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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Berselli. Ne ha facoltà. Ha a disposizione 12 minuti, onorevole Berselli.
FILIPPO BERSELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la posizione dell'onorevole Gaspare Giudice è strettamente connessa a quella di altri due indagati: Gaspare Bazan e Dario Lo Bue.
custodia cautelare è stata invece annullata per mancanza di sufficienti indizi di colpevolezza.
anche a strumentalizzare le sue altissime prerogative di parlamentare per venire incontro alle loro aspettative e comunque per impedire che vengano accertate le loro gravissime responsabilità penali».
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Deodato, al quale ricordo che ha dieci minuti di tempo. Ne ha facoltà.
GIOVANNI GIULIO DEODATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dico subito e con convinzione che non posso condividere la proposta fatta con ammirevole e sofferto disagio dall'onorevole relatore a nome della maggioranza della Giunta per le autorizzazioni a procedere. Pertanto, anche in questa sede, voterò contro di essa.
richiesta dalla magistratura nei confronti di un componente di questa Assemblea.
e l'attualità del pericolo di inquinamento e, dall'altro lato, che secondo un costante orientamento della Corte di cassazione per la validità del provvedimento giudiziale occorrono le indicazioni specifiche delle circostanze di fatto e una motivazione altrettanto specifica, logica ed adeguata.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bielli. Ne ha facoltà.
VALTER BIELLI. Siamo chiamati ad assumere una decisione su una questione particolarmente delicata, una decisione che sarà comunque sofferta per tutti, una decisione nella quale non si può non provare disagio. Parlo di disagio e non di imbarazzo perché quest'ultimo presupporrebbe la mancanza di convinzione da parte nostra.
si stia riorganizzando e diffondendo con caratteristiche che poco hanno a che fare con l'immagine che si aveva, fino a poco tempo fa, della mafia.
La persecuzione politica - a detta di tutti - non esiste, perché rischierebbe di essere il tentativo di non voler rispondere attraverso questo assunto e attraverso espedienti a giudizi di merito.
PRESIDENTE. Onorevole Bielli, lei dispone ancora di un minuto di tempo!
VALTER BIELLI. Quant'era il tempo totale a disposizione?
PRESIDENTE. Era di 10 minuti.
VALTER BIELLI. Il nostro gruppo ha 10 minuti rispetto ad altri che ne hanno 12?
PRESIDENTE. È il suo gruppo che ha previsto 10 minuti per lei, non io.
VALTER BIELLI. Ritengo di aver fornito un quadro espositivo in qualche modo sufficiente per aver presente il contesto in cui ci si trova ad operare.
tenere in considerazione anche il fatto che il parlamentare, rispetto a rischi del genere, deve saper svolgere una funzione di un certo tipo. Non si può affermare, come ha fatto il Giudice, che non sapeva, che non poteva conoscere, perché credo che come parlamentari abbiamo il diritto non solo di sapere, ma anche di tutelare la nostra funzione e, dal punto di vista politico, anche di essere in grado, di fronte a fenomeni di questo tipo, di rivendicare un valore e di avere una certa etica, quella cioè per la quale, rispetto a questioni che riguardano la mafia, dobbiamo riuscire non solamente a starne lontano, ma almeno a combatterla.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cola, che dispone di sette minuti. Ne ha facoltà.
SERGIO COLA. Presidente, credo che sette minuti non siano sufficienti, attese le dimensioni delle fonti a nostra disposizione.
PRESIDENTE. Anche per lei si tratta del tempo che il suo gruppo le ha attribuito.
SERGIO COLA. Non mi lamento, comunque credo che sette minuti non siano neppure sufficienti a denunciare le inquietanti problematiche che la richiesta in esame pone.
coscienza, non mi sento di votare a favore della proposta della Giunta (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e dell'UDR).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo innanzitutto dare atto ai componenti della Giunta del lavoro approfondito che è stato svolto, nonché al relatore del sofferto giudizio e della sofferta relazione, che comunque non ha potuto non tenere conto del comportamento dell'onorevole Giudice nell'ambito della sua audizione presso la Giunta: un comportamento, onorevoli colleghi, che ha spinto il gruppo di forza Italia, perché pressato dallo stesso onorevole Giudice, a votare in quella sede a favore dell'utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche. Si tratta però di un principio che questo Parlamento deve valutare con grande attenzione, perché così noi creiamo un pericoloso precedente. Stante la vigenza dell'articolo 68 della Costituzione, che recita «Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma (...)», non è possibile un'autorizzazione «postuma». Ciò quindi spiega la grande dignità e la volontà dell'onorevole Giudice di fornire tutti gli elementi di valutazione perché possa chiarire la sua posizione anche in sede processuale. Però il Parlamento ha il dovere di valutare attentamente quando decide su questi principi, perché - ancorché sia in discussione l'applicazione dell'articolo 68 della Costituzione - rischia di creare pericolosi precedenti.
professione di avvocato, quali elementi è necessario sussistano per affermare che un soggetto è parte integrante di un'associazione criminale di stampo mafioso. È necessario uno stabile inserimento nell'organizzazione criminale, non l'apertura di quattro o cinque libretti al portatore, intestati a nomi di fantasia, dei quali fra breve vi darò conto; è poi necessaria l'adesione alle regole dell'accordo associativo. Ebbene, tutti hanno detto, anche coloro che accusano l'onorevole Giudice - compreso lo stesso onorevole Abbate facendo riferimento alle fasi in cui la funzionalità all'associazione criminale si sarebbe espletata, quanto al primo periodo, dal 1980 al 1983 (egli ha distinto altri due periodi), quello della cosiddetta iniziazione dell'onorevole Giudice -, che si è trattato di un'iniziazione non sacramentale, mentre noi sappiamo che l'appartenenza ad una cosca mafiosa è sostanziale e formale: vi sono riti di iniziazione, operazioni ed attività da svolgere ma tutto questo non è stato fatto, non ve n'è la prova, nessuno dice che sia stato fatto!
dello Stato, della collettività e anche di questo consesso ad avere l'integrità del plenum. Il secondo è quello di garantire l'effettività dell'azione giudiziaria a carico di chiunque. Se votassimo a favore dell'arresto, così come ci dice di fare la Giunta, sia pure a maggioranza, noi violeremmo e mortificheremmo il principio costituzionale dell'integrità del plenum. Se votassimo «no», come io farò e come invito a fare i colleghi, non violeremmo la effettività dell'azione giudiziaria a carico di chiunque, perché l'azione giudiziaria andrebbe avanti e sarebbe celebrato il dibattimento, nel quale probabilmente sarà fatta giustizia di questa vicenda.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fragalà. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha sette minuti di tempo.
VINCENZO FRAGALÀ. Signor Presidente, signori deputati, con estrema pacatezza tenterò di rappresentare un punto di vista che a mio avviso dovrà portare quest'aula ad un ridimensionamento e ad un capovolgimento della proposta che è stata illustrata con estrema compiutezza dall'onorevole Abbate, cioè quella di accogliere la richiesta di autorizzazione all'arresto, che viene dalla procura e dall'ufficio del GIP di Palermo, ai danni dell'onorevole Gaspare Giudice.
nero dal bianco, perché, se tutto è mafia, niente è mafia. Leonardo Sciascia concordava. Ebbene, allargare ad ogni aspetto della vita sociale siciliana la possibilità di contagio per frequentazione, cioè la possibilità che automaticamente un rapporto possa innescare un'accusa gravissima come la partecipazione ad associazione mafiosa, rappresenta una lesione per lo Stato di diritto e per le garanzie non solo del cittadino deputato Gaspare Giudice, ma di tutti i cittadini italiani.
PRESIDENTE. Il tempo, onorevole Fragalà.
