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PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (vedi l'allegato A - A.C. 4504 sezione 1), al quale non sono stati presentati emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Giuliano. Ne ha facoltà.
Onorevole Sgarbi! Onorevole Mancuso!
PASQUALE GIULIANO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, è da tutti riconosciuto il grande rilievo che nella vita del nostro paese hanno assunto le organizzazioni sindacali sia dei lavoratori che dei datori di lavoro. A parte il consistente numero dei loro iscritti, va ricordato che i sindacati, oltre ad una partecipazione a pubbliche funzioni, hanno ormai un'interlocuzione quotidiana con le istituzioni, il potere politico, il mondo produttivo. Insomma, il sindacato, al di là del mero riconoscimento privatistico che ottenne dal nostro costituente attraverso la prevista registrazione, è da anni diventato di fatto un vero e proprio soggetto pubblico, che viene coinvolto, che si coinvolge esso stesso, in tutte le scelte e gli indirizzi della vita politica, sociale ed economica del paese.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, prendete posto!
PASQUALE GIULIANO. È inutile, perché noto a tutti, ricordare la partecipazione del sindacato all'indirizzo politico generale, alla politica delle riforme e delle attuazioni costituzionali, alla programmazione economica ed a quella di politica economica e sociale.
redigere il bilancio può pregiudicarla; qualcuno dovrà pure avere il coraggio di sostenere, con convinzione e con argomentazioni decenti, che l'obbligo di rendicontazione si traduce in un controllo statale, in una costrizione, in una limitazione della libertà sindacale, poiché ne limita o impedisce l'esercizio o addirittura perché pone sotto tutela l'attività e l'autodeterminazione dei sindacati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, il gruppo misto-centro cristiano democratico è favorevole alla proposta di legge in esame concernente norme per la redazione e la pubblicazione del rendiconto annuale di esercizio dei sindacati e delle loro associazioni e, in particolare, è favorevole all'articolo 1. Non saremmo stati favorevoli alla proposta se essa fosse viziata di incostituzionalità; riteniamo anzi l'esatto contrario, ossia che si tratti di un provvedimento attuativo del dettato costituzionale.
rappresenti una battaglia di retroguardia. Non è possibile chiedere ad altri professionalità e soprattutto trasparenza e rigore quando non si è disponibili a portare questi ultimi all'interno delle proprie associazioni.
PRESIDENTE. Nessun'altro chiedendo di parlare sull'articolo 1, passiamo alla votazione.
CARLO STELLUTI. Intervengo per esprimere un giudizio contrario sull'articolo 1 del provvedimento in esame per una serie di ragioni. Innanzitutto, ritengo che un argomento di grande rilevanza come quello oggetto della nostra discussione non possa essere affrontato con astuzie di carattere legislativo. Vi è l'esigenza di affrontare il problema della trasparenza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, perché anche di ciò si tratta.
risorse molto consistenti, per cui sono eticamente tenute a rispondere a coloro che danno loro le risorse.
PRESIDENTE. Onorevole Stelluti, deve concludere.
CARLO STELLUTI. Per queste ragioni siamo sostanzialmente contrari all'articolo 1 della proposta di legge, perché si tratta di un modo surrettizio di affrontare un problema molto serio, con una vis polemica che, a questo proposito, non ha alcuna ragion d'essere, perché la prassi fino ad oggi seguita dalle organizzazioni sindacali è assolutamente trasparente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolo Colombo. Ne ha facoltà.
PAOLO COLOMBO. Signor Presidente, voteremo a favore di questa proposta di legge per motivazioni che contrastano con quelle esposte dai gruppi di maggioranza che, in modo più o meno marcato, hanno affermato che essa è inadeguata ad affrontare un problema che viene riconosciuto come tale, quello cioè della chiarificazione sotto il profilo giuridico delle organizzazioni sindacali. Non si tratta dei sindacati che lavorano, ma delle maggiori organizzazioni sindacali, vale a dire dei sistemi di potere che non devono rispondere a nessuno e che hanno un peso superiore rispetto ai partiti ed ai rappresentanti del popolo che lavorano in quest'aula. Esse non hanno alcun obbligo, perché non è stato ancora risolto il problema dell'interpretazione della norma costituzionale. Quindi, ci troviamo in una situazione in cui, di fatto, i sindacati più importanti rappresentano il maggior potere all'interno dello Stato italiano ed effettuano quotidianamente contrattazioni rispetto a svariate situazioni ed a questioni di potere con il Governo e con le organizzazioni sindacali degli imprenditori, escludendo e mortificando il ruolo dei rappresentanti legittimamente eletti dal popolo.
legge, per un principio di trasparenza che valga per tutti i sindacati e non solo per quelli che hanno la bontà di farlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taradash. Ne ha facoltà.
MARCO TARADASH. Di quanto tempo dispongo, Presidente?
PRESIDENTE. Cinque minuti, onorevole Taradash.
MARCO TARADASH. Cinque minuti alla presenza di un sottosegretario ed in assenza del ministro competente. Devo dire, signor Presidente, che è meglio evitare che l'opposizione presenti proposte di legge: se poi la Camera deve disfarsene come se fossero polvere da cacciare sotto il tappeto, in pochi minuti, allora tanto vale che questa finzione non continui. In realtà qui si sta discutendo di una questione fondamentale, credo, per il buon funzionamento delle istituzioni.
CGIL ricevette il palazzo di corso d'Italia a Roma, la CISL il palazzo vicino all'ambasciata americana. In ogni provincia italiana CGIL, CISL e UIL hanno ricevuto dallo Stato una serie di immobili. Si tratta in sostanza di molti miliardi di dotazione pubblica: le organizzazioni sindacali quindi continuano a beneficiare di questi finanziamenti pubblici. Tuttavia, ci dite che non possono essere messe sullo stesso piano dei partiti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Strambi. Ne ha facoltà.
ALFREDO STRAMBI. Signor Presidente, voglio fare alcune brevi considerazioni per esprimermi contro l'approvazione della proposta di legge al nostro esame e quindi a favore dell'emendamento soppressivo dell'articolo 1.
questi sono, o sarebbero, i sindacati cui porre attenzione e da sottoporre a controllo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.
PIETRO ARMANI. Signor Presidente, sono già intervenuto in sede di discussione sulle linee generali con un ampio intervento e quindi non è mia intenzione ripetere quanto ho già detto.
che questa legge non innova nel modo più assoluto perché fa essenzialmente riferimento a quanto previsto dal codice civile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceremigna. Ne ha facoltà.
