Seduta n. 426 del 23/10/1998

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La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 15,40.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Onorevoli colleghi, vi prego di prendere posto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piscitello. Ne ha facoltà.

RINO PISCITELLO. Presidente, le chiedo di poter iniziare a parlare per i miei due minuti quando la situazione dell'aula sarà più tranquilla.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Piscitello.
Onorevole Biondi, per favore; onorevole Giannotti, si accomodi.
Parli pure, onorevole Piscitello.

RINO PISCITELLO. Presidente, colleghi, il 21 aprile 1996 sono stato eletto in questo Parlamento da una coalizione denominata «Ulivo» con l'impegno di sostenere quella coalizione ed il Presidente del Consiglio che tutti ci si era impegnati ad eleggere: Romano Prodi. Quello è il mandato che mi hanno dato tanti elettori dei partiti della coalizione e, insieme a loro, tantissimi elettori senza partito che vedevano nell'Ulivo un impegno di serietà e di coerenza per trasformare la società italiana.
Oggi ci troviamo a dare la fiducia ad un altro Presidente del Consiglio e di fatto ad una coalizione diversa da quella uscita dalle urne e non vi è stata alcuna consultazione popolare. Non possiamo, proprio non possiamo, fare finta che così non sia. Nessuno può certo ignorare le ragioni che hanno portato ad una situazione così anomala né tanto meno le ragioni che consigliano di dare a questo paese un Governo per la finanziaria e per una legge elettorale in linea con il referendum proposto da Di Pietro, Segni e numerosi altri. Ma nessuno può allo stesso modo ignorare che si tratta di una situazione in contraddizione con lo spirito bipolare che il paese ha ormai fatto proprio.
Abbiamo una grande stima dell'onorevole D'Alema e crediamo che egli si impegnerà per determinare i risultati che il paese richiede, ma non possiamo che rilevare che non è stato un buon inizio. I metodi di formazione del Governo ed il ricordo di vecchi manuali, le pregiudiziali politiche espresse, lo squilibrio forte nei confronti di chi arriva dal centro-destra, la presenza ed il ruolo di esponenti della vecchia politica non rendono facile una decisione a chi come noi svolge il suo impegno per trasformare il nostro paese in bipolare e senza nostalgia alcuna per un passato che non deve ritornare.
Come voteranno i deputati dell'Italia dei valori e come voterà martedì il senatore Di Pietro? Ognuno secondo coscienza, ma il voto di ognuno di noi, anche nel caso che fosse positivo, conterrà comunque un pesante disagio. Dai suoi comportamenti, onorevole D'Alema, dipenderà in ogni momento il nostro atteggiamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caveri. Ne ha facoltà.

LUCIANO CAVERI. Signor Presidente, prima di iniziare il mio intervento vorrei chiedere di autorizzare la pubblicazione, in calce al resoconto stenografico della seduta odierna, di alcune considerazioni integrative del collega Brugger.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente.

LUCIANO CAVERI. Signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, signore e


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signori del Governo, esprimo qui il voto favorevole della componente delle minoranze linguistiche.
C'è una frase di Chateaubriand che dice: «Presque toujours en politique le résultat est contraire à la prévision». È vero, e le recenti vicende politiche che hanno portato alla formazione di questo nuovo Governo dimostrano, pur nella continuità, come la politica italiana non finisca mai di sorprendere. E c'è la nascita di questo nuovo Governo che seguiamo con grande interesse; abbiamo ascoltato il programma e devo dire che la parte riguardante le minoranze etniche ed il loro legame con le autonomie speciali è da noi considerato estremamente interessante, così come l'impegno già assunto dal Presidente del Consiglio di dare rapidamente il via alle norme di attuazione già pronte e a quelle che restano da definire.
Valuteremo il Governo sui fatti concreti. Qualcuno di tanto in tanto ci dice che il nostro è un atteggiamento da do ut des: è la realtà della nostra rappresentanza quella di risolvere i problemi concreti delle nostre comunità.
Le riforme costituzionali: anche di questo ha fatto cenno con una battuta rassicurante lo stesso Presidente D'Alema rispetto al ruolo delle autonomie speciali. Come deputato della Valle d'Aosta (e credo di interpretare il pensiero dei colleghi sudtirolesi e trentini) mi capita spesso di rispondere all'accusa di essere ricchi e privilegiati proprio in conseguenza dell'autonomia speciale. Ebbene, sia chiaro che quel piccolo grado di autogoverno politico e finanziario che ci siamo conquistati è il minimo dovuto alle nostre comunità ed è il punto di partenza verso il federalismo che resta l'unico mezzo per dare piena dignità alle istanze politiche e istituzionali di piccoli popoli, come quello valdostano che ho l'onore di rappresentare.
Appoggeremo, sia pure dall'esterno, questa maggioranza e questo Governo e per far questo, oltre al nostro impegno di parlamentari, porteremo una serie di valori derivanti dal nostro particolarismo linguistico e culturale, dalle aspirazioni federaliste, dall'appartenenza al mondo della civilisation des Alpes e da quell'essere cittadini europei senza confini. Buon lavoro a lei e al suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo misto-minoranze linguistiche)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boselli. Ne ha facoltà.

ENRICO BOSELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, i deputati socialisti democratici hanno buoni motivi per dare la fiducia al Governo da lei presieduto. Innanzitutto lo sosteniamo per assicurare stabilità politica al paese alla vigilia dell'entrata nell'euro e in una situazione nella quale si addensano gravi preoccupazioni di ordine economico e finanziario internazionali. La stabilità è una condizione essenziale per affrontare i gravi problemi aperti nel nostro paese che sono, innanzitutto, disoccupazione e Mezzogiorno; l'approvazione entro l'anno della legge finanziaria è dunque indispensabile.
Nella sessione di bilancio insisteremo affinché sia abolita l'IRPEF sulla prima casa; la diminuzione della pressione fiscale, l'avvio di investimenti pubblici e l'incentivazione di quelli privati ed una forte spinta all'innovazione, alla formazione e alla ricerca sono necessari per la ripresa. Abbiamo riserve esplicite sul modo in cui il Governo vuole affrontare la cosiddetta questione della parità scolastica e ci porremo il problema - credo non da soli - della scuola pubblica; altrettanto poco ci convince il modo in cui si vuole affrontare l'altra grande questione, quella della giustizia. Crediamo solo che attraverso una netta distinzione delle carriere tra giudice terzo e pubblico ministero si possa avere un giusto processo. Sulla scuola, sulla giustizia e sulla casa i socialisti si apprestano a sviluppare autonome iniziative sul piano politico e parlamentare.
Vi sono ovviamente altri motivi che ci inducono ad esprimere la nostra fiducia. La maggioranza che si era determinata il


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21 aprile non esiste più e quindi è finito il Governo dell'Ulivo. Non abbiamo mai demonizzato le scelte operate da rifondazione, dall'onorevole Bertinotti, anche se con eguale franchezza ripetiamo che non siamo ancora riusciti a comprenderne fino in fondo le ragioni. È stato quindi necessario costruire una nuova alleanza di centro-sinistra più estesa al centro di quanto fosse quella a sostegno di Prodi. Il Presidente D'Alema ha apertamente riconosciuto questo cambiamento di fase che anche noi avevamo sollecitato e che condividiamo.
Mi consenta, infine, signor Presidente, in questa occasione un riferimento ai rapporti tra democratici di sinistra e socialisti. La comune appartenenza all'Internazionale dovrebbe rendere i rapporti più facili ma ciò non è stato e non è; i socialisti non erano rappresentati nel Governo Prodi ma era - lo abbiamo ripetuto mille volte - una situazione del tutto anomala. Una volta che il Presidente incaricato si è apprestato a formare l'esecutivo abbiamo posto in modo esplicito il problema di una nostra rappresentanza e si è pensato di risolvere tale problema con l'inserimento del Presidente Amato come rappresentante di un'area politica socialista indistinta e composta di personalità e di movimenti e destinata prima o poi a confluire nei democratici di sinistra.
Questo è stato il motivo di contrasto che nulla ha a che vedere con la figura del Presidente Amato che rispettiamo perché, pur non appartenendo egli al nostro partito, con lui abbiamo un significativo rapporto politico e storico.
Un contrasto che poteva condurre i deputati socialisti ad un atteggiamento apertamente critico nei confronti del Governo.
Con queste motivazioni, con questi argomenti e con queste riserve, ci apprestiamo a dare la nostra fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, le sono note le ragioni della forte e convinta opposizione del centro cristiano democratico e del Polo per la libertà. Esse riguardano quel percorso tortuoso che ha portato a formare una nuova maggioranza e a determinare una svolta politica senza che fosse dato agli elettori quel diritto di scelta che fa parte - o almeno dovrebbe -, di una democrazia limpida e rigorosa. È stata inferta una ferita alle nuove regole e ai buoni costumi; e non ci sfugge che il Presidente del Consiglio abbia cercato nel suo intervento di mettere un cerotto su quella ferita.
Noi sentiamo che in questi giorni di capriole e di giravolte, di impegni disattesi, di disinvolti salti della quaglia, si è consumato in parte il tessuto del nostro bipolarismo. Gli elettori hanno votato un Governo e ne vedono insediato un altro. Hanno votato alcuni parlamentari da una parte e li vedono confluire dalla parte opposta. Non vi è bisogno di dire che tutto questo logora e snatura il rapporto tra le istituzioni e la pubblica opinione.
Il nostro voto contrario vuole esprimere appunto una doppia fedeltà: quella che dobbiamo a chi ci ha votato e quella che dobbiamo ad un metodo, ad un costume, direi ad una speranza sulla quale è poggiata l'idea di una Repubblica finalmente liberata dai veleni del trasformismo e restituita in modo più pieno ai suoi concittadini.
Io ho colto, Presidente D'Alema, nelle sue parole di ieri qualche accenno alla possibilità di riaprire una stagione di riforme. Non le sottovaluto, ma non dimentico che in questi giorni la maggioranza, nel suo disfarsi e nel suo riformarsi sotto mentite spoglie, ha seguito il percorso opposto. Apprezzo le parole, ma so che i gesti sono quelli a determinare le cose!
Ed allora le chiedo formalmente, onorevole D'Alema, visto che ha citato Moro, di usare verso l'opposizione la stessa attenzione e lo stesso rispetto di cui in tempi più difficili furono capaci i grandi leader democratici cristiani.


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Le chiedo formalmente - e credo di poterglielo chiedere nella sua doppia veste, ancora non smentita, di Presidente del Consiglio e di leader del principale partito di Governo - in primo luogo un impegno solenne a non promuovere, a non favorire quei ribaltoni nelle giunte regionali che sembrano allestire qua e là un tristissimo carro del vincitore sul quale pezzi di ceto politico, disancorati dal loro mandato elettorale, sarebbero ansiosissimi di prendere posto.
Gli chiedo e gli chiediamo di non forzare le regole del gioco a vantaggio di una maggioranza che si è appena costruita in quest'aula, nel nome della paura esplicita e confessata che le elezioni potessero far emergere una guida diversa.
Le chiedo e le chiediamo di non immaginare che le riforme possano essere chiuse nel perimetro del suo schieramento e delle sue convenienze.
Le chiedo e le chiediamo di rispettare un galateo politico bipolare, che è appena stato violato, ma che resta il pegno che assieme, noi e voi, abbiamo offerto al paese in nome di una democrazia finalmente compiuta.
È stato detto che questo Governo chiude in Italia l'epoca della guerra fredda. Mi permetto di dissentire: la guerra fredda è finita qualche anno fa con la caduta del muro di Berlino e l'ammainarsi della bandiera comunista; e forse in Italia era finita anche prima, con la grande vittoria democratica della DC e dei suoi alleati.
Non credo proprio che la competizione bipolare di questi anni, anche nella sua asprezza, possa essere considerata un artificioso prolungamento di quella guerra. Il punto semmai è che ci riesce difficile dare un contenuto alla pace politica; evitare cioè di scambiare la pace con l'eclissi della competizione, del ricambio, dell'alternanza, di tutte quelle procedure che in Europa sono da sempre il sale della democrazia liberale. È questo il rischio che noi corriamo e che il suo Governo fa correre al paese. Se oggi lasciamo cadere la bandiera del bipolarismo attuale, magari nel nome di un bipolarismo futuro e virtuale, noi avremo disposto le condizioni per una democrazia bloccata, per una democrazia malata.
La sua maggioranza, onorevole D'Alema, non è un nuovo arco costituzionale, e non è neppure una novella arca di Noè sulla quale sono state imbarcate tutte le nobili specie della politica italiana. È una maggioranza risicata e contraddittoria. Io, che ho creduto nel bipolarismo, noi democratici cristiani del centro cristiano democratico, facciamo un appello a tutti quei democratici cristiani che sono alternativi alla sinistra, che guardano al percorso oggi di Aznar, ieri di Kohl, che non sono disposti a barattare un grande impegno politico con una comoda rendita di posizione. A quei democratici cristiani che sanno che la politica non è solo una somma di opportunismi e di furbizie io dico: costruiamo assieme un progetto più ampio, una casa comune che sia parte di un polo di opposizione e di libertà. A tutti gli italiani che vogliono voltare pagina io dico che possono contare sulla nostra coerenza (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bertinotti. Ne ha facoltà.