VINCENZO FRAGALÀ. Concludo, Presidente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giuliano. Ne ha facoltà.
PASQUALE GIULIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di accingermi a parlare del caso che ci interessa, vorrei sollecitare l'attenzione del Presidente della Camera e dell'Assemblea su un problema singolare, che indubbiamente suscita inquietudine nelle nostre coscienze.
di un parlamentare, non è messa in condizione di conoscere gli atti e i documenti che sono noti soltanto ai componenti della Giunta.
fatto non sussiste. Una formula piena che lo scagionò in maniera certa e assoluta da tutti quei gravi fatti che gli erano stati addebitati.
ebbene, non si riesce a capire perché questa necessità venga affermata con riferimento all'onorevole Giudice.
PRESIDENTE. Onorevole Giuliano, il tempo a sua disposizione è esaurito.
PASQUALE GIULIANO. ... per ben tre mesi ed essendo stato per tale fatto riconosciuto assolutamente innocente con la formula, come si diceva una volta, ampiamente liberatoria perché il fatto non sussiste.
PRESIDENTE. Onorevole Giuliano, dovrebbe concludere.
PASQUALE GIULIANO. Sto per concludere, Presidente.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Gaspare Bazan è stato colpito da un provvedimento restrittivo del GIP, successivamente annullato dal tribunale del riesame di Palermo. Si legge nell'ordinanza del giudice istruttore: «Le indagini hanno consentito di evidenziare una serie gravissima di reati aventi un vasto spettro di azione illegale che hanno come conseguenza una prognosi assolutamente negativa sul Bazan Gaspare. Infatti la capacità criminale di quest'ultimo ed il suo spessore è di assoluta rilevanza se si pensa che ha asservito tutte le sue attività imprenditoriali al riciclaggio operato da Cosa nostra». Questo con riferimento agli indizi di colpevolezza. Per quanto riguarda la sussistenza dei presupposti per l'adozione della misura cautelare in carcere, si legge nell'ordinanza: «Il giudizio prognostico per l'indagato non può che essere assolutamente negativo proprio tenendo conto della pervicacia e della ostinazione con cui il Bazan ha operato nella commissione degli illeciti contestati. Inoltre egli ha dimostrato una particolare capacità delinquenziale nel valersi di una serie di operazioni commerciali tutte volte a occultare l'esistenza di capitali di Cosa nostra». Ad avviso del giudice per le indagini preliminari, inoltre, esistevano evidenti possibilità che l'indagato Bazan potesse inquinare le prove.
Dunque per quanto riguarda il Bazan ci trovavamo di fronte ad un pericoloso delinquente, che poteva reiterare i reati ed inquinare le prove. Bazan concorreva con l'onorevole Giudice nei reati di bancarotta propria, di bancarotta impropria, di false comunicazioni sociali, di riciclaggio di denaro della mafia. Per il primo reato è stato chiesto l'arresto dell'onorevole Giudice, mentre il tribunale del riesame ha annullato l'ordinanza che lo disponeva nei confronti del Bazan. Per gli altri tre reati il Bazan è fuori, ma si vuole arrestare l'onorevole Giudice.
L'indagato Lo Bue concorre con il Bazan e l'onorevole Giudice nel riciclaggio di denaro di provenienza mafiosa e per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Anche per Lo Bue, ad avviso del giudice per le indagini preliminari, gli indizi di colpevolezza sarebbero evidenti. Si dice infatti: «Le indagini hanno consentito di evidenziare che il Lo Bue, sebbene non formalmente inserito in Cosa nostra, ha finito per assumere un ruolo rilevante nella gestione dei beni del D'Agati e della famiglia di Santa Maria del Gesù, assicurandone ancora attualmente la continuità nello svolgimento delle attività imprenditoriali. In questo senso il contributo del Lo Bue è consistito in quello, tipico, del concorrente esterno proveniente da un soggetto non inserito nel sodalizio mafioso ma che, per le sue conoscenze ed esperienze peculiari, è in grado di fornire un apporto causale del quale l'organizzazione non dispone. Gli elementi di prova esposti hanno inoltre consentito di evidenziare il contributo prestato dal Lo Bue alle attività di riciclaggio delle risorse finanziare illecite della famiglia di Santa Maria del Gesù. Il quadro esposto pertanto, evidenziando un vasto spettro di azioni illegali, consente di formulare una prognosi assolutamente negativa sul conto di Lo Bue. Infatti la capacità criminale di quest'ultimo ed il suo spessore sono di assoluta rilevanza se si pensa che ha operato costantemente in funzione del riciclaggio operato da Cosa nostra».
Il tribunale del riesame aveva annullato l'ordinanza che aveva disposto la custodia cautelare nei confronti del Bazan per mancanza di esigenze cautelari.
Per quanto riguarda il coindagato Lo Bue, l'ordinanza che ne aveva disposto la
Anche per Lo Bue, comunque, si parla di possibile pericolo di inquinamento probatorio, di possibile reiterazione dei reati.
Ci troviamo quindi di fronte, secondo l'impostazione del giudice per le indagini preliminari, per quanto riguarda Lo Bue, ad un pericolosissimo delinquente che poteva reiterare i reati ed inquinare le prove.
Il Lo Bue era indagato del reato di riciclaggio di denaro di provenienza mafiosa assieme a Bazan (Lo Bue e Bazan sono fuori) ed assieme a Giudice (Giudice lo si vuole arrestare).
Il Lo Bue era indagato da solo per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ai sensi dell'articolo 416-bis: è stato arrestato dal GIP, ma gli è stata revocata l'ordinanza di custodia cautelare dal tribunale del riesame di Palermo. In sostanza, si dice che mancano nei suoi confronti indizi di colpevolezza, quegli stessi indizi di colpevolezza che il giudice per le indagini preliminari di Palermo riteneva evidenti.
I coindagati dell'onorevole Giudice sono dunque fuori, l'onorevole Giudice lo si vuole arrestare.
Veniamo all'onorevole Giudice. È indagato per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso e, in concorso con Bazan e con Lo Bue, per gli altri reati di cui ho parlato prima.
La posizione dell'onorevole Giudice viene tratteggiata dal GIP in numerose pagine dell'ordinanza che ne aveva disposto la custodia cautelare. Tutto l'impianto accusatorio, onorevoli colleghi, per quanto riguarda gli indizi di colpevolezza che colpirebbero l'onorevole Giudice, si basa sulle dichiarazioni di un collaboratore di nome Barbagallo. Costui è, onorevoli colleghi, il pilastro dell'impianto accusatorio nei confronti dell'onorevole Giudice.
Il tribunale del riesame di Palermo, che ha annullato l'ordinanza che aveva disposto la misura cautelare nei confronti di Lo Bue, ritiene che non sussistano per lo stesso Lo Bue indizi di colpevolezza, ma il Barbagallo non rappresenta il pilastro dell'accusa nei confronti del Lo Bue.
L'elemento essenziale per l'accusa, come dicevo, è il Barbagallo, che viene citato numerose volte nell'ordinanza come colui che ha portato elementi essenziali e determinanti per l'individuazione della responsabilità penale dell'onorevole Giudice.
In più passi dell'ordinanza si parla del Barbagallo come di un collaboratore assolutamente attendibile. Quindi, quando il giudice per le indagini preliminari fa riferimento a gravi indizi di colpevolezza, si basa sull'apporto fornito dal collaboratore Barbagallo.
Ebbene, il Barbagallo è sì un collaboratore, ma di scarsissima affidabilità. Tale è stato ritenuto in varie inchieste dall'autorità giudiziaria ed ultimamente è stato reputato inattendibile in una vicenda che riguardava un giovane accusato di omicidio. In quella occasione il Barbagallo dichiarò di aver assistito all'omicidio, ma i magistrati hanno prosciolto il giovane, ritenendo false le dichiarazioni del Barbagallo che, dunque, non è un collaboratore trasparente, né attendibile!
