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scolastica o professionale (5099); Casini ed altri: Norme per l'innalzamento dell'obbligo di istruzione e di formazione (5107) (ore 10,37).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Disposizioni urgenti per l'elevamento dell'obbligo di istruzione e delle abbinate proposte di legge: Napoli ed altri: Disposizioni per l'elevamento dell'obbligo di istruzione; Berlusconi ed altri: Disposizioni urgenti per l'elevamento dell'obbligo di istruzione scolastica o professionale; Casini ed altri: Norme per l'innalzamento dell'obbligo di istruzione e di formazione.
Avverto che da parte dei deputati Aprea e Rodeghiero ed altri sono state presentate due questioni pregiudiziali, preannunciate in sede di Conferenza dei Presidenti dei gruppi a norma dell'articolo 40, comma 2, del regolamento (vedi l'allegato A - A.C. 4917 sezione 1).
PRESIDENTE. Passiamo alla discussione delle questioni pregiudiziali Aprea n. 1 e Rodeghiero e altri n. 2.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, abbiamo mantenuto questa pregiudiziale sul provvedimento recante disposizioni urgenti per l'elevamento dell'obbligo di istruzione perché il testo prefigura una riforma complessiva dell'istruzione secondaria attraverso la concessione di una serie amplissima di deleghe al Governo.
ed altri cerca di perseguire, in forme via via mutate nel tempo, un disegno che dovrebbe essere - l'abbiamo sentito - la riforma democratica e progressista della scuola. In realtà si tenta, in modo surrettizio, di scardinare le scuole secondarie superiori, in particolare i licei, facendo del primo anno della scuola secondaria, una fase ancora di orientamento, dunque in larga misura comune a tutti, prolungando la logica della scuola media.
delega in bianco semplicemente, cari colleghi, per aumentare di un anno, un solo anno, l'obbligo scolastico!
PRESIDENTE. L'onorevole Rodeghiero ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.
FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania ha ritenuto di porre la questione pregiudiziale sul provvedimento attinente alle disposizioni urgenti per l'elevamento dell'obbligo di istruzione non per motivazioni di mera tecnica legislativa e di coordinamento formale tra la legislazione ordinaria e quella superiore, ma per motivi sostanziali legati a quei diritti civici il cui riconoscimento è ritenuto tipico dello Stato sociale, tra i quali primeggia, appunto, il diritto all'istruzione, tanto che lo si è ricompreso nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo votata dall'ONU nel 1948.
statale sdoppiandone il ruolo: da una parte lo Stato come erogatore del servizio, concorrendo a ciò anche soggetti privati, dall'altra lo Stato come controllore sugli esiti dell'attività di istruzione, da qualsiasi soggetto siano esercitate. La dottrina, comunque, è concorde nel ritenere l'esame di Stato uno strumento tendenzialmente rivolto ad assicurare un'effettiva parità di trattamento scolastico per gli studenti provenienti dai vari tipi di scuole statali e non statali e vede quindi nell'istituto una funzione fondamentale in ordine alla libertà delle scuole e dell'insegnamento, un principio ritenuto fondamentale ed esplicativo della libertà e dello sviluppo della cultura.
quindi come il cittadino sia titolare di una situazione di diritto soggettivo, che gli compete per la fruizione di quei servizi pubblici che la Costituzione vuole assicurati a tutti i cittadini e che lo Stato deve garantire, sia una diretta applicazione dei principi fondamentali ed innovatori indicati dai primi articoli della Costituzione, come quelli sulla democrazia e l'uguaglianza sostanziali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Voglino. Ne ha facoltà.
VITTORIO VOGLINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di entrare nel merito delle questioni pregiudiziali sollevate dall'opposizione, intendo chiarire molto brevemente il quadro politico e culturale entro il quale queste pregiudiziali si collocano.
attenendosi alle prescrizioni dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
PRESIDENTE. Onorevole Voglino, dovrebbe concludere. Prego.
VITTORIO VOGLINO. Concludo, Presidente.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Voglino.
VITTORIO VOGLINO. Dunque «obbligo di istruzione» equivale a «istruzione obbligatoria».