ENZO CEREMIGNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le organizzazioni sindacali sono rette in Italia da statuti democratici e sono articolate in forma confederale o di categoria assai diffusamente nei luoghi di lavoro, nel territorio, a livello provinciale, regionale e nazionale. In genere, gli statuti prevedono per ciascuna di queste forme aggregative un sistema autonomo di gestione economica che deriva da forme di canalizzazione automatica delle entrate, quasi esclusivamente originate dalla contribuzione degli iscritti. Ogni anno ciascuna di queste strutture è tenuta a presentare alla discussione e all'approvazione dei rispettivi organi dirigenti il rendiconto patrimoniale e amministrativo, il bilancio consuntivo e preventivo e la relazione allegata del collegio dei sindaci, dei revisori dei conti. Ogni anno tale rendicontazione è pubblicata, almeno per le strutture più significative, sugli organi di stampa delle organizzazioni sindacali. Ho minore conoscenza delle problematiche, ma penso di non essere lontano dal vero se dico che pressoché identico il discorso lo si può fare per le organizzazioni dei datori di lavoro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cangemi. Ne ha facoltà.
LUCA CANGEMI. Signor Presidente, poche parole per esprimere il voto favorevole dei deputati di rifondazione comunista sull'emendamento soppressivo.
PRESIDENTE. Ricordo che all'articolo 1 non sono riferiti emendamenti, né soppressivi né di altro contenuto.
LUCA CANGEMI. Esprimo il voto contrario sull'articolo, per respingere nettamente questo progetto di legge proposto dalla destra, soprattutto perché gli è stato assegnato un significato culturale che dimostra un fastidio e una ripulsa per ogni tipo di organizzazione dei lavoratori. È un modo classico della più becera borghesia italiana di approcciarsi alle relazioni sindacali.
Questo punto di vista non può che essere respinto e quindi rifondazione comunista voterà contro il progetto di legge (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Che rifondazione comunista sia un pezzo di questa maggioranza e che con la sua diversità cerchi di mantenerne i voti lo si evince dall'intervento del collega che mi ha preceduto. Infatti egli diceva di voler difendere - votando contro - la libertà dei lavoratori; in realtà egli difende le oligarchie sindacali che hanno fatto del sindacato un privilegio a vita (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia), ritirando stipendi dai conti correnti in banca, senza neppure recarsi sul posto di lavoro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Veltri. Ne ha facoltà.
ELIO VELTRI. Signor Presidente, colleghi, mi rendo conto che la questione che stiamo trattando si carica di forte simbolismo: anche a ciò è dovuto lo scontro in quest'aula. Ma dobbiamo stare ai fatti: non sono in discussione né la funzione né il ruolo del sindacato.
e i loro dirigenti sono stati spesso imprigionati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Roscia. Ne ha facoltà.
DANIELE ROSCIA. Intervengo a titolo personale, anche se la posizione del mio gruppo è abbastanza convincente, in quanto la discussione sul provvedimento in esame è la prima che riguarda uno dei pilastri di una democrazia: la rappresentanza sindacale dei lavoratori. Nel corso della discussione è emersa una contrapposizione tra le classiche forze politiche di sinistra, che pensano di mantenere tramite il controllo delle organizzazioni sindacali (tra l'altro con adesioni che non superano il 20 per cento dei lavoratori) la rappresentanza di tutti i cittadini, siano essi lavoratori o datori di lavoro.
Quanti imprenditori pensano di essere rappresentati da questo organismo che, in realtà, fa soltanto gli interessi di alcuni datori di lavoro, quali la FIAT di Agnelli, e di pochi altri!
PRESIDENTE. Onorevole Palumbo, per cortesia.
ANTONIO GUIDI. Signor Presidente, ritengo si debba rinviare ad altra sede la discussione sul problema della rappresentanza sindacale, sempre più complesso in una società, quale quella attuale, in cui i sindacati storici - ahimé - rappresentano sempre meno.
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di sedervi.
ANTONIO GUIDI. Non posso non ricordare per esperienza interna che la denuncia più forte, la volontà di fare chiarezza, anche a livello dei bilanci, è venuta dall'onorevole Bertinotti qualche anno fa sulle pagine dei cosiddetti padroni, cioè del giornale La Stampa: un'accusa durissima e fermissima ed una richiesta immediata di trasparenza dei bilanci.
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di prestare un attimo di attenzione.
FORTUNATO ALOI. Intervengo a titolo personale, anche perché la mia è la testimonianza di un vecchio sindacalista che per molti anni, insieme a tanti altri, si è battuto soprattutto perché l'articolo 39 della Costituzione potesse trovare una sua attuazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fratta Pasini. Ne ha facoltà.
PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, secondo me sono due le ragioni, una di ordine generale ed una più specifica ...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Fratta Pasini. Onorevole Aloi, onorevole Giuliano, prendete posto per cortesia. Prego, onorevole Fratta Pasini.
PIERALFONSO FRATTA PASINI. Come dicevo, signor Presidente, sono due le ragioni, di ordine generale e specifico, per le quali sono favorevole a questo articolo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acierno. Ne ha facoltà.
ALBERTO ACIERNO. La proposta di legge oggetto del dibattito odierno parte sicuramente da principi condivisibili, perché in realtà non si sta parlando altro che di trasparenza nella gestione finanziaria dei sindacati, cosa che, al di là dell'approvazione o meno di questa proposta di legge, già avviene. Appare strano però tentare di fare di questo provvedimento un'arma di battaglia politica tra maggioranza ed opposizione. Sono poco condivisibili sia la strenua difesa del «no» che quella del «sì». Peraltro, non riesco a comprendere il voler difendere i lavoratori con un provvedimento che preveda la redazione del bilancio da parte dei sindacati, perché il lavoratore non è costretto ad iscriversi a questo o a quel sindacato: lo fa, in base ad una sua libera scelta, leggendo lo statuto dell'organizzazione a cui intende iscriversi e da ciò dovrebbe ritenersi cautelato. Ciò non di meno, in questo provvedimento sono presenti parecchie firme - tra cui la mia - di esponenti dell'UDR: per tale motivo, sono costretto a dare libertà di voto al gruppo dell'UDR (Commenti).
Prego, onorevole Giuliano, prosegua.
Accanto a questa partecipazione di fatto, che è doveroso registrare, va evidenziata una sua presenza istituzionale all'interno del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, degli organi amministrativi degli enti previdenziali, dell'istituto di patronato e di assistenza sociale, delle camere di commercio, degli enti pubblici in genere.