I gravi indizi di colpevolezza si basano, pertanto, sull'apporto istruttorio fornito da un collaboratore che viene ritenuto inattendibile non dalla difesa dell'onorevole Giudice, ma dalla stessa autorità giudiziaria.
Ma andiamo a vedere i motivi che hanno indotto il giudice per le indagini preliminari ad adottare la misura cautelare al nostro esame per l'autorizzazione. Si dice: «Peraltro l'appartenenza dell'onorevole Giudice ai massimi vertici istituzionali dello Stato accentua tale pericolo». In altri termini, il fatto che sia parlamentare accentua il pericolo che sussistano esigenze di carattere cautelare. «Infatti è innegabile, in ciò condividendosi quanto argomentatosi sul punto dal PM, che l'indagato costituisce per gli uomini d'onore, con i quali ha via via instaurato rapporti, una importante garanzia per poter continuare a realizzare i propri interessi criminali con la consapevolezza che lo stesso si attiverà, così come ha dimostrato di fare sinora, non esitando
Per quanto riguarda il pericolo di reiterazione dei reati, si dice: «È un parlamentare; per le sue prerogative di parlamentare può, a differenza degli altri, più facilmente reiterare i reati». Inoltre si dice: «Ancora più evidente appare il pericolo di inquinamento delle acquisende fonti di prova proprio in virtù della posizione di potere acquisita dall'indagato nelle istituzioni». Si dice cioè: onorevole Giudice, tu sei un deputato e i reati puoi reiterare, anzi tu reitererai i reati. Onorevole Giudice, tu sei un deputato e tu puoi inquinare le prove. No, anzi: tu le inquinerai sicuramente, tu reitererai sicuramente i reati. In sostanza, vi è un capovolgimento del principio dell'articolo 68 che garantisce non tanto il parlamentare ma il Parlamento, che garantisce il plenum. In questo caso noi abbiamo un capovolgimento di questi principi.
I coindagati «laici» sono fuori. Tu, Giudice, devi finire in galera unicamente perché sei un deputato. Questo non lo dico io, ma lo dice il GIP. Questo, in qualche modo e sia pure con qualche imbarazzo, lo riferisce l'onorevole Abbate. Questa è la realtà. Si vuole arrestare Giudice unicamente perché deputato di questo Parlamento. Diversamente, sarebbe fuori così come sono stati messi fuori non soltanto il Bazan ma soprattutto Lo Bue, che è indagato esattamente come l'onorevole Giudice per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Comprendo l'imbarazzo dell'onorevole Abbate, e gliene do atto perché lo ha manifestato nel corso della discussione che abbiamo avuto in Giunta per le autorizzazioni a procedere. Ci troviamo di fronte ad una richiesta eccezionalissima di arresto di un deputato, che è avvenuto in casi, ripeto, eccezionalissimi. Si tratta di vulnerare il plenum del Parlamento, si tratta di arrestare un parlamentare unicamente, lo ribadisco, perché è un deputato di questa Repubblica! Si tratta di arrestare un parlamentare incensurato per episodi lontani nel tempo, pensare che si possano inquinare prove per fatti lontanissimi e che si possono reiterare i reati (che se commessi lo sono stati in tempi lontanissimi), fa sì che abbiamo ragione di ritenere che ci si trovi di fronte ad una vera e propria situazione tale da giustificare il rigetto della richiesta di arresto nei confronti dell'onorevole Giudice e di rigetto delle conclusioni a cui è pervenuta la Giunta, sia pure in modo sofferto - e gliene do atto - tramite il suo relatore, onorevole Abbate (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
Qualsiasi considerazione o valutazione sul problema che è oggi all'esame della Camera deve essere preceduta dalla comune e motivata riflessione in ordine alla natura, all'oggetto e ai limiti della decisione che ci accingiamo ad adottare.
Se la natura è, come in effetti è, quella attribuita dall'articolo 68 della Costituzione, è importante ribadire anche in questa occasione che l'oggetto non è costituito né dalla valutazione circa la colpevolezza del deputato nei cui confronti è stata chiesta l'esecuzione della massima misura cautelare né dall'esame di merito in ordine ai gravissimi fatti ascritti. Tutti, infatti, sappiamo che questa valutazione è attribuita in via esclusiva alla magistratura giudicante. L'oggetto della nostra decisione - ed è bene sottolineare anche questo - è costituito dalla valutazione sulla oggettiva esistenza dei presupposti per l'esecuzione della misura cautelare
L'autorizzazione all'arresto preventivo di un parlamentare è sempre stata considerata dal Senato e da questa Camera come un provvedimento assolutamente eccezionale. L'eccezionalità e l'atipicità del provvedimento trovano puntuale riscontro nell'esiguità dei casi in cui esso è stato adottato. Onorevoli colleghi, in cinquant'anni di vita repubblicana la Camera ha autorizzato l'arresto soltanto di quattro deputati per reati accertati in modo definitivo della massima gravità.
Detto questo, va rilevato che in materia di autorizzazione all'arresto preventivo, una rassegna completa e scrupolosa delle decisioni che questa Assemblea ha adottato mette in risalto gli indirizzi che sul punto possono essere consolidati. Un primo indirizzo richiede quale presupposto per l'autorizzazione l'esistenza di una condanna passata in giudicato o quanto meno di una sentenza di primo grado. È chiaro che questa ipotesi esclude di per sé l'autorizzazione all'esecuzione dell'arresto dell'onorevole Giudice.
In altre occasioni la Camera si è trovata di fronte alla necessità di esprimere un giudizio di prevalenza tra le esigenze cautelari rappresentate dalla magistratura e l'interesse al mantenimento del plenum dell'Assemblea, anche a fronte del rischio di compromettere la funzionalità degli organi parlamentari e quindi di penalizzare il gruppo cui l'indagato appartiene.
Un altro indirizzo della Camera attiene al cosiddetto fumus persecutionis che sia ravvisabile nella richiesta della magistratura, un intento persecutorio anche sotto il profilo oggettivo per errori e forzature processuali non volontariamente commesse anche in questo caso dal GIP di Palermo.
Infine, un ulteriore indirizzo della Camera per la non concessione dell'autorizzazione all'arresto è costituito dalla insussistenza dei tre presupposti di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale, che la legge pone come condizioni valide per qualunque cittadino perché siano disposte misure cautelari nei suoi confronti.
Ciò precisato, è importante chiarire che con la decisione che verrà assunta da questa Assemblea, qualunque sia l'esito del voto odierno, la Camera, nel compiere una valutazione in ordine all'esistenza di questi presupposti, non assumerà il ruolo di giudice di gravame sul caso concreto né la posizione che da essa verrà espressa avrà carattere delegittimante verso l'operato della magistratura.
Sui fatti contestati si sono già espressi e diffusi con ampia motivazione gli onorevoli Saponara e Berselli ed io mi riporto alle loro considerazioni, che condivido in pieno.
Passando invece all'esame degli elementi che contraddistinguono il caso dell'onorevole Giudice, si può osservare che il GIP di Palermo, nell'ordinanza di applicazione della misura cautelare nei confronti dell'onorevole Giudice, ha escluso il primo di tali presupposti, che vi sia cioè il pericolo di fuga; pericolo che invece è stato prospettato dal pubblico ministero.
Al contrario, il GIP ha ritenuto presenti gli altri due presupposti, cioè sia il pericolo per l'acquisizione e la genuinità della prova sia il pericolo di reiterazione da parte dell'onorevole Giudice dei delitti della stessa specie.
