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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del seguente documento:
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sul Doc. IV- quater, n. 46.
FRANCO RAFFALDINI, Relatore f.f.. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con atto del 3 dicembre 1996 il dottor Antonio Di Pietro, ora senatore, presentò una denuncia-querela contro l'onorevole Vittorio Sgarbi. La questione si riferisce ad una trasmissione televisiva, Sgarbi quotidiani, durante la quale l'onorevole Sgarbi diceva testualmente: «In realtà cosa ho detto; ho detto: siamo di fronte ad un
ministro della Repubblica che è talmente potente, come Andreotti, che se qualcuno lo disturba, lo fa cacciare. Era la verità, Salamone, ricordate questo nome, si è permesso di disturbare Di Pietro, l'hanno cacciato. Cosa aveva fatto: aveva semplicemente avuto qualche dubbio sulle amicizie di Di Pietro. Dubbio legittimo, che hanno tutti. Puoi tu avere come compagno di banco il maggiore D'Agostino che prende 700 milioni e non sapere assolutamente niente? Certo, salvo che questo tuo compagno di banco maggiore D'Agostino non prenda i soldi da un tuo inquisito. Allora qualche dubbio c'è: cioè tu fai un'indagine su Pacini Battaglia, lo interroghi e intanto il tuo collaboratore prende 700 milioni da lui. Una cosa normale, normalissima, capita a tutti. Cioè tu stai facendo il magistrato e il tuo collaboratore sfila, con l'accordo dell'indagato, i soldi a quello che tu stai indagando. Dall'altra parte hai l'avvocato Lucibello, il quale sarà stato, forse, non vuol dir niente che fosse amico di Di Pietro, ma quando c'era lui gli indagati non andavano in galera. Ora, è giusto avere qualche dubbio su queste cose, è giusto che il GICO, la Finanza, indaghi su questo, è normale no? Si è potuto processare Andreotti, dopo 20 o 30 anni o 40 anni. Perché non lo si processava prima? Perché Andreotti era talmente potente che se qualcuno lo avesse disturbato, l'avrebbe fatto trasferire. Qui sta avvenendo esattamente lo stesso. In questo Governo (...) c'è un ministro che si mette ad urlare contro tutti, contro i suoi stessi alleati, convinto di essere l'unico onesto d'Italia, e abbiamo qualche dubbio, non sulla sua onestà, ma in generale su tutti, quindi anche su di lui; si mette a urlare e riesce a ottenere che il Capo dello Stato si metta in ginocchio. Probabilmente si sveglia e dice: ah, avete disturbato Di Pietro con i vostri sussurri, a casa! Non fate più, state buoni, state buoni, non litigate più. E quindi cacciano il capo della finanza». Mostrando il quotidiano la Repubblica, continua: «È apparso questo articolo mercoledì 6 novembre, è bastato questo a far cacciare Antuori. In tutta la sua storia si è permesso senza essere intervistato di far sapere a un tal Giuseppe D'Avanzo quello che stava facendo la Guardia di Finanza, nelle tre stanzucce che a S. Reparata ospitano a Firenze i 28 uomini delle fiamme gialle (...) abbiamo raccolto riscontri oggettivi e fatti incontrovertibili (dice l'investigatore), non abbiamo la prova principe, la prova materiale... se si pretende la traccia della dazione, se si vuole il numero del conto corrente, insomma, beh, allora, non ce l'abbiamo; ma se è sufficiente una imponente e concordante massa di indizi per poter affermare che Pacini, grazie all'avvocato Lucibello e all'allora pubblico ministero Antonio Di Pietro, uscì a Milano da Mani pulite e nemmeno entrò a Roma in Tangentopoli, allora quella prova la si può vedere ad occhio nudo se di hanno occhi per leggere la nostra informativa».
PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere in giudizio sull'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Sgarbi pendente presso il tribunale di Bergamo per il reato di cui agli articoli 595, primo, secondo e terzo comma, 61 n. 10 del codice penale e quarto e quinto comma della legge 6 agosto 1990, n. 223, anche in relazione all'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione col mezzo della stampa, aggravata) (Doc. IV-quater, n. 46).
Ricordo che nella riunione del 9 giugno della Conferenza dei presidenti di gruppo si è provveduto ad assegnare a ciascun gruppo, per l'esame del documento, un tempo di 5 minuti (10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato Vittorio Sgarbi). A questo tempo si aggiungono 5 minuti per il relatore, 5 minuti per richiami al regolamento e 10 minuti per interventi a titolo personale.
La Giunta propone di dichiarare che i fatti per i quali è in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Sgarbi nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Ha facoltà di parlare, in sostituzione del relatore, l'onorevole Raffaldini.
La Giunta per le autorizzazioni a procedere nella seduta del 17 giugno 1998 ha deliberato di riferire all'Assemblea nel senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento penale di cui si è detto riguardano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni. Infatti le affermazioni dell'onorevole Sgarbi - peraltro espressivamente contenute e percorse da un filo di ironia per nulla scomposta - rappresentano l'esercizio di un diritto di critica politica.