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PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e del complesso degli emendamenti ad esso presentati (vedi l'allegato A - A.C. 4676 sezione 1).
BEPPE PISANU. Io non credo, signor Presidente, onorevoli colleghi, che il clima politico generale nel quale riprendiamo l'esame di questa proposta di legge sia esposto a rischi incipienti di imbarbarimento, come ho appena sentito dire. Mi sembra anzi il contrario, se almeno dobbiamo dare ascolto alle aperture al dialogo, alle esortazioni al senso di responsabilità che ci vengono insistentemente dal Presidente del Consiglio.
vita nazionale; ciò avvenne con votazioni praticamente unanimi e su richiesta delle opposizioni, anche quando si era in presenza di indagini e di processi da parte della magistratura. Riferendomi ad alcune delle esperienze di cui ho diretta conoscenza, mi limito a ricordare qui: la Commissione parlamentare d'inchiesta sul sequestro Moro, proposta dall'onorevole Natta; la Commissione sul caso Sindona, proposta dagli onorevoli Spagnoli, D'Alema e Violante; le due proroghe della Commissione antimafia, a firma degli onorevoli Napolitano, Rodotà ed Alinovi; la Commissione stragi, proposta dall'onorevole Zangheri e prorogata su iniziativa del senatore Salvi; la Commissione su Gladio, voluta dal compianto senatore Pecchioli e dall'onorevole Occhetto; la Commissione d'inchiesta sulla cooperazione con i paesi in via di sviluppo, su iniziativa dei deputati D'Alema e Violante. Ho voluto citare questi precedenti anche per sottolineare che negli ultimi venti anni le élites politiche dell'opposizione sono state all'avanguardia nel proporre delicatissime inchieste parlamentari, ottenendo sempre il consenso delle maggioranze del tempo, spesso accordato nel mezzo di infuocate polemiche politiche che non risparmiavano né uomini di Governo né organi dello Stato né magistrati inquirenti e giudicanti. Questa è la pura e semplice verità storica (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
sulla Federconsorzi che, come è noto, è oggetto di procedimenti giudiziari in sede penale e civile presso il tribunale di Perugia. Ma quella Commissione non la bloccherete, anche perché avete qualche presidenza - quanto mai indebita, in questo caso - da sistemare (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
parlare a viso aperto di questi problemi davanti ai cittadini e dalla malcelata inclinazione ad eludere il loro controllo.
ALFREDO BIONDI. Bisognerebbe che i banchi del Governo non fossero assillati dai postulanti!
NICOLA BONO. C'è una giustizia disattenta nel nostro paese!
BEPPE PISANU. Chiedo a lei, signor ministro di grazia e giustizia, e ai suoi colleghi: che cosa farà, come si regolerà in questa occasione il Governo? Si asterrà rimettendosi correttamente all'aula, come fece in prima battuta il Governo Prodi, oppure si schiererà con la gran parte della sua maggioranza, come fece incautamente, in seconda battuta, lo stesso Governo, chiamando al voto i suoi ministri e i suoi sottosegretari?
interessi primari del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Manzione. Ne ha facoltà.
ROBERTO MANZIONE. Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il clima di forte contrapposizione e l'aspro confronto tra le forze politiche parlamentari su una questione così delicata come l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla corruzione ha indotto il gruppo dell'UDR a ricercare condizioni di maggiore serenità, più idonee ed indispensabili per superare una situazione politica velleitaria.
giustizia ed avremmo tutti i diritti di reclamare giustizia. A distanza di qualche anno, le vicende di Tangentopoli possono essere valutate in un modo certo diverso, più accurato ed obiettivo di quanto fu fatto nel biennio 1992-1994, con l'enfatizzazione dell'opera del pool fino a ritenerla superiore al crollo di simboli dell'immaginario collettivo ed all'azione politica di statisti internazionali di qua e di là del muro di Berlino.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.
GUSTAVO SELVA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, gira e rigira in cinque mesi, e nonostante gli erculei sforzi dell'onorevole Soda per mettere insieme fatti contraddittori, il tema, diventato un ritornello, che l'onorevole Soda ci ha riproposto per giustificare l'opposizione della maggioranza all'istituzione di questa Commissione parlamentare d'inchiesta, sarebbe la volontà dell'opposizione di elaborare valutazioni politiche e storiche per interferire nell'azione, nel comportamento, nell'indipendenza della magistratura. Solo per analogia riguardante la distinzione tra due poteri, alla luce della sentenza della Corte costituzionale riguardante l'articolo 513 del codice penale, mi pare di poter dire che due poteri quali sono il potere politico e
quello giudiziario, ed aggiungo quello della giurisdizione costituzionale, possono salvaguardare la loro rispettiva autonomia e la loro indipendenza.
quel «grido di dolore» per il quale per un certo periodo le nostre comunità sono sembrate avvolte nella nebbia della mancata divisione fra l'interesse pubblico e l'interesse privato.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Novelli, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
ELIO VELTRI. Signor Presidente, i colleghi dell'opposizione hanno insistito su un fatto e cioè che in passato sono state costituite molte Commissioni di inchiesta su richiesta delle opposizioni e che nel 1993 la proposta di istituzione della Commissione di inchiesta su Tangentopoli era stata avanzata anche e soprattutto dalle opposizioni che oggi sono invece contrarie.
PRESIDENTE. Vuole una mano?
ELIO VELTRI. Permettetemi di leggere queste parole: «Se sarò assolto, vorrà dire che c'è ancora una giustizia in Italia. Se sarò condannato, vorrà dire che la democrazia ha ceduto il posto al regime, contro il quale gli uomini liberi e i partiti che li rappresentano hanno il diritto di reagire in tutti i modi, dalle dimostrazioni di piazza all'ostruzionismo parlamentare».
della vicenda Fininvest. Questo vecchio signore scrive: «Non accetto in nessun modo che il desiderio della magistratura italiana di smascherare e punire la corruzione nella vita pubblica e politica e il conflitto che ciò ha creato tra i giudici e i politici in quel paese operi in modo tale da trasformare i reati in questione in reati politici. È un uso scorretto del linguaggio definire la campagna dei magistrati come improntata a fini politici o le loro azioni nei confronti del signor Berlusconi come persecuzione politica. Al contrario, tutto ciò che ho letto su questo caso suggerisce piuttosto che la magistratura sta dimostrando al tempo stesso una giusta indipendenza politica dall'esecutivo ed equanimità nel trattare in modo eguale i politici di tutti i partiti». Questo signore non è un nostro amico; è il rappresentante della regina in Gran Bretagna, il quale conclude - e mi rivolgo a lei, onorevole Selva, che poi mi chiede dove trovo queste informazioni: basta leggere un po'! -: «Non riesco proprio a vedere i pagatori corrotti della politica come i Garibaldi di oggi». Prenda e porti a casa! Così dice il rappresentante della regina! (Commenti del deputato Colletti).
CARLO GIOVANARDI. E scoprirebbe la verità!
ELIO VELTRI. Questa è la ragione per la quale io dico di no all'istituzione di questa Commissione, peraltro regolamentare, perché troppo a lungo si è protratta questa vicenda. Avremmo potuto votare subito, perché spesso le vicende italiane si risolvono in un modo o in un altro a seconda delle contingenze politiche. Credo che noi avremmo dovuto affrontare subito il problema, votare con chiarezza e rispettare poi il voto espresso dal Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.
EUGENIO DUCA. Signor Presidente, il dibattito di oggi, pacato, che affronta con dovizia di argomentazioni e di contenuti la vicenda della Commissione di indagine, fa apparire ciò che è avvenuto nei cinque mesi precedenti quasi come un paesaggio lunare di un altro Stato, di un'altra nazione.
NICOLA BONO. Duca, hai sbagliato appunti!
EUGENIO DUCA. Se invece c'era uno sceriffo indipendente, o diventava dipendente oppure era morto. Alcuni, allora, si rivolgevano al giudice della contea ed avrete visto che molte volte, durante il
viaggio, il giudice veniva ucciso. Ma quando lo Stato cominciava ad inviare altri giudici, allora il potente decideva di scendere in campo e di impegnarsi in politica, in modo da diventare lui il governatore della contea che nominava i giudici. Questi ultimi si dividevano allora in alcune categorie: i buoni, perché ossequiosi nei confronti di chi aveva grana e potere; gli altri buoni perché corrotti a suon di regalie e quattrini, che potevano aggiustare le carte, impedire i processi, coprire le malefatte; oppure i cattivi - la terza categoria - che pretendevano, pensate, di applicare la giustizia così come stabilito dalla legge. Per quest'ultima categoria, ovviamente, c'era il disprezzo, il dileggio, qualche volta anche un po' di piombo.
bel condono, magari nel 2000, così dal punto di vista religioso basterà passare sotto la Porta santa, dal punto di vista civile o penale basterebbe che ci pensassimo noi. Si assiste, infatti, a precise teorizzazioni: quelle di chi, come l'onorevole Fini, dice che non è possibile che il sistema di potere e di corruzione degli anni ottanta non abbia coinvolto la sinistra e che quindi noi lo dobbiamo affermare con i voti di una Commissione; quelle del deputato Giovanardi, che sostiene che i giudici non hanno indagato sul PCI; quelle del pluriindagato Berlusconi, già condannato peraltro da diversi tribunali italiani, il quale sostiene che si tratta di tribunali speciali e già dovrebbe bastare questo per coloro che sostengono che la Commissione dovrebbe essere fatta per scrivere la «vera» storia d'Italia. I tribunali speciali in Italia ci sono stati e processavano gli uomini e le donne per le loro idee, per la loro idea di libertà, di democrazia, non per lingotti d'oro e dobloni. Pertini, Amendola, Terracini, Dossetti, Taviani non erano accusati di aver dato i miliardi a Curtò, a Squillante, a Castellucci per fare affari sporchi. Antonio Gramsci è stato incarcerato e l'onorevole Matteotti ucciso perché volevano difendere l'Italia libera dalla dittatura, non per le collusioni con la criminalità, per il falso in bilancio, per le mazzette ai finanzieri.
CARLO GIOVANARDI. L'hanno arrestato?
EUGENIO DUCA. Non per reati contro lo Stato, Giovanardi, ma per sue questioni personali intime.
CARLO GIOVANARDI. Ma l'hanno arrestato?
EUGENIO DUCA. Non ci si è opposti alle perquisizioni con la forza: si è consegnato quanto richiesto, deputato Berlusconi. Non si è gridato che i pubblici ministeri erano asserviti all'una o all'altra forza politica. Questi atteggiamenti sarebbero impensabili in Europa, in Canada o in America. Sono invece più usati in alcuni paesi sudamericani ed è probabile che a quegli esempi voi guardate, non ai paesi europei che hanno nei principi di libertà, di uguaglianza e di solidarietà le principali fonti del diritto (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo e comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.
VITTORIO SGARBI. Va benissimo. La ringrazio, signor Presidente, ma non credo che sarà un provvedimento molto durevole. Quindi consumerò tutto subito.
contro i crimini di Fidel Castro, che mette in galera gli oppositori. Sappiamo che in Corea i magistrati hanno un'autonomia alla quale si ispira l'amico Diliberto.
po' di milioni di dollari dal KGB, cosa che naturalmente è inutile che una Commissione di inchiesta verifichi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Parenti. Ne ha facoltà.
TIZIANA PARENTI. Presidente, anch'io penso che consumerò gli otto minuti a mia disposizione, perché come diceva l'onorevole Sgarbi forse il provvedimento al nostro esame avrà vita breve. Peraltro, a mio giudizio, non avrà vita breve solo il provvedimento, ma anche questo Parlamento.
quando eravate al minimo storico elettorale, vi è arrivata una manna dal cielo che forse non avevate né pensato né voluto e che comunque vi è arrivata. Ben altra infatti è la storia di Mani pulite! Vi siete trovati ad essere beneficiati, al di là delle numerose inutili perquisizioni fatte, e di questo beneficio volete garantirvi per sempre, ma nessun beneficio illegittimo può esserlo per sempre!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vendola. Ne ha facoltà.
NICHI VENDOLA. Signor Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole Dameri, vuol far parlare l'onorevole Vendola?