Per quanto riguarda il pericolo di inquinamento della prova, l'ordinanza del GIP non tiene conto né del lungo tempo trascorso dall'epoca dei fatti contestati, che risalgono al 1980, e che quindi di per sé porta ad escludere ogni inquinamento, né del fatto che la fase di acquisizione probatoria può considerarsi ormai compiuta. A conforto di ciò la stessa relazione di maggioranza riconosce con chiarezza la completezza del complesso delle prove già raccolte nel processo a seguito delle investigazioni svolte, anche se questo riconoscimento viene utilizzato poi ai fini di elementi indizianti a carico dell'onorevole Giudice.
Per completezza deve essere sottolineato da un lato che la riforma dell'articolo 274 del codice di procedura penale ha espressamente richiesto la concretezza
Però di tutto questo, a mio parere, il GIP di Palermo nel suo provvedimento non ha tenuto conto. Quanto poi al pericolo di reiterazione dei reati, un attento esame complessivo del caso mette in luce che tale eventualità sia un'ipotesi sganciata dalla realtà. Infatti si può con serenità negare che allo stato attuale l'onorevole Giudice sia in condizione concreta di commettere analoghi delitti.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, da quanto ho detto emerge il delicatissimo compito che è davanti a questa Camera, che riguarda la valutazione in ordine all'esistenza dei presupposti previsti dall'articolo 274 del codice di procedura penale. La mia convinzione, come ho già detto, è che in questo caso i due requisiti che ho sopra indicato non esistano.
Questo mio convincimento è stato ancor più rafforzato dai provvedimenti emessi dal tribunale del riesame nei confronti di Bazan Gaspare e di Lo Bue Dario e qualche giorno fa, secondo quanto mi ha riferito l'onorevole Giudice, nei confronti dei fratelli Giovanni e Sebastiano Dolce e di Stampa Rosalia, tutti imputati in questo processo, con l'onorevole Giudice.
Con questi provvedimenti sono stati annullati per insussistenza di esigenze cautelari e per assenza di gravità di indizi le ordinanze con le quali il GIP di Palermo, con ampia ed articolata motivazione, analoga per altri versi a quella svolta ai danni dell'onorevole Giudice, aveva applicato nei loro riguardi la misura della custodia cautelare.
Onorevoli colleghi, tenete presente che nelle ordinanze annullate il GIP aveva al contrario testualmente affermato quanto ha letto il collega Berselli e che per economicità di tempo non posso rileggere. È comunque auspicabile che questa Assemblea, come ha già deliberato anche recentemente in casi molto delicati, privilegi la necessità di tutelare l'interesse dell'organo parlamentare alla sua integrità, che è proprio quello di non essere privato della completezza della propria composizione.
In conclusione, il mio convincimento meditato consiste in un invito al voto negativo sulla richiesta di carcerazione. A questo invito si accompagna da parte mia l'auspicio vivissimo, che vale per l'onorevole Giudice come per qualsiasi altro cittadino, che il processo penale abbia il suo regolare corso e porti, in termini ragionevolmente brevi, all'accertamento definitivo dei fatti (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Ho voluto fare questa premessa proprio per sottolineare la particolarità della questione sulla quale siamo chiamati a decidere che coinvolge tutti anche sotto altri punti di riferimento. La richiesta di custodia cautelare per un membro del Parlamento non è un fatto normale e deve tener conto di molti aspetti. Per quanto riguarda il collega onorevole Giudice, la decisione che verrà assunta dovrà essere valutata alla luce di considerazioni sul contesto in cui viene collocata la richiesta stessa.
Il contesto è la nuova mafia, è la capillarizzazione, l'estensione del fenomeno mafioso ed il suo radicamento di tipo nuovo in parti consistenti della società e della Sicilia. Ho usato il termine «nuova mafia», anche se è improprio, per sottoporre alla mia e alla vostra attenzione il fatto che il fenomeno criminoso-mafioso
È in atto, e non per questo può essere considerato meno pericoloso, anzi è più sofisticato, più portato ad un'immagine perbenista, un atto di ricollocazione del fenomeno mafioso, non più quello violento e sanguinario in cui il controllo del territorio avveniva essenzialmente attraverso la forza e la violenza, le uccisioni, le intimidazioni e gli omicidi, una mafia che riguarda il passato recente; oggi è in atto una situazione in cui, con forme più sofisticate, si cerca di realizzare il controllo del territorio dove il riciclaggio del denaro e l'allocazione di quello ricavato dall'attività di estorsione, di traffico d'armi o di stupefacenti, in attività remunerative determina la creazione di una rete ciascun segmento della quale ha un proprio ruolo. Tutto è finalizzato al controllo di quell'area. La politica viene piegata in questo contesto al servizio di interessi di parte, le istituzioni all'interesse di chi in quella zona vuole esercitare il potere. È un potere che organizza impresa, che fa progettazioni, possiede propri canali di finanziamento e per questo fa anche progettazione; esso fa sì che in quella zona, non con la violenza o con l'omicidio, ma con questa rete capillare si tenga tutto sotto controllo. Tutto serve e viene organizzato per consentire lauti guadagni, per avviare attività altamente remunerative con minori rischi rispetto a prima, perché in quella zona si interviene per favorire interessi agendo in un clima di apparente legalità.
Non siamo quindi di fronte ad un fenomeno che ha caratteristiche con cui in passato abbiamo fatto i conti, siamo di fronte ad un fenomeno che ha caratteristiche nuove.
In quest'analisi bisogna farsi guidare dalla politica per poi trarne delle conclusioni. Il ruolo ed il comportamento del collega Giudice deve essere analizzato in questo contesto, in questo nuovo modo di essere del fenomeno mafioso.
E l'importanza di personaggi come il collega Giudice è in relazione proporzionata a questo nuovo modo di essere della mafia. Se non si parte da questo dato, si rischia di non capire il quadro entro cui si colloca la questione in oggetto! Rischiamo di fare astrazione e al limite, per quanto riguarda il fenomeno generale, di rivendicare forse più ordine pubblico e meno attenzione al fenomeno in quanto tale ed anche meno presenza della politica rispetto alla necessità di combattere il fenomeno mafioso. Da questo punto di vista, mi è sembrata esemplare - e l'ho vista e l'ho letta come un grande contributo di analisi - la relazione del collega Abbate. È un'analisi che trova riscontro con dati oggettivi, e quindi non è un teorema astratto o inventato; ma con quella analisi - con i debiti riscontri sull'attività e sulla figura di Giudice - si capisce perché nasce la richiesta della custodia cautelare.
A tal proposito, voglio fare osservare una questione e provare ad esprimere una opinione.
Il Giudice non si ritrova - così ha affermato nella audizione in Giunta - nel personaggio descritto dalla procura di Palermo; non si ritrova perché ritiene che non sia quella la realtà, che non sia quella la sua personalità e la cultura, e che non siano quelli i comportamenti che gli sono propri. Anch'io debbo dire che non so con precisione chi sia Gaspare Giudice! È quello che ci descrive la procura, quello che si è presentato in audizione dinanzi alla Giunta o quello che invece ha firmato la memoria difensiva? Dico questo perché pare di essere di fronte a tre personaggi diversi; ma non credo che egli possa essere uno e trino, non credo ai miracoli, ma a tre diversi comportamenti sì!
Delle tre versioni di questo collega, devo dire che mi è parsa più efficace quella in cui si è presentato per l'audizione dinanzi alla Giunta. Efficace perché? Perché nell'audizione non ha parlato di accanimento della procura nei suoi riguardi; anzi, ne ha lodato la cortesia e la metodologia usata! Perché allora la memoria difensiva è di tutt'altro tenore?
