Seduta n. 392 del 15/7/1998

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(Esame dell'articolo 2 - A.C. 3467)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo2 , nel testo della Commissione e del complesso degli emendamenti ad esso presentati (vedi l'allegato A - A.C. 3467 sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.

GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, già nel corso della discussione generale è stato osservato che l'attuazione dell'articolo 106 della Costituzione viene richiesta ormai da anni dagli avvocati anche perché si tratta di un'attuazione che non pone distinzioni tra avvocati e professori universitari ma pone, per accedere all'ufficio di consigliere di Cassazione, come requisito e qualificazione i meriti insigni. Per quale ragione i costituenti vollero una norma siffatta e per quale ragione gli avvocati hanno insistito per anni perché essa fosse attuata? È da escludere che si tratti di una «medaglietta», cioè di un premio di consolazione attribuito ai professionisti, così come non è pensabile che la magistratura senta la necessità di avvalersi della scienza o della conoscenza degli avvocati o dei professori universitari. A mio parere, la risposta risiede nella necessità, ravvisata dai costituenti, di portare nel giudizio l'esperienza di chi, in ragione della propria professione, si trova vicino al dolore e alla sofferenza. Un'altra motivazione potrebbe far capo all'aspirazione volta ad interrompere, proprio con la partecipazione dell'esperienza, quel circuito fatale che ha segnato l'inizio della nostra epoca in cui il giusto muore affinché la giustizia risalti in tutta la sua abbacinante mostruosità.
Se questo fu lo scopo dei costituenti, l'emendamento che propone di reintrodurre ciò che la Commissione ha soppresso travisa il significato intero della legge. Ciò si verifica perché esso statuisce e crea un ingiustificato privilegio che fa «scomparire» gli avvocati rispetto alla possibilità di accedere al giudizio di legittimità. Quella non è soltanto, infatti, una norma in favore dei docenti universitari e dei titolari di cattedra, ma è anche una norma che vuole privilegiare - e privilegia - tutti coloro i quali insegnino o abbiano insegnato all'università materie giuridiche (tutti gli assistenti, tutti i professori aggregati e quanti altri); tale norma, peraltro, privilegia ancora di più, facendo «scomparire» gli avvocati, coloro i quali abbiano alle spalle un pregresso esercizio di funzioni giudiziarie per un periodo inferiore a dieci anni. Si tratta dei vicepretori onorari, dei viceprocuratori onorari e di tutti i giudici onorari che, soprattutto in questi anni, hanno infoltito le schiere della magistratura; sono tutti soggetti che molto spesso hanno esercitato poco la professione, pur conservando l'iscrizione all'albo, e che vengono privilegiati rispetto agli avvocati. Se le cose stanno in questi termini, allora viene eliminato il principio dell'esperienza da introdurre nella Corte di cassazione. Non vorremmo che, di fronte ad un ritardo cinquantennale, questo fosse l'ultimo stratagemma per chi ha inteso per cinquant'anni tener fuori gli avvocati dalla Corte di cassazione!
Si obietta che è meglio una legge sbagliata che nessuna legge; e che è meglio quindi un testo erroneo del Senato, piuttosto che abbandonare questa legge con una nuova modifica ad una inerzia o - peggio - ad un ulteriore parere contrario dell'altro ramo del Parlamento.
Non sono d'accordo con questo ragionamento e vorrei porre alcuni quesiti.
Perché il Parlamento deve ancora una volta umiliare gli avvocati? Perché deve dire agli avvocati che altri possono stare meglio di loro tra i ranghi della Corte di cassazione e che altri più di loro hanno il titolo ed il privilegio per stare nel giudizio di legittimità? Perché ancora una volta si devono considerare gli avvocati i paria nell'arcipelago degli operatori del diritto e perché infliggere loro ancora una volta uno schiaffo? Gli avvocati si sono ribellati a tutto ciò ed hanno protestato, se è vero - com'è vero - che ieri il Consiglio nazionale forense che rappresenta la categoria ha invitato, ha pregato ed ha


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chiesto a questo Parlamento di non introdurre nuovamente la norma soppressa.
Queste sono ragioni per le quali il gruppo di alleanza nazionale, mentre si dichiara favorevole alla proposta di legge in esame nel suo complesso ed al principio che la legge ripropone, è contrario a che vengano reintrodotti quei criteri di privilegio inseriti ingiustamente dal Senato nella legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maggi. Ne ha facoltà.

