Seduta n. 391 del 14/7/1998

Back Index Forward

Pag. 2


...
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186, recante disposizioni urgenti per l'erogazione gratuita di medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 26 maggio 1998 (4996) (ore 10,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186, recante disposizioni urgenti per l'erogazione gratuita di medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 26 maggio 1998.
Ricordo che nella seduta del 10 luglio si è svolta la discussione generale ed hanno replicato il relatore ed il rappresentante del Governo.

(Esame degli articoli - A.C. 4996)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 16 giugno 1998, n. 186 (vedi l'allegato A - A.C. 4996 sezione 1) nel testo della Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 4996 sezione 2).
Avverto che gli emendamenti presentati sono riferiti all'articolo 1 del decreto-legge, nel testo della Commissione, (vedi l'allegato A - A.C. 4996 sezione 3).
Avverto altresì che non sono stati presentati emendamenti riferiti all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Prego l'onorevole segretario De Simone di dare lettura del parere espresso dalla V Commissione (Bilancio).

ALBERTA DE SIMONE, Segretario, legge.
«Il Comitato permanente per i pareri della V Commissione ha adottato in data odierna, in parziale revisione del parere già espresso il 9 luglio 1998, la seguente decisione:

PARERE FAVOREVOLE

sul testo del provvedimento, a condizione che l'articolo 1, comma 7, come sostituito dalla Commissione di merito, sia sostituito dal seguente:
«7. Alla copertura degli oneri finanziari derivanti dal primo periodo del


Pag. 3

comma 5, pari a lire 26 miliardi per l'anno 1998, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1998, allo scopo parzialmente utilizzando per lire 18 miliardi l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione e per lire 8 miliardi l'accantonamento relativo al Ministero della sanità. Il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio»;

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti Conti 1.1, Massidda 1.2, 1.3 e 1.4, Conti 1.5 e 1.8, Cè 1.25, 1.31, 1.32 e 1.29, Lucchese 1.15, Massidda 1.17, 1.18 e 1.19, Cè 1.30 e 1.28, in quanto suscettibili di recare nuovi o maggiori oneri non quantificati o non coperti a carico del bilancio dello Stato;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti ricompresi nel fascicolo n. 1».

PRESIDENTE. Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 89 del regolamento, anche in relazione a quanto disposto dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, l'emendamento Cè 1.28, recante una delega legislativa, non proponibile con lo strumento del decreto-legge.
Nessuno chiedendo di parlare sul complesso degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ROBERTO MANZIONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Manzione, siamo nella fase dell'espressione del parere sugli emendamenti.

ROBERTO MANZIONE. Non c'è la Commissione!

PRESIDENTE. C'è il relatore: le chiedo scusa, onorevole Manzione, ma avevo già dato la parola all'onorevole Scantamburlo, che prego di esprimere il parere sugli emendamenti.

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Esprimo parere contrario sugli emendamenti Cè 1.20, Conti 1.1 e Massidda 1.2 e 1.3.
Esprimo parere favorevole sull'emendamento Massidda 1.4 e contrario sull'emendamento Conti 1.5. Chiedo all'onorevole Cè, presentatore dell'emendamento 1.21, di formulare con chiarezza le motivazioni ed il significato di tale proposta emendativa.
Esprimo parere contrario sugli emendamenti Conti 1.8, Cè 1.22, Conti 1.11 e 1.9 e Cè 1.24 e 1.23. Per quanto riguarda l'emendamento Cè 1.25, il parere sarebbe favorevole limitatamente alla prima parte, considerata però come aggiuntivo e non sostitutivo del terzo e quarto periodo del comma 2. Il testo risulterebbe del seguente tenore: «Nei casi indicati dal precedente periodo, il medico curante può, in alternativa, indirizzare il paziente ad un altro centro...».

PRESIDENTE. Onorevole relatore, questo non è un parere ma è la riformulazione dell'emendamento.

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Può essere considerato un emendamento sostitutivo.

PRESIDENTE. Le suggerisco di esprimere un invito al ritiro riguardo all'emendamento Cè 1.25 e di presentare formalmente, a nome della Commissione, un emendamento sostitutivo.

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Sta bene.
La Commissione invita al ritiro dell'emendamento Cè 1.25 e presenta un emendamento sostitutivo.


Pag. 4


La Commissione esprime inoltre parere contrario sugli emendamenti Conti 1.10 e 1.12, Cè 1.31, 1.32 e 1.26 nonché sugli identici emendamenti Conti 1.13 e 1.27; il parere è altresì contrario sugli emendamenti Cè 1.29 e Lucchese 1.15. La Commissione esprime parere favorevole sul proprio emendamento 1.35, mentre il parere è contrario sull'emendamento Massidda 1.17, primo di una serie di emendamenti per i quali verrà posto in votazione il principio comune. Infine, il parere è contrario sull'emendamento Cè 1.30.

PRESIDENTE. Avverto che la Commissione ha presentato l'ulteriore emendamento 1.36 (vedi l'allegato A - A.C. 4996 sezione 3).
Qual è il parere del Governo sugli emendamenti presentati?

MONICA BETTONI BRANDANI, Sottosegretario di Stato per la sanità. Il Governo esprime parere conforme a quello della Commissione, fatta eccezione per l'emendamento Massidda 1.4, sul quale si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Ci sono richieste di votazione elettronica?

PIETRO FONTANINI. Sì, a nome del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania.

ROBERTO MANZIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MANZIONE. Per la verità volevo chiedere anch'io la votazione elettronica. Quanto alla precedente richiesta di parlare sull'ordine dei lavori, rinuncio all'intervento, poiché volevo solo farle notare che l'esame del provvedimento è stato avviato senza che il Comitato dei nove fosse presente in aula, poiché la Commissione non aveva ancora concluso i propri lavori. Una volta giunto in aula, il Comitato non ha sollevato alcuna obiezione circa il fatto che il parere della Commissione bilancio sia stato letto in sua assenza e io ne prendo atto.

PRESIDENTE. In attesa del decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,30.

ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, vorrei comprendere le ragioni per le quali il Presidente della Camera abbia dichiarato inammissibile il mio emendamento 1.28. Capisco che le decisioni del Presidente sono inappellabili, mi piacerebbe però conoscere la motivazione della inammissibilità del mio emendamento, perché, se fosse quella che io posso intuire in questo momento, non sarebbe assolutamente condivisibile. Mi riferisco al fatto che abbiamo inserito in un decreto-legge una disposizione di delega nei confronti del Governo per un atto successivo. Ricordo al Presidente che questa prassi non corretta ha però un precedente nel decreto-legge riguardante sempre il metodo Di Bella che fu approvato il 17 febbraio scorso. Infatti, nell'articolo 1 di conversione, abbiamo introdotto una delega al Governo sulla base della quale l'esecutivo avrebbe dovuto riscrivere il testo di un decreto legislativo che avrebbe dovuto normare la prescrizione nel settore sanitario, proprio sulla base della legge sulla privacy (la n. 675) e delle indicazioni contenute nel decreto stesso.
Ribadisco che, se fosse questa la motivazione della decisione della Presidenza, non sarebbe assolutamente accettabile e che l'emendamento 1.28 dovrebbe essere dichiarato ammissibile.

PRESIDENTE. Onorevole Cè, lei sa che la decisione del Presidente sulla inammissibilità degli emendamenti è inappellabile.