Va fatto notare come tutte le contestazioni all'onorevole Giudice non tengano conto di alcuna congettura o di un qualche teorema più o meno sofisticato, ma si basano su fatti specifici e concreti, su relazioni e rapporti di tipo personale, economico, imprenditoriale e professionale, con importanti personaggi. Non so dire se siano stati i più importanti, ma sicuramente non si è trattato di gregari; erano sicuramente esponenti importanti di Cosa nostra. Questi rapporti sono maturati nel corso di molti anni; queste relazioni hanno avuto luogo in un arco di tempo quasi ventennale e, a favore di questi interessi, il Giudice ha sistematicamente operato. E il tutto lo si evince dalla richiesta e dagli atti fatti pervenire dal GIP alla Giunta.
In ordine alla richiesta di utilizzazione di conversazioni telefoniche, nonché alla utilizzazione di dati del traffico telefonico, faccio osservare che nessun procedimento di intercettazione è mai stato adottato nei confronti dell'onorevole Giudice, ovvero dei suoi familiari o di altre persone allo stesso vicine, per ragioni concernenti lo svolgimento della sua attività politica! Le intercettazioni svolte su soggetti organicamente inseriti in Cosa nostra, quali Panzeca Giuseppe, Ciaccio Giorgio e Mandalà Tonino, ovvero l'acquisizione dei tabulati di Infantino Valerio, anch'egli organico a Cosa nostra, sono state legittimamente autorizzate dal competente GIP. Quindi, l'accusa di avere utilizzato intercettazioni non autorizzate, quale quella che ad esempio viene indicata alla pagina 178 di quel documento è inesistente; è una intercettazione che si riferisce ad altri soggetti.
Concludo con un'ultima considerazione. Nel momento in cui, da parte di alcuni colleghi, si fa riferimento alla poca attendibilità dei riscontri oggettivi, io devo dire che i riscontri sono molto più di uno. Non c'è solo il riscontro al quale ha fatto riferimento il collega Berselli, ce ne sono anche altri, ma soprattutto c'è un dato ancor più oggettivo che riguarda il tipo di rapporto che continuamente si è stabilito con le varie cosche mafiose. Rispetto al ruolo del Giudice, non so se egli sia un personaggio di primissimo o di secondo piano, ma sicuramente in questo contesto rappresenta, per un certo verso, l'anello di congiunzione tra la mafia delle Madonie e il mandamento di Caccamo, nel senso che li pone in relazione tra di loro.
Aggiungo poi che, nel contesto di una nuova mafia in cui la politica assume una dimensione nuova e diversa rispetto al passato, questa stessa mafia ha bisogno di personaggi che siano molto dentro la politica, ha bisogno di personaggi che hanno rapporti con le istituzioni, con i governi locali, con i governi regionali. È in questo contesto che il ruolo del Giudice, come parlamentare, assume la funzione così rilevante su cui anche il pubblico ministero, la procura, il GIP, hanno poi sviluppato le loro considerazioni.
Non si tratta, quindi, di un accanimento verso il parlamentare in quanto tale, ma il parlamentare stesso, per il modo in cui si è mosso all'interno delle istituzioni, per le funzioni che ricopre, è divenuto funzionale ad una attività di tipo criminoso e mafioso. È per questo che ritengo che il Parlamento, i colleghi, debbano
Vi è un primo dato, secondo me importantissimo, che abbiamo recepito con grande gioia, e l'ha recepito soprattutto con maestria l'onorevole Abbate. Ricorderete la discussione su Previti, il fumus persecutionis che deve prescindere dall'esame degli indizi, dall'esame delle esigenze cautelari; ebbene, oggi stiamo discutendo anche sulla scorta delle imbeccate, dei rilievi dell'onorevole Abbate, della gravità degli indizi di colpevolezze e delle esigenze cautelari. Meno male che è stato recepito per lo meno questo, tanto più - non so se i giuristi si trovino d'accordo sull'argomento - che noi siamo i sostituti del tribunale del riesame perché l'ordinanza cautelare riguardante un parlamentare non può essere eseguita. Il parlamentare, quindi, non può far ricorso al tribunale del riesame e il primo approccio lo abbiamo noi nel ritenere o meno la fondatezza dei gravi indizi di colpevolezza, la sussistenza degli stessi e le esigenze cautelari. Si tratta di una interpretazione che faccio in questo momento e che mi pare trovi sostegno nella logica. Dunque: gravità degli indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari.
Non voglio riprendere le tematiche di altri, non voglio dire che Barbagallo non è credibile perché accusato di omicidi, o che non lo sono altri che non sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare, però vi è un rilievo che non è stato fatto dall'onorevole Abbate, a cui vanno per un verso i miei complimenti, per altro verso un appunto critico.
Infatti, l'onorevole Abbate non ha fatto altro che riportare pedissequamente gli argomenti dell'ordinanza di custodia cautelare, senza tenere nella minima considerazione quelli che potevano essere gli argomenti ex adverso.
Vengo al primo rilievo, onorevole Abbate: il presunto riciclaggio si riferisce addirittura ad un periodo di tempo, gli anni 1980-1985, in cui non esisteva nemmeno l'articolo 416-bis, che è stato introdotto il 29 settembre del 1982. Vi è di più. Si è dimenticato un particolare che secondo me è importantissimo. Il Di Gesù si rivolgeva alla banca in questione non per Giudice, ma perché in essa vi era suo cugino, Bravata. Mi sembra che questa sia una connessione tale da non lasciare adito a dubbi o, al limite, tale da far nascere serie perplessità sull'attendibilità di Barbagallo.
Come si può credere poi, onorevole Abbate, che il riciclaggio avvenisse sostituendo moneta con altra moneta? Ci saremmo trovati di fronte a sequestri di persona, cioè alla registrazione preventiva dei numeri delle banconote, ma tutto questo è solo il frutto di mera fantasia. L'epoca in cui ciò si sarebbe verificato ci porta a ritenere gli indizi di colpevolezza inconsistenti, perché i riscontri sono veramente aerei ed anche il resto.
Vogliamo considerare Siino? Le dichiarazioni di Siino sono indirette, relata refero - con tutti gli interrogativi ed i dubbi che anche questo inquietante pentito ha suscitato recentemente - e senza alcun tipo di riscontro, se non il sentito dire, non si sa neanche da parte di chi.
Vengo al Lanzalaco. Onorevole Abbate, lei, secondo me, non ha individuato un aspetto importantissimo, che non può non farci meditare a lungo: vi sono o non vi sono, nell'ambito della fissazione e valutazione dei criteri di attendibilità intrinseca, motivi di astio pregresso? Chi è Lanzalaco? Lanzalaco è colui che è stato fatto fuori da Giudice e ritiene che quest'ultimo lo abbia estromesso. Il suo discorso, allora, non può assolutamente non essere considerato con serie perplessità.
Un'altra osservazione: lei, onorevole Abbate, ha riferito che il Giudice non poteva non sapere in relazione a fatti del 1980 ed all'inserimento di Di Gesù in un contesto mafioso. La sentenza contro Di Gesù, però, è intervenuta nel 1991, a distanza di 11 anni. Quanti di noi hanno avuto contatti con mafiosi e con camorristi senza sapere? Quanti magistrati sono stati addirittura a colazione, o hanno avuto frequentazioni con persone che, a distanza di alcuni anni, hanno dimostrato di essere dei delinquenti veri e propri? Questo non è un discorso serio, ci vuole un po' di più per arrivare alla configurazione degli indizi di colpevolezza.
