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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, fatto a L'Aja il 6 febbraio 1997.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
CARLO LEONI, Relatore. La risoluzione n. 825 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite istituisce il tribunale internazionale competente per le gravi violazioni del diritto umanitario commesse nei territori dell'ex Jugoslavia.
base ad un provvedimento di custodia cautelare emesso dal tribunale internazionale.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
RINO SERRI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo concorda con quanto detto dal relatore.
PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.
FABIO CALZAVARA. Anche questo provvedimento merita un'attenzione particolare da parte della lega nord per l'indipendenza della Padania.
nella legge 14 febbraio 1994 n. 120, recante disposizioni in materia di cooperazione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Niccolini. Ne ha facoltà.
GUALBERTO NICCOLINI. Signor Presidente, è chiaro che anche il gruppo di forza Italia è favorevole alla ratifica ed alla esecuzione dell'accordo al nostro esame, ma credo che non possiamo esimerci dal rilevare come l'istituzione del tribunale internazionale per l'ex Iugoslavia si stia dimostrando un atto di grande ipocrisia internazionale. Da una parte, accontentando l'opinione pubblica mondiale, diciamo che è giusto condannare i crimini che sono stati perpetrati in quella zona in un certo periodo (che non sono stati altro che la ripetizione di altri crimini commessi nella stessa zona in altre fasi storiche) ma, nello stesso tempo, sappiamo che le truppe dislocate nella Bosnia Erzegovina hanno l'ordine ufficiale di arrestare i criminali e l'ordine sotterraneo di non farlo.
seguito da vicino tutta una serie di operazioni, lo stesso comandante delle forze chiamate a vigilare sugli accordi di Dayton, che era un francese, ci disse che l'ordine ufficiale era di arrestare i criminali, mentre l'ordine che dava alle sue truppe era di non farlo, a meno che non li avessero incontrati per caso in un bar e che costoro, dopo averli visti due o tre volte, fossero rimasti.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Fei. Ne ha facoltà.
SANDRA FEI. Intervengo per aggiungere qualche considerazione a quanto osservato dal collega di forza Italia, nella ricerca di ruoli complementari all'interno di un Polo che si trova tendenzialmente d'accordo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, Onorevole Leoni, ha facoltà di svolgere la sua relazione.
L'attività del tribunale, che ha sede a L'Aja, è disciplinata da uno statuto che indica la fattispecie di violazione del diritto umanitario e le competenze del tribunale per il perseguimento delle persone responsabili di dette violazioni commesse nei territori dell'ex Jugoslavia dal 1991.
Gli Stati membri sono tenuti a collaborare seguendo le richieste del tribunale relativamente all'acquisizione di prove, all'identificazione, alla individuazione, all'arresto, alla detenzione, alla consegna e al trasferimento delle persone.
L'Italia fu tra i primi paesi europei ad adeguare la propria legislazione con il decreto-legge del 28 dicembre 1995, convertito con modifiche nella legge 14 febbraio 1994, n. 120. Il ministro di grazia e giustizia è l'interlocutore del tribunale ai fini della cooperazione ed è stabilita la prevalenza della giurisdizione del tribunale internazionale su quella nazionale.
Il presente disegno di legge, già approvato dal Senato, ratifica l'accordo tra il Governo italiano e le Nazioni Unite, firmato a L'Aja il 6 febbraio 1997, teso a rendere esecutive le sentenze del tribunale in conformità con quanto stabilito dal suo statuto. L'articolato interviene poi sulla durata e sulle condizioni della detenzione, sulla eventualità di misure alternative, sulla trasmissione di informazioni, sui casi di evasione e di decesso, sulle spese di trasferimento e su quelle relative all'esecuzione della sentenza.
La Commissione ha accolto un emendamento presentato dal Governo, che tende a disciplinare l'arresto, in caso di urgenza (una fattispecie non prevista nella legge del 1994), della persona ricercata in
La Commissione all'unanimità ha dato mandato al relatore di riferire favorevolmente sul disegno di legge in oggetto; per tale motivo chiedo all'Assemblea di approvarlo.
Relativamente al disegno di legge n. 4878, di cui oggi iniziamo la discussione, concernente la ratifica e l'esecuzione dell'accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, fatto a L'Aja il 6 febbraio 1997, desideriamo porre l'accento sull'istituzione di detti tribunali delle Nazioni Unite, che hanno il compito (riproponendo la formula di Norimberga) di giudicare persone accusate di aver commesso o di essere stati complici consenzienti di crimini gravi per la loro efferatezza, sistematicità o vastità contro la popolazione civile e che possono essere etichettati come crimini contro l'umanità.
