Seduta n. 438 del 17/11/1998

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Informativa urgente del Governo sull'arresto e sulla richiesta di asilo politico del leader del partito dei lavoratori curdi, Abdullah Ocalan.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'informativa urgente del Governo sull'arresto e sulla richiesta di asilo politico del leader del partito dei lavoratori curdi, Abdullah Ocalan.
Dopo l'intervento del Presidente del Consiglio, potrà intervenire un deputato per gruppo per non più di cinque minuti, nonché un deputato per ogni componente politica del gruppo misto.
Ha la facoltà di parlare l'onorevole Presidente del Consiglio dei ministri.

MASSIMO D'ALEMA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente della Camera, vorrei ringraziarla per avermi offerto l'opportunità di venire tempestivamente di fronte a questa Assemblea per rispondere agli interrogativi proposti dai diversi colleghi e anche per potermi rivolgere da qui all'opinione pubblica, comprensibilmente colpita e preoccupata dalla vicenda che ha portato all'arrivo nel nostro paese e poi all'arresto del leader del PKK Abdullah Ocalan.
Io vorrei innanzitutto fornire a questa Assemblea una ricostruzione dei fatti che si sono svolti nei giorni scorsi. Questi fatti hanno un antecedente, perché in data 16 ottobre l'ambasciata turca aveva informato il nostro Ministero degli esteri ed altre ambasciate, con una nota verbale, della possibilità che il leader curdo Ocalan, che lasciava la Siria per raggiungere la Russia, potesse successivamente giungere nel nostro paese. L'ipotesi che il leader curdo fosse diretto verso l'Italia non era misteriosa e di questa eventualità si era parlato anche su organi di stampa della Turchia. Il Ministero degli esteri aveva doverosamente allertato il Ministero dell'interno e le forze dell'ordine.
Perché era possibile che Ocalan venisse in Italia? Credo che non siano mistero per i colleghi i rapporti esistenti tra la comunità curda e il mondo politico italiano: forze politiche e parlamentari che anche nel passato, assieme ad associazioni di carattere umanitario o di volontari, si sono impegnate per la causa del popolo curdo, per il riconoscimento dei diritti di questo popolo. Tornerò su questo tema: un popolo che vive da tanti anni una vicenda dolorosa e difficile, un popolo sparso tra diversi paesi del vicino oriente e che combatte per l'affermazione dei propri diritti.
Questi rapporti tra l'Italia e il popolo curdo non sono un mistero. Proprio per questa ragione il cosiddetto parlamento curdo in esilio aveva scelto, nelle scorse settimane, di riunirsi a Roma, con il


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sostegno di numerosi parlamentari appartenenti, peraltro, ad un vasto schieramento politico, rappresentativo - diciamo - di forze collocate dalla sinistra alla destra di quest'aula. Successivamente, proprio dopo questa assemblea, furono raccolte le firme di numerosi parlamentari - non so dirvi il numero preciso - su un documento con il quale si invitava addirittura il leader curdo Abdullah Ocalan a venire in Europa e in Italia.
I precedenti, dunque, di questa venuta non sono misteriosi. Sono atti politici, che appartengono all'esperienza politica del nostro paese ed alla responsabilità di numerosi parlamentari di forze politiche, non del Governo italiano, che non ha questo compito. Tuttavia, io posso certamente dire che il Governo non ha motivo di riprovazione verso l'impegno di quei parlamentari i quali hanno ritenuto nel corso degli anni, ed anche nelle ultime settimane, di impegnarsi per la solidarietà verso il popolo curdo e per la ricerca di una soluzione pacifica di quel sanguinoso conflitto.
Era naturale che in questo contesto fosse ragionevole attendersi la possibilità che Abdullah Ocalan, espulso dalla Siria e allontanato dalla Russia, potesse voler venire nel nostro paese. Pertanto, il Governo aveva doverosamente allertato i servizi di sicurezza: questo sì era compito del Governo e il Governo lo aveva fatto. Quando il 12 novembre, sotto falsa identità, Ocalan è partito da Mosca ed è giunto alla frontiera italiana, quindi, i nostri servizi di sicurezza e le nostre forze dell'ordine sapevano che tale venuta era possibile. Egli, d'altro canto, ha reso le cose ancor più semplici: ha dichiarato la sua identità, si è consegnato ed è stato arrestato, perché inserito nella lista SIS dei ricercati per mandato di cattura nei paesi aderenti al trattato di Schengen. Dopo l'arresto, a seguito di un malore è stato trasferito in una struttura sanitaria sotto sorveglianza.
Sabato 14 mattina il leader curdo ha scritto una lettera per chiedere asilo politico. Tale lettera si rivolgeva, forse per ragioni di cortesia ma erroneamente, al Presidente del Consiglio. Erroneamente perché, come è noto, nel nostro paese non è il Presidente del Consiglio che concede l'asilo politico ma esiste un'apposita commissione che esamina queste richieste presso il Ministero dell'interno. La lettera non è stata trasmessa alla Presidenza del Consiglio, che ufficialmente non ne conosce i contenuti se non per quanto è stato pubblicato da diversi organi di stampa, ma opportunamente è stata protocollata ed acquisita agli atti dalla magistratura competente, dato che Abdullah Ocalan è giunto nel nostro paese sotto falsa identità e giustamente la magistratura ha inteso acquisire questo atto. La richiesta di asilo sarà sottoposta nei prossimi giorni all'esame della commissione competente.
Vorrei dire che tuttavia, anche dalle diverse ricostruzioni apparse sui giornali, è del tutto evidente che il Governo non è stato coinvolto in alcuna trattativa. D'altro canto, quando questa notizia infondata fu diffusa, lo stesso leader curdo Abdullah Ocalan dichiarò (ANSA del 14 novembre, ore 23): «Non ho fatto accordi con il Governo. Si è trattato di un equivoco. La notizia secondo cui il Governo italiano sarebbe stato informato preventivamente del mio arrivo e che vi sarebbe stata in proposito una trattativa è assolutamente infondata». Egli ha confermato quindi, con una sua personale dichiarazione resa alla stampa, che questa notizia, sulla quale si è poi intrattenuta una parte della stampa, qualche collega, è priva di qualsiasi fondamento.
I richiami ad amici o a persone che hanno agito in modo positivo si riferiscono a rapporti antichi e consolidati con diversi ambienti politici e parlamentari del nostro paese, rapporti che io stesso ho ricordato in modo documentato nella prima parte della mia esposizione.
Questi sono i termini della questione. La vicenda per quanto ci riguarda si è sviluppata in maniera limpida e trasparente. Non so se si tratti di un guaio per il nostro paese, come ha detto questa mattina l'onorevole Berlusconi; certamente è una vicenda complessa, delicata.