A dimostrazione delle critiche che vanno mosse, voglio ricordare che una sentenza di assoluzione, che è in giudicato e che non può assolutamente essere nuovamente messa in discussione, si trasforma, in modo contorto e distorto sotto il profilo logico, in una accusa. Potete rilevare tutto questo da quanto si legge (a pagina 345 del fascicolo) nell'ordinanza cautelare: «Circa la solidarietà di cui l'onorevole Giudice avrebbe goduto da parte di noti esponenti delle varie famiglie mafiose al tempo della comune detenzione del carcere di Palermo, dentro e fuori dal carcere; circa il suo contegno assunto durante l'intero periodo di detenzione» - mi riferisco alla precedente detenzione dell'onorevole Giudice - «concretizzatosi in un ostinato silenzio sul reale svolgimento dei fatti e sulle responsabilità di terzi che gli sarebbe valsa la stima di tali personaggi (...)». Si arriva all'assurdo! L'imputato, che nega le responsabilità e viene giudicato ed assolto, dato che, come dicevo, nega le sue responsabilità, è considerato un omertoso, in quanto ha taciuto sulle responsabilità altrui. Siamo all'allucinazione totale! Questi fatti vogliamo considerarli o no? Mi permetto allora di muovere qualche rilievo critico al carissimo amico Michele Abbate.
Vogliamo parlare poi della sussistenza o meno dell'esigenza cautelare? Una sola proposizione: la natura del reato. Ma se fosse così, onorevole Abbate, quanti deputati sono stati rinviati a giudizio? Il rinvio a giudizio presuppone una valutazione sulla gravità degli indizi.
Se, infatti, gli indizi non fossero gravi, non ci sarebbe una richiesta di rinvio a giudizio, bensì l'applicazione dell'articolo 425 del codice di procedura penale, ossia il non luogo a procedere. Ebbene, ci troviamo di fronte a tanti deputati, a tanti personaggi illustri - non voglio nominarli - che sono stati rinviati a giudizio senza essere raggiunti da un'ordinanza di custodia cautelare, ancorché rispondessero di un reato che desta allarme e preoccupazione.
Si parla dell'attualità: ma l'attualità è una mera esercitazione di carattere giuridico e formale, in quanto è connessa alla sussistenza della permanenza del reato associativo e viene meno solamente con la sentenza di primo grado. Non sarò certo io a dovervi ricordare tutto questo. Si tratta, quindi, soltanto di un fatto di carattere formale, tutto il resto è veramente ridicolo, perché, se esistono comportamenti penalmente rilevanti, sono da collocare tra il 1980 e il 1985 e si esauriscono nel 1991: non esiste assolutamente attualità e quindi non esistono quelle esigenze cautelari così sacralmente enunciate anche qui. Sarebbe veramente un atto di enorme ingiustizia ed estremamente contraddittorio da parte di questa Camera: è per questa ragione che, in tutta
Voglio dire che è importante inquadrare la dolorosa vicenda umana che ha colpito l'onorevole Giudice in un contesto sociale e territoriale. Ho sentito dichiarazioni allarmanti: quando si parla di mafia, di criminalità organizzata, sicuramente lo sdegno è elevato da parte di tutti, ma voglio pregare gli onorevoli colleghi di valutare in che circostanze di tempo e di luogo si sarebbero tenuti i contatti dell'onorevole Giudice. Tutto è avvenuto in un territorio - la Sicilia, Palermo e zone limitrofe - ad alta densità mafiosa, situazione che però molte volte non è conosciuta dai soggetti che, per mille motivi, vengono a contatto con personaggi che forse dopo molti anni si scopre siano stati appartenenti alla criminalità organizzata. È esattamente questa la situazione dell'onorevole Giudice, direttore di una filiale di banca, che non ha nascosto - non poteva e non doveva farlo - di aver avuto in quel periodo (gli anni 1980-1985) rapporti di conoscenza con soggetti che soltanto otto o dieci anni dopo sono stati riconosciuti, con sentenze passate in giudicato, responsabili di appartenenza ad associazioni malavitose ed in special modo di criminalità organizzata. Quale rilievo può essere addebitato ad un direttore di banca che - peraltro, anche indipendentemente dalla sua funzione lavorativa - ha rapporti ed amicizie che in quel momento crede perfettamente legittime, ha rapporti di frequentazione con persone che mai fino a quel momento hanno fatto parlare la giustizia? Un direttore di banca viene avvicinato da centinaia di clienti che gli chiedono di realizzare operazioni bancarie. Dice l'onorevole Abbate: ha caparbiamente difeso, in Giunta, la regolarità del suo comportamento e delle operazioni bancarie, quasi che questa regolarità fosse di per sé sufficiente ad allontanare gli indizi a suo carico. Voglio chiedere molto garbatamente all'onorevole Abbate e a tutti i colleghi che sono chiamati ad esprimere un voto: cosa avrebbe dovuto fare un direttore di banca di fronte alla richiesta di effettuare operazioni bancarie perfettamente lecite e legittime?
Essere affiliato ad una cosca, essere funzionale ad una organizzazione criminale organizzata significa favorire, al di là ed oltre la legge, l'associazione criminale, e non invece esercitare regolarmente e formalmente la propria attività lavorativa. Voglio ricordare allora ai colleghi che probabilmente non affrontano quotidianamente problemi giudiziari ed interpretazioni del diritto, come avviene al sottoscritto e ad altri colleghi che esercitano la
Ancora, è necessaria l'assunzione di un ruolo funzionale agli scopi del sodalizio e quindi l'esecuzione di una serie continua di compiti, con la consapevolezza e la volontà di far parte dell'associazione: tutto questo manca, onorevoli colleghi, perché non è possibile individuare ed allocare un soggetto, chiunque esso sia, in un'organizzazione mafiosa soltanto quando pone in essere dei comportamenti occasionali (che possono essere funzionali ma sono occasionali) senza una volontà di appartenenza specifica. Voglio ora aggiungere qualche osservazione in relazione agli elementi che sono stati forniti da Barbagallo, che è un soggetto inattendibile, un pentito che non può avere credito per quello che deve essere il valore probatorio, il riscontro diretto ed indiretto che le sue dichiarazioni devono avere: l'unico elemento che i pubblici ministeri prima ed il GIP poi hanno ritenuto rappresentare un riscontro rispetto alle dichiarazioni del Barbagallo è costituito dalle presunte verifiche che, nei tempi e nei luoghi addotti dal Barbagallo, dimostrano che in effetti presso la filiale diretta dall'onorevole Giudice all'epoca dei fatti vi era stata l'apertura di alcuni libretti bancari.
Prima di parlare del Barbagallo, voglio allora domandarvi: è immaginabile che un soggetto funzionale agli interessi di un'associazione criminale organizzata, in un arco di tempo di tre o quattro anni, eserciti ed esplichi la sua attività funzionale a tale associazione criminale, che quindi ha interessi economici illimitati ed elevatissimi, con attività così limitate? Leggendo le pagine 80 e seguenti della richiesta presentata alla Camera dei deputati, mi sono preso la briga di sommare quali sarebbero state le operazioni svolte negli anni a favore della malavita organizzata: ebbene, parliamo di cinque-sei libretti al portatore per un valore complessivo di 150 milioni! Rispetto ad un'organizzazione criminale con interessi così elevati nel contesto economico e sociale di quel territorio, l'attività dell'onorevole Giudice sarebbe stata funzionale soltanto con l'apertura di cinque-sei libretti al portatore per un totale negli anni di 150 milioni di lire!
Mi chiedo se questa possa essere ritenuta un'attività economica funzionale ad un'associazione criminale o se invece, più opportunamente, possa essere ritenuta l'attività quotidiana di qualunque imprenditore o di qualunque capofamiglia. Ma nella foga - anche comprensibile - dei giudici si addebitano all'onorevole Giudice operazioni bancarie svolte ben oltre il 1985, un periodo durante il quale egli era stato sospeso, perché dal 1985 al 1992 egli è stato sospeso dalla sua attività. Ebbene, se si leggono quelle pagine, si nota che vengono addebitate alla sua attività e alla sua funzione delle operazioni bancarie che egli non poteva aver compiuto, per il fatto di essere stato sospeso e allontanato per quattro anni da quella banca e da quella filiale. Questa è la verità, onorevoli colleghi.
