Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 501 del 10/3/1999
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Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(Piano di impresa dell'Ente poste e provvedimenti conseguenti)

PRESIDENTE. Cominciamo con l'interpellanza Aloi n. 2-01558 e l'interrogazione Aloi n. 3-02886 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 1).
Questa interpellanza e questa interrogazione, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.


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L'onorevole Aloi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01558.

FORTUNATO ALOI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, prima di procedere all'illustrazione dell'interpellanza, mi sia consentito di esprimere una rimostranza, rivolta ovviamente non alla persona del sottosegretario presente ma al Governo, rispetto ad un fatto che considero molto grave e che ho già avuto modo di denunciare in questa sede: mi riferisco al fatto che il Governo ha ricevuto una delegazione di rappresentanti degli enti locali di Reggio Calabria e della provincia e, pur essendo da tempo giacente senza risposta una serie di interpellanze ed interrogazioni presentate dal sottoscritto e da altri parlamentari della Calabria, non abbia avvertito il dovere di dare preliminarmente risposta a questi atti del sindacato ispettivo.
È un precedente, mi creda, signor rappresentante del Governo, che non deve ripetersi, perché non si tratta di un atto corretto dal punto di vista parlamentare ed istituzionale: al di là di ciò che può verificarsi anche sotto il profilo dell'emergenza, quando un parlamentare presenta atti del sindacato ispettivo, questi non può essere scavalcato da iniziative che vanno in direzione opposta della salvaguardia del principio della dignità della rappresentanza parlamentare. Preciso, perché resti agli atti, che il Presidente della Camera, recependo la mia protesta, qualche settimana fa ha assicurato che il Governo sarebbe stato investito di questa mia, ritengo legittima, rimostranza per un atto che, ripeto, considero grave, in quanto non soltanto formale ma riguardante il principio istituzionale del valore del Parlamento italiano e quindi del parlamentare, a qualsiasi schieramento egli appartenga.
Venendo alla questione oggetto della mia interpellanza, ma anche della mia interrogazione, devo osservare che, proprio grazie alla sollecitazione effettuata dal Presidente della Camera, ho ricevuto nel frattempo risposta ad altre mie interrogazioni a risposta scritta. Anche alla luce di tali risposte, credo che la mia illustrazione si debba muovere secondo una logica interpretativa di ciò che si sta verificando a Reggio Calabria, che è di una gravità estrema, signor rappresentante del Governo. Dal momento che le poste italiane, attraverso il processo di privatizzazione, si sono trasformate in società Poste italiane, la situazione investe tutti i dipendenti e le loro famiglie. Si è avviata, alla luce del piano di impresa, una ristrutturazione del settore che, a mio avviso ed anche secondo l'orientamento prevalente, va verso la logica della cosiddetta «politica della lesina». Posso capire tale azione come momento di organizzazione del settore, mentre non la capisco se diventa un'azione punitiva nei confronti di centinaia di dipendenti.
Mi rendo conto che per una azienda privata debba valere il rapporto costo-ricavi, cioè la logica del vantaggio che, in altri termini e per altri settori si chiamava profitto, e che fa parte della capacità di gestire un'impresa e produrre, oltre che risultati positivi sul piano dell'efficienza, anche esiti finanziari. Nel caso di specie, non si è seguita tale logica, perché siamo di fronte ad una azione di ridimensionamento dei cosiddetti Cuas, che, però, in nome della logica del piano d'impresa stanno subendo un ridimensionamento iniziale. Così si dice nella risposta che mi è stata fornita per iscritto, proprio sulla base di un dato oggettivo e cioè che buona parte del personale deve essere messo in mobilità.
Se dovessi citare, virgolettandole, le motivazioni che stanno alla base della risposta, dovrei specificare che si parla di collocazione in altri settori operativi, con modalità che la società si è impegnata a valutare (nel commento ho scritto un «sic», come fanno i giornalisti). Ma quali sono i criteri di valutazione, in quale direzione si muovono? È chiaro che, se la società Poste italiane riserva a se stessa l'autonomia di stabilire le modalità - e non potrebbe fare diversamente -, secondo parametri che non conosciamo, per muoversi non in direzione di una valorizzazione dell'efficienza e della funzionalità


