader più nazionalista di lui, perché gli jugoslavi non si arrenderanno, né oggi, né domani, né mai. Intanto, più cadono i missili e più destabilizziamo Macedonia e Montenegro, per
Come ricordava ieri un commentatore politico, è difficile dare torto all'ex Cancelliere tedesco Schmidt quando diceva: «Siamo francesi, tedeschi o europei, dobbiamo tutti deplorare il fatto di ritrovarci sotto la tutela americana, impantanati nel fango dei Balcani, giacché gli americani non capiscono niente della storia balcanica». E Washington - soggiungeva questo commentatore - potrebbe avere almeno l'amabilità di spiegarci perché l'estate scorsa decise di aiutare in tutti i modi i guerriglieri kosovari, da essa stessa già bollati come terroristi, tagliando fuori dal gioco i moderati attorno a Rugova ed inasprendo la reazione di Belgrado, sicché la NATO è divenuta l'aviazione e, forse domani la fanteria, dell'UCK: esattamente il contrario di quanto proclamava Clinton fino al 24 marzo.
E ancora: perché a Parigi, come ricordano bene i nostri diplomatici, gli americani hanno modificato in extremis il testo dell'accordo, con lo scopo di ottenere la firma dell'UCK e di evitare quella della Jugoslavia? Speravano davvero, che dopo un po' di bombe, Milosevic avrebbe capitolato? Sono illusioni assurde e pericolose.
La Serbia ha una storia di resistenza infinita: negli ultimi sessant'anni ha saputo resistere e vincere prima con la forza delle armi, contro la Germania e poi, con la forza della politica, contro l'Unione Sovietica ed ora resiste contro la NATO. E allora, dove si vuole arrivare? L'America può volere distruggere la Serbia, può volere colonizzare il Kosovo, può fare dei Balcani terra di conquista, ma può volere tutto questo anche l'Europa? Può volerlo anche l'Italia? Dove si vuole arrivare?
Da parte dei militari del Pentagono, e non soltanto da parte loro, si sostiene che la guerra deve continuare, oltre che con i bombardamenti, anche con l'invasione delle truppe. Quando il ministro Ivanov mi disse qualche giorno fa a Mosca che questa è la prospettiva più realistica, colsi in lui un'enorme preoccupazione e quando mi disse che sul territorio sono già concentrati ora 60 mila soldati ed ufficiali, rimasi incredulo. Ma è così ed è facile appurare che in Albania sono già presenti 8 mila militari; nei prossimi giorni ne andranno altri con 2 mila italiani; che in Macedonia vi sono 12.097 militari, di cui 1.097 italiani, in Bosnia 35.530, di cui 2.290 italiani, a Kukes e Durazzo 184 italiani, per un totale di 55.811 militari.
Con i bombardamenti, signor Presidente, siamo stati messi di fronte al fatto compiuto: né il Parlamento né il Consiglio dei ministri ne furono informati. Sia ben chiaro che ora non accetteremo in alcun modo di essere messi di fronte ad un nuovo fatto compiuto. Il Governo deve - lo sottolineo - solennemente impegnarsi a dichiarare, a sostenere e ad operare affinché l'Italia non partecipi mai ad una tale guerra perché sarebbe guerra europea, perché sarebbe un fuoco gigantesco che tutto travolgerebbe. L'Italia non deve partecipare; non solo, l'Italia può evitare tale guerra, lo può perché, anche se essa fa parte della NATO, all'interno di questa può e deve dire la sua parole e svolgere la sua azione contro la guerra.
So che il nostro Governo si sta muovendo con un forte impegno, che le sue iniziative hanno contribuito a muovere molte azioni importanti verso il Vaticano, verso la Russia, verso il G8, verso le Nazioni Unite. Bene! Ho visto io stesso nel mio viaggio a Parigi, Mosca, Budapest e Belgrado come la diplomazia italiana sia fortemente impegnata in quest'azione di pace e so dei contatti continui con i Governi dei paesi europei e con gli Stati Uniti per cercare di porre fine alla guerra. Bene, ma non basta! L'Italia è il paese più esposto; i paesi dell'Europa occidentale sono al di là delle Alpi, l'America è al di là dell'oceano mentre noi siamo qui a due passi dal conflitto: è dall'Italia che ogni giorno parte la guerra e l'Italia, se vuole, può fermarla. Pure all'interno dell'alleanza può distinguersi, differenziarsi e, se occorre, dissociarsi e in tale modo, più di ogni altro paese, contribuire a bloccare la guerra.
Milosevic deve cessare le persecuzioni, l'UCK deve cessare le provocazioni ed una presenza internazionale deve garantire il rispetto di accordi positivi, ma debbono cessare i bombardamenti perché essi non garantiscono nulla, portano soltanto morte e rovine ed una guerra di terra porterebbe soltanto al disastro.
Siamo allarmati, molto allarmati, signor Presidente, amici del Governo, molto allarmati. Milosevic mi ha detto: «Questa guerra sarà la tomba della NATO». Non lo so, forse sarà così, ma essa - ho soggiunto - sarebbe anche la tomba della Jugoslavia, sarebbe la tomba della pace. Non mi ha risposto, ma dovete anche voi rispondermi: perché non trovare la via dell'accordo?
Abbiamo contribuito in questi venti giorni a sostenere lealmente il Governo per una azione politica e diplomatica e siamo disposti a sostenerlo lealmente ancora, per contribuire a porre fine alla guerra, per costruire la pace. Diversamente, non si potrà contare su di noi; e ben lo sapete. Ma quello, se dovesse accadere, sarebbe un momento molto grave non soltanto per noi, perché vorrebbe dire che non vi è più nulla da fare; perché vorrebbe dire che si va tutti - e non lei soltanto; e non noi soltanto - verso la rovina (Applausi dei deputati del gruppo comunista - Congratulazioni).
