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PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Marras n. 2-01332 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
FILIPPO MANCUSO. Rinuncio ad illustrarla e mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno ha facoltà di rispondere.
FABRIZIO ABBATE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, signori deputati, con l'interpellanza iscritta all'ordine del giorno il deputato Marras, unitamente ad altri numerosi parlamentari, ripropone all'attenzione del Governo e del Parlamento il problema dei collaboratori di giustizia, con particolare riferimento ai casi nei quali il collaboratore, anziché attenersi agli obblighi ed alle norme che regolano la condotta delle persone protette, assume comportamenti che contrastano con il programma di protezione.
anno, a seguito di un'altra richiesta di misure di protezione formulata al prefetto di Reggio Calabria il 9 giugno, nel corso di un colloquio personale.
cautelare in carcere, adottata il 13 marzo 1998 dal GIP presso il tribunale di Reggio Calabria, e alla procedura di verifica della permanenza o meno dei requisiti prescritti per la continuazione del programma di protezione, la direzione nazionale antimafia ha rilevato che la misura stessa rispondeva ad esigenze puramente processuali e non incideva né sull'attendibilità né sulla rilevanza delle dichiarazioni del collaboratore.
PRESIDENTE. L'onorevole Mancuso ha facoltà di replicare per l'interpellanza Marras n. 2-01332, di cui è cofirmatario.
FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, stavo dicendo al collega Matacena di rassegnarsi all'idea di essere assai meno utile a se stesso ed alla propria missione di privato e di parlamentare di quanto non siano, invece, due pluriassassini, i quali hanno la protezione locupletatoria dello Stato, mentre egli non ha nulla, se non l'insinuante e sleale accenno - non utile, signor sottosegretario, alla descrizione dell'accaduto - al fatto di essere destinatario di un avviso di garanzia e coinvolto in un processo: elementi unicamente posti a diffamazione di colui che in Parlamento e da parlamentare sollecita una risposta positiva. È un capovolgimento innanzitutto etico, non dico logico, che ci consente di configurare il senso dell'equità, della giustizia e della legge che voi avete e che, purtroppo, in mille rinnovati episodi accomuna voi alla peggiore feccia della nazione.
questa materia ed in questo caso: che cosa aspettate per affrontare il problema dei pentiti e tutti i problemi che ad essi si riconnettono? Oggi apprendiamo che i vostri amici sostenitori del pentitismo non fanno neppure più parte del progetto di innovazione legislativa: troppo utili, sì, quando sono pericolosi per Matacena!
L'onorevole Mancuso, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di illustrarla.
L'occasione è fornita dalle dichiarazioni rese il 9 luglio scorso dal deputato Matacena in occasione del dibattito svoltosi in quest'aula sul medesimo argomento e relativo a minacce fisiche che avrebbe ricevuto da parte di un collaboratore di giustizia, qualora fosse stato privato della protezione.
In relazione a tali dichiarazioni, gli interpellanti chiedono di conoscere per quale motivo il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Reggio Calabria abbia espresso parere contrario alle misure di protezione in favore del deputato, l'opportunità di un'indagine per chiarire per quali vie i collaboratori di giustizia Gullì e Festa siano venuti a conoscenza della denuncia presentata nei loro confronti e, infine, se non si ritenga opportuno revocare agli stessi lo status di collaboratore di giustizia.
Rispondo sulla base degli accertamenti disposti tramite il prefetto di Reggio Calabria ed il dipartimento della pubblica sicurezza. Il problema della sicurezza personale dell'onorevole Matacena, oggi posto all'attenzione dagli interpellanti, risale al luglio 1995, quando, raggiunto da una informazione di garanzia, il parlamentare si era rivolto al prefetto di Reggio Calabria esprimendo preoccupazione per l'incolumità personale propria e della famiglia a causa di talune dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia nell'ambito del procedimento denominato «Olimpia».
Secondo tali dichiarazioni, il deputato risultava coinvolto in voti di scambio che avrebbero potuto determinare un forte risentimento di un noto boss cosentino.
Interessati gli organi di polizia e lo stesso procuratore distrettuale, titolare dell'indagine, l'argomento veniva esaminato dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica che, con due successive riunioni, giungeva ad escludere categoricamente la ricorrenza di concreti elementi di pericolo.
Tuttavia venivano ugualmente disposti servizi di vigilanza radiocollegata all'abitazione del parlamentare a Reggio Calabria, informandone altresì il prefetto di Roma per l'altra abitazione in uso al medesimo nella capitale.
A distanza di quasi tre anni - durante i quali non sono stati segnalati episodi di qualsiasi rilievo - la posizione dell'onorevole Matacena è stata riesaminata dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nel giugno del corrente
Nella circostanza, il parlamentare segnalava di aver ricevuto minacce da parte di alcuni collaboratori di giustizia - Gullì e Festa - per il tramite di Giacomo Melito, loro congiunto.
Analoghe minacce venivano segnalate anche ai danni di Giuseppe Aquila, all'epoca vicepresidente dell'amministrazione provinciale, nei cui confronti l'onorevole Matacena estendeva la richiesta di misure di protezione.
Venivano immediatamente interessate le forze di polizia che confermavano l'episodio già denunciato alla procura della Repubblica due mesi prima dal parlamentare e dallo stesso Aquila.
Secondo accertamenti delle forze di polizia, l'episodio sarebbe riconducibile ad un colloquio del parlamentare con un suo ex collaboratore - il già citato Melito - che avrebbe esternato preoccupazioni per le accuse, ritenute ingiuste, che i nipoti Festa e Gullì avrebbero formulato a carico dell'onorevole Matacena col fine di estorcergli un compenso per la loro ritrattazione.