ROCCO MAGGI. Presidente, intervengo a titolo personale avendo sottoscritto degli emendamenti che in Commissione erano stati approvati. Vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea sul problema, delicato e significativo, degli emendamenti soppressivi dei commi 3 e 4 dell'articolo 2.
Noi stiamo esaminando ora la possibilità di reintrodurre, attraverso altri emendamenti, il testo originario approvato dal Senato. A mio avviso - peraltro suffragato da altre autorevoli opinioni; non solo da quelle già espresse, ma anche da una nota inviata ai presidenti di gruppo dallo stesso Consiglio nazionale forense - questi emendamenti che mirano a ripristinare il testo del Senato violano non soltanto lo spirito, ma anche la lettera del dettato costituzionale, poiché finiscono per privilegiare i professori che siano anche avvocati. Sicché non ci si può esimere dal rileggere, come spesso è doveroso fare, il testo costituzionale, che recita testualmente: «(...) per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e» - congiunzione - «avvocati che abbiano quindici anni di esercizio (...)». Ipotizzare attraverso una dizione che metta in luce la specifica rilevanza che nelle ipotesi indicate ci sia di fatto un privilegio per gli avvocati che siano anche professori, è evidentemente una violazione non solo dello spirito, ma anche della lettera della Costituzione.
Invito pertanto i colleghi di tutti i gruppi a porre estrema attenzione a questi emendamenti che ritengo non vadano votati, ripristinando il testo originario che li aveva soppressi. Se anche ciò comporterà un nuovo passaggio del provvedimento al Senato, pazienza! Se consideriamo che sono trascorsi ormai cinquant'anni prima di dare attuazione alla parte seconda dell'articolo 106 della Costituzione, pochi mesi non potranno certo implicare uno stravolgimento di questi che sono principi essenziali anche di applicazione del diritto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 10,33)

ROCCO MAGGI. Insisto, pertanto, affinché gli emendamenti volti a ripristinare il testo approvato dal Senato non siano approvati e sia invece approvato il testo che era stato varato in Commissione dopo un'attenta disamina su cui avevano concordato tutti i gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Miraglia Del Giudice. Ne ha facoltà.

NICOLA MIRAGLIA DEL GIUDICE. Signor Presidente, anche il gruppo dell'UDR è contrario agli emendamenti presentati. Siamo anche noi favorevoli al testo licenziato dalla Commissione giustizia della Camera, che aveva soppresso la parte introdotta dal Senato. Approvando questi emendamenti si andrebbe al di là del dettato costituzionale, favorendo determinate categorie, come l'esercizio dell'attività forense da parte di professori universitari, previsione non contenuta nell'articolo 106 della Costituzione. Riteniamo che il testo licenziato dalla Commissione giustizia sia quello più equo e più rispondente al dettato costituzionale, non attribuendo esso particolari privilegi a determinate categorie.
Ribadisco, pertanto, il voto contrario del gruppo dell'UDR agli emendamenti presentati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marotta. Ne ha facoltà.


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RAFFAELE MAROTTA. Signor Presidente, illustri colleghi, signor rappresentante del Governo, in Commissione venne approvato l'emendamento dell'onorevole Parrelli soppressivo dei commi dell'articolo 2 dei quali stiamo discutendo, che riguardano la questione relativa ai professori universitari e agli avvocati.
Le preoccupazioni che sono alla base dell'emendamento soppressivo presentato dall'onorevole Parrelli e oggi delle considerazioni degli onorevoli Anedda e Miraglia Del Giudice sono, a mio avviso, infondate, comunque eccessive. Cosa prevede il dettato costituzionale?
Presidente, poiché la questione è delicata, vorrei che l'Assemblea fosse più attenta!

PRESIDENTE. Onorevole Marotta, le assicuro la mia personale attenzione. Posso invitare l'Assemblea, e la invito...

RAFFAELE MAROTTA. ...a stare zitta!

PRESIDENTE. Onorevole Bressa, la prego! Onorevole Bressa (Commenti di deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo)! È evidente che richiamo prima i colleghi del mio gruppo!
Onorevole Guarino, per cortesia, può stare seduto?
Onorevole Del Barone, è così cortese da dire al collega dietro di lei di non dare la schiena alla Presidenza?
Onorevole Del Barone, per piacere, non si faccia richiamare!
Mi pare che la situazione sia migliorata; onorevole Marotta, la prego di continuare.