Un'ulteriore sua importante partecipazione, che si concreterà nella gestione di migliaia di miliardi, è poi prevista a proposito degli istituendi fondi pensione nella gestione paritetica dei contributi pensionistici e di una parte del trattamento di fine rapporto. Ciò senza considerare i vari benefici che vengono legislativamente riconosciuti ai sindacalisti per consentire loro di perseguire le finalità proprie delle associazioni sindacali.
Ebbene, a fronte di questa loro posizione e di queste loro funzioni, le organizzazioni sindacali hanno preferito mantenere, per loro libera scelta, la posizione di associazioni non riconosciute, in quanto nessuna di essa ha mai, a tutt'oggi, richiesto il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato. I sindacati, inoltre, malgrado tale loro posizione di assoluto rilievo, dovuta ad una presenza istituzionale di fatto e di diritto, non hanno alcun dovere di rendere noti i loro molteplici, consistenti e complessi rapporti economici e finanziari, ma soprattutto non hanno l'obbligo di redigere e pubblicare un rendiconto annuale di esercizio. Tutto ciò non è e non può più apparire tollerabile, neanche a chi si ostina, pretestuosamente, a difendere tale esenzione contrabbandando l'obbligo di redigere il rendiconto come un vero e proprio attentato alla libertà sindacale o, addirittura, come è stato paventato dal relatore nella sua replica in sede discussione generale, come un pericolo serio di una trasformazione antidemocratica della società: così, signor Presidente, onorevoli colleghi, in maniera scandalosamente mistificante, quanto palesemente e ovviamente al di fuori di ogni logica ermeneutica, è stato posto il problema dalla maggioranza, la quale impaurita e atterrita, si affida ad una comoda ma imbarazzante fuga e si rifiuta di intavolare un qualsiasi dialogo sulla questione. Facendo leva sulla forza dei numeri e chiudendo pavidamente gli occhi e la mente, la maggioranza sostiene che la proposta di legge viola la Costituzione perché menoma la libertà sindacale. Inoltre, questa maggioranza, che preferisce chiudersi ermeticamente ad ogni forma di colloquio, sostiene che la proposta è inutile e addirittura non costruttiva, perché i sindacati il loro bilancio già lo fanno, assicurando, per altro, ai loro iscritti di poter attuare qualsiasi forma di controllo.
Queste sono le uniche argomentazioni proposte e che nella loro assoluta pretestuosità e inconsistenza dimostrano l'assenza di un qualsiasi serio rilievo critico contro la proposta al nostro esame.
Come è possibile, colleghi della maggioranza, affermare che l'obbligo di rendicontazione costituisca un serio attentato alla libertà sindacale? C'è da rimanere allibiti ed esterrefatti, sapendo, per di più, che la maggior parte di voi, nel suo intimo, ritiene tali affermazioni assolutamente errate. Certo, provocatoriamente si potrebbe dire che rendere pubblici certi dati potrebbe attenuare la possibilità di gestire i fondi nella più assoluta libertà, o meglio, nel più assoluto arbitrio e che non si può obbligare a pubblicizzare ciò che si teme di rendere noto a tutti. Ma non è di certo questa la vostra finalità, perché confidiamo, anzi sappiamo benissimo, che chi non ha nulla da nascondere, come il sindacato, non dovrebbe avere alcuna remora a pubblicizzare i propri conti.
Al di là di queste considerazioni, è bene sottolineare che l'essenza ed il contenuto della libertà sindacale affermata dal primo comma dell'articolo 39 della Costituzione risiede nella libertà di adesione, di direzione, di costituzione, di comunicazione, di svolgimento dell'attività, di organizzazione e di sviluppo. Ebbene, se è questo il contenuto della libertà sindacale - e indubbiamente lo è -, qualcuno ci dovrà pur spiegare, in maniera seria e convincente e non tautologica o pretestuosa, perché l'obbligo di
Certo, quest'obbligo una scelta potrà comprimerla, ma, come accennato, sarà solo quella relativa alla libertà di oscurare certi passaggi, di omettere certe poste e di tacere su certe transazioni riferibili. Tutto ciò, però, amici della maggioranza, lo sapete meglio di noi, sarebbe solo malafede ed illegalità e di certo non è a questa libertà che vi riferite; non è a siffatta libertà che vogliono richiamarsi, peraltro, le stesse organizzazioni sindacali. Forse che, allora, imponendo questo obbligo alle società, agli enti privati o pubblici, la legge conculca la libertà di iniziativa economica, o quant'altro? Forse un tale obbligo non lo abbiamo - e giustamente e doverosamente - già imposto ai partiti ed ai movimenti politici, senza per questo limitarne in alcun modo la libertà? Sicuramente non può dirsi - come è stato disinvoltamente affermato - che alle organizzazioni sindacali non è estensibile tale obbligo perché esse non godono, come i partiti, di finanziamento pubblico. Sappiamo tutti, infatti, che anche i sindacati, in via diretta ed indiretta, ricevono contributi pubblici: è qui appena il caso di ricordare i flussi di denaro pubblico di cui sono beneficiati da parte dello Stato, degli enti locali, delle aziende sanitarie, dei patronati. Pensate: solo attraverso i patronati, le associazioni sindacali, che ne gestiscono più di venti, ricevono contributi per circa 400 miliardi l'anno. Perché, allora, non imporre l'obbligo della rendicontazione anche ai sindacati, che addirittura - secondo un autorevole filone dottrinale - furono visti dal nostro costituente come enti che rivestono una natura pubblica, perché destinati ad eliminare gli ostacoli che pregiudicano l'instaurazione di equi rapporti sociali?
Ma non c'è necessità di un siffatto obbligo, si sostiene da parte della maggioranza, perché i sindacati già spontaneamente provvedono alla redazione e pubblicizzazione dei loro bilanci. Allora, colleghi, a questo punto dovete spiegarci meglio la vostra ferma e feroce avversione alla nostra proposta. Che necessità c'è di opporsi a formalizzare e regolamentare un'incombenza che, a quanto si afferma, già viene spontaneamente adempiuta dal sindacato? Nessuna: anzi, non si vede quale migliore viatico vi potrebbe essere, per la generale condivisione della legge, del fatto che l'obbligo che essa impone viene già volontariamente adempiuto dal soggetto passivo. Se vi ostinate a sostenere il contrario, rischiate di insinuare o rafforzare il sospetto di chi afferma che una legge siffatta non potrà mai essere sostenuta da certe forze politiche perché essa, portando legalità e trasparenza, rischia tra l'altro di far conclamare, di far venire alla piena luce alcuni passaggi ed alcuni rapporti tra partiti, movimenti politici e sindacati che è consigliabile mantenere nel più assoluto segreto o nell'attuale penombra. Se in tale materia - resta da aggiungere - si vuole mantenere il segreto, è segno che c'è qualcosa che non si vuole o non si può rivelare. È questa una provocazione? Ebbene, lo è, ma, ne sono sicuro, è quella che vorrebbero fare tanti, tantissimi italiani, che vogliono, praticano, ma pretendono anche legalità, trasparenza e chiarezza, anche da parte dei sindacati.