NICHI VENDOLA. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, il partito
della rifondazione comunista non era contrario, in linea di principio, all'istituzione di una Commissione di inchiesta su Tangentopoli; anzi, persino l'osservazione empirica del fatto che quell'intrigo di fenomeni corruttivi divenuti sistema organico e pervasivo non è stato né destrutturato neppure interrotto dalla stagione delle inchieste ci pone dinanzi agli occhi il tema di una ricognizione più avvertita e più capace di andare oltre il sensazionalismo degli arresti eccellenti e delle manette facili.
senso del limite che dovrebbero riguardare i poteri dello Stato e l'equilibrio tra di essi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Parlerò in maniera breve e schematica perché il tempo a mia disposizione è molto poco.
ripetutamente anche oggi dichiarato di accoglierle, i verdi riterranno evitabili strumentalizzazioni e usi impropri della Commissione e quindi voteranno a favore della sua istituzione, pur con alcune posizioni legittimamente differenziate all'interno del nostro gruppo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Biondi, al quale ricordo che il gruppo al quale appartiene dispone ancora di nove minuti e che deve intervenire pure un altro collega del suo stesso gruppo. Facciamo come se fossero dieci e, al termine dei cinque minuti, la avverto.
ALFREDO BIONDI. Avrò una ligure parsimonia!
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
ALFREDO BIONDI. Signor Presidente, cari colleghi, non mi sono mai abituato a leggere un intervento e considero la lettura dello stesso un fatto veramente fastidioso ... così come i telefonini. Questa volta, però, farò una deroga alla mia linea di riferimento (perché io credo che questo sia un Parlamento e non un «leggimento») e darò lettura del testo di un intervento.
politica; non hanno avuto uguale rilievo le sentenze dei tribunali e le richieste di non rinvio a giudizio, che ci danno un quadro più problematico e differenziato di ciò che è stata la realtà della corruzione italiana. Bisogna che gli italiani sappiano l'intera verità sulle forze politiche spazzate via da Tangentopoli. È necessario, altresì, che sappiano l'intera verità sulle forze politiche che Tangentopoli non ha spazzato via e forse ha risparmiato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.
PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, colleghi, più volte in quest'aula la lega nord per l'indipendenza della Padania si è espressa per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta che faccia luce sul fenomeno della corruzione politica. Anche questa sera confermiamo la nostra scelta.
chiede con forza l'istituzione della Commissione di inchiesta, che oltre a squarciare il buio che tiene chiusi gli archivi di alcune segreterie politiche, vuole verificare se le procedure portate avanti da alcune procure siano rispettose del diritto, in particolare quando si è fatto largo uso della custodia cautelare, utilizzata come misura coercitiva, finalizzata ad estorcere le confessioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.
FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, signori deputati, anch'io avrei un reperto degli antichi sentimenti di alcune settimane fa del gruppo dell'unione per la Repubblica, che attraverso l'alata parola di Nicola Miraglia Del Giudice, che non sarà un «Cardinale», ma certamente un dignitario dei ripensamenti (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale - Si ride)...
PRESIDENTE. Colleghi, vi ricordo che decorre il tempo.
FILIPPO MANCUSO. ...il quale affermava gli stessi sentimenti, ma in maniera più esplicita, accennati dal Cardinale pochi mesi fa e tutta la sua affezione all'idea dell'istituzione della Commissione, anzi metteva in guardia da eventuali tranelli che potessero tradirne l'attuazione.
Ne parleremo fra qualche mese (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pistelli. Ne ha facoltà.
LAPO PISTELLI. Signor Presidente, colleghi, i commissari popolari questa mattina hanno votato favorevolmente all'emendamento soppressivo riconfermando l'atteggiamento che ebbero quando questo tema entrò a far parte dell'ordine del giorno dei nostri lavori.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia! Onorevole collega, vuol prendere posto? Onorevole Ascierto: un carabiniere in ginocchio... si accomodi al suo posto!
LAPO PISTELLI. Una cosa che non ci aveva assolutamente convinto, e che non ci convinse neanche quando con la sua consueta eleganza l'onorevole Rebuffa ce la ripropose nella seduta del 6 luglio scorso, fu l'idea che le principali tradizioni politiche, le principali culture politiche del nostro paese potevano salvare - sono le sue parole - orgoglio e dignità soltanto approvando l'istituzione della Commissione d'inchiesta su Tangentopoli.
- ai risultati parodistici di una distinzione tra i sommersi e i salvati di ben altra memoria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Meloni. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MELONI. Signor Presidente, sarò molto breve, perché sono convinto anch'io, come molti in quest'aula, che sia giunto il momento di prendere una decisione e quindi di votare. Dico francamente che non sarei intervenuto perché altre volte ho espresso la mia opinione sull'istituzione di questa Commissione, se non avessi sentito molto profondamente, seguendo questo dibattito, come continui a permanere un equivoco di fondo che non può essere casuale.
FRANCESCO STORACE. Invece no? Invece non è così?
GIOVANNI MELONI. Oggi ho sentito che vengono chiamati in causa i cittadini,
i quali sembra quasi che attendano come una sorta di messia questa Commissione. Sembra che moltitudini straordinarie percorrano le piazze per chiedere la verità che dovrebbe venire da questa Commissione.
PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO ARMAROLI. Mi richiamo all'articolo 41, in relazione all'articolo 116. Però, più che svolgere un richiamo al regolamento, mi appello alla sua dottrina per avere una risposta ad una mia domanda molto semplice.
GIUSEPPE TATARELLA. Gliela potrei dare io, Presidente!
PAOLO ARMAROLI. L'articolo 116 del regolamento, signor Presidente, dice che la questione di fiducia non può essere posta su proposte di inchieste parlamentari e in generale su quanto attenga alle condizioni di funzionamento interno della Camera.
ANTONIO SODA. E sei professore di diritto parlamentare!
PRESIDENTE. Onorevole Armaroli lei tocca una questione che riguarda la compatibilità tra il ruolo di componente del Governo e quello di membro del Parlamento, che non possiamo risolvere in questa sede, come lei sa bene.
ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, risulta abbinata alla proposta di inchiesta degli onorevoli Pisanu ed altri anche quella presentata dal sottoscritto e dal collega Siniscalchi, che aveva l'obiettivo di indagare sugli illeciti arricchimenti di titolari di cariche politiche. La proposta era già stata presentata nel 1992. Nella scorsa legislatura furono proprio gli esponenti che oggi insistono per l'istituzione della Commissione d'inchiesta a bloccare la calendarizzazione di quella proposta e quindi l'istituzione di quella Commissione su Tangentopoli.
il collega Boato. Ritengo francamente che oggi l'obiettivo perseguito non sia quello - necessario - di una grande chiarezza su questo fenomeno storico, ma una strumentalizzazione politica da parte di chi in certi casi dovrebbe innanzitutto indagare su se stesso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanardi (Commenti). È l'ultimo intervento colleghi! L'onorevole Giovanardi prende la parola non più in veste di relatore di minoranza.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, il Parlamento serve anche per rispondere alle obiezioni dei colleghi.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sul complesso degli emendamenti ad esso presentati, invito il relatore per la maggioranza ad esprimere il parere della Commissione.
ANTONIO SODA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sugli identici emendamenti Duca 1.133 e Piscitello 1.183, nonché sugli identici emendamenti Bielli 1.135 e Piscitello 1.184.
ad indicare è condizionato all'ipotesi che l'Assemblea respinga gli emendamenti soppressivi.
PRESIDENTE. Il Governo?
OLIVIERO DILIBERTO, Ministro di grazia e giustizia. Signor Presidente, onorevoli deputati, noi crediamo che la proposta di istituire una Commissione di inchiesta rientri tra le prerogative piene del Parlamento e dunque, indipendentemente dalle convinzioni politiche di ciascuno di noi e dal voto che liberamente esprimeremo come parlamentari - spero, onorevole Armaroli, che non ci vorrà sottrarre la prerogativa di essere anche deputati -, il Governo si rimette all'Assemblea.
PRESIDENTE. Prego i deputati segretari che abbiano ritirato tessere di renderlo noto alla Presidenza.
RINO PISCITELLO. Troppe parole sono state spese su questa vicenda e
troppe volte il voto è stato rinviato. Le posizioni sono ormai note, e la nostra di assoluta contrarietà all'istituzione della Commissione d'inchiesta è notissima.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
MAURO GUERRA. Colletti, via la mano!
PRESIDENTE. Onorevole Trantino!
Presenti 543
PAOLO RAFFAELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO RAFFAELLI. Presidente, desidero segnalare che il dispositivo elettronico della mia postazione di voto non ha funzionato, impedendomi di esprimere voto favorevole.
ADRIA BARTOLICH. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ADRIA BARTOLICH. Anch'io, desidero segnalare che il dispositivo elettronico della mia postazione di voto non ha funzionato, impedendomi di esprimere voto favorevole.
GIACOMO de GHISLANZONI CARDOLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIACOMO de GHISLANZONI CARDOLI. Anch'io, desidero segnalare che il dispositivo elettronico della mia postazione di voto non ha funzionato, impedendomi di esprimere voto contrario.
PRESIDENTE. Avverto che a seguito del voto di poco fa, le proposte di legge n. 4676 ed abbinate si intendono pertanto respinte (Vive proteste dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale, e misto-CCD, che gridano all'indirizzo dei deputati del gruppo UDR: «Venduti, venduti» e «Vergogna»)!
La seduta, sospesa alle 19,40, è ripresa alle 19,50.
CLAUDIO BURLANDO. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CLAUDIO BURLANDO. Signor Presidente, dal tabulato delle votazioni risulta che poco fa ero assente; invece ero presente e ho regolarmente votato. Non che questo cambi il risultato, ma ci tenevo, da un punto di vista politico, a farlo presente.
ALFONSO PECORARO SCANIO. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisanu. Ne ha facoltà.
Nonostante le considerazioni, al limite della provocazione, svolte poc'anzi dall'onorevole Soda, nonostante il «no» di stamane in I Commissione, io voglio attenermi alla norma di un confronto netto, severo, ma responsabile tra maggioranza e opposizione.
Prendo la parola a nome di forza Italia, ma in perfetta sintonia con i colleghi del Polo delle libertà, sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1, perché di fatto è con il voto su questo articolo che si decide la tormentata e complessa vicenda politico-parlamentare per la costruzione della Commissione d'inchiesta sul finanziamento illecito della politica.
Non mi sfugge peraltro - e su questo vorrei sommessamente richiamare l'attenzione dei colleghi della maggioranza - che nella nuova situazione creatasi con la nascita del Governo D'Alema questo voto assume una rilevanza che va al di là dell'oggetto, pur così importante, della nostra decisione. Ma su questo punto mi soffermerò successivamente.
L'onorevole Cola ha già ricordato che l'istituzione della Commissione di cui parliamo fu proposta già dal 1993 su iniziativa delle sinistre ed approvata da questa Camera il 7 luglio dello stesso anno, con 380 voti favorevoli, 4 astenuti e nessun contrario: solo lo scioglimento anticipato delle Camere ne impedì la definitiva approvazione. È un precedente creato da voi a sinistra, onorevole Soda: dovrebbe indurvi a riflettere quanto meno sulla vostra coerenza.
Nelle precedenti legislature furono approvate proposte analoghe, che investivano molteplici preoccupanti aspetti della
Non è cosa di poco conto. Quelle proposte e le decisioni favorevoli che puntualmente seguirono restano nel loro insieme come una grande prova di maturità democratica del nostro Parlamento, come il segno di una coraggiosa disponibilità a far luce nelle zone d'ombra e negli angoli più riposti della nostra vita pubblica.
Proprio per questo ci ha amaramente sorpresi il «no» della maggioranza - reiterato questa mattina - sulla richiesta di una Commissione d'inchiesta sull'illecito finanziamento della politica, una richiesta avanzata da forza Italia e dal Polo delle libertà, per di più iscritta nello spazio di calendario riservato alle opposizioni.
Se si esclude il caso dei cosiddetti fondi neri dell'IRI - e sull'episodio varrebbe la pena di interrogarsi più a fondo -, non era mai accaduto che la maggioranza respingesse una richiesta così ampiamente motivata su un fenomeno di grande portata, che ha letteralmente sconvolto la scena politica italiana e che, secondo magistrati ed esperti non sospetti, continuerebbe ad esercitare il suo pesante, nefasto condizionamento sulla vita pubblica nazionale.
Questo rifiuto appare ancor più grave se lo si colloca nel contesto della nostra pur fragile democrazia dell'alternanza. Appare ancor più grave, onorevole Presidente della Camera, se lo si colloca nel contesto del nuovo regolamento, laddove i diritti dell'opposizione trovano pratica garanzia nei meccanismi del sistema bipolare e nel senso di responsabilità della maggioranza e del Governo.