RAFFAELE MAROTTA. Signor Presidente, per giustificare la mia richiesta desidero ricordare che in sede di discussione sulle linee generali erano presenti cinque colleghi, quelli che sedevano al banco del Comitato dei nove ed oggi, quando si torna a discutere un provvedimento del quale tutti sottolineano l'enorme importanza, l'Assemblea è disattenta. Non si può pretendere l'attenzione, ma il silenzio credo che lei, Presidente, possa chiederlo, per il rispetto che si deve a noi tutti.
Gli emendamenti che noi di forza Italia abbiamo proposto per primi si trovano, stranamente, posposti ad emendamenti della sinistra...

ANTONIO BORROMETI. Del centro-sinistra!

RAFFAELE MAROTTA. Evidentemente, è stato osservato l'ordine alfabetico. Il peso dell'onorevole Folena e dell'onorevole Bonito è senz'altro superiore al nostro, ma è inammissibile che sia stato seguito il criterio del peso maggiore o minore; evidentemente, come dicevo, si è seguito l'ordine alfabetico.
Fatta questa premessa, vorrei osservare che alla base della preoccupazione di coloro che sono contrari al ripristino del testo del Senato c'è la considerazione che si starebbe costituendo una corsia preferenziale per i professori universitari. Io credo che questa preoccupazione sia infondata o comunque eccessiva e ne spiego il motivo. La Costituzione prevede che possano essere chiamati all'ufficio di consiglieri di Cassazione - solo di Cassazione - per «meriti insigni» gli avvocati ed i professori ordinari. In primo luogo, quindi, ad essere chiamati devono essere professori ordinari, caposcuola, non associati, aggregati eccetera. A quale incarico? Di consigliere di Cassazione. Chi è un consigliere di Cassazione? Un giudice di legittimità, non di merito. Infatti, costoro non possono regredire, come può oggi il magistrato ordinario, da consigliere di Cassazione a presidente di un tribunale, ma possono avanzare nella carriera solo nell'ambito della Cassazione: presidente di sezione, presidente aggiunto, primo presidente. Quella del professore o dell'avvocato è una partecipazione organica, non soprannumeraria od onoraria.
Ciò premesso, il merito insigne che devono possedere sia l'avvocato sia il professore universitario non è concepibile se non in riferimento ad una preparazione dottrinale. Come può essere immaginato,


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infatti, un merito insigne? In ordine alla capacità di valutare il fatto? Le prove? È pacifico che i consiglieri di Cassazione - ed i soggetti cui ci riferiamo possono fare solo i consiglieri di Cassazione - debbono dettare le regole iuris, debbono fare affermazioni di principio, assicurare l'uniformità dell'interpretazione del diritto. Mi chiedo allora cosa ci sia di strano o di contrario al precetto costituzionale, Presidente, nella lettera a) del comma 3 dell'articolo 2 del testo del Senato: l'esercizio dell'attività forense da parte del professore ordinario di università. Ebbene, se io sono avvocato ed anche professore - non mi riferisco a me personalmente...

PRESIDENTE. Se vuole un'esperienza in corpore vili, si riferisca a me!

