Seduta n. 471 del 26/1/1999

Back Index Forward

Pag. 41


...
(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pasetto. Ne ha facoltà.

GIORGIO PASETTO. Signor Presidente, il dibattito sulle mozioni presentate in ordine ai processi di privatizzazione ha avuto, se ne è avuto sentore in coda alle questioni procedurali che sono state poste, un andamento sussultorio. Ciò nonostante


Pag. 42

le questioni che riguardano il processo di privatizzazione abbiano una grande rilevanza sia per quanto riguarda il risanamento dei conti pubblici sia per i processi di modernizzazione della nostra politica industriale.
Per quanto ci riguarda, noi popolari affermiamo che non posiamo condividere la mozione presentata dal Polo non soltanto per questioni di schieramento ma soprattutto per i suoi contenuti. La mozione, che è stata presentata alcuni mesi or sono, non coglie gli elementi di novità ed i risultati che il processo di privatizzazione ha in qualche misura raggiunto. I colleghi del Polo sanno bene, pur avendo dimostrato difficoltà ad ammetterlo, quanto il processo di privatizzazione, unitamente alla straordinaria riduzione dei tassi avvenuta in quest'ultimo anno, abbia contribuito, per oltre 80 mila miliardi, all'opera di risanamento finanziario del nostro paese, favorendo la riduzione del debito pubblico e, conseguentemente, il nostro ingresso in Europa.
Il sottosegretario Pinza ha sottolineato, molto opportunamente, che al di là del raggiungimento di questo obiettivo il processo di privatizzazione ha favorito il propagarsi dell'azionariato diffuso e, quindi, l'ingresso nel mercato dei piccoli risparmiatori, come ci dimostrano le privatizzazioni dell'ENI, della Telecom, della Banca nazionale del lavoro. In ciò risiede anche la specificità del processo di privatizzazione in Italia rispetto a quello avvenuto in altri paesi europei. Inoltre, privatizzazioni che apparivano molto difficili, come quella della Banca nazionale del lavoro, si sono recentemente concluse positivamente, sia sul terreno dell'apporto finanziario sia sul versante del consenso riscontrato sul mercato.
Non abbiamo alcuna difficoltà a riconoscere come le mozioni presentate possiedano comunque il pregio di aver riaperto un confronto in Parlamento e di aver favorito una maggiore puntualizzazione da parte del Governo in ordine al processo di privatizzazione, che condividiamo. Analogamente, non possiamo ignorare che, proprio in questi giorni, da una parte, ha avuto inizio l'esame del cosiddetto decreto Bersani relativo al riassetto del mercato elettrico e, dall'altra, è all'esame della Commissione trasporti il completamento del processo di privatizzazione degli aeroporti di Roma; un processo che ci auguriamo possa avvenire il più rapidamente possibile, all'interno di un quadro che tenga presente la necessità di valutare con la massima attenzione quali debbano essere le misure atte a garantire il ruolo del sistema aeroportuale italiano, con vantaggi per la crescita e lo sviluppo dello stesso e nel rispetto delle indicazioni formulate dalle autorità comunitarie competenti.
Di valore diverso è in parte il ragionamento per quanto riguarda la privatizzazione dell'ENEL ed il riassetto del mercato elettrico. In primo luogo merita grande attenzione, da questo punto di vista, l'attesa per il confronto che si sta svolgendo all'interno della Commissione attività produttive. A nostro avviso, l'obiettivo del riassetto deve essere quello dell'apertura del mercato elettrico, condizione essenziale per la privatizzazione della società, fermi restando comunque gli impegni, presi dal Governo Prodi e riconfermati dal Presidente D'Alema, per il mantenimento del controllo in mano pubblica e, nel corso dell'opera di riassetto, per il compimento di tutti gli sforzi utili al raggiungimento di un'intesa sulle possibili modifiche al provvedimento, affinché siano efficacemente tutelate le piccole e medie imprese, in particolare quelle del Mezzogiorno, e si favorisca in qualche misura lo sviluppo delle aziende municipalizzate del nord.
È per queste ragioni che, pur riconfermando la volontà di procedere con maggiore speditezza, ma anche con maggiore accortezza, al processo di privatizzazione, respingiamo il furore privatistico contenuto nella mozione del Polo e, viceversa, auspichiamo che i progressi compiuti nel processo di privatizzazione si affianchino ad una più precisa linea del Governo in ordine alle politiche industriali. Auspichiamo che questo processo non sia unicamente improntato al perseguimento