Pag. 5


In ogni caso, le fornisco la spiegazione della decisione assunta dalla Presidenza.
La Presidenza della Camera ritiene che non siano mai ammissibili gli emendamenti al testo del decreto-legge contenenti una delega. In via eccezionale - come nel caso da lei richiamato - vengono ammessi emendamenti presentati al disegno di legge di conversione. Nel caso di specie, invece, il suo emendamento 1.28 conteneva una delega ed era riferito al testo del decreto-legge.
Sembrerà una questione meramente formale, ma le cose stanno in questo modo. Se vuole il mio parere personale, sarei contrario anche agli emendamenti contenenti la delega legislativa pure riferiti al disegno di legge di conversione. In ogni caso, la prassi va in questa direzione: gli emendamenti contenenti una delega non vengono mai dichiarati ammissibili quando attengono al decreto-legge; qualche volta - come nel caso che lei ha richiamato - vengono dichiarati ammissibili se attengono al disegno di legge di conversione.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cè 1.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Siamo alla solite: il Governo presenta dei decreti-legge estremamente approssimativi! Nella sua prima stesura, infatti, il decreto-legge non prevedeva assolutamente alcuna decisione da parte del Governo riguardo alla durata della sperimentazione. Noi sappiamo che nella relazione tecnica del decreto-legge precedente riguardante la terapia Di Bella si prevedeva una copertura per tre mesi della stessa sperimentazione. Si trattava di un periodo sicuramente inadeguato a verificare la validità della terapia stessa; oggi si prova a prolungarla, ma il ministro si è dimenticato di dirci, dopo quattro mesi dal suo inizio, quanto durerà tale sperimentazione.
Credo che con il mio emendamento 1.20 si migliori ulteriormente il testo perché viene fissato un termine perentorio entro il quale il Governo dovrà comunicare al Parlamento e ai cittadini italiani quale sia il periodo ritenuto congruo per validare la terapia. (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cè 1.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 365
Votanti 360
Astenuti 5
Maggioranza 181
Hanno votato sì 163
Hanno votato no 197).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conti 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 368
Maggioranza 185
Hanno votato sì 169
Hanno votato no 199).

Onorevole Benedetti Valentini, vuole essere così cortese da pregare il sottosegretario Corleone di spostarsi di lato, in modo che non conversiate in mezzo all'emiciclo?

MAURIZIO GASPARRI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


Pag. 6

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, è stata presentata un'interpellanza...

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, se la questione sull'ordine dei lavori non attiene a questo provvedimento non le posso dare la parola.

MAURIZIO GASPARRI. Presidente, mi faccia parlare. È stato aggredito a Roma un membro di questa Camera e riteniamo che la cosa sia grave e meritevole di attenzione. La prego, quindi, di farmi parlare per un minuto su questa vicenda.

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, ieri pomeriggio lei non c'era quando il Presidente della Camera ha espresso solidarietà ed ha letto una lettera del ministro Napolitano. Potremo parlarne comunque in altro momento, non durante l'esame di un provvedimento, come prevede il regolamento, che ho l'obbligo di far rispettare (Commenti).

MAURIZIO GASPARRI. Noi vogliamo sapere...

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri!

DOMENICO GRAMAZIO. Basta!

PRESIDENTE. Per cortesia!

ELIO VITO. Un po' di solidarietà! Presidente, ci sono dei precedenti!

PRESIDENTE. Proseguiamo nell'esame...

SANDRA FEI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

SANDRA FEI. Presidente, soltanto per sottolineare che, siccome è stato effettuato il controllo delle tessere da questa parte, vorrei che lo stesso avvenisse anche negli altri settori.

PRESIDENTE. Prego i deputati segretari di procedere al controllo delle tessere (Commenti). Dovrebbe esserci il segretario, onorevole Bono, che non c'è!

SANDRA FEI. Lo faccia fare ad un altro deputato segretario!

PRESIDENTE. Se non è presente il deputato segretario, oltre tutto del suo gruppo, non posso disporre il controllo!

ELIO VITO. Perché? Il segretario della maggioranza può anche andare di là!

PRESIDENTE. Prego il deputato segretario, l'onorevole De Simone, di procedere al controllo delle tessere. Faccio rilevare, però, che l'onorevole De Simone già da questa mattina lamenta il fatto di essere sola. La prego, comunque, onorevole segretario, di compiere gli opportuni accertamenti.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Massidda 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Massidda. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo emendamento fa riferimento all'allegato 1. Per chi non conoscesse il provvedimento, ricordo che la cura Di Bella è consentita gratuitamente, come recita l'allegato 1, nel caso specifico a tutte le donne che hanno un carcinoma mammario metastatico resistente ad ormonoterapia o chemioterapia. Partendo dal presupposto che alcuni studi hanno dimostrato la validità della terapia nei confronti di questo tumore, soprattutto nei casi di metastasi da carcinoma mammario, vietiamo ad una donna che si trovi a soffrire di questa patologia così estesa e pericolosa, pur cosciente ed informata dell'ancora non provata scientificità della cura, pur informata del fatto che questa terapia potrebbe non dare i risultati sperati, di sottoporsi comunque alla terapia Di Bella, costringendola a sottoporsi invece ad ormonoterapia o chemioterapia, che potrebbero


Pag. 7

non essere accettate dalla paziente stessa. Sappiamo benissimo, e molti di voi lo hanno vissuto attraverso amici e parenti, che queste terapie possono portare una grandissima debilitazione che non tutte le donne possono accettare. È quindi giusto consentire ad una donna di scegliere liberamente la terapia, assumendosene le responsabilità.
Invito quindi l'Assemblea a rivedere la posizione espressa dal Comitato dei nove e ad accogliere questo emendamento per una questione di rispetto della libertà di ciascun individuo di decidere sulla propria pelle la terapia più adatta, naturalmente dopo aver sentito gli autorevoli pareri dei colleghi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Capua. Ne ha facoltà.

FABIO DI CAPUA. Signor Presidente, vorrei puntualizzare la posizione del mio gruppo e della maggioranza sulla questione in esame. Il problema è molto chiaro: fare riferimento a questo stadio clinico della patologia neoplastica, indicando i casi annessi in quelli resistenti ad ormonoterapia e chemioterapia, è assolutamente coerente con il principio per cui il medico proponente ha attestato l'inefficacia delle terapie già sperimentate. Rimuovere l'espressione «limitatamente ai casi resistenti a chemioterapia e ormonoterapia» significa inficiare il principio di una verificata inefficacia di questi trattamenti.
Capisco le posizioni politiche sulla libertà di cura e quant'altro è già stato illustrato. Tuttavia, il mantenimento in allegato dell'espressione che ho ricordato è necessario, in quanto assolutamente coerente con quanto scritto al punto b) del comma 1. Si tratta di un atto di coerenza dal quale credo non si possa derogare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DEL BARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, capisco perfettamente l'intervento dell'amico Massidda, a cui non voglio attribuire una chiave politica; l'intervento è di natura emotiva e tale natura potrei sottoscriverla completamente. Qui, però, siamo su un piano squisitamente tecnico, nel quale - ritengo di poterlo dire in modo chiaro e preciso - la politica non c'entra. Noi, allora, dobbiamo cercare di mantenere la discussione su un terreno di sperimentazione. Accettando l'emendamento 1.2 dell'amico Massidda, di fatto, svuoteremmo di significato il concetto della sperimentazione stessa. Quindi, determinate cose sono come il coraggio di Don Abbondio: o sono o non sono. In questo caso dico «no» all'accettazione dell'emendamento in chiave tecnica e ne sono dolente, ma se dicessi di sì mi sembrerebbe di tradire i molti anni nei quali - credo onoratamente - ho fatto il medico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, mi riconosco pienamente nell'emendamento Massidda 1.2, perché altrimenti si ha una grave lesione nella libertà di accesso. Infatti, mantenendo il testo originario impediamo al malato la libertà di seguire la cura Di Bella, che deve essere subordinata a cicli di ormonoterapia o di chemioterapia, che incidono pesantemente su un fisico già debilitato. Si determinano, quindi, una discriminazione tra paziente e paziente, nonché una lesione della libertà di cura del malato e della libertà del medico di somministrare la cura Di Bella.
Si ripropone, quindi, il nucleo della battaglia che stiamo facendo per la libertà di cura che, se non verrà accolto l'emendamento in esame, con la discriminazione su un tema così delicato, verrà completamente vanificata. Ricordiamo, infatti, che quando i pazienti seguono dei trattamenti di chemioterapia non è come prendere un antibiotico, perché quei trattamenti


Pag. 8

incidono non solo sulle cellule tumorali, ma anche su quelle sane. Questo è il senso del mio intervento e mi auguro quindi che si possa riflettere sull'emendamento Massidda 1.2 (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

GIOVANNI FILOCAMO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Filocamo, per il suo gruppo è già intervenuto l'onorevole Massidda, pertanto ho il dovere di chiederle se lei intenda parlare in dissenso dal suo gruppo, nel qual caso potrò darle la parola, altrimenti no.