FAUSTO BERTINOTTI. Signori Presidenti, signore e signori deputati, ci è stato richiesto un atteggiamento costruttivo dal Presidente del Consiglio; e noi lo avremo questo atteggiamento costruttivo, ma perché riguarda la nostra idea della politica. Non lo avete avuto voi della maggioranza - verdi esclusi - un atteggiamento rispettoso del dialogo nei confronti dell'opposizione di sinistra, quando avete negato al partito di rifondazione comunista il gruppo parlamentare, contro il regolamento, contro la nostra condizione di partito nazionale radicato nel paese, come dimostrano le migliaia e migliaia di feste di Liberazione, come ha dimostrato in maniera straordinaria la manifestazione, qui a Roma, del 17 ottobre, certo non ripresa in diretta televisiva ma ugualmente


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viva, e straordinariamente viva. Possibile che non interessi anche a voi avere una rappresentazione reale, qui, di questo popolo, di questa parte della sinistra? Possibile che la vendetta contro la nostra autonomia debba arrivare a questo punto?
Noi denunciamo questo atteggiamento e continueremo la nostra lotta, con i democratici che prenderanno la parola contro questo sopruso. Ma questo non altera la nostra politica ed il nostro rapporto con questa maggioranza e con questo Governo.
Sarà, il nostro, un atteggiamento di opposizione costruttiva, di opposizione, per un dissenso programmatico che ci sembra in continuità con quello contro cui ci siamo impegnati per avere una svolta nei confronti del Governo Prodi e per uno schieramento che vede la presenza condizionante dell'UDR del senatore Cossiga. Ma sarà costruttiva, perché ogni miglioramento interessa la nostra gente e ogni battaglia su obiettivi che sono anche nostri, come quello delle 35 ore, è per noi un punto decisivo del nostro intendere la politica. Lavoreremo sulle contraddizioni di questo schieramento per operare uno spostamento a sinistra. Contraddizioni: contraddizione tra la figura del Presidente del Consiglio, leader del più importante partito delle sinistre italiane, e i contenuti moderati del suo programma; contraddizione tra quella figura e lo schieramento in cui pesa in maniera così rilevante il centro-destra.
C'è un paradosso nel Governo D'Alema: la novità riguarda il passato, la sua storia di leader ex comunista e di capo della sinistra democratica, la continuità riguarda invece il presente, il suo discorso qui alla Camera; una continuità del resto rivendicata rispetto a tutti i Governi degli anni novanta, da Amato a Prodi, nei confronti di molti dei quali il partito di rifondazione comunista ha condotto una vivace opposizione, qualche volta fino all'ostruzionismo.
È stato un errore, onorevole Presidente del Consiglio, non avere praticato oggi la svolta necessaria; l'ho sentito anche nel suo discorso, che non casualmente non ha indagato i problemi più drammatici del paese, cosicché le sue perorazioni, che mi sono sembrate di stampo clintoniano, finiranno per non incidere nella realtà, essere acqua sul marmo.
I giovani, con questa politica, continueranno ad essere disoccupati.
La finanziaria resta quella del Governo Prodi, che noi abbiamo denunciato perché non dava risultati sul terreno né dell'occupazione, né della giustizia sociale.
L'accordo programmatico che lei vanta nella maggioranza fa un punto fermo su un patto di stabilità e su una concertazione che sono stati la prigione di politiche realmente riformatrici.
Il suo discorso qui alla Camera ha avuto l'ambizione di delineare un nuovo rapporto tra Stato, mercato e società, ma io lo leggo come una compressione del pubblico.
Il discorso sulla parità della scuola privata dà a quest'ultima uno statuto come non era mai stato concepito.
La privatizzazione dei servizi municipalizzati determinerà un aumento dei costi ed ancora un abbassamento della qualità della vita, specie nelle periferie urbane. Continueremo a pagare i ticket come prima, ad avere il costo dei libri di testo come prima e, in più, avremo il finanziamento alla scuola pubblica privata.
Vede, Presidente del Consiglio, come è chiara la nostra opposizione? È proprio quel programma moderato che ha tirato la volata alla rentrée dell'UDR e oggi è il prezzo che viene pagato alla piccola, grande coalizione di centro-destra più un pezzo del centro-sinistra, anzi del centro-sinistra più un pezzo del centro-destra; in ogni caso un'alleanza di centro-destra e di centro-sinistra che noi non possiamo capire; e fatichiamo a vedere i compagni con i quali abbiamo combattuto insieme questa battaglia, accettare alcuni di questi contenuti. Ma del resto, quando ci si abbandona e quando si abbandona un'autonomia critica, allora si può passare nel giro di pochi giorni dal «no» a sommare i propri voti con Cossiga, indicato come


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l'uomo della Gladio, a stare seduti accanto, ministro a ministro, nello stesso Governo.
Si poteva evitare questo esito? Sì. C'è una accusa a noi che appare ridicola e rivela soltanto la coda di paglia di un atteggiamento di contraddizione tra il detto e il fatto: non era un esito obbligato. C'erano due altre vie possibili. La prima, quella lineare: dopo la crisi la riapertura di un discorso a sinistra, il ritiro della finanziaria; noi l'abbiamo chiesto. Non volevate il ritiro? Potevate indicare voi un altro terreno di modifica della finanziaria, riaprire un dialogo a sinistra e chiudere nei confronti dell'UDR di Cossiga.
Non andava bene questa soluzione, non era praticabile? Si poteva costruire una soluzione di Governo - certo non da parte nostra, ma da chi sosteneva la finanziaria - di decantazione, arrivare all'elezione del Capo dello Stato e poi, superato l'ostacolo che ci vedeva divisi, riaprire un discorso fra il centro-sinistra e rifondazione comunista. Avete avuto una precipitazione che francamente risulta incomprensibile.

ALFREDO BIONDI. Premeditazione!

FAUSTO BERTINOTTI. Avete prodotto una rottura a sinistra.
Il partito della rifondazione comunista, tuttavia, ripropone la questione della svolta, del programma e del Governo, dei contenuti e degli schieramenti. Faremo un'opposizione di sinistra; faremo un'opposizione costruttiva; faremo un'opposizione per l'alternativa. Penso che i processi che sono aperti in Europa potranno avere un'influenza positiva anche in Italia e noi lavoreremo per questo (Applausi dei deputati del gruppo misto-rifondazione comunista-progressisti e del deputato Biondi).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bertinotti.
Onorevole Bertinotti, siccome lei ha posto, come aveva già fatto il collega Giordano, la questione relativa al diritto dei deputati di rifondazione comunista di costituirsi in gruppo, rimando a quello che ho già detto all'onorevole Giordano in ordine alla legittimità della decisione dell'Ufficio di Presidenza (Commenti del deputato Boghetta).
Non essere d'accordo è legittimo. Ci mancherebbe altro.

ALFREDO BIONDI. Le ordinanze sono revocabili!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paissan. Ne ha facoltà.

MAURO PAISSAN. Signor Presidente del Consiglio, signore e signori del Governo e della Camera dei deputati, il forte, convinto applauso che ieri è stato riservato in quest'aula a Romano Prodi mi è parso ben più di un omaggio ad un leader politico che tanta parte ha avuto nella vittoria elettorale del centro-sinistra nel 1996 e nell'esperienza di Governo che ne è seguita.
Vi era in quell'applauso di ieri mattina anche la consapevolezza di avere per due anni e mezzo governato bene il paese. I risultati non sono certo mancati, anche se ognuno di noi, come nel bilancio di ogni esperienza umana, può legittimamente pensare che si sarebbe potuto fare di più e di meglio su questo o su quell'aspetto, ma il saldo - e lo diciamo con orgoglio - è con un grande segno più.
Ora si apre una fase nuova, decisamente nuova. Non voglio qui tornare - lo sentirei come un esercizio del tutto stucchevole - sulle responsabilità della rottura della maggioranza del 21 aprile. Ne abbiamo già ampiamente discusso nel dibattito che ha portato infaustamente alla sfiducia al Governo Prodi. Fase nuova, dunque, quella che sta per aprirsi con il Governo presieduto da Massimo D'Alema. Una fase più delicata, una fase più difficile, una fase politicamente meno nitida nel suo avvio. Lo stesso Presidente del Consiglio ha parlato di «soluzione con un tratto di eccezionalità». Non è infatti la coalizione del 21 aprile, ma non c'è dubbio che si tratti di una legittima maggioranza parlamentare. E bene ha


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fatto oggi il Capo dello Stato a definire analfabeti coloro che blaterano di illegittimità costituzionale. Altra cosa è proporre riforme costituzionali, istituzionali ed elettorali che evitino i problemi che ci siamo trovati di fronte anche in questo passaggio politico. Le regole vanno semmai cambiate, ma non ci si inventa regole di comodo. Noi siamo comunque d'accordo a riprendere il cammino delle riforme, anche per affrontare e superare questi problemi.
C'è stato in questo dibattito, signor Presidente, un insistito richiamo al rapporto fra le due culture prevalenti nella nostra storia del dopoguerra: quella comunista e quella democristiana. Si è citato Moro, ci si è rifatti alla politica degli anni settanta; richiami taluni a proposito, altri a sproposito. A noi verdi interessa fare al riguardo una notazione politica netta che va nel senso delle parole pronunciate poco fa dal Presidente D'Alema. Noi non ci riconosceremo mai - sottolineo «mai» - in una coalizione che esaurisse la sua identità nell'incontro esclusivo o dominante dei due filoni che rappresentano l'evoluzione di quel che fu il partito comunista italiano e di quella che fu la democrazia cristiana. C'è una realtà politica e culturale, di cui i verdi sono una delle espressioni, che è irriducibile ad una sorta di bipolarismo interno alla nuova maggioranza. Questo lo si deve sapere e lo si dovrà anche ricordare nell'esperienza di Governo.
Sottolineiamo questo aspetto perché anche su tale terreno si tratta di essere realmente europei. I verdi, proprio in quanto tali, sono ormai al Governo di numerosi paesi dell'Unione; ovunque, in tutti i paesi, nel campo progressista e di sinistra, ma con la loro autonomia ed originalità. E non ci è sfuggita, Presidente D'Alema, l'attenzione con cui lei in questi giorni, ed anche poco fa, ha parlato dei verdi e degli ambientalisti, cioè di tutti coloro che si battono per rapporti più civili tra gli uomini, con la natura ed anche con gli animali. Speriamo che questa tensione diventi la sigla del Governo e della coalizione.
Abbiamo apprezzato il discorso programmatico del Presidente D'Alema. Lo ha già detto stamani il collega Lino De Benetti che ha parlato a nome dei verdi ed il suo intervento mi consente di limitarmi ad alcune sottolineature. Le parole del Presidente del Consiglio sul tema ambientale sono state nette. Gliene diamo volentieri atto. Ma dire come lei ha detto, Presidente D'Alema, che la difesa del suolo è «la più grande opera pubblica nazionale» significa da subito coinvolgere l'intero Governo nell'attuazione di tale priorità. Ci aspettiamo, ad esempio, dal ministro del lavoro una particolare attenzione su questo fronte, perché anche da qui passa la strada per fare del lavoro il nuovo parametro di riferimento della politica economica del paese. Lavoro e ambiente, lavoro dall'ambiente. Da una forza ecopacifista non può non venire una parola sul tema della difesa della pace, un tema negletto in questo dibattito: in queste settimane, sta per muovere i suoi primi passi la nuova legge sull'obiezione di coscienza; la competenza, Presidente D'Alema, sta alla Presidenza del Consiglio e dunque spetterà a lei dare una risposta positiva ai molti giovani che intendono essere utili alla patria e alla società con un servizio non militare. Diciamo anche subito che ci opporremo ai progetti di trasformare le nostre Forze armate in corpi esclusivamente professionali.
Da questo Governo noi verdi ci aspettiamo molto, anzi chiederemo a questo Governo più di quanto eravamo soliti esigere da quello precedente, perché l'efficacia e la positività della sua azione deve in qualche modo superare e cancellare la natura contraddittoria della sua nascita. L'augurio dei verdi va a lei, Presidente D'Alema, va a tutto il Governo e, ci sia consentito, un augurio più esigente va anche al nuovo ministro per le pari opportunità e al ministro dell'ambiente. I deputati verdi faranno tutto il possibile perché questo Governo contribuisca a rendere il nostro paese più giusto, più vivibile, più bello, più ospitale, perché tale appaia, signor Presidente, onorevoli colleghi, anche ai giovani e a tutti coloro -


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non sono pochi - che si sentono esclusi o ai margini. (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossutta. Ne ha facoltà.

ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente, colleghi, questo Governo, credo, può aprire una fase avanzata della politica italiana, non ve n'è certezza ma può: gli impegni programmatici assunti ne sono una condizione ed una premessa. Ho colto peraltro nelle dichiarazioni del Presidente D'Alema un respiro politico ampio, un'ispirazione ideale di forte significato, che può imprimere alla sua azione un reale indirizzo innovatore: non ve n'è certezza, non ne ho certezza, ma può; può in concreto avvicinare il nostro paese al moto in atto negli altri principali paesi europei che stanno cercando di determinare un indirizzo nuovo della loro politica.
L'Europa tende ad incamminarsi sulla via del cambiamento; dopo avere sperimentato e pagato amaramente le conseguenze del liberismo sfrenato, essa tenta di elaborare ed attuare programmi economici e sociali diversi, volti a ridefinire le priorità necessarie, a garantire modelli di sviluppo e pratiche di vita più corrispondenti alle esigenze del secolo che sta per nascere. Tornano ad affacciarsi e a farsi ascoltare valori che avevano segnato la dinamica storica di questo secolo, caratterizzata dalla spinta per fondamentali conquiste civili, culturali, sociali da parte del grande, vasto mondo del lavoro: i valori di solidarietà e di giustizia che parevano e paiono per sempre abbandonati. Al centro dell'impegno di intere nazioni tornano le questioni sacrosante del lavoro, delle condizioni di vita delle masse popolari, dell'istruzione, della difesa della salute, dei servizi sociali. L'Europa può cambiare volto: non ve n'è certezza, ripeto, non ne ho certezza, ma può offrirsi al nostro sguardo un orizzonte più aperto, può configurarsi una prospettiva più sicura.
Tutto questo, comunque, era ed è nei nostri intenti: noi comunisti italiani abbiamo agito con lucida e sofferta consapevolezza per contribuire a tenere vivi quegli intenti, quelle aspirazioni. Per questo era indispensabile contribuire ad impedire il naufragio dell'opera di Romano Prodi e del suo Governo, dal quale pur ci differenziavano motivi non secondari di critica e di disagio.
Abbiamo per questo osato disubbidire a regole consolidate di disciplina, per ascoltare la voce imperiosa del dovere morale e quindi del dovere politico superiore verso gli interessi delle masse popolari che abbiamo l'orgoglio e la responsabilità di rappresentare. Abbiamo sentito, patito il morso amaro della separazione dentro il nostro corpo stesso, nelle nostre stesse membra. L'abbiamo fatto per evitare la fine inappellabile di una speranza.
In effetti, non abbiamo potuto, sia pure per un solo voto di scarto, impedire la sconfitta di Prodi. Non abbiamo potuto impedirlo nel momento in cui il disegno irrazionalmente velleitario di una parte dei nostri compagni ha finito per sposarsi e per confondersi con quello lucidamente distruttivo delle destre.
Ma, se non abbiamo impedito la sconfitta, abbiamo però evitato il naufragio. Mi sento di poter sostenere che senza la nostra determinazione avremmo visto disperdere persino le ceneri medesime, ormai, di quell'esperienza e forse per sempre. Invece, il nostro atto di coraggio ha consentito di bloccare la deriva quale si sarebbe avuta con lo scioglimento delle Camere in piena frattura a sinistra, oppure con un'asfittica soluzione ipocritamente definita come tecnica, ma sostanzialmente dominata dai poteri forti e, in quel caso, più forti che mai.
Il coraggio delle scelte politiche costruttive è proprio di chi ha la fiducia nella forza delle proprie ragioni e nel proprio futuro. Demolire senza valutarne e soppesarne prima le conseguenze non è atto coraggioso ma atto temerario.
È vero, assolutamente vero che dalla crisi del Governo Prodi poteva venire travolta ogni possibilità di recupero e di