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del servizio, come io ritengo opportuno e come pensano coloro che operano sul territorio, ma in direzione di un programma di ridimensionamento, anzi di graduale eliminazione di tutte le attuali sedi ed agenzie di coordinamento (è bene prestare attenzione a questo passaggio), deve porre come strutture operative di riferimento le filiali.
A tale proposito ci troviamo di fronte al fatto che la società ha aumentato il loro numero, a volte in maniera considerevole, come nel caso della Calabria; se, a prima vista, ciò può rientrare nell'ottica del decentramento e di una operatività funzionale, in realtà in questo modo si smembra la realtà funzionale delle attuali sedi ed agenzie creando, tra l'altro, una serie di problemi anche di ordine logistico. Si rende conto che un dipendente deve spostarsi da Reggio Calabria? È questo il concetto, perché le filiali non sono realtà che sorgono ex abrupto, di punto in bianco, con personale che viene nominato e promosso, ma vengono aperte utilizzando personale che si sposta, percorrendo oltre 100 chilometri, dalla sede di Reggio Calabria a quelle di Locri, di Crotone o di altre zone ad oltre 250 chilometri di distanza.
Si rende conto di quanti e quali problemi di ordine logistico - uso questo termine - si creino per il dipendente, per la famiglia e per tutto ciò che viene a muoversi?
Si tratta di un servizio che, secondo noi, va valorizzato e sostenuto in maniera diversa, utilizzando al meglio anche le varie strutture e tecnologie esistenti e che certamente potrebbero diramarsi dalla sede centrale anche nelle varie realtà del territorio.
Vi è, quindi, una grande preoccupazione, onorevole rappresentante del Governo, che investe 150 addetti ed oltre. Si sta determinando, come è affermato nell'interpellanza, una preoccupazione diffusa e sconcerto tra le famiglie dei lavoratori interessati dal rischio della mobilità forzata. Si parla, infatti, di mobilità, ma in una logica di mobilità forzata, che non può essere assolutamente accolta tout court dagli interessati, con la prospettiva della cassa integrazione, che, come lei sa, onorevole sottosegretario, rappresenta una spada di Damocle.
Infatti, alla luce della nuova normativa riferita al pubblico impiego ma anche ad altro tipo di occupazione, esiste la preoccupazione che, dopo la mobilità e la cassa integrazione guadagni, vi sia la prospettiva finale del licenziamento e, quindi, della disoccupazione.
Non si tratta di un discorso allarmistico, ma che fa parte della logica delle cose in una realtà drammatica quale quella di Reggio Calabria.
Onorevole rappresentante del Governo, lei è giovane e le posso dire che si tratta di una città che ha conosciuto situazioni molto gravi, come i fatti degli anni settanta - non mi stanco di ripeterlo -, quando tutta una città è esplosa e la protesta è durata un anno. Sono stati momenti drammatici: la questione del capoluogo poteva sembrare solo un episodio nell'ambito di un discorso più ampio, ma alla base vi era uno stato di grande, antica insoddisfazione, di delusioni e proteste, che poi ha trovato allora l'occasione per esplodere.
Il Mezzogiorno d'Italia ha questi problemi. Capisco la logica delle privatizzazioni, anche se non appartengo a coloro che ne hanno sposato la filosofia, perché ritengono che possano essere la panacea di tutti i mali: non è così, perché vi sono situazioni diverse, zona per zona, realtà per realtà, settore per settore.
Santo cielo! Si parla sempre del pubblico servizio, al quale va prestata un'attenzione particolare, laddove il rapporto costo-ricavo non sempre può valere in termini rigidi: si pensi alla sanità, alla scuola, al servizio delle poste.
Non chiediamo che la società non appronti il suo piano d'impresa, perché, vivaddio, ciò fa parte della logica di programmazione di qualsiasi azienda o società, ma che ci si renda conto che vi sono zone nelle quali la realtà economica è drammatica e non si verifica quello che succede al nord - non mi stanco di ripeterlo -, dove, se si perde un posto di


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lavoro, vi è la possibilità di trovare soluzioni alternative. A Reggio Calabria la perdita di un posto di lavoro è un dramma per la famiglia e per la parentela: pensi che su quattro giovani solo uno lavora.
Sono questi i fatti drammatici: non può arrivare una società che, nella logica di un piano d'impresa, decide di spostare un ufficio e di portarlo a 300 chilometri di distanza o di chiudere un'agenzia. Certo, si deve discutere - il filosofo direbbe: «calculemus» -: affrontiamo il problema e cerchiamo di trovare una soluzione. Mi creda: ho visitato proprio questi ambienti e gli uffici di questi dipendenti, che sono esasperati.
Conoscendo la sua sensibilità, onorevole Vita, vorrei che lei cogliesse il clima molto preoccupante che ho descritto. Mi auguro quindi che il Governo si ponga di fronte a questo problema con senso di responsabilità. Si parla tanto di occupazione, di società sviluppo Italia, di Mezzogiorno, ma non vorrei che tutto ciò fosse solo un flatus vocis, cioè parole che finiscono per restare tali. Mi auguro che all'impegno del Governo poi seguano i fatti perché, al di là delle singole posizioni, noi calabresi abbiamo una grandissima sensibilità nei confronti di decisioni che coinvolgono problemi di sviluppo. È per questo che ribadiamo la necessità di dare risposte concrete sul piano dello sviluppo, il quale non può attuarsi se non attraverso la difesa dei posti di lavoro o l'incremento dell'occupazione, che è un punto cruciale per qualsiasi tipo di sviluppo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le comunicazioni ha facoltà di rispondere.