Pag. 43

dell'azione di risanamento finanziario ed alla conseguente riduzione del nostro debito pubblico, ma rappresenti l'opportunità di avviare, insieme al risanamento, un rafforzamento del nostro sistema industriale, con la diffusione dell'azionariato, come è avvenuto nel caso dell'ENI, ed un irrobustimento del nostro sistema imprenditoriale, in particolar modo nel Mezzogiorno, nonché un aumento del grado di europeizzazione del nostro paese.
Per noi popolari e democratici un programma di privatizzazioni efficace deve essere improntato al raggiungimento dell'obiettivo di non rafforzare le posizioni dominanti e di evitare che si instaurino ingiuste situazioni di vantaggio a favore di determinati gruppi di interesse o, peggio, che vengano effettuate operazioni speculative. Quello che in definitiva auspichiamo è che si faccia non soltanto presto, ma soprattutto bene, e che il processo di privatizzazione migliori il nostro sistema industriale.
Concludendo queste brevi dichiarazioni, ci auguriamo che il dibattito abbia comunque arricchito la conoscenza del Parlamento. Do atto ai presentatori delle mozioni, ripeto, di avere in qualche modo sollecitato la riapertura di un confronto sulle questioni connesse al processo di privatizzazione, ma credo che questo dibattito abbia anche fornito al Governo elementi di valutazione ed indicazioni utili a proseguire sul cammino positivamente avviato. La risoluzione di maggioranza non è una fuga dall'assunzione di responsabilità, è innanzitutto la sottolineatura dell'impossibilità di accettare le valutazioni con le quali il Polo ha accompagnato la presentazione della sua mozione.
Credo che questa sia anche l'occasione per sollecitare, come del resto il Governo ha già annunciato, una discussione in ordine alla presentazione del disegno di legge sul riordino delle procedure di privatizzazione, affinché queste siano collegate a processi di ammodernamento del nostro sistema industriale.
È per tali ragioni che non soltanto respingiamo la mozione del Polo, ma auspichiamo e sollecitiamo un percorso coerente, tra l'altro fissato dal documento di programmazione economico-finanziaria, e riteniamo necessario tornare su tale argomento in un contesto normativo maggiormente definito dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la mozione sulle privatizzazioni era stata presentata dai gruppi del Polo nel mese di luglio. Faccio questa premessa perché, quando il rappresentante del Governo afferma che alcune questioni sono superate e che altre sono state accolte da atti del Governo, che peraltro potrebbero essere oggetto di discussione, ritengo vada sottolineata - in questo caso mi rivolgo più alla Presidenza che al Governo - l'inefficacia della norma regolamentare che riserva un quinto dello spazio di discussione alle proposte dei gruppi di opposizione.
È evidente, onorevole Pinza, che tale spazio serve anche a sollecitare il Governo, ma è logico che la fruizione dello stesso deve essere correlata a tempi certi, altrimenti abbiamo un diritto teorico che viene vanificato dallo scorrere del tempo. Ad esempio, la nostra mozione si soffermava sulla vicenda della BNL; oggi 26 gennaio qualcuno, leggendo gli atti parlamentari, potrebbe pensare che i deputati che hanno sottoscritto quella mozione non leggono neanche i giornali, mentre noi sappiamo, naturalmente, che la situazione della BNL è cambiata, anche se potremmo comunque intervenire, come ha fatto l'onorevole Armani in sede di discussione sulle linee generali, sul modo in cui è stata realizzata tale privatizzazione, esternando perplessità e preoccupazioni.
La prima considerazione, che riguarda più i lavori dell'Assemblea che i rapporti con il Governo, si riferisce quindi alla necessità di un tempestivo e razionale


Pag. 44

rispetto dell'opportunità che abbiamo, altrimenti le discussioni vengono in parte depotenziate. Resta comunque l'attualità del problema e, cari amici della maggioranza, la scarsa chiarezza delle vostre posizioni.
Il dato più rilevante di questo dibattito, lo dico soprattutto ai colleghi che, non interessati strettamente alla materia, non capiscono che cosa sia accaduto esattamente, è che il gruppo comunista aveva presentato, a prima firma dell'onorevole Nesi, autorevole esponente della maggioranza di Governo, una mozione con la quale chiedeva sostanzialmente una moratoria delle privatizzazioni; tale mozione, adesso ritirata, si concludeva infatti con la richiesta di bloccare tali processi fino a quando non venisse chiarita una serie di punti illustrati nella mozione stessa.
La maggioranza di Governo non aveva presentato risoluzioni e i colleghi dell'UDR avevano presentato una mozione che, in qualche modo, riassumeva opinioni che in parte anche noi abbiamo espresso. Il Governo ci ha fatto tardivamente, attraverso il sottosegretario Pinza, un «raccontino» della vicenda senza assumere, nei tempi a nostro avviso rispondenti alle norme regolamentari, una sua posizione, e oggi l'onorevole Nesi ha ritirato la sua mozione. Onorevole Nesi, forse vi è un cambio della guardia dei comunisti d'Italia, che organizzano convegni «sull'ENEL al buio» e che poi, alla luce del Parlamento, si allineano in cambio di qualche poltrona di potere ai diktat della maggioranza. Ciò non va ad onore suo, dell'onorevole Cossutta e del suo gruppo che improvvisamente, dopo aver presentato una mozione ed aver svolto determinati interventi, per esigenze «poltronizie», per una maggioranza che scricchiola da tutti i punti di vista, la ritira.
Tutto ciò la dice lunga sulla credibilità di questa maggioranza, che non esiste su una serie di questioni: non esiste sulle politiche istituzionali, sulle riforme, sulla legge elettorale, sulle politiche della sicurezza e dell'immigrazione; su quest'ultimo tema, si guardi lo scontro in atto tra Scognamiglio, Jervolino ed altri.
Non sappiamo, infatti - al di là di un voto della maggioranza che, come una pecetta, può concludere questo dibattito - quale sia l'orientamento reale. Rileviamo allora questi dati politici, che era nostra intenzione sottolineare con la mozione che abbiamo presentato proprio per chiedere maggiore speditezza nel processo di privatizzazione, per richiamare il Governo alle sue responsabilità (la mozione era addirittura diretta ad un altro Governo), per rilevare che questo Governo ha una maggioranza un po' strana. Non capisco peraltro se il ritiro da parte del gruppo dei comunisti italiani della mozione con cui si volevano bloccare le privatizzazioni corrisponda ad un ripensamento e se, conseguentemente, l'onorevole Nesi ed i suoi colleghi siano diventati improvvisamente liberali, liberisti e privatizzatori, oppure se, siccome Diliberto e qualcun altro al Governo hanno già tanti guai, si è ritenuto opportuno comportarsi così. Credo che questo sia motivo di riflessione per gli elettori e i militanti di rifondazione comunista ed è una questione che sottoponiamo alla riflessione in questa diaspora e spaccatura della sinistra, a beneficio di chi, come Bertinotti ed altri, mantiene una posizione un po' più coerente ed ha rinunciato a stare nella maggioranza, mentre altri sono non solo nella maggioranza ma anche nel Governo.
Nel merito, caro Pinza, restiamo convinti che alcune operazioni siano state condotte male: per esempio, si è riusciti a condurre la vicenda Telecom con improvvisazione, vi sono state scelte sbagliate del management, vi è stato il deprezzamento del titolo, si ha il controllo dell'azienda con lo 0,6 per cento detenuto dai soliti potenti di area FIAT. Siamo convinti che vi siano ritardi nel campo dei trasporti, degli aeroporti, delle autostrade, settori in cui un moderno ed efficace processo di privatizzazione potrebbe migliorare la qualità dei servizi ed assicurare le cose indispensabili: pensiamo, per esempio, all'ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria, di cui si parla da tempo (e ne parla anche questo Governo); basta però transitarla, come ho fatto quarantotto ore