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progresso. Come non capirlo! Di qui, invece, il giubilo scomposto delle destre all'annuncio di quel voto che sfiduciava Prodi. Ma in quella sconfitta per un solo voto di scarto c'è stata, c'era e c'è la potenzialità della ripresa, grazie appunto alla nostra presenza, grazie alla nostra scelta, per il valore dinamico della nostra decisione di non volere soccombere, di reagire, di rappresentare così un volto ed un riferimento a sinistra di coerenza, di fiducia, di responsabilità, di esprimere una realtà viva ben diversa da quella distruttiva di Fausto Bertinotti.
Ora si può ricominciare. Non ne ho certezza, non ve ne è certezza, ma si può. Mi ha colpito del Presidente del Consiglio quel messaggio di sfida che egli ha voluto indicare con il suo programma, sfida contro le difficoltà oggettive che sono grandi e sfida contro le opposizioni di ogni tipo che sono forti.
D'Alema sa, io credo, che l'Ulivo è oggettivamente in crisi, sa che sta nascendo una nuova configurazione politica, sa che il centro politico e soprattutto quello cattolico - un centro variegato nelle analisi e nei propositi e in questa fase differenziato nelle collocazioni parlamentari - tende a ricompattarsi. È cosa che, per la verità, sappiamo tutti, che è sotto gli occhi di tutti; è cosa in atto non da oggi, secondo un processo di riaggregazione ormai avanzata. La crisi del Governo Prodi ha fatto da acceleratore, da catalizzatore di tale processo politico. No, non è la democrazia cristiana che ritorna ma il centro, quello di oggi diverso da quello di ieri che si sta riplasmando. La presenza dei seguaci di Francesco Cossiga resa inevitabile dall'opposizione dei compagni di rifondazione comunista, ieri contro Prodi oggi contro D'Alema, tale presenza è parte di quel processo.
L'intesa anche con loro è stata necessaria, purtroppo, per permettere la nascita stessa del Governo, ma in questa intesa chiaramente contraddittoria è presente la sfida di cui parlavo, evidente nella dialettica delle posizioni diverse, delle differenze, delle divergenze.
Centro e sinistra possono governare insieme; devono farlo. Non solo perché non esistono condizioni numeriche di altro tipo per un Governo, ma anche perché le condizioni politiche per un confronto serrato fra sinistra e centro non sono ancora mature. E tuttavia il confronto si avvia a manifestarsi, a svilupparsi. Chi ha più filo tesserà più tela, ha ribadito D'Alema; sissignori, questa è la vera posta in gioco.
Ecco perché, compagno Bertinotti, la strada da percorrere non è la contrapposizione a sinistra, ma è il ritrovarsi a sinistra; non la lacerazione del rapporto a sinistra, ma il ricompattarsi anche a sinistra, il ricompattarsi delle sinistre nella reciproca distinzione.
Quello della omologazione e della subalternità è un pericolo reale e permanente per le forze di sinistra, per quelle forze che vogliono essere e restare autenticamente a sinistra. Ma il pericolo dell'isolamento e della chiusura a sinistra è oggi assai maggiore. Il pericolo è quello di restare confinati entro un ghetto, nobile finché si vuole, ma ghetto; come in una riadattata riserva indiana: autosufficiente, autoreferenziale, ma nello stesso tempo impotente. Anche quando si è sostenuti da masse consistenti e combattive, anzi proprio quando si riesce ad avere ascolto fra settori ampi di lavoratori, di giovani, di disoccupati è indispensabile collegare questi settori al mondo vasto del popolo, pena l'inefficacia ed alla fine la dispersione di tante forze reali.
La grande, storica competizione del 2000 si inizia qui oggi, con questo Governo. È un Governo che può avviare il percorso per la sfida delle forze democratiche contro le destre e, contemporaneamente, per la sfida entro le forze democratiche stesse. Viene alla luce, può e deve venire alla luce un disegno che veda le sinistre (non un'unica sinistra, ma più sinistre unite) in condizioni di competere nella sfida del tempo attuale e futuro, e di vincerla. La Presidenza di D'Alema può avere questo segno; la presenza autorevole dei comunisti nel Governo ha questo segno.


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Saremo leali, onorevole Presidente, saremo leali così come abbiamo già dimostrato di saper essere anche con atti supremi. Saremo leali, ma non saremo succubi: non saremo succubi a nessuno ed a nulla. Ci battiamo ora e qui per il lavoro, e non potremo transigere neanche per un millimetro sull'impegno di attuare la legge delle 35 ore e la legge per la rappresentanza sindacale, per gli investimenti, per l'occupazione e per la rinascita del Mezzogiorno, con l'assunzione di centinaia di migliaia di disoccupati, agendo dentro i confini della legge finanziaria ed oltre questi confini.
Ci batteremo per il diritto allo studio. Sappiamo che sulla scuola questo Governo avrà difficoltà serie, sulla scuola pubblica, concretamente concepita secondo il dettato costituzionale. La cittadinanza moderna non può fondarsi su modelli separati di inclusione di parti di società, di parti di cultura; la cittadinanza moderna include senza dividere, separare, discriminare. La difesa delle scuole private, confessionali, o di quelle con facoltà di accesso solo per le future classi dirigenti va contro la modernità: è reazione antica, segno di regressione culturale e di difesa di interessi corporativi di classe. La difesa della scuola pubblica oggi è fondativa di uno stato sociale universalistico, con uguali diritti per tutti. Su questo punto, amici del Governo, non c'è da transigere.
La modernizzazione ha portato e porta con sé fenomeni crescenti di diseguaglianze, povertà, esclusione e nuove forme di dipendenza, di oppressione. Gli interessi dei mercati hanno aperto frontiere inimmaginabili di moderno colonialismo, di saccheggio, persino del patrimonio biologico, delle risorse naturali, dei paesi in via di sviluppo. Scenari complessi, profonde trasformazioni, che riguardano paesi poveri ma anche paesi ricchi (l'Europa, le società industrialmente avanzate). Serve allora un progetto forte, riformatore, di cambiamento; serve innanzitutto capire in che direzione si sceglie di andare; serve una cultura politica che sappia leggere, analizzare, interpretare, giudicare le trasformazioni moderne; serve una cultura critica di riferimento. Per questo, anche per questo, grande è la responsabilità che sentiamo noi comunisti italiani in questa impresa.
Daremo dunque un voto di fiducia a questo Governo: un voto consapevole e determinato. Vogliamo contribuire, anche in questo modo, a rinnovare la nostra società verso nuovi traguardi e verso nuove forti conquiste per tutto il nostro popolo (Applausi dei deputati dei gruppi comunista, dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bastianoni. Ne ha facoltà.

STEFANO BASTIANONI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, ieri il Presidente del Consiglio, al termine del suo intervento ha detto: «Noi proveremo ad essere all'altezza del compito che ci siamo assunti». È un compito difficile, un compito che è davanti a tutti noi, quello di prendere il testimone dalle mani del Governo Prodi e di condurlo con responsabilità oltre le sfide che ci stanno di fronte.
C'è, innanzitutto, una priorità che noi condividiamo: quella di approvare la legge finanziaria, non solo e non tanto per evitare l'esercizio provvisorio, ma per mantenere l'impegno con gli italiani che si attendono che essa possa sortire effetti positivi e virtuosi nei settori che regolamenta.
Vi sono interventi che riguardano la tassazione e che prevedono la restituzione del 60 per cento dell'eurotassa; vi sono incentivi all'occupazione; vi sono interventi a favore delle classi sociali più deboli. È ai giovani che cercano occupazione e agli anziani con pensioni sociali al minimo che questo Governo...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di consentire all'onorevole Bastianoni di svolgere il suo intervento.
Prego, onorevole Bastianoni.


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STEFANO BASTIANONI. ...dovrà riferirsi nella sua azione. Quindi l'approvazione della legge finanziaria costituisce una priorità importante e decisiva.
L'altra grande priorità è rappresentata dal lavoro. Sappiamo che per creare nuova occupazione occorre creare nuova impresa, perche essa è il motore dell'economia. Bisogna favorire la nuova ricchezza, se la si vuole redistribuire. È dunque necessario che questo Governo affronti in maniera decisa l'obiettivo di defiscalizzare il costo del lavoro che è troppo alto per un sistema integrato: la nostra competitività si dovrà misurare con quella degli altri paesi senza poter usufruire del vantaggio del differenziale di cambio. Oggi il costo del lavoro è troppo alto, ma ai lavoratori resta un salario quasi insignificante.
Un altro aspetto importante è quello degli incentivi alle piccole imprese, quelle che offrono occupazione. Occorrono azioni mirate alla deburocratizzazione e allo snellimento amministrativo: mi riferisco alla creazione dello sportello unico per le imprese. Oggi troppe giornate di lavoro vengono impiegate per far fronte ad oneri impropri: talora sono necessarie lunghe code da uno sportello all'altro e da un ufficio all'altro. È ora di predisporre una regolamentazione, anche in via amministrativa se non legislativa, perché il tempo è prezioso per le imprese che devono impiegarlo per la creazione della ricchezza e del lavoro.
Desidero segnalare poi l'esigenza di riconoscere un ruolo - il Presidente del Consiglio lo ha fatto - all'associazionismo e al volontariato cattolico e laico, al non profit, a questo mondo di milioni di persone che in maniera solidale, senza utilizzare le leggi del mercato, offrono servizi con competenza, professionalità ed umanità, che devono essere riconosciute e promosse dall'azione del Governo e del Parlamento. C'è poi il grande tema della scuola. La scuola pubblica è statale e non statale; direi che questa è la definizione più appropriata rispetto a quella di scuola pubblica e scuola privata. Anche la scuola non statale, di ispirazione cattolica, deve avere diritto di cittadinanza in questo paese. Noi crediamo che il disegno di legge che è stato presentato possa rappresentare una base di partenza utile per un confronto serio da fare in Parlamento perché è tempo di prendere decisioni su queste materie che non possono più essere rinviate e per dare garanzie alle famiglie, agli studenti che aspettano di poter scegliere il modello educativo e culturale di riferimento.
C'è il tema dell'Europa e dei rapporti internazionali. Il nostro paese non può rischiare di essere marginalizzato, ecco perché questa crisi di Governo era infausta sotto tutti i punti di vista, perché non poteva interrompere un processo di avvicinamento, direi di ingresso, alla pari degli altri partner europei, per mantenere quegli impegni che il Governo Prodi aveva raggiunto e che oggi devono essere mantenuti e aggiornati.
L'Europa è quindi per noi, per il nostro paese, una grande occasione perché a quel livello verranno concertate le politiche dell'occupazione, della sicurezza, dello sviluppo, perché è in una dimensione europea che devono essere affrontati i grandi nodi di un popolo che si riconosce in questo progetto culturale. Quindi uno sforzo comune, di tutti, dei gruppi della maggioranza che insieme al Governo chiederanno e verificheranno nei vari passaggi della vita di questo Governo i momenti in cui adeguare, correggere la rotta se ciò è necessario, perché il programma che è stato redatto può essere integrato, rivisto ma soprattutto deve essere rispettato.
Credo anche, così come è stato richiesto, che le forze dell'opposizione non mancheranno per senso di responsabilità di offrire un contributo che a loro compete, che a loro spetta e sono convinto che gli italiani sapranno valutare bene anche questo tipo di apporto.
Signor Presidente, nel momento in cui si accinge ad ottenere la fiducia di questo Parlamento, in questo momento, il gruppo di rinnovamento italiano accorda la fiducia in maniera convinta perché la soluzione data a questo esecutivo era la


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migliore possibile; è una sistemazione della crisi per una situazione di efficacia, di stabilità e di governabilità. Per queste ragioni quindi confermiamo il nostro voto favorevole al Governo (Applausi dei deputati del gruppo di rinnovamento italiano).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mastella. Ne ha facoltà.

MARIO CLEMENTE MASTELLA. Termina con oggi, signor Presidente, questa mia straordinaria esperienza di collaborazione al suo fianco.
Sedere là, sullo scranno più alto, svolgere seppure in modo vicario, le sue stesse funzioni, dirigere i lavori dell'Assemblea, rappresentarne la titolarità istituzionale sono cose di cui serberò commossa memoria e grato ricordo.
Per tutto ciò ringrazio particolarmente lei, Presidente Violante, anzi, mi consenta, ottimo Presidente ed amico. Ringrazio al tempo stesso tutti i colleghi di ogni parte politica verso i quali spero di avere usato sempre garbo ed imparzialità. Torno ora, per così dire, nei ranghi, a guidare un partito - l'UDR - nato dalla felice intuizione del Presidente Francesco Cossiga (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDR - Commenti dei deputati del gruppo di forza Italia).
In questo ruolo e da subito, operando per incanto una mia velocissima trasfigurazione e recuperando l'immediatezza del senso politico, propongo come nuovo rappresentante alla carica di Vicepresidente della Camera un esponente dell'opposizione, anzi mi auguro di quella parte dell'opposizione che ha avuto a volte indecisioni e perplessità verso le istituzioni nazionali ma che oggi pare voglia - me lo auguro molto nell'interesse del paese e in questo abbiamo il dovere di agevolarla - rientrare nel gioco democratico. Utilizzando pertanto questo luogo parlamentare come elemento di unità, pur nella distensione ma nell'accettazione sacrale di diritti e di doveri.

VALENTINA APREA. Oggi prendiamo lezioni di democrazia...! C'è un limite a tutto!