Oggi assistiamo ad una riproposizione attiva di quella teoria, visto che gli americani a Rambouillet hanno voluto scientemente far fallire ogni possibilità di trattativa, producendo due risultati aberranti: bombardamenti sui civili - e sono le vittime civili in Kosovo e in Serbia quelle che ci preoccupano! - e l'indizione della pulizia etnica e dell'esodo imposto.
Robert Kaplan ha scritto sul New York Times, l'8 aprile scorso, che l'emergenza umanitaria in Kosovo può essere una ragione sufficiente per l'intervento della NATO; ma, per gli Stati Uniti ci sono in gioco ben altri interessi strategici: ci sono da decidere, infatti, i lineamenti della futura Europa. Quel giornalista ha poi concluso che soltanto l'imperialismo occidentale - sebbene pochi gradiscano che sia chiamato così - può unire ora il continente europeo e salvare i Balcani dal caos.
Io non credo ai bombardamenti sui siti militari a Belgrado e in Serbia. Dieci giorni fa mi trovavo in Jugoslavia, signor Presidente del Consiglio, sotto allarme aereo: ero in Zastava, a Kragujevac, città dell'olocausto di 7 mila serbi per mano
Registriamo in questi frangenti il totale esautoramento dell'ONU. Dovrebbe essere in Svizzera l'ONU, dovrebbe essere in un paese neutrale, non negli Stati Uniti! Il fatto che si cerchi con fervore di appoggiare l'iniziativa di Kofi Annan non ci fa ben sperare, perché vedete, cari colleghi, quella di Kofi Annan è un'iniziativa a titolo personale, per la quale non ha ricevuto alcun mandato dal Consiglio di sicurezza. C'è anche da dire che forse si è voluto che le cose andassero in questo modo. Luttwak asserisce che la NATO diventerà vieppiù un organismo con funzione sostitutiva dell'ONU e soprattutto in grado di prendere decisioni arbitrarie: cioè deciderà quando intervenire e quando non intervenire, con quale mandato e con quale portata.
Insieme al fallimento del ruolo di arbitro dell'ONU si deve registrare anche la totale inefficacia di tutti gli organismi europei. Certo, meglio di Clinton potrebbe trattare il neo Presidente della Commissione europea Prodi, anche se ci fa un po' sorridere la cosa: ma, tant'è, sarebbe sicuramente un modo per riconoscere un ruolo negoziale, diplomatico a quell'Europa politica che ancora non esiste e che si vuole non esista. La sopravvivenza della NATO è necessaria, con nuove funzioni e nuove attribuzioni. Non vorremmo, signor Presidente del Consiglio, signor ministro della difesa, signor ministro degli esteri, che si creasse un precedente storico in forza del quale questo Parlamento tra qualche mese dovrà ratificare un nuovo Patto atlantico senza che in quest'aula ci sia stata alcuna discussione.
Permettetemi di criticare il vostro atteggiamento di ripiego sugli aiuti umanitari. Cosa stanno facendo in queste ore i vostri alleati per organizzare gli aiuti ai profughi, per dare qualche segnale di speranza a quelle popolazioni? Sono totalmente assenti! Anche la commissaria Emma Bonino (tra parentesi, è ancora commissaria o non lo è più?), che invoca continuamente l'intervento militare di terra, disattende poi le sue precipue funzioni, quelle cioè di organizzare gli aiuti umanitari in ambito europeo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
La cosa che maggiormente ci porta ad evidenziare l'atteggiamento grottesco di questo Governo e di questa maggioranza è che è stata raffazzonata una proposta di risoluzione in base alla quale questa Camera autorizza il Governo all'invio di un contingente militare in Albania con funzioni esclusivamente di supporto logistico. Vi è però un piccolo problema, signor ministro della difesa: quel contingente militare che è già da ieri in Albania - senza quindi un voto da parte di questa
Adesso, come quei benpensanti che regalano gli stracci alla Caritas pensando di lavarsi la coscienza, ci chiedete di autorizzare l'invio di truppe militari in terra in Albania, alla frontiera con il Kosovo. Ebbene, signor Presidente del Consiglio, noi non vogliamo essere complici di questa ipocrisia e di questa vergogna. Lei probabilmente vincerà la guerra, scriverà la storia, ma la storia scritta con la vergogna non appartiene al nostro patrimonio ideale e culturale (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Non c'è stata e non c'è ambiguità e riconfermo che non c'è contraddizione tra una posizione ferma rispetto a comportamenti inaccettabili tenuti all'interno di un paese così vicino a noi e la rivendicazione, anche orgogliosa, del fatto che all'interno dell'alleanza un paese che ha interessi, posizioni e contiguità come quelli dell'Italia abbia un suo ruolo e possa svolgerlo nella ricerca, d'intesa con gli alleati, di tutte le vie che possano portare alla pace. In fondo, questo ruolo all'interno dell'Alleanza atlantica viene riconosciuto all'Italia. Non penso siano credibili gli attori pseudo autorevoli del circuito mass mediatico che parlano di un'Italia - che con tanta difficoltà tiene con fermezza la sua posizione - come un paese poco affidabile.
Questa sera, dopo il suo discorso, a me, a noi interessa ribadire con forza e chiarezza quale sia l'obiettivo dell'azione militare che ha coinvolto l'Italia con la NATO. Esso è uno solo: creare le condizioni per una pace giusta nei Balcani. La fermezza è stata ed è un passaggio obbligato perché l'interlocutore che opprime un popolo ha obiettivi diversi.