Pag. 45

fa, dall'inizio alla fine per l'ennesima volta, per constatare che è come e peggio di prima.
Ci chiediamo inoltre perché non vengano attivati i fondi aperti, che sono la struttura fondamentale per attrarre risparmio e realizzare un processo di privatizzazione adeguato: fra l'altro, sollecitiamo le privatizzazioni ma siamo anche preoccupati perché la situazione congiunturale è molto delicata e debole, abbiamo tassi di crescita che certamente non corrispondono alle previsioni, vi sono fattori esterni provenienti dal Brasile e forse da altre nazioni che si abbatteranno sui mercati. Non attivare i fondi aperti sottrae al mercato risorse che potrebbero rendere più moderne e trasparenti le privatizzazioni: questo è il problema, fra l'altro in una fase in cui la riduzione del tasso di sconto e della remunerazione dei titoli pubblici potrebbe, attraverso strumenti finanziari moderni, indirizzare ed orientare il risparmio interno verso obiettivi virtuosi, cioè nella direzione del sostegno di sani processi di privatizzazione.
Restiamo quindi convinti che la nostra mozione indichi obiettivi utili per i processi economici del paese: alcuni sono stati raggiunti, afferma il sottosegretario, ma io non credo sia così. Vedremo cosa avverrà con l'uso delle golden share, sottolineato nella nostra mozione, ma anche le recenti decisioni vanno nella direzione del minor condizionamento della vita aziendale; vedremo, per esempio, sulla questione fondamentale dei fondi aperti, se vi saranno decisioni che non intravediamo e che invece riteniamo urgenti per evitare un mercato azionario asfittico. Come ha sottolineato nel suo intervento l'onorevole Armani, la borsa di Milano è ancora una cosa ridicola rispetto ai grandi mercati azionari di tutto il mondo: dobbiamo quindi far crescere una cultura moderna nel campo della finanza e del risparmio.
Vogliamo conoscere gli orientamenti del Governo, perché quanto ha detto stasera il sottosegretario Pinza è insufficiente, non ci soddisfa. Anche le vicende del comparto elettrico sono ancora lente e confuse e la maggioranza di Governo è traballante, perché Nesi ha ritirato la mozione ma, come ricordavo prima, in passato i comunisti italiani hanno espresso una posizione diversa, almeno apparentemente (non so se adesso ritirerete anche le posizioni espresse nei convegni) ed ora non sappiamo quale sarà la decisione della maggioranza e del Governo. Riteniamo quindi che vi sia molto da fare e molto da chiarire, perché siamo ancora indietro: sì, alcuni passi sono stati compiuti, ma a volte male. Citavo la vicenda Telecom, ma anche nel caso della BNL, cari rappresentanti del Governo, non si è ancora capito il destino del Banco di Napoli, né i rapporti tra BNL e INA: abbiamo necessità di conoscere il futuro del sistema bancario per realizzare dei punti di forza.
Come sostengono autorevoli esponenti del mondo economico e finanziario, temiamo che, più che entrare l'Italia in Europa, stia entrando l'Europa in Italia, anche attraverso forme di presenza economica e finanziaria, e che quindi vi sia il rischio che, nel momento dell'integrazione dei mercati, non vi siano dei punti di forza che possano consentire al sistema bancario di competere alla pari con le altre concentrazioni europee. C'è un dinamismo, oramai, non solo in paesi tradizionalmente forti, come la Germania, ma anche in nazioni, come la Spagna, che fino a qualche anno fa erano indietro rispetto all'Italia nelle classifiche economiche e finanziarie e che oggi - come scoprì Prodi, recandosi in Spagna per concordare una moratoria delle date dell'euro - sono invece in grado non solo di presentarsi prima e meglio dell'Italia alle scadenze europee, ma di entrare attivamente anche nei mercati bancari e finanziari italiani.
Ho fatto tutte queste premesse sulla tempistica, caro Pinza, che non dipende da noi, e dalla quale siamo anzi danneggiati; ci vogliamo lamentare della lentezza con cui si è arrivati alla discussione, dei ritardi, dell'ulteriore rinvio di una settimana


Pag. 46

e del fatto che il Governo avrebbe potuto assumere una sua posizione tempestivamente.
Di fronte a tale ritardo ci conforta, però, il fatto che la maggioranza, nella sostanza, non abbia una posizione chiara e coesa. Infatti, i comunisti d'Italia, per mantenere le poltrone di Governo, forse voteranno a favore della risoluzione Savelli o si asterranno, ma vi è un dissenso di fondo tra chi, nella maggioranza, chiede una moratoria e chi promette di andare avanti. Si tratta, comunque, di un processo gestito malamente.
Vogliamo un'economia moderna, privatizzazioni fatte in maniera trasparente e che sia utilizzato al meglio il risparmio italiano; vogliamo fondi aperti e un'economia competitiva. Vogliamo entrare in Europa tutti insieme, come sistema produttivo, per competere alla pari; non vogliamo solo subire l'Europa: vogliamo viverla da protagonisti, anche con un normale e moderno processo di privatizzazioni (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Edo Rossi. Ne ha facoltà.