MARIO CLEMENTE MASTELLA. Non è senza emozione, pari a quella provata da lei ieri, onorevole D'Alema, che, all'indomani di un traguardo che è sotto gli occhi di tutti - forse ancora, per la verità, non pienamente compreso dalla gente -, mi rivolgo a lei a nome dell'UDR, elemento significativo di questo storico Governo di nuovo centro-sinistra. Ma è un'emozione che sopraggiunge inevitabilmente dopo l'impegno e la responsabilità che hanno accompagnato le fasi certamente difficili per il battesimo di questa operazione. Ad essa l'UDR non ha contribuito da sola, ma può, a giusto merito, rivendicare un'intuizione storica e culturale, quella, cioè, di sancire anche politicamente la fine della guerra fredda. E questo grazie alla nascita del Governo D'Alema che, come lei ha ricordato, signor Presidente del Consiglio, ha nella tradizione di sinistra la sua guida autorevole ma bilanciata - fortemente bilanciata - da un centro finalmente riconoscibile.
Un Governo che non viene alla luce perché l'abbiamo voluto ma, di certo, senza l'UDR, senza il suo ruolo di stimolo e di coinvolgimento sui partiti fratelli, di matrice popolare europea - da rinnovamento italiano al partito popolare - non avrebbe potuto nemmeno esser pensato, con i rischi che fino a pochi giorni or sono sembravano inevitabili e che consistevano nella volontà di portare il paese al voto («al voto, al voto!»), incuranti delle disastrose conseguenze di un'Italia in mezzo al guado, di un'Europa monetaria e delle minacce di una escalation militare nel Kosovo.
Non ci servivano e non ci servono vie d'uscite transitorie e contorte, Governi tampone in grado, forse, di varare la finanziaria ma che inevitabilmente avrebbero riproposto, tra qualche mese, i nodi irrisolti di una transizione incompiuta. Si sarebbe trattato, cioè, di una transizione a metà tra «il già» e «il non ancora» della politica, che avrebbe fatto comodo e resi


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felici gli adoratori interessati di un bipolarismo fragile, ideologico e messianico, il cui tramonto, per fortuna, con le nostre iniziative e con i nostri gesti politici abbiamo forse finalmente decretato.
Ci siamo mossi in questa crisi partendo dal massimo di apertura alle opposizioni con la proposta delle larghe intese, costituzionalmente ineccepibile e forse politicamente più consona ad un percorso senza strappi.
Con senso di responsabilità e con prudenza abbiamo fatto ricorso al cambio di passo che ha favorito un Governo di centro-sinistra europeo, ma solo quando tutte le altre strade praticabili sono state o ci sono apparse sbarrate per miopia o, magari, per un errato calcolo o semplicemente per la irriducibile - ahimè - volontà del «tanto peggio tanto meglio» da parte dell'opposizione che, chi guida, tiene a volte, assai spesso, purtroppo ingabbiata alla propria esclusiva volontà (c'è un di più di personale e troppo poco di politico) fino ad ibernare quella grande quota di volontà popolare che avrebbe il diritto a svolgere un ruolo attivo nelle diverse fasi della vita democratico-parlamentare e che viene mortificata, invece, a suon di sondaggi che, secondo una certa sottocultura mediatica, si dovrebbero elevare a indicazione politica permanente.
Un'enfasi inutile e sterile soffocata da slogan che convincono - ahimè - solo chi è disarmato di fronte all'assordante martellamento di troppi - sottolineo «troppi» - e quasi mai pluralisti organi di video comunicazione (Commenti di deputati del gruppo di alleanza nazionale). Basta con il complesso di Nerone, basta, cioè, con l'idea che ciò che brucia è colpa degli altri, mettendo invece legna quotidianamente laddove il fuoco è già alto.

PIETRO ARMANI. Ma piantala!

MARIO CLEMENTE MASTELLA. Tutti hanno compreso in quale delicata situazione, nei confronti di un naturale mondo di riferimento e, soprattutto, per chi crede ed è cattolico come noi (Commenti del deputato Storace), rispetto alle preoccupazioni comprensibili di una parte del mondo cattolico, l'UDR abbia deciso di muovere questi passi, consapevole non solo che lo snodo bipolare europeo può e deve essere la bussola del passaggio alla democrazia compiuta anche nel nostro paese, ma insieme con la certezza che in concreto una simile evoluzione non potrà compiersi senza una definitiva chiusura dei conti con il passato; con un passato di ferite e contrapposizioni, di veti e parole d'ordine che hanno finito per mantenere la politica ancora invasa dal clima di pregiudiziali ideologiche, in uno stato di arretramento rispetto allo scenario europeo. A blocchi reali, infatti, di natura e riconoscibile competitività, si sono sostituiti schemi, alleanze, poli di comodo capaci di inventare fittizi quanto evanescenti cartelli elettorali che invece, come ha dimostrato l'esperienza politica, prima nel 1994, poi nel 1996, andrebbero definitivamente archiviati.
La politica, colleghi della destra, non si fa con le reazioni scomposte ed intollerabili; non si costruisce sulle minacce e sull'effigie di tanti di noi sulle piazze di Roma, tanto più clamorose quanto velleitarie e destinate a spegnersi per la loro inconsistenza. Sappiate, per chi grida al tradimento, che non c'è mai tradimento di linea, mai snaturamento di fisionomia politica quando si coltiva, come tanti di noi hanno coltivato, un'idea, un progetto, quello del nuovo centro che abbiamo sempre sognato, inseguito, sperato che si realizzasse.
Grazie anche all'UDR la nuova maggioranza si è liberata dal condizionamento dell'estrema sinistra rappresentata dall'onorevole Bertinotti, favorendo invece un riassorbimento della componente cossuttiana. Stia tranquillo, onorevole Cossutta: terremo fede, in questa inedita coalizione, ai nostri principi, rispettosi dei suoi, ma non avrà mai da parte nostra tardoimitatori moderati dell'onorevole Bertinotti. Grazie a noi, soprattutto all'UDR, c'è oggi nel paesaggio politico italiano un oggettivo - amici del centro - rafforzamento di quest'ultimo.


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Il ruolo che nel nuovo esecutivo e nella nuova maggioranza hanno gli amici del PPI e di rinnovamento italiano contribuisce a dare pari dignità politica al Governo D'Alema, il cui orizzonte politico-culturale assume un respiro di legislatura. Questa non è soltanto la nostra convinzione, ma la necessità che dietro l'atto di coraggio che ha accompagnato una scelta carica di responsabilità ma non priva di grandi suggestioni si favorisca, in questo scorcio di legislatura, l'ingresso dell'Italia finalmente tra le grandi democrazie europee.
Se oggi siamo qui, se oggi sono qui, a sostenere questa linea di appoggio al Governo nuovo, nel ruolo che mi onora di segretario politico di questa piccola forza che dall'opposizione si è mossa con coraggio per favorire il tragitto comune e temporalmente definito, molto dobbiamo all'intuizione, alla determinazione, all'audacia intellettuale e profetica di Francesco Cossiga (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). Ma che ne direste se ognuno di noi facesse quello che fate voi ora quando parlerà Fini? È democrazia questa? (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDR - Proteste dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

FRANCESCO STORACE. Perché noi non ci dobbiamo vergognare. Tu ti devi vergognare!

MARIO CLEMENTE MASTELLA. Un impegno sul quale Francesco Cossiga ha voluto mettere in gioco in questa scommessa per il paese la sua storia personale e politica e dunque la sua stessa persona. Di lui non vogliamo dire nulla, salvo ricordare alle persone che ci onoriamo di rappresentare, ma anche ai molti che in altre posizioni si riconoscono, quella confessione politica che ha il sapore di un testamento e l'orgoglio di una sfida che facciamo nostra assieme, se bene abbiamo inteso, onorevole Presidente del Consiglio, l'impianto storico-politico del suo discorso.
Francesco Cossiga ha indicato nel disegno e nelle intuizioni di quel grande politico che fu Aldo Moro (mi ha fatto piacere, onorevole D'Alema, che lei abbia ricordato ieri una frase del Presidente Moro pronunciata nella mia città di Benevento) il senso ultimo della chiusura del cerchio che il centro-sinistra nuovo rappresenta ed inaugura. Sta a noi, sta a voi, sta - se mi consentite - anche al rispetto storico e politico che un richiamo così alto pretenderebbe tra i banchi della stessa opposizione, saper rispondere a questo impegno.
Credere o voler far credere quel che non è, provare a macchiare un progetto così ambizioso maturato nel travaglio di tante coscienze e con costi personali e politici rilevanti...

PIETRO ARMANI. Travaglio? Siete andati al Governo!

MARIO CLEMENTE MASTELLA. ...farlo passare come un accordo di potere che riporta all'attualità vecchi compromessi, senza più nemmeno la giustificazione della storia, è un'operazione meschina e senza respiro.
Ma so bene che sta a noi, e soprattutto alle forze di centro, sferzate - onorevole Dini, onorevole Marini - dalla nobile memoria di Moro e dal ricordo incancellabile del suo sacrificio, mantenere elevato il tono della proposta, contribuire a cercare nel Governo e nella maggioranza, ma anche nel dialogo con le orecchie più sensibili del mondo di chi oggi si trova all'opposizione come dell'intera società civile che ci guarda e giudica in attesa dei fatti...

FRANCESCO STORACE. Giudica sì...!

MARIO CLEMENTE MASTELLA. ...sta a noi, dicevo, tener fede agli impegni assunti.
Se votiamo convinti il «sì» al suo Governo, onorevole D'Alema, e siamo partecipi della sua maggioranza, è perché siamo consapevoli che le ragioni di questo impegno storico non si esauriranno nell'esecutivo che lei guida ma ne ispirano


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quella volontà di pacificazione nazionale senza la quale non si riforma la politica, le istituzioni, l'intero paese.
L'UDR ringrazia il Presidente Cossiga e lei, onorevole D'Alema. Pertanto i parlamentari del nostro gruppo le daranno con convinzione la propria fiducia, anche perché hanno lo stesso coraggio di 21 anni fa (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDR, dei popolari democratici-l'Ulivo e di rinnovamento italiano - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Comino. Na ha facoltà.

DOMENICO COMINO. Signor Presidente del Consiglio, viste le difficoltà che ha incontrato per dar vita al suo esecutivo, al punto di rispolverare e riformare il manuale Cencelli per la bisogna, sarebbe troppo facile improntare questa nostra dichiarazione di voto all'ironia per comunicarle comunque che il suo Governo non avrà i voti della lega nord per l'indipendenza della Padania. Preferiamo lasciare questo compito ai vari Forattini che non mancheranno (anzi, mi pare che abbiano già iniziato) di testimoniare con arguzia, le contraddizioni che puntualmente eploderanno tra le dieci componenti della neomaggioranza da cui questo esecutivo dovrebbe trarre linfa di sopravvivenza. Pensiamo, tanto per fare un esempio, al nodo delle 35 ore, alla parità scolastica, alla fecondazione assistita, al ruolo italiano nella NATO, alla professionalizzazione delle Forze armate; pensiamo anche al difficile compito di due gentili signore chiamate a difendere i patri confini dall'invasione extracomunitaria selvaggia. Esse credono che l'integrazione forzata a colpi di decreti di regolarizzazione sia un valore ed una risorsa, mentre la nostra gente pensa esattamente l'opposto e non ne può più del degrado sociale, del disordine pubblico, della illegalità diffusa con cui è costretta quotidianamente a confrontarsi. Soprattutto non vuole subire passivamente l'annientamento del sentimento di identità e di appartenenza che le è proprio.
Ci interessa invece focalizzare la nostra attenzione su un elemento positivo delle sue dichiarazioni programmatiche. Onorevole D'Alema, lei ha affermato che è sua intenzione - in ciò compiendo sicuramente un passo in avanti rispetto all'esecutivo del suo predecessore - riaprire il confronto con la lega che dichiara oggi (sono parole sue) di abbandonare la pericolosa ed inaccettabile bandiera della secessione e si propone di incalzare il mondo politico sulla base di una riforma federalista.
Siamo seri, onorevole D'Alema! Tony Blair non ha chiesto agli scozzesi di rinunziare ad essere scozzesi, ma ha avviato un serio processo di riforma con la devoluzione di poteri mettendo in discussione il centralismo britannico (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Sia ben chiaro che la lega nord non è abituata a cambiare nome e simbolo semplicemente per rifarsi un'immagine e per ridarsi una sorta di credibilità politica, come avviene da altre parti; la lega nord non ha cambiato simbolo e continua a chiamarsi «per l'indipendenza della Padania», perché la libertà dei nostri popoli non è certamente pericolosa né inaccettabile, lo è solamente per gli strenui difensori del centralismo romano che credono di poter continuare a sfruttare per l'eternità il sudore del nord anche denigrandone la cultura ed il senso civico. L'indipendenza della Padania, onorevole D'Alema lei lo sa benissimo, è un'opzione politica legittima e democratica; implicitamente con le sue affermazioni lei riconosce l'esistenza di una questione settentrionale ma riconosce anche alla lega di aver saputo interpretare democraticamente i bisogni sempre disattesi del nord (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Per questo noi siamo qui non per sostenere il suo Governo, ma semmai per incalzarlo e controllarne l'operato in difesa dei ceti medi produttivi, dei pensionati e dei lavoratori padani, ad incominciare già dalla prossima finanziaria che, secondo noi,


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appare ancora troppo impostata alla vera ideologia di questo Stato: il meridionalismo!
La crisi di Governo che si sta risolvendo in queste ore ha avuto comunque l'utilità di smascherare una sorta di governissimo di unità nazionale, formalmente in mano all'Ulivo, ma in realtà saldamente sostenuto dal Polo al solo scopo di emarginare la lega e impedire, con una sorta di veti incrociati e di ricatti reciproci, qualunque cambiamento. E ciò che è successo in questi due anni e mezzo è la dimostrazione che il prodotto di una legge elettorale maggioritaria, ancorché imperfetta, non è il bipolarismo né l'alternanza, ma solamente il blocco di una situazione politica che non ha consentito né la tenuta delle coalizioni, né la stabilità dei Governi e delle maggioranze, né ha favorito la semplificazione del sistema di rappresentanza.
Abbiamo assistito alla nascita di nuove formazioni politiche di palazzo, che non si sono confrontate - secondo un principio democratico - con la sovranità popolare e attraverso un passaggio elettorale, ma per scissioni interne e per trasmigrazioni di parlamentari da un gruppo all'altro. Ha cominciato il Polo a perdere pezzi, ma pure la sinistra ha consentito la formazione del movimento dipietrista, dopo aver garantito al suo ideatore con i propri voti un seggio senatoriale. A ben vedere, personalmente nutro qualche dubbio nei confronti di un movimento che vuole chiamarsi «Italia dei valori» quando il suo potenziale leader ha dimostrato, con vicende sue proprie, di essere più propenso a prenderli i valori, anziché a portarli in politica (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania e di deputati del gruppo di alleanza nazionale) ...
Ora, nonostante il fallimento del falso bipolarismo evidenziatosi con la crisi del Governo Prodi, vi è qualcuno che vorrebbe rimettere in discussione quella legge elettorale per peggiorarla e per trasformarla in uno strumento antidemocratico di stabilizzazione del sistema bloccato, contro ogni possibilità di cambiamento e trasformando il maggioritario a turno unico in maggioritario a doppio turno di coalizione, eliminando la quota proporzionale e trasformandola in premio di maggioranza. Se il percorso riformista, onorevole D'Alema, che intende imboccare è su questa strada, sappia che troverà la ferma opposizione dei nostri gruppi parlamentari!
Attendiamo comunque le proposte del Governo, che al problema ha delegato addirittura un navigato ministro non solo in materia elettorale, ma anche sul tema più ampio delle riforme istituzionali.
Ci attendiamo pure proposte di riforma del sistema complessivo dell'informazione, per troppo tempo disattese; un sistema che ha consentito in quest'aula il formarsi di oligopoli funzionali solo ad una parte politica, la cui origine, soprattutto finanziaria, rimane oscura e ancora tutta da scoprire. Pareva che qualcosa potesse cambiare nella scorsa legislatura, ma tutto si è risolto in «tanto fumo e niente arrosto»!
Dov'è oggi quella sinistra che si autodefinisce democratica e che con l'insediamento di Berlusconi a palazzo Chigi nel 1994 gridava al conflitto di interessi? Chi si ricorda ancora della Commissione Napolitano, fortemente voluta dal PDS e finalizzata a promuovere un progetto complessivo di riforma del sistema radiotelevisivo italiano? E che dire del comitato dei tre saggi voluto dall'allora Presidente del Consiglio Berlusconi?
È calato anche il sipario sul teatrino giudiziario del pool di Mani pulite, che non è servito a nulla, ma soltanto a far credere alla gente che in qualche modo si ripristinava il binomio legalità-democrazia.
Pare che intendimento di questo Governo sia quello di affrontare il tema giustizia proponendo una revisione dei codici di procedura civile e penale. Io credo che si possa e si debba fare di più!
Quale migliore occasione per un ministro della giustizia comunista di promuovere una efficace, onorevole Diliberto, disincrostazione di tutti i residuati fascisti del codice Rocco, sopprimendo tutte