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Siamo tuttavia un paese forte, un grande paese, in grado di affrontare, nel rispetto delle leggi e dei principi, anche una questione delicata come questa. Ma se di guaio si tratta, questo guaio non è il frutto dell'avventurismo del Governo; semmai è il risultato di un radicato spirito di solidarietà che anima non solo il Governo o la sinistra ma un ampio arco di forze politiche e parlamentari del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, dell'UDR, di rinnovamento italiano, comunista, misto-verdi-l'Ulivo, misto-minoranze linguistiche, misto-rete-l'Ulivo e misto-socialisti democratici italiani).
Il nostro paese ed il suo Governo si sono comportati in modo serio e dignitoso in queste ore. Innanzitutto, noi abbiamo chiesto con molta fermezza che si ponesse fine al sequestro oscuro di un cittadino italiano all'interno di un carcere turco, sequestro che sembrava volto ad operare un ricatto nei confronti del Governo italiano e delle decisioni che possono essere prese nel nostro paese. Devo esprimere gratitudine verso il Governo turco per come tale questione è stata risolta dopo momenti che ci hanno tenuto in apprensione e per il fatto che questo cittadino italiano, incolpato di diversi reati, abbia potuto essere liberato e poi estradato verso la Svizzera come era previsto.
Anche nei prossimi giorni l'Italia intende agire nel rispetto delle legge e con molta serenità e nel rispetto dei diritti dell'uomo. Ora abbiamo di fronte un problema delicato, la richiesta da parte di Ocalan di asilo politico. La commissione affronterà il caso nei prossimi giorni sulla base del nostro ordinamento e delle norme internazionali.
Credo in ogni caso che tutti non dobbiamo sottovalutare un dato politico nuovo: la dichiarazione rilasciata dal leader Abdullah Ocalan di rigetto di azioni terroristiche, la volontà manifestata di risolvere i problemi con metodi civili e politici. Si tratta di verificare la coerenza con tale affermazione, che io personalmente tuttavia considero una condizione minima indispensabile per esaminare l'ipotesi di asilo, dato che il nostro paese non intende ospitare centrali terroristiche o chi voglia promuovere dall'Italia azioni terroristiche contro altri paesi (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, dell'UDR, di rinnovamento italiano, comunista, misto-verdi-l'Ulivo, misto-minoranze linguistiche, misto-rete-l'Ulivo e misto-socialisti democratici italiani).
La richiesta di asilo politico, peraltro, come loro sanno, anche qualora fosse concesso, non interrompe la possibilità che altri paesi chiedano l'estradizione per Ocalan e le procedure che obbligano in questo caso la magistratura italiana ed eventualmente poi il ministro di grazia e giustizia a prendere in esame tali richieste di estradizione. Allo stato delle cose, non sono pervenute richieste di estradizione: la Turchia ha annunciato che presenterà tale richiesta, che tuttavia non è ancora pervenuta; da parte del Governo, delle autorità tedesche, che pure potrebbero farlo avendo emesso anch'esse un mandato di cattura internazionale nei confronti di Abdullah Ocalan, non è giunto né annuncio né richiesta. Restiamo in doverosa attesa.
Nel caso dovesse pervenire dalla Turchia una richiesta di estradizione, occorrerà in ogni caso tener conto che le nostre leggi impediscono la stessa in paesi in cui vige la pena di morte, anche paesi amici. È già successo in un'altra circostanza, quando un nostro concittadino accusato di omicidio non è stato estradato negli Stati Uniti, un paese del quale siamo certamente amici. Una sentenza della Corte costituzionale lo ha ulteriormente ribadito. D'altro canto, mi sembra che questo sia chiaro, noto e condiviso da tutte le forze politiche italiane.
Noi ci muoveremo quindi nei prossimi giorni sulla base del pieno rispetto delle leggi italiane. Lo faremo in stretto rapporto con i nostri partner europei interessati, ma anche consapevoli che la vicenda Ocalan ha una valenza politica forte, investe le questioni della pace e


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della sicurezza in una regione fondamentale ed i rapporti con un paese per noi strategicamente e politicamente importante come la Turchia.
Non ci sfuggono le delicate e complesse implicazioni della questione curda, una etnia divisa tra quattro paesi, nella quale si agitano fazioni talora in lotta tra loro e ciascuna con i propri referenti internazionali. Né ci sottraiamo alla condanna ferma ed inequivocabile del terrorismo: non è con la violenza che le legittime aspirazioni dei popoli al rispetto dei loro diritti e della loro identità possono trovare realizzazione e la frammentazione di consolidate realtà statali non è certo la risposta a queste esigenze. Il dramma del Kosovo e ancor prima quello della Bosnia ci dimostrano che con la cultura dell'odio e della contrapposizione non si risolve nessun problema. La soluzione dei problemi passa attraverso la ricerca del dialogo. Il dramma etnico è un filo che attraversa anche molte realtà europee, ma leader come Tony Blair o Aznar lo stanno affrontando sull'unico terreno possibile, quello della politica, del riconoscimento dei diritti dei popoli, della negoziazione pacifica. Il mio auspicio è che anche il Governo turco persegua questa prospettiva.
La risposta agli interrogativi posti dalla vicenda Ocalan non può prescindere da un'altra considerazione: il carattere particolarmente delicato e strategico della Turchia, che si trova dal punto di vista geopolitico in uno scacchiere fra i più delicati di questo pianeta. Basta ricordare i suoi confini: l'Iraq, la Siria, l'Iran, l'Afghanistan, le Repubbliche euroasiatiche e caucasiche, tutte investite da vari tipi di conflitti, e la Grecia, con la quale la Turchia ha storicamente un rapporto difficile e sofferente. Questo paese è un crocevia degli equilibri internazionali.
Noi abbiamo il dovere di agire per un'evoluzione pienamente rispettosa dei diritti umani in quel paese, con una strategia che al tempo stesso lo tenga legato fortemente all'Unione europea.
La Turchia ha sottoscritto un accordo di unione doganale con l'Unione, che rappresenta un legame essenziale fra essa e l'Europa. Noi stessi siamo fortemente interessati a che i rapporti con questo paese si consolidino, essendo la Turchia un nostro importante interlocutore anche sotto il profilo economico e commerciale.
Peraltro, la presenza della Turchia nelle istituzioni internazionali e multilaterali è un ancoraggio essenziale al mondo democratico, anche al fine dell'applicazione di quegli standard democratici e dei diritti umani riconosciuti ed attuati nei paesi democratici.
Voglio ricordare a questo proposito che l'Italia è stata in prima linea tra i paesi europei nel chiedere che, nel momento in cui l'Unione si impegnava in un nuovo processo di allargamento, le aspirazioni della Turchia all'adesione venissero non sono riconosciute, ma esaudite nella misura più ampia possibile. Abbiamo premuto perché i Consigli europei che hanno avviato il processo di allargamento dell'Unione riconoscessero e legittimassero la vocazione europea della Turchia. Abbiamo insistito perché, indipendentemente dai tempi dell'avvio dei negoziati, venisse creato un foro, quello della conferenza europea, capace di mantenere tutti i paesi che aspirano a far parte dell'Unione uniti intorno ad una comune prospettiva.
Siamo dunque, noi d'Italia, fra i paesi che con maggiore convinzione si adoperano perché la strategia di avvicinamento della Turchia all'Unione europea si arricchisca dei mezzi finanziari necessari per attuarla, superando l'attuale situazione di blocco del protocollo finanziario collegato all'Unione doganale.
La nostra amicizia e la nostra attenzione verso la Turchia dunque non possono essere messe in discussione ed è anche per questo, tuttavia, che ci sentiamo legittimati a chiedere alla Turchia atteggiamenti conseguenti. Tutti i paesi che nutrono l'aspirazione di aderire all'Unione europea, e quindi anche la Turchia, sanno e devono sapere che si rivolgono verso una organizzazione sovranazionale, l'Unione europea, nella quale la dimensione del rispetto dei diritti dell'uomo e dei diritti dei popoli è andata assumendo