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo favorevoli all'innalzamento dell'obbligo scolastico, ma siamo anche a favore delle pregiudiziali presentate dai colleghi Aprea e Rodeghiero. Ci sembra anzi che le motivazioni addotte dall'onorevole Voglino in qualche modo rafforzino le giustificazioni e le interpretazioni esposte dalla collega Aprea
e contenute nei due documenti in esame: si conferma quanto la delega sia ampia e quanto sia pericolosa una sorta di riforma del sistema scolastico per via regolamentare, cioè attraverso uno strumento inopportuno; in questi anni lo ha anche ripetuto più volte il ministro, auspicando che il Governo ed il Parlamento riflettessero insieme per arrivare ad una soluzione.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Volontè.
LUCA VOLONTÈ. Non si capiscono i motivi dello stralcio del provvedimento riguardante l'innalzamento dell'obbligo scolastico dalla più globale riforma dei cicli. Il ministro ha più volte parlato - enfaticamente - di adeguamento agli standard europei. Dopo il va e il vieni dell'innalzamento a sedici anni poi ridotto a quindici anni, ci sembra che l'unico motivo per queste misure sia quello di portare a casa un qualsiasi risultato. Per due anni sono state annunciate trasformazioni epocali del sistema scolastico, ma ci sembra che non sia stato ottenuto alcun risultato significativo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Napoli. Ne ha facoltà.
ANGELA NAPOLI. Onorevoli colleghi, il gruppo di alleanza nazionale condivide e sottoscrive le questioni pregiudiziali presentate dai gruppi di forza Italia e della lega nord in merito al provvedimento relativo all'innalzamento dell'obbligo di istruzione.
dai banchi del Governo, ossia del ministro per i rapporti con il Parlamento. Le chiedo scusa, ministro, ma ritengo che proprio su questo provvedimento sia necessario un suo immediato intervento perché lo stesso venga stralciato dai lavori di quest'aula.
PRESIDENTE. Onorevole Napoli, nel ringraziarla vorrei ricordarle che il Governo non interviene nella fase delle pregiudiziali; se lo riterrà, potrà farlo qualora si passasse ad esaminare il merito del provvedimento.
FABRIZIO FELICE BRACCO. Signor Presidente, l'onorevole Voglino nel suo intervento ha bene evidenziato le ragioni del provvedimento ed ha puntualmente risposto alle tesi ed alle argomentazioni dei colleghi che hanno presentato le questioni pregiudiziali.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego!
FABRIZIO FELICE BRACCO. Dicevo che si sostiene trattarsi di un provvedimento pasticciato, ossia di un provvedimento che viene ad intralciare il lavoro già avviato della più ambiziosa riforma di sistema.
Ricordo ai colleghi che comunque sia, la più ambiziosa riforma di sistema avrebbe dovuto contenere in sé una fase transitoria che intercorre dall'approvazione della legge alla sua completa attuazione.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Presenti 412
Ricordo che la discussione generale di questo provvedimento avrà luogo a partire dalle ore 18 di oggi.
Ricordo che, a norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 del regolamento, sulle questioni pregiudiziali avrà luogo un'unica discussione nella quale potranno intervenire per non più di dieci minuti uno solo dei proponenti per ciascuna pregiudiziale, e quindi un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
L'onorevole Aprea ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
Colleghi, per cortesia! Colleghi! Onorevole Veltri! Onorevole Veltri! Onorevole Veltri! Onorevole Veltri! Onorevole Veltri! Cinque volte bastano!
Prego, onorevole Aprea.
La prima pregiudiziale che abbiamo presentato si riferisce, quindi, alle deleghe contenute in questo provvedimento. Considerando che il Parlamento verrebbe privato di un qualsiasi controllo su un segmento decisivo della riforma scolastica, ci appelliamo al fatto che vi è un contrasto sostanziale con gli articoli 72 e 76 della Costituzione nell' utilizzare uno strumento normativo, come quello del regolamento, per disciplinare una materia così rilevante in discussione nel Parlamento italiano da ben trent'anni. Questa è la prima questione sulla quale tornerò in seguito.