GIOVANNI FILOCAMO. Signor Presidente, intendo parlare in dissenso, a titolo personale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Ha a disposizione due minuti.

GIOVANNI FILOCAMO. Signor Presidente, desidero dire una cosa semplicissima: questo decreto-legge del ministro Bindi e del Governo non è nato a caso, ma in seguito ad una sentenza della Corte costituzionale. La Corte, come tutti sanno, tutela la Costituzione, cioè mette in pratica ciò che la Costituzione stabilisce ed a questo proposito la Costituzione dice appunto che lo Stato, il Governo ha l'obbligo di tutelare la salute dei cittadini ed ha l'obbligo di fare in modo che il paziente possa scegliere la terapia che il medico gli prescrive. Il medico, cioè, nell'applicare la terapia compie un atto non soltanto scientifico, ma anche di arte medica, cioè secondo scienza e coscienza prescrive la terapia che, nel caso specifico, ritiene più efficace delle altre. Costringere, quindi, il medico ad effettuare le prescrizioni secondo la precettazione del Governo io credo sia un fatto che non possa accadere in nessuno Stato democratico, o anche totalitario. Nessun medico, cioè, può essere coartato nella sua libertà di prescrivere la terapia, nessun paziente può essere coartato nella sua libertà di scegliere, con il suo consenso informato, quella data terapia. Quindi, costringere il paziente a seguire la terapia cosiddetta Di Bella dopo che le altre si siano dimostrate inefficaci determinerebbe un grave danno alla salute di quel paziente, perché i suoi tessuti ed i suoi organi sarebbero già stati alterati da terapie precedenti e quindi nessun'altra terapia potrebbe avere l'efficacia che avrebbe avuto se fosse stata avviata fin dall'inizio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, qui è stato reintrodotto il tema della libertà di cura. Vorrei ricordare a tutti che si tratta di un tema molto importante, che in occasione dell'esame del precedente decreto è stato affrontato in maniera proditoria dal ministro Bindi con l'introduzione di un articolo 3, che non aveva nulla a che vedere con la terapia Di Bella, con il quale si è voluta disciplinare, oltre a quanto già previsto dal codice di deontologia medica, la libertà di cura, indipendentemente dal fatto che il farmaco sia o meno a carico del sistema sanitario nazionale. Quel decreto-legge è stato quindi utilizzato in maniera assolutamente impropria, regolando con le sue disposizioni una materia che, invece, aveva bisogno di un esame approfondito in quest'aula e di una discussione estremamente accurata.
In questo caso, però, si fa riferimento all'allegato 1, cioè ai protocolli, e sappiamo che vi è un limite ai nostri discorsi: mi riferisco al fatto che questi protocolli sono stati in un certo qual modo concordati, anche se l'impressione che abbiamo è che siano stati in qualche modo estorti, più che concordati, visto che le inimicizie, le dissonanze, i dissapori tra la commissione oncologica, il ministro ed il professor Di Bella hanno fatto sì che in seguito non vi fosse più alcun punto di accordo tra queste due istanze. Effettivamente, però, il protocollo è il risultato di quell'accordo. Ciò non ci impedisce, però, di trarre la conclusione che, di fatto, questa


Pag. 9

sperimentazione è stata gestita molto male, perché sono stati fissati criteri di inclusione assolutamente atipici rispetto alle normali sperimentazioni. Allora, sorge il dubbio che non si volesse realmente effettuare la sperimentazione, ma in questo caso il ministro Bindi e chi la pensava come lei avrebbe dovuto avere il coraggio di non avviarla. Le sperimentazioni, infatti, da quando la scienza esiste, devono porsi come obiettivo quello di confrontare, in questi casi, due terapie che siano alternative, non quello di provare una terapia quando tutte le altre hanno fallito, con un soggetto che si trova spesso in condizioni terminali, danneggiato dalle terapie assegnate precedentemente. Quindi, anche da questo punto di vista, riteniamo che non sia corretta la sperimentazione per come è stata impostata: in linea di massima, sarei pertanto d'accordo con l'emendamento in esame, perché va nella direzione giusta, ma in realtà non posso votare a favore poiché questi protocolli sono stati concordati con lo stesso autore della multiterapia. Di conseguenza, ci asterremo sull'emendamento Massidda 1.2 in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Domenico Izzo. Ne ha facoltà.

DOMENICO IZZO. Signor Presidente, in quest'aula siedono numerosi colleghi che, prima del mandato parlamentare, hanno con dignità svolto la propria attività professionale medica. A costoro vorrei rivolgermi per fare osservare che, per l'ormonoterapia nel carcinoma della mammella, è possibile stabilire a priori se esiste l'indicazione o meno, e questa possibilità deriva da indagini di laboratorio affidabili sui siti recettoriali. Per quanto attiene alla chemioterapia, anche in questo caso esistono protocolli scientificamente affidabili per la sua indicazione o meno. Dunque, la terapia Di Bella viene consentita non solo nei casi di fallimento dell'ormonoterapia o della chemioterapia, ma anche nei casi in cui preliminarmente non esiste l'indicazione all'una e all'altra terapia; naturalmente in questi casi, ma solo in questi, possiamo consentire, a titolo puramente umanitario, che venga somministrata una terapia la cui efficacia non è scientificamente dimostrata.
Chi di noi potrebbe assumersi la responsabilità di autorizzare una determinata cura in nome di una libertà di cura, che sarebbe malintesa e grave se venisse riferita ad una persona che non ha le cognizioni tecniche e scientifiche, come il paziente: sarebbe un'aberrazione dire che il paziente deve scegliere la sua cura! Cosa ne facciamo, allora, dei medici? Ne facciamo dei professionisti che, sulla base della richiesta del paziente, prescrivono questo o quel farmaco! Inoltre, la libertà di cura da parte del medico è sicuramente un principio sacrosanto, ma deve svolgersi nell'ambito dei presidi terapeutici la cui efficacia è scientificamente dimostrata. Ora, l'efficacia della cura Di Bella non è ancora scientificamente dimostrata! Ed io non dirò che i dati ufficiosi a nostra disposizione indicano che gli ammalati trattati con questa terapia muoiono come mosche, perché non è un dato ufficiale: intanto, però, questo dato ufficioso c'è.
Allora, dovremmo assumerci la responsabilità di far fare la cura Di Bella a pazienti che possono trarre giovamento, in modo sicuro e non devastante, da terapie sperimentate? Ricordo ai miei colleghi medici che l'ormonoterapia è tollerata ottimamente, a differenza della chemioterapia, che provoca una serie di problemi. Chi di noi potrebbe, secondo scienza e coscienza, assumersi la responsabilità di far praticare una terapia di dubbia efficacia, o di non dimostrata efficacia, sottraendo al paziente la possibilità di seguire una terapia che salva la vita? È per questa ragione che invito l'onorevole Massidda, che è medico come me, a ritirare il suo emendamento, a non sottoporlo nemmeno al voto dell'Assemblea, e questo per onorare la sua professione di medico oltre che il suo mandato parlamentare. Comunque, qualora l'emendamento venisse mantenuto, voterei contro, per una questione


Pag. 10

di coscienza oltre che di politica (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manca. Ne ha facoltà.