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sempre di più uno spessore crescente. Nel trattato di Amsterdam essa è stata non solo posta al centro dei valori che l'Unione promuove e difende, ma è diventata determinante per la valutazione dell'identità comune europea. Ne è prova la modifica apportata alle disposizioni che regolano l'adesione di nuovi membri e cita espressamente il rispetto dei principi fondamentali sui quali si fonda l'Unione, che sono quelli della libertà, della democrazia, del rispetto pieno dei diritti dell'uomo, delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto.
Intendiamo attenerci a questi principi. Le nostre decisioni non sono dunque ispirate ad ostilità verso la Turchia. Vorrei ricordare - tutti lo abbiamo ben presente - come il nostro paese ebbe a soffrire quando un paese amico, la Francia, dette asilo a cittadini italiani che erano stati condannati all'ergastolo per reati di terrorismo. E tuttavia noi rispettammo la tradizione giuridica, la cultura dell'asilo di quel grande paese democratico (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, comunista e misto-rifondazione comunista-progressisti) e nessuno pensò mai - mi rivolgo ai nostri amici turchi - di dire che la Francia non era uno Stato di diritto perché aveva deciso, sulla base delle sue leggi, di concedere asilo a persone che tuttavia erano state condannate per gravi reati nel nostro paese.
Questa è la grande tradizione europea e ciò che decideremo, dunque, non è atto di ostilità verso la Turchia, ma è atto di rispetto verso le nostre leggi, la nostra storia, i nostri valori.
Vorrei aggiungere una cosa: in questa delicata vicenda mi sembra che si apra una finestra di opportunità; non so se la si vorrà cogliere e tuttavia voglio sottolineare, da ultimo, in questo mio intervento, le cose che sono state scritte dal leader curdo Abdullah Ocalan. Egli ha detto: «Io condanno con tutte le mie forze il terrorismo, anche se nasce da parte nostra. Sono pronto a fare la mia parte per fermare il terrorismo». Nel corso di questa lettera egli scrive: «Ho voluto portare a Roma la voce di questi popoli, guidando questa lotta, certo anche facendo degli errori». E conclude: «Sono arrivato in Italia per aprire la strada alla ricerca di una soluzione politica». Credo che si tratti di un documento importante, nel quale c'è il ripudio del terrorismo, il riconoscimento anche di errori compiuti nel passato, la disponibilità a ricercare una soluzione politica. L'Italia non intende intromettersi nelle vicende interne di altri paesi, ma l'Italia vuole fare sapere che, se si vorrà ricercare la via del confronto, la via di una soluzione negoziata e pacifica di questo conflitto, noi siamo a disposizione, come paese amico della Turchia, come paese sensibile alla causa ed ai diritti del popolo curdo, per fare la nostra parte, per svolgere il ruolo di un paese che lavora per la pace e per la soluzione negoziata dei conflitti (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici l'Ulivo, dell'UDR, comunista, misto-rifondazione comunista-progressisti, misto-socialisti democratici italiani, misto-verdi-l'Ulivo e misto rete-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Taradash.

MARCO TARADASH. Signor Presidente del Consiglio, innanzitutto la ringraziamo per la pronta risposta che è venuto a dare in questa sede. Tuttavia, le voglio dire subito che, se le parole da lei pronunciate significano che è già stata assunta una decisione da parte del Governo (ci è sembrato di intendere questo quando ci ha richiamato ai valori della solidarietà e ha detto che la decisione di asilo politico non sarà frutto di avventurismo né di ostilità nei confronti della Turchia), noi vogliamo un dibattito sul merito della questione.
Questa mattina lei è venuto a rispondere sulle modalità dell'arresto e di ciò che è accaduto prima dell'arresto del leader del partito comunista dei curdi. Noi vogliamo che lei torni in questa sede per discutere di asilo politico quando la questione si porrà, dopo che la corte


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d'appello avrà esaminato le eventuali richieste di estradizione e le avrà eventualmente respinte.
Signor Presidente del Consiglio, noi non abbiamo alcun dubbio in merito ai valori della solidarietà, ma c'è una differenza forte tra la solidarietà che lei ha richiamato e quella in cui noi crediamo. Noi pensiamo che il popolo curdo meriti solidarietà anche rispetto a personaggi come il signor Ocalan e che debba vedere riconosciuti i suoi diritti umani, civili e politici in tutti i paesi nei quali esso è disperso. La situazione della Turchia non è certamente peggiore di quella di altri paesi in cui non vige un regime di democrazia, che esiste invece in Turchia. Quest'ultima è responsabile di gravi violazione dei diritti umani ed è questo il motivo per cui finora è rimasta fuori dall'Unione europea; saremo quindi con il Governo italiano se, come ha fatto sempre ogni Governo, tale questione sarà riproposta. Ma non possiamo accettare in alcun modo quanto lei ci ha detto a partire dall'asilo politico nei confronti di un pentito dell'ultima ora, il quale, una volta arrivato in Italia, ha dichiarato di rinunciare al terrorismo, dopo aver condotto per 14 anni una guerra terroristica che ha prodotto 30 mila morti in Turchia e che ha limitato al nostro paese la possibilità per il popolo curdo di ottenere soddisfazione rispetto ai sacrosanti diritti politici, umani e civili.
Quello che ci preoccupa riguarda gli ambienti politici di cui lei ha parlato, che nel corso di questi ultimi mesi e degli anni hanno espresso solidarietà al leader di un movimento marxista-leninista, rispetto al quale dovremmo o avremmo dovuto organizzare campagne di mobilitazione internazionale a sostegno dei diritti umani, se avesse avuto la sorte di ottenere un risultato positivo rispetto alle sue aspirazioni. Noi non crediamo che, a partire dal riconoscimento dell'asilo politico per Ocalan, si possa riaprire seriamente la questione dei diritti umani, politici e civili dei curdi.
Per questo, signor Presidente del Consiglio, restano i dubbi sulle modalità che hanno portato all'arrivo in Italia del leader del partito comunista curdo. Resta il dubbio che gli ambienti politici da lei evocati abbiano avuto questi contatti con il Governo italiano. Resta il dubbio che la lettera da lei letta in quest'aula e che è stata pubblicata sui giornali sia stata in qualche misura concordata con ambienti politici che facevano riferimento al Governo italiano. Ma resta soprattutto una questione di fondo, cioè il rischio che certe culture, certe tradizioni politiche di solidarietà internazionalistica che appartengono ad un mondo diverso da quello dei diritti umani e liberali possano trovare oggi, in Italia, il loro rifugio e la loro migliore espressione, magari purgate da ciò che non è più internazionalmente accettabile perché sono venute meno determinate condizioni di contrapposizione tra i blocchi.
Questi dubbi restano, signor Presidente del Consiglio, e quindi le rinnoviamo l'invito - una volta che la questione sarà giunta al punto di permettere un intervento sul problema dell'asilo politico - a tornare in Parlamento e a consentire un dibattito non limitato a 5 minuti per gruppo, ma più ampio come giustamente merita la vicenda dell'arrivo in Italia di Ocalan.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Mussi.