Ho ascoltato con attenzione la relazione dell'onorevole Soda ed ho riletto con attenzione in questi giorni sugli atti parlamentari le sue sei ragioni politiche contro la nostra proposta: le ho trovate ingegnose, ma per niente convincenti.
Osservo soltanto che, se le maggioranze precedenti avessero fatto valere gli argomenti dell'onorevole Soda contro le proposte della sinistra, nessuna - dico nessuna - delle grandi Commissioni di inchiesta che ho citato poc'anzi avrebbe mai visto la luce (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Aggiungo che, se gli stessi argomenti dovessero bastare per bocciare la nostra proposta, allora dovrebbero anche bastare per determinare il blocco immediato della Commissione antimafia, della Commissione stragi e di qualsiasi altra Commissione che proceda in concomitanza con atti della magistratura (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
E a maggior ragione dovrebbero bloccare la costituenda Commissione di inchiesta
Ma non è così. In realtà, il rischio di una indebita interferenza dell'inchiesta parlamentare con le indagini della magistratura non si è mai configurato nelle esperienze finora compiute; e non sussiste neppure nel caso in questione.
Anche nella remota ipotesi che questo rischio si presentasse, la maggioranza della Commissione, che corrisponderebbe inevitabilmente alla maggioranza di Governo, sarebbe in grado di scongiurarlo con il voto.
La verità è che non ci può essere interferenza perché, come ha detto molto bene l'onorevole Anedda, diverse sono le finalità: la magistratura accerta i reati ai fini della repressione, della individuazione delle colpe; la Commissione indaga sui comportamenti che investono la correttezza politica, l'intreccio tra politica ed economia, l'influenza e le pressioni esercitate o subite dalla politica.
Nel dibattito del 6 luglio scorso, a conclusione di un pregevole intervento, l'onorevole Mancina ci ha testualmente rivolto dai banchi della sinistra la seguente domanda. Ci ha detto: «Non sarà piuttosto che la ricerca di nuovi equilibri politici volti a ripristinare vecchie identità sia la vera ragione di questa proposta?»
Bene, onorevole Mancina, dal 6 luglio ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti! È passato il Governo Prodi ed è arrivato il Governo D'Alema, ed è arrivato - badi bene - precisamente sull'onda di quella ricerca che lei attribuiva a nostra cattiva intenzione e che era invece nei progetti dei vostri alleati (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). Cosicché ora i fatti consentirebbero a noi di rovesciare quella domanda nei termini seguenti: non sarà piuttosto che il rifiuto della Commissione di inchiesta serva a preservare da vecchie paure i nuovi equilibri di Governo?
Il voto di stamane in Commissione affari costituzionali rende quanto meno plausibile questa congettura, ma io dico questo solo per mostrare quanto siano rischiosi i processi alle intenzioni e come spesso essi si ritorcano nei confronti di coloro che li fanno.
Per quanto ci riguarda la verità è molto semplice: dietro la nostra proposta non vi è alcun recondito progetto politico, né alcun proposito di processare i giudici come pure si vuole far credere con un altro banale, ripeto banale, processo alle intenzioni. Vi è invece il proposito di far luce su quel complesso fenomeno chiamato Tangentopoli, le cui ragioni e i cui effetti non possono ricondursi soltanto al ristretto paradigma dell'azione penale e debbono perciò essere messi in luce e dominati con gli strumenti della politica. A questo e non ad altro mira la nostra proposta.
Io non so, onorevoli colleghi, se le verità nascoste di Tangentopoli e della più vasta degenerazione politica tengano il Parlamento, ancora oggi, sotto la minaccia di un oscuro sistema di ricatti, come dicono alcuni insospettabili magistrati, ma so per certo che questo sospetto avvelena il rapporto tra Parlamento e pubblica opinione e che il Parlamento non fa nulla di convincente per liberarsene. Penso alla leggenda metropolitana dei bilanci dei partiti: una montagna di falsità e di menzogne regolarmente registrate come verità da questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). Penso all'ambigua legge sul finaziamento dei partiti, alle distorsioni che essa ha prodotto, agli espedienti miserabili che ha incoraggiato, al modo con cui l'abbiamo di «recente rappattumata» ricorrendo ad un articoletto nascosto in un provvedimento omnibus che di per sé è un esempio indecoroso di pratica legislativa. Penso infine alla grottesca vicenda della norma di depenalizzazione dell'illecito finanziamento, tutta dominata dalla riluttanza a
Ed ora questo «no» annunziato alla Commissione d'inchiesta. Un «no» che verrà percepito come l'ennesimo tentativo di nascondere la verità sul finanziamento dei vecchi partiti e dei loro eredi, la verità sul rapporto politica-affari, la verità perfino sul finanziamento lecito, pulito e accettabile della politica.
Eppure, chi conosce in profondità la storia moderna dei partiti politici italiani sa bene che anche in materia di finanziamento vi sono pagine tutt'altro che ignobili da disvelare.
E comunque, colleghi della sinistra, voi che siete i difensori o vi fate paladini del ruolo e della funzione democratica dei partiti, se quella storia nella sua interezza è alta e nobile, perché allora offuscarla e comprometterla agli occhi della gente nascondendo la pagina del finanziamento illecito e della corruzione connessa? Ma è davvero così difficile consegnare, anzi confessare agli italiani la verità storico-politica sull'argomento, in modo che essi possano giudicare serenamente responsabilità individuali e collettive e ritrovare così, sul filo della verità, la necessaria confidenza con i partiti, con il Parlamento e con le altre istituzioni?
Il voto contrario al testo ampiamente modificato dalla maggioranza, nonostante le positive risposte date dall'onorevole Frattini ad ulteriori condizioni poste dall'onorevole Boato, assumerebbe, che lo si voglia o no, significati altamente negativi. Innanzitutto, segnerebbe un grave momento di rottura rispetto a una tradizione parlamentare che ha sempre registrato l'approvazione pressoché unanime delle Commissioni di inchiesta proposte dalle opposizioni. In secondo luogo, contesterebbe alla radice lo spirito del nuovo regolamento della Camera in materia di diritti dell'opposizione e colpirebbe il meccanismo vitale della democrazia dell'alternanza in materia di statuti dell'opposizione. In terzo luogo, negherebbe il primato della politica in nome di una presunta tutela dell'indipendenza della magistratura dinnanzi a un'insidia che non c'è per la semplice ragione che non può esserci.
Noi, ovviamente, accetteremmo il voto contrario della Camera come un atto incontestabile di democrazia, ma - attenzione - contemporaneamente registreremmo il venir meno, da parte della maggioranza, anche di quella minima disponibilità al dialogo che è indispensabile non solo per la riforma della legge elettorale ma anche per porre nel giusto binario il rapporto maggioranza-opposizione, pur tenendo rigorosamente distinti i ruoli e le responsabilità.
Onorevoli colleghi, consentitemi da ultimo una domanda, se il ministro di grazia e giustizia non si distrae ancora, rivolta ai banchi del Governo.
Non è soltanto una questione di stile o di fair play tra Governo e Parlamento, è qualcosa di più che mette alla prova la volontà di dialogare con le opposizioni più volte manifestata dal Presidente del Consiglio. Sarebbe un pessimo inizio se già alla prima prova le parole venissero smentite dai fatti.
Anche per questo, onorevoli colleghi della maggioranza, ora siamo noi dell'opposizione che facciamo appello al vostro senso di responsabilità, nell'interesse di una verità storico-politica che è tra gli
Non si tratta oggi, né in questa sede né in questa particolare occasione, di riaffermare la centralità del Parlamento e la supremazia della legge, che è per noi fuori discussione, rispetto a possibili sconfinamenti del potere giudiziario, recuperando quell'equilibrio indispensabile ad assicurare un corretto funzionamento dello Stato di diritto.
Le nostre ragioni non sono né quelle dello schieramento che tenta di avere una sede parlamentare idonea allo scontro permanente, né quelle deboli di quegli stessi esponenti che sostenevano con forza in passato l'istituzione di Commissioni di inchiesta anche per volere della minoranza, né infine quelle di chi tentasse di riscrivere la storia democratica repubblicana senza averne i titoli accademici.
Le nostre sono le ragioni del centro, che vuole far crescere il paese, che non vuole tenerlo ulteriormente paralizzato dal pericoloso e dannoso gioco delle contrapposizioni artificiali e dei veti incrociati, di chi, dopo aver spazzato via un'intera classe politica, può essere mosso dal tentativo di fare il bis in condizioni ancora più facili di prima.
Per la parte che ci riguarda, questo progetto di legge non può, non potrà e non dovrà essere assolutamente considerato come una sorta di clava contro la magistratura, ma eventualmente come strumento parlamentare per fare piena luce su fatti così diffusi e gravi da mettere in crisi la prima Repubblica. Si tratterebbe quindi di analizzare e di inquadrare storicamente ed eticamente il fenomeno di Tangentopoli per capire la sua complessità, la sua genesi, la sua evoluzione, il suo incunearsi nella società, nella politica, nelle maglie dell'economia e della pubblica amministrazione; si tratterebbe pure di analizzare comportamenti discutibili registrati nella magistratura.
C'è l'esigenza di riportare in alcuni casi la magistratura nell'alveo dei suoi poteri, che permettono di accertare e punire chi ha commesso reati e non certo di riscrivere la storia politica e parlamentare del nostro paese. Si tratterebbe di definirlo anche nei dettagli, e tutto ciò per poter prevenire, combattere ed impedire che possa ancora ripetersi.
Ma è possibile tutto ciò nell'attuale situazione? Vi è forse oggi una classe dirigente responsabile, capace di assumersi questa responsabilità? Un'inchiesta non è un provvedimento o una conclusione, come disse Ruini alla Costituente, ma una raccolta di elementi e di fatti. Non vi è allora piuttosto il rischio che essa diventi il luogo dello scontro tra le forze politiche che tenteranno di agitare un mare di fango, di combattersi e neutralizzarsi a vicenda, aprendo una pericolosa fase di paralisi nell'imminenza di delicate scadenze istituzionali?
Di tutto ciò non si avverte l'esigenza, come neppure del fatto che essa possa diventare la sede di un nuovo inciucio, di nuovi, pericolosi ed inquietanti baratti e dunque la dannosa replica del patto di casa Letta. L'UDR vuole invece eliminare il tarlo del sospetto, il pesante clima allusivo sui ricatti e sui ricattabili. Il paese non può nutrire questi timori e noi vorremmo eliminarli definitivamente.
Certo, il paese potrebbe essere messo nelle condizioni di conoscere e di sapere, di procedere, senza pretestuosi limiti e confini, in un rigoroso accertamento dei fatti, degli episodi che hanno decimato un'intera classe politica. Noi non abbiamo mai chiesto di bloccare il corso della
Non possiamo certo dimenticare la sottile acquiescenza di alcuni gruppi politici ed un ostinato accanimento verso altri. Tutti i mass media, nessuno escluso, ed i grandi gruppi editoriali si sono prestati a questo gioco, riconosciuto tardivamente anche da Paolo Mieli, non osservando le regole del giusto diritto di cronaca ma ingigantendo i fatti ed ingenerando nella pubblica opinione una sorta di complesso di Barabba.
Chi può dare assicurazione che la stessa disinvoltura nelle comunicazioni non venga riutilizzata nei prossimi scontri elettorali? Le capziose affermazioni dirette a rivalutare e a legittimare un intero ceto politico non sono forse un disinvolto tentativo di strumentalizzare quelle dolorose vicende per raccogliere l'eredità costituita da un vasto consenso elettorale solo allo scopo di legittimare se stessi verso l'opinione pubblica disorientata dallo strapotere dell'azione mediatica della comunicazione? Noi invece oggi vi chiamiamo ad una sfida sul terreno democratico. Vogliamo evitare che prevalga la cristallizzazione e la conservazione delle posizioni politiche rispetto alle esigenze nuove della società italiana; non comprendiamo perciò l'arroccamento di talune forze politiche nel ricercare lo scontro frontale, fine a se stesso, immaginando di risolvere i problemi della giustizia con il tifo dell'opinione pubblica. Abbiamo invece apprezzato le posizioni degli schieramenti che hanno operato, fuori dal coro e dai tatticismi, scelte condivisibili e coraggiose.