La credibilità delle istituzioni e di tutti noi risiede nel rispetto delle regole che ci imponiamo, ma di queste regole possiamo pretendere il rispetto solo qualora per primi partiti, enti, istituzioni, sindacati impongano a se stessi legittime, doverose ed altrettanto chiare regole. Noi crediamo sia giunta l'ora che anche il sindacato debba pretendere che ad esso vengano imposte, nel rispetto assoluto della libertà sindacale, regole chiare, perché la sua gestione avvenga alla luce del sole, come giustamente è stato da sempre imposto al mondo produttivo, alla cui crescita il sindacato stesso contribuisce giorno dopo giorno.
Onorevoli colleghi, il sindacato sta vivendo una stagione delicata, nella quale ha visto un forte decremento della sua popolarità e, soprattutto, della sua credibilità. Siamo convinti che questa legge possa rappresentare un'occasione preziosa per lanciare a tutto il paese un messaggio di grande utilità e rigore: il sindacato vuole e deve rinnovarsi, vuole e deve aprirsi, vuole e deve iniziare quel lungo e delicato processo di attuazione costituzionale che dopo cinquant'anni, per sua imposizione, è rimasto ancora inattuato. Se rifiutate anche di intavolare un dialogo, come avete dimostrato di voler fare con la presentazione in Commissione dei vostri emendamenti soppressivi, rischiate di far aumentare in maniera pericolosa la sfiducia dei cittadini verso le organizzazioni sindacali, di rendere ancora più profondo quel fossato che oggi esiste tra paese reale e paese formale.
Agli onorevoli colleghi che fanno parte della maggioranza e che a suo tempo, sottoscrivendola, hanno condiviso la mia proposta di legge, rivolgo l'invito a superare logiche e contrapposizioni di schieramento e a determinarsi coerentemente con le proprie intime scelte. Ritengo che oggi alla Camera venga offerta la possibilità di dare un segnale di grande maturità laddove, assecondando quel che credo sia il comune sentire e mettendo a frutto l'esperienza del presente e gli insegnamenti del passato, aiuti il sindacato a rifiutare privilegi non più condivisi e a tornare di nuovo, in quello che può essere ed apparire l'inizio di una auspicabile palingenesi, a rappresentare un affidabile ed irrinunciabile punto di riferimento della nostra società.
Il paese ha l'urgente necessità di un sindacato dei lavoratori e dei datori di lavoro radicato, forte, maturo, combattivo e accreditato. La proposta di legge in esame offre al sindacato la possibilità di legittimarsi ancora di più, di alzare la voce e, quando occorre, di battere i pugni sul tavolo. Sostenerla significa pertanto fare il bene del sindacato; affossarla significa agitare sospetti che nessuno vorrebbe corrispondessero alla verità (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Credo che l'articolo 39 della Costituzione, che riguarda l'organizzazione sindacale, vada letto per intero e, in particolare, che si debba incentrare l'attenzione sull'ultimo comma che stabilisce che i sindacati possono «stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce». In tale accezione, il sindacato rappresenta e gestisce interessi che vanno oltre gli iscritti, interessi di terzi che non partecipano direttamente alla vita associativa ma che da tali associazioni vengono influenzati.
Il ruolo del sindacato è quindi molto delicato; esso si è ampliato negli ultimi tempi con l'assunzione di una funzione politica che ha prodotto un condizionamento di carattere economico e sociale (basti pensare all'uso dello strumento dello sciopero politico).
Da tutto ciò discendono gli altri due portati fondamentali dell'articolo 39, cioè l'obbligo della registrazione e della personalità giuridica. Da quest'ultima, in particolare, conseguono obblighi accessori che vanno oltre il semplice articolo 36 del codice civile e quindi la necessità della redazione e della registrazione del bilancio e del rendiconto annuali.
Credo che opporsi, come sta facendo la maggioranza, al provvedimento in esame
Per tali motivi ritengo importante dare un segnale con tale proposta di legge e quindi il gruppo misto-centro cristiano democratico voterà a favore del provvedimento all'esame.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stelluti. Ne ha facoltà.
Questa esigenza di trasparenza è sicuramente condivisa dalla maggioranza e dal gruppo dei democratici di sinistra, a nome del quale intervengo. Tuttavia, dobbiamo rilevare che l'urgenza imposta dall'opposizione sull'esame di questo provvedimento non ha permesso un approfondimento serio, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di costituzionalità dello stesso. In particolare, in questo ambito si coinvolge una discussione, che forse non è stata presa in considerazione dai non addetti ai lavori, ma che è in corso da almeno cinquant'anni nel nostro paese: si tratta della discussione che riguarda l'esigenza del riconoscimento giuridico del sindacato, che a nostro parere non si può introdurre con un colpo di mano ed in modo surrettizio, attraverso l'esigenza di pubblicizzare i bilanci delle organizzazioni sindacali, dei datori di lavoro e dei lavoratori. Vi è infatti l'esigenza di affrontare questo tema insieme a quello della presenza del sindacato nel nostro paese attraverso un esame più complessivo, esame che peraltro è attualmente in corso nella Commissione lavoro della Camera, dove si sta prendendo in considerazione il problema della rappresentanza e della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Dobbiamo peraltro osservare che questa discussione è stato affrontata con scarso entusiasmo da parte delle opposizioni, forse perché un esame serio di tali questioni non si presta ad una propaganda assolutamente ingiustificata su presunte irregolarità delle organizzazioni sindacali, dei datori di lavoro e dei lavoratori, nella gestione delle risorse dei loro associati. Devo aggiungere che, soprattutto negli ultimi tempi, in quest'aula si è fatto un gran parlare dell'autonomia del sociale: ebbene, le associazioni sindacali, dei lavoratori e dei datori di lavoro, sono un'espressione importante e democratica della nostra società. Proprio per tali ragioni, riteniamo che queste associazioni adempiano totalmente al loro dovere di trasparenza quando, in piena autonomia, attraverso regole che si sono date autonomamente con statuti democratici, rispondono delle risorse che gli associati versano direttamente a loro.