VINCENZO MARIA VITA, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Rispondiamo a due atti parlamentari di contenuto analogo dell'onorevole Aloi, che ringraziamo per il rilievo delle questioni poste, pur dovendo noi premettere (non è la prima volta che dobbiamo fare questa precisazione) che, a seguito della trasformazione dell'Ente poste italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato per la parte riguardante la gestione aziendale che, come è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Ciò premesso, abbiamo comunque interessato la società Poste italiane in merito alle questioni poste dall'onorevole Aloi. Le Poste italiane ci hanno risposto innanzitutto sottolineando che il piano di impresa 1998-2002, approvato dal consiglio di amministrazione delle poste Spa il 7 ottobre 1998, si propone di fronteggiare l'attuale stato di crisi della società al fine di pervenire ad un'organizzazione efficiente del settore postale in grado di garantire l'universalità del servizio e perseguendo altresì anche un buon risultato d'impresa negli ampi segmenti di mercato ormai aperti alla concorrenza.
La necessità di conseguire standard qualitativi adeguati, contenendo per di più i costi di gestione, nonché l'opportunità di rendere più chiare le responsabilità gestionali, anche allo scopo di migliorare il rapporto con la clientela, hanno comportato la scelta, non tanto nella regione che lei ha qui evocato, ma più in generale a livello nazionale, di semplificare per quanto possibile l'organizzazione della rete territoriale articolandola ora su due livelli.
A tale proposito - sempre le Poste Spa - hanno precisato di aver previsto la graduale eliminazione, a partire dal mese di gennaio 1999, di tutte le attuali sedi e delle agenzie di coordinamento, i cui compiti istituzionali sono risultati sovrapposti a quelli delle filiali, e di aver posto come struttura operativa di riferimento le filiali alle quali fanno capo gli uffici postali ed i recapiti.
Al fine di assicurare il coordinamento delle filiali di una o più regioni nel quadro di tale nuovo modello organizzativo è stata creata la funzione del direttore regionale. La medesima società poste, per rendere operativa tale nuova struttura, con ordine di servizio del 16 dicembre 1998, ha elevato il numero delle filiali


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da 99 a 139 tra cui, nella regione Calabria, quattro nuove: Castrovillari, Crotone, Locri e Vibo Valentia.
Nello stesso piano sono stati ridisegnati - tenendo conto dei bacini di utenza - i centri di meccanizzazione postale (Cmp) ed i centri unificati di automazione (Cuas) e, per quanto riguarda la regione Calabria, è previsto un ridimensionamento del Cuas di Reggio Calabria e del Cmp di Lamezia Terme.
In particolare, nel Cuas di Reggio Calabria si procederà alla riduzione del personale ivi impiegato, in connessione con la diminuzione delle attività svolte, mentre per il Cmp di Lamezia Terme è all'esame la possibilità di interrompere l'attività del settore meccanizzato dei pacchi.
In entrambi i casi, le unità in esubero verranno ricollocate in altri settori operativi del territorio, con modalità e tempi che la società si è impegnata a valutare attentamente, in modo da assecondare il più possibile le esigenze del personale interessato ai movimenti in parola.
Nel sottolineare che tali iniziative riguardano la regione Calabria al pari di tutto il resto del territorio, la società Poste italiane ci ha anche comunicato di aver chiarito con le locali organizzazioni sindacali sia le ragioni che sono alla base della riformulazione del piano, sia i risultati che dall'applicazione dello stesso la società si aspetta di raggiungere ai fini dello sviluppo e della redditività aziendale, che sono presupposti per la salvaguardia dei livelli occupazionali.
Tuttavia, nonostante l'impegno profuso dalla società Poste italiane, le medesime organizzazioni dei lavoratori hanno ritenuto di proclamare ugualmente lo stato di agitazione, che si è concretizzato con l'astensione dal lavoro dei dipendenti il giorno 16 novembre 1998.
Vorrei, infine, sottolineare che per parte nostra - ancorché indirettamente responsabili della gestione - siamo stati sollecitati anche dalle iniziative dell'onorevole Aloi ed abbiamo, proprio sul caso calabrese, aperto una verifica puntuale per comprendere le ragioni di un disagio, di cui ci rendiamo conto, che va al di là della nostra risposta; risposta che si è voluta attenere ad alcune riflessioni che ci sono state comunicate dall'ente poste Spa.
Ci riserviamo, quindi, di ritornare su questo caso così delicato, trattandosi di una regione che ha una notevole importanza anche nel comparto postale.