RAFFAELE MAROTTA. Si dà il caso che un avvocato, il quale deve avere almeno 15 anni di esercizio effettivo della professione, sia anche docente ordinario dell'università.
Di che ci si può lamentare? Di niente, perché quello è avvocato, è stato iscritto all'ordine: che sia professore universitario non significa che non sia avvocato. Non so se ho reso l'idea. Questa valutazione, Presidente, è in linea con i criteri che il Consiglio superiore della magistratura, almeno ai miei tempi, doveva seguire. Il Consiglio superiore, nel valutare i magistrati ai fini del conferimento dell'ufficio di consigliere di Cassazione, doveva - e deve tuttora, almeno penso - tener presente questa voce: «attitudini alla ricerca scientifica», una voce che consentiva al Consiglio di attribuire da zero fino a quattro punti. Tenete presente, signor Presidente, colleghi, che per ogni anno di anzianità noi abbiamo appena mezzo punto, quindi chi abbia la valutazione di quattro punti, in riferimento a questa voce, supera coloro che hanno sette od otto anni di carriera più di lui. Corrisponde, insomma, alla linea evolutiva dei criteri che il Consiglio superiore deve seguire il fatto che si debba tenere conto dell'attitudine alla ricerca scientifica. Scusate, ma il professore universitario ha in sommo grado questa attitudine, si tratta di docenti ordinari! La Cassazione, ripeto, è fatta di giudici di legittimità, sappiamo bene qual è il compito della Cassazione! Anzi, Presidente, ritengo che ci dovremmo augurare che a chiedere di diventare giudici di Cassazione siano i professori universitari.
Il precetto costituzionale non prescrive che, dovendo assumere, per esempio, dieci giudici di Cassazione ex articolo 106 della Costituzione, cinque debbano essere avvocati e cinque professori universitari: possono essere tutti avvocati o tutti professori ed il precetto sarebbe ugualmente rispettato. Dobbiamo augurarci, ripeto, che a chiedere di far parte della Corte suprema siano avvocati ed anche professori universitari perché, ribadisco, il merito insigne che non sia collegabile alla preparazione dottrinale, all'attitudine alla ricerca scientifica, non è concepibile e tale merito, come sappiamo, è un requisito che deve essere posseduto da chi chiede di essere nominato consigliere della Corte suprema. Tutto ciò per quanto riguarda, Presidente, la lettera a).
Per quanto concerne le lettere b) e c) del comma 3 dell'articolo 2 del testo del disegno di legge, invece, il problema non si pone. La prima, infatti, parla dell'«insegnamento universitario in materie giuridiche per un periodo non inferiore a dieci anni», quindi fa riferimento alla sola categoria dei professori universitari. Ebbene, se vengono designati due professori universitari, di cui uno ha un mese di insegnamento e l'altro non meno di dieci anni, non mi sembra affatto strano che l'anzianità di quest'ultimo costituisca un elemento di specifica rilevanza. Altrettanto dicasi, Presidente, per la lettera c), che parla del «pregresso esercizio delle funzioni giudiziarie per un periodo non inferiore a dieci anni»: questa previsione si riferisce sia ai professori universitari sia agli avvocati, in quanto può darsi il caso che chi sia stato giudice per vent'anni diventi poi professore universitario, oppure si dia all'avvocatura (il ministro Flick, per esempio, è stato magistrato,


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professore universitario ed avvocato). La previsione, ripeto, riguarda tanto i professori quanto gli avvocati: non è forse un elemento di particolare rilevanza il fatto che siano stati giudici per dieci anni? Che c'è di strano, dal momento che devono andare a fare proprio i giudici, in Cassazione (Commenti del deputato Manzione)? Non ci riguarda. Noi dobbiamo preoccuparci di avere, nella suprema Corte, giudici adeguati. Quello di legittimità è un giudice particolare, su questo non c'è dubbio, e deve avere, lo ribadisco, una particolare attitudine alla ricerca scientifica, questo è pacifico. Non devono interessarsi del fatto, ma dell'applicazione uniforme del diritto, devono creare le cosiddette regulae iuris. Questa è la verità. Non dobbiamo preoccuparci eccessivamente di questo fatto: l'avvocato che sia anche professore universitario rappresenta un maggiore arricchimento, perché cumula le funzioni. Di cosa vi preoccupate? Auguriamoci che chiedano di andare in Cassazione avvocati che siano anche docenti universitari. Siete voi che volete distinguere avvocati da avvocati, non siamo noi.
Allora, Presidente, è vero che la Cassazione non deve essere una turris eburnea, che non deve estraniarsi dalla realtà, ma questo lo assicura l'avvocato che sia anche professore universitario, perché l'avvocato deve avere esercitato la professione per non meno di 15 anni e lo stesso vale per l'esperienza professionale del professore universitario. Raccomando quindi l'approvazione degli identici emendamenti 2.2 e 2.3 in esame, anche perché si tratta di attuare una norma costituzionale dopo cinquant'anni. Questo è forse un argomento che non è un argomento, è più che altro una considerazione: se modifichiamo il testo del Senato, rischiamo di non approvare mai la legge. Voglio ricordare che sul punto in Senato si è svolta una discussione ed il disegno di legge è stato modificato: si faceva riferimento a titoli di preferenza, mentre il Senato stabilì che si trattava di elementi di specifica rilevanza.
Con i chiari di luna che ci sono, con i pericoli di scioglimento anticipato delle Camere, se modifichiamo il testo del Senato, ripeto, rischiamo di non approvare il provvedimento: mi rendo conto che non è un argomento, ma voglio anche ripetere che non ci dobbiamo preoccupare del fatto che la lettera a) preveda come elemento di speciale considerazione il fatto che l'avvocato che abbia svolto per quindici anni la professione sia anche docente ordinario all'università. Non vedo assolutamente nulla di strano in questa disposizione.
Concludo, quindi, invitando l'Assemblea a tenere conto di queste considerazioni e a votare a favore degli identici emendamenti 2.2 e 2.3 in esame, che tendono a ripristinare il testo trasmesso dal Senato.