Questa modalità è, direi, assolutamente assestata nelle procedure e negli statuti di tutte le organizzazioni sindacali, dei datori di lavoro e dei lavoratori: infatti, la pubblicizzazione dei rendiconti viene regolarmente effettuata attraverso organi di informazione, che sono di emanazione diretta delle organizzazioni sindacali ma che hanno un'amplissima diffusione all'interno del nostro paese (queste organizzazioni, infatti, associano milioni di aderenti). Dobbiamo peraltro osservare che, soprattutto le organizzazioni più grandi e rilevanti, con una grande quantità di adesioni, come la Confindustria, la Confapi, la Confesercenti, le organizzazioni sindacali confederali CGIL-CISL-UIL hanno anche un patrimonio immobiliare e
Mi sembra peraltro improprio il paragone che viene effettuato, nell'ambito del dibattito sul provvedimento in esame, tra organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, da una parte, e forze politiche, dall'altra parte: queste ultime, infatti, beneficiano prevalentemente di un finanziamento pubblico, mentre le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro sono autofinanziate con i contributi dei loro aderenti. Dobbiamo anche aggiungere che, per quanto riguarda eventuali finanziamenti pubblici nei confronti delle associazioni sindacali, esse sono tenute al rispetto della legge ordinaria, che regola le modalità di tali finanziamenti.
Questo è il problema fondamentale che, con argomentazioni diverse, si cerca di non riconoscere. Ci troviamo di fronte ad una situazione che non è più tollerabile e che va affrontata definitivamente. Credo che questo sia uno dei modi in cui si può risolvere il problema, anche se non è l'unico, perché vi è un altro progetto di legge, licenziato dalla Commissione, relativo alla riforma della rappresentanza sindacale: vedremo come la questione verrà discussa ed affrontata in quest'aula. Vedremo se si risolverà finalmente il problema della definizione della rappresentanza; valuteremo cioè in quali termini le maggiori organizzazioni sindacali possano rappresentare i lavoratori o altri interessi. Occorre introdurre un po' di trasparenza nella gestione di questo potere enorme, totalmente connivente con il Governo: il sindacato, infatti, oggi governa questo paese insieme all'esecutivo e il problema è che la gente, il popolo, ma soprattutto i lavoratori, non si rendono conto di questa commistione di interessi, che esiste e va chiarita a tutela e a beneficio proprio dei lavoratori.
Questa legge vuole proporre una cosa semplicissima, cioè l'obbligo per i sindacati di rendicontare, almeno sotto il profilo economico, la loro gestione: si è affermato che il sindacato lo fa già - così come la Confindustria -, ma proprio per questo non si capisce quale sia il problema a definire l'obbligo di farlo per
È un obbligo che non andrebbe ad incidere su eventuali profili di costituzionalità. In questo senso la lettura dell'articolo 39 che ha portato la I Commissione ad esprimere un parere contrario è a mio giudizio parziale ed inadeguata.
Denunciamo, quindi, il fatto che da parte della maggioranza non si è voluto affrontare un tema che non può più essere nascosto e che tornerà alla ribalta di quest'aula in diverse future occasioni. Al contrario, è necessaria una soluzione definitiva per portare un po' di chiarezza nei rapporti intercorrenti fra queste organizzazioni, i propri associati e le altre istituzioni che dovrebbero guidare il paese (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
È stato richiamato più volte l'articolo 39 della Costituzione. Io mi domando se il relatore, il collega Stelluti ed altri intervenuti nel dibattito abbiano mai letto questa norma: immagino di sì. Allora, colleghi, saprete meglio di me che questo articolo della Costituzione non è stato mai applicato. Le organizzazioni sindacali si sono sempre opposte alla registrazione, perché ritenevano evidentemente che essa fosse di impedimento alla loro libertà di azione; esse non hanno mai voluto dotarsi di uno statuto democratico. L'articolo 39 non è mai stato applicato: i sindacati hanno fatto quello che hanno voluto da quando la Costituzione è stata approvata. Soprattutto coloro che si richiamano alla Repubblica fondata sul lavoro hanno contribuito a violare l'articolo che direttamente li riguarda. Richiamarsi all'articolo 39, allora, è veramente improprio. Ma voi venite qui a fare opposizione in nome dell'articolo 39 della Costituzione: un po' di pudore, per favore! Almeno non richiamatevi a quella norma (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania - Proteste)! Potete ululare, ma la realtà non cambia!
Dite che si tratta di una proposta contro i sindacati. Forse è vero: io la interpreto così. Infatti mi preoccupo dei lavoratori e delle imprese che aderiscono alle organizzazioni dei datori di lavoro e che sono escluse dalle stanze dei bottoni. Credo sia buona norma liberaldemocratica - in presenza di un contrasto tra lavoratori e sindacati, imprese ed organizzazioni delle imprese - stare dalla parte dei lavoratori e dei piccoli e medi imprenditori. Se questa fosse la contrapposizione, mi pare che non ci si dovrebbe rimproverare di essere contro organizzazioni che evidentemente non compiono fino in fondo il loro dovere nei confronti dei soggetti rappresentati.
È stata anche sostenuta un'altra tesi: va tutto bene; basta che qualcuno chieda il bilancio per conoscerne i risultati. Ma non prendiamoci in giro. Le cose non stanno così: le organizzazioni sindacali non redigono bilanci che comportino la piena consapevolezza e trasparenza di quello che è presente nel patrimonio e nella gestione. Per esempio, abbiamo scritto nella relazione di minoranza che dal 1977, attraverso la liquidazione dei beni delle vecchie corporazioni fasciste, le organizzazioni sindacali posseggono una serie di beni immobili: a quell'epoca la
I 300 miliardi all'anno di contributo dello Stato ai patronati sembrerebbero non contare nulla; tutti gli altri benefici previsti nello statuto dei lavoratori, o in altre leggi, sembrerebbero non contare nulla! Adesso, perfino per cambiare casa dovremo obbligatoriamente rivolgerci ai sindacati e soltanto i suicidi andranno a stipulare contratti d'affitto, da una parte o dall'altra, senza avere l'abilitazione dei sindacati.
Il potere delle organizzazioni sindacali, dunque, cresce sempre di più in virtù di leggi dello Stato che scaricano i costi sulla collettività; e voi venite a dire che l'equiparazione non è possibile!