PAOLO MANCA. Voglio dire anch'io la mia su questo argomento, perché francamente ho sentito parecchie inesattezze. Se il collega mi permette di continuare...

PRESIDENTE. Onorevole Romano Carratelli, è così cortese da non disturbare i lavori? Grazie.
Prosegua, onorevole Manca.

PAOLO MANCA. Sul carcinoma mammario esiste ormai una documentazione scientifica inoppugnabile e che si avvale di risultati che risalgono a quarant'anni fa. Scientificamente, perciò, la classe medica sa su quali terapie si può far affidamento per un risultato e su quali non si può fare affidamento. Ora, mi sembra che qui si dica che il medico non è libero di scegliere una terapia, come ho sentito dire dal collega prima. Ma non mi sembra questo il caso: il medico è libero di scegliere qualsiasi terapia, e in questo caso è libero di scegliere la terapia Di Bella quando è stata comprovata l'inefficacia della terapia tradizionale (che ormai è sicuramente comprovata nella sua efficacia), per cui si giustifica il ricorso ad un'altra terapia. Non si tratta di conculcare i medici, ma di scegliere una terapia quando la terapia tradizionale, notoriamente efficace, ha fallito.
Quindi, credo che bisogna esaminare questo argomento con più serenità: se ciò verrà fatto si potrà notare che i malati avranno la possibilità di scegliere, anche gratuitamente, di ricorrere alla terapia Di Bella, solamente quando la efficace e comprovata terapia tradizionale ha fatto fallimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Massidda 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 356
Votanti 321
Astenuti 35
Maggioranza 161
Hanno votato sì 110
Hanno votato no 211).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Massidda 1.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Massidda. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di parlare di questo emendamento è giusto che risponda al collega che ha fatto richiamo alla mia professionalità.
Ho l'abitudine di parlare in termini politici in quest'aula, anche perché, se parliamo di professione, ciascuno deve guardare alla propria professionalità, anche perché le esperienze sono molto differenti. Nessuno di noi ha detto che la terapia deve essere scelta dal paziente. Noi invece nutriamo grande fiducia nei confronti dei medici, tanto è vero che ci opponiamo costantemente ai consigli sull'uso o software medico. Voglio chiarire che forza Italia e il sottoscritto non hanno mai detto che debba essere il paziente a decidere la propria terapia. Il paziente si rivolge al medico, il quale gli propone una terapia, e anche quella del metodo Di Bella è una terapia sulla quale molti colleghi convergono e in cui credono, e perciò bisogna avere rispetto di tutti i colleghi, non soltanto della propria professionalità.
Voglio ricordare che in Italia viene ancora osteggiata l'omeopatia; eppure nessuno accusa un omeopata di essere uno


Pag. 11

stregone o un medico poco serio. Fino a qualche anno fa, poi, l'agopuntura veniva considerata una pratica terapeutica da trogloditi: oggi è convenzionata. Quindi dobbiamo essere cauti nell'esprimere certi giudizi.
Prima di plaudire ad una critica sulla professionalità, i colleghi abbiano la pazienza di ascoltare le diverse campane. Noi non diciamo che l'ormonoterapia e la chemioterapia non siano valide. Tutt'altro: sono terapie efficacissime che stanno dando grandi risultati. Ma nessun collega, soprattutto un oncologo, si sottrarrebbe dal tentare almeno una delle due terapie nel caso in cui la paziente fosse affetta da carcinoma mammario metastatico, anche se ad un primo esame non si dovessero ottenere indicazioni in tal senso. Inoltre, una donna che sapesse di non essere sensibile all'ormonoterapia potrebbe rifiutarsi di affrontare la chemioterapia, che dà fenomeni collaterali impressionanti e distrugge psicologicamente. Dovete tenerlo presente: la libertà appartiene anche al cittadino, il quale deve sapere ciò a cui va incontro. E molto spesso si va verso la distruzione psicologica. Ecco perché è nostro dovere dare al cittadino la libertà: qualora un collega prescrivesse questa terapia, assumendosene la responsabilità, ed il paziente credesse nella terapia, dovrebbe essere consentito provare.
In questi decreti noi stiamo contestando che voi decidiate al posto dei medici e dei pazienti: per un problema esclusivamente ragionieristico, di denaro pubblico, avete imposto anche al professore che la ricerca scientifica debba essere estesa solo a chi è in fase avanzata. Il professor Di Bella si è sgolato più di una volta: tutti sappiamo che maggiore è la durata della chemioterapia minore è l'efficacia della terapia. La ricerca - e quindi una vera indagine scientifica - deve allargarsi anche a quei volontari...

PRESIDENTE. Il tempo, onorevole Massidda.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Se ho concluso il mio tempo, Presidente, continuerò il discorso successivamente, in un prossimo intervento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, prendo la parola in riferimento, oltre che all'emendamento Massidda 1.3, anche all'emendamento Massidda 1.4.
In quest'aula non possiamo sentire discorsi che poi diventano personali: Di Bella sì o Di Bella no. Abbiamo ascoltato anche giudizi sui risultati della sperimentazione, che parlano di esiti negativi in termini ufficiosi. In realtà qui affrontiamo il problema della libertà della sperimentazione: oggi vi è la possibilità offerta dal professor Di Bella, ma un domani un altro scienziato fisiologo potrebbe elaborare una cura alternativa.
Come ha giustamente ricordato il collega Massidda, gli uomini e le donne dovrebbero sapere che la chemioterapia incide non solo sulle cellule, ma anche sulla fertilità, portando danni gravissimi, fino alla sterilità (che, come sappiamo, è irreversibile).
Gli emendamenti proposti dal collega Massidda tendono a sopprimere dal testo espressioni come «in fase avanzata» e «molto». Non ha senso parlare scientificamente di tumore «in fase critica molto avanzata». I colleghi medici sanno che per i tumori non si può parlare in termini così generici, perché abbiamo precise classificazioni: T, N, M. Le espressioni che sono state inserite nel testo, invece, sono generiche ed aleatorie: ingenerano confusione e non danno né al medico né al paziente la possibilità di capire in che stadio si trovi il tumore né se si possa accedere o meno alla cura Di Bella.
Gli allegati previsti dal decreto-legge contengono concetti e terminologie tecniche. Dobbiamo quindi utilizzare definizioni pertinenti e non generiche. Vanno dunque eliminati termini aleatori che servono esclusivamente ad ingenerare confusione.


Pag. 12

Per questi motivi sono a favore degli emendamenti Massidda 1.3 ed 1.4 (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Capua. Ne ha facoltà.