Signor Presidente, credo sia legittimo che, considerato il dramma che stiamo vivendo, vi sia una discussione ed una tensione che all'interno delle opinioni pubbliche occidentali si evidenziano con il «sì» o il «no» alla pressione della NATO. Lo capisco, in democrazia questo è normale; noi non siamo un paese che, nei confronti dei nostri cittadini, oscura il rapporto di conoscenza dei fatti, anche con riferimenti ai richiami forti sul valore perenne della pace che ci vengono rivolti, quasi quotidianamente, da autorità morali così grandi. Abbiamo la responsabilità di governare questo paese, abbiamo responsabilità politiche e non vogliamo tornare indietro rispetto ad una evoluzione dei rapporti internazionali fissata, ritengo in maniera solenne, dall'atto finale di Helsinki, nel 1975. Nei rapporti tra gli Stati
La storia insegna che non ci può essere pace duratura senza rapporti giusti tra gli Stati e dentro gli Stati. Come paese, al di là del rispetto di questi valori, abbiamo un interesse primario a creare le condizioni per una pace vera nei Balcani: per la storia, per i rapporti economici, per i rapporti politici, per la contiguità territoriale.
L'Italia ha questo interesse. Sappiamo quanto si fa per accentuare i nazionalismi esasperati di un'area che si trascina dietro da 500 o 600 anni questa durezza dei rapporti legata a nazionalismi esasperati. Noi dobbiamo dire con forza - e lo voglio dire - che la vittoria in questo confronto, in questo scontro, di un dittatore spietato che ha utilizzato non occasionalmente ma come strumento di governo e per mire espansionistiche la pulizia etnica (una parola che qui risuona in modo così asettico ma che sappiamo quanto sia drammaticamente piena di contenuti), che un nostro cedimento, un cedimento dell'Alleanza lascerebbero una situazione difficile nei rapporti internazionali e minerebbe il cammino appena iniziato di una Europa politica che dobbiamo cercare di portare avanti.
Noi che sappiamo che questa pulizia etnica, questa violenza di massa contro i propri cittadini è stata esercitata dallo Stato jugoslavo con spregiudicatezza, con mezzi militari inimmaginabili perché una possibilità di difesa da parte di una popolazione inerme, noi che sappiamo questo, allora dobbiamo sapere, sempre con l'obiettivo di riportare nel loro paese i cittadini che ne sono stati scacciati e di difenderli, che il cedimento, una difficoltà o una spaccatura all'interno dell'alleanza potrebbero essere la causa di un aumento di questa difficoltà e di questo dramma. Vorrei essere il più razionale possibile concludendo queste mie brevi riflessioni.
Voglio ripetere qui, colleghi, una riflessione che ho fatto in un recente dibattito televisivo su questi problemi. Credo che nella coscienza di tutti noi e, in particolare, di quelli che hanno vissuto l'ultima fase dell'ultima guerra che ha coinvolto il nostro paese e il mondo intero, sia presente quell'immagine degli ebrei che uscivano dal ghetto di Varsavia. Davanti a tutti vi era un bambino, forse di quattro o cinque anni, con un berretto di sghimbescio e con le mani alzate. Per quanto mi riguarda, è uno dei documenti che ho più nella memoria e che più ha colpito, quando eravamo giovani, la sensibilità di molti di noi. Ebbene, in questa tragedia, dentro a trattori spesso sgangherati, guidati da una donna o da una persona anziana, abbiamo rivisto tanti bambini con quelle stesse facce.
È duro parlare di guerra, di bombe e di bombardamenti, usare la fermezza e, quindi, la forza. Ma quelle sono le immagini, quello è il dramma che bisogna fermare perché, altrimenti, se ci guardiamo dietro, sappiamo che la storia del mondo imbocca una strada diversa quando vi è indifferenza di fronte ad atti di violenza condotti con tanto cinismo e determinazione.
Voglio aggiungere che l'obiettivo dell'azione della NATO è il ritorno dei profughi in Kosovo. La garanzia di pace e sicurezza può essere offerta loro da forze internazionali quali l'ONU. Forze estranee alla NATO possono intervenire e nelle sue parole, signor Presidente del Consiglio, c'è questa preoccupazione. Invito il Governo a muoversi in questa direzione e aggiungo che, per quanto ci riguarda, sarebbe sbagliato puntare all'eliminazione di Milosevic. Non dobbiamo farlo vincere per le ragioni che ho richiamato, ma questo è un problema del popolo serbo che ha l'aspirazione alla libertà come tutti i popoli del
In conclusione, voglio fare un'ultima riflessione. Non dico «no» all'utilizzo delle truppe di terra perché sarebbe un ulteriore passo nel ricorso alla fermezza motivata - come ritengo sia motivata - ed alla durezza verso il dittatore serbo. No, vi è qualcosa di più. Credo che l'invio delle truppe di terra e l'invasione rappresenterebbero un salto di qualità e un elemento che, secondo me, non mette in discussione lo squilibrio di forze troppo grandi e il risultato finale.
Le democrazie, spesso irrise, sono capaci di una fermezza e di una determinazione che le dittature non conoscono. Non credo che il problema sia il risultato. Per il nostro paese sarebbe un salto di qualità, ma di questo oggi non abbiamo bisogno. Si utilizzino le strade aperte e, nel sottolineare la chiarezza della sua posizione e la nostra franchezza e lealtà all'interno dell'Alleanza, invito a continuare anche in maniera autonoma a ricercare le strade di una soluzione pacifica di questo dramma (Applausi dei deputati dei gruppi popolari e democratici-l'Ulivo e democratici di sinistra-l'Ulivo).