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quelle misure limitative della libertà di pensiero e di opinione, anche accelerando la riforma dell'articolo 68 della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)? Non sono provocazioni le nostre, onorevole D'Alema, sono intendimenti propositivi, sui quali non ci sottrarremo ad un sereno e democratico confronto, per dare a tutti, e non solo a qualcuno, la possibilità di fare politica.
Onorevole D'Alema, ci è parso di capire che lei ha improntato le sue dichiarazioni programmatiche ad un nuovo antidirigismo, magari contraddicendosi quando richiede un rafforzamento degli organismi del governo mondiale. Noi siamo dell'opinione opposta; crediamo cioè che alla globalizzazione dei mercati si risponda non con la creazione del super-stato dell'Occidente, bensì rafforzando i meccanismi di democratizzazione delle istituzioni sovranazionali, a cominciare da quelle europee che in quanto a dirigismo statalista - lo sanno bene i nostri agricoltori e i nostri allevatori - non sono seconde a nessuno.
Signor Presidente del Consiglio, abbiamo apprezzato le sue aperture nei nostri riguardi sul tavolo delle riforme. Se queste non saranno strumentali e soprattutto vorranno promuovere cambiamento, sappia che la lega nord per l'indipendenza della Padania non si sottrarrà al confronto ma ne sarà parte attiva (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Del resto, potete accusarci di tutto, ma non di non aver svolto un ruolo politico nel rispetto delle regole democratiche. E soprattutto dovete riconoscerci un merito, quello di una forza politica, unica nella storia repubblicana, che ha saputo rinunciare al potere per motivi ideali e forse anche nell'interesse del paese. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marini. Ne ha facoltà.

FRANCO MARINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, le esprimo, onorevole D'Alema, la convinta fiducia del gruppo dei popolari e democratici e sottolineo che avrà il nostro appoggio convinto e leale.
In questa occasione voglio fare solo tre riflessioni: una sulle ragioni, non solo istituzionali, della necessità di una maggiore stabilità politica e quindi di Governo nel nostro paese; la seconda sulla necessità di una ripresa del dialogo sulle riforme istituzionali (e ho notato con piacere che l'onorevole Comino, insistendo su un punto che caratterizza da tempo le posizioni della lega nord, ha sottolineato anche questo aspetto); la terza riflessione sul significato politico, con le prospettive aperte, della scelta da noi fatta a sostegno dell'esecutivo, rivendicando chiarezza di posizioni e linearità di atteggiamenti del partito popolare nei due o tre anni che abbiamo dietro le nostre spalle.
Sulla prima, certo non posso ritenere di essere fuori dalla mischia, quindi la mia è sempre la posizione di un responsabile di un partito della maggioranza. Ma credo che vi siano ragioni che toccano l'interesse del paese, di chi ci ascolta, di chi guarda al nostro dibattito, se diciamo oggi che il bene della stabilità del Governo è una necessità rispetto ai problemi reali che abbiamo di fronte. Ne voglio indicare velocemente alcuni. Ci sono cause internazionali, certamente (ognuno ormai conosce le implicazioni, i rischi e le opportunità di una globalizzazione dell'economia) sul rallentamento delle previsioni del nostro sviluppo e sulle ragioni di attese messe in discussione dai giovani che cercano lavoro. C'è un quadro internazionale non favorevole. Ma noi siamo profondamente convinti che in questo ultimo anno è mancata una stabilità, il principio della sicurezza politica nel nostro paese; e, in questo straordinario movimento di capitali a livello internazionale, quello della certezza e della stabilità è un dato di forte attrazione di quegli investimenti ed in questo periodo l'Italia non ha avuto in maniera adeguata questa sicurezza.


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Noi parliamo di sud, di lavoro, dei giovani, della scuola come sistema pubblico integrato. Dobbiamo camminare in quella direzione attenti non a piccole situazioni di egoismo di parte, ma alla rivendicazione di una libertà forte del sistema scolastico e del rispetto di tutti coloro che intervengono nel fornire un servizio pubblico serio.
Dinanzi a queste esigenze, tra le quali metto anche la necessità di continuare in un allentamento del prelievo fiscale sulle imprese, c'è bisogno di un Governo che abbia un respiro almeno in tempi medi. Quale è stata la cosa incomprensibile che ha sostenuto l'onorevole Bertinotti? Io, insieme agli altri responsabili di partito, ho avuto anche qualche incontro con il Presidente Prodi, allora in carica, e mai ho compreso le ragioni dell'alternativa «o svolta o rottura». Voglio dirlo qui, ma mi rivolgo a chi ci ascolta. Se si vuole sinceramente ottenere qualche risultato per il Mezzogiorno, per i giovani, per le riforme necessarie, non si può dire «o svolta o rottura» nel giro di uno, due o tre mesi. C'è bisogno di una situazione politica, di un Governo che mostri le strade chiare e lei lo ha fatto, onorevole D'Alema, nelle indicazioni programmatiche. C'è inoltre bisogno di un respiro per l'azione di Governo, che deve avere determinazione, forza, volontà di portare avanti questi obiettivi. Altrimenti - non mi viene un'altra espressione - si rischia di prendere in giro coloro ai quali ci si rivolge. Non si può dire infatti: «Tra tre settimane vi darò i risultati per il lavoro o per le riforme». Si può dire: «Sosteniamo questo Governo, questo programma; chiediamo un impegno straordinario e, nel giro di un anno, di un certo periodo, otteniamo dei risultati». Perciò credo che la stabilità di questo Governo sia un bene per il paese.
Voglio dire poi che in Italia ed in Europa c'è un problema enorme di rapporti tra le generazioni che toccano anche la struttura della spesa sociale. Vi è il problema dello sviluppo e del lavoro, ma anche quello della struttura della spesa sociale, in Italia fortemente squilibrata e penalizzante per i giovani che non hanno mai avuto un lavoro. Ho in mente i dati di tutti i paesi europei, ma non vi annoio ricordandoli. Anche per questo, però, c'è bisogno di un Governo che possa programmare e lavorare con determinazione.
Vengo alla seconda riflessione. Ho apprezzato quando lei ha ripreso il problema delle riforme, che è necessario. Se la legislatura durerà, era un impegno preso da tutti, anche da quella parte (mi rivolgo agli onorevoli deputati del Polo). Noi dobbiamo stabilizzare nel senso del bipolarismo il sistema politico italiano. Ho apprezzato, onorevole D'Alema, che l'abbia riconfermato. Io, non avendo le sue responsabilità, voglio fare un passo avanti a lei: noi vogliamo realizzare le riforme e qui ci sono tecnici che ci possono fornire indicazioni ed il Governo ha conferito una responsabilità ad un uomo che queste questioni le conosce, il professore Amato.
Noi vogliamo fare tutto, vediamo le strade tecniche: la ripresa o meno della bicamerale, l'articolo 138. Noi popolari riconfermiamo che le riforme si fanno riscrivendo le regole d'accordo o confrontandoci, non escludendo l'opposizione dentro il Parlamento. Io non accetto e non conosco la via di una maggioranza stretta nell'avanzare del processo riformatore (mi rivolgo in assoluta buona fede al Polo ed alla lega): questo suo impegno deve essere portato avanti con determinazione.
La terza riflessione - e concludo - mi è venuta leggendo oggi su un settimanale un'intervista di un senatore dell'Ulivo eletto da noi (perché anche noi abbiamo contribuito), il quale, forse per una deformazione dovuta alla sua attività professionale, indaga sulle ragioni della caduta di Prodi.
Devo dire (lo noto con una certa sorpresa, ma non svelo nulla) che fino a qualche giorno fa gli indiziati principali erano indegnamente chi vi parla ed il signor che oggi ricopre la carica di Presidente del Consiglio. Oggi vedo un aggiornamento: resta Marini ed entra inopinatamente Dini, forza della carica, forza di quella poltrona. Non spendo una parola per dire che questa cosa non c'è. Quest'aula


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è testimone della linearità, della forza, della continuità con cui il nostro gruppo ha appoggiato fino alla fine il tentativo e la tenuta del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo). Governo positivo nell'interesse del paese, tenuto in condizioni di incertezza, onorevole Bertinotti, non soltanto da maggio. Onorevole Bertinotti, lei ha tenuto il Governo appena caduto nell'incertezza sino dall'inizio del suo mandato. Vi era bisogno quindi di uno sforzo riformatore più incisivo per i giovani dell'Italia, per il lavoro e l'avvenire dei giovani. Dicevo che c'era bisogno di uno sforzo più incisivo che non abbiamo potuto compiere in quanto lei, onorevole Bertinotti, ha tenuto quell'esecutivo nell'impossibilità di sviluppare il suo sforzo riformista.
Desidero fare due ultime due brevi considerazioni prima di concludere il mio intervento. Noi crediamo ed abbiamo creduto nell'alleanza tra la tradizione sociale del cattolicesimo democratico con la storia della sinistra riformista: questo per noi è stato ed è l'Ulivo, non altro. Tutto ciò però con qualcosa in più, non i partiti da parte, non i partiti a margine, ma queste forze politiche, queste storie con in più un'intuizione di apertura ad aree lontane della politica, a giovani, a spezzoni della società italiana che si sono rivisti in quel simbolo e questa apertura la vogliamo mantenere portando avanti questa alleanza. Questa è la nostra posizione (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo).
L'alleanza per noi è strategica e la voglio ringraziare, il Presidente D'Alema, per aver richiamato le ragioni del riformismo. Nel mondo, onorevoli colleghi, due sono le risposte ai problemi della trasformazione accelerata che connota il nostro tempo e crea ansia nelle famiglie e nei ragazzi.
Dicevo che due sono le risposte alla corsa dell'innovazione, della ricerca, nonché ai cambiamenti della società e dei sistemi di produzione. C'è la risposta liberista, efficace in alcune esperienze e ciò non lo si può negare. Ritengo che essa sia ancora prevalente nel mondo. Si dice: si creano ingiustizie, ma si recuperano con lo sviluppo e con la creazione delle risorse, della ricchezza in un secondo momento. Vi è inoltre una seconda risposta nella quale ci riconosciamo per ragioni di fondo, storiche e culturali, per attenzione oltre che alla libertà, anche alle ragioni della giustizia sociale che noi più spesso chiamiamo solidarietà. La nostra alleanza si fonda su questo; non si tratta di un dato occasionale, non vi sono ragioni di potere. Ricordo che nel 1996, secondo i tanti sondaggi riapparsi fino a qualche giorno fa (prima ve ne erano molti di più, oggi si sono un po' fermati con la ripresa vigorosa della nostra alleanza) dovevamo perdere ed oggi diamo alla nostra alleanza nuovo tono per il bene dell'Italia e per le riforme da fare.
Ho già detto, allorquando sono intervenuto in occasione del dibattito sulla fiducia al Governo Prodi, che noi dialogheremo con gli amici dell'UDR. Dialogheremo serenamente (è nelle cose) e riteniamo la loro scelta sia legata ad un dato politico vero. Sappiamo che il nostro bipolarismo non è certamente omogeneo, che costituzionalmente il deputato risponde, con la propria coscienza, a chi lo ha eletto: il dialogo quindi esiste. Ho apprezzato, onorevole D'Alema, il fatto che lei, in linea culturale e di principio (non la voglio coinvolgere in questo) abbia detto: il Presidente Cossiga parla della costruzione di un centro alternativo domani, guardando alle esperienze europee. E le esperienze europee sono complesse: si collabora in prospettiva, certamente oggi nella piena lealtà delle cose che stiamo facendo. E figuratevi se a me dispiace un discorso di questo genere: lo condivido anch'io, in particolare per i miei più giovani colleghi, perché, precisato che questa è una linea di tendenza che noi rifiutiamo, siamo convinti che l'Italia abbia bisogno di questa alleanza rispetto alle trasformazioni in atto.
Cari amici, onorevole D'Alema, abbiamo l'ambizione di ritenere che i tempi li decideremo innanzitutto noi e per ora confermiamo il valore di questa alleanza,


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per il bene dei giovani e per le giuste trasformazioni del paese (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo)!

ANGELO SANTORI. Sei un attore!