FABIO DI CAPUA. Vorrei ricordare all'onorevole Massidda e anche a tanti altri colleghi che l'eliminazione dell'espressione «in fase avanzata» applicata allo specifico caso del carcinoma colorettale dell'allegato 1 autorizzerebbe l'applicazione di questo metodo a tale patologia, prescindendo dalla stadiazione.
Questa è un'assurdità tecnica. Mi rivolgo ai colleghi che conoscono la questione: il carcinoma colorettale negli stadi iniziali Dukes A e B è sicuramente trattato con la sola chirurgia, senza nemmeno la necessità di ricorrere alla chemioterapia, quando non sono interessati i distretti linfonodali.
Pur comprendendo il senso dell'emendamento, mi sembra che la sua applicazione nella fattispecie del carcinoma colorettale compreso nell'allegato 1 renderebbe scientificamente e medicalmente assurda l'applicazione della norma.
Quanto all'emendamento successivo, ricordo alla collega che su di esso il relatore ed il Governo hanno espresso parere favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Presidente, penso che chi in quest'aula ha un po' di morale - definiamola così - debba essere ostile a qualsiasi trattamento o sperimentazione che possa danneggiare il paziente.
Allo stesso modo vorrei dire, tuttavia, che la sperimentazione, da quando esiste, comporta sempre e comunque rischi a carico del paziente. Questo vale per tutte le sperimentazioni, le quali peraltro vengono iniziate solo dopo aver chiesto al paziente stesso di sottoscrivere un consenso informato e cioè dopo essere stato edotto dei rischi della sperimentazione medesima.
Pur condividendo in buona parte, dunque, gli interventi degli onorevoli Di Capua ed altri, che tendono a tutelare il paziente, sappiamo che i criteri della sperimentazione devono comunque essere questi, al fine di ottenere risultati validi e realmente apprezzabili, quando si mettano a confronto due terapie per valutare se un trattamento, iniziato su un paziente che non è ancora distrutto da altre terapie, come per esempio quella chemioterapica, sia valido. Dico questo per puntualizzare rispetto ai discorsi fatti.
Vi è un'altra cosa che vorrei chiedere ai colleghi del partito popolare e di rinnovamento italiano che sono intervenuti e che magari non conoscono bene la vicenda. Mi spiegate, se i criteri di inclusione non sono così restrittivi - visto che a vostro parere possono essere inseriti molti pazienti facendo una diagnosi prima di aver iniziato il trattamento chemioterapico ormonale -, come mai siano stati ammessi alla sperimentazione Di Bella (nonostante tutti ogni giorno siamo chiamati da pazienti che non sanno a chi rivolgersi per poter usufruire di questa cura, benché la previsione del decreto-legge del 17 febbraio parlasse di 2 mila 600 malati da inserire parzialmente - mille - in sperimentazione e parzialmente - 1.600 - in studio osservazionale) solo 700 pazienti?
Se la conclusione del discorso è che fin dall'inizio la sperimentazione è stata ostacolata...
Presidente, non riesco a capire gli stenografi cos'abbiano da ridere. Colgo sempre dei sorrisini strani e mi danno fastidio! Un po' di serietà mi sembra d'obbligo (Applausi del deputato Signorini). Se vi aspettavate questo, ve l'ho detto (Proteste del deputato Malgieri)!
Scusate l'«interludio», però...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cè...

ALESSANDRO CÈ. Io non volevo...


Pag. 13

PRESIDENTE. Onorevole Cè, le assicuro che gli stenografi hanno tenuto un comportamento correttissimo!

ALESSANDRO CÈ. Io le assicuro, invece, che non è così! Basta!
Siccome non è la prima volta, allora chiariamolo (Proteste dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo e di rifondazione comunista-progressisti).

Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo: Non prendertela con chi lavora!

ALESSANDRO CÈ. Ma stai zitto, coglione!

PRESIDENTE. Onorevole Cè, vada avanti e concluda.

ALESSANDRO CÈ. Se l'esito deve essere, lo ripeto, quello di far sapere che la sperimentazione è stata gestita ad arte perché dia dei risultati non oggettivi, allora tiriamo le somme e rendiamocene tutti conto! Diversamente, non si capisce come mai non si siano trovati 2.600 pazienti da inserire nella sperimentazione. Voi popolari e voi di rinnovamento italiano, che avete sempre l'ultima parola, spiegateci anche questo!
Poc'anzi l'esponente di rinnovamento italiano, di cui - mi scuso - non ricordo in questo momento il nome, ha esordito dicendo che vi sono delle inesattezze negli interventi dei colleghi, ma debbo dire che lui stesso ha compiuto un'inesattezza di un certo spessore allorquando ha affermato che il medico, di fatto, è libero di prescrivere la cura che vuole. Questo non è assolutamente vero; probabilmente gli è sfuggito l'articolo 3 del decreto-legge, in cui si dice espressamente che, anche indipendentemente dalla rimborsabilità da parte del sistema sanitario nazionale, il medico può prescrivere solo e unicamente quei prodotti farmaceutici che sono autorizzati in generale o per singole patologie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quanto ha detto poc'anzi il collega Di Capua, estrapolato dal discorso generale, potrebbe dargli ragione in quanto riferentesi soltanto al carcinoma colorettale. Chi è medico questo lo sa da tanto tempo: lo si sa fin dai tempi dell'università! Infatti si tratta di un'acquisizione scientifica a tutti nota.
Ma il discorso che qui occorre fare deve riferirsi a tutto l'allegato A, che ha peraltro una logica perversa, compreso l'VIII capoverso, sul quale il relatore ha espresso parere positivo ai fini dell'esclusione della parola «molto». Ma anche se si esclude quest'ultima rimane sempre l'espressione «neoplasia in fase critica avanzata» e, alla fine, la descrizione dell'ipotesi di «metastatizzazione diffusa e con aspettativa presunta di vita non superiore a tre mesi». Questa è una logica perversa, per cui alla fine non resta altro che dire, riprendendo quello che dicevano i gladiatori all'imperatore romano, morituri te salutant.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Massidda 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 375
Votanti 361
Astenuti 14
Maggioranza 181
Hanno votato sì 147
Hanno votato no 214).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Massidda 1.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Massidda. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Credo che questa decisione fosse necessaria e abbiamo


Pag. 14

gradito finalmente questa non «blindatura» del provvedimento.
Anche l'onorevole Izzo, dinanzi a delle mostruosità tecniche elencate poc'anzi dalla collega Mussolini, ha riconosciuto che fortunatamente in Commissione si riesce a discutere. Sto parlando in questi termini per cercare di ricondurre il dibattito sul binario del confronto, un confronto tuttavia da cui emergono due posizioni completamente differenti.
Lo ripeto, noi crediamo nella chirurgia, crediamo nella chemioterapia, crediamo nell'ormoneterapia ma vogliamo sapere una volta per tutte se possiamo e dobbiamo credere nel metodo Di Bella. Lo ripeto, il metodo Di Bella è tanto più efficace quanto meno il paziente sia stato sottoposto ad una terapia chemioterapica.
Dal momento che valentissimi colleghi da anni credono, hanno studiato e praticano la metodologia Di Bella, ritengo che, quando si parla di rispetto professionale, ciò debba essere esteso a tutti e che sia un atto doveroso quello di verificare se, per esempio, la terapia Di Bella possa non risultare efficace, così come, del resto, si sono dimostrate non così efficaci la chemioterapia, l'ormonoterapia e la chirurgia a fronte di fasi tumorali estremamente avanzate e di forme metastatiche estremamente avanzate. È invece doveroso sapere quale efficacia tale cura possa avere nelle forme primitive, quelle in cui il paziente non è stato ancora sottoposto a chemioterapia. È giusto che un paziente, dopo essere stato informato e dopo aver sentito il parere di più oncologi, dietro consiglio di un oncologo non possa sottoporsi alla terapia Di Bella se prima non è stato trattato con chemioterapia? Io credo che questa imposizione non sia un atto scientifico.
Dobbiamo cercare di invogliare il cittadino ad ascoltare il medico, proprio partendo dal presupposto che oggi come oggi delle cure sono state scientificamente provate, e dobbiamo smetterla di fare uno show e una strumentalizzazione politica di questo provvedimento. Ci renderemo conto, infatti, che la richiesta si ridurrà soltanto a dei reali volontari, ma questi meritano rispetto. Si tratta di persone che sono consapevoli di andare anche incontro a dei pericoli ma che, dietro consiglio di medici valenti, decidono di sottoporsi a quella terapia.
Vi sono poi delle considerazioni da fare per quanto attiene alla tossicità, al di là delle valutazioni che vengono fatte su un campione di pazienti che sono stati sottoposti a controllo, ma non si sa che terapie abbiano applicato. Lo sapete che la somatostatina ha un'emivita di trenta minuti? La sua assunzione viene consigliata nell'arco di dieci ore. Ebbene, vi sono dei pazienti che assumono la somatostatina per via intramuscolare. Questa è tutta un'altra cosa.
Molti pazienti, proprio per le difficoltà che avete frapposto con il decreto n. 23, devono rivolgersi a delle farmacie che strutturalmente non sono preparate a fare quei farmaci.
Onorevole Izzo, mi creda. Sulla serietà siamo perfettamente d'accordo e tutti noi vogliamo che abbia luogo un'adeguata ricerca scientifica. Ciò che ci contraddistingue è la volontà di dare al paziente la libertà di decidere sulla base del consiglio fornito da colleghi medici. Noi non giudichiamo medici di serie B, non valenti o non professionalmente validi quelli che vogliono seguire questa terapia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Petrella. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PETRELLA. Signor Presidente, non interverrò come appartenente ad un partito politico, ma come oncologo chirurgo.
Ho ascoltato con rammarico tanti colleghi medici che stimo, prima di tutti il collega Massidda, dibattere di questo argomento facendone materia di scontro politico. Credo che dovremo tutti compiere un passo indietro quando si parla di ricerca scientifica, di oncologia, di pazienti che soffrono. È un discorso che poteva andare bene tre mesi fa, ma sono trascorsi tre mesi, che sono serviti a qualcosa. Sono stati resi noti i primi risultati