Noi dell'UDR riteniamo che la politica debba fare un salto di qualità, guardare al futuro in una situazione di serenità e di pacificazione riportando nel paese un clima politico competitivo, fondato né sullo scontro né sulla vendetta. L'intervento legislativo non può prescindere da nuove norme sul finanziamento pubblico ed anticorruzione allorché adotta misure per rendere la giustizia per i cittadini non infinita ma celere ed effettiva. Lo chiediamo per il paese e per il bene comune di tutti gli italiani. Sono queste le ragioni per cui invitiamo la Camera ad una scelta meditata che porti il Parlamento a riacquistare la sua sovranità e la sua centralità, non con una decisione debole ma rivendicando il diritto di decidere attraverso atti e scelte legislative che interpretino largamente le attese dell'opinione pubblica e le speranze di crescita non di un paese bloccato ma di un paese normale, moderno, industrializzato, europeo.
In questa logica il gruppo dell'UDR voterà a favore dell'emendamento soppressivo, pur comprendendo le ragioni di quanti intendono, su una decisione con valenza parlamentare e con innegabili implicazioni personali e di coscienza che tutti rispettiamo, differenziare la propria manifestazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDR).
La Corte costituzionale nel prendere la sua decisione sulla modifica dell'articolo 513, contestata e contestabile, non ha certo sofferto complessi di inferiorità nei confronti del Parlamento che pure aveva, a larghissima maggioranza, preso una strada diversa da quella adottata dalla Corte costituzionale. Ogni istituzione, onorevoli colleghi, agisce dunque nel suo ordine che per tutti va guidato dalla Carta fondamentale che è la Costituzione italiana.
Inchiesta parlamentare e giurisdizione sono, dunque, due poteri autonomi. In base all'articolo 82 della Costituzione se c'è stata e c'è materia di pubblico interesse è proprio quella relativa al rapporto tra politica e finanziamenti pubblici e privati sui quali non sono state sufficientemente acclarate neppure le responsabilità di carattere politico. C'è un fatto che va rilevato: per molti anni, e precisamente dal 1974, la legge riguardante il finanziamento dei partiti era pressoché sconosciuta e quasi mai applicata. In quegli anni le procure d'Italia avrebbero dovuto indagare sulle entrate e sulle spese elettorali dei candidati, ma così non fu perché le inchieste e le autorizzazioni a procedere cominciarono a piovere, a partire soltanto dal 1992, apparentemente a casaccio, ma in realtà quasi esclusivamente sugli uomini, sui partiti di governo di quel tempo.
Ciò che giustamente gli altri relatori di minoranza, gli onorevoli Frattini e Cola, chiamano un «debito di verità» deve dunque ancora essere compiuto dal Parlamento se vuole essere il massimo organo, il centro rappresentativo delle aspettative degli italiani. Vorrei precisare che mai abbiamo inteso contrastare con la Commissione ad hoc il naturale corso dei processi penali (non voglio ripetere quanto hanno detto gli onorevoli Frattini e Pisanu). Il sospetto che ha costituito il leit motiv della maggioranza nella discussione sui compiti della Commissione rappresenta anche una contraddizione nell'ambito della stessa sinistra, la quale proprio nel pieno delle indagini - anche questo è stato già ricordato - aveva proposto l'istituzione di una Commissione, con illustri firme di personalità che siedono in questo Parlamento, che fu approvata a larga maggioranza da un ramo del Parlamento e che non ebbe esito soltanto per l'interruzione della legislatura. Siamo dunque nel solco della più perfetta ortodossia e del più completo rispetto di una volontà parlamentare quando invochiamo l'istituzione di tale Commissione.
Nego, come sospetta l'onorevole Soda, che le intenzioni dell'opposizione siano di verificare se il libero esercizio dell'azione penale sia stato dettato da scelte politiche di convenienza per aggredire una parte politica e per salvarne un'altra. Neghiamo l'esercizio di questa funzione anche se dobbiamo riconoscere che i dati numerici e storici indicano chiaramente quale è stata la direzione verso cui si è diretta l'azione della magistratura.
Neghiamo dunque questo esercizio perché vogliamo dare una risposta all'ansia di verità dell'opinione pubblica, che deve essere quella di trovare tale verità sul piano legislativo e strumenti affinché il fenomeno corruttivo possa essere ridotto in modo che i cittadini siano garantiti sulla diffusa onestà dei loro rappresentanti parlamentari e dei loro servitori pubblici dello Stato.
I partiti politici, onorevoli colleghi, costituiscono uno strumento centrale della vita democratica del nostro paese; ai costi della politica il finanziamento pubblico provvede in modo parziale ed al cittadino dovrebbe essere riconosciuto il diritto di dare contributi volontari fiscalmente controllati e contenuti entro limiti fissati dalle leggi. Pertanto vi è la necessità di avere precise linee direttive su cui orientare questa nuova legislazione da parte di una Commissione d'inchiesta parlamentare .
Il furto di denaro pubblico per interessi privati suscita repulsione morale e deve essere sanzionato da leggi inesorabili e severe. Nella storia di Tangentopoli vi è stato, poi, qualcosa che ha fatto risuonare
Lo spirito con cui abbiamo proposto e sostenuto l'istituzione della Commissione parlamentare - lo voglio dire con esattezza - non è quello della rissa politica, come da qualche parte si sospetta e ci si vuole accusare, ma vuole essere quello di trovare uno strumento efficace perché, attraverso lo spirito di ricerca della verità, il potere distinto ed autonomo del Parlamento sia altrettanto affermato come quello distinto ed autonomo della magistratura.
In questi giorni è sembrato che anche da parte della maggioranza di Governo e del suo Presidente, onorevole D'Alema, in particolare, fosse maturata la convinzione di un dialogo possibile sui temi che riguardano le regole condivise e condivisibili al fine di rafforzare il sistema democratico e parlamentare. Una di queste regole è rappresentata dai diritti dell'opposizione. Nel nuovo regolamento della nostra Assemblea è stato sancito il diritto per l'opposizione di disporre di una quota di proposte per la quale sia possibile ed augurabile trovare il favore della maggioranza. Ritenevamo e riteniamo che uno dei temi sui quali doveva esserci tale assenso fosse proprio quello dell'inchiesta parlamentare, che tende ad accertare le cause dei fatti degenerativi ed i rimedi contro Tangentopoli. Ritenevamo che l'altalenante comportamento della maggioranza, oltre all'interferenza che il Governo Prodi esercitò in modo irrituale per impedire il varo della Commissione, potessero essere modificati con l'accettazione dell'istituzione della Commissione, resa a nostro giudizio più facile - anche questo è stato ricordato dai relatori di minoranza - dall'accoglimento da parte nostra degli emendamenti proposti dalla maggioranza.
Non sembra sia così. Con la proposta di abrogazione dell'articolo 1, approvata stamane dalla Commissione affari costituzionali, per l'opposizione è sgradevole dover rilevare che un partito, il quale aveva dimostrato la sua condiscendenza all'istituzione della Commissione di inchiesta, ha poi ritirato il suo assenso. Qualora tale bocciatura venisse confermata dall'Assemblea, non è soltanto una Commissione pur così importante, onorevoli colleghi, che verrà bocciata dalla maggioranza, ma è un atto gravissimo che la stessa maggioranza compirà nei confronti di uno dei poteri fondamentali del Parlamento.
Gli italiani, di fronte a tale bocciatura, hanno il diritto di pensare, senza alcun esercizio malizioso, che questa maggioranza ha paura della verità, vuole nascondere le cause vere e tuttora sconosciute della degenerazione rappresentata da Tangentopoli. Mi auguro, a nome del gruppo di alleanza nazionale, che davvero con Tangentopoli non ha mai avuto nulla a che fare, che voi della maggioranza di stamane vi siate resi conto della grave responsabilità che vi assumete con il furto di verità che fareste impedendo al Parlamento di accertare chi, dove, come e perché nacque e si sviluppò la corruzione politica, legittimando il sospetto che vogliate coprire nascoste responsabilità della vostra parte politica. Per quanto ci riguarda, alleanza nazionale non sente il diritto ma il dovere di compiere questo atto perché la verità sia conosciuta da tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e del deputato Sgarbi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Veltri. Ne ha facoltà.
Sono veramente meravigliato delle ragioni di tanto stupore e del fatto che non ci si renda conto - cari colleghi dell'opposizione - che la novità è che in questi anni si è creata una frattura pressoché insanabile tra organi e poteri dello Stato che mette in discussione i principi dello Stato di diritto. Permettetemi di leggere queste parole, se riesco a mettere gli occhiali...
Mi meraviglio che lei, onorevole Selva, si meravigli del fatto che noi non siamo favorevoli all'istituzione di questa Commissione d'inchiesta. Queste sono le parole del capo dell'opposizione, che hanno creato questo clima, questa difficoltà (Commenti del deputato Armaroli)! Io sono per lo statuto robusto dell'opposizione, ma in questa situazione come si fa...! Queste parole non sono state mai smentite, sono state ripetute e ribadite in altre occasioni!
La verità è, cari colleghi, che gli obiettivi di questa Commissione sono stati esplicitati senza infingimenti in più occasioni e sono anche scritti nell'articolo 4 della proposta di legge Pisanu ed altri. È stato detto chiaramente più volte all'inizio che la Commissione dovrebbe dimostrare l'uso politico delle inchieste di alcune procure; dovrebbe dimostrare che sono stati risparmiati alcuni partiti, in particolare il PCI-PDS; dovrebbe dimostrare che sono stati perseguitati alcuni leader; di conseguenza dovrebbe dimostrare che queste inchieste sono talmente viziate da richiedere necessariamente di essere azzerate.
D'altronde, gli interessati - questo è incredibile - si smentiscono da soli. Voglio leggere due soli brevi passi, di cui il primo del collega Pera, che non è membro di questa Assemblea ma è la punta di diamante dei cosiddetti garantisti. Nel 1992 diceva: «Come alla caduta di altri regimi, occorre una nuova resistenza, un nuovo riscatto e poi una vera, radicale, impietosa epurazione». Alla faccia del garantismo! Questo diceva il senatore Pera: «Il processo è già cominciato e per buona parte dell'opinione pubblica già chiuso con una condanna».
Il fatto è che questo paese ha la memoria troppa corta. Voglio ricordare anche che cosa diceva due anni dopo, l'8 dicembre 1994, il capo dell'opposizione: «Ho sempre riconosciuto il ruolo svolto dai magistrati nella lotta al sistema perverso della prima Repubblica. Le TV e i giornali della Fininvest sono sempre stati in prima linea nel difendere i magistrati. La spinta alla moralizzazione di Di Pietro sarebbe un patrimonio prezioso per tutto il paese».
Allora, che cosa è successo per scatenare queste polemiche, questa guerra quotidiana all'interno dell'aula e fuori di qui? Forse non ci si aspettava di essere indagati, di essere inquisiti.
Voglio anche ricordare che tra le motivazioni della richiesta di istituire questa Commissione ci sarebbe quella di produrre provvedimenti legislativi e amministrativi anticorruzione. Ma - vivaddio! - abbiamo lavorato diciassette mesi in Commissione anticorruzione, abbiamo prodotto dieci proposte di legge! Perché adesso ci vuole un'altra Commissione? Sono qui, depositate alla Camera e al Senato, le nostre proposte di legge. Collega Selva e colleghi tutti, può avere l'autorità politica, morale, istituzionale di chiedere l'istituzione di una Commissione di inchiesta per accertare la verità chi con tutti i mezzi ha pagato decine e decine di avvocati per impedire che la verità fosse accertata, per impedire una risposta alle rogatorie?
Infine, colleghi, poiché siamo tutti viziati dal clima di quest'aula e dal clima di questo scontro che dura da anni, voglio citare, lord Simon Brown, rappresentante della regina Elisabetta, che si è occupato
E allora, io mi meraviglio - e voi mi meravigliate - che oggi (e non nel 1993) ci sia una posizione di diniego, perché aumenterebbe le fratture, renderebbe più laceranti le ferite, creerebbe un ulteriore fossato tra i poteri e gli organi istituzionali dello Stato, metterebbe in discussione l'equilibrio dei poteri e lo stato di diritto!
Detto ciò, mi auguro che finalmente questa telenovela termini e che la proposta di istituzione della Commissione venga bocciata.