Oltretutto, durante la discussione della legge sul finanziamento ai partiti, era stato spiegato a me e ai pochi che si opponevano, che non si trattava di finanziamento pubblico, bensì di contributi volontari. Adesso, tutti dicono che quello era proprio un finanziamento pubblico e, dunque, perché riconoscerlo ai partiti e non anche ai sindacati?
Questa è una presa in giro, che è resa evidente dall'atmosfera in cui celebriamo questo rito, dall'assenza del Governo, anche quando l'opposizione prende una iniziativa sacrosanta dal punto di vista del manuale del perfetto liberale, manuale che anche la maggioranza ha sicuramente letto; una iniziativa come questa tende a creare il controllo di una istituzione e non ad impacciarla.
Abbiamo vissuto il fenomeno Mani pulite: all'epoca nessuno considerò un bilancio una limitazione alla libertà, bensì un minimo requisito di trasparenza necessario per la vita pubblica del nostro paese; oggi, invece, il bilancio sembra essere diventato una forma di controllo.
Concludo, invitando almeno le forze politiche popolari, l'UDR e gli altri che hanno sottoscritto questo documento a non fare «i tartufi» e ad esprimere un voto coerente con i loro sentimenti e con le loro convinzioni liberali (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Sono contrario, in primo luogo, per motivi di opportunità. Siamo, infatti, in procinto di varare la nuova legge sulla rappresentanza, che ridefinirà e modificherà molti aspetti del modo di essere e di funzionare delle organizzazioni sindacali; da questo punto di vista, la proposta di legge al nostro esame costituisce un intervento che rischia di essere largamente sfasato e fuori tempo.
Sono contrario, in secondo luogo, per motivi di merito e specificamente politici. Infatti, al di là di problemi di costituzionalità - che non affronto - la proposta di legge mi sembra si caratterizzi, nemmeno troppo velatamente, per un atteggiamento di ostilità preconcetta nei confronti delle organizzazioni sindacali confederali.
Da tempo, anzi da sempre, i sindacati - quelli veri - compilano, pubblicizzano e mettono a disposizione di tutti, iscritti e non iscritti, i propri bilanci provinciali, regionali, nazionali, di categoria e confederali.
Altri sono i cosiddetti sindacati fantasma, quelli che stipulano accordi pirata che portano i livelli salariali al di sotto di quelli fissati a livello confederale; mi riferisco ai sindacati con centinaia di migliaia di iscritti, che sono in realtà inesistenti o che esistono solo sulla carta;
Trovo curioso e contraddittorio un certo atteggiamento da parte di forze politiche che, anche durante l'attuale legislatura, in più occasioni - dalla legge sullo straordinario a quella sulle trentacinque ore, alla discussione che si è svolta sulla rappresentanza - hanno lamentato e si sono opposti ad una presunta invasione di campo da parte della politica, cioè della legge, su questioni che attengono ai rapporti tra le parti. Ora, invece, in una questione che anche costituzionalmente concerne la vita interna delle associazioni sindacali, contraddicono se stesse, proponendo un intervento per legge.
Per tali motivi il gruppo a cui appartengo voterà contro l'articolo 1 del provvedimento in esame.
Il gruppo di alleanza nazionale voterà a favore di questo provvedimento di legge che è tanto più urgente e importante quanto più si avvicina il momento di approvare la normativa, su cui sta discutendo la Commissione lavoro, concernente la rappresentatività e la rappresentanza sindacale.
Vorrei far notare, a parte tutto ciò che ha detto il collega Taradash, che condivido pienamente, che un conto è rendere pubblici i bilanci in base a schemi precostituiti ed altro conto è la rappresentanza. Dire che non abbiamo la rappresentanza e proporre di aspettare che sia approvata la normativa sulla rappresentanza e sulla rappresentatività sindacale prima di porsi il problema relativo allo schema di pubblicità dei bilanci dei sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro, è un'argomentazione che non sta in piedi. Anzitutto non sta in piedi perché, come ha ricordato il collega Taradash, l'articolo 39 della Costituzione è una norma inattuata. Infatti, pur prescrivendo, al secondo comma, la registrazione da parte dei sindacati presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge, i sindacati non hanno mai accettato questa norma di legge. Le leggi non sono mai state fatte e quindi automaticamente anche il quarto comma dell'articolo 39, laddove dice che: «I sindacati registrati (...)» - attenzione! - «hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro scritti, stipulare contratti collettivi di lavoro (...)», in teoria, non avrebbe potuto essere effettivamente applicato con la firma da parte dei sindacati dei contratti collettivi nazionali di lavoro proprio perché il secondo comma non è stato attuato.
Eppure, abbiamo visto che la triplice sindacale ed altri sindacati hanno firmato i contratti collettivi sulla base del principio della maggiore rappresentatività: un principio, questo, addirittura inserito nelle leggi, che peraltro non è mai stato verificato, tanto è vero che si è sentito finalmente il bisogno di un provvedimento di legge che regolamentasse la rappresentatività e la rappresentanza sindacale.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con l'obbligo e con la necessità di dar conto a tutta l'opinione pubblica dei propri bilanci: obbligo che fa capo sia ai partiti politici che ricevono contributi statali (nel bene e nel male, anzi più nel male che nel bene), sia ai sindacati dei datori di lavoro ma soprattutto dei lavoratori ai quali, se non erro, negli anni settanta, sono state formalmente assegnate le proprietà immobiliari delle ex federazioni corporative fasciste. Inoltre, hanno, sostanzialmente, ricevuto da parte dello Stato dei fondi pubblici, quindi dei «fondi di dotazione» uguali a quelli che esistevano all'epoca degli enti di gestione delle partecipazioni statali. Quindi, hanno avuto pro tempore dei contributi pubblici. Se non altro per questa ragione avrebbero dovuto e dovrebbero assoggettarsi alla pubblicità dei bilanci sulla base di schemi
Quindi non c'è nulla che contrasti con l'articolo 39 della Costituzione, trattandosi solo della sua applicazione. Per le ragioni esposte annuncio il voto favorevole dei deputati del gruppo di alleanza nazionale.
Noi pensiamo quindi che esistano già le garanzie democratiche per gli iscritti e in generale, per i cittadini, che assicurano i necessari criteri di trasparenza, di conoscenza e di controllo che la proposta di legge al nostro esame prevede, a meno che, mentre in economia impazza la frenesia delle privatizzazioni, lo scopo debba essere quello di statalizzare le organizzazioni sociali. Ecco perché possiamo ritenere superflua la proposta di legge o, al contrario, considerarla motivata da ragioni non so se definire costrittive o, peggio, punitive ma che, in ogni caso, non ci sentiamo né di avallare né di condividere.