Non c'è ombra di dubbio che il linguaggio esprime delle posizioni politiche e credo non ci siano nemmeno molti dubbi sul fatto che da parte del Presidente del Consiglio si è cercato, senza convincerci a questo proposito, di nascondere quella che è una realtà: nella maggioranza vi sono posizioni diverse non soltanto sul da farsi, ma anche radicalmente differenti sulle responsabilità di quello che sta accadendo nei Balcani.
Al di là di quanto ha detto recentemente in quest'aula l'onorevole Cossutta, credo sia sufficiente riguardare, a tale proposito, il differente giudizio che nell'arco di poche ore hanno dato del dittatore serbo Milosevic lo stesso onorevole Cossutta e il ministro degli esteri, onorevole Dini. Posso capire - anche se ovviamente non condivido - che si vada a Belgrado a dare la mano a Milosevic.
Dico tutto ciò, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, per ribadire che quella che lei ha chiamato la leale collaborazione dell'opposizione non è stata, non è e non sarà accondiscendenza di natura politica; è stata, è e sarà - ci auguriamo per un arco di tempo non lungo - senso di responsabilità nazionale ed anche volontà di garantire la credibilità internazionale dell'Italia.
Credo sia fuori luogo enfatizzarlo in questa fase del confronto, che è così delicato, ma alleanza nazionale e, più vastamente, i colleghi del Polo per le libertà, ritengo possano dire a voce alta di aver contribuito a garantire la credibilità internazionale dell'Italia. Le faccio notare, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, che non è la prima volta che ciò accade. Era già accaduto, con altro Presidente del Consiglio, ma sostanzialmente con analoga maggioranza, quando la missione Alba, la missione umanitaria in Albania, fu approvata unicamente per il senso di responsabilità del centro-destra; era già accaduto in occasione del voto, contraddistinto da tante polemiche interne, sull'allargamento ad est della NATO, perché era purtroppo già avvenuto che su atti qualificanti della politica estera la maggioranza che a vario titolo si riconosce nelle posizioni del centro-sinistra si dividesse. Lo dico perché, tornata la pace - credo sia necessario affermarlo fin d'ora -, sarà doveroso riprendere questo argomento, come del resto all'interno della maggioranza qualcuno già auspica apertamente; questo tornata la pace.
Da parte mia voglio ribadire che la posizione di alleanza nazionale è estremamente chiara sul da farsi perché torni la pace in Kosovo. La pace può essere garantita soltanto con una soluzione politica e negoziata, in sintonia con gli alleati, previa la cessazione di qualsiasi azione di pulizia etnica, previo ritorno in pace dei profughi, previa l'accettazione delle cinque condizioni che sono state indicate dal Segretario generale dell'ONU e che, come è stato detto, in qualche modo riassumono ed accolgono nella sostanza le posizioni della NATO. Non abbiamo dubbi, infatti, sulla responsabilità di ciò che sta accadendo e nemmeno sul dovere morale di intervenire con la forza per salvare dal rischio sempre più drammatico di genocidio un popolo intero. Non per riaprire ferite, ma soltanto per fare un appello alla memoria storica, voglio ribadire in quest'aula quel che ho affermato in altre circostanze: il concetto di pulizia etnica, il tentativo di sradicare qualsiasi identità prima con un genocidio culturale e poi, quando ciò non è sufficiente, con la forza, gli stupri, gli assassinii e la violenza, non appartiene, purtroppo, alla memoria recente dell'Europa. Chi ha memoria storica sa che ciò appartiene ad una memoria più antica, che anche noi italiani, purtroppo, abbiamo conosciuto.
Credo, onorevole Marini, che nelle immagini tragiche di quei profughi, di quelle donne, di quei bambini non sia legittimo ritrovare soltanto - e ha fatto bene a ricordarla - l'immagine, altrettanto tragica, di quel bambino che nel ghetto di Varsavia alza le mani di fronte alla ferocia nazista; ritengo, invece, che in queste immagini recenti e drammatiche, che entrano nelle case di ciascuno di noi ogni sera, sia lecito ritrovare anche il volto, le lacrime, il dolore, la tragedia degli istriani, dei fiumani, dei dalmati (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia), che conobbero la pulizia etnica tanti anni fa.
Proprio perché la storia deve essere maestra e deve insegnare, non abbiamo dubbi, quindi, sulla necessità di intervenire con la forza quando si rivelano inutili le vie diplomatiche per garantire il diritto di un popolo a vivere nella terra in cui è nato; allo stesso modo, non abbiamo dubbi sulla necessità di continuare ad agire in sintonia con gli alleati per quanto
Egualmente, non vi è dubbio che quanto ha affermato il Presidente del Consiglio sul fatto che sino a ieri sia stato escluso dal vertice NATO qualsiasi intervento di terra corrisponda a verità. Agire di concerto e in sintonia con gli alleati, però - e non è certo un auspicio -, deve poter significare per l'Italia anche l'assunzione di responsabilità qualora il conflitto degeneri e si allarghi, non, onorevole Cossutta e onorevole Manconi, per responsabilità della NATO, ma per responsabilità di Belgrado. Sono di oggi la notizia di uno sconfinamento delle truppe serbe in Albania e quella preoccupante della volontà del Governo albanese di non escludere a priori l'ipotesi di una reazione armata.