I servizi della Camera hanno predisposto una buona rassegna stampa contenente gli articoli apparsi sulla materia: ebbene, quanto ha riportato poco fa l'onorevole Veltri è solo una raccolta degli argomenti meno insultanti e meno gravi che sono stati usati dai sostenitori della Commissione d'inchiesta. Ricordo che, quando mi sono iscritto a parlare (prima delle due sospensioni), avevo l'impressione di assistere ad uno dei tanti film western che il nostro paese ha prodotto. Penso che molti colleghi ricordino le trame con il potente che magari aveva un allevamento di bestiame, era proprietario della banca e gestiva altri affari, il quale voleva nuove terre per cui bisognava scacciare i coloni; allora, qualcuno ben vestito, in doppio petto, si recava a fare un'offerta, ovviamente a prezzi stracciati e, in caso di rifiuto, nottetempo, gli uomini del boss andavano a sparare, ad uccidere per convincere i coloni a lasciare le loro terre. Se questi però insistevano e magari andavano dallo sceriffo, che il più delle volte era al soldo del potente, allora era un buono a nulla, che non dava fastidio...
Se ci pensiamo bene, in Italia troviamo molte analogie: i giudici erano bravi quando non vedevano, non sentivano, occultavano le carte od aggiustavano i processi, frequentando magari qualche salotto in cui potevano ricevere qualche bustarella. Erano invece invisi quando cominciavano ad indagare su qualche potente: per loro c'era il trasferimento a qualche altro incarico, oppure il procedimento veniva trasferito a Roma, nel cosiddetto porto delle nebbie; per qualcun altro, poi, c'era l'attentato, la bomba, un po' di tritolo, qualche pallettone di fucile. Se ci pensate, anche oggi, non sono nel mirino i giudici corrotti che non indagano; sono nel mirino quelli che applicavano le leggi approvate dal Parlamento italiano, verso i quali le accuse sono le più disparate, da parte però di chi è stato inquisito per i più gravi reati nei confronti dello Stato. Si tratta di coloro che hanno accumulato con la corruzione ricchezze, lingotti e dobloni d'oro, pacchetti di diamanti, conti cifrati all'estero, i quali non gradiscono i magistrati inquirenti, quelli giudicanti e quelli del riesame; sostengono invece che reati gravissimi come il falso in bilancio, o il finanziamento illecito e in nero ai partiti sono nientemeno che un peccato veniale.
Ora, colleghi, il falso in bilancio è un reato gravissimo in tutti i paesi civili, dove è punito molto più severamente che in Italia in quanto rappresenta una truffa agli azionisti, ai quali si rubano i soldi dalle mani. Si ruba ai fornitori, ai creditori, si ruba al fisco, cioè a tutti i cittadini che hanno meno servizi o più tasse, si inquina il mercato competitivo tra le imprese che si comportano in modo regolare e quelle che si comportano in modo irregolare, che vengono avvantaggiate nella competizione. Il finanziamento ai partiti è ammesso dalla legge italiana, non è vietato. Possono farlo i singoli cittadini e le imprese, sia in Italia sia all'estero; lo sappiamo bene perché molti di noi versano ogni mese e ogni anno soldi per il finanziamento dei partiti (mi pare che nel nostro gruppo lo scorso anno ogni deputato abbia versato 40 milioni a testa). Lo possono fare le imprese, basta che lo iscrivano a bilancio, in modo trasparente; l'impresa X vuole finanziare il partito Y: fa un bonifico, un versamento, lo iscrive a bilancio ed è fatta. È garanzia per gli azionisti, che sanno dove vanno a finire i soldi, è garanzia di trasparenza per quello o quei partiti, è una delle condizioni per il corretto funzionamento della democrazia. Forse è corretto avere persino i finanziamenti da società offshore, onorevole Selva, come ella ben sa. Invece, non era corretto quando il signor Edoardo Longarini, imprenditore concessionario dello Stato, dava i soldi ai tesorieri del movimento sociale italiano, prima, e del gruppo, poi, senza alcun riscontro, o quando si danno soldi ai funzionari per aggirare e aggiustare la concessione. Non era corretto quando l'Enimont dava i soldi in nero al signor segretario X, come ha sentenziato la quinta sezione della Cassazione nel giugno scorso.
In ogni caso, il tentativo che emerge sempre in ogni nostro dibattito è quello di chi cerca comunque di sottrarsi alla giustizia. Lo abbiamo visto con il decreto Biondi a suo tempo, con altre richieste o di colpi di spugna o di amnistie ogni volta che il Parlamento discute di giustizia. Ora, per farlo, occorre far passare una tesi, quella che siano tutti colpevoli, quindi tutti innocenti, perché così fan tutti. Un
Così come un'altra bella storiella è che le indagini non sarebbero state accurate nei confronti di una parte politica e in particolare il PCI. Mi limito a ricordare ai colleghi presenti che anche alcuni tra noi sono stati non solo indagati, ma persino arrestati, come Barbara Pollastrini o il tesoriere del PCI, il compianto Marcello Stefanini. Tremila perquisizioni di sedi di partito, di federazioni, di sezioni. Bilanci visti e rivisti al microscopio, onorevole Giovanardi. Però c'è stata una fondamentale differenza: Burlando non ha gridato al golpe; Stefanini ha affrontato i giudizi portando atti per confutare altri atti e facendo parlare i difensori per controbattere alle accuse, come si fa in qualsiasi paese civile; come in Francia, in Spagna, in Germania, in Inghilterra o negli Stati Uniti d'America. Qui perfino il Capo dello Stato è al centro di indagini accuratissime e non per reati contro lo Stato...
Onorevole Sgarbi, come gli altri colleghi del gruppo misto lei dispone di 8 minuti per tutto il provvedimento. Quindi valuti come utilizzare il suo tempo.
Una premessa di ordine storico. Il principio, inalienabile nella civiltà del diritto, dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura è sommamente rispettato nei luoghi in cui il comunismo ha un dominio stabile da qualche decennio. In Cina sappiamo di grandi magistrati autonomi che indagano contro i crimini di piazza Tien An Men. Sappiamo di magistrati autonomi e indipendenti che indagano
Nel nome di quella autonomia che il mondo comunista persegue, ritenendo opportuno che il magistrato possa indagare sulla politica, noi abbiamo avuto casi straordinari di reati che non hanno a che fare con la corruzione, ma con la tortura, l'assassinio, la cancellazione delle opposizioni, l'assoluta impossibilità di manifestare il dissenso. In quei paesi vengono amati e rispettati.
Fidel Castro ha giustamente detto che gli sembrava strano che volessero incastrare Pinochet: evidentemente pensava a se stesso, visto che può girare liberamente per il mondo ed arrivare in Vaticano; nessuno gli chiede di rendere conto delle persone che ha lasciato morire nelle carceri cubane.
Di fronte a questi esempi illuminati, in Italia - grazie alla magistratura autonoma ed indipendente - abbiamo compiuto un'operazione straordinaria: voi avete in Parlamento ed al Governo il partito democristiano. Non è vero che si è cancellato: si è moltiplicato. Prima era soltanto in maggioranza, oggi è alla maggioranza ed all'opposizione, è spalmato ovunque. C'è un po' di democristiano da tutte le parti: stanno in AN, in forza Italia, nel CCD, tra i popolari, tra i diessini. Oltre tutto stanno insieme serenamente al Governo. Quindi non abbiamo un corrotto per finanziamenti illeciti, ma un uomo legato alla morte di Giorgiana Masi ed alle stragi di Stato, un amico di Gelli, un uomo da voi sempre ritenuto un'eversore, fino a chiederne l'impeachment: oggi è il vostro alleato, per cui abbiamo Cossutta e Cossiga, Diliberto e Cardinale.
Una prova del fatto che è inutile chiedere una Commissione quando al Governo ci sono soltanto i partiti grandi: in questo Parlamento non c'è più traccia soltanto dei piccoli. Questo hanno fatto i magistrati autonomi ed indipendenti: hanno rispettato Rosa Jervolino Russo, Mattarella e Andreotti. Andreotti, lo sapete bene, è nella vostra coalizione, è il capo della mafia e giustamente sta con voi: con chi potrebbe stare? D'altra parte, non risulta che sia stato cancellato altri che chi non era né democristiano né comunista. Mi riferisco al partito repubblicano: mi pare che Maccanico giri disperato senza posti né poltrone, essendo un antico repubblicano che ha fatto il suo partito per sé solo, l'UDR senza erre. Mi risulta poi che ci sia un signore che si chiama Del Turco, che era socialista, che ci sia Veltri, che era socialista, che ci sia Crema, che era socialista: vedo molti socialisti che stanno a casa d'altri.
Mi ricordo un signore molto vicino a Craxi, che si chiama Spini e che oggi è assorbito in quello che un tempo era il partito comunista. Vedo poi che in questo Parlamento non c'è più l'ombra di un radicale: non c'è più Pannella, tutti sono stati assorbiti in qualche area che non era la loro.
Non c'è più neanche un liberale, non c'è più un repubblicano, non c'è più un socialdemocratico. Perché? Perché i magistrati hanno condotto una lotta strenua e grandiosa contro i pesci piccoli, hanno cancellato i piccoli partiti. Occorreva che Veltri diventasse un membro dei DS, perché il partito socialista non c'è più: Boselli finge che esista, ma in realtà non lo sa, si è dimenticato che il suo partito è morto.
Di questa azione così coraggiosa dei magistrati io dico: è possibile che rubassero solo i piccoli, che rubassero solo i repubblicani, i liberali, i radicali, i socialdemocratici e - certamente - i socialisti? Non rubavano né i comunisti né i democristiani!
È per questo che non occorre fare una Commissione di indagine, perché nessuno può neanche supporre che arrivassero segretamente dal KGB soldi al partito comunista, nell'area oggi al Governo, che un tempo era contrastata da Cossiga con Gladio. Quindi Cossiga che ha fatto Gladio contro Cossutta oggi è al Governo proprio con Cossutta ed è tutto perfetto e tranquillo. Cossutta, frattanto, prendeva un
Allo stesso modo, è inutile cercare di capire perché Mensorio, della corrente di Mastella, si uccide e Mastella è il segretario dell'UDR; è inutile cercare di capire perché Moroni si uccide e i suoi compagni socialisti si trovano sereni nell'area del nuovo movimento democratico di sinistra; è inutile cercare di capire perché vengano fatti morire Caneschi e Cagliari e venga arrestato il segretario di De Michelis per essere poi dichiarato innocente dalla Cassazione.
Viene arrestato anche - purtroppo, per l'amico Duca - Paolo Berlusconi con una scorta al mare (carabinieri per terra e carabinieri in acqua!), per un reato da cui è stato completamente prosciolto dalla Cassazione.
Mi risulta, invece, che a Modena avvengano cose singolari: pare che una cooperativa che si chiama «La generica» - è una cooperativa comunista o ex comunista - abbia patteggiato un miliardo per finanziamenti illeciti! E non mi risulta che uno di quelli sia stato arrestato per essere poi dichiarato innocente dalla Cassazione, come è avvenuto al dottor Berlusconi e al dottor Casadei.
Sono tutte questioni che non è necessario verificare con una Commissione di inchiesta, perché tutto è chiaro: quelli di prima comandano come prima! I comunisti ed i democristiani sono al loro posto, non ci sono laici, radicali, liberali, repubblicani e veri socialisti, perché solo loro hanno rubato: voi eravate angeli, senza sesso (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)!
Onorevole Parenti, anche per lei vale l'indicazione sul tempo che ho rivolto all'onorevole Sgarbi.
In questi quattro anni abbiamo perso molte occasioni. L'ultima, vorrei ricordarlo, è stata quella della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali. Perché abbiamo perso quell'occasione? Perché, come dissi quando me ne andai dalla Commissione, nel giugno dell'anno scorso, non si può lavorare in un consesso di ricattati e di ricattabili. Ed è per tale motivo che questo Parlamento durerà poco, nonostante tutte le operazioni di banditismo e di trasformismo che sono nuove ma anche antiche.
Possiamo pensare che ci sia sempre una buona ragione (o molte buone bugie) per rimuovere un problema che è quello del fenomeno che più ha corroso le nostre istituzioni e che continua a corroderle. Credo che la sinistra avanzi molte buone bugie, ma certamente queste non saranno valide per l'opinione pubblica che nel 1994, dopo i diciotto mesi che sconvolsero l'Italia, si è trovata divisa, lacerata, piena di rancori non più ricostituibile in una identità e legittimazione politica.