NICOLA BONO. Meglio un uovo oggi...!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fini. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO FINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, in un passaggio del suo discorso di investitura, l'onorevole D'Alema ha utilizzato, per rivolgersi alle opposizioni, un'espressione che suonava più o meno così: senza dialogo la politica impoverisce e muore. Non ha detto, ma mi sembrava tutto sommato sottinteso, che qualora l'opposizione non dovesse dialogare, in particolar modo sulle riforme, contribuirebbe a fare impoverire e quindi a far morire la politica. Se ci trovassimo davvero, onorevole D'Alema, nell'ormai mitico paese normale, o se fossimo all'indomani di libere elezioni che, vinte dalla coalizione da lei guidata, le avessero aperto la strada per andare a palazzo Chigi, non avrei avuto assolutamente nulla da ridire sull'affermazione che ho voluto ricordare all'inizio: senza il dialogo la politica rischia di impoverirsi, di morire. Purtroppo noi sappiamo che non è così: non siamo in un paese normale, non siamo all'indomani di libere e democratiche elezioni; siamo in una situazione che il Presidente del Consiglio definisce di eccezionalità. Non siamo, dice D'Alema, in una normale dialettica politica.
Ecco, io credo che il termine eccezionalità sia improprio, volutamente e forzatamente riduttivo: ci troviamo, in realtà, in una situazione di gravità, di assoluta gravità, senza precedenti. Ci troviamo in una situazione che è tra le più gravi per una democrazia funzionante, corretta, rispettosa del volere popolare: ci troviamo in una situazione che vede un Governo nascere non per volontà degli elettori ma per paura delle elezioni; ci troviamo in una situazione che vede un Governo che si accinge a governare senza un vero mandato democratico. E prima che lei, onorevole D'Alema, pensi che si tratta della solita nobile arte dei comizi, come mi disse la volta scorsa, le ricordo che non sono parole né mie, né di Casini e Berlusconi, ma sono parole contenute in un recentissimo editoriale di The Times, significativamente intitolato «Di nuovo truffati».
Lo ricordo perché è giusto preoccuparsi di quello che dicono dell'Italia fuori dai confini nazionali. Ora, se la sensazione che si sia in presenza di una truffa consumata ai danni degli elettori è giunta fin nella redazione di un quotidiano austero, autorevole, certamente non di parte, qual è il giornale londinese, credo che non occorra alzare il tono della voce da parte dell'opposizione per tentare di spiegare perché è tanto forte l'indignazione tra i nostri connazionali. Vi è indignazione per il modo in cui nasce questo Governo: noi non contestiamo la legittimità costituzionale del suo gabinetto; se ne contestassimo la legittimità costituzionale, oggi non saremmo qui, avremmo già avviato le procedure di impeachment nei confronti del Capo dello Stato. Noi contestiamo la legittimità politica del suo Governo e si tratta, come è naturale ed evidente a tutti, di una differenza non lessicale, non da poco. Contestiamo la legittimità politica di un Governo il quale nasce con una maggioranza che è politica, che è diversa rispetto a quella indicata dagli elettori e comprende alcuni parlamentari in una posizione determinante, non solo numericamente ma politicamente, eletti con l'opposizione.
Contesteremo questa legittimità politica in Parlamento con l'opposizione e lo faremo anche nella società civile, fin da domani, in una manifestazione che si annuncia come una delle più grandi manifestazioni politiche del dopoguerra e servirà - essa sì - a tenere viva la speranza nella politica, ad evitare che questa si impoverisca e muoia.


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È infatti vero che c'è oggi un rischio, quello che la gente si allontani ancor di più dall'impegno politico. C'è il rischio, che credo sia avvertito un po' da tutti, della non comprensione di quello che accade. C'è il rischio che tanti italiani, quando saranno chiamati alle urne, non votino e arrivino a disprezzare la politica.
Il rischio che la politica si impoverisca e muoia, signor Presidente del Consiglio, non è tanto nell'eventuale mancanza di dialogo sulle riforme, su cui comunque tornerò; il rischio che la politica muoia è nell'eventuale mancanza di reazione per la disinvoltura, il trasformismo, l'immoralità politica con cui si è conclusa la crisi del Governo Prodi (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CCD).
La disinvoltura dell'ex Vicepresidente del Consiglio, che non un anno fa - cambiare opinione è lecito - ma il 4 ottobre scorso diceva testualmente: «Con una nuova maggioranza con Mastella avremmo l'archiviazione del bipolarismo e segneremmo un ritorno al passato». Oggi si affanna per dimostrare il contrario.
La disinvoltura, onorevole Cossutta, di chi non 10 anni ma qualche giorno fa giurò sulla bandiera rossa - quella con la falce ed il martello - che mai avrebbe sommato i suoi voti al gladiatore Cossiga ed oggi, al contrario, forma un Governo politico con l'onorevole Cossiga.
Anche - me lo permetta, onorevole D'Alema - la sua personale disinvoltura: in occasione del tentativo fallito di Prodi di ricostituire il Governo, in un talk show televisivo si autoproclamava figlio di un dio minore e in qualche modo riconfermava quello che aveva sostenuto tante volte, vale a dire di ritenere possibile una sua premiership soltanto dopo un ricorso alle urne.
Capisco che lei oggi voglia far credere di agire per spirito di servizio e di responsabilità, ma penso comprenda anche perché sono in tanti a non credere a quello che lei dice (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CCD).
La disinvoltura spinta fino al limite del trasformismo e dell'immoralità politica di coloro che furono chiamati dal Presidente Cossiga gli «straccioni di Valmy»: eletti tutti, tranne gli onorevoli Bicocchi e Masi, nelle liste del centro-destra per contrastare la sinistra ed oggi approdati, dopo il travaglio di cui ci ha parlato l'onorevole Mastella, ad un Governo con la sinistra.
Non ho alcun titolo per esprimere giudizi di carattere morale. Il giudizio lo daranno politicamente gli elettori. Tutto sommato, concordo con chi, come al tavolo del Governo dice D'Alema, mette in evidenza che c'è una simmetria nella rottura del rapporto con gli elettori: Bertinotti rompe un rapporto con una coalizione; Mastella e i suoi amici rompono un altro accordo. Sarò un inguaribile cultore dell'onestà politica, ma da destra, da avversari dichiarati e duri, mi risulta più facile trovare un minimo di buona fede in chi rompe un'alleanza e dalla maggioranza va all'opposizione piuttosto che in chi rompe un'alleanza e dall'opposizione va al Governo, perché in termini di moralità non spiegherete mai a nessuno... (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CCD).
Ma non è questo l'aspetto che voglio sottolineare. Vorrei invece soffermarmi sul profilo propriamente politico della vicenda dell'UDR. L'UDR nasce per spezzare il bipolarismo: in proposito vi sono tante esplicite dichiarazioni del presidente Cossiga; qualche istante fa l'onorevole Mastella ha ribadito di considerare il bipolarismo non solo imperfetto, ma meritevole di essere quanto prima archiviato. Lo ha detto in termini espliciti. Lei stesso, onorevole D'Alema, mi pareva cosciente, era cosciente del fatto che l'UDR nasce contro il bipolarismo; per lo meno ne era cosciente quando definì Cossiga «inquietante», perché voleva riportare il paese indietro, prima del referendum Segni che introdusse il maggioritario.
Non credo sia un caso che l'UDR, determinante in questa situazione politica e nella soluzione della crisi politica, sia il primo esempio di partito virtuale. Nessuno


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si offenda: si tratta di un partito presente in Parlamento e laddove riesce a rastrellare qualche eletto nel Polo nei consigli regionali e comunali, ma non presente in misura altrettanto rilevante nella società. Infatti nella società il bipolarismo è assai più radicato di quanto non sia qui, nel palazzo delle istituzioni. L'UDR è un partito di eletti del Polo e dal Polo. Cossiga è un uomo sicuramente lucido: lo dico senza alcuna ironia, perché alla politica si risponde con la politica, non con le battute. Ebbene, se Cossiga avesse presentato il suo progetto agli elettori, non avrebbe raccolto un voto. Mi riferisco al progetto che ha illustrato qui, che illustra quotidianamente nelle interviste, che illustra a lei ed a noi contemporaneamente: costituire un centro oggi alleato con la sinistra e domani alternativo alla sinistra. Infatti da quando è venuta meno la DC, da quando il Papa ha dichiarato che in Italia è venuta meno la stagione dell'unità politica dei cattolici, i tanti elettori di centro, i tanti elettori democristiani hanno da tempo sposato una logica bipolare; da tempo si schierano parte con la sinistra e parte con la destra. È questa la verità. Ed è questa la ragione per cui il Polo e l'Ulivo, quando parlano, hanno alle spalle milioni di elettori, mentre Cossiga quando parla ha alle spalle una decina di transfughi (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CCD). Nel paese reale non c'è la manovra che viene orchestrata all'interno del palazzo.
In noi c'è l'indignazione, onorevoli colleghi. Ma come spiegare in tanti elettori ed in tanti parlamentari dell'Ulivo la delusione per l'operazione trasformistica che è stata compiuta? In realtà ha ragione Prodi quando dice che con il Governo D'Alema-Cossiga si ritorna indietro, si colpisce il bipolarismo, si riafferma la vecchia logica della partitocrazia. Dopo aver attaccato Prodi mille volte non credo che concordare con lui su questo punto possa essere interpretato in chissà quale strampalato modo.
Del resto lo abbiamo visto: il manuale Cencelli, le consultazioni, dieci partiti e partitini che pretendono poltrone e sottosegretariati, i veti («se entra Tizio, allora non entro io...»). Qualcuno ha sbattuto la porta, se ne andato. Tutto è tornato esattamente come era prima, comprese le cosiddette note di colore, quelle che piacciono tanto ai giornalisti. Un tempo, onorevole D'Alema lei lo sa, ne ridevamo insieme a volte, quando eravamo entrambi all'opposizione. C'era l'onorevole Bono Parrino, che per giurare corse dal parrucchiere. Oggi c'è un signore che per giurare si è fatto prestare una cravatta. Ma tutto sommato non cambia molto (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale). È la vecchia logica.
Per tornare alle cose serie e per arrivare alla parte finale del mio intervento, credo che anche nel discorso del Presidente del Consiglio vi sia stata qualche preoccupazione sulla sorte del bipolarismo. In particolare, l'onorevole D'Alema ha detto di non essere d'accordo con Cossiga nel ritenere che l'attuale centro-sinistra di ispirazione morotea abbia in sé il futuro bipolarismo e di ritenere - al contrario - che l'attuale coalizione di centro-sinistra debba un domani confrontarsi con un'altra coalizione. Cossiga ritiene che il centro-sinistra sia un momento contingente, eccezionale; D'Alema - se ho ben capito - ritiene al contrario che il centro-sinistra sia un'alleanza strategica, quindi destinata a durare nel tempo ed a confrontarsi (quando sarà) con altri. Non ho ben capito, ma è mia colpa e mio difetto, quale sia l'opinione al riguardo dell'onorevole Marini, che credo comunque di interpretare dicendo che, almeno per il momento - ma è questo «per il momento» che credo debba preoccupare -, ritiene che la coalizione di centro-sinistra sia strategica.
Ma, al di là delle interpretazioni, anche noi pensiamo che il centro-sinistra sia una coalizione strategica, che l'Ulivo esista nel paese e nel Parlamento e che un giorno dovrà confrontarsi con un'altra coalizione (che è il Polo). Anche noi pensiamo che l'Italia abbia bisogno di una nuova legge elettorale (chi può dubitare del contrario?); anche noi pensiamo che il confronto


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debba avvenire quanto prima per legittimare un Governo politico dinanzi agli elettori.
Allora, onorevole D'Alema, se per davvero vuole dialogare con noi, la invitiamo ad uscire un po' dall'ambiguità, la invitiamo ad un atto di coraggio politico: impegni la parte della sua maggioranza che crede nel bipolarismo, la impegni a sostenere una nuova legge elettorale che rafforzi il maggioritario e che recepisca lo spirito del referendum Segni. Si faccia in Parlamento, subito, quello che faranno sicuramente gli italiani, se saranno chiamati a votare per quel referendum. Poi, una volta approvata una nuova legge elettorale ed eletto il capo dello Stato, usciti dal semestre bianco, si impegni, onorevole D'Alema, a consentire agli italiani di decidere con il voto chi li deve governare (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CCD).
Non si illuda di resuscitare lo spirito costituente per giungere alla fine della legislatura. Lo spirito costituente è morto con la fine della bicamerale, fortemente voluta - ironia del destino - da Cossiga, forse ancor prima che da Berlusconi; ed è stato sepolto, lo spirito costituente, con la nascita di questo Governo che per noi è politicamente illegittimo perché privo, fino a prova del contrario, del consenso popolare.
Sia realista: questo è il mio invito, onorevole Presidente del Consiglio. In questa legislatura e nelle odierne, avvelenate condizioni politiche l'unica via percorribile per completare la transizione italiana è una nuova legge elettorale autenticamente maggioritaria che spinga verso il bipolarismo, che eviti la frammentazione, che dia vita a maggioranze coese e quindi a governi stabili e poi al voto. Se ne convinca, perché soltanto così potrà sperare di convincere domani gli italiani e, in particolar modo, i giovani ai quali lei si è voluto rivolgere (mi ha fatto piacere, non essendo poi tanto lontano, spero, dalla capacità di comprendere le ansie giovanili).
Soltanto così io credo che lei possa dimostrare ai giovani e agli italiani in generale che la politica non è, come oggi al contrario è per vostra responsabilità, soltanto sinonimo di intrallazzo, di manovre di potere, di disprezzo della volontà popolare.
Questa è la nostra sfida, questa è la posizione di alleanza nazionale, che oggi le dice «no» e si augura che quello che in tante occasioni lei ebbe modo di dire, vale a dire di voler lavorare per cambiare nella realtà la situazione del paese, la trovi nei prossimi mesi convinto della necessità, una volta fatta la legge elettorale, di consentire al popolo, che in democrazia è sovrano, di scegliere e di decidere se è legittimo politicamente il suo Governo o se, al contrario, come noi crediamo, la maggioranza degli italiani oggi è con il centro-destra e contro il Governo di centro-sinistra (Vivi applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CCD - Molte congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Berlusconi. Ne ha facoltà.