Pag. 15

e questi sono stati forniti dalla regione Lombardia, vale a dire una regione che all'inizio aveva accondisceso con entusiasmo alle pretese di Di Bella e del suo clan.
I risultati non sono sconfortati, non sono deludenti, sono pessimi, e dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo tutti quanti.
Pregherei pertanto l'Assemblea, tutti i colleghi e tutte le forze politiche di compiere un passo indietro rispetto a questo decreto, di far parlare le persone che hanno una competenza in materia e non di blaterare pronunciando parole prive di senso.
Sappiamo benissimo tutti - mi riferisco a chi ha dedicato una vita, e ce ne sono tanti, nei banchi della destra, del centro e della sinistra, all'oncologia - che la ricerca è una cosa seria, che va fatta seriamente, e che i risultati devono essere sottoposti all'attenzione della comunità scientifica.
Finora tutto ciò non è stato fatto. Dopo i risultati resi noti dalla regione Lombardia, si è addirittura levato un coro di proteste da Di Bella e dal suo clan, chiamando «delinquenti» e «assassini» dei medici che prestano il loro lavoro nell'interesse unicamente di coloro che soffrono.
Secondo me questi emendamenti vanno quindi rigettati in blocco, ma non sulla base di una ideologia politica; tutti sappiamo che la multiterapia Di Bella non ha efficacia: sono sicuro che fra tre mesi i risultati saranno ancora peggiori di quelli annunciati dalla regione Lombardia. Penso che molte persone, anche in quest'aula, dovranno fare autocoscienza e chiedere scusa a coloro che sono stati subissati dai mass media e dalle parti politiche sulla terapia Di Bella.
Pertanto il mio voto sarà contrario non solo a questo ma a tutti gli emendamenti che vogliono fare di questa terapia un caso politico e non di medicina e di sanità (Applausi dei deputati dei gruppi dei democratici di sinistra-l'Ulivo e dei popolari e democratici-l'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Onorevole Petrella, colgo l'occasione per risponderle proprio sottolineando quanto lei aveva detto in un primo momento per poi contraddirsi immediatamente dopo.
Lei, come oncologo, suggerisce di fare un passo indietro, svestendosi dei suoi panni di deputato dei democratici di sinistra come faccio io da quelli di deputato di alleanza nazionale e poi si riferisce alla regione Lombardia, che in questo momento è nell'occhio del ciclone della politicizzazione del problema.
Ma a parte questa prima contraddizione di fondo, vorrei capire perché questo decreto-legge impedisca - e lei come oncologo lo sa - la cura in prima linea dei pazienti affetti da tumore. Sapete che prima linea significa pazienti ai quali venga diagnosticato il tumore e che scelgano il tipo di terapia da seguire. L'allegato n. 1 di questa legge fa riferimento, per esempio, al carcinoma mammario metastatico solo se resistente ad ormonoterapia e chemioterapia: in termini oncologici, significa che ci si riferisce solo a chi abbia già praticato quelle terapie fino alla nausea, con il maggior numero di sedute possibile.
Passiamo al carcinoma colorettale, di cui si è parlato prima: si parla di questa sindrome in «fase avanzata»; non può essere opportuno, in prima linea, effettuare la sperimentazione in modo intelligente e serio, per disporre della stessa capacità di valutazione di un'identica malattia trattata con diverse terapie? Questo significa che non si passa mai alla terza fase, come lei ben sa, onorevole Petrella.
Ritengo che siano anomalie pesanti. Per quanto riguarda l'emendamento in discussione, il riferimento è a neoplasia in fase critica molto avanzata: si tratta in sostanza della fase terminale. Perché valutare l'efficacia di una terapia solo nella fase terminale per confrontarla con altre terapie attuate in prima linea? Ecco la malafede di chi redige queste norme.


Pag. 16

L'efficacia della terapia non può essere valutata su queste basi: si prende un morituro al quale si somministra questa terapia e si confronta con un'altra persona che si accorge oggi di avere il cancro, trattata con un'altra terapia; il confronto è falsato.
Credo che ciò sia comprensibile da tutti, anche da coloro che si interessano di agricoltura. Mi pare che si debba valutare il tema con onestà, altrimenti non si può parlare di valutazioni osservazionali: sulla base di questo decreto-legge, non si arriverà mai a valutazioni di seconda e terza linea, cioè al confronto vero e legittimo tra pari condizioni della stessa malattia. Ripeto che si impedisce di arrivare a questo punto: rivolgo quindi un appello alla serietà. Che ci vuole a far fallire una sperimentazione? È la cosa più facile del mondo, così come è facile farla riuscire.
Occorre verificare se vi sia una malafede di fondo o se vi siano reali termini di confronto. Penso di essere stato molto chiaro ed è per questo che mi appello al senso di onestà dei colleghi che sostengono tesi diverse.

GIOVANNI FILOCAMO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Filocamo, per il suo gruppo ha già parlato l'onorevole Massidda, per cui può parlare solo in dissenso, ovvero riservarsi di farlo in relazione ad un successivo emendamento.