PRESIDENTE. Scusate, se mi è consentito uscire per un attimo dai panni di Presidente dell'Assemblea (Commenti): vi siete posti, onorevoli colleghi, il problema che la Costituzione parla di professori ordinari di università e avvocati con quindici anni di esercizio e che oggi il regolamento universitario stabilisce una differenza profonda, anche quanto alla retribuzione, tra professore ordinario a tempo definito e a tempo pieno? Vi invito a riflettere...

MARCO TARADASH. Presidente, lei non può intervenire sul merito!

PRESIDENTE. Ho detto che, se mi era consentito, trattandosi di un problema di costituzionalità, volevo sottoporlo all'attenzione dei colleghi...

MARCO TARADASH. Non si può consentire!

PRESIDENTE. Mi sono inizialmente scusato per il mio intervento a titolo di collaborazione; personalmente, sono professore ordinario e avvocato, per cui il problema non mi tocca...


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FORTUNATO ALOI. Abbiamo colto la sua posizione super partes!

GIULIANO PISAPIA, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, soltanto per informazione dell'Assemblea, desidero fare il punto sull'iter relativo a questo punto: l'iniziale disegno di legge governativo prevedeva, per i requisiti di cui al comma 3, che essi costituissero titolo di preferenza. Il Senato è arrivato all'unanimità ad un punto di mediazione, eliminando questi elementi come titoli di preferenza, ma considerandoli esclusivamente come elementi di specifica rilevanza. Su questo al Senato si è raggiunta l'unanimità. Io ho semplicemente il timore che, modificando ulteriormente il testo, dal Senato torni poi alla Camera un testo ancora una volta modificato e quindi non si arrivi neppure dopo cinquant'anni all'approvazione definitiva di questa legge.
Per quanto riguarda la sua cortese osservazione, Presidente, faccio presente che oltre tutto i professori ordinari di università, nel momento in cui chiedono di accedere alla Cassazione come magistrati giudicanti, devono lasciare definitivamente la cattedra, senza possibilità di ritornarvi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Copercini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI COPERCINI. Pur comprendendo le ragioni del collega Marotta e il suo accorato appello, la lega nord per l'indipendenza della Padania voterà contro questi emendamenti. Ci troviamo più in sintonia con quanto affermato dai colleghi Maggi, Anedda e Miraglia del Giudice. Rileviamo, per non anticipare quello che esporrò compiutamente in dichiarazione di voto, nel complesso di questi emendamenti aspetti di incostituzionalità e privilegi verso una parte dei professionisti che dovrebbero entrare nel consesso della Cassazione. Soprattutto, non vogliamo entrare - ed è questa la seconda ragione che motiva il nostro voto contrario a questi emendamenti - in questioni che competono ad una lotta di piccolo o grande potere tra categorie, tra lobby per rientrare nel campo di applicazione di una legge che, come è già stato detto più volte, giunge dopo cinquant'anni di meditazione.
Riferirò in dichiarazione di voto più compiutamente su alcune questioni che ci interessano particolarmente, ma desideravo stigmatizzare anche questa specie di voltafaccia da parte del Governo e della maggioranza riguardo alla soppressione di questa norma, della quale con questi emendamenti si propone la reintroduzione: mi riferisco soprattutto a quanto ebbe a dichiarare il collega Parrelli nella discussione generale sul provvedimento.

PRESIDENTE. Invito il presidente della II Commissione ad esprimere il parere sugli emendamenti presentati.

GIULIANO PISAPIA, Presidente della II Commissione. Il parere è favorevole su tutti gli emendamenti.

PRESIDENTE. Il Governo?

FRANCO CORLEONE, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il Governo concorda con il parere del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Folena 2.2 e Gazzilli 2.3, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Prego i colleghi di votare, prego i colleghi di prendere posto!

PAOLO COLOMBO. Chiudere, Presidente!

PRESIDENTE. No, non chiudo la votazione quando i colleghi stanno entrando in massa in aula. Non ci penso nemmeno!


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FRANCESCO FORMENTI. Chiudere!

PRESIDENTE. Finché tutti non sono a posto, non la chiudo! E presiedo io, onorevole Formenti!
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).

(Presenti 403
Votanti 390
Astenuti 13
Maggioranza 196
Hanno votato sì 247
Hanno votato no 143).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gazzilli 2.1, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 399
Votanti 349
Astenuti 50
Maggioranza 175
Hanno votato sì 274
Hanno votato no 75).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo modificato dagli emendamenti approvati.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 404
Votanti 309
Astenuti 95
Maggioranza 155
Hanno votato sì 285
Hanno votato no 24).

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