SILVIO BERLUSCONI. Signor Presidente, signori deputati, signor Presidente del Consiglio, lei ha scelto di parlare in quest'aula, sia ieri che oggi, all'insegna di una pacatezza di cui le do atto volentieri e che sarà anche mia. Ma la pacatezza non può nascondere la realtà e non mi potrà perciò impedire di dire alcune verità anche scomode.
Governo e opposizione non devono insegnarsi reciprocamente il mestiere, ma è utile che sul piano del metodo si trovi, anche nel più fiero e orgoglioso dei contrasti, un linguaggio capace di stabilire la comunicazione e il dialogo tra avversari leali.
Come ha ricordato poco fa Gianfranco Fini il Times di Londra, dove il fair play è di casa, ha formulato senza esitazione un giudizio molto duro sull'esito della crisi politica italiana: un Governo che nasce non dal voto ma dalla paura del


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voto non ha legittimità democratica e può essere definito soltanto come la solita truffa. «Di nuovo truffa» è stato il titolo del Times.
Lei, onorevole D'Alema, ha cercato invece di convincerci del fatto che questo Governo nasce in condizioni di eccezionalità politica, quasi in stato di necessità per evitare l'esercizio provvisorio di bilancio e nuove elezioni che secondo lei non risolverebbero niente.
Per nascondere l'imbarazzo che lei stesso avverte ha cercato rifugio in Europa dove - ha detto - gli elettori hanno indicato nelle forze socialiste e laburiste della sinistra riformista il riferimento di una nuova stagione ed ha aggiunto con malcelato orgoglio che tredici paesi su quindici sono governati oggi in Europa, da coalizioni o forze riformiste di centro-sinistra. Ha omesso però un piccolo particolare, anzi ne ha omessi due. Il primo è che qui da noi, in Italia, non sono stati gli elettori ad indicare e a legittimare questo Governo; l'altro è che l'Italia è l'unico paese in Europa in cui al Governo è arrivato un protagonista della tradizione comunista, anzi un protagonista che ha fatto parte dell'apparato del partito comunista. Non erano comunisti, non sono mai stati comunisti i laburisti di Blair, i socialisti di Jospin o i socialdemocratici di Schroeder che sono stati, anzi, la bandiera dell'anticomunismo in Europa (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD - Commenti dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra -l'Ulivo).
Che il Capo del Governo conosca e riconosca il limite invalicabile della sua creature, il non essere cioè l'esecutivo quello scelto dagli elettori, secondo lo spirito e la prassi del maggioritario, è un elemento positivo che l'opposizione saprà valutare con attenzione. Ma osservo, per chiarezza, che ormai il disattendere il responso delle urne non è affatto l'eccezione in Italia, è invece la regola. Ed ancora una volta in questa occasione, il partito di maggioranza relativa e il suo capo, invece di cercare di entrare a palazzo Chigi per la via maestra, hanno imboccato una scorciatoia che sa di furbesco e che non rassicura chi crede nella moralità e nella trasparenza della politica.
Lei ci ha detto, signor Presidente, che questa maggioranza nasce da due fratture: una nell'Ulivo e una nel Polo e che con entrambe è doveroso misurarci, anche perché esse rendono testimonianza della fragilità del nostro bipolarismo. Certo, ma c'è frattura e frattura. Una cosa è la frattura che si è determinata all'interno di rifondazione, un partito autonomo che non aveva abbracciato il programma dell'Ulivo e che comunque rimane nelle sue due componenti saldamente ancorato a sinistra, altra cosa è il distacco di alcuni deputati e senatori che sul programma del Polo delle libertà avevano preso il loro impegno di fronte agli elettori e che con assoluta disinvoltura passano nello schieramento opposto, per dare vita ad un Governo addirittura più a sinistra di quello precedente.
Nessuno può negare che c'è una bella e determinante differenza. Chiunque ha diritto alle sue opinioni e il Parlamento non si governa con il pallottoliere, ma l'etica più elementare, oltre che l'estetica, consigliano a chi intenda rinnegare il patto stretto con gli elettori di rimettere quel patto in discussione davanti agli elettori stessi: le elezioni suppletive esistono, sono lì anche per questo!
Siamo naturalmente indignati per quello che è accaduto e diamo voce in Parlamento e nel paese alla vigorosa protesta della maggioranza di concittadini (si tratta dell'80 per cento degli italiani, signor Presidente) che detesta la doppia verità (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD), il rovesciamento delle posizioni, il facile oblio degli impegni, le manovre di palazzo, il ritorno, insomma, della vecchia politica e dei suoi vecchi metodi! Gli italiani non accettano, signori della sinistra, che nella politica non valgano le virtù che sono proprie della vita nei rapporti civili (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)!


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Una vera democrazia liberale non è fatta solo di regole formali (conosciamo l'eccezione del termine, onorevole D'Alema), quel che tiene insieme una comunità è anche uno spirito, un gioco onesto e chiaro, che esclude elusioni e colpi bassi. E tutti sappiamo che la progressiva degenerazione di quel gracile bipolarismo, cui demmo vita il 27 marzo del 1994, quando per la prima volta l'esecutivo fu di fatto scelto dal corpo elettorale, ha le sue radici nel ribaltone del 1994, cioè nel premio che fu concesso alla politica del voltafaccia e del rovesciamento del verdetto delle urne.
Questo Governo, purtroppo, è ancora un passo avanti nella direzione dello sgretolamento di quel bipolarismo e di quella condizione di autorevolezza, di stabilità e di efficienza dei Governi che è così difficile da realizzare.
Una politica forte, onorevoli colleghi, saprebbe assumere atteggiamenti aperti, non avrebbe ragione di temere il giudizio della gente, non dovrebbe ricorrere, un anno sì e un anno no, alla logica dei trabocchetti e degli agguati istituzionali (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)!
Lei, signor Presidente del Consiglio, ha citato le parole, improntate al dialogo, di un martire della democrazia italiana: quell'Aldo Moro che fu assassinato in un carcere del popolo da un'organizzazione di terroristi i cui volti spuntavano dall'album di famiglia del comunismo italiano: le brigate rosse (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD - Vive proteste dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo e comunista)!

EUGENIO DUCA. Ladro!

SILVIO BERLUSCONI. Mi permetta però di farle osservare, onorevole D'Alema, che il tentativo di rinverdire, vent'anni dopo, il clima del compromesso storico non depone a favore di quel programma di modernizzazione della vita italiana (Vive proteste dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo e comunista) che un po' frettolosamente ... (Proteste del deputato Duca).

PRESIDENTE. Onorevole Duca, la richiamo all'ordine. Onorevole Duca, l'ho richiamata all'ordine.
Continui, onorevole Berlusconi.

SILVIO BERLUSCONI. Temo che i nostri sospetti di un tardivo vostro cambiamento siano fondati (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)!

PRESIDENTE. Onorevole Berlusconi, si rivolga al Presidente, per cortesia.

SILVIO BERLUSCONI. Questo Governo, signor Presidente, ha il sapore, al contrario, di un compromesso antistorico tra vecchie cordate della vecchia politica italiana, e nasce con una gran voglia di durare, se si deve giudicare dalla folla di ministri e sottoministri che ci viene proposta e dalla mal dissimulata ressa per l'accaparramento dei posti alla quale abbiamo assistito.
Io non so, signor Presidente, se, come sento dire, questo Governo abbia il respiro strategico della solidarietà nazionale o addirittura costituisca il naturale compimento del progetto di Moro e Berlinguer. Mi limito solo ad osservare che i due principali partiti di quello sfortunato disegno, che avevano pressoché la stessa forza elettorale, rappresentavano insieme il 73 per cento degli elettori italiani, mentre - con tutto il rispetto - i due maggiori partiti di questo Governo, oltre all'enorme disparità di forze, non vanno, nel loro insieme, al di là del 28 per cento dei voti (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).
Francamente, credo che sarebbe un grave abbaglio ed una inaccettabile forzatura attribuire a questa compagine il valore di una maggioranza politica di tipo austriaco, una maggioranza, cioè, nella quale socialisti e popolari praticamente si equivalgono, rappresentando insieme circa l'80 per cento degli elettori. Sarebbe davvero


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un abbaglio, anzi un ingannevole miraggio politico attribuire ai cosiddetti moderati dell'Ulivo una rappresentanza e una voce che non hanno (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). No, onorevole D'Alema, la stragrande maggioranza dei moderati italiani sta qui, sui banchi dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD) e chiunque, nella complessa situazione italiana, voglia fare i conti con la maggioranza moderata del paese, deve fare i conti con noi (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)!
Questa è la rappresentazione bipolare dell'Italia di oggi, questo è il bipolarismo vero, cioè quello fondato sul consenso degli elettori; il resto è solo artificio o, peggio, mistificazione.
Immagino che molti di voi, colleghi della minoranza di Governo, abbiate accolto con fastidio le nostre parole di verità anche spiacevoli con cui meritava e merita di essere commentata la nascita obliqua di questa operazione politica che ha malamente messo insieme ed incollato vecchi gladiatori e vecchie guardie rosse (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD). Comunque, noi siamo un'opposizione costituzionale ed istituzionale; siamo qui proprio per vedere fino in fondo e valutare, senza alcun accordo sottobanco e senza alcuna indulgenza, quel che di bene o di meno peggio può uscire da una pessima combinazione politica come la vostra.
L'Italia è la retroguardia dell'Occidente in fatto di crescita economica e di capacità di creare lavoro, di attrarre investimenti, di stimolare l'intrapresa. È il paese delle tasse e della burocrazia statalista e lo è sempre di più dopo 2 anni e mezzo di cure sbagliate. Ieri, come oggi del resto, abbiamo colto nelle parole del Presidente del Consiglio qualche accento nuovo, ma nell'insieme è prevalso il senso della continuità: basti pensare all'insistenza sulla finanziaria del passato Governo ed alla volontà di portare all'approvazione lo sciagurato provvedimento di legge sulle 35 ore.
Ma ieri lei, signor Presidente, mi ha anche chiesto di riflettere sugli interessi generali del paese, ricordando che non è mancata l'occasione di lavorare insieme per il bene della nostra democrazia. La ringrazio. Purtroppo però è proprio quell'esperienza che ci induce alla prudenza e forse anche alla diffidenza. È proprio perché abbiamo a cuore gli interessi del paese che riteniamo che le riforme siano necessarie, ma non vogliamo ripetere gli errori del passato.
Allo stato attuale delle cose, la sola strada davvero percorribile è quella che indicammo sin dal primo momento, la strada maestra dell'Assemblea costituente (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD). Per questo i parlamentari del Polo sono impegnati a sostenere con determinazione la proposta di legge che abbiamo già presentato in Parlamento.
Rimane però prioritario per noi il problema della nuova legge elettorale che rafforzi la scelta del maggioritario, che riconduca al bipolarismo e lo consolidi, che ponga argine al trasformismo dilagante. Inutile nasconderselo: questo problema si pone come una sorta di pregiudiziale politica rispetto a qualsiasi ipotesi di riforma costituzionale. Se non lo risolve il Parlamento, si dovranno fare i conti con il referendum abrogativo della quota proporzionale (Vivi applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).
Signor Presidente, onorevoli colleghi, un paese in cui la comunità si senta più sicura e protetta, in cui i giovani agiscono più liberi e più uguali nelle opportunità di studio, di formazione e di lavoro, un paese capace di dare alle donne il posto che loro spetta nella gerarchia dei valori sociali e nell'amministrazione della cosa pubblica, un paese in cui il sostegno alla famiglia e alla scuola realizzi non l'egemonia soffocante dello Stato centralista, ma l'aspirazione alla libertà di culto e di educazione, un paese in cui poteri consistenti vengano riservati, in un quadro compiutamente federale, a chi governa


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localmente il territorio: è questo il paese al quale aspiriamo; è questo il paese nel quale crediamo.
Per questo ci siamo battuti e continueremo a farlo con le nostre idee e con le nostre proposte anche in Parlamento, e qui vi sfideremo a dire «no» quando si tratterà di decidere su questi orizzonti e su questi valori. Ma è qui che emergeranno tutte le contraddizioni della vostra coalizione eterogenea ed innaturale.
È stato proprio lei, signor Presidente ad ammettere che dentro la maggioranza convivono due visioni diverse - io direi opposte - del bipolarismo; ha anche dichiarato la sua preferenza contestando l'opinione di chi invece ritiene che la coalizione di centro-sinistra contenga in sè entrambi i termini del bipolarismo: oggi alleati, domani competitivi e alternativi. Ma quando mai? L'alternativa è una sola: è e si chiama Polo delle libertà (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)! Noi siamo stati ieri, siamo oggi, saremo domani l'autentica alternativa alle sinistre, non solo a quelle di cultura marxista, ma anche a quelle di ispirazione cristiana (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)!
Diciamo ai moderati che hanno reso possibile questa inedita maggioranza parlamentare che il centro che loro percorrono sta qui, sta qui tra noi, tra i moderati del Polo e, se un giorno, capito l'errore, vorranno liberarsi dell'abbraccio soffocante delle sinistre, ci troveranno ancora qui.

UMBERTO GIOVINE. No, no...

SILVIO BERLUSCONI. E qui li aspettiamo aperti al dialogo e alla collaborazione (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). Consapevoli di tutto ciò, procederemo sulla linea di un'iniziativa parlamentare che vogliamo incalzante e limpida, il cui obiettivo sarà la crisi di questo Governo gravato da un difetto di legittimità e la convocazione di nuove elezioni per ridare al paese il diritto di scegliere chi deve governarlo.
Le elezioni europee sono alle porte e lì si vedrà quanto filo da tessere abbia una minoranza di fatto che, arbitrariamente, si considera maggioranza. Fedeli alle regole della democrazia e stretti al nostro patto con il popolo che ci ha eletti, faremo sentire domani nella grande manifestazione di Roma la voce chiara e forte di tutti quegli italiani che dai giochi della politica politicante sono stati ancora una volta esclusi e beffati, ma che sono la maggioranza viva e vera di questo paese (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia) e che con noi dicono «no» al suo Governo, onorevole D'Alema, ad un Governo che cadrà sotto il loro giudizio quando finalmente saranno chiamati alle urne per riconquistare con il voto la loro sovranità (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD - I deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo si levano in piedi facendo il saluto romano - Dai banchi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo si grida: «Bis, bis, bis!»).

PRESIDENTE. Non c'è tempo per i bis!

Colleghi, prendete posto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussi. Ne ha facoltà.

FABIO MUSSI. Signor Presidente del Consiglio, oggi nasce il suo Governo. Mi pare che nei sondaggi, onorevole Berlusconi, sia messo male. Comunque, onorevole Berlusconi, quando i voti di forza Italia e del Polo dovessero superare il cento per cento, ci faccia un fischio: c'è un errore di calcolo (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo - Commenti del deputato Berlusconi - Deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD gridano: «Buffone, buffone!» - Proteste dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e comunista).


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VALENTINA APREA. Stai zitto, Mussi!

FABIO MUSSI. Io invece, signor Presidente del Consiglio... (Proteste dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).

PRESIDENTE. Colleghi, da tutte le parti, per cortesia, vi invito a mantenere un comportamento civile.

NICOLA BONO. Compreso Mussi!

PRESIDENTE. Mi rivolgo ai colleghi di tutte le parti, altrimenti sospendo la seduta (Vivi commenti - Proteste).
Sospendo la seduta perché il vostro comportamento non è adeguato.

La seduta, sospesa alle 17,50, è ripresa alle 17,55.

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di prendere posto!
Onorevoli Soave e Mattioli, per cortesia, prendete posto.
Non posso chiamare tutti per nome!
Colleghi, permettetemi di dire che tutti sono richiamati in questo dibattito alla rappresentanza del popolo. Il popolo ci ha seguito in televisione e credo che non sia stato contento di come abbiamo rappresentato i suoi interessi (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

VITTORIO SGARBI. Che ne sai tu del popolo?

PRESIDENTE. E non credo che il sentimento sia migliorato con queste reazioni!
Prego, onorevole Mussi, continui pure il suo intervento.