EDO ROSSI. Signor Presidente, il processo di privatizzazione, di fatto, è stato regolato dalla legge del 1992. Vorrei far osservare al Governo che, nella disamina che ha fatto, ha dimenticato di indicare la cifra che lo Stato ha incassato, mentre ha parlato di tante percentuali.
Credo sia opportuno che il Parlamento sappia che la cifra che lo Stato ha incassato per aver venduto - e svenduto, in molte occasioni - il patrimonio della collettività ammonta a 103 mila miliardi in sei anni. L'OCSE, e non rifondazione comunista, considera l'Italia il paese nel quale, negli ultimi cinque anni, si è avuto il maggior processo di privatizzazioni nel mondo, in termini quantitativi e qualitativi. Siamo primi in Europa per quantità e qualità di privatizzazioni e secondi nel mondo solo all'Australia.
Dal 1992 al 1996 si sono succeduti quattro Governi e si è riusciti a vendere, o a svendere, per 36 mila miliardi. Negli ultimi due anni vi è stato un processo di accelerazione di tali svendite, che le ha portate da 36 mila miliardi a 96 mila miliardi; in tre mesi il governo D'Alema è già arrivato a 103 mila miliardi: tradotto in soldoni, ciò significa che neanche il Governo della signora Thatcher è riuscito a fare di più.
Tutte le privatizzazioni fatte hanno avuto un'unica finalità, cioè quella di fare cassa. Nonostante la Commissione attività produttive, anche con il consenso della destra, abbia votato una risoluzione che impegnava il Governo a cambiare rotta rispetto a questo modo di procedere, nulla è stato fatto.
Signor sottosegretario, lei ha fatto un bilancio economico, ma dica anche quanto è costato il processo di privatizzazione sul piano occupazionale. Faccia un bilancio sul piano sociale: quanta cassa integrazione e quanta mobilità ha dovuto pagare lo Stato? Faccia un bilancio sul terreno industriale: quante sono state le imprese - piccole, medie e grandi - che hanno dovuto chiudere o hanno dovuto arretrare?
Ad ogni privatizzazione hanno sempre fatto seguito cassa integrazione, mobilità e licenziamenti. Anche la Nuova Pignone, un gioiello di tecnologia del nostro paese, lamenta licenziamenti (lo si legge in questi giorni sulla stampa). Praticamente siamo usciti da tutti i settori in cui eravamo presenti: dalla chimica, dall'energia liquida, dalle telecomunicazioni. Sono in vendita aziende che producono utili. Sull'altare della cultura delle privatizzazioni si sono consumati inganni e menzogne: prima si è detto che le privatizzazioni erano necessarie per liberarsi dei carrozzoni, poi si è sostenuto che non sarebbero state vendute le aziende strategiche, poi è stata richiamata la necessità di fare cassa, infine si è parlato della possibilità di vendere mantenendo la golden share; oggi sostanzialmente si elimina anche questa possibilità.
Devo dire, Presidente, che in questi anni il centro-sinistra ha perseguito una scelta ideologica che è sempre stata patrimonio


Pag. 47

della destra: si privatizza ciò che produce utili, consegnando nelle mani dei soliti noti (il grande capitale) il patrimonio costruito con i soldi della collettività. È una scelta compiuta sull'altare del profitto e del mercato: in una parola, è la strada del neoliberismo.
È stato detto che le privatizzazioni avrebbero rappresentato una grande occasione per trasferire ai cittadini le proprietà dello Stato (attraverso le famose public company). Allora ci dica, sottosegretario, chi sono coloro che stanno controllando le grandi aziende pubbliche privatizzate: non i piccoli risparmiatori o i piccoli azionisti, ma i soliti noti (attraverso il meccanismo del «nocciolo duro» che avete introdotto).
Siamo al paradosso. Si privatizzano anche i servizi pubblici, come l'energia elettrica, il telefono ed il gas, ignorando che una società per azioni ha per obiettivo il profitto: quindi investe dove pensa di guadagnare. Gli allacciamenti e la distribuzione non verranno più realizzati in futuro sulla base di un interesse generale, ma interverranno soltanto come uno strumento per guadagnare soldi. Di conseguenza alcuni cittadini avranno la certezza del servizio, altri no (oppure dovranno pagarlo molto più caro). Rifondazione comunista ha sempre condannato questa cultura ideologica, che all'interesse generale antepone il profitto, e si è sempre battuta per il soddisfacimento dei bisogni delle persone.
Per quanto riguarda la mozione di cui è primo firmatario il collega Armani credo risultino evidente i motivi del nostro voto contrario. Avremmo invece votato a favore della mozione presentata dai colleghi Grimaldi e Nesi, perché con il suo dispositivo si cercava di bloccare il processo di privatizzazione, chiedendo - prima che esso proseguisse - lo svolgimento di un dibattito parlamentare e la presentazione di un disegno di programmazione industriale, finanziaria ed agricola. Credo sarebbe stata la strada giusta.
La successiva risoluzione di cui è primo firmatario il collega Nesi realizza un doppio salto mortale con piroetta, perché impegna il Governo a presentare un disegno di legge di delega quando il Parlamento non ha ancora concesso alcuna delega; quindi ci sembra una linea assolutamente insostenibile.
Il Governo ci ha detto - nella replica del sottosegretario - che le privatizzazioni realizzate sono positive e che intende continuare su questa strada. Altro che blocco della privatizzazione, altro che ripensamento: si intende andare avanti. In questa direzione arriveremo anche alla privatizzazione dell'ENEL.
Domani i lavoratori dell'ENEL protesteranno davanti al Parlamento (anche se CGIL, CISL e UIL hanno impiegato così tanto tempo ad avviare la protesta); verranno a Roma a protestare su questo progetto di liberalizzazione del mercato elettrico: ma credo che per loro sarà una grande delusione scoprire il cambiamento di rotta che si è verificato. Francamente non riesco a capire: su questo punto eravamo arrivati insieme ad un'elaborazione, ma oggi si è cambiata opinione.
Per queste ragioni rifondazione comunista voterà contro la risoluzione Nesi n. 6-00071 (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marzano. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARZANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei che non sfuggissero a quest'Assemblea le coordinate generali del problema delle privatizzazioni.
Prima coordinata: l'Italia è tuttora uno dei paesi più statalisti che vi siano nel mondo.
Il rapporto dell'istituto Fraser, a cui contribuisce, per l'Italia, il Centro studi Einaudi, sostiene che l'Italia è centoquindicesima in materia di libertà economiche, su centodiciannove paesi considerati; meno statalisti dell'Italia sono la Nuova Guinea, i cechi e gli sloveni, la Francia e la Svezia.
Seconda coordinata: delle privatizzazioni effettuate finora, meno della metà