Lei, onorevole Presidente del Consiglio, qualche giorno fa ha parlato con il Presidente dell'Albania; io ho avuto modo di farlo ieri. Lei sa e i colleghi sanno che si tratta di un uomo tutt'altro che fanatico e che ama la pace, di un democratico convinto, di un uomo che conosce l'occidente e che non ha esitato a dire a me quel che aveva detto a lei, onorevole Presidente del Consiglio: qualora l'Albania dovesse essere invasa dalla Serbia, tutti in Albania considererebbero doveroso rispondere con le armi.
Allora, in un momento che può essere drammatico, anche alla luce delle preoccupazioni espresse dal Segretario generale dell'ONU in ordine al rischio che il conflitto si allarghi, non perché la NATO continua a bombardare ma perché Milosevic è un uomo che può, solo allargando il conflitto, cercare di destabilizzare i Balcani, credo sia doveroso da parte del Parlamento nazionale essere consapevole del fatto che rispettare gli impegni militari può significare per l'Italia - davvero Dio non lo voglia - essere chiamata, da qui a qualche tempo, ad un altro voto per ulteriori e maggiori responsabilità. Occorre continuare, quindi, ad agire in sintonia con gli alleati per gli aspetti diplomatici. Noi condividiamo il ruolo che deve ricoprire necessariamente la Russia e abbiamo apprezzato un riferimento nelle parole del Presidente del Consiglio: garantire la stabilità nei Balcani senza cambiare gli equilibri nella regione che devono essere garantiti dall'Europa. È un'Europa che si gioca la sua credibilità, che non può continuare ad essere considerata un gigante economico-finanziario e un nano politico ma che deve dimostrare di possedere l'autorità politica necessaria per definire autonomamente gli equilibri regionali.
Onorevole Presidente del Consiglio e onorevole ministro degli esteri, voglio richiamare la vostra attenzione affinché si valuti adeguatamente in un contesto europeo l'errore che - a mio modo di vedere - commetterebbero di alleati qualora dovessero accettare l'ipotesi di divisione del Kosovo che è stata adombrata, ma poi, a dire il vero, corretta, dagli ambienti americani. In Europa deve essere l'Europa capace di avere l'autorità politica per garantire la pace, la democrazia e la solidarietà di un popolo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Infine, signor Presidente, un ultimo aspetto e concludo, in rapidissima sintesi. Per quanto riguarda la sintonia con gli alleati per gli aspetti umanitari, l'Italia è in prima linea - ha detto il Presidente del Consiglio - e fin qui ha fatto bene. Credo che sia l'esatta fotografia di una realtà che tutti, al di là delle divisioni di parte, possono constatare se si recano in visita ai campi profughi allestiti dagli italiani. È un merito che va riconosciuto alle nostre forze armate (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale e di forza Italia), agli uomini della protezione civile, alle organizzazioni del volontariato. È un merito che ha reso l'Italia protagonista e che autorizza il Governo e il Parlamento italiano a chiedere un altrettanto forte impegno da parte dei partner occidentali
Concludo, onorevole Presidente del Consiglio, adempiendo ad un impegno. La prego di ricordarsi, nello stesso momento in cui ottiene dal Parlamento una sostanziale condivisione della linea del suo Governo su questa tragica vicenda, dei danni che purtroppo la guerra ha già creato anche in Italia. In questo momento - Dio voglia che rimanga sempre così! - si tratta solo di danni economici. Adempiendo ad un impegno, io le chiedo di ricordarsi quello che diceva prima di diventare Presidente del Consiglio, vale a dire l'autodefinizione di deputato di Gallipoli, perché in Puglia, per la chiusura degli aeroporti di Bari e di Brindisi e il calo enorme delle attività connesse al turismo, la guerra ha già creato danni economici notevoli. Credo che sia doveroso per il Parlamento, oltre che per il Governo, esserne consapevole e cercare, in qualche modo di porvi rimedio (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale, di forza Italia e del CCD - Congratulazioni).
Noi rifiutiamo questa forma di manicheismo che costituisce l'anticamera dell'intolleranza. Le sue parole hanno contribuito a dissipare questa sensazione. Il problema è un altro. Il problema è che molti di noi, la stragrande maggioranza di questo Parlamento, ritiene che non si sarebbe potuti restare indifferenti di fronte al dramma di un popolo e che, quindi, l'intervento fosse necessario.
Siamo tutti d'accordo che quell'intervento fosse giustificato da ragioni altamente nobili e tuttavia molti di noi, anche coloro i quali lo ritengono giustificato, continuano ad avere dubbi circa la sua adeguatezza, la sua idoneità a realizzare gli obiettivi che esso si pone.
Ci sembra che continui a mancare una chiara strategia della NATO per il medio termine. Sembrerebbe che si sia dato l'avvio ai bombardamenti in base all'ipotesi, ottimistica e forse anche ingenua, che dopo i primi bombardamenti la Serbia sarebbe addivenuta a più miti consigli. Così finora non è stato; quell'ipotesi finora appare eccessivamente ottimistica e tuttavia non mi sembra che sia il caso di disperare, perché è ancora possibile che Milosevic accetti di tornare al tavolo del negoziato, accetti le condizioni imposte dal Segretario generale delle Nazioni Unite, anche per via dei danni inferti all'apparato militare della Serbia, al sistema dei trasporti ed alle fonti di energia.