Noi continuiamo a vivere il dramma di quei diciotto mesi e temo che la nostra inettitudine, la nostra vigliaccheria, la nostra incapacità di cominciare a ragionare secondo categorie politiche e non secondo categorie giudiziarie che non ci competono, senza lanciare accuse anche piuttosto pesanti, quali quelle che ho sentito provenire dai banchi della sinistra nei confronti del leader dell'opposizione, siano proprio lo spessore di ciò che non porta a far decollare la politica italiana.
È vero che c'è una parte di questo Parlamento che vive di rendita, colleghi DS! Il fatto stesso che voi neghiate questa Commissione è la prova politica e non giudiziaria, che qui non ci interessa, di una legittima difesa. Ma allora, se le difese sono legittime, voi vi assumete la piena responsabilità di confessare in questo Parlamento che inopinatamente dalla storia, nel 1993 e non nel 1992, quando eravate al minimo storico di credibilità,
Se voi oggi affossate questa Commissione, vi assumete la responsabilità di fronte al paese di essere così deboli da non ammettere che in quel paese c'eravate anche voi, che alla distruzione di quel paese avete contribuito pesantemente anche voi, e non con indagini giudiziarie: il che va detto. Ma si restituisca la politica alla politica!
Ho presentato un emendamento alla proposta di legge Pisanu ed altri in quanto trovavo quest'ultima assolutamente improbabile, perché essa sarebbe potuto veramente diventare un'operazione di killeraggio, e poiché io l'ho visto per diciotto mesi preferirei non vederlo mai più.
Quell'emendamento era teso ad evitare qualsiasi operazione di killeraggio o a fare in modo che mai l'autorità politica si sostituisse all'autorità giudiziaria che già abbastanza killeraggio aveva fatto. Ripeto, non c'è bisogno di farlo due volte. Certamente, se voi continuate a dire di «no» anche a quell'emendamento che vuole riportare la storia alla storia, la politica alla politica e alla fine anche alla legittimazione politica non di quelli giudicati dall'autorità giudiziaria ma di quelli che non sono mai stati inquisiti, di quelli che erano i militanti e gli appartenenti ai partiti storici, di quelli che voi avete chiamato il CAF per sostituirlo con un «cafino» che è fatto dal nulla dell'UDR e dal tutto dei DS, se voi continuate, dicevo, questa operazione di inettitudine, allora credo che questo Parlamento abbia già giudicato se stesso, nella sua incapacità di cominciare a distinguere le categorie politiche dalle categorie giuridiche e dalle categorie morali. Questa era la sola opera che avremmo dovuto fare!
Dovevamo riportare pace a questo paese, dovevamo riportare la storia alla sua storia, al di là di tutte le responsabilità personali che nessuno vuole escludere o vuole sanare. Dovevamo riportare la politica alle sue categorie e, quindi, dividere i poteri, che mai come oggi, invece, non sono divisi. Perché la cosa grave non è stata giudicare le persone ma è stata, attraverso il giudizio delle persone, coprire nel fango la storia di un paese fatta di tante ombre, sicuramente - di tante ombre che siedono, che sono i registri di questo Governo, non c'è dubbio - ma anche di tante luci e che, comunque, ha resistito alle spinte antidemocratiche che sono venute dall'esterno e dall'interno.
Allora dobbiamo ridare un'identità, un volto, una dignità ai cittadini italiani, non agli inquisiti, agli inquirenti. E diciamoci la verità, colleghi: ma di quali interferenze con la magistratura parlate? Quei processi sono tutti finiti, e se non sono finiti giacciono nei cumuli, nei cassetti. E costantemente si parla di prescrizioni! Quindi quali interferenze possono esserci?
Noi, evidentemente, non siamo capaci di ragionare politicamente, e per quanto questo Governo dimostri quanto questo paese è malato nella mente, nella corruzione, noi continuiamo a credere che rimuovendo il grande fantasma o incubo della prima Repubblica non riusciremo a restare vivi. Se continuiamo a rimuoverlo, senza affrontarlo con una seria presa di responsabilità, noi non riusciremo a tener viva la politica in questo paese (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Prego, onorevole Vendola.
Cosa è stato, cos'è Tangentopoli? Una malattia virale che ha colpito l'organismo robusto e vitale della politica e dell'economia? Oppure Tangentopoli ci parla della fisiologia di un sistema di potere, delle forme di scambio e di intermediazione interne ai ceti dominanti? Ci parla di uno scarto, di un impazzimento oppure del protagonismo malato di una cricca di furfanti o non, invece, di una logica di sistema, di un metodo di governo, di quella modernizzazione drogata che ha accompagnato i tumultuosi anni ottanta?
Onorevoli colleghi, ricordiamoci cosa hanno scritto i giornali in questi anni: quanta narrazione fumettistica della verità! Ma insomma, c'era soltanto Bettino Craxi nella cartolina illustrata della «Milano da bere»? Oppure non vi era, ben dentro ai marchingegni corruttivi, anche tanta altra politica, tanta finanza, tanta imprenditoria, tanta cultura, tanta socialità, tanta società milanese e italiana? La stessa idea che è divenuta senso comune diffuso che Tangentopoli fosse tout court la città dei politici ha consentito di acquietare la coscienza della pubblica opinione con la messa alla gogna massmediale di taluni capri espiatori, esorcizzando così la verità, una verità ben più articolata e complessa. La verità dovrebbe sospingerci - ecco l'inchiesta che a me piacerebbe poter produrre - ad analizzare il protagonismo politico della grande impresa; il mercato bloccato e infeudato che essa ha partorito e partorisce; la soggezione della burocrazia e della pubblica amministrazione al comando politico; la sedimentazione in tutti gli strati della popolazione di quel cinico distacco da qualunque ethos pubblico che nutre tanta straripante cultura dell'illegalità; e invece si è preferito disegnare una sorta di mitologia del corrotto, del furfante, inibendo a noi la possibilità di capire quanto profondo fosse il danno e quanto ben più avvertita e allarmata avrebbe dovuto essere la diagnosi e quindi la terapia.
Anche per queste ragioni, colleghi, abbiamo cercato di contrastare, per quella che è stata la nostra forza, le seduzioni del giustizialismo: non ci sono mai piaciute, posso dirlo così, le immagini del super procuratore, del super PM che in diretta televisiva o dinanzi alle telecamere gioca con il proprio indagato come il gatto con il topo. C'è un problema che allude proprio all'elementare sentimento della giustizia, oltre che alla sua amministrazione, perché nella demonizzazione del singolo indagato-imputato vi era ancora una volta la riproposizione di un rito esorcistico che offriva in pasto vittime sacrificali o capri espiatori (Applausi del deputato Possa). È per questo che abbiamo considerato il garantismo non come un lusso per anime belle, ma come la cornice necessaria per la rifondazione di una cultura condivisa delle regole e della legalità.
Pertanto, onorevoli colleghi, perché diciamo «no» oggi, e lo diciamo in maniera convinta, a questa proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta su Tangentopoli? Lo diciamo per tante ragioni: ne indico alcune.
Questa proposta è nata male ed ha camminato malissimo, nutrita com'era da sogni di rivincita, da rese dei conti e da vendette che avrebbero ancora una volta ferito i principi di autonomia e di indipendenza della magistratura determinando, lo diceva acutamente l'onorevole Soda, interferenze gravissime nella vita della giurisdizione e nei processi in corso.
Inoltre, noi guardiamo con preoccupazione e talvolta con angoscia al corto circuito tra poteri dello Stato e tutti noi dovremmo sentirci impegnati nel lavoro di ricostruzione di quell'equilibrio e di quel
Infine, la priorità da affrontare oggi è il collasso del servizio giustizia: anche la vicenda di ieri, relativa alla pronuncia della Corte costituzionale che sostanzialmente blocca, annulla la riforma dell'articolo 513, al di là delle opinioni che possono essere messe a confronto, denuncia un'oscillazione pendolare tra quest'Assemblea che produce una legge e quella Corte che l'annulla, genera una sostanziale confusione che acuisce il grado della crisi del servizio giustizia e la separatezza tra giustizia e cittadini. Noi dovremmo invece intervenire su quella crisi e produrre una sfida difficile già a partire dal tema del processo penale per ridisegnare il profilo sia dei diritti di ognuno che del diritto di tutti.
Per queste ragioni i deputati di rifondazione comunista voteranno a favore dell'emendamento soppressivo della Commissione di inchiesta su Tangentopoli (Applausi dei deputati dei gruppi misto-rifondazione comunista-progressisti e dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
Signor Presidente, onorevoli colleghi, i verdi sono sempre stati totalmente estranei, a livello nazionale e locale, a qualunque forma di finanziamento illecito della politica e tanto più a qualunque forma di corruzione politica ed economico-finanziaria; anzi, credo di poter dire che i verdi siano stati vittima di quel sistema di condizionamento indebito della politica.
Fin dall'XI legislatura - il presidente Pisanu lo ha ricordato genericamente per la sinistra, ma lo voglio rivendicare in questa sede per la mia parte politica - il gruppo dei verdi ha proposto (primo firmatario onorevole Mattioli, seguito da tutti i componenti del gruppo) e quindi votato a favore dell'istituzione di una Commissione di inchiesta su Tangentopoli.
A noi questo ricordo non crea alcun problema e alcuna contraddizione perché ci stiamo muovendo in modo assolutamente lineare e coerente con quella scelta già fatta nell'XI legislatura. D'altra parte, i verdi hanno assistito con grave preoccupazione nei mesi scorsi prima al rovesciamento del tavolo delle riforme costituzionali e al conseguente congelamento della Commissione bicamerale - e forse qualcuno oggi rimpiange quella scelta sciagurata - e poi alla strumentalizzazione con cui venivano da parte di molti esponenti del Polo prospettati finalità e usi della Commissione d'inchiesta su Tangentopoli in modo distorto, quasi dovesse divenire una Commissione d'inchiesta sulla magistratura che ha indagato su tale fenomeno. Tuttavia, quando nel luglio scorso il relatore di minoranza, onorevole Frattini, si è dissociato esplicitamente in quest'aula da tali posizioni e quando analoghe dichiarazioni ha fatto sempre in quest'aula il capogruppo di forza Italia, onorevole Pisanu, si è riaperto da parte nostra, e non solo da parte nostra, un terreno positivo di confronto. I verdi hanno allora posto, e non erano i soli a farlo, tre esplicite condizioni tradotte subito in tre emendamenti che avrebbero consentito l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta: primo, nessuna interferenza nei procedimenti penali in corso; secondo, incompatibilità con la partecipazione alla Commissione per i parlamentari indagati, rinviati a giudizio o condannati per reati inerenti Tangentopoli; terzo, non operatività dei lavori della Commissione fino all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Il collega Paissan ed io abbiamo presentato un emendamento che prevede, se approvata l'istituzione della Commissione, il suo insediamento, l'elezione dell'ufficio di presidenza, l'adozione del regolamento interno e quindi la sospensione dei lavori fino all'elezione del Presidente della Repubblica. Soltanto se queste tre condizioni verranno accolte, e devo dare atto ai colleghi relatori di minoranza di avere già
Io credo, rappresentanti del Governo, che il Governo D'Alema abbia fatto finora e faccia bene a rimanere rigorosamente estraneo a questa materia che è di esclusiva competenza parlamentare. A questo proposito vorrei dire, signor Presidente e colleghi, che ritengo del tutto gravi e inopportune le odierne dichiarazioni del ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Folloni, che sembra quasi contrabbandare un «no» alla Commissione d'inchiesta con un'indebita proposta di amnistia. Meglio avrebbe fatto il ministro per i rapporti con il Parlamento ad adeguarsi all'atteggiamento di riserbo che l'intero Governo sta mantenendo al riguardo.
Di fronte, quindi, alla proposta di soppressione dell'articolo 1, che equivale alla proposta di impedire l'istituzione della Commissione, i verdi voteranno contro, ma si riservano ovviamente, di decidere il voto finale sulla proposta di legge istitutiva della Commissione d'inchiesta soltanto sulla base dell'esito del voto sugli emendamenti proposti. I verdi si augurano quindi, e mi rivolgo in particolare a tutti i gruppi della maggioranza, che la proposta soppressiva venga respinta e che si possa finalmente entrare nel merito dei singoli articoli.
A nostro parere, con queste condizioni, la Commissione d'inchiesta va istituita e sarebbe stato meglio e più opportuno se a proporne l'istituzione fosse stata la stessa maggioranza. Se il Parlamento boccerà la proposta di istituzione della Commissione d'inchiesta, sarà scritta una brutta pagina nella storia di questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi misto-verdi-l'Ulivo, di forza Italia e di alleanza nazionale).
«Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo oggi in uno snodo fondamentale del percorso di questa legislatura e forse dell'intera storia repubblicana. La richiesta di istituire una Commissione d'inchiesta sulla corruzione politica e sulla sua repressione è stata avanzata in modi ed in tempi diversi dalla maggior parte delle forze di opposizione ed ha trovato una eco favorevole anche in ampi settori della maggioranza», come abbiamo sentito poco fa. «Molte e gravi sono le ragioni che militano a favore di questa richiesta. È necessario dire agli italiani la verità su un tratto importante della storia del nostro paese: quella consacrata dagli atti giudiziari è la verità giudiziaria su singoli casi (ma non è la verità storica, è la verità politica) che devono guardare all'insegna ed alle cause profonde dei fenomeni. Provvedimenti di amnistia hanno impedito ai tribunali di occuparsi delle vicende precedenti al 1989; quindi delle radici e delle cause storiche del fenomeno della corruzione. È necessario ricostruire questa storia, attribuire a ciascuno le proprie responsabilità.
Nell'immaginario collettivo la vicenda di Tangentopoli è stata segnata da una pioggia di avvisi di garanzia che hanno annientato una parte della nostra classe
Vengo qui al punto più delicato. Nessuno vuole rifare i processi o mettere sotto accusa i magistrati. Non è tuttavia possibile escludere dall'indagine una riflessione sul ruolo politico della magistratura, che ha svolto una meritoria funzione di supplenza verso una classe politica incapace di purificarsi; ma neppure che la magistratura, in alcuni suoi settori, forse non ha resistito alle tentazioni di mantenere un ruolo di tutela verso la politica diventando soggetto politico essa stessa, uscendo così dai limiti di un corretto equilibrio di poteri o, meglio, di un corretto rapporto fra l'ordine giudiziario e il potere dello Stato».
Ho fatto qualche fatica a leggere questo testo perché non è farina del mio sacco; appartiene invece a quello variegato dell'attuale ministro onorevole Salvatore Cardinale (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD) il quale, il 23 del mese scorso così si espresse in quest'aula.
Si possono saltare i fossi, dimenticare i voti degli elettori, ma dimenticare le proprie parole, le dichiarazioni in quest'aula è cosa vergognosa ed è cosa che è indegna (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)! Dispiace, poi, che taluni colleghi, che sono stati accanto a noi, che hanno anche vissuto le nostre ansie, le nostre preoccupazioni, le nostre delusioni e pure i nostri errori, possano fare della loro posizione «strame», assumendo una logica che nulla ha a che fare con la politica!
È vero, il parlamentare è qui senza vincolo imperativo di mandato; ma vi è un imperativo della coscienza ed anche della decenza (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale) che è più forte di qualunque altra indicazione!
Ecco la ragione per la quale ho inflitto alla Camera la lettura di quell'intervento. E l'onorevole Cardinale, in ben altre faccende affaccendato, potrà rileggerlo davanti allo specchio quando si raderà e si sfoltirà i baffi e dire: mi vergogno (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD - Congratulazioni)!
Le inchieste giudiziarie portate avanti in questi anni hanno fornito una risposta incompleta al bisogno di verità e giustizia. Siamo consapevoli che la verità storica e quella giudiziaria non sono assolutamente coincidenti, perciò è giunto il momento di fare chiarezza circa i modi ed i percorsi che hanno contrassegnato la lotta alla corruzione politica. È superfluo riaffermare che le indagini ed i processi hanno caratterizzato solo alcuni schieramenti politici. In questo paese c'è un'area politica franca, immune da indagini approfondite e che continua ad ostacolare l'istituzione della Commissione di inchiesta.
Anche questa mattina in Commissione affari costituzionali la proposta dei democratici di sinistra di sopprimere l'articolo 1, che istituisce la Commissione di inchiesta, è stata approvata con i voti determinanti della maggioranza. È chiaro che non si vuole indagare su una pagina poco chiara che riguarda i signori del partito comunista italiano!
Signor Presidente, il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania
Signor Presidente, la lega nord denuncia con forza le compromissioni omertose con cui si tenta di seppellire le verità scomode. In questo Parlamento ci sono personaggi che stanno ai vertici della politica e che la magistratura non toccherà mai per ragioni di Stato e per interessi reciproci (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Ecco perché è necessaria la Commissione di inchiesta e noi questa sera voteremo per la sua istituzione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Così non è stato: né il «Cardinale» né il preposto hanno saputo mantenere fede alle loro convinzioni, vecchie di due o tre settimane, ma pur sempre proprie. E pensare che proprio stamane il solo voto di un associato a costoro è valso all'accoglimento della proposta soppressiva dell'articolo 1. Questi forti convincimenti, tutti positivi allora, sono stati travasati, a distanza di poche ore, in un determinato voto di segno contrario.
Questo è non dico il valore, ma la serietà anche antropologica di coloro che si pongono contro questa esigenza rappresentata dalla nostra iniziativa.
Signor Presidente, uno degli argomenti che ho visto con maggiore insistenza rimartellare qui e da tutti coloro che si oppongono a questo disegno è stato quello per cui, anche se si ammettesse la giustezza dell'iniziativa, questo non sarebbe il momento opportuno: non vi è clima, non vi è - come dire - la consorteria sufficiente per far sì che un'iniziativa di tanta importanza venga accolta come strumento di verità. «Il prodotto è buono, ma ce ne ciberemo in avanti», sembrano dire questi famelici.
Famelici di che, signor Presidente? Famelici di affossare persino quel tanto di tentativo accettabile, credibile di instaurare un colloquio tra la maggioranza e l'opposizione su una materia di interesse generale, dove nessuna corruzione di fini può avvenire, non per le nostre sole buone intenzioni ma perché è tecnicamente impossibile che ciò avvenga. Si avanzano pretesti, scusanti senza senso semplicemente per bollare all'inizio come inattuabile proprio quel fine di concordia, la cui mancanza oggi si vuole sia la vera causa ostativa della nostra iniziativa. Una conversione completa, non dico della coerenza che è bene di raro consumo... ma la decenza della parola!
Ebbene, la mia preoccupazione è questa: che non manca oggi il clima, perché questo è determinato da molteplici fattori indipendenti dal nostro buon volere; non accettando questa iniziativa, come io credo che in un modo o nell'altro avverrà, proprio quel clima che si auspica verrà meno in funzione di altre iniziative di comune interesse sul piano della legislazione.
Noi manifestammo a suo tempo delle perplessità, fummo disponibili quando fu chiesta una pausa di riflessione, ma nelle ultime settimane ci siamo riconfermati nel nostro atteggiamento iniziale.
Molti degli argomenti che potrei esprimere sono già stati fatti propri questo pomeriggio nell'introduzione del relatore di maggioranza; alcuni li condividiamo integralmente, altri meno o almeno con un'enfasi minore rispetto a quella del relatore di maggioranza. Viceversa, non condividiamo assolutamente alcuni degli argomenti che, non tanto da parte dei relatori di minoranza quanto nel corso del dibattito successivo, sono stati avanzati.
Non è questa la sede per fare considerazioni tipiche di un dibattito di carattere generale. Ci sorprende però - questa è la prima annotazione che vogliamo fare - che dopo la pausa di riflessione che tutti avevano chiesto, che in qualche modo doveva servire a far decantare le posizioni, il dibattito di oggi pomeriggio abbia riproposto a destra e a sinistra alcuni argomenti molto schematici, rigidi, ben diversi da quelle posizioni eleganti e felpate che l'onorevole Frattini, da qualche mese a questa parte, ci ripropone come giustificazione della buona fede del Polo delle libertà nella difesa di questo tema.
La volontà di capire un fenomeno così delicato ed importante come Tangentopoli dovrebbe innanzitutto far prescindere coloro che intendono affrontare la questione da atteggiamenti manichei, essendo questo un argomento che richiede una grande cautela analitica e una grande prudenza nelle soluzioni da offrire.
Non siamo minimamente interessati al dibattito che ricontrappone il tutto della politica al tutto della magistratura, la società civile ai partiti, una presunta immoralità pubblica ad una altrettanta supposta etica privata: sono argomenti netti, privi di chiaroscuri, che non condividiamo. Del resto, questo tipo di argomenti era già emerso quando la questione fu iscritta all'ordine del giorno. Ricordo, quando in Commissione in sede referente affrontammo le proposte di legge all'esame, una serie di argomenti assolutamente scomposti, alcuni condivisibili: penso alle preoccupazioni legittime sull'abuso che vi era stato per esempio della custodia cautelare, tema da noi condiviso; penso al tema, utile e da rivisitare in sede storica...
Prosegua pure, onorevole Pistelli.
Ecco, questo è proprio il punto dirimente per noi nell'esame di questa proposta dell'opposizione. Noi non pensiamo che oggi sia possibile, prima ancora che utile o lecito, ridurre delle grandi storie, delle grandi tradizioni politiche e degli altrettanto grandi travagli e crisi che abbiamo affrontato nell'ultimo decennio ad una vicenda misera di cordate fra procure. La tesi della rivoluzione giudiziaria quale origine della politica degli anni novanta ridurrebbe questo Parlamento - altro che dignità della politica!
Noi sappiamo invece che vi è stato un grande mutamento non soltanto nel nostro paese, ma in tutte le culture politiche tradizionali dell'Europa occidentale; pensare oggi di ridurre questa grande crisi di sistema ad una vicenda solo e soltanto giudiziaria è il modo peggiore per onorare queste culture ed è il modo migliore per fare torto ad esse.
Abbiamo apprezzato nel corso di quest'estate il tentativo esperito dal collega Boato di mettere i cosiddetti paletti: la non interferenza durante il semestre bianco, la non appartenenza di parlamentari indagati alla Commissione, la non interferenza con l'attività della magistratura. Ma anche questi «paletti» erano in qualche modo la dimostrazione che era difficile far nascere questa Commissione con il principio della reciproca buona fede, sapendo che all'interno di questa Commissione non può vigere il principio dell'effettività, perché non vi è sanzione per un'eventuale omissione di comportamento di buona fede da parte dei commissari, allorquando questa Commissione venisse istituita. Dopo rimarrebbero soltanto la strumentalità e l'insulto reciproco, ma non è quello che noi ricerchiamo.
Come popolari e democratici non siamo interessati a sapere se le proposte avanzate in passato hanno costituito una prassi parlamentare che pure ha avuto le sue eccezioni, come è stato ricordato per la Commissione sui fondi neri dell'IRI; allo stesso modo, non siamo interessati a pensare che il diritto dell'opposizione a vedere iscritti i propri argomenti all'ordine del giorno comporti il dovere o l'obbligo per la maggioranza di approvare quelle proposte. Del resto, pochi mesi fa, proprio l'opposizione lamentava un atteggiamento dilatorio da parte dei colleghi della maggioranza che invece sono stati interessati oggi a giungere ad un voto, ancorché finale, su questa materia.
In buona sostanza, il nostro atteggiamento è stato - e lo vogliamo ribadire - molto più lineare. Abbiamo manifestato a suo tempo, e le riconfermiamo oggi, le perplessità sullo strumento; se la Commissione di inchiesta deve servire ad effettuare una valutazione ampia su un fenomeno degenerativo diffuso, che avrebbe coinvolto partiti, imprese ed amministrazioni pubbliche, che avrebbe riguardato casi di finanziamento illecito e di arricchimento personale, saremmo di fronte ad un tema talmente ampio da divenire indeterminato. Dunque, la Commissione d'inchiesta non serve per arrivare a conclusioni in qualche modo utili. Se la Commissione serve a determinare una politica della giustizia per il presente, condividiamo e sosteniamo lo sforzo che il Governo Prodi aveva già avviato con il ministro Flick e che il ministro Diliberto ha riconfermato in questi giorni: ci attendiamo dal pacchetto delle misure in materia della politica della giustizia che venga assolto il compito di eliminare le aree grigie o dubbie che hanno creato conflitti e corti circuiti tra potere politico e potere giudiziario. Se poi la Commissione d'inchiesta serve a trovare argomentazioni utili a supportare un'azione legislativa per il futuro, allora non capiamo a cosa serva la Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione che ha presentato numerose proposte a questo Parlamento, le quali devono ancora essere esaminate.