Pag. 48

hanno compattato il passaggio effettivo del controllo azionario alla imprenditoria privata.
Terza coordinata: il programma di vendite per il 1998 - previsto dal documento di programmazione economica e finanziaria, a pagina 72 e seguenti - è in larga parte rimasto inattuato: mi riferisco all'Alitalia, agli aeroporti di Roma, alle autostrade; dell'ENEL non si parla concretamente, mentre si è avuto un collocamento parziale delle azioni ENI con controllo governativo. Non parliamo, poi, delle aziende municipalizzate: abbiamo saputo, oggi, che l'IRI difficilmente manterrà l'impegno, assunto con l'Europa, di esaurire entro il 30 giugno 2000 i propri compiti e la propria esistenza.
Perché questi ritardi? Perché questa resistenza?
Vorrei rivolgermi, soprattutto, ai colleghi di rifondazione comunista e ai comunisti italiani. Possiamo discutere quanto vogliamo, se vi sia stato il fallimento dello Stato - come noi riteniamo - oppure, se - come ritenete voi - sia stato piuttosto il mercato a fallire. Possiamo discutere senza speranza di modificare i nostri convincimenti sul piano dei confronti tra i massimi sistemi.
I colleghi del mio gruppo ed io siamo convinti che stiamo assistendo al fallimento dello Stato e non solo in materia di conduzione delle aziende e delle imprese, ma nell'adempimento delle sue funzioni fondamentali.
Stiamo assistendo al fallimento dello Stato, ma sappiamo che non vi convinciamo. Allora, andiamo più sul pratico: le resistenze alle privatizzazioni non derivano da diverse visioni del mondo, ma dal fatto che è in ballo il potere dei partiti; la necessaria interferenza dei partiti nelle aziende, questo è quello che vuole la sinistra!
Al potere lottizzatorio non rinuncia quello che, apparentemente, è uno schieramento statalista, ma che in realtà vuole usare il potere conservando la proprietà e il controllo delle aziende.
Non è questione di massimi sistemi - se sia più efficiente lo Stato o il mercato -: noi abbiamo il nostro convincimento e voi avete il vostro. Ma non è questo il punto; voi volete continuare a procedere a base di nomine. Come già il Governo Prodi - che effettuava otto nomine al giorno - anche il Governo D'Alema è sulla buona strada, seppure, ad un ritmo inferiore (due nomine al giorno): siamo a 173 nomine includendo, fra queste, quelle relative a Sviluppo Italia, l'ultima decisione presa, che va certamente non nel senso della privatizzazione. Questo è il vero problema: voi siete a favore delle pratiche lottizzatorie. Qui è in discussione il partito, non lo Stato o il mercato!
È inutile, poi, che richiamiate la teoria dello spoil system, uno strumento che si riferisce agli Stati Uniti d'America dove lo Stato non è così invasivo e dove non riguarda una questione di potere dei partiti. Voi, invece - diciamolo chiaramente - volete difendere la vostra partitocrazia!
Noi vogliamo privatizzazioni vere, non apparenti e non trasferimenti di risorse che lasciano inalterati i poteri di mercato, come nel caso scandaloso della Telecom.
Voi dite che andate più piano del previsto perché volete farle bene; ma vi pare fatta bene l'operazione Telecom?
Noi siamo per l'abolizione della golden share e siamo per la fissazione di un termine entro cui privatizzare tutto. Siamo quindi, ovviamente, a favore della mozione del Polo e non siamo a favore della risoluzione della maggioranza. Questa in realtà persegue due obiettivi (li abbiamo individuati anche se abbiamo avuto poco tempo per riflettere visto che avete presentato questa mozione meno di un'ora fa): primo, «raccattare» la maggioranza ancora una volta divisa e in crisi e messa in difficoltà di fronte alla mozione presentata dagli onorevoli Grimaldi e Nesi, che era rivolta a bloccare le privatizzazioni; secondo, di dilazionare ulteriormente le privatizzazioni chiedendo al Governo impegni generici con l'unico intento di rinviare a tempi non definiti