FABIO MUSSI. Noi condividiamo del tutto, signor Presidente del Consiglio, la posizione che lei ha espresso stamane a nome del Governo. Un grande paese come il nostro, onorevoli colleghi, fronteggia episodi come questo seguendo la stella polare dei suoi doveri internazionali, norme di condotta rigorose e integrali, rispetto dei valori e dei principi che appartengono alla nostra Costituzione e a quella civiltà giuridica europea che ha prodotto tanti trattati ed accordi internazionali a cui possiamo appellarci per trovare la soluzione ai nostri quesiti.
La ricostruzione del Presidente del Consiglio credo dimostri che non ci sono misteri nel caso di Abdullah Ocalan; del


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resto, noi siamo testimoni - anche come membri dei gruppi parlamentari all'interno dei quali molti colleghi si sono impegnati sulla questione curda - dei rapporti che si sono negli anni costituiti tra forze politiche, gruppi parlamentari, singoli parlamentari e rappresentanti del popolo curdo.
Non ci sono misteri; c'è l'arresto di Ocalan all'aeroporto di Fiumicino e la richiesta di asilo. Certo, questo ha provocato una tensione con il governo curdo che deve certamente preoccuparci. È stato giusto ricordare da parte del Presidente del Consiglio come l'attuale Governo e tutti i governi precedenti non siano mai stati animati da ostilità verso la Turchia, anzi, abbiano sempre valorizzato la sua presenza nell'Alleanza atlantica e si siano battuti per l'ingresso pieno della Turchia nell'Unione europea.
La questione curda non riguarda solo la Turchia: ci parla di un popolo di 35 milioni di abitanti, di una nazione senza Stato, di un novecento che è stato anche storia di persecuzioni, di massacri, di lotte sanguinose.
Non credo spetti a noi, soprattutto in questa sede, farci paladini della costituzione di uno Stato curdo, ma certamente spetta a noi difendere i diritti di un popolo, difendere i diritti universali di democrazia e di libertà, sostenere forme di autogoverno possibili, difendere e sostenere la difesa delle tradizioni, della lingua e della cultura di un grande popolo, come quello curdo, e le ragioni della sicurezza di quei milioni di persone che si trovano sparse in quattro diversi paesi.
Del resto ricorderete, colleghi, il fatto che la Commissione affari esteri della Camera qualche mese fa propose all'unanimità una conferenza internazionale sotto l'egida dell'ONU. Credo che questa proposta debba essere qui rilanciata e che l'Italia debba essere in prima fila come promotrice di un'iniziativa di pace per la ricerca di accordi.
Del resto, si è visto che altri conflitti che sembravano irrisolvibili possono essere avviati a soluzione. Basti pensare a tutta la vicenda spagnola e anche al recentissimo accordo sull'Ulster.
Non c'è dubbio che repressione, terrorismo, violenza debbano essere respinti con fermezza. E non credo, onorevole Taradash, che si possano sottovalutare o pensare che siano frasi di convenienza e irrilevanti quelle che il leader Ocalan ha voluto scrivere nella lettera inviata al Presidente del Consiglio, comprensive di una esplicita e aperta condanna del terrorismo e della richiesta di una soluzione politica della questione curda, che ha un secolo di vita.
Non spetta neppure a noi decidere dell'asilo politico: vi è una Commissione che deve incaricarsene. Il nostro gruppo auspica che la Commissione conceda l'asilo politico a Abdullah Ocalan, sulla base dell'articolo 10 della nostra Costituzione e dell'interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale e sulla base dei principi contenuti nella convenzione europea sull'estradizione. Credo che su una base come questa potremo convergere.
Vorrei invitare tutti ad evitare le note stonate. Stamane non è presente l'onorevole Berlusconi. Questi sono i momenti in cui ci si fa guidare dalla bussola dei valori universali e dei principi costituzionali e dal sentimento di una comune appartenenza ad un paese. Non si può fare propaganda contro la sinistra, definendo un caso delicato come questo un guaio. No, non è un guaio! È una prova importante dalla quale il nostro paese, che ha un'anima solidale, deve uscire più autorevole e più forte delle sue leggi (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, comunista e misto-rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Soro.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente del Consiglio, lei ha rimosso più di una perplessità intorno alle circostanze che hanno preceduto e accompagnato l'arrivo di Ocalan in Italia. Qualche perplessità ancora rimane, ma confidiamo che il


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Governo possa rimuovere anche queste in modo chiaro e definitivo. In ogni caso, noi vogliamo esprimerle la convinzione che il nostro ordinamento, non solo nella forma delle esplicite leggi ma anche nei principi fondamentali ai quali si ispira la nostra civiltà giuridica, rende ineludibile la strada dell'asilo politico al leader del partito dei lavoratori curdi. Questa scelta è più forte e più convinta (e in qualche modo è ad essa legata in un nesso indissolubile) di quella annunciata da Ocalan di abbandonare la strada, tanto sanguinosa quanto inutile, del terrorismo.
La nostra valutazione di opportunità sulla scelta dell'asilo politico non comporta evidentemente un giudizio di merito sulla complessa questione curda. E tuttavia siamo consapevoli che questa vicenda, questo episodio pone il nostro paese al centro di uno snodo complesso e ricco di rischi, ma forse anche di qualche opportunità. Sono in gioco elementi diversi, di un difficile equilibrio: da una parte, la questione, in sé innegabile, di un'aspirazione antica all'autodeterminazione di un popolo, che ha una storia drammatica, e, dall'altra, la legittima pretesa di un paese alleato, che gioca un ruolo strategico nel Mediterraneo, che aspira ad entrare nell'Unione europea (e al riguardo noi ci siamo dichiarati favorevoli), di vedere rispettata la sua sovranità nella risoluzione di un problema che considera interno.
Ma, ancora più importante, è la necessità di contrastare qualunque forma di terrorismo nel mondo, nel quadro di una cooperazione internazionale. Per questa ragione non troviamo che siano una indebita intromissione le valutazioni espresse dagli alleati della NATO in direzione di un atteggiamento molto severo nei confronti del terrorismo curdo. Ma esiste anche la possibilità concreta di concorrere a favorire la transizione del movimento curdo dal terreno del conflitto armato verso la scelta della politica, della soluzione politica di una questione antica.
Pertanto, la raccomandazione che ci sentiamo di rivolgere al Governo è di avere molta prudenza per evitare di spostare l'asse di un difficile equilibrio nella direzione sbagliata.
Credo che il Presidente D'Alema sia consapevole dei rischi e delle opportunità. Asseconderemo l'azione del Governo, forti di una preoccupazione che il Presidente questa mattina ha voluto rimuovere: l'affermazione secondo la quale la decisione di dare asilo a Ocalan non può trasformare il nostro paese in una retrovia della guerriglia internazionale. L'abbandono del terrorismo da parte del leader del partito curdo dei lavoratori può rappresentare, invece, la premessa per una fase positiva. Su questa base noi crediamo debba svilupparsi una forte iniziativa nei confronti della repubblica curda, perché non venga alterata la qualità dei nostri rapporti, ma possa invece crescere concretamente l'opportunità di uno sviluppo pacifico del conflitto in corso.
I Governi precedenti, e in particolare il Governo Prodi, hanno maturato in questi anni un largo credito, prezioso nei confronti della Repubblica turca. Pensiamo che qualunque sforzo debba essere compiuto sia in termini di iniziative diplomatiche, sia nella moderazione delle scelte che dovremo adottare perché questo credito possa essere conservato (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Comino.