In secondo luogo il provvedimento riguarda esclusivamente la scuola secondaria superiore, in modo particolare la scuola statale. Sappiamo che nel nostro paese il sistema scolastico è prevalentemente statale, quindi si tratta ancora una volta di un provvedimento che riguarda la possibilità di istruirsi esclusivamente attraverso le scuole statali e che inoltre esclude la formazione professionale di competenza regionale, attualmente affidata anche a strutture private. Ancora una volta, ripeto, viene elusa l'attuazione dell'articolo 33 della Costituzione sulla parità tra istituzioni scolastiche pubbliche e private. Si propone quindi un obbligo tutto nella scuola e tutto nello Stato; avremo modo di chiarire tale aspetto quando interverremo nel merito. In realtà noi crediamo che questo provvedimento rappresenti un modo surrettizio per riformare la scuola secondaria superiore con strumenti di natura burocratico-amministrativa al di fuori del controllo democratico del Parlamento. Come può questo Parlamento rinunciare a riformare un segmento così importante del sistema scolastico, il biennio della scuola secondaria superiore, diventato, tra l'altro, con l'ultimo, intollerabile accordo della maggioranza, «monoennio»?
È da circa trent'anni che un variegato schieramento politico-sindacale di forze comuniste, di cattolici, di post-sessantottini
Il fatto che questo progetto demagogico, in realtà antipopolare, non sia mai riuscito a passare è stato finora uno dei fattori di forza della scuola italiana, nonostante i limiti di un obbligo di soli otto anni.
Oggi si dice, in nome dell'Europa, che bisogna assolutamente realizzare la riforma del sistema scolastico e l'avvio dovrebbe essere proprio questo tipo di riforma, cioè un «monoennio» che si aggiunge all'obbligo scolastico ad ordinamento vigente. Non crediamo, cari colleghi, che ciò sia possibile.
In realtà, oggi il ministro viene a chiedere al Parlamento una delega in bianco per riformare per via amministrativa un segmento non secondario della scuola italiana, assumendosi certo tutte le responsabilità quando attuerà quella delega; oggi però la responsabilità è del Parlamento, di quelle forze politiche, soprattutto della maggioranza, che lasceranno nelle mani di una sola persona, il ministro della pubblica istruzione pro tempore, la facoltà di riformare il sistema scolastico italiano. Non è questo che la scuola ed il paese si aspettano; soprattutto, non è questa la risposta che un Parlamento democratico e responsabile deve dare a quei giovani che già oggi sono fuori dal sistema scolastico e che invece, proprio con una riforma seria del biennio della scuola secondaria superiore, potrebbero - magari attraverso percorsi differenziati, un vero e proprio pluralismo educativo - rientrare e rimanere con successo in un circuito formativo che possa garantire quel livello minimo di conoscenze culturali necessarie ad affrontare qualsiasi situazione di vita e di lavoro, ma soprattutto a creare le premesse migliori per affrontare il mondo del lavoro.
Noi, dunque, non possiamo oggi accettare supinamente la proposta che proviene dal Governo, perché parte da un provvedimento governativo, con l'appoggio però di un gran numero di forze politiche, quelle stesse forze politiche che si proclamano democratiche. Come può oggi questo schieramento dare facoltà al ministro della pubblica istruzione di riformare quel fatidico «monoennio» lavandosene le mani? Il Parlamento non può fare come Ponzio Pilato di fronte ad una riforma che il paese aspetta da trent'anni oppure bendarsi gli occhi e nascondere, prima di tutti a se stesso, che il problema dei giovani che non si iscrivono a scuola e che non sono inseriti nel circuito formativo non si risolve attraverso un obbligo scolastico - tutto nella scuola e tutto nello Stato - che al massimo può diventare un servizio di leva o contribuire a mantenere gli organici dei docenti e dei professori nelle scuole statali secondarie, ma certamente non contribuirà né a diminuire il drop out dei ragazzi che sono fuori dal sistema formativo, né a far fronte al problema dell'inserimento di questi ragazzi nel mondo del lavoro.
Siamo quindi veramente sconcertati e chiediamo al Parlamento un sussulto di orgoglio, altrimenti ancora una volta non ci resterà che dire che anche sull'innalzamento dell'obbligo scolastico, come su altri problemi, affrontati in questi stessi giorni, in queste stesse ore, le ragioni delle mediazioni politiche sono prevalse sugli interessi del paese - in questo caso, rispetto agli interessi degli studenti -, sulla fattibilità delle scelte, sulla coerenza di un disegno riformatore.