Si ricorda che nel ventesimo secolo il massacro di massa venne razionalizzato. L'introduzione del servizio militare obbligatorio e il processo tecnologico furono causa, da un lato, di espansione dei conflitti di monopolizzazione e rafforzamento dell'apparato statale e, dall'altro, portarono gli Stati a regolamentare le loro guerre con accordi o leggi internazionali, come poi avvenne nel 1907, a L'Aja con la convenzione sull'ordinamento della guerra terrestre.
Ciò che la seconda parte del ventesimo secolo ha visto è un nuovo genere di guerra di massa, particolarmente cruenta e sempre più frequente: quella civile che, fino al crollo del muro di Berlino, nella logica dei due blocchi contrapposti, fu strumento di politica estera delle grandi potenze.
Le fazioni in lotta erano, al contempo, pedine di un gioco ben più vasto dei confini nazionali in cui il conflitto aveva luogo.
Come in molte situazioni, vi è però anche un altro registro di lettura: dalla guerra, metodo con cui si sono arricchite, senza fare retorica o atto d'accusa, molte delle grandi famiglie industriali della terra, si è ora passati ad una forma di dominio internazionale meno cruenta e altamente più redditizia.
La globalizzazione dell'economia e delle finanze permettono a chi fa parte dei vari club di Stati o imprenditori un vasto dominio dei mercati dei propri interessi: ciò, in definitiva, era il fine di molte guerre del passato.
La guerra, quando è in atto, è momento di disturbo per i mercati finanziari; nelle fasi postbelliche è invece occasione di investimenti e di appalti per la ricostruzione, quindi di lavoro. Per gli operatori economici e finanziari è comunque molto più redditizio, anche perché non soggetto a restrizioni, agire in un sistema internazionale stabile e tranquillo, scevro da situazioni di disturbo, specialmente se queste possono prolungarsi nel tempo con evoluzioni non prevedibili e non controllabili. La guerra è, in definitiva, una perdita di investimenti e di mercati finanziari.
La ratifica in oggetto è un accordo con il quale l'Italia si impegna a dare un'esecuzione a condanne inflitte dal tribunale internazionale, previa sottoposizione della richiesta alle competenti autorità nazionali, ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 28 dicembre 1993, n. 544, convertito
L'articolo 27 dello statuto del tribunale internazionale, annesso alla risoluzione n. 827 del Consiglio di sicurezza del 25 maggio 1993, stabilisce che la pena inflitta dal tribunale debba essere scontata in uno Stato individuato dal tribunale medesimo tra quelli presenti nella lista che abbiano espresso al Consiglio di sicurezza la loro disponibilità ad accettare persone condannate dal tribunale. Lo Stato può, successivamente alla condanna, informare il tribunale che non vi è la possibilità di dare corso alla sentenza (ciò è previsto dall'articolo 10).
Le spese di trasferimento del condannato sono a carico del tribunale, mentre quelle derivanti dall'esecuzione della sentenza sono a carico dello Stato richiesto, salvo accordi diversi. Vale però la pena di ricordare che, nel caso di azioni criminali compiute nella ex Jugoslavia, i mandanti governativi sono ancora a piede libero ed hanno chiaramente mostrato al mondo che non verranno mai giudicati, almeno sino a che ciò non farà comodo alla comunità internazionale la quale - se intendiamo la volontà dei Governi - non pare essere particolarmente interessata ad agire. Basti pensare, per esempio, al processo contro Pinochet o ai tanti Capi di Governo di Stati africani ex colonie francesi, che, malgrado i crimini compiuti contro la dignità dell'uomo, ovvero dei loro popoli, sono stati accettati ed invitati nei consessi della comunità internazionale e dei singoli paesi.
L'istituzione di questi tribunali risponde ad un'esigenza più volte sostenuta dalla società civile e, talvolta, dai Governi che sono favorevoli a far condannare chi ha commesso azioni criminali di guerra o in tempo di pace particolarmente violente che abbiano concorso a mettere in pericolo la sicurezza della comunità internazionale.