DOMENICO COMINO. Signor Presidente, notiamo con soddisfazione, anche se ciò non è trasferibile sul piano interno, che finalmente in quest'aula si comincia a parlare non più e non solo di diritti dei cittadini, di diritti individuali, ma anche di diritti dei popoli e del principio di autodeterminazione.
Signor Presidente del Consiglio, per avere il patentino di Stato democratico, a nostro avviso, non è sufficiente far parte di un organismo sovranazionale quale l'Alleanza atlantica né, tantomeno, in un'ottica di probabile occidentalizzazione, chiedere di entrare a far parte dell'Unione,


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secondo l'ormai confermata tesi dell'allargamento dell'Unione europea.
Nutriamo seri dubbi sulla democraticità dello Stato turco, a cominciare del genocidio del popolo armeno del 1915, riconosciuto dall'Assemblea nazionale francese nel maggio di quest'anno e che forse questa Camera dovrebbe prendere in considerazione con una valutazione sulla mozione Pagliarini.
È stata data della vicenda di Abdullah Ocalan una interpretazione dottrinaria, di prassi, di regolamenti. Noi non crediamo che sia questo il motivo del contendere.
Credo che valga, su tutti, il principio dell'articolo 10 della Costituzione secondo cui lo straniero al quale è impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche - non dimentichiamo che in Turchia vige una legge elettorale con lo sbarramento al 10 per cento e che in quello Stato multietnico le minoranze etniche non hanno possibilità di avere rappresentanza parlamentare -, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Noi partecipiamo a questo dibattito cercando di dare elementi di indirizzo non al Presidente del Consiglio ma a chi sarà chiamato a pronunciarsi sull'unico atto veramente concreto, cioè sulla richiesta, da parte di Abdullah Ocalan, di asilo politico. La scelta dell'Italia dovrà essere, in questo caso, una sola, senza finestre, senza prospettive, senza negoziati per il timore di chissà quale rappresaglia commerciale da parte dello Stato turco nei confronti della Repubblica italiana. La scelta dovrà essere quella di concedere asilo politico ad Abdullah Ocalan quale capo riconosciuto del popolo curdo e della relativa legittima resistenza contro l'oppressione turca (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Abdullah Ocalan è il capo della resistenza curda. Si è sempre battuto per la libertà del suo popolo, anche in considerazione del fatto che, in mancanza di dialogo politico, qui richiamato da varie parti politiche, sia ritenuto legittimo l'utilizzo di ogni mezzo usato al fine del raggiungimento dell'indipendenza e della libertà del popolo curdo.
Il dramma è quello di sempre: briganti, cioè criminali, o patrioti? Sarà la storiografia a dirci chi aveva e chi avrà ragione. Non è possibile allo stato una strada pacifica per le rivendicazioni all'autodeterminazione del popolo curdo, stante l'assetto istituzionale dello Stato turco. Ma se strada ci dovrà essere, sarà la strada di un referendum politico sull'autodeterminazione del popolo curdo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Sbarbati.

LUCIANA SBARBATI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, innanzitutto la vorremmo ringraziare per la posizione di notevole equilibrio che ella oggi ha assunto in quest'aula, ma anche per la posizione di fermezza che nei giorni scorsi ha dimostrato nei confronti di pressioni di vario genere provenienti anche da varie posizioni.
Noi riteniamo che la questione del signor Ocalan, capo della resistenza curda, sia estremamente delicata ed estremamente importante per tutte le implicanze di politica internazionale, ma anche culturali, che sono dentro questa questione. E rifuggiamo da un atteggiamento di tifoseria, sia essa di destra come di sinistra, comunque di parte, nei confronti di una situazione e di un problema che devono essere trattati con assoluta delicatezza, nel rispetto dei trattati internazionali e della normativa vigente nel nostro paese.
Considerato che il popolo curdo fin dalla prima guerra mondiale ha subito - come tutti sappiamo, poiché il Kurdistan è stato diviso in ben cinque Stati - una diaspora eccezionale, la cui dimensione è pari soltanto a quella armena, credo che addentrarsi in una valutazione di merito su questioni storiche inerenti a tale popolo sia estremamente complicato e azzardato perché significherebbe dare una


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patente di buono o di cattivo, di eroe o di terrorista. Del resto, conoscere la storia, soprattutto quella dei popoli orientali, è questione complessa che compete soltanto a chi ha cultura ed esperienza per farlo.
Nonostante tutto questo credo, però, che noi dobbiamo attenerci, come ella ha detto, a due questioni fondamentali. La prima è relativa all'estradizione, nel momento in cui verrà chiesta, sulla quale il Governo italiano non ha chance di alcun tipo, se non quella di rispettare le sue leggi, che prevedono che l'estradizione non sia concessa verso uno Stato in cui è in vigore, nonostante tutto, la pena di morte. La seconda questione riguarda l'asilo politico, rispetto al quale noi, come gruppo di rinnovamento italiano e anche come deputati repubblicani, ci atteniamo a quanto ella ha qui riferito ed anche alla presa di posizione del ministro degli esteri Lamberto Dini, il quale ha ribadito che il nostro è uno Stato di diritto. Essendo il nostro uno Stato di diritto, sulla questione dell'asilo politico c'è una commissione competente che dovrà esprimersi valutando la posizione del signor Ocalan e se essa sia compatibile con lo status di rifugiato politico: in caso affermativo, si conceda il diritto d'asilo. Questa è la nostra posizione.
Credo poi che sia assolutamente necessario che da questo problema così delicato si possa passare ad una seconda fase in cui il Governo italiano e la stessa Italia, secondo quanto è stato deliberato dalla Commissione esteri della Camera unanimemente, procedano verso quella conferenza internazionale di pace in cui i problemi del popolo curdo, delle minoranze oppresse, dell'autodeterminazione dei popoli possano trovare diritto di cittadinanza in una chiave squisitamente politico-culturale e non di parte, che attenga cioè alle ragioni del diritto alla vita, alla libertà, alla giustizia, e del diritto a ribellarsi nel caso in cui questi diritti fondamentali siano violati.
Credo che, se l'Italia si farà paladina di questa conferenza internazionale sotto l'egida dell'ONU, avrà fatto fino in fondo il proprio dovere. Credo anche che noi, Parlamento italiano, dobbiamo per primi essere rispettosi delle regole del nostro Stato di diritto.
Attendiamo quindi il risultato della valutazione di questa commissione, sicuri che il Governo farà la sua parte con un atteggiamento responsabile nei confronti di uno Stato amico come è la Turchia, che deve entrare nella compagine della nuova Europa a pieno titolo, ma sicuri anche che non ci saranno cedimenti né debolezze in caso di pressioni, da qualunque parti esse provengano (Applausi dei deputati del gruppo di rinnovamento italiano).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Gasparri.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, come l'onorevole Taradash anch'io penso sia opportuna una ulteriore discussione, che sicuramente ci sarà, sul problema del diritto d'asilo e sulle scelte di politica estera dell'Italia.
A scanso di equivoci, però, poiché la discussione riguarda la vicenda Ocalan ma anche quella del popolo curdo, voglio richiamare la risoluzione che l'onorevole Tremaglia e altri deputati di alleanza nazionale hanno presentato in Commissione esteri, poi approvata nel suo dispositivo, nella quale il nostro gruppo impegna il Governo (e noi su questo la sollecitiamo) a promuovere iniziative in sede comunitaria per la cessazione delle ostilità del nord dell'Iraq ed il ritiro dell'esercito turco nei propri confini; a chiedere all'UE, all'OCSE, all'ONU l'invio in tutto il Kurdistan di osservatori internazionali; ad adoperarsi presso l'ONU e tutti gli altri organismi affinché la questione curda venga finalmente affrontata e discussa e i diritti negati del popolo curdo possano essere finalmente riconosciuti.
Bisogna porre il problema non solo alla Turchia ma anche a molti altri paesi come la Siria, l'Iran, l'Iraq e quelli che facevano parte dell'ex Unione Sovietica, che contribuiscono a negare l'identità del popolo e della nazione curdi.
Questa premessa è doverosa per evitare che le posizioni del mio gruppo possano