Pag. 49

(ovviamente non c'è nessun tempo in questa vostra risoluzione) il prosieguo delle operazioni di privatizzazione.
Con quest'ultima risoluzione la maggioranza mostra di essere una maggioranza che naviga su una zattera in preda alle sue convulsioni quotidiane o a quelle di naviganti sperduti che hanno assistito al naufragio delle proprie ideologie stataliste ma tentano di dilazionare in tutti i modi la resa dei conti con una economia in crisi di sviluppo, affetta da disoccupazione e priva di competizione.
Noi di forza Italia voteremo contro la vostra risoluzione per queste ragioni e voteremo, ovviamente, a favore della mozione del Polo (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo dire che il ritardo con cui discutiamo la mozione presentata dai colleghi del Polo consente almeno di capire che la linea ispiratrice di questa mozione, tesa a mettere sotto processo i presunti ritardi o, peggio, la mancanza di volontà del Governo e della maggioranza di procedere sulla linea della liberalizzazione e delle privatizzazioni, ha trovato una smentita nei fatti prima ancora che nel dibattito e nell'intervento del rappresentante del Governo.
Alcuni capitoli che sono stati ricordati e che compaiono anche nella parte finale della mozione sono già nei fatti superati.
È stato richiamato il problema dei fondi aperti. Anche questo problema è stato risolto dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione così come sono stati risolti i problemi della BNL ed altri ricordati.
Mi ha colpito il testo di questa mozione e anche ascoltare oggi le dichiarazioni dell'onorevole Marzano e degli altri colleghi del Polo che sono intervenuti nelle quali ho rinvenuto un'ispirazione così rigidamente liberista che, per la verità, non ho trovato nei comportamenti sui singoli provvedimenti di importanti componenti del Polo.
Vorrei ricordare all'onorevole Marzano che più di un anno fa, quando si discusse presso il consiglio comunale di Roma della privatizzazione di una società municipalizzata, fu indetto un referendum, al quale partecipò con grande impegno alleanza nazionale, per bloccare quella trasformazione in società per azioni.
In generale, ho sempre trovato in molte componenti di forza Italia e di alleanza nazionale un'ispirazione a metà tra il semplice conservatorismo del passato ed una certa nostalgia dei tempi andati e di quando vi erano l'IRI e le partecipazioni statali.
Vorrei rassicurare il collega Marzano che noi non pensiamo affatto che si debba ritardare il programma del Governo per salvaguardare qualche lottizzazione o qualche incarico da assegnare tramite la maggioranza ed i partiti. Egli ha ricordato, facendo però un riferimento non felice dal punto di vista dell'opposizione, le nomine fatte dal Governo venerdì scorso per Sviluppo Italia. Credo che quelle norme, la qualità di quelle persone, l'equilibrio e la sensibilità politica e culturale di quella composizione siano semmai un successo e un atto di grande responsabilità nel dar vita ad un organismo di semplificazione, riordino e alleggerimento dell'intervento pubblico nel Mezzogiorno. Dunque non vi è alcuna voglia di frenare per salvaguardare appetiti lottizzatori, c'è invece un processo che è andato avanti, in alcuni campi, in modo molto forte e che oggi sta provocando qualche richiesta di riflessione per vedere come le ulteriori tappe debbano essere governate.
Ho letto il testo della mozione presentata dal collega Nesi e ora ritirata a seguito della presentazione della risoluzione concordata tra tutte le componenti della maggioranza, e devo dire che non condividiamo totalmente le sue affermazioni; tuttavia una riflessione in termini di obiettivi di politica industriale che debbono accompagnare le privatizzazioni, in


Pag. 50

termini di consolidamento di gruppi imprenditoriali nazionali, in termini di internazionalizzazione attiva, e non passiva, della nostra economia accompagna la politica delle privatizzazioni, sempre che non si vogliano compiere delle pure esercitazioni retoriche in termini di principi liberisti e di mercato.
L'ispirazione culturale e politica con cui noi, democratici di sinistra, all'interno della maggioranza, vogliamo ulteriormente sviluppare, sostenendo l'impegno del Governo, il capitolo delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni non è messa in discussione; ribadiamo che comunque per noi in ogni campo ove esista un monopolio pubblico, sia esso nazionale o locale, la liberalizzazione e la definizione di regole chiare e di mercato vengono prima della privatizzazione. Non vogliamo trasformare i monopoli pubblici in monopoli privati.
Il dibattito in corso nella Commissione attività produttive sulla definizione del mercato elettrico va appunto in questa direzione e pensiamo che la prima tappa successiva non sia (lo dico in modo esplicito poiché è stato ricordato polemicamente questo fatto) la privatizzazione dell'ENEL una volta alleggerita dell'eccesso di produzione ma la cessione al mercato di una quota importante della sua produzione. Solo successivamente si potrà anche affrontare il discorso della cessione di quote azionarie dell'ENEL ulteriormente ridefinito.
Occorre liberare i monopoli, dare vita ad un mercato dinamico e attivo, recuperare i ritardi che la presenza dei monopoli in importanti settori hanno determinato nel nostro paese.
Ho ascoltato l'intervento del collega Edo Rossi che ha espresso grande rimpianto per i tempi antichi quando, voglio ricordarlo, i comunisti italiani - sia nella versione rimasta oggi di rifondazione comunista sia nella versione dei comunisti italiani sia nella versione dei democratici di sinistra - non hanno avuto grande peso, ragion per cui non avrebbero molto da rimpiangere; tuttavia il rimpianto del tempo antico fa ignorare il fatto che la presenza troppo a lungo di monopoli in importanti public utilities ha determinato per la nostra economia gravi ritardi, sia imprenditoriali sia tecnologici sia di internazionalizzazione. Dunque, nessun rimpianto del passato, occorre però andare avanti su una linea di liberalizzazione e di privatizzazione in tempi coerenti con la costruzione di gruppi nazionali capaci di stare sul mercato internazionale.
Questa è la linea ispiratrice della nostra politica in materia di liberalizzazioni e privatizzazioni (Commenti del deputato Edo Rossi). L'aver fatto riferimento, nella risoluzione unitaria, alla prossima presentazione da parte del Governo del disegno di legge delega in materia di riordino delle procedure di gestione delle proprietà pubbliche e di privatizzazione non è un generico rinvio per parlare d'altro ma la convinzione che insieme a quel disegno di legge debbano essere affrontati anche altri temi, quali il ruolo della golden share, ulteriormente ridefinita anche in un dibattito con la Comunità europea, i modi e le procedure di gestione di ciò che è ancora di proprietà pubblica, anche sotto forma di società per azioni, i modi e le regole per l'ulteriore privatizzazione.
La nostra linea è dunque chiara e non soggetta a ripensamenti, anche se dobbiamo tener presente che non tutto ciò che avevamo è salvabile ma che ciò che dobbiamo rinnovare può acquisire nuova spinta, nuova capacità dinamica, nuova capacità di sviluppo a livello nazionale ed internazionale. Si impone quindi una linea di grande modernizzazione del nostro apparato produttivo e dei servizi. Proprio le banche potrebbero farci riflettere sui ritardi di una gestione amministrativa del sistema creditizio - anche in questo caso con ben pochi rimpianti da parte della sinistra storica - che hanno determinato gravi danni all'economia del nostro paese. Se oggi siamo esposti al rischio di una colonizzazione non è perché improvvisamente siamo diventati sciocchi e abbiamo deciso di svendere ma perché abbiamo ritardato per anni, a differenza di altri


