(Sezione 3 - Vicenda giudiziaria di due ispettori della polizia di Stato)
C) Interrogazione:
TARADASH. - Ai Ministri di grazia e giustizia e dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Ispettore di pubblica sicurezza Giuseppe Servoli e il vice ispettore di pubblica sicurezza Marco Franza, nel maggio 1995, erano stati incaricati dal proprio direttore superiore, cui avevano segnalato il caso, di effettuare indagini nei confronti di un terzo poliziotto Marco Branca, sospettato di corruzione, estorsione e traffico di stupefacenti, perpetrati nella provincia di Viterbo;
il 12 maggio 1995, Marco Branca veniva tratto in arresto per flagranza di reato dalla questura di Viterbo, che aveva avviato autonoma indagine per gli stessi fatti;
in data 27 luglio 1995, il Branca, già reo confesso, ottenuto un colloquio con il pubblico ministero, dottoressa Donatella Ferranti, effettuava una chiamata in correità nei confronti degli ispettori Servoli e Franza;
solo sulla base di tali dichiarazioni del Branca, in data 2 novembre 1995, questi venivano tratti in arresto a seguito di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari di Viterbo, dottor Alvaro Carruba, su richiesta del pubblico ministero, nell'ambito del suddetto procedimento penale;
nell'ordinanza di custodia cautelare, si disponeva espressamente la traduzione di Servoli e Franza presso la casa circondariale di Viterbo, carcere ordinario e non militare, nonostante la loro qualifica di agenti della polizia di Stato;
già al momento dell'arresto, gli agenti esponevano verbalmente agli operatori della squadra mobile di Viterbo che stavano eseguendo l'ordinanza di custodia cautelare, la loro volontà ad essere tradotti presso il carcere militare di Roma, Forte Boccea;
l'articolo 79, comma 2, della legge n. 121 del 1981 stabilisce che a richiesta dell'interessato, i provvedimenti di custodia o carcerazione preventiva sono eseguiti presso gli stabilimenti penali militari e che la richiesta medesima può essere immediatamente proposta agli ufficiali o agenti della polizia giudiziaria o della forza pubblica;
l'articolo 277 codice di procedura penale stabilisce che le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare, i diritti della persona ad esse sottoposta il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto;
l'articolo 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, stabilisce che «il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona»;
in data 7 novembre 1995, il giudice per le indagini preliminari accoglieva la richiesta degli agenti e ne disponeva l'immediata traduzione presso il carcere militare;
tale trasferimento è avvenuto con gravissimo ritardo, dopo diciotto giorni per il vice ispettore Franza e dopo ventiquattro giorni per l'ispettore Servoli;
l'aver trascorso il primo periodo di detenzione preventiva presso un carcere ordinario ha esposto gli stessi, per la loro qualifica di agenti della polizia di Stato, al pericolo di ritorsioni e vendette da parte degli altri detenuti, mettendo a rischio la loro incolumità, per tutelare la quale essi sono stati costretti in volontario isolamento durante tutto il periodo compreso tra l'arresto ed il trasferimento a Forte Boccea, limitando anche al massimo i colloqui con i familiari ed evitando di esporsi nel cortile o di servirsi della mensa carceraria;
tale situazione ha determinato gravissimi patimenti fisici e psicologici;
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il Franza ed il Servoli sono stati severamente condannati in primo grado, con sentenza impugnata in sede di appello tuttora pendente, mentre il chiamante in correità ha riportato una pena ben più lieve dei due poliziotti -:
quali siano stati i motivi per i quali i due indiziati non sono stati immediatamente tradotti dagli operatori della squadra mobile di Viterbo, sulla base della loro richiesta, presso il carcere militare;
quali siano stati i motivi per i quali, successivamente, nonostante la richiesta scritta di trasferimento in un carcere militare, questo sia stato eseguito con significativo ritardo, pur considerando il pericolo cui essi erano sottoposti, con violazione delle disposizioni di legge in merito;
se siano state avviate, dagli organi amministrativi rispettivamente competenti, inchieste e/o procedure tese all'applicazione delle opportune sanzioni disciplinari nei confronti di coloro che, violando le disposizioni di legge relative, hanno messo a rischio l'incolumità degli indiziati.
(3-02294)
(30 aprile 1998).