Il ministro si è presentato alle Camere con un progetto riformatore molto ampio, addirittura in controtendenza, addirittura in discontinuità rispetto al passato; lo ha fatto personalmente e lo ha fatto coinvolgendo il Presidente del Consiglio Prodi, il Vicepresidente del Consiglio Veltroni: hanno fatto grandi annunci e grandi proclami, per poi ridursi a chiedere una
Ma quale media ci porterà in Europa, quella dei nove anni? No, certamente questo provvedimento ci lascerà fuori dall'Europa, intanto per la durata dell'obbligo, perché nove anni non rappresentano certo una media europea, e poi per le modalità di assolvimento di questo obbligo, cui si ottempera semplicemente nel canale scolastico ed in un canale esclusivamente statale. Un simile provvedimento, cari amici, neppure la Russia oggi sarebbe disposta a votarlo, perché soltanto nell'Unione Sovietica si proponevano leggi di questo tipo: oggi la Russia ha in materia scolastica leggi molto, ma molto più avanzate.
Chiedo allora allo schieramento progressista di ripensarci e di bloccare finché è in tempo questo provvedimento, che non onora il paese, ma, prima di tutto, il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Naturalmente, come abbiamo già detto in Commissione, condividiamo l'obiettivo, ma consideriamo lo strumento, i tempi ed i modi inadatti, inefficaci e, ancor più, contraddittori ed in aperto contrasto con il dettato costituzionale, proprio perché solo una riforma complessiva e coordinata con il resto dell'ordinamento può raggiungere l'obiettivo europeo. Innanzitutto, l'articolo 1, comma 4, del provvedimento in oggetto prevede che a conclusione del periodo di istruzione obbligatoria sia rilasciata all'alunno una mera certificazione avente valore di credito formativo, ponendosi in evidente contrasto con il disposto dell'articolo 33, comma 5, della Costituzione, nel quale invece si stabilisce espressamente: «È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale». Anche il Comitato per la legislazione, nel suo parere sul provvedimento, ha sottolineato la necessità di prevedere che la conclusione dell'obbligo di istruzione coincida con la conclusione di un ciclo scolastico, che richiederebbe, a norma dell'articolo 33 in parola, la previsione di un esame di Stato. Come sottolinea anche la dottrina, è vero che la previsione costituzionale dell'esame di Stato deve essere intesa come principio tendenziale, largamente rimesso nell'applicazione alla discrezionalità del legislatore ordinario, ma proprio i lavori della Costituente ci chiariscono che la previsione dell'esame di Stato costituzionalizza il sistema vigente nel periodo precedente la Costituzione, in particolare quanto previsto dalla riforma Gentile, in cui tale istituto venne introdotto al fine di trovare un compromesso tra posizioni ideologiche differenziate. Convergevano su questo istituto, infatti, le esigenze dei cattolici, che ottenevano in tal modo una sostanziale parificazione delle proprie scuole con quelle statali, poste sullo stesso piano ai fini dell'accesso agli esami di Stato e delle modalità di effettuazione degli stessi, e le istanze dei liberali, in quanto la formula adottata consentiva un severo controllo della qualità delle scuole e permetteva di adottare una consistente libertà nei programmi di insegnamento, per effetto dello spostamento della fase di controllo al momento esterno all'iter scolastico vero e proprio. In sintesi, si trovava soluzione alla funzione
La mera certificazione prevista dal testo contraddice quindi al dettato costituzionale, quale l'esegesi dei lavori costituzionali e la dottrina ci chiarisce: una contraddizione che è legata al motivo politico per il quale questo Governo non poteva affrontare un nodo così significativo, considerate le enormi divergenze interne a questa maggioranza sul tema della parità scolastica. Del resto, lo stesso Comitato per la legislazione evidenzia, sempre nel suo parere, l'incongruità della previsione della certificazione nel dar conto delle competenze acquisite dall'alunno, se avviene a prescindere dallo svolgimento di un esame. È chiaro che per la lega nord il ruolo dello Stato nell'ambito dell'istruzione dovrebbe essere completamente ribaltato rispetto a quanto centralisticamente è previsto oggi dalla Costituzione italiana: una rivisitazione che tutti gli Stati moderni hanno già affrontato, ed è evidente che lo stralcio effettuato dal ministro sulla riforma dei cicli scolastici, estrapolando solo l'innalzamento parziale dell'istruzione obbligatoria, non poteva che portare alla contraddizione da noi rilevata.