Dunque, in modo molto più lineare, i popolari esprimono una perplessità su questo strumento ed in base a tale perplessità motivano la loro posizione negativa. Si è detto - vado alle conclusioni - in questi giorni e questa mattina che il voto serve a ristabilire un dialogo fra la maggioranza e l'opposizione; ebbene, noi dichiariamo con molta sincerità che non ci convince una politica fatta con i segnali di fumo, nella quale si parla di una cosa per indicare altro. Noi popolari e democratici abbiamo guardato senza veli o filtri politici all'utilità dello strumento in sé, perché ci piace una politica lineare che parla del merito delle cose e non utilizza pretestuosamente gli argomenti per parlare d'altro.
Non abbiamo neanche capito come mai, questa mattina, l'opposizione abbia criticato l'atteggiamento del Governo Prodi che si espresse contro la Commissione ed abbia invece apprezzato la non interferenza del Governo D'Alema sulla materia, dichiarando però poi di attendersi dalla maggioranza che sostiene questo Governo un segnale coerente di dialogo con l'opposizione. Ripeto: è una politica non lineare, barocca, che non ci convince e per questo motivo il gruppo dei popolari e democratici conferma il voto negativo che espresse sei mesi fa e che ho ora nuovamente motivato (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo).
Assumerò come argomentazioni emblematiche quelle di una persona non estremista, un collega equilibrato, liberale per cultura, il Presidente Biondi, che pur utilizzando concetti espressi da altri, perché gli servivano ai fini delle sue argomentazioni, ha sostanzialmente e garbatamente sostenuto la tesi di fondo per la quale viene richiesta questa Commissione, e cioè: Tangentopoli è stato un fenomeno che ha distorto la politica italiana, perché ha favorito alcune forze politiche svantaggiandone altre; ha distrutto alcune forze politiche e lo ha fatto per una decisione di natura politica della magistratura, o di una parte della magistratura che, essendo politicizzata, ha preso la fredda decisione di perseguire alcune forze politiche e di lasciar correre sulle colpe eventualmente commesse da altre. Questo è l'assunto di fondo: badate, questo assunto è sostenuto talvolta in maniera disinvolta, così come ha fatto qui stasera l'onorevole Sgarbi che ai fini della sua argomentazione dimentica anche la storia. Si dimentica anche la storia, si dimentica chi è stato inquisito, si dimentica che non sono stati soltanto quelli che lui chiama i «piccoli» ad essere stati colpiti.
Ma è stato sostenuto anche, con maggiore attenzione alle argomentazioni, dall'onorevole Parenti, che nel 1993, cioè nel pieno svilupparsi di Tangentopoli, sarebbe stato fatto un regalo, uno straordinario regalo, un insperato regalo alla sinistra. E, certo, il regalo lo si sarebbe potuto anche ragionevolmente aspettare: nel 1992-1993 non passava giorno che non ci fosse sui giornali e alla televisione notizia di arresti di importanti politici dell'area governativa, di uomini di Governo. Un regalo che, però, onorevole Parenti, non è venuto, perché nel 1994 alle elezioni politiche non ha vinto la sinistra, ma ha vinto forza Italia; e allora in che cosa consiste il regalo? Il regalo consiste, sempre secondo questa tesi, nella decisione da parte della magistratura di perseguire alcuni e di non perseguire altri (Commenti del deputato Colletti).
In queste condizioni, signor Presidente, come è possibile pensare che la Commissione, che viene richiesta perché è necessario - si dice - ristabilire la verità, possa effettivamente perseguire questo scopo? In realtà, è assolutamente chiaro perché la Commissione è richiesta: per sostenere una tesi politica. La Commissione nascerebbe, secondo la richiesta che è stata avanzata, essenzialmente per questo: dimostrare un assunto politico, la politicizzazione della magistratura e il fatto che tutte le forze politiche sarebbero uguali, ma soltanto alcune sarebbero state perseguite.
Io credo, signor Presidente, onorevoli colleghi, che i cittadini sappiano la verità, sappiano come il sistema di corruzione in questo paese fosse estremamente diffuso e pervasivo, avesse invaso molti rapporti istituzionali. E allora credo che i cittadini vogliano altro (e credo che questa sia la riflessione che veramente dobbiamo fare): non una Commissione d'inchiesta, ma misure prese da noi, prese da questo Parlamento che impediscano che quella stagione si ripeta, che blocchino la corruzione se ancora esiste, e certamente esiste, che finalmente si abbia il coraggio - e questo, possibilmente, tutti insieme - di prendere delle misure legislative che garantiscano che la classe politica vuole effettivamente lottare contro la corruzione e non soltanto parlarne. Io credo che sia compito di tutti noi rispondere a questa che è la domanda vera dei cittadini e non tentare, attraverso una Commissione che certamente turberebbe i rapporti tra poteri dello Stato, di dimostrare un proprio assunto politico di parte (Applausi dei deputati del gruppo comunista e di deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
So bene che non è invocabile in senso pieno questo articolo, perché il Governo non ha posto la questione di fiducia. Però, signor Presidente, ed è questa la mia domanda, vedo i banchi del Governo particolarmente e autorevolmente pieni di ministri e sottosegretari e allora mi domando e le domando: qualora dai banchi del Governo i signori ministri e i signori sottosegretari votassero contro la Commissione d'inchiesta parlamentare, si potrebbe arrivare alla conclusione che il Governo è contrario alla Commissione d'inchiesta parlamentare? E tutto questo rientra nella logica democratica di dialettica parlamentare? Semplicemente questo, signor Presidente.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pecoraro Scanio. Ne ha facoltà.
Oltre al merito, c'è un valore politico delle cose. Personalmente non me la sento di votare nella direzione scelta da altri colleghi del mio gruppo; lo ha già annunciato
Ha facoltà di parlare, onorevole Giovanardi.
L'onorevole Veltri e l'onorevole Duca hanno diviso il Parlamento in «cattivi» e «buoni». Duca ha ricordato che tutte le malefatte sono da questa parte, salvo qualche persecuzione subita ingiustamente da colleghi del suo partito. Io non credo che il mondo sia fatto di cattivi e di buoni. Allora vi chiedo se siano buoni o cattivi i nostri segretari regionali del Veneto e della Toscana, il vicesindaco di Firenze, il consigliere regionale della Lombardia, l'onorevole Darida, i consiglieri regionali dell'Abruzzo, i nostri parlamentari della Calabria, il sindaco di Foggia, i nostri consiglieri comunali di Roma: prima arrestati e finiti sulle prime pagine, poi assolti con formula piena dalla magistratura.
Mi chiedo e vi chiedo come si sia potuto verificare che centinaia di dirigenti politici (presidenti di giunta regionale, sindaci e parlamentari) siano stati arrestati quando poi la stessa magistratura - gliene do atto - li ha riconosciuti assolutamente innocenti.
L'onorevole Duca mi ha attaccato, ma io vorrei ricordargli che dieci giorni fa i suoi compagni di Modena hanno patteggiato (Commenti del deputato Duca)... Mi rivolgo alla Presidenza. Dieci giorni fa i compagni di Modena dell'onorevole Duca hanno patteggiato un miliardo per la bancarotta fraudolenta di una cooperativa i cui soci erano stati truffati. Dei tre miliardi di bancarotta un miliardo era stato incassato dal PDS di Modena (Commenti del deputato Manzini). Un'altra bancarotta da otto miliardi è avvenuta a Mirandola.
Vorrei allora domandare in quali partiti, in che dimensione e con quali ruoli si è sviluppato nel nostro paese il fenomeno del finanziamento illecito ai partiti. Come vedete non è un problema di rapporti con la magistratura: occorre tentare di fare chiarezza, approfondendo due temi non banali che ho sottoposto alla vostra attenzione. È necessaria una rilettura di questi anni.
Se gli onorevoli Veltri e Duca continuano a dire che persone finite innocenti in galera, distrutte dai giornali e poi riconosciute innocenti dalla stessa magistratura sono colpevoli, devo sottolineare che si tratta di una falsità che viene ripetuta ancora una volta in quest'aula. Si cerca così di criminalizzare tutta una parte del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).
I colleghi dell'onorevole Duca impediscono a me ed al Parlamento di approfondire questi temi. È veramente scandaloso. Ecco l'anomalia di questa sera: davanti a ciò che è successo in Italia, in Parlamento non vi è il coraggio civile e morale di andare a cercare la verità su questi terribili anni (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).
Ricordo nuovamente che il parere sui successivi emendamenti che mi appresto
Esprimo parere favorevole sugli emendamenti Parenti 1.8, Boato 1.202, Frattini 1.20 e parere contrario sull'emendamento Li Calzi 1.21 (Nuova formulazione).
Il parere è indubbiamente favorevole sugli emendamenti soppressivi Piscitello 1.156, 1.157, 1.158, 1.159, 1.160. 1.161, 1.162, 1.163, 1.164, 1.165. 1.166 e 1.167, nonché sugli emendamenti Piscitello 1.34, 1.38, 1.155 e 1.47, Boato 1.3, Piscitello 1.44, 1.39 e 1.40, Boato 1.2, Piscitello 1.45, 1.46, 1.41, 1.42, 1.43, Vignali 1.136, Piscitello 1.73, 1.108, 1.109, 1.111 e 1.110.
Il parere è altresì favorevole sulla serie di emendamenti a scalare da Piscitello 1.114 a Piscitello 1.120, mentre è contrario sugli emendamenti Piscitello 1.125, 1.126, 1.154, 1.112 e 1.113. È favorevole, invece, sugli emendamenti Piscitello 1.74, Boato 1.4, Piscitello 1.201, 1.55, 1.57, 1.56, 1.62, 1.61, 1.72, 1.63 e 1.66.
Il parere è contrario sugli emendamenti Piscitello 1.67, 1.68, 1.69, 1.201, 1.64, 1.71, 1.78, 1.77, 1.79, 1.65 e 1.78. È invece favorevole sugli emendamenti Giovanardi 1.10 e Piscitello 1.75 e contrario sugli emendamenti Piscitello 1.58, 1.60, 1.59 e 1.80.
Per i restanti emendamenti all'articolo 1, signor Presidente, mi riservo di completare l'espressine del parere nel prosieguo della seduta.
Le chiedo scusa, signor ministro. Prima di darle la parola per esprimere il parere sugli emendamenti presentati, vorrei pregare i deputati segretari di ritirare le schede alle quali non corrispondano deputati presenti (I deputati segretari ottemperano all'invito del Presidente).
Prego, signor ministro.
Onorevoli colleghi, porrò ora in votazione contestualmente gli emendamenti interamente soppressivi dell'articolo 1 - cioè gli emendamenti Duca 1.133 e Piscitello 1.183 - e gli emendamenti soppressivi del primo comma - Bielli 1.135 e Piscitello 1.184 -, che è il comma fondamentale, perché istituisce la Commissione di inchiesta.
Avverto che l'eventuale approvazione degli emendamenti determinerà la conseguenza di non dover procedere alla votazione dei successivi articoli, che saranno pertanto preclusi, né ovviamente al voto finale.
La norma sostanziale della proposta di legge infatti, concernente l'istituzione di una Commissione d'inchiesta, è contenuta nell'articolo 1, mentre gli articoli da 2 a 7 concernono aspetti accessori quali la composizione, i poteri, il regime delle varie tipologie di segreto, la disciplina e le scadenze relative ai lavori della Commissione, nonché l'entrata in vigore della legge. La reiezione della norma di carattere sostanziale, conseguente all'approvazione di un emendamento integralmente soppressivo, oltre a determinare la preclusione degli articoli recanti norme accessorie, equivale pertanto alla reiezione della proposta di legge e renderebbe incongruo procedere al voto finale.
Passiamo alla votazione degli emendamenti Duca 1.133, Piscitello 1.183, Bielli 1.135 e Piscitello 1.135.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piscitello, al quale ricordo che il suo gruppo ha ancora due minuti. Ne ha facoltà.
Le motivazioni sono chiare in ordine all'emendamento soppressivo dell'articolo 1 che ci accingiamo a votare e che ho presentato a nome dei colleghi aderenti all'Italia dei valori (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale), e sul quale invito l'aula ad esprimersi favorevolmente per chiudere una vicenda strumentale e in aperta violazione al principio di separazione dei poteri.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli emendamenti Duca 1.133, Piscitello 1.183, Bielli 1.135 e Piscitello 1.184, accettati dalla Commissione e sui quali il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione - Commenti).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Votanti 538
Astenuti 5
Maggioranza 270
Hanno votato sì 276
Hanno votato no 262
(La Camera approva - Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e misto rete-l'Ulivo).
Sospendo la seduta per cinque minuti.