Oggi, onorevoli colleghi, dobbiamo decidere su due principi che non sono contrapposti e che possono invece essere egualmente tutelati. Il primo è l'interesse
Allora, onorevole Presidente e onorevoli colleghi, io voterò contro la determinazione della Giunta e sono fiducioso che questo consesso, pur nella conflittualità politica e nella polemica parlamentare, l'una e l'altra legittime manifestazioni della democrazia, guarderà all'onorevole Giudice non come ad un rappresentante dell'opposizione, ma come a un membro di questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Credo che in questa vicenda sia opportuno individuare subito tre motivi che dovrebbero far propendere questa Assemblea per la tesi della tutela del plenum, per la tesi che individua nella richiesta di autorizzazione all'arresto e un fumus persecutionis e per la tesi per la quale non sussistono le esigenze cautelari e non sono esaudite le condizioni di applicabilità delle misure cautelari oggetto della richiesta di autorizzazione all'arresto nei confronti dell'onorevole Giudice.
Il primo motivo, signori deputati, è che in questa vicenda una lettura attenta delle carte processuali dimostra che la ipotesi accusatoria, il rilievo penale che si rivolge all'onorevole Giudice è quello del riciclaggio. Secondo l'attuale richiesta di autorizzazione all'arresto, il nucleo dell'accusa nei confronti dell'onorevole Giudice - secondo un'antica prospettazione accusatoria che i giudici di Palermo avevano dichiarato insussistente quando l'onorevole Giudice fu assolto per insussistenza del fatto - è quello del riciclaggio.
Come si usa in alcune regioni d'Italia, però, l'ipotesi specifica è stata coperta, ammantata, allargata con l'ipotesi associativa, diventando addirittura il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale: l'onorevole Giudice, attraverso questo suo apporto ad un'ipotesi di riciclaggio, avrebbe realizzato una partecipazione ad associazione mafiosa.
L'onorevole Abbate ricorderà le discussioni all'interno della Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato quando si prospettò nei confronti dell'onorevole Andreotti prima l'ipotesi del concorso esterno in associazione mafiosa e poi la più grave ipotesi di partecipazione ad associazione di stampo mafioso. L'onorevole Abbate dovrà allora convenire con me che in questa vicenda l'utilizzazione ampia - troppo ampia, a mio sommesso avviso - del reato associativo serve a dare una pericolosità apparente e cartolare, a fornire un surplus di allarme sociale rispetto ad una vicenda già positivamente delibata, per l'onorevole Giudice, dagli organi giurisdizionali palermitani (che lo hanno assolto perché il fatto non sussiste).
In proposito devo richiamare all'Assemblea un'opinione, forse l'unica opinione su cui si trovavano d'accordo Giovanni Falcone e Leonardo Sciascia. Giovanni Falcone sosteneva che non è possibile rappresentare la mafia come tutta una zona grigia: bisogna distinguere il
Vi è poi un secondo motivo, a mio avviso importantissimo, per denegare l'autorizzazione all'arresto, dell'onorevole Giudice: l'uso ancora più ampio in alcune regioni italiane della segregazione carceraria preventiva, che chiamiamo con sottile eufemismo «custodia cautelare». Ebbene, lo hanno ricordato diversi colleghi: che l'onorevole Giudice attraverso le sue frequentazioni ed i suoi rapporti abbia realizzato l'ipotesi accusatoria è stato smentito per ben due volte da due organi giurisdizionali palermitani, che hanno scarcerato il dottor Dario Lo Bue ed il dottor Gaspare Bazan, intesi come complici e come correi dell'onorevole Giudice: il primo per mancanza di indizi, il secondo per mancanza di esigenze cautelari.
Infine, onorevoli colleghi, in questa fattispecie mancano le esigenze cautelari: il cittadino deputato Giudice si è presentato immediatamente sia ai suoi giudici sia davanti alla Giunta; ed ha affermato - non ha negato - quelle frequentazioni che rappresentano il nucleo dell'accusa.
Allora, se mai ci sarà il rinvio a giudizio per l'onorevole Giudice, su quali prove dovrà dibattere il futuro tribunale, se non su un elemento - la frequentazione di determinati personaggi - che l'accusa interpreta come elemento di prova della realizzazione dei reati contestati e che l'onorevole Giudice, come cittadino, ha ampiamente ammesso davanti alla Giunta, ai procuratori e al GIP di Palermo, fornendo una spiegazione assolutamente tranquillizzante delle frequentazioni e che viene completamente rappresentata in amplissima e coerente giurisprudenza? È la stessa suprema Corte di cassazione che ha più volte affermato, infatti, che le frequentazioni o i rapporti leciti con personaggi che appartengano alla malavita organizzata non rappresentano, non hanno mai rappresentato elemento di prova per determinare il «contagio», cioè la correità e la complicità nel reato associativo da parte del cittadino che, in perfetta buona fede, abbia intrattenuto questo tipo di rapporti.
Concludo, signor Presidente, ricordando a lei, che mi pare all'epoca ne fu anche protagonista, il dibattito che si svolse a Palermo a villa Igea, al quale partecipò l'attuale sindaco di New York, allora procuratore distrettuale di quella stessa città, Rudolph Giuliani. Egli sostenne in quella occasione che il principio del «contagio», che il principio del gioco del domino non può assurgere per i reati di mafia ad elemento dimostrativo della responsabilità di nessuno e giustificò tale sua posizione rilevando che, altrimenti, negli Stati Uniti d'America tutti i 200 milioni di abitanti avrebbero potuto essere accusati di rapporti malavitosi per il fatto di aver frequentato in un momento della loro vita un personaggio in odore di criminalità organizzata (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
L'Assemblea, nel momento in cui è chiamata a deliberare sulla libertà personale
Non ignoro i problemi di non lieve momento, di ordine formale e sostanziale, che sottendono questa prassi, però vorrei sollecitare la sua attenzione, Presidente, perché il problema sia sottoposto al più presto all'esame dell'Assemblea, in modo da trovare una soluzione che non provochi queste inquietudini e questi veri e propri drammi delle coscienze.
L'onorevole Gaspare Giudice è chiamato a rispondere di una serie di reati, in ordine ai quali il giudice delle indagini preliminari di Palermo ha chiesto la misura della custodia cautelare in carcere.
Tra questi reati indubbiamente il più grave, per le intuibili conseguenze che ne derivano, è quello di cui all'articolo 416-bis, vale a dire l'associazione per delinquere di stampo mafioso. Va tuttavia rilevato con tutta l'attenzione che merita che sia il giudice per le indagini preliminari, sia il pubblico ministero con riferimento alla stessa contestazione hanno concordemente concluso che l'onorevole Giudice non ha mai avuto un inserimento formale nell'organizzazione mafiosa. Per il reato in questione è stata contestata la permanenza a tutt'oggi.
Desidero dedicare i pochi minuti che ho a disposizione, signor Presidente, a dimostrare l'insussistenza dell'esigenza cautelare, anche se avverto la necessità di sottolineare qualche punto del merito, che non può non suscitare dubbi e perplessità ed escludere quelle certezze che sono state fatte proprie dal giudice per le indagini preliminari, dal pubblico ministero e dallo stesso relatore. A quest'ultimo non posso che dare atto della serietà e del travaglio che traspare dalla sua relazione, nonché dell'impegno che attinge radici nella sua riconosciuta capacità. Non posso tuttavia condividere le conclusioni della relazione.
Le più consistenti fonti di accusa nei confronti di Gaspare Giudice sono rappresentate dalle chiamate di correità in ordine alle quali, come sappiamo, l'articolo 192 ha posto una serie di limiti invalicabili avallati da una giurisprudenza molto rigorosa che ha imposto una verificabilità intrinseca ed estrinseca della chiamata.