In secondo luogo, riteniamo di dover porre una questione pregiudiziale in quanto nel provvedimento in esame, a parte l'inciso del comma 4, si parla di obbligo di istruzione, mentre l'articolo 34 della Costituzione recita: «L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita». Non si tratta di una questione meramente formale, perché il complemento di termine del principio di obbligatorietà previsto dal comma 2 dell'articolo 34 è assolutamente congiunto al principio di gratuità, che evidenzia soprattutto quanto il soggetto minore sia titolare di una situazione di diritto soggettivo, mentre il termine «obbligo scolastico» adottato dal Governo sottolinea il concetto di diritto pubblico, cioè lo sanziona quale obbligo imposto coattivamente nell'interesse generale al singolo, per cui questo è tenuto verso la pubblica amministrazione ad osservare un determinato comportamento, o più in particolare ad adempiere ad una certa prestazione.
Con la dizione «obbligo scolastico», cioè, si legittima la teoria del soggetto passivo complesso, per la quale soggetto del rapporto scolastico obbligatorio dal lato passivo sono sia i minori, tenuti ad una prestazione personale, sia gli adulti, che rispondono dell'adempimento; infatti, i termini cui ricorre il provvedimento sono «adempiere l'obbligo», «soddisfare l'obbligo» eccetera. L'aggettivo «scolastico», in sintesi, richiama in modo diretto le conseguenze sfavorevoli per i titolari dell'obbligo e quindi in via primaria il ruolo dello Stato come controllore prima che garante. Dai lavori preparatori e dal dibattito svoltosi in seno all'Assemblea costituente, si deduce anche che il riconoscimento del diritto all'istruzione era un risultato a cui i costituenti tenevano moltissimo e, proprio per il suo significato profondamente innovatore, non parlarono di obbligo scolastico, ma di istruzione obbligatoria e gratuita. Le proposte originarie, poi confluite nella formulazione definitiva dell'articolo 34, sottolineavano anzi in termini più espliciti il valore del diritto, inteso non come diritto di tutti di essere ammessi alla scuola, ma come diritto di ognuno di ricevere un'adeguata istruzione ed educazione per la formazione della sua personalità e l'assolvimento dei compiti sociali.
Anche la dottrina evidenzia come il fatto che i costituenti abbiano usato il termine «l'istruzione è obbligatoria», sottolineando
Per questi motivi, signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo presentato la questione pregiudiziale sul provvedimento del Governo relativo all'elevamento dell'obbligo dell'istruzione: probabilmente vi sarebbe stata materia per sollevare una questione pregiudiziale anche per il fatto che la proposta di innalzare l'obbligo dei processi formativi scolastici, escludendo la possibilità di un obbligo parallelo nell'ambito della formazione professionale, pensando di togliere alle regioni i percorsi riguardanti l'istruzione professionale e l'istruzione artistica, viola palesemente l'articolo 117 della Costituzione; ma crediamo che questo problema riguardi più complessivamente la riforma dei cicli, così come proposta dal Governo, a cui pure questo stralcio oggi al nostro esame attiene, e quindi ci riserviamo di sollevarla quando quella sarà al nostro esame.
Se non bastassero questi rilievi costituzionali, desidero invitare tutti i colleghi a leggere l'articolo 1, comma 1, del testo in esame e chiedere loro se riescano davvero a capire quando inizia e quando finisce l'obbligo di istruzione.
L'incongruità del testo deriva dagli «slalom giganti» in cui si è prodotto il Governo tra un emendamento di rifondazione e uno del partito popolare, diversi ed antitetici. Il risultato, oltre che essere anticostituzionale, è contrario a quel minimo di logica di intervento cui avrebbero diritto i cittadini, il mondo della scuola, le famiglie.