Preannuncio dunque, a nome dei deputati socialisti, il voto contrario sull'articolo 1 della proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti democratici italiani).
Certo, sappiamo che esistono problemi di democrazia e di trasparenza rispetto alle organizzazioni sindacali, che noi abbiamo sollevato. In questo caso però la questione è il punto di vista sotto il quale essi vengono assunti; il nostro è quello dei lavoratori. Abbiamo lottato e lotteremo anche in quest'aula perché il Parlamento faccia la sua parte ed i lavoratori possano riappropriarsi interamente dei loro diritti democratici sui luoghi di lavoro e quindi anche delle loro organizzazioni sindacali.
Il punto di vista che invece ci viene proposto è specularmente opposto: è quello di chi non vuole che i lavoratori possano liberamente organizzarsi e difendere i propri diritti nei luoghi di lavoro.
Quelle oligarchie - tu dovresti farne denuncia, caro collega, e non proteggerle - hanno sciupato i patrimoni immobiliari degli enti di previdenza, nei cui consigli d'amministrazione i sindacati hanno sperperato queste risorse dei lavoratori. Sono intervenuto perché è inquietante l'ostilità delle forze di maggioranza contro questo provvedimento di grande buon senso: vergognatevi! Per 40 anni non avete consentito che diventasse esecutivo l'articolo 39 della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale). Oggi, sulla vostra colpevole inadempienza volete creare il privilegio di strutture che godono di extraterritorialità, cioè i sindacati.
La sede della CGIL, che vale miliardi di lire, la CGIL l'ha comprata grazie al suo acume imprenditoriale, oppure si tratta di soldi che le ha dato lo Stato, regalando ad essa e agli altri sindacati palazzi che valgono miliardi (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)?
Che cosa si chiede con questo provvedimento? Si chiede che i bilanci siano resi noti e pubblicati sui quotidiani affinché ogni cittadino, ogni lavoratore - visto che il patrimonio pubblico è finito nelle mani dei sindacati - possa controllare l'uso che di esso si fa. Che cosa c'entra la libertà sindacale? Anzi, regalando alle oligarchie la gestione incontrollata di migliaia e migliaia di miliardi si toglie ai lavoratori il diritto di esistere dentro i sindacati (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia)! Questa è la verità.
Noi vogliamo e difendiamo la libertà sindacale, e difendiamo anche - cari signori amici degli oligarchi della CGIL, della CISL e della UIL - le migliaia e migliaia di lavoratori che non fanno parte di questi sindacati, ma rappresentano il lavoro vero e non i privilegi. Questa proposta di legge prevede la possibilità per ogni cittadino di venire a conoscenza del rendiconto annuale di esercizio dei sindacati e delle loro associazioni, dal momento che non si è voluto che i sindacati avessero personalità giuridica e fossero registrati.
Se non approverete tale proposta, allontanerete dal sindacato le persone perbene schiacciate da una banda di personaggi che hanno fatto del lavoro, della sofferenza la loro personale ricchezza e quella dei loro clan elettorali (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
Tutti sappiamo, perché l'esperienza ce lo dice, che il sindacato è indispensabile in qualsiasi società democratica. Nei paesi in cui si sono insediati Governi autoritari o dittatoriali, le organizzazioni sindacali sono state immediatamente prese di mira; sono state sciolte, in particolare, quelle che si richiamavano al movimento operaio
Ripeto, però, che dobbiamo stare ai fatti: qui si discute soltanto della necessità che le organizzazioni sindacali redigano bilanci annuali e che li rendano pubblici.
La questione è di notevole rilievo e riguarda le grandi organizzazioni democratiche e di massa di questo paese: i sindacati e i partiti politici.
È ritornato oggi all'attenzione del paese un dibattito per troppo tempo rimasto in ombra sulla democrazia interna delle grandi organizzazioni democratiche, sulla trasparenza, sui finanziamenti, sugli statuti, sui diritti degli aderenti. Da questo punto di vista devo sottolineare che l'articolo 39 della Costituzione era ed è lungimirante, ma è rimasto inattuato. L'articolo 49 della Costituzione è invece frutto di una mediazione e di uno scontro verificatosi alla Costituente e che vide protagonisti Mortati e Togliatti. Tale articolo torna di attualità, tanto che la collega Mancina ha da poco presentato una proposta di legge sui partiti politici, sulla responsabilità giuridica, sulla trasparenza, sul finanziamento, sugli statuti, sulle modalità di decisione delle candidature. Tale proposta ha richiamato la mia attenzione e quella di colleghi appartenenti al movimento dell'Italia dei valori.
Per tornare all'argomento che stiamo discutendo, credo sia necessario rimanere ai fatti e al contenuto della proposta di legge e che non ci sia nulla di scandaloso se si chiede che i bilanci siano redatti in maniera trasparente e portati a conoscenza dei cittadini.
Poiché dovremo discutere la legge sulla rappresentanza, chiedo in conclusione, signor Presidente, che si trovi un accordo affinché la materia, che considero di grande rilevanza e che è stata positivamente affrontata in quest'aula, sia discussa congiuntamente a quella proposta, in modo tale che la Camera si pronunci una sola volta su entrambe le questioni, discutendo approfonditamente senza contrapposizioni frontali.
Se questa proposta non sarà accolta, mi asterrò dal votare.
Desidero ricordare alle suddette formazioni di sinistra che la rappresentanza sindacale non ha riguardato gli interessi dei lavoratori, ma quelli politici di alcune forze che, guarda caso, sono schierate a sinistra.
Desidero inoltre rilevare che il provvedimento in esame non riuscirà sicuramente a dare conto di come la maggioranza di sinistra, ancora adesso, nasconda i grandi privilegi non delle organizzazioni sindacali, ma delle baronie sindacali. Mi riferisco a coloro che si spacciano per difensori dei lavoratori e li obbligano ad aderire al sindacato, magari promettendo la pensione qualche settimana prima o la difesa di quei sacrosanti diritti che i sindacati devono rispettare e che lo Stato - ormai allo sfascio - non garantisce come dovrebbe ai propri cittadini. Oltre a quella finanziaria è questo il tipo di rendicontazione che si dovrebbe dare. Sicuramente si vogliono nascondere anche le cifre, i contributi che, ad esempio, artigiani e commercianti pagano per avere una rappresentanza che di fatto non hanno, perché a Roma i rappresentanti difendono soltanto determinati interessi: mi riferisco anche alla Confindustria.