Pag. 51

paesi, a dar vita a gruppi finanziari capaci di stare sul mercato europeo e su quello internazionale.
Quindi la traiettoria è questa e deve essere oggi meglio calibrata in termini di obiettivi di sviluppo e di politica industriale. Ciò è quanto affermiamo, sia pure sinteticamente, nella risoluzione presentata. Dovrei tranquillizzare i nostri amici del Polo: se veramente questa ispirazione così liberista e privatizzatrice, come sembra di leggere nei loro documenti, ispirerà le loro concrete condotte, avremo nel futuro anche molti punti d'incontro, sia pure su una linea che, nella sua integralità, crediamo diversa nella nostra maggioranza rispetto a quella del Polo (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nesi. Ne ha facoltà.

NERIO NESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi è dubbio che nella maggioranza sussistano linee diverse. Sarebbe assurdo negarlo dopo aver letto la risoluzione Grimaldi e Nesi e dopo aver letto la risoluzione presentata dall'UDR. Non vi è dubbio che vi siano tali diversità e ne siamo consapevoli.
Siamo convinti di aver espresso nella risoluzione iniziale Grimaldi e Nesi ciò che pensiamo, perché questo è il nostro costume e il gruppo comunista non ha nulla da nascondere né di cui pentirsi. Ma vi è un punto comune per la maggioranza ed è su questo che abbiamo trovato una capacità di consenso unitario.
Si tratta di un punto che, purtroppo, talvolta ci differenzia dal Governo in carica. Esso esprime la necessità che il nostro paese abbia un disegno di politica industriale. Chi legga con attenzione la risoluzione che abbiamo presentato, non animato da spirito di parte, constaterà che essa contiene un preciso invito al Governo a presentare un disegno di politica industriale in occasione della presentazione del prossimo disegno di legge che il Parlamento dovrà esaminare. Tale punto mi ha consentito di mettere la prima firma in questa risoluzione, con l'assoluta sicurezza di non fare alcun salto mortale, come è stato detto ingenerosamente a proposito del nostro comportamento. Questa è la mia prima osservazione a commento della risoluzione.
La seconda osservazione consiste in un appello che rivolgo al Governo a nome del gruppo comunista, perché tenga conto che la situazione dell'industria italiana non è certamente positiva.
Saremmo sciocchi se ritenessimo che il «sistema Italia» vada bene. Cari colleghi, il sistema Italia non va bene, esso va declinando e sta diventando in gran parte di proprietà straniera. Era stato fondato inizialmente sulle grandi famiglie del nord e sullo Stato, due pilastri del capitalismo italiano. Ora lo Stato vende e le grandi famiglie diminuiscono il loro interesse nei confronti dell'industria italiana.
Si dice che la prima generazione crea le aziende, la seconda le amplia e la terza le distrugge. In realtà, la terza generazione del capitalismo italiano non distrugge le aziende, le vende. Osservando quanto sta succedendo nei luoghi in cui l'industria italiana ha tradizioni più forti e radicate, si constata che, a parte qualche eccezione da incoraggiare, la terza generazione attuale tende a vendere le aziende agli italiani, agli americani, agli inglesi, ai tedeschi e a chiunque, pur di venderle.
Questa è la realtà e di essa il Parlamento e il Governo non possono non tener conto. Vogliamo conoscere qualche dato? Si è verificato un episodio grave, di questi giorni, quello della Nuova Pignone, che è stato già ricordato dal collega Rossi. La Nuova Pignone è stata ed è una perla del sistema industriale italiano. Ha reso in pochi anni mille miliardi di utile; ha 3.500 dipendenti, dei quali oltre 2 mila specializzati. La General Electric, multinazionale nordamericana, scopre che, nonostante l'ottimo andamento della Nuova Pignone, conviene diminuire la produzione in Italia e realizzarla in qualche paese del mondo in cui la manodopera costi meno. E allora cosa fa? Mette in cassa integrazione 400 persone a zero ore,