La chiamata più gravosa, comunque, nei confronti dell'onorevole Giudice è indubbiamente quella di Barbagallo Salvatore. Ebbene, in ordine a questa chiamata, onorevoli colleghi, lo stesso giudice per le indagini preliminari, lo stesso pubblico ministero non hanno potuto fare a meno di dire che il Barbagallo è incorso nel passato in una serie di incidenti di percorso. Tale viene definita la serie di inattendibilità e di falsità di questo pentito. Incidenti di percorso che si tramutano evidentemente in una sua assoluta inattendibilità in quanto in altri processi per fatti analoghi, per fatti di mafia, di criminalità organizzata e addirittura di omicidio, sono stati adottati provvedimenti e sentenze che ne hanno attestato l'inattendibilità.
In questo caso, considerata questa inattendibilità e considerato soprattutto che i fatti che racconta il Barbagallo si riferiscono ad un periodo che va dal 1980 al 1985, dunque ad un periodo lontano di circa venti anni, mi pare più che lecito porsi la domanda: e se il Barbagallo fosse ulteriormente incappato in un altro incidente di percorso, così come disinvoltamente il GIP mostra di definire questa sostanziale falsità ed inattendibilità del teste? Un incidente di percorso, però, che rischia di sottrarre la libertà personale ad un membro del Parlamento e per lo più ad un membro dell'opposizione.
Un altro interrogativo inquietante sul quale non ho sentito nulla da parte del relatore - né su di esso è stato scritto alcunché da parte del giudice per le indagini preliminari e del pubblico ministero - è quello relativo alla pronuncia del giudice istruttore del 1991, allorquando il Giudice, essendo stato imputato di associazione mafiosa e di altri reati infamanti, riuscì ad ottenere da parte del giudice la derubricazione del reato in quello di favoreggiamento, e in primo grado, dal tribunale di Palermo, ottenne l'assoluzione con la formula: perché il
Ed allora, se il giudice istruttore fino al 1991 ha attestato con una sentenza che l'onorevole Giudice non era un mafioso, perché ora, con riferimento allo stesso periodo, si fanno delle affermazioni così gravi contestando quei reati che erano stati esclusi in maniera assoluta, in primo grado, da quel giudice istruttore? A parte le ragioni di ordine processuale, relativamente alle quali si potrebbe parlare anche di pregiudizialità e di uno sbarramento per certi fatti, tutto ciò non può che indurre a notevoli ripensamenti o quanto meno, lo ripeto, ad inoculare dubbi e perplessità sulle decisioni del relatore.
Perché il GIP di Palermo, parlando di questi fatti, li ha definiti addirittura episodi a dir poco inquietanti? Quale inquietudine può provocare una sentenza regolarmente passata in giudicato? Non è forse questa espressione che tradisce quel fumus persecutionis, la cui presenza ci impedisce di accogliere la richiesta dell'autorità giudiziaria di Palermo?
Quanto alle esigenze cautelari il GIP le ha ravvisate nel pericolo di inquinamento probatorio e nel pericolo di reiterazione. Per la verità il GIP non si è attardato, né si è affaticato più di tanto, a dare dimostrazione di questo pericolo, avendo dedicato all'argomento una sola paginetta dopo le frasi di stile e tautologiche; una paginetta che dimostra assolutamente, in maniera direi «quantitativistica», l'inconsistenza delle argomentazioni e la stessa poco credibilità di quanto è stato scritto.
Ma, tralasciando questo aspetto, va ricordato che il pericolo di reiterazione, a norma dell'articolo 274, va riferito alle circostanze del fatto e alla personalità dell'imputato per come emerge dai suoi precedenti penali e per tutti gli elementi acquisiti nel processo.
Ebbene, qui stiamo esaminando fatti che vanno dal 1980 al 1992-1993, e pertanto si tratta di fatti assai lontani, lontanissimi nel tempo. Tutti noi sappiamo che il trascorrere del tempo dalla commissione del fatto è un elemento decisivo, che stempera il pericolo di inquinamento ed è elemento di grande importanza per escludere il pericolo di reiterazione.
Non va poi trascurato il fatto che l'esame della personalità dell'imputato, se viene fatto sulla scorta dei suoi precedenti penali, non può che risolversi in un vantaggio per l'onorevole Giudice, posto che quest'ultimo è assolutamente, incontestabilmente, inequivocabilmente incensurato.
Il pericolo di inquinamento non può certo desumersi, così come è stato fatto in una maniera che definirei assai disinvolta, dalla qualità di parlamentare, idonea secondo il GIP per il suo rilievo sociale ed istituzionale a condizionare o ad intimidire i testi. Se così fosse, e così non è, si dovrebbe sostenere che in relazione al parlamentare vi è una sorta di presunzione iuris et de iure ovviamente a suo danno, il che invece è evidentemente inammissibile.
La verità è che il pericolo di inquinamento, un pericolo non potenziale, ma concreto e serio, non appare ipotizzabile, dato che tutte quelle che vengono indicate come fonti di prove significative sono rappresentate da dichiarazioni di collaboranti che sono sottoposti a programmi di protezione e pertanto sono su testi che non possono essere, almeno da parte del Giudice, in alcun modo influenzati né influenzabili.
Da ultimo, non certo per ordine di importanza, non può trascurarsi che quel tale Bazan, coimputato con l'onorevole Giudice della quasi totalità dei reati, è stato, in data 3 luglio 1998, scarcerato per insussistenza delle esigenze cautelari. Ebbene, il tribunale della libertà ha annullato l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari, proprio di quel giudice che chiede ora l'arresto dell'onorevole Gaspare Giudice.
Se non sussistono quelle esigenze cautelari in ordine ad un coindagato che risponde per la quasi totalità degli stessi reati di cui deve rispondere il Giudice,
Quindi, si accertino i fatti e le responsabilità con tutto l'impegno ed il rigore che la vicenda richiede, ma lo si faccia seguendo la via ordinaria, attendendo, qualora si debba procedere la privazione della libertà personale, che questa arrivi all'esito di un giudizio sfavorevole nei confronti del Giudice. Si smetta di fare affidamento su attese collaborative che finiscono per degradare la misura cautelare che - lo ricordo a me stesso e all'Assemblea - è una estrema ratio che deve essere sganciata da ogni possibilità che la renda strumento di irrituale e pericolosa semplificazione della metodologia legale di ricostruzione del fatto.
Quest'Assemblea non può e non deve dimenticare che l'onorevole Giudice è a tutt'oggi vittima di una malagiustizia, essendo stato incarcerato ...
Ha già pagato per questa malagiustizia con la sospensione dal posto di lavoro per ben cinque anni e con una carcerazione rivelatasi illegittima ed illegale. Ora rischiamo di nuovo di correre questo pericolo.
Quella formula e quella conclusione del processo di cui è stato parte vincitrice non ha certo cancellato i danni e l'angoscia che ha provocato né può restituire quella serenità rispetto ad una ingiusta ed illegale carcerazione.
Stamane, onorevoli colleghi, corriamo il rischio di imporre una carcerazione non necessaria.
Se una carcerazione vi dovrà essere, che sia quella che arriva all'esito di una condanna definitiva. Se, infatti, un domani questo processo a carico dell'onorevole Giudice dovesse concludersi nello stesso modo in cui si è concluso quello del 1991, sarà molto difficile allora dire all'onorevole Giudice: scusaci, ci eravamo sbagliati. Allora sarà tardi, perché è impossibile che un uomo possa rinascere due volte. Se, come uomini e come parlamentari, abbiamo un piccolo dubbio che ciò possa accadere, allora abbiamo il dovere giuridico e morale di evitare che tutto ciò possa accadere. Per questo voterò contro la proposta Abbate (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)