Le pregiudiziali si muovono all'interno del disegno di legge con il quale si intende realizzare un passaggio delicato, ma importante, il piano di ristrutturazione dell'intero impianto dell'ordinamento scolastico, con una convinzione culturale di fondo a conforto di questo nostro impegno politico. Aver innalzato l'obbligo scolastico di un anno, fino a 15 anni, con la prospettiva dichiarata di portarlo a 18 anni significa scommettere sulla scuola, credere che la scuola possa diventare sempre più motore di sviluppo della società. Significa credere che la crescita del livello di istruzione non è soltanto una determinante cruciale della crescita economica di un paese, ma anche una risorsa fondamentale per la diffusione del senso civico e il rafforzamento dei diritti di cittadinanza.
Queste sono le ragioni forti del nostro impegno. Alle questioni pregiudiziali che tendono a contrastare questo nostro impegno e a rendere inefficace questa nostra fatica opponiamo le seguenti osservazioni.
Prima osservazione. La collega Aprea sostiene che le indicazioni del comma settimo dell'articolo 1 sarebbero vaghe e priverebbero il Parlamento di qualsiasi controllo su una riforma di importanza decisiva per il futuro del paese, in contrasto con l'articolo 76 della Costituzione. Dal testo si desume in realtà con estrema chiarezza che non si tratta di conferire al ministro della pubblica istruzione una delega legislativa ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione, quanto piuttosto di una autorizzazione a disciplinare norme già esistenti (come si evince leggendo l'ultimo periodo subordinato del comma settimo), a predisporre norme regolamentari per le quali il ministro ha già poteri di carattere generale, ad integrare norme di rango secondario. E tutto questo, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e di intesa con i ministri competenti,
Seconda osservazione. È necessario sottolineare che tutto l'iter procedurale del provvedimento si è svolto in sostanziale armonia con quanto previsto dall'articolo 72 della Costituzione e non in contrasto, come sostiene la collega Aprea.
Terza osservazione. Per quanto riguarda il richiamo all'attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, non è questo il provvedimento che deve risolvere quanto previsto dai commi 3 e 4 del succitato articolo. A tale proposito, si fa presente che è in atto la discussione presso la competente Commissione del Senato.
Quarta osservazione. Nella sua pregiudiziale la collega Aprea sostiene che il provvedimento escluderebbe la formazione professionale di competenza regionale. Ma se facciamo riferimento all'articolo 2 della legge n. 845, si prevede che le iniziative di formazione professionale siano rivolte a tutti i cittadini che hanno assolto l'obbligo scolastico o ne siano stati prosciolti. Il disegno di legge che stiamo per varare rispetta questa disposizione, prefigurando un modello duale solo per la fase successiva all'obbligo. Vero, inoltre, che fino ai quindici anni la titolarità del processo formativo è della scuola, ma è altrettanto chiaro che la stessa scuola è invitata ad utilizzare le possibilità di integrazione prevista dalla legge sull'autonomia e dalla legge n. 196 del 1997. In particolare, si valuti attentamente e non pregiudizialmente l'ultimo periodo subordinato del comma 7, contenente un rinvio alla legge n. 59: questa prevede la possibilità di realizzare percorsi integrati tra diversi sistemi formativi.
Quinta considerazione. Nella pregiudiziale Rodeghiero ed altri n. 2 si richiama l'attenzione sul comma 4 dell'articolo 1, il quale prevede il rilascio di una certificazione che attesta l'adempimento dell'obbligo o il proscioglimento dallo stesso a conclusione del periodo di istruzione obbligatoria; nella pregiudiziale si considera questa parte in contrasto con il disposto del comma 5 dell'articolo 33 della Costituzione.
Il rilievo posto nella pregiudiziale ci pare irricevibile. Infatti questa ulteriore annualità appartiene alla scuola superiore: apre un ciclo scolastico, non lo chiude. Legittimo, allora, non parlare di esame di Stato, ma solo di accertamento dei livelli di apprendimento, di formazione e di maturazione, con il rilascio di una certificazione.
Ultima considerazione. La formula utilizzata dal testo in esame («obbligo di istruzione») non ci pare in contrasto con l'espressione contenuta nell'articolo 34 della Costituzione («istruzione obbligatoria»), essendo chiaro che l'intento politico e culturale è quello di elevare di due anni (ed in prima applicazione di un anno) l'istruzione obbligatoria.