È la volontà di dar voce al lamento di milioni di uomini, donne e bambini che in questo secolo sono stati vittime di atrocità inimmaginabili. Si tratta di crimini gravi che hanno minacciato la pace, la sicurezza e lo status quo della comunità internazionale che, per scoraggiare il risorgere di situazioni analoghe, chiede la cooperazione internazionale per mettere fine all'impunità di coloro che perpetuano tali crimini, affermando che è dovere di ogni Stato esercitare la propria giurisdizione penale contro chi è responsabile di crimini internazionali. Ora, però, si debbono avviare discussioni non tanto sull'esigenza di autorizzare la ratifica di questi accordi (necessari anche dal punto di vista morale), quanto sul fatto che tali accordi debbono essere integrati da nuove disposizioni che li rendano veramente efficaci, credibili ed accettati a livello internazionale.
Concludo ricordando che la conferenza dei plenipotenziari delle Nazioni Unite sull'istituzione di un tribunale penale internazionale, tenutasi nella sede della FAO dal 15 al 17 giugno 1998, è passata purtroppo quasi inosservata dal Parlamento italiano e dalla III Commissione.
Quando ci siamo recati a visitare quei paesi nel corso di una missione ufficiale durata molto tempo, nella quale abbiamo
L'ordine ufficiale, dunque, è di stare molto attenti perché, evidentemente, i personaggi alla Karadzic ed alla Mladic - persone di quel livello -, siano essi serbi, bosniaci o croati, hanno armi di ricatto e sono in possesso di informazioni che nel resto del mondo non debbono essere conosciute; quindi è meglio non arrestarli così non parlano. Ad essere arrestati sono i soggetti di secondo piano, i sergenti maggiori, quelli che hanno stuprato venticinque donne in una palestra o che hanno ammazzato tre persone, ma sempre eseguendo ordini superiori; ordini che non si saprà mai da chi siano stati impartiti, oppure, anche se ciò verrà reso noto, i responsabili non verranno mai arrestati.
Voteremo dunque a favore del disegno di legge di ratifica, sapendo però che si tratta di un grande atto di ipocrisia internazionale e gli avvenimenti che si stanno succedendo oggi nel Kosovo lo dimostrano.
Ancora una volta assistiamo all'impotenza dell'occidente a fermare stupri, stragi e quant'altro sta avvenendo in un altro territorio sempre, però, della stessa zona e sempre nella stessa logica: quella che guida la guerra dei Balcani dal 1990 ad oggi.
Teniamo allora presente questi dati. Voteremo a favore e speriamo che il tribunale possa funzionare, con la consapevolezza però che il grande contesto internazionale preferisce non sapere in quale bunker ed in quali ville quei personaggi siano nascosti, né dove stiano trascorrendo serenamente e tranquillamente la loro vita, avendo sulla coscienza migliaia e migliaia di morti.
Naturalmente anche alleanza nazionale è favorevole alla ratifica dell'accordo in oggetto. Il collega Niccolini ha però illustrato l'ipocrisia che spesso sta dietro questo tipo di ratifiche, considerando che, peraltro, questo Parlamento (posso testimoniarlo in qualità di membro della III Commissione) ha spinto il Governo ed è stato da stimolo affinché si arrivasse a questo tipo di accordo; la Commissione, forse, lo ha fatto con molto più idealismo di quanto non sia stato descritto dall'onorevole Niccolini.
Vorrei allora chiedere, senza alcuna volontà di polemica, che finalmente, visto che l'Italia ha bisogno di ricostruire una vera credibilità europea (che tutti i governi di passaggio difendono, ma che, tuttavia, come sappiamo benissimo, di fatto, quando si va a parlare all'estero e quando si deve riuscire ad ottenere qualcosa, non ha nella misura in cui invece potrebbe e dovrebbe avere), si faccia uno sforzo per contribuire a far sì che quella ipocrisia di cui si è detto venga meno, tanto più in un caso del genere, che riguarda paesi a noi molto vicini, dei quali in qualche modo ci dovremmo sentire responsabili, almeno nell'individuazione di fondamentali soluzioni di pace.
Credo che, se il Governo potesse prometterci seriamente e non in maniera ipocrita di lavorare con impegno per rendere più operativa e reale tale convenzione, anche i gruppi del Polo presenti in aula voterebbero a favore con molto più piacere e soddisfazione di quanto pensino di fare ora, senza le rassicurazioni del Governo.