Una seconda ragione di preoccupazione per ciò che riguarda questo intervento è che, notoriamente, in genere un'azione di questo tipo dovrebbe essere chiara negli obiettivi ma mantenere il riserbo nei metodi, per lasciare aperte tutte le opzioni possibili. Viceversa, gli obiettivi non sono stati adeguatamente specificati. Qual è l'obiettivo finale? L'indipendenza del Kosovo? La fine di Milosevic? La protezione dei rifugiati? La spartizione del Kosovo? A seconda delle circostanze, si è avuta l'impressione che
E ancora, una delle ragioni delle nostre perplessità circa questo intervento ha a che fare con la operazione «Ferro di cavallo». Se questa operazione - accuratamente descritta nei minimi dettagli, di autentico genocidio, volta a cancellare la popolazione del Kosovo dal Kosovo - era nota da tempo, perché non si è agito prima e, quando si è intervenuti, perché non si è presa in considerazione la necessità di far fronte a un piano di questa portata e di questa entità?
Tuttavia, malgrado le nostre perplessità, siamo convinti che gli eventi di questi giorni abbiano smentito definitivamente alcune ipotesi che erano state avanzate. Una di esse è l'idea che questa sia una guerra americana, cioè che l'intervento sia stato voluto dagli Stati Uniti d'America; se non ho inteso male le sue parole, il presidente Cossutta ha accennato a questa eventualità. Ebbene, è stato l'ex ministro della difesa Beniamino Andreatta a chiarire a grandi lettere, sia in un'intervista al Corriere della Sera sia nelle Commissioni riunite affari esteri e difesa, che i ministri della difesa europei chiesero invano agli americani un intervento nel giugno dell'anno scorso. Quindi, semmai...
Prego, onorevole Martino.
Un'altra di queste interpretazioni - a mio modo di vedere, inaccettabili - sembra accreditare l'idea che esista la sinistra, che vuole la pace, e gli avversari della sinistra, che la pace non vogliono, che vogliono la guerra. Ebbene, non è così. Vorrei ricordare che il Segretario generale della NATO Solana è socialista, che il Presidente Clinton è democratico, non repubblicano, che Tony Blair è laburista, non conservatore, che Jospin è socialista, non gollista, che Schroeder è socialdemocratico, non cristiano democratico. La verità è che fra un popolo oppresso e martoriato ed un dittatore brutale e sanguinario tutti gli uomini di buona volontà e la vera sinistra non hanno esitazione: stanno dalla parte degli oppressi (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).
Verrei meno all'obbligo della franchezza, più che al mio dovere di oppositore, però, se tacessi che ci sono state contraddizioni e incertezze, onorevole Presidente del Consiglio, nell'operato del suo Governo (non è stata soltanto la profonda differenza di opinione), per le opinioni contrastanti - non «diverse sensibilità» - che ci sono fra i rappresentanti del partito dei comunisti italiani, da un lato, e il resto del Governo, dall'altro.
Devo anche ricordare, però, che a fronte di tante manifestazioni di grande coerenza e correttezza di esponenti pure del Governo e della sua maggioranza vi sono state anche dichiarazioni nei confronti delle quali restiamo perplessi: quelle, per esempio, del ministro degli esteri Dini, contrario a che i bombardamenti continuassero a lungo. Dichiarazione questa che è certamente nel diritto di qualsiasi persona libera, ma non di chi assume la responsabilità di ministro degli esteri di uno dei paesi coinvolti. Lo stesso ministro Dini ha alluso a codicilli segreti che sarebbero stati inaccettabili per i serbi: codicilli segreti la cui esistenza oggi il ministro degli esteri tedesco smentisce in un'intervista. Lei stesso, onorevole D'Alema, almeno inizialmente, ha in un certo senso mantenuto un comportamento contraddittorio, quando, ventiquattr'ore dopo l'inizio dei bombardamenti, a Berlino annunciò che era venuto il momento
Le contraddizioni riguardano anche i fatti, perché, se è vero come è vero che soltanto due dei nostri quarantadue aerei sono disponibili per missioni, a parte il pattugliamento sull'Adriatico, noi viviamo la contraddizione di un paese che è impegnato assieme agli altri in un'azione militare ma che, d'altro canto, non s'impegna fino in fondo. Oggi, lei, onorevole Presidente del Consiglio, ha messo da parte quelle incertezze: le ha messe da parte perché si è reso conto della loro sostanziale inutilità, dato che tutte le contraddizioni e le contorsioni a cui facevo riferimento prima erano ispirate dal desiderio di evitare una crisi della sua maggioranza. Ma di quella crisi, onorevole D'Alema, lei oggi si rende conto che non vi è nessun pericolo, perché non entra in crisi per una questione di principio una maggioranza che non è fondata sui principi!
La verità è che oggi, onorevole D'Alema, abbiamo di fronte scenari preoccupanti che speriamo lascino il posto a quello ottimistico dell'accettazione della proposta del Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, il quale di fatto ha legittimato ex post l'intervento della NATO. È accaduto infatti che egli abbia dato una risposta a quanti chiedevano perché la NATO e non le Nazioni Unite: ebbene, per bocca del Segretario generale delle Nazioni Unite, le condizioni sono le stesse poste dalla NATO. Essendovi però anche scenari preoccupanti meno ottimistici, vorrei invitarla, onorevole Presidente del Consiglio, a far sì che il Governo continui la sua parte fino in fondo, perché il Governo può sapere che l'opposizione, nel manifestare la sua solidarietà alle Forze armate attualmente impegnate e a quelle che eventualmente saranno impegnate, continuerà a dare prova di responsabilità nell'interesse dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).