Pertanto, anche su tali questioni è necessario chiarire le posizioni; anche oggi assisteremo ad un atteggiamento miope da parte della maggioranza che non approverà la proposta in esame; essa, infatti, ha utilizzato e continuerà ad utilizzare forme di rappresentanza politica. Lo abbiamo visto anche nei confronti del nostro movimento, quando le organizzazioni sindacali hanno liberato i tangentisti come Cusani per manifestare contro un movimento politico. Questa è l'organizzazione sindacale della triplice (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)! Essa ignobilmente usa i soldi dei lavoratori, anche di coloro che hanno votato per il nostro movimento, per rappresentare gli interessi di una parte politica, che è la stessa che non approverà il provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi della lega nord per l'indipendenza della Padania, di forza Italia e di alleanza nazionale).
Poiché sono state avanzate molte richieste di intervento per dichiarazione di voto a titolo personale, è necessario ridurre il tempo a disposizione di ciascuno a tre minuti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guidi. Ne ha facoltà.
Desidero ora solo affermare che da parte mia non verrà mai una voce negativa nei confronti dei sindacati storici, perché mi hanno visto partecipe in una stagione importante della mia vita, in particolare al sud, ma anche in tutta Italia e in Europa. Mi permetto però di osservare che c'è qualcosa che non va, perché in questo Parlamento stiamo sdrammatizzando questioni drammatiche, come la situazione dell'infanzia nel nostro paese (il ministro Turco sostiene che va quasi tutto bene), mentre stiamo drammatizzando cose estremamente normali. La pubblicazione dei bilanci per sindacati ammessi alla contrattazione collettiva è doverosa, perché il budget gestito ed amministrato è enorme. Parliamo di un'impresa gigantesca che opera, lavora, spende e riceve denaro. Credo allora che la trasparenza, in un periodo così complesso, non possa essere un ostacolo, se non per chi è in malafede, al fare sindacale. La trasparenza non può essere che garanzia sindacale. Da questo punto di vista - concludo, rimanendo una volta tanto nei tempi - mi permetto di dire che in quest'aula sono state usate parole forti, anche offensive, sulla realtà sindacale... Presidente, chiedo un attimo di silenzio.
Onorevole Armani, onorevole Selva, onorevole Contento, per cortesia prendete posto.
Prego, onorevole Guidi.
Non è allora possibile concepire ancora i sindacati come organizzazioni che non difendono i lavoratori, ma creano consenso, ed ammettere con molta tranquillità che una banale pubblicazione di bilanci non dovrebbe essere chiesta da noi, ma dai sindacati stessi.
Vorrei informarvi che è presente in tribuna una delegazione di colleghi del Parlamento polacco, ai quali rivolgiamo tutti il nostro saluto (Generali applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Aloi.
Oggi ci troviamo di fronte, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, ad una proposta di legge alla quale non riesco a capire, anche a voler fare l'avvocato del diavolo, perché dai banchi della maggioranza - o da certi settori della maggioranza - non si senta l'esigenza di dare il proprio assenso. Ciò anche perché si tratta di un provvedimento volto a garantire la trasparenza e la regolarità dei bilanci; tutto ciò che fa sì che il sindacato cessi di essere quell'associazione di fatto che purtroppo è proprio per la mancata attuazione dell'articolo 39 della Costituzione e si avvii in una direzione che consenta al sindacato stesso di avere personalità giuridica anche e soprattutto in ordine ai rapporti con il mondo esterno ed in ordine a ciò che il sindacato dovrebbe rappresentare.
Da vecchio sindacalista sono estremamente perplesso, in quanto non riesco a capire perché, al di là di qualche voce di dissenso che or ora è venuta anche dal versante della sinistra, non si sostenga un provvedimento che apre spazi nuovi verso una certa regolamentazione di quello che è il ruolo del sindacato. L'articolo 39, unitamente all'articolo 40 della Costituzione, che dovrebbe regolamentare il diritto di sciopero, costituisce infatti uno dei due pilastri essenziali di una vita democratica che si ispiri soprattutto a valori sociali.
Sono consapevole del fatto che in materia di ruolo e di ordinamento dei sindacati esiste una pluralità di valutazioni; ma esiste altresì una comune convergenza sulla necessità di dare una più appropriata cornice legislativa ad una realtà, come quella sindacale, che ormai da molti anni ha assunto una funzione prioritaria, non soltanto di tutela degli aderenti, ma, più in generale, di parte sociale, di interlocutore delle istituzioni e delle forze politiche, di realtà radicata sul territorio. Onorevoli colleghi, un'esigenza di trasparenza credo sia avvertita da tutti nell'interesse stesso delle grandi realtà sindacali che hanno tutto da guadagnare dal fatto che non esistano zone d'ombra o di dubbio. Ciò, in particolare, in un campo come quello della trasparenza al quale l'opinione pubblica è così fortemente sensibile ed in relazione al quale, in anni recenti, un'intera classe politica è stata azzerata.
Abbiamo grande rispetto per il sindacato, anche per quelle realtà sindacali che hanno un profondo legame politico con partiti o aree molto lontane dalla nostra, ma che tuttavia rappresentano realtà importanti. La presente proposta di legge costituisce uno strumento di chiarezza e di tutela per lo stesso sindacato del quale credo vi sia stretta necessità.
Naturalmente, in questa Assemblea possono esservi sensibilità anche molto diverse su tale materia, ma vi è certamente una comune consapevolezza della necessità di risolvere il problema senza ulteriori indugi.
Per questi motivi auspico che, al di là delle posizioni di merito di cui abbiamo parlato in Commissione in questi giorni, si possa trovare un ampia convergenza. Ma credo che vi sia di più. Proprio in questo periodo la Camera dei deputati si sta occupando della legge sulla rappresentatività sindacale, sulla quale abbiamo lavorato a lungo ed attivamente in Commissione lavoro, anche con posizioni nettamente divergenti ma comunque con uno spirito costruttivo e collaborativo del quale già ho dato atto in altri interventi. Non abbiamo superato le divergenze, quindi il mio giudizio sulla proposta di legge che verrà discussa in aula non potrà essere positivo, tuttavia sarà utile un ampio confronto del Parlamento su tale materia.
Il provvedimento di cui stiamo discutendo oggi è strettamente correlato proprio a tale argomenti. Quanto chiediamo all'Assemblea oggi è quindi un atto di coerenza con questa impostazione, sulla quale spero possano convergere costruttivamente tutti gli schieramenti politici.