Le dichiarazioni del Melito - gravato da alcuni pregiudizi penali ed imputato di duplice omicidio ed associazione per delinquere di stampo mafioso - non sono state giudicate dagli organi di polizia tali da far ritenere esposto a concreto pericolo il parlamentare.
Nella seduta del 20 giugno il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, con la partecipazione del dirigente del centro DIA che conduce le indagini relative all'operazione «Olimpia» nel cui ambito è imputato il Melito, ha confermato l'opinione che il parlamentare non fosse esposto a particolari pericoli, attesa la nebulosità delle dichiarazioni del Melito, il quale viene ritenuto non particolarmente affidabile.
Veniva tuttavia confermato il servizio di vigilanza radiocollegata all'abitazione dell'onorevole Matacena, che era stato peraltro già avviato (Commenti del deputato Mancuso).
Nel frattempo l'ex presidente della provincia Giuseppe Aquila, cui era stata estesa la richiesta di protezione, è stato tratto in arresto.
Quanto agli aspetti relativi alle indagini - auspicate dagli interpellanti - riferisco l'esito degli accertamenti che sono stati promossi dal Ministero di grazia e giustizia tramite la Procura generale della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria.
Secondo le precisazioni fornite risulta che è tuttora pendente procedimento penale per quanto riguarda gli episodi denunciati dall'onorevole Matacena, i cui atti sono coperti da segreto investigativo. Allo stato non è dato sapere attraverso quali canali i collaboratori di giustizia possano avere avuto conoscenza dell'instaurarsi del procedimento penale.
Nell'ambito delle indagini effettuate, sono state ascoltate dalla polizia giudiziaria numerose persone informate sui fatti.
Vengo ora all'ultimo quesito posto dagli interpellanti. La commissione centrale di protezione, istituita dall'articolo 10 della legge 15 marzo 1991, n. 82, ha ammesso Antonio Gullì e Domenico Pierfrancesco Festa allo speciale programma - rispettivamente nelle sedute del 3 dicembre 1996 e del 30 settembre 1997 -, su proposta della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. La richiesta era motivata dai contributi forniti da Gullì e Festa sulle attività criminose della cosca Rosmini-Serraino-Nicolò, sui traffici in Italia ed all'estero di altri clan della 'ndrangheta, nonché in ordine a numerosi episodi di sangue, tra cui l'omicidio dell'onorevole Ligato sul quale, in particolare, Festa ha fornito ulteriori ed inediti dettagli. Proprio sulla base di tale collaborazione, si sono sviluppate le indagini, svolte dalla DIA su delega dell'autorità giudiziaria, e il successivo procedimento penale nel cui ambito risulta coinvolto lo stesso parlamentare.
In relazione all'esecuzione, nei confronti del Gullì, dell'ordinanza di custodia
Quanto al tentativo di estorsione ed alle minacce rivolte da Festa all'indirizzo dell'onorevole Matacena, oggetto di indagini da parte dell'Arma dei carabinieri, assicuro che il servizio centrale di protezione provvederà ad informare l'autorità giudiziaria che ha proposto il programma di protezione per le competenti valutazioni, intensificando, intanto, la sorveglianza sull'attività del predetto collaboratore.
L'argomento che ha formato oggetto della nostra interpellanza, della quale sono l'ennesimo dei sottoscrittori, può essere o non essere considerato, una volta stabilito quale sia la vostra sensibilità giuridica ed etica, signori del Governo, un episodio fra tanti consimili; ma, come spesso accade, il fatto singolo diventa fatto eponimo, fatto esponenziale di una realtà: ancora una volta, la realtà della menzogna in cui vivete e di cui sopravvivete.
L'onorevole Matacena - perché lei lo sappia e lo sappiano i suoi informatori, signor sottosegretario - non ha domicilio, casa, sede, abitazione a Roma, eppure lei viene qui ed inventa che la sua sicurezza sarebbe stata finora garantita fino al punto che a Roma, città non di sua residenza, sarebbe tutelato. Non è vero, non può essere vero ciò che manca del suo presupposto di fatto. La situazione dalla quale nasceva il giusto timore sottoposto in modo critico con questa interpellanza era la seguente: Matacena aveva denunciato che tre persone, familiari e consimili nel delitto, avevano appreso di una sua denuncia alla procura della Repubblica di Reggio Calabria e, di conseguenza, avevano per interposta persona minacciato la vita sua e dei suoi familiari.
Posso convenire che questo non sia convalidato tutto dalla A alla Z in base alle indagini, ma come si arriva ad equilibrare una decisione negativa come questa quando ogni giorno vediamo l'abuso indecente in cui personaggi della vita politica e non, degli affari, del giornalismo sono oggetto di una protezione che ha solo del ridicolo per la sua sovrabbondanza e la sua sguaiataggine? Noi adesso giriamo l'Italia soli con la nostra valigetta e ci imbattiamo in taluno dei nostri colleghi, insignificanti per valore e rappresentatività, seguiti da vere e proprie squadre, armate fino ai denti, per una tutela che essi meritano antropologicamente, ma realisticamente è vana!
Il collega Matacena, personaggio politico e finanziario in un contesto tra i più violenti e rischiosi del nostro paese, riesaminato intus et in cute, dopo episodi di questa gravità e ripetitività, può curarsi da sé i propri pericoli! Ripeto, e concludo perché non intendo svilire ancora di più la vilissima etica di questo Governo in