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essere considerate ostili alle aspirazioni legittime del popolo curdo. Semmai, signor Presidente del Consiglio, ci chiediamo quali iniziative stia assumendo il nuovo Governo impegnato, come quello precedente, ad adottare - con il consenso credo unanime del Parlamento - le iniziative medesime. La comunità internazionale si muove periodicamente nei confronti dell'Iraq, minacciando bombardamenti ogni 15 giorni, che per fortuna poi non si verificano; non si capisce perché l'emergenza curda non sia altrettanto avvertita. Siamo certi che il Governo da lei guidato vorrà porre nelle sedi competenti questo problema.
Invitiamo però alla massima cautela perché il popolo curdo non è solo il PKK, il quale non ha il monopolio rappresentativo del popolo stesso. Sul PKK gravano sospetti pesanti: mi riferisco a rapporti di organi investigativi italiani, a considerazioni di vari paesi dell'Unione europea, a preoccupazioni in Inghilterra ed in Germania, la quale ultima ci risulta essere un paese democratico come l'Italia (si potrà avere qualche riserva sull'atteggiamento dei turchi, ma su quello della Germania credo non ve ne siano). In Germania il PKK è considerato sostanzialmente fuori legge: c'è quindi una preoccupazione nella comunità internazionale (e non nel gruppo di alleanza nazionale, che sarebbe poca cosa) sugli atteggiamenti del PKK, sulla sua connessione con attività terroristiche operate non solo sul territorio turco, e quindi in relazione alle migliaia di morti che ci sono stati e che portano la Turchia a chiedere l'estradizione di Ocalan. Mi riferisco anche ad attività illegali di narcotraffico e di altro genere, sempre inquietante, che condizionano la vita degli altri paesi.
La invitiamo, come tutti, a vagliare queste problematiche, ferma restando la nostra massima attenzione alle esigenze e ai diritti del popolo curdo. Non vogliamo che una valutazione di questa vicenda tra il goliardico e l'ideologico faccia sì che in Italia vengano importati vari problemi. Lei giustamente ha detto che non è intenzione del Governo ospitare centrali terroristiche nel nostro paese o comunque che il Governo non vuole che dal nostro paese muovano iniziative terroristiche, ma per tutto ciò occorre molta vigilanza.
Colgo l'occasione per richiamare l'attenzione del ministro dell'interno su un servizio del TG1 trasmesso ieri sera nel quale si vedevano dei curdi che perquisivano le persone che si recavano al Celio dove appunto i curdi si erano radunati. Se non ha visto quell'edizione del telegiornale, signor ministro dell'interno, la invito a farsi inviare la videocassetta perché vedrà che i curdi perquisivano le persone che si recavano in quella zona per timore che i turchi inviassero infiltrati. Eppure abbiamo la polizia, l'Arma dei carabinieri, la Guardia di finanza, la polizia municipale, il Corpo forestale dello Stato e quant'altro che possono garantire la sicurezza ai cittadini curdi che si trovano a Roma per manifestare e quindi perquisire tutti coloro i quali si avvicinano alla manifestazione; altrimenti, sarebbe come in uno stadio dove i tifosi dell'una squadra perquisiscono i tifosi dell'altra. Questo è un compito proprio della polizia e l'immagine trasmessa dal telegiornale non mi è sembrata davvero rassicurante. Non vorrei che dessimo la sensazione che parti di territorio italiano siano sottratte alla sovranità nazionale e che quindi i curdi - la cui patria è in Kurdistan e non al Celio - possano pensare che tutto si può fare (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Come dicevo, occorre molta cautela. Lei ha derubricato la lettera in maniera molto disinvolta ma in essa si parla di contatti con il nostro Governo. L'onorevole Diliberto, attuale ministro di grazia e giustizia, è stato tra i promotori di incontri e riunioni che lei non ha negato ma ha addirittura avallato. Oggi, però, il Governo deve tenere conto dei rapporti con l'Unione europea, della valutazione che sul PKK fanno tedeschi, inglesi e altri, dei rapporti che con la Turchia vanno comunque tenuti nonché del pericolo che una leggerezza possa indurre i turchi a facilitare esodi di massa dei curdi verso l'Italia. Il Governo precedente ha promosso


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missioni in Turchia proprio allo scopo di frenare la partenza di tante navi. Non vorremmo che una ritorsione turca consistesse non nel facilitare esodi di massa ma nello sviluppare azioni terroristiche. A questo punto arrivano clandestini dalla Francia, i curdi dal Kurdistan, ma la sanatoria in atto sta già sconvolgendo la situazione. Il ministro dell'interno sostiene che non si tratta di un fenomeno allarmante ma le cifre che leggiamo oggi sui giornali sono preoccupanti, per cui la questione curda sotto il profilo dell'immigrazione e degli spostamenti di popoli vista con spirito ideologico o addirittura goliardico potrebbe esporre l'Italia a notevoli rischi.
Ci auguriamo dunque che il Governo valuti la questione con tutta la cautela possibile, dando per scontati i richiami alla Costituzione, al divieto di estradizione nei paesi in cui è prevista la pena di morte. Noi dobbiamo però anche pensare al ruolo della politica estera italiana e alla sicurezza delle nostre città (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CCD - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Giovanardi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 13,03)

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente del Consiglio, siamo molto preoccupati per la situazione che si è venuta a creare. Le sua dichiarazioni di questa mattina, in sé neutre, ci spingono a chiederci dove vada la politica estera italiana e che rapporto ci sia tra le posizioni emozionali e passionali di alcuni gruppi che hanno avallato in modo incondizionato la figura di Ocalan e del PKK rispetto ai nostri alleati. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno espresso una posizione molto preoccupata nei confronti dell'attività di questo partito e del suo leader. Si parla infatti di 30 mila morti, di liquidazione fisica degli avversari politici, si parla di assassinio politico praticato non solo contro gli avversari turchi ma anche contro i curdi dissenzienti dalla linea politica del partito. Si pone anche un problema di rappresentatività perché noi certamente appoggiamo le rivendicazioni di autonomia dei curdi ma occorre sapere chi rappresenti tale popolo.
Poi c'è la posizione delle sinistre europee che non è emozionata e solidale come parte di questo emiciclo ha manifestato. Il Corriere della Sera di questa mattina pubblica un'intervista al ministro degli esteri tedesco (che non è un cristiano democratico ma un verde) il quale molto seriamente ribadisce che per la Germania il PKK resterà bandito per le ragioni che indussero a dichiararlo a suo tempo fuori legge, e cioè terrorismo ed assassinio politico.
Dove stiamo collocando l'Italia? Dove poniamo la politica estera del nostro paese? Certo non in linea con quella degli Stati Uniti che sono sempre stati il nostro maggiore alleato nel contesto della NATO e nel rapporto tra i paesi del mondo occidentale, e nemmeno in sintonia con quella dei paesi europei, quali Germania, Francia ed Inghilterra (dove sono al potere socialisti e laburisti) i quali al riguardo hanno assunto posizioni ben più rigorose e serie rispetto a quelle manifestate da alcune forze politiche italiane.
Quello che mi spaventa realmente è l'entusiasmo, sono gli applausi. Ora, addirittura, il signor Ocalan viene in Italia dopo aver praticato il terrorismo e dice «non gioco più, mi pento». Forse questo vale per tutti i terroristi della storia, coloro che hanno commesso azioni condannate dalla storia stessa, magari in nome del nazionalismo. Sicuramente Pol Pot era un nazionalista cambogiano, ma non credo che le sue azioni possano passare alla storia come segno di patriottismo e di sviluppo per quel popolo.

GABRIELE CIMADORO. L'estremismo di Giovanardi non si smentisce mai!