Pag. 52

il che vuol dire la preparazione all'uscita. Abbiamo avuto nei mesi scorsi un caso altrettanto grave, la vendita della Elsag Bailey, nordamericana, una delle poche proprietà italiane negli Stati Uniti e in Germania: 3 mila persone specializzate, una fonte di tecnologia avanzata. Cosa fa Finmeccanica? Vende per fare cassa.
Vogliamo vedere come va il sistema finanziario e assicurativo? Per quanto riguarda le cinque maggiori banche italiane, il San Paolo-IMI è per il 5 per cento di proprietà del Banco Santander, spagnolo, la Banca Intesa, ovvero la Cassa di risparmio delle provincie lombarde più una serie di altre banche, è per il 26 per cento di proprietà del Credit Agricole; ricordate inoltre che il Banco di Bilbao ha l'11 per cento della Banca nazionale del lavoro, che il Credito italiano è largamente influenzato dalla Allianz, compagnia di assicurazioni tedesca; non parliamo della Banca commerciale italiana, la cui proprietà di controllo viene disputata dalla Deutsche Bank e dalla Commerzbank. Vogliamo vedere quale sia la proprietà delle grandi compagnie di assicurazioni italiane, a cominciare dalla prima, le Generali? Vogliamo vedere quanta parte di questa proprietà è italiana e quanta parte non lo è più?
Come andrà a finire la proprietà e il controllo dell'ENI? Abbiamo salvato il principio della golden share; il Governo si è reso conto che non la poteva abolire, quando non la aboliscono la Gran Bretagna e la Francia. L'abbiamo salvata, ma per quanto tempo?
Ecco, queste sono le cose che volevo ricordare. Occorre ricordarle, signor sottosegretario, lo dica al suo ministro, che è persona di grande livello. Certo, noi non neghiamo che le finanze del nostro paese abbiano ricevuto un vantaggio monetario dalla vendita di alcuni gioielli di famiglia, perché appunto si trattava dei gioielli, altrimenti non li avrebbero comprati: il privato non compra quello che non è gioiello di famiglia, questo lo capisce anche un ragazzino. Ma adesso non abbiamo più i gioielli e stiamo spendendo i soldi incassati. È come quando una famiglia vende i gioielli: non li ha più e non gli rimane più niente.
Difenderemo a spada tratta - e mi dispiace che il mio vecchio amico Edo Rossi sia ingeneroso su questo, egli che ha conosciuto tutte le battaglie che facciamo insieme nella Commissione attività produttive - la proprietà privata di tutto quello che non è fondamentale per l'ENEL; ma difenderemo a spada tratta la proprietà pubblica di tutto quello che è fondamentale per l'ENEL, non soltanto per l'ENEL come contenitore, ma come azienda integrata.
Anche su questo punto vorrei fare alcune brevi considerazioni. Mentre andiamo in tutto il mondo verso la concentrazione, l'Italia ha scarsissime imprese che siano in grado, per la dimensione, di contrastare i concorrenti mondiali. Quali sono le imprese italiane, pubbliche e private, che per la loro dimensione, in un mondo in cui la dimensione è qualità, sono in grado di contrastare i loro concorrenti nei singoli settori? Cinque, sei, dieci al massimo. E vogliamo distruggere l'ENEL, che è una di queste? Vogliamo distruggere la proprietà integrata, l'impresa integrata, il gruppo industriale? Perché? Il decreto delegato che è stato presentato sul punto non passerà così, lo voglio dire con tutta sincerità, perché arrecherebbe un grave danno al sistema industriale del nostro paese e quindi non lo faremo passare (Applausi dei deputati del gruppo comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vi è dubbio che la mozione oggi all'ordine del giorno abbia messo il dito nella piaga; d'altro canto, non vi era nemmeno bisogno di dimostrare che questo Governo non ha una politica economica lineare e concreta. Esso non ha nemmeno un programma perché la vicenda delle privatizzazioni dimostra chiaramente che si naviga


Pag. 53

a vista e non si hanno procedure chiare, non si segue un indirizzo univoco. Abbiamo sentito balbettare la sinistra nel difendere l'operato del Governo e l'onorevole Turci arrampicarsi sugli specchi; è evidente che di fronte alla politica del Governo, noi desideriamo chiarezza. Non siamo d'accordo con la sua politica ambigua e desideriamo capire esattamente gli intendimenti del Governo nella vicenda delle privatizzazioni, in quanto non ci convince il modo nel quale viene gestita. La politica dello stop and go, della carota e del bastone e le modalità di applicazione della privatizzazione non ci convincono, così come non ci convince il golden share, che privilegia i grandi e penalizza i piccoli, che si serve dei secondi per favorire i primi e mi riferisco anche ai cosiddetti nocciolini duri. Tutto ciò deve finire, noi vogliamo una risposta chiara da parte del Governo perché i cittadini attendono il rilancio dell'economia. Non possiamo ancora marcire aspettando, perché i cittadini patiscano la fame in mancanza di occupazione; le decisioni, infatti, devono essere assunte immediatamente. Il Governo deve rispondere a tali istanze, al «grido di dolore» che viene dai nostri cittadini che desiderano realmente lo sviluppo della nazione.
Vogliamo un Governo attento e capace, senza contraddizioni al suo interno, eliminando la carenza di una strategia per l'ammodernamento del nostro sistema economico. Aspettiamo una risposta chiara e concreta (Applausi dei deputati del gruppo misto-CCD).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Back Index Forward