GIOVANNI FILOCAMO. Grazie, Presidente, mi riservo di parlare su un successivo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DEL BARONE. Signor Presidente, ho già avuto modo di esprimere chiaramente il mio pensiero, peraltro ripreso dai colleghi Di Capua e Petrella, i quali si sono dichiarati convinti che la discussione su un argomento arido e allo stesso tempo affascinante, quale quello della cura di un paziente attraverso la terapia Di Bella, avrebbe dovuto avere uno svolgimento esclusivamente tecnico e non collegato a tesi di natura politica, come se una malattia grave come il tumore potesse essere di destra, di centro o di sinistra.
Mi sembra che la discussione abbia subito un allargamento sproporzionato relativamente a due emendamenti (uno dei quali - il Massidda 1.4 - è stato accettato dalla Commissione) che ha portato alle stesse conclusioni a cui volevano giungere i colleghi Massidda e Conti.
C'è un punto sul quale non concordo con le considerazioni dell'onorevole Petrella e cioè la priorità dell'oncologo nel senso stretto della parola. Non perché io sia un esponente dei medici convenzionati di medicina generale, ma sono profondamente convinto che determinate patologie passino, per così dire, prima di tutto nello studio del medico di base dove vengono individuate - lo dico ad orgoglio della figura del medico di famiglia - nel 96 per cento dei casi (come dimostrano le conferme effettuate nelle strutture universitarie o ospedaliere). Solo successivamente si passa alla fase di specializzazione o, come ha detto l'onorevole Petrella, di superspecializzazione in oncologia. Sono davvero stupito che in questa sede si sia parlato di ormonoterapia e di chemioterapia, mentre non è stato fatto alcun cenno alla terapia chirurgica. Quest'ultima, per le patologie a cui facciamo riferimento, non va considerata demolitiva, distruttiva, perché è una terapia efficace. Molto correttamente il collega Di Capua per il tumore colorettale ha detto che il primo tipo di intervento è quello di natura chirurgica e questo mi induce a sostenere che sta venendo a galla quello che potrei chiamare, rifacendomi a Pavlov, un riflesso condizionato. Quando con molti colleghi in sede parlamentare abbiamo ascoltato il professor Di Bella, egli ha parlato di delinquenza nei confronti di chi pratica la mastectomia. Io ho obiettato che è possibile praticare anche la quadrantectomia (per la quale ho un esempio personale: mia cognata è stata operata


Pag. 17

con successo quattordici anni fa) e il professor Di Bella mi ha guardato come se stessi bestemmiando.
Manteniamo la nostra discussione sul merito degli emendamenti, ampliamo il discorso - chi lo vorrà fare e se lo vorrà fare nelle dichiarazioni di voto - e soprattutto diciamo con chiarezza che stiamo trattando un argomento tecnico che non dovrebbe consentire divagazioni politiche, ma richiamare dati di fatto precisi. La cura dei tumori...

PRESIDENTE. Onorevole Del Barone, deve concludere!

GIUSEPPE DEL BARONE. ... e ciò che si potrà fare, con o senza metodologia Di Bella, è un fatto estremamente serio!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Ho chiesto la parola perché l'intervento del collega Petrella merita una risposta. In effetti, egli ha esordito invitando tutti a fare un passo indietro. Chi deve farlo? Noi in quanto medici anche parlamentari? Se dobbiamo fare un passo indietro, allora questo deve valere anche per lui. Subito dopo, però, l'onorevole Petrella ha avallato le indiscrezioni provenienti dalla regione Lombardia - secondo la quale la sperimentazione, lo studio osservazionale non ha di fatto validità - o dalla ricercatrice del centro oncologico di Aviano.
Penso, allora, che il collega Petrella non abbia fatto il passo indietro che chiedeva agli altri colleghi! La competenza che abbiamo noi in materia, come parlamentari, è quella di garantire che venga effettuata una sperimentazione congrua, adeguata, seria, che venga portata avanti con modalità che possiamo valutare, condividere e deliberare facendo in modo che, eventualmente, il ministro, nel suo impegno di tipo esecutivo ed amministrativo, garantisca che all'interno di queste strutture che gestiscono la sperimentazione vi siano persone serie. Quando parlo di «persone serie» mi riferisco a soggetti che non rilascino interviste al primo giornalista che li interpelli sui probabili esiti della sperimentazione stessa e che, da persone serie, attendano il termine della sperimentazione per comunicare poi i relativi risultati ufficiali! Il ministro dovrebbe garantire e sovrintendere affinché questo avvenga.
Questi sono, quindi, i termini della questione. Tutto il resto, in particolare le valutazioni dell'onorevole Petrella sulla validità clinica o meno del trattamento, è assolutamente fuori luogo!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Massidda 1.4, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).

(Presenti 372
Votanti 362
Astenuti 10
Maggioranza 182
Hanno votato sì 349
Hanno votato no 13).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Conti 1.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Filocamo. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FILOCAMO. Vorrei intervenire riferendomi al primo disegno di legge sulla sperimentazione.
Vorrei dire ai Soloni della medicina, che sono venuti qui in un'aula del Parlamento italiano ad insegnarci come si cura il cancro, che la sperimentazione è un metodo altamente libertario e liberale; io non posso, cioè, coartare la sperimentazione con un decreto-legge. Vorrei chiedere a questi signori deputati, che hanno


Pag. 18

fatto - credo - sperimentazione sul cancro, come hanno fatto quella sui chemioterapici e sull'ormonoterapia, se c'è stato un disegno di legge o un decreto-legge del ministro Bindi o di qualche altro Governo italiano. Credo che il modo in cui si deve realizzare la sperimentazione non lo debba certamente dire il Governo italiano o l'Assemblea di Montecitorio. Qui approviamo leggi che devono essere quelle di uno Stato libero; la sperimentazione deve essere libera. Se voi mi dite, per esempio, che io devo sperimentare quel dato farmaco dopo che tutte le altre terapie non sono risultate efficaci, io non pongo quel farmaco nelle stesse possibilità sperimentali dei farmaci precedenti.
Mi dovete dire quale scoperta si sarebbe fatta in Italia o nel mondo se avessimo dovuto approvare un decreto-legge per ogni sperimentazione! Mi sapete dire come si sarebbero sperimentati i chemioterapici, i chemioantibiotici, come si sarebbe sperimentata l'insulina nella cura del diabete, visto che è stata scoperta da un veterinario? Come si sarebbero scoperti i farmaci contro l'ipertensione arteriosa, i calcioantagonisti, se non avessimo prima usato la papaverina, antesignano dei calcioantagonisti?
Non potete venire qui ed insegnare a noi come si cura il cancro! Se sapete curarlo dovete andare nelle corsie degli ospedali, ma ricordatevi che non esiste la malattia, esiste l'ammalato, non esiste il cancro, esiste l'ammalato di cancro e ciascuno è diverso dall'altro. È certo che nella prima fase del cancro colorettale si ricorre alla terapia chirurgica, lo sappiamo, ma nelle altre fasi perché non dobbiamo sperimentare un altro farmaco? Siete sicuri che non sia efficace, e come fate a dirlo prima se non effettuate una sperimentazione corretta, libera, in «doppio cieco», se non sottoponete l'ammalato, in quella data fase, in quel determinato stadio di malattia, a terapia diversa? Questo dovete dirmi e non venite ad insegnarmi come si cura l'ammalato! Modestamente, so come si curano gli ammalati, conosco la sofferenza dei malati di cancro, so quanti medici, miei colleghi, approfittino delle situazioni e si scambiano gli ammalati tra di loro.
Questa non è una sperimentazione, voi non volete fare una sperimentazione sul cancro, voi volete continuare a somministrare una terapia vecchia (che sicuramente è stata efficace in alcuni casi) e non volete sperimentare nuovi farmaci perché non vi interessano, avete interessi particolari che volete preservare. E allora, lasciate libera la sperimentazione, non vincolatela con un decreto-legge, non dite che si deve usare una data terapia quando nessun'altra è efficace! Non è quella la terapia che si deve usare! Perché, voi dite, devo spendere tutti quei soldi nella fase terminale? Nella fase terminale c'è il placebo, l'acqua, c'è la mollica di pane! Non si devono somministrare farmaci nella fase terminale, si deve fare in modo che l'ammalato muoia tranquillo. È inutile, allora, somministrare terapie nella fase terminale. Perché devo spendere tanti soldi per la somatostatina e per altri farmaci, nella fase terminale, quando tutti sappiamo e quando anche gli ammalati sanno che non c'è terapia nella fase terminale? Questo allora dovete dirmi, non dovete venire qui ad insegnare, qui dovete fare le leggi e lasciare libera la sperimentazione. Solo così si fa una vera sperimentazione (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale - Commenti)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Signor Presidente, vorrei che non vi fosse in quest'aula un brusio, un rimasuglio dei campionati del mondo, perché mi pare che siamo ancora in curva! Questo è un argomento della massima serietà, e lo è soprattutto l'emendamento in esame, che dice come il malato possa scegliere il tipo di terapia in riferimento alle malattie comprese nell'allegato 1.
Se si vuole approvare una legge per così dire libera, che non veda un nuovo