PRESIDENTE. L'onorevole Aloi ha facoltà di replicare.

FORTUNATO ALOI. Onorevole rappresentante del Governo, non le dirò che la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni. Le dirò semplicemente che la risposta dell'ente - o della società - Poste italiane era scontata. Già in passato, ho ricevuto analoga risposta - negli stessi termini, con le stesse parole e con le stesse frasi - ad altri miei atti di sindacato ispettivo.
Il fatto che da parte dell'ente poste si dica che, in fondo, le sedi e le agenzie attuali, secondo la logica del piano di impresa, vengono ad essere - come dico io - smobilitate o - per usare un eufemismo - ridimensionate in funzione alternativa rispetto alle filiali, non può assolutamente significare un discorso di ristrutturazione funzionale. La società Poste italiane, in sostanza, afferma che ciò che è avvenuto in Calabria sta avvenendo anche in altre regioni.
Do atto al sottosegretario di Stato per le comunicazioni di aver fatto presente, nell'ultima parte del suo intervento, che, in effetti, una grande attenzione deve essere rivolta alla realtà territoriale della Calabria: non si può pensare di trattare con lo stesso parametro la regione Calabria e, ad esempio, la regione Piemonte. È ovvio che la prima ha gravissimi problemi.
Il compartimento delle poste di Reggio Calabria riguardava un ampio bacino di utenza, che investiva non soltanto la Calabria, ma anche parte della Lucania e della Campania; rappresentava qualcosa di notevole, secondo le vecchie logiche della strutturazione dell'ente poste di altri tempi.
Sono preoccupato, signor rappresentante del Governo, perché ogni qualvolta


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si parla di riforme esse sono peggiorative. Non c'è riforma che non vada a scardinare una realtà strutturale che aveva una sua logica ed una sua funzionalità: a partire dalla riforma della scuola fino a quella della sanità, possiamo vedere gli sconvolgimenti che si stanno determinando. Dico questo non perché voglia farmi paladino del vecchio, ma perché ogni modifica deve tener conto della realtà in cui deve essere attuata e quando si prendono a modello esperienze di altri paesi non ci si rende conto che esse obbediscono a culture, a filosofie, a strutture ed a patrimoni diversi dai nostri.
Le do atto, signor rappresentante del Governo, con molta onestà, dello spiraglio esistente nell'ultima parte del suo intervento in relazione ad una verifica da effettuare. Lei ha fatto bene, infatti, a ricordare che le rappresentanze sindacali si sono mobilitate; c'è stato lo sciopero del 16 di novembre, se non erro, ma a questo punto la situazione è ancora più pesante di allora: vedrà cosa succederà nei prossimi giorni, quando la gente sarà completamente esasperata. L'Ente poste non può usare il bilancino e stabilire rapporti di perequazione tra regione e regione pensando di avere a che fare con schemi astratti e senza riferimento alla realtà umana. Vi è quindi bisogno di una particolare attenzione del Governo su tale questione. Noi torneremo sul problema, signor sottosegretario, noi - mi consenta il termine - vi incalzeremo, non recederemo dal nostro atteggiamento. La società Poste italiane è inadempiente sotto molti profili, anche in riferimento all'accorpamento del compartimento della Calabria con quello della Basilicata, con nomine di vertici su cui vorremmo effettuare delle verifiche, per accertare se siano legate ad effettivi criteri di qualificazione professionale oppure se siano entrati in gioco altri elementi che con tale qualificazione non hanno nulla a che fare.
Vorremmo insomma che il Governo si facesse carico della questione, perché lo spiraglio da esso aperto con l'accenno ad un esame del disegno tracciato dalle Poste deve costituire a nostro avviso non solo una dichiarazione di principio, ma un vero momento di verifica continua e costante. Se, infatti, la politica della società Poste italiane in Calabria è quella di procedere alla spoliazione di alcune realtà costituite da soggetti che hanno avuto una funzione, di giocare con i problemi dell'occupazione, con la disperazione della gente, ho la sensazione che ciò che si prepara in astratto a tavolino potrà provocare - Dio non voglia! - brutte sorprese. Ecco perché il Governo deve assumersi la responsabilità di seguire ciò che avviene in Calabria. Ricordate che i francesi dicevano: governare è anche prevedere.

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