Per queste ragioni riteniamo di dover respingere le questioni pregiudiziali che sono state proposte dall'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo).
Colleghi, per piacere, prendete posto! Onorevole Grimaldi, per cortesia!
Prego, onorevole Volontè.
Siamo contrari al disegno di legge anche con riferimento all'esclusione della formazione professionale dall'innalzamento dell'obbligo, visto che i primi due anni di studio sono inseriti nella scuola secondaria superiore; eventuali elementi di flessibilità sono affidati all'iniziativa di istituti solo ed esclusivamente statali. Si tratta di dare dignità alla formazione professionale, superando una concezione della scuola centristica, e di non negare un'opportunità a quanti potrebbero trovare un'occupazione al termine del periodo scolastico obbligatorio; si tenga conto che la maggioranza delle imprese lamenta una mancanza di personale qualificato: è strano che questo atteggiamento ostile alle esigenze della classe lavoratrice provenga principalmente dalle forze della sinistra.
Se l'esigenza è quella di adeguarci agli standard europei, allora questo adeguamento deve essere completo, deve riguardare tutti gli aspetti. Analoga urgenza dovrebbe essere riservata alla legge sulla parità scolastica che in Europa vige ormai da molti anni, mentre da noi riceve esclusivamente continui rinvii.
È l'ennesima soluzione pasticciata di un Governo pasticcione: eleviamo l'età dell'obbligo scolastico, senza sapere che cosa e come dovranno studiare questi ragazzi. L'innalzamento dell'obbligo scolastico è senza dubbio un atto dovuto, ma i tempi e le modalità devono essere parte di un lavoro armonico che riguarda tutta la riforma dei cicli. Questo stralcio snatura tutto il provvedimento che lo precede e mortifica il lavoro svolto da tanti colleghi all'interno della Commissione.
Il meglio è l'innalzamento dell'obbligo scolastico; ci sembra - concludo - che il bene sia la riforma complessiva. In questo meglio il provvedimento e lo stralcio proposto dal Governo - concordiamo con gli onorevoli Aprea e Rodeghiero - violano la Costituzione; allora, è meglio veramente rimandare l'analisi di questo provvedimento e riflettere globalmente - come il ministro ha invitato il Parlamento a fare per due anni - su una riforma complessiva che riguardi l'innalzamento dell'obbligo, la riforma dei cicli ed una bentornata, diremmo in Italia ben iniziata parità tra scuola pubblica statale e scuola pubblica non statali (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDR).
Tuttavia, nell'esprimere le nostre valutazioni di condivisione delle pregiudiziali presentate, vorrei richiamare brevemente l'attenzione del ministro che si sta allontanando
Il testo in esame spoglia delle proprie prerogative il Parlamento italiano; consiste nello stralcio di un provvedimento, quello sul riordino dei cicli, sul quale il Parlamento sta lavorando; va certamente ad urtare contro i contenuti dell'articolo 33 della Costituzione. Il provvedimento in questione, onorevole ministro per i rapporti con il Parlamento, è offensivo non solo per il mondo scolastico che dovrà recepirlo nel caso in cui malauguratamente dovesse essere emanato, ma per lo stesso Parlamento che sta per approvarlo.
Vorrei invitare il ministro a decifrare i contenuti del comma 1 dell'articolo 1, a spiegare ai parlamentari tutti e al mondo scolastico le contraddizioni contenute in questa previsione normativa: questo obbligo, se viene elevato da otto a dieci anni, come fa a diventare novennale? Questo obbligo, se viene elevato da otto a dieci anni dopo il riordino dei cicli, come fa contemporaneamente ad elevarsi fino al diciottesimo anno di età, sempre dopo il riordino dei cicli? Checché se ne dica, nonostante le acrobazie che vengono perpetrate da parte della maggioranza politica su questo provvedimento, quest'ultimo nasconde delle trappole e delega automaticamente il ministro ad un intervento sul riordino dei cicli. Parlare di innalzamento dell'obbligo scolastico attraverso un «monoennio», onorevole ministro e onorevoli colleghi, significa non equiparare il nostro sistema di istruzione a quello delle altre nazioni europee e nemmeno riuscire ad equipararlo a quello esistente nel Congo! In quest'ultimo paese, infatti, l'obbligatorietà dell'istruzione ha una durata di dieci anni.