FABIO MUSSI. Riprenderò il discorso da dove si è interrotto.
Oggi nasce il suo Governo, signor Presidente del Consiglio, ed io presumo di immaginare che la maggioranza degli italiani apprezzi questa notizia. Non si torna a votare; certo, le elezioni anticipate sono sempre una nitida via di uscita di fronte a crisi prive di sbocco. Onorevole Fini, credo però che ripeterle per la quarta volta in sei anni (dal 1992) con la stessa legge elettorale e senza riforme di sistema, sarebbe stata probabilmente oggi più che la cura, il sintomo di una malattia politica incurabile del nostro paese ed un rischio grande! Il rischio non è che potesse vincere il Polo. Questo non è un rischio ...

NICOLA BONO. È la certezza!

MARCO BOATO. Smettila Bono, lascia parlare qualche volta.

FABIO MUSSI. ...questa è democrazia e fa parte del gioco, ma che potesse non succedere niente: nessun vero vincitore, nessun vero sconfitto! Il paese sarebbe ancora condannato all'incertezza e all'instabilità, come in un gigantesco gioco dell'oca dove si gettano i dadi e si viene sempre respinti alla casella di partenza. La gente lo sa e per questo ha mostrato di non desiderare ardentemente ora e subito queste elezioni!
Ma noi raccogliamo la sua sfida, onorevole Fini: noi siamo pronti, qui e da subito, a discutere una legge elettorale più fortemente maggioritaria che dia veramente ai cittadini il potere di scegliere i Governi (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale) e di garantirne la stabilità!
L'ha detto nella sua relazione qui alla Camera il Presidente del Consiglio.

FRANCESCO STORACE. Ma non l'hanno sentito!

FABIO MUSSI. Credo che i cittadini apprezzino anche il fatto che nell'immediato si possa approvare la finanziaria; mettere il nostro paese in condizioni di sicurezza proprio nel momento in cui scatta l'euro (e vanno prima di tutto tutelati gli interessi del paese e quelli dei singoli cittadini, a partire dai loro risparmi); consentire al nostro paese di rispettare il patto di stabilità e di sviluppo sottoscritto con i partner dell'Unione europea.


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Solo dei superficiali e degli irresponsabili possono auspicare il rinvio della legge finanziaria e l'esercizio provvisorio!
La maggioranza dei cittadini potrà anche certamente apprezzare il fatto che è costituito il Governo. Essi potranno, con l'approvazione della legge finanziaria e dei provvedimenti collegati, rendere operativi i tanti provvedimenti giusti e positivi che vi sono contenuti: la restituzione dell'eurotassa; il finanziamento delle politiche del lavoro; il finanziamento e l'accelerazione delle infrastrutture e della manutenzione del territorio; la riduzione per il 1998 della pressione fiscale; il sostegno alle famiglie numerose e a basso reddito; l'aiuto ai giovani per la casa e gli affitti; l'aumento delle pensioni sociali al minimo! Sono cose che interessano i cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo dei popolari e democratici-l'Ulivo, dell'UDR, di rinnovamento italiano, comunista, misto-socialisti democratici italiani, misto-verdi l'Ulivo, misto-minoranze linguistiche e misto-rete-l'Ulivo).
L'inizio concreto, cioè, di quella politica per il lavoro e lo sviluppo contro la povertà e l'esclusione sociale, per la modernizzazione del paese che oggi è resa possibile dal clamoroso successo dell'opera di risanamento dei conti pubblici che consegna alla storia il Governo di Romano Prodi (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). Ho scritto qui: «Obiezioni dai banchi dell'opposizione» (Si ride).
Noi invece, onorevole Prodi, non le scriviamo un epitaffio; questo gruppo l'ha sostenuta fortissimamente. Non abbiamo avuto di che (Commenti)... Fortissimamente l'ha sostenuta questo gruppo e non abbiamo di che pentirci (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, dell'UDR, di rinnovamento italiano, comunista, misto-socialisti democratici italiani, misto-verdi-l'Ulivo, misto-minoranze linguistiche, misto-rete-l'Ulivo). Lei ha ripagato con gli interessi la nostra fiducia; lei ha restituito onore e prestigio all'Italia, ha prestato al nostro paese un volto presentabile in Europa e nel mondo (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, dell'UDR, di rinnovamento italiano, comunista, misto-socialisti democratici italiani, misto-verdi-l'Ulivo, misto-minoranze linguistiche, misto-rete-l'Ulivo)! E con Valter Veltroni e gli altri ministri (Vivi commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD)...

PRESIDENTE. Colleghi, per piacere, tenete un comportamento civile.

FABIO MUSSI. Non vociate, ascoltate; aiuta a capire qualche volta.

ALFREDO BIONDI. Hai ragione!

FABIO MUSSI. E con Valter Veltroni e gli altri ministri, quelli che restano ai loro posti e quelli che continueranno da altre postazioni la loro battaglia, ha avviato un'opera di rinnovamento senza la quale tutto sarebbe stato perduto. Abbiamo trovato un grande uomo di governo e un forte leader politico. Noi perciò non parliamo di Prodi al passato, ne parliamo al futuro. Qui siamo stati eletti sotto il simbolo dell'Ulivo. Questo ed altri gruppi nel Parlamento portano la sigla dell'Ulivo. C'è il progetto non di un centro e di una sinistra che si uniscono per poi definitivamente lasciarsi e dirsi addio, ma di un centro e di una sinistra che hanno un progetto comune, che mescolano i valori, che immaginano una identità di riformisti oltre le antiche barriere. L'Ulivo non è maggioranza, lo sappiamo bene; e la maggioranza che nasce dal partito dei comunisti italiani all'unione democratica per la Repubblica non è identica a quella uscita dalle urne. In essa - l'ha voluto ricordare in spirito di verità l'onorevole D'Alema - convivono prospettive diverse, diverse idee sull'evoluzione storica della democrazia italiana. È legittimo, ed è anche vero che poi alla fine chi ha più filo tesserà; noi continuiamo a ritenere che l'Ulivo ne abbia molto di filo e che per tesserlo


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abbia bisogno dell'onorevole Prodi, cui confermiamo stima e amicizia profonda (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, dell'UDR, di rinnovamento italiano, comunista, misto-socialisti democratici italiani, misto-verdi-l'Ulivo, misto-minoranze linguistiche, misto-rete-l'Ulivo).
Il Governo precedente è caduto per una ragione nota a tutti, ha ragione Marini: perché rifondazione comunista ha ritirato la fiducia. Fausto Bertinotti, con una mossa sola, ha fatto cadere Prodi, ha affondato la maggioranza del 21 aprile, ha diviso la sinistra, ha scisso il suo partito, ha perso i gruppi parlamentari, perché non voleva questa finanziaria, la quale naturalmente sarà questa. Complimenti, un bel capolavoro.
Naturalmente ora lo sforzo sarà per rapporti costruttivi, non ritorsivi (Commenti del deputato Bertinotti). Voi del Polo, cari colleghi, accusate: Governo clandestino. Non mi pare esatto: eccolo infatti tutto lì sui banchi d'ordinanza. Governo abusivo: voglio affrontare questa questione, che è seria (Commenti di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD).

MARCO BOATO. Basta adesso! Abbiamo ascoltato tutto prima!

ALFREDO BIONDI. Fate parlare!

FABIO MUSSI. No, a Costituzione vigente i cittadini eleggono il Parlamento, il Parlamento elegge il Governo (Commenti). L'abusivismo è violazione delle regole; nessuna regola è stata violata. E le regole per un liberale - l'ha ricordato qui D'Alema - sono quelle formali. Ha ragione da vendere nel rivendicarlo fortemente stamane il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Piuttosto, cari colleghi del Polo, sarebbe interessante qualche riflessione da parte vostra. Dopo il 1994 eravate maggioranza e avete perso pezzi; dopo il 1996 eravate opposizione e avete perso pezzi. La costante è che perdete pezzi (Commenti).

VALENTINA APREA. Anche voi!

FABIO MUSSI. È vero. Se posso permettermi di dare un consiglio, mi impegnerei a cercare una risposta a questo quesito. Evidentemente c'è sempre qualcuno che non riuscite a convincere o che rapidamente deludete.

TIZIANA MAIOLO. Bertinotti! Convinci Bertinotti se ci riesci!

FABIO MUSSI. Ma riconosco che c'è un nucleo di verità nella cosa che dite, che non è relativa, Fini, alla legittimità politica. Una verità che ci parla davvero del nostro bipolarismo zoppo, della nostra transizione incompiuta, del nostro sistema politico e istituzionale non all'altezza di quello di altre grandi democrazie europee, di un maggioritario imperfetto. Lo ha ricordato da questi banchi ieri l'onorevole Mancina ed io sono d'accordo con lei.
Pensate però: noi qui potevamo essere più o meno alla seconda lettura di un grande progetto di riforma costituzionale, capace non di garantire tutto, ma di garantire all'Italia istituzioni più efficienti, nitide distinzioni di poteri, uno Stato federale, governi più stabili, poteri diretti dei cittadini. Vi ricordate il testo, nell'elezione del Capo dello Stato e nelle indicazioni al momento di voto di maggioranze e Governi? Potevamo già essere quasi in vista del referendum popolare approvativo della nuova Costituzione. Ma voi, cari colleghi, e per precipua iniziativa dell'onorevole Berlusconi, avete fatto saltare la bicamerale e lei, onorevole Fini, si è adeguato. Lo spirito costituente è lì che è stato colpito e non c'era questo Governo; c'era il Governo sostenuto dalla maggioranza del 21 aprile, uscita dalle elezioni (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, comunista, misto verdi-l'Ulivo, misto-socialisti democratici italiani)!


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Il discorso deve essere assolutamente ripreso. Noi condividiamo del tutto la caratterizzazione che ella ha voluto dare, onorevole D'Alema, al suo Governo prima di tutto come Governo delle riforme, che assume cioè su di sé un ruolo attivo in Parlamento per la ripresa del cammino delle riforme istituzionali, elettorali, costituzionali, come recita l'accordo politico e programmatico sottoscritto dalla maggioranza che lo sosterrà.
Al giro di boa del secolo è già troppo tardi per tardare ancora. Ma già, onorevole Berlusconi, D'Alema è un ex comunista. Qui, cari colleghi, siamo tutti ex. Lei è un ex, onorevole Berlusconi.

SILVIO BERLUSCONI. E me ne vanto!

FABIO MUSSI. Lei è un ex, onorevole Casini; lei è un ex, onorevole Fini e che ex (Vivi commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)!
Di più, il numero anticomunista, onorevole Berlusconi, l'ha già tentato nella campagna elettorale del 1996 e quelle elezioni le ha perse. Ci riprovi (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, comunista, misto verdi-l'Ulivo, misto-socialisti democratici italiani)!
Siamo tutti figli di un cataclisma politico (Commenti), quello dopo il 1992 e badate, se ne può uscire in due modi: il primo è con la testa rivolta all'indietro, nel tentativo nostalgico di non far passare mai più il passato. Vedo sui muri gli annunci della manifestazione di domani del Polo, che seguiremo con attenzione e rispetto, ma su quegli annunci c'è scritto: «Contro il Governo truffa dei comunisti e dei traditori» (Applausi polemici dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale) e vuole essere un grido di guerra e invece, vedete, ha un tono crepuscolare, sapore di ninnoli antichi, le buone cose di pessimo gusto dell'amica di nonna Speranza (Vivi commenti)!

MARCO ZACCHERA. Le bandiere rosse!

FABIO MUSSI. Il Governo non è truffa, non ci sono traditori, non c'è più l'URSS, è caduto il muro di Berlino, il PCI è stato sciolto nel 1991, il mondo è cambiato, cari colleghi, se non ve ne siete accorti ve lo ricordiamo qui oggi (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, comunista, misto-socialisti democratici italiani, misto-verdi-l'Ulivo - Vivi commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)!

NICOLA BONO. Voi no, voi non siete cambiati!

FABIO MUSSI. C'è un altro modo... (I deputati del gruppo di alleanza nazionale scandiscono: «Cossutta! Cossutta!») Fini, Casini...

PRESIDENTE. Onorevole Zacchera, la richiamo all'ordine per la prima volta!

FABIO MUSSI. C'è un altro modo con cui si esce dal cataclisma politico, guardando avanti, pensando positivamente, riconoscendoci reciprocamente, lavorando alle cose da fare.
In questo dibattito è stato giustamente più volte citato il Papa Giovanni Paolo, il quale ci richiama al destino... (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PAOLO MAMMOLA. Lascia stare il Papa, almeno!

FABIO MUSSI. ...dell'uomo in un pianeta sempre più interdipendente.
Vi ricordate un altro Giovanni quando, tanti anni fa, ci indicò un'altra possibile renovatio nel rapporto tra gli uomini: «Quando incontri qualcuno non chiedergli da dove viene; chiedigli dove va».

ALFREDO BIONDI. È questo che vogliamo sapere!

PAOLO ARMAROLI. È questo che ci preoccupa!


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MARCO TARADASH. Fermatelo!

SALVATORE CICU. Chiedigli quanto vuole!

FABIO MUSSI. È questo che dobbiamo chiederci, cari colleghi. Dobbiamo trovare la strada comune nell'interesse del paese.
Maggioranza ed opposizione sono ruoli distinti. La mano è tesa più di ieri a tutti, alla lega - qui l'onorevole Comino ha concluso il suo intervento con le parole «gli interessi del paese» - e al Polo, a tutti quelli che cercano il confronto reale ed il dialogo sulle cose da fare, perché su di esse saremo giudicati dai cittadini che ci chiedono onestà, buon Governo, politiche innovative; insomma, cambiare l'economia e lo Stato, migliorare la loro vita quotidiana.
Ho finito, signor Presidente... (Commenti dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e misto-CCD). Questo comportamento certo non vi fa onore, onorevoli colleghi, lo sapete!
Europa, lavoro, riforme: è sotto questo segno, come risulta chiaro dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio nella sua replica, che il nuovo Governo si presenta al paese. Nel segno di una politica che non abdica, di un Governo vero di centrosinistra per programma e per base politica, di un Governo che il gruppo che rappresento sosterrà con tutte le sue forze, che non sono poche.
Consentitemi un accenno personale. Credo di conoscere più di qualunque altro il Presidente D'Alema: è un uomo che non manca di spigoli e si sono sentiti anche nella sua replica, ma che ha grande preparazione, forte volontà, intelligenza politica, il gusto della sfida e ciò gli viene riconosciuto da tutti. Egli ha le qualità per far fronte ad un compito arduo in un passaggio difficile e rischioso della vicenda italiana. Ce la farà? Ce la farai, Massimo? Auguri, auguri di cuore (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, dell'UDR, di rinnovamento italiano, comunista, misto-socialisti democratici italiani, misto-verdi-l'Ulivo).

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