CARLO GIOVANARDI. Io sto solo illustrando le posizioni di tutti i Governi


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europei, del Governo degli Stati Uniti d'America e dell'opinione pubblica occidentale; ritengo, piuttosto, che qualcosa di atipico esista proprio all'interno di questo Parlamento. Si tratta, infatti, di porsi il problema di come trattare diplomaticamente un caso che il Governo italiano deve affrontare perché il diritto di asilo farà esplodere un incidente diplomatico con la Turchia che è un paese importante di quello scacchiere, perché l'estradizione verso la Turchia è preclusa dalla questione della pena di morte. Vi può essere il discorso del rapporto con la Germania, ma il fatto che la situazione che dobbiamo affrontare sia angosciante non significa che una parte di questo emiciclo applauda a situazioni che, invece di fondarsi sul dialogo e sulla ricerca di una soluzione pacifica, si sono fondate sull'assassinio e sul terrorismo.
Questo non possiamo accettarlo mai e in nessuna parte, pertanto esprimiamo la nostra preoccupazione per la situazione che si è venuta a creare (Applausi dei deputati del gruppo misto-CCD).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Cento.
Le ricordo che come componente del gruppo misto ha a sua disposizione quattro minuti.

PIER PAOLO CENTO. I componenti del gruppo misto-verdi-l'Ulivo esprimono, innanzitutto, apprezzamento e condivisione per quanto ci ha comunicato il Presidente del Consiglio D'Alema ed anche per il riconoscimento che ha voluto dare nel suo intervento all'iniziativa, certamente autonoma ma credo positiva, di una sorta di diplomazia parlamentare. Essa da diversi mesi è stata messa in campo da parte di gruppi parlamentari e singoli deputati.
È una condivisione anche per quanto riguarda il ruolo del Governo, assunto in questa vicenda in modo rigoroso, attento alle questioni di politica internazionale, ma anche fortemente attento a rivendicare un ruolo nella promozione dei diritti civili e umani nel mondo e, in particolare, verso quei paesi con i quali intratteniamo importanti relazioni commerciali, diplomatiche ed internazionali.
Noi verdi in queste ore abbiamo sostenuto e sosteniamo con convinzione la richiesta di asilo politico avanzata da Ocalan, sia in base ad una valutazione giuridica, sia - soprattutto - per ragioni politiche. Egli venendo in Italia, senza alcuna trattativa precedente con il nostro Governo (bene ha fatto il Presidente del Consiglio a sottolinearlo) ha voluto fare un investimento sul ruolo internazionale dell'Italia dei valori di democrazia e rispetto dei diritti civili che caratterizzano il nostro paese.
Questa scelta attribuisce, però, all'Italia una grande responsabilità e noi la consideriamo comunque un contributo decisivo per avviare una nuova fase del conflitto turco-curdo, capace di superare la contrapposizione violenta e valorizzando il dialogo e l'iniziativa diplomatica con l'obiettivo di individuare una soluzione possibile per la questione curda.
In questi mesi vi sono stati atti formali del Parlamento europeo, del Parlamento italiano, delle Commissioni esteri di Camera e Senato, nonché iniziative di singoli parlamentari che pongono tutta la comunità internazionale di fronte al rispetto dei diritti umani, civili e politici del popolo curdo e di fronte alla necessità di individuare una soluzione stabile per un popolo che da decenni aspetta di avere una propria terra.
Per queste ragioni i verdi auspicano che al più presto sia accolta dalla competente Commissione la richiesta di asilo politico ad Ocalan e che l'Italia si faccia promotrice (come indicato da una risoluzione parlamentare) di una conferenza internazionale di pace con tutte le parti in causa per individuare soluzioni alla questione curda (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Mantovani.

RAMON MANTOVANI. Signor Presidente del Consiglio, il gruppo di rifondazione


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comunista è soddisfatto della sua ricostruzione della vicenda e ancor più soddisfatto della linea di condotta politica scelta dal Governo italiano per trattare questa vicenda.
Naturalmente, noi insistiamo con grande forza affinché sia concesso l'asilo politico al presidente Ocalan.
Altri colleghi hanno ricordato che la Commissione esteri della Camera dei deputati ha votato all'unanimità due risoluzioni: una presentata dal sottoscritto ed un'altra dall'onorevole Tremaglia, le quali furono unificate nel dispositivo e, cioè, nella parte che impegna il Governo (un brano di quella risoluzione è stato letto dal collega Gasparri). È evidente che quella risoluzione costituisce una base politica di indirizzo anche per guidare l'azione del Governo nella scelta di concedere o meno l'asilo politico al presidente Ocalan; giacché in quella risoluzione è contenuto il seguente concetto molto chiaro: è necessario risolvere l'annosa questione turco-curda per via pacifica, con la diplomazia e con la politica e mettendo fine ad un conflitto che dura ormai da quasi venti anni!
Posso testimoniare - perché ho incontrato il presidente Ocalan due mesi fa, con una delegazione del mio partito - che il presidente Ocalan non parla di soluzione politica solo dal momento del suo arrivo in Italia, ma già due mesi fa aveva dichiarato un cessate il fuoco unilaterale ed aveva a gran voce, anche attraverso la nostra esile voce (riferimmo di quella volontà politica sia ai parlamentari che poi sono stati impegnati nelle azioni che anche il Presidente del Consiglio ha ricordato, sia all'opinione pubblica europea), lanciato un appello all'Europa affinché intervenisse e cercasse di indurre il governo turco a ricercare una soluzione pacifica e politica di quel conflitto. Del resto, la soluzione pacifica e politica del conflitto è assolutamente indissolubile dalla risoluzione degli altri problemi che investono la Turchia: in primo luogo, il rispetto dei diritti umani! Sarebbe veramente difficile che, nella continuazione di un conflitto, si ponesse mano alla risoluzione dei diritti umani e viceversa; sono due cose tra di loro indissolubilmente legate!
È certo, però, che i metodi di lotta che in questi casi si adottano possono suscitare consenso o dissenso; noi non abbiamo dissenso nei confronti di un popolo che, di fronte alla totale impossibilità di risolvere il proprio diritto attraverso una via pacifica e politica, impugna le armi per difendere quel diritto. Lo hanno fatto i palestinesi; lo hanno fatto tanti altri popoli del Mediterraneo e del mondo. Tuttavia, la volontà pacifica del PKK e della lotta che esso rappresenta è chiara oggi di fronte a tutta l'Europa.
Credo che non si possa mettere nel mazzo del terrorismo la carta di questa vicenda, perché il terrorismo è altra cosa; è un'accusa che hanno portato con fatica addosso Arafat, Nelson Mandela e Daniel Ortega: oggi molti di costoro sono Capi di Stato!
Signor Presidente del Consiglio, nel rinnovarle il nostro consenso per la linea di condotta seguita dal Governo, chiediamo di valutare con forza questa opportunità politica. Anche attraverso il riconoscimento del diritto di asilo del presidente Ocalan, l'Italia può dare un fattivo contributo all'apertura di una nuova fase e - speriamo - di una soluzione pacifica e politica della questione curda (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti e del deputato Leccese).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Crema.

GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, i deputati socialisti manifestano il loro apprezzamento per il puntuale intervento del Presidente D'Alema e per l'operato del Governo. Le parole del Presidente del Consiglio, a nostro avviso, interpretano positivamente l'opinione diffusa dei democratici e della maggioranza della popolazione del nostro paese.
La vicenda che ha portato all'arresto del leader del partito comunista curdo, Ocalan, ha lasciato dubbi e zone d'ombra


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e noi le diamo atto, onorevole D'Alema, di averli chiariti e di avere puntualmente contribuito a rasserenare le legittime preoccupazioni di molti parlamentari e cittadini amici del popolo curdo e, al contempo, della Turchia. Se poi corrispondono al vero le parole di Ocalan di contrarietà al terrorismo e di rinuncia alla lotta armata, il nostro auspicio è che in presenza di richiesta di asilo politico, questo gli venga concesso.
I socialisti si augurano ed hanno fiducia che l'operato del Governo, rispettoso dello Stato di diritto, si ispiri sempre ai principi universali dei diritti dell'uomo e dei popoli, in continuità con il comportamento del nostro paese che anche in passato ha dato dimostrazione di grande sensibilità umanitaria, indipendentemente dal rispetto di alleanze internazionali che debbono sempre corrispondere ad esigenze di garanzia democratica e non di compressione e di restringimento delle libertà universali.
Rimaniamo ovviamente in attesa, come gli altri colleghi, degli sviluppi di questa situazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Cimadoro.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente del Consiglio, io sono stato uno dei parlamentari che insieme agli altri colleghi hanno ricevuto la delegazione dei parlamentari del Kurdistan in Europa.
Questa è una vicenda molto triste: l'Italia ha oggi la possibilità di prendere una decisione importante e rilevante per la sua politica estera. Non si tratta sicuramente solo di una vicenda personale, ma la decisione investe tutto il popolo curdo che sta ormai da anni combattendo per avere il pieno riconoscimento e la legittimità di paese.
Questa vicenda è arrivata in Italia ed io sono soddisfatto delle parole espresse dal Presidente del Consiglio. Parole determinate che evidentemente non sono condizionate dai paesi europei né da quelli americani.
Sono convinto che questa vicenda verrà risolta nel modo migliore per il popolo curdo e che la richiesta di asilo politico sarà pienamente accettata (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDR).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Lento.

FEDERICO GUGLIELMO LENTO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, innanzitutto debbo dare atto di grandissima sensibilità al Presidente del Consiglio e alla Presidenza della Camera che in un momento convulso come quello della sessione di bilancio, abbiano trovato il tempo e la volontà di discutere di un problema così importante.
Un problema che non è un guaio capitato all'Italia, ma è pur sempre un problema.
Non credo che i rappresentanti del PKK abbiano avuto un accordo preventivo con il Governo, non soltanto perché il Presidente D'Alema lo smentisce, ed io non ho motivo di non credergli, ma perché penso che Abdullah Ocalan abbia fatto una considerazione, investendo - come diceva il collega Cento - sull'Italia, un paese di tradizioni ospitali millenarie, con il quale c'erano stati rapporti di tipo politico se è vero, come è vero, che nell'ambito della nostra Camera si è riunito il cosiddetto parlamento curdo in esilio, che non più tardi di circa un mese fa abbiamo ospitato nel Senato, in un incontro promosso dal capogruppo dei verdi, una delegazione del PKK con il rappresentante in Europa.
In quella occasione, e non soltanto adesso, si era detto che essi rifiutavano il metodo della violenza per la risoluzione dei problemi relativi al popolo curdo. Oggi lo dice anche Ocalan. Tutti questi democratici che hanno parlato prima di me e che si interessano se Ocalan sia un terrorista o meno e se voglia usare ancora la violenza, non vanno a guardare cosa succede in Turchia dove il popolo curdo viene massacrato, purtroppo con armi che alcune volte sono vendute legittimamente dall'Italia e che rappresentano in alcuni casi uno dei ricatti che la Turchia pone nei nostri confronti.


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L'Italia nella storia politica, sociale e civile si distingue anche per alcune persone che hanno avuto un'utopia. Penso ad un mio concittadino, corregionale, La Pira, il quale guardava al Mediterraneo ed affermava che nel Mediterraneo noi dovevamo avere una nostra posizione autonoma. Caro onorevole Giovanardi, se per una volta tanto - anzi, in questi pochi giorni è la seconda - ci discostiamo dalla politica americana, ben venga. Noi siamo felicissimi che questo accada.

CARLO GIOVANARDI. Voi stavate con Pol Pot!

FEDERICO GUGLIELMO LENTO. Come siamo felicissimi che il presidente Ocalan abbia scelto di venire in Italia non per avere una base di retroguardia per il terrorismo ma per costituire, insieme ai democratici italiani ed europei, un tavolo in cui si discuta con i metodi della politica dell'annoso problema del popolo curdo. È una piccolissima annotazione polemica all'onorevole Gasparri.
La risoluzione che abbiamo assunto nella Commissione esteri l'abbiamo presa all'unanimità, quindi nessuno di noi - così come prima il compagno Mantovani - può vantare diritti di primogenitura. Io sono molto d'accordo con quanto diceva il Presidente D'Alema, spero che al presidente Ocalan sia concesso l'asilo politico in Italia e spero anche che l'Italia, questo Parlamento e la Commissione esteri in particolare siano promotori di un tavolo di pace che porti finalmente a soluzione l'annoso, grave, sanguinoso problema del popolo curdo. (Applausi dei deputati del gruppo comunista).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Caveri.

LUCIANO CAVERI. Signor Presidente del Consiglio, la componente delle minoranze linguistiche del gruppo misto è, per ovvie ragioni, interessata a questa problematica e devo dire, con grande sincerità, che abbiamo molto apprezzato l'equilibrio del suo intervento, come anche il fatto che, in maniera non rituale, lei non si sia riferito solamente a quanto sta capitando attorno a questo singolo problema, allargato alla problematica dei curdi, ma abbia anche ricordato come tutto ciò avvenga in un contesto europeo in cui il tema della tutela delle nazionalità e dei popoli senza Stato è in pieno movimento, con Blair che si sta occupando delle problematiche degli scozzesi e dei gallesi e Aznar che si sta occupando del tema delicato del futuro dei baschi e dei catalani.
Devo riconoscere, tuttavia, che la questione curda è particolarmente delicata. Si tratta di un popolo senza Stato, il cui territorio è stato smembrato in più parti, in una logica che talvolta è stata quella di un autentico genocidio. E devo dire di aver assistito in quest'aula ad alcune lacrime di coccodrillo, perché non è stato il caso a creare la situazione dei curdi. È stata, in questi ultimi anni, una politica estera e, direi, anche una politica europea, perché si parte dal presupposto della esistenza di convenzioni internazionali che riaffermano in maniera molto solenne i diritti dei popoli, compreso il diritto principale, cioè quello all'autodeterminazione, ma poi, quando si tratta di trasferire una serie di valori e diritti nella pratica quotidiana della politica internazionale, tutto diventa più difficile. E lo è naturalmente per il popolo curdo. La composizione di un puzzle complicatissimo qual è quello della diaspora di un popolo che oggi è un po' in Turchia, in Iraq, in Iran, in Siria, in alcune repubbliche ex sovietiche costituisce un tema molto delicato ed apprezziamo molto, nelle sue parole, l'intenzione, al di là del caso specifico in esame, di fare dell'Italia un paese che si occupa anche dei diritti dei popoli senza Stato. La ringrazio. (Applausi dei deputati del gruppo misto-minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ringraziamo il Presidente del Consiglio per la prontezza con cui ha risposto all'invito della Presidenza della Camera.
Sono così esauriti gli interventi sull'informativa urgente del Governo sull'arresto


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e sulla richiesta di asilo politico del leader del partito dei lavoratori curdi, Abdullah Ocalan.
Sospendo la seduta fino alle 14.30.

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