Io esprimo qui il sostegno del gruppo dei democratici di sinistra all'azione del Governo, illustrata dal Presidente del Consiglio in un discorso che condivido e portata alla discussione del Parlamento dai ministri Scognamiglio e Dini venerdì scorso nella riunione congiunta delle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato. Naturalmente, colleghi, i dubbi, le angosce, gli interrogativi ed anche le contrarietà di fronte ad una guerra che si prolunga, alle difficoltà di vederne la soluzione e lo sbocco, meritano un atteggiamento di rispetto, di rispetto di interlocuzione - nessuna sufficienza - anche con il documento che oggi è stato firmato da cento parlamentari prevalentemente del centro-sinistra. Noi, in democrazia, dobbiamo condurre una discussione aperta, mentre siamo impegnati a sostenere il Governo nella sua azione. L'azione del Governo poggia su tre pilastri qui ricordati dal Presidente del Consiglio. Il primo è la partecipazione leale all'azione militare della NATO; preferisco la lealtà alla fedeltà, perché significa un rapporto più aperto e democratico, più libero, più paritario, quindi partecipazione leale all'azione militare della NATO. Essa ha avuto luogo quando sono sembrati chiudersi tutti gli spazi negoziali, anche se residua qualche discussione interpretativa su Rambouillet, prima, e su Parigi dopo.
Il secondo pilastro è quello dei profughi. L'Italia sta agendo bene, il nostro paese sta sostenendo il maggior peso organizzativo ed economico e nell'azione di sostegno ai profughi, nelle missioni umanitarie sono impegnati tutti i rappresentanti delle istituzioni civili e militari del nostro paese, nonché una schiera straordinaria di volontari, molti dei quali pur non condividendo l'azione militare, avvertono il dovere di essere lì a sostegno di quella gente, di quelle popolazioni. Credo che dobbiamo essere grati a tutte queste persone, uomini, donne e giovani, e condividiamo quanto sostenuto fortemente dal Governo italiano, cioè che questo sostegno deve aiutare i profughi a restare il più possibile vicino alle loro case, anche se dobbiamo apprestarci ad essere generosi nell'accoglienza che potrà rendersi necessaria sul nostro territorio.
Sottolineo la prontezza e la capacità operativa dell'Italia, che è riuscita anche a riparare ad alcuni ritardi, a volte colpevoli, di altri paesi europei e non solo.
Oggi stiamo discutendo, in particolare, dell'invio di un contingente militare a protezione delle missioni umanitarie e credo che il Governo debba poter contare su un ampio consenso e sull'autorizzazione del Parlamento per effettuare tale invio. Certo, duemila soldati tra gli ottomila della NATO non possono essere definiti una testa di ponte per un esercito pronto all'azione di terra e all'invasione. Quindi, spero e mi auguro che le risoluzioni approvate possano essere chiare in questo mandato.
Infine, il terzo pilastro è quello della ricerca pressante, costante e impegnata di una soluzione politica del conflitto. Credo che si debba apprezzare il protagonismo del Governo italiano, che ha avuto un peso nella conclusione della riunione dei ministri degli esteri della NATO, recentemente tenutasi, e nella possibilità di convocare, anche al massimo livello una riunione del G8, come ha qui ricordato il Presidente del Consiglio.
Le novità degli ultimi giorni sono in effetti queste: una discesa in campo e un'assunzione di responsabilità da parte del Segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, che ha posto anche lui a Milosevic le cinque condizioni, che sono convergenti e tuttavia non esattamente identiche a quelle della NATO, e la convinzione, che pare essere non solo dei Governi europei, ma anche degli Stati Uniti, della necessità di un pieno coinvolgimento della Russia nella ricerca di una soluzione negoziale nell'area dei Balcani.
Credo sia giusta quest'azione politica volta a cogliere ogni spiraglio. Credo sia impossibile guardare a soluzioni non negoziate, non politiche di questo conflitto: certi oltranzismi militaristi, che per la verità negli ultimi giorni si sentono meno, possono preparare il fallimento dell'azione militare e non il suo successo.
Credo sia giusto mantenere il carattere della missione, che punta a ottenere il risultato per il Kosovo, e sviluppare l'azione politico-diplomatica della NATO, di tutti i Governi che possono impegnarsi ed anche di quello italiano, anche autonomamente, sia pure nella ricerca costante di una convergenza con gli alleati. Lavorare alla soluzione politica del conflitto è l'imperativo del momento.
Tuttavia - e con ciò vorrei concludere -, nel fuoco, purtroppo non solo metaforico, dei Balcani veniamo incontrando
Vi è, inoltre, la questione del rapporto fra la centralità dei diritti civili e umani e il tema, che non è tramontato, della sovranità nazionale: se vogliamo mettere i diritti civili e umani al centro di un nuovo sistema di valori della comunità internazionale, come decliniamo un rapporto nuovo di tali questioni in un'età che ha superato quella dei blocchi e ha avuto le sue specifiche risposte?
Come si codificano queste nuove relazioni, diceva nel suo intervento di apertura il Presidente D'Alema, quali sono le strutture di decisione e di legittimazione delle azioni della comunità internazionale?
La NATO, impegnata in quest'azione, signor Presidente, fra pochi giorni celebrerà i suoi cinquant'anni a Washington ed è prevista non solo una cerimonia, ma anche la firma di nuovi documenti. Forse conviene prendersi il tempo per una riflessione accurata su come definire tali regole e tali compiti nell'era in cui entriamo. Ed ancora, in connessione a ciò: quanto puntiamo su una capacità di difesa europea, su un sistema di difesa europeo e in quale rapporto vogliamo metterlo con la forza militare della NATO? La questione, ad esempio, è tale che, se non le si dà una chiara risposta, il cammino stesso dalla moneta unica all'unità politica dell'Europa potrà presentarsi più difficile.