Onorevole ministro, al di là della spoliazione che viene fatta nei confronti del Parlamento, credo che un suo intervento sia più che necessario a fronte dei rapporti che devono vincolare il Governo a questo Parlamento.
Pertanto, nell'esprimere il nostro voto senz'altro favorevole sulle due questioni pregiudiziali che sono state presentate, richiamo l'attenzione su quelle che sono le sue prerogative, onorevole ministro, prerogative che lei in questo momento è chiamato a far «funzionare» (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bracco. Ne ha facoltà.
Il lavoro serio ed approfondito della VII Commissione e il testo normativo che viene sottoposto all'aula per l'approvazione testimoniano l'impegno che maggioranza ed opposizione hanno profuso, e in qualche modo controbattono molte delle tesi che sono state qui illustrate da alcuni colleghi.
Si è detto, anzitutto, che si tratta di un provvedimento pasticciato, un provvedimento che in qualche modo interrompe l'iter di un disegno di legge...
In qualche modo il riordino complessivo dei cicli del nostro sistema scolastico e formativo avrebbe dovuto scontare una fase in cui comunque avremmo dovuto procedere ad una trasformazione graduale della scuola italiana ed avviare una transizione dall'attuale ordinamento e dall'attuale organizzazione al nuovo ordinamento e alla nuova organizzazione.
Si dice inoltre che il provvedimento in esame violerebbe in qualche modo le prerogative del Parlamento. Io credo di no perché in tutti i suoi passaggi, il provvedimento, di cui fra poco inizieremo l'esame qui in aula, fa riferimento alla legislazione vigente, una legislazione - lo ricordo al collega Volonté - che è cambiata in questi due anni. Non si è trattato soltanto di fare politiche dell'annuncio! Ricordo che noi abbiamo approvato la legge n. 59 che contiene l'articolo 21 i cui commi 8, 9 e 10 parlano di autonomia scolastica, di autonomia didattica, di autonomia organizzativa delle scuole, di integrazione tra formazione scolastica e formazione professionale; ciò consente comunque di affrontare in modo serio un riordino del nostro sistema scolastico attuale già a legislazione vigente.
Ricordo ancora che è stata approvata la legge n. 196, la famosa «legge Treu», che contiene indicazioni per la riforma della formazione professionale; inoltre, sono state via via approvate norme che oggi ci consentono di affrontare in modo serio anche questa fase transitoria connessa all'innalzamento dell'obbligo scolastico.
Si sostiene che questa norma stravolgerebbe la scuola attuale. Mi limito a riferire solo un dato. Ricordo ai colleghi che negli scorsi trent'anni la società civile in Italia è andata un po' più avanti rispetto alla società politica ed alle leggi. Di fatto oggi l'obbligo scolastico è in parte già attuato. Infatti, nel paese i ragazzi che superano la licenza media sono circa il 90 per cento di quelli iscritti. Di questi il 100 per cento si iscrive alla media superiore, ma un 30 per cento abbandona la scuola tra il primo ed il secondo anno della media superiore. Tale abbandono si verifica soprattutto nelle scuole professionali e negli istituti d'arte. Ciò dimostra che la voglia di istruzione in questo paese è diffusissima ma che è la scuola, in particolare un certo tipo di scuola, che respinge i giovani.
Quindi, dobbiamo lavorare - e in questo senso si muove il provvedimento al nostro esame - per offrire una scuola in grado di rispondere ai bisogni di questi giovani. Si deve pertanto intervenire in questa fase transitoria offrendo un anno di studio che risulti utile per dare risposte serie ai problemi che l'istruzione nel nostro paese presenta.
Affronteremo in discussione generale tutti i temi che sono stati sollevati con argomentazioni spesso demagogiche. Per il momento ci basta ribadire che riteniamo quello al nostro esame un provvedimento importante e serio. Pertanto, come ha giustamente evidenziato il collega Voglino, ritengo che le pregiudiziali debbano essere respinte.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Aprea n. 1 e Rodeghiero ed altri n. 2.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione:
Votanti 409
Astenuti 3
Maggioranza 205
Hanno votato sì 179
Hanno votato no 230
(La Camera respinge - Vedi votazioni).