Infine, l'ONU non può avere un ruolo di rincalzo e marginale; dobbiamo riprendere attivamente l'iniziativa dell'Italia, che è stata vigorosa, per una riforma democratica del Consiglio di sicurezza e per il superamento del diritto di veto che toglie potere e forza alle Nazioni Unite.
L'Europa, di cui si è vista la debolezza politica in tutti questi anni (non parlo solo degli ultimi mesi e delle ultime settimane), è in grado di avanzare un'ipotesi di assetto stabile e sicuro dei Balcani che eviti la proliferazione sciagurata degli Stati etnici? Un'Europa che non è senza colpa per gli esiti della dissoluzione jugoslava, come ha ricordato l'ex Cancelliere Schmidt, è in grado di farsi promotrice di una conferenza internazionale per i Balcani, di cui ha parlato il nuovo presidente della Commissione europea? Bisogna cominciare ora a mettere le basi politiche e giuridiche di una diversa organizzazione del mondo che brulica di ingiustizie, di oppressioni, di persecuzioni sanguinarie. Oggi siamo impegnati perché i kosovari ritrovino una terra dove possano essere cittadini, ma termina un secolo terribile e le attuali generazioni - le nostre - hanno la responsabilità complessiva di prepararne uno migliore (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo).
Avverto che per ogni intervento il tempo a disposizione è di un minuto e mezzo.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Sgarbi (Commenti).
La posizione che ha assunto il Governo, nella contraddizione straordinaria del Presidente del Consiglio, che riesce nel contempo a contenere il tumulto delle piazze, essendo un uomo di sinistra, e ha un tumulto interiore per dover oggi ripensare il punto da cui è partito e quello in cui è arrivato, mentre ha lasciato indietro alcuni suoi compagni che vogliono stringere la mano a criminali nazicomunisti che uccidono per il puro divertimento di non voler riconoscere la dignità e l'autonomia di chi è diverso. In questo senso non posso che appoggiare il Governo.
D'Alema, Prodi, Fini, Agnelli, Berlusconi, con la complicità di Cossutta, di CGIL, CISL e UIL, stanno consolidando in Italia un vero e proprio regime dei massacri delle popolazioni civili in Jugoslavia e delle condizioni di vita di milioni di lavoratori in Italia; un regime reazionario, che si intreccia con l'economia ufficiale e con quella criminale e con gli sporchi interessi dei business italiani, europei ed americani. Ecco le vere ed inconfessate ragioni che hanno determinato questa sporca guerra! Non è certo un caso che questo stesso regime solo poche ore fa ha salvato dalla galera il manager della Fininvest Dell'Utri.
Un regime che controlla televisioni e giornali, che garantisce le armi italiane allo Stato turco per il genocidio dei curdi e che si appresta a deportare i profughi del Kosovo.
Il mio si configura, dunque, come un intervento a titolo personale con due caratteristiche inabituali: è irrituale e funzionale. È irrituale nel senso che si sforza di esprimere le attese e le idee dei colleghi che si erano dichiarati favorevoli alla tregua delle due Pasque e che, nel frattempo sono aumentati, superando il numero di 100; è funzionale perché contiene in pochissimi pensieri il tentativo di dar conto, attraverso la voce di uno solo, della densità di un coro. È, in questo senso, una sorta di modalità di servizio ai lavori di questo Parlamento.
Avevamo pensato ad altre modalità di interazione, già sperimentate, tuttavia ci è sembrato più rapido fare l'elenco che poi leggerò, scusandomi per la carenza di vivacità, dal momento che i cognomi non rappresentano materiale enfatico.
Siamo parlamentari della maggioranza, che voteranno a favore della risoluzione Mussi n. 6-00083 e che hanno sottoscritto l'appello per la tregua di Pasqua; riteniamo che in questi momenti drammatici debbano parlare, oltre ai Governi, anche i Parlamenti.
Dopo venti giorni di guerra gli obiettivi dichiarati fondamentali non sono stati raggiunti; continua la tragedia dei profughi e di tutte le popolazioni civili coinvolte, si accentua il rischio di una drammatica - e per noi inaccettabile - escalation verso un intervento di terra.
Chiediamo, perciò, che vengano fermati i massacri del regime serbo e le azioni di
Sul piano umanitario, ci sembra necessario utilizzare al meglio tutte le risorse disponibili, istituzionali e del volontariato, definire subito lo status giuridico dei profughi e promuovere interventi di aiuto con il diretto coinvolgimento degli enti locali italiani.
Prenderemo iniziative concrete per il necessario dibattito sulla riforma dell'ONU e della NATO, anche in occasione dell'incontro del 24 aprile prossimo e sulle prospettive di una forza di pace europea.
Voglio aggiungere una sola chiosa: o la pace verrà in tempi brevi, o resterà a lungo prigioniera. È questa la radice della nostra attenzione alla pace e la risposta al richiamo di Giovanni Paolo II, secondo cui non c'è guerra giusta e la pace è possibile.
Prego, onorevole Bianchi, può proseguire il suo intervento.
Desidero poi rivolgerle un altro monito, signor Presidente, perché so che è persona accorta e sensibile: cinquant'anni fa, quando i tedeschi invadevano altre nazioni, ognuno pensava «non è compito mio, non è cosa mia». Questa sera i serbi hanno cominciato ad invadere alcune zone dell'Albania: la prego, non faccia quell'errore, anche se non è cosa nostra è qualcosa di cui questo paese - e lei che ne è alla guida - deve sentire la responsabilità.
Questo per quanto riguarda l'estero, ma non dobbiamo dimenticare situazioni interne che non spingono certo all'ottimismo.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Buontempo.
Sono così esauriti gli interventi.