Pag. 19

ricorso alla magistratura, alla Corte costituzionale e agli altri organismi istituzionali che controllano la legittimità delle leggi, questa dovrebbe stabilire che si tratta di un diritto legittimo. Il paziente malato di cancro - mi rivolgo anche all'onorevole Petrella, il quale è molto garantista - sceglie, una volta informato dal medico, il tipo di terapia al quale accedere: mi pare che questo sia un diritto legittimo e nel provvedimento vengono elencate le patologie interessate, ma il comma 1 dell'articolo 1, lettera b) impone il contrario. Per la precisione, il medico, sotto la propria responsabilità, attesta che non esistono valide alternative terapeutiche ed allora può ricorrere al metodo Di Bella. Questo significa che il paziente deve aver seguito prima la terapia chirurgica, poi l'ormonoterapia o la chemioterapia, o ancora la radioterapia, della quale peraltro nessuno parla, pur essendo molto usata, diffusa, propagandata, pur facendosi attorno ad essa tante speculazioni vergognose e pur provocando tanti danni letali. Gli oncologi non parlano mai della radioterapia, ma - guarda caso - la fanno eseguire a tutti.
Una volta praticate tutte le terapie che ho ricordato, si va ad adottare, sperimentalmente, un metodo rispetto al quale le precedenti terapie, eccetto quella chirurgica, sono controindicate. Mi dovete spiegare, allora, se quello al nostro esame sia un decreto-legge che garantisce o che obbliga. Ebbene, è un decreto-legge che impone il fallimento di quello che viene sperimentato. A questo punto consiglierò al professor Di Bella, se mi darà udienza, di rinunciare alla sperimentazione, perché questa non è una sperimentazione libera, ma condizionatissima. Da cosa? Da tutto quello che è controproducente nei confronti delle sostanze che compongono la formula Di Bella. Credo che ciò sia evidentissimo, ma che sia scritto in modo così chiaro, in un testo di legge che si richiama alla sperimentazione, che è concetto di libertà, nel tentativo di ottenere un risultato positivo - altrimenti è inutile -, mi sembra una grave contraddizione ed un controsenso, ma anche un atto di estrema malafede.
Non possiamo dire al malato: tu puoi curarti e scegliere la tua terapia purché il medico attesti, ma prima devi averne seguite almeno altre quattro. Questo mi sembra non solo un assurdo giuridico, ma, soprattutto, un assurdo medico; un assurdo nella e della sperimentazione.
Chiedo pertanto, con un atto di coscienza, in nome dello spirito della legge, di lasciare libero il malato, una volta che sia stato consigliato dal medico e che quest'ultimo abbia attestato e spiegato al malato stesso le terapie da scegliere, di seguire la terapia che vuole, nell'ambito delle patologie indicate nell'allegato 1, non di proibirlo comunque.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conti 1.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 373
Votanti 368
Astenuti 5
Maggioranza 185
Hanno votato sì 175
Hanno votato no 193).

Passiamo all'emendamento Cè 1.21.
Onorevole Cè, su questo emendamento il relatore si era riservato di esprimere il parere, perché voleva dei chiarimenti sulla sua effettiva portata. Quindi, anche se non è molto corretto dal punto di vista regolamentare, credo sia il caso che lei fornisca questi chiarimenti, così il relatore potrà esprimere il suo parere.

ALESSANDRO CÈ. L'emendamento 1.21 va nel senso della chiarezza e della semplificazione, perché mentre la lettera b) è indispensabile in quanto il medico è


Pag. 20

tenuto a fare una diagnosi, nella lettera c) si chiede che, di fatto, egli dia già indicazioni di qualche tipo in ordine alla terapia. Questo è il senso dell'emendamento. Comunque, non è un emendamento di grande importanza, per cui lo ritiro.

PRESIDENTE. L'emendamento Cè 1.21 è quindi ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Conti 1.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Signor Presidente, in questo momento non mi rivolgo a tutti i deputati nello stesso modo, ma in primo luogo ai miei colleghi di Commissione, i quali poco fa hanno votato a favore della soppressione della parola «molto»; credo che con ciò abbiano espresso la volontà che non venga stabilito a che punto di gravità debba essere la malattia prima di intervenire con la terapia che stiamo valutando. Ciò ha un senso: eliminare la parola «molto» significa che, per quella malattia, il paziente può essere curato scegliendo la terapia senza che ci sia un particolare stato di gravità, e questo mi sembra un atto di serietà; poi, però, l'articolato impone esattamente il contrario. Ora, io ho presentato un emendamento in linea con la soppressione della parola «molto». Se voi aveste la pazienza e la bontà di leggerlo (ed il presidente della Commissione di valutarlo, invece di leggere la Repubblica o l'Unità, non so), penso che potremmo addivenire ad un discorso serio. Io propongo, in sostanza, che «ogni paziente affetto da malattia neoplastica prevista dall'allegato 1», in linea con la legge, «purché opportunamente informato, è libero di accedere al multitrattamento Di Bella anche per trattamenti di 'prima linea'». Ciò significa che chi scopre di avere il cancro, una volta informato dal medico, per la patologia prevista dalla legge può decidere di farsi curare con il metodo Di Bella. Mi sembra che non si tratti di una proposta contraria allo spirito della legge, bensì in linea con esso. Chiedo allora alla Commissione di rivalutare questo concetto di fondo, che mi pare sia scontato e che non sia in contrasto con nulla. Il medico si assumerebbe la responsabilità, come previsto per qualsiasi altro tipo di malattia. Il mio appello in proposito è un indice di serietà, perché non possiamo continuare a procedere in questo modo.
Poc'anzi l'onorevole Del Barone ci invitava a non dividerci tra sinistra, destra e centro sulla malattia: ma se questo appello non si traduce in comportamenti concludenti, rimane soltanto una declamazione di buoni principi. Mi sembra, infatti, che la cosa più semplice e più giusta sia proprio quella di valutare la malattia e di fare tutto ciò che la legge prevede, lasciando libero il paziente, per lo meno in questa fase sperimentale, di scegliere la terapia cui vuol essere sottoposto. Una simile decisione, infatti, sarebbe in linea con i concetti di libertà di scelta e di serietà. Se, invece, imponiamo che prima dell'applicazione di questa terapia il paziente debba essere stato sottoposto a tutte le altre terapie, ossia debba essere già stato trattato sei volte con la chemioterapia - perché tanti sono i cicli che comunque vengono effettuati - e prima ancora operato e forse irradiato, credo che questo paziente non si troverà in fase terminale, ma sarà forse un morto che cammina. Ricordo, a questo proposito, che l'altro giorno, tra le valutazioni espresse nella regione Lombardia da questo nuovo scienziato, era compresa la seguente: «purché sia arrivato in ospedale a piedi». Se, infatti, è arrivato in ospedale a piedi non è considerato terminale. Ora, tutti i medici, anche di campagna, sanno che il malato terminale può arrivare in ospedale a piedi: ma come si fa a dire certe cose e a dare loro valore scientifico?
Chiedo allora alla Commissione di valutare il mio emendamento 1.8, eventualmente tramite un accantonamento che consenta di analizzarlo meglio, oppure di dare la possibilità ai deputati di votare liberamente, almeno su questo.


Pag. 21

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palumbo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, questa mattina mi sono trovato alcune volte in difficoltà, nel corso della discussione sulla multiterapia Di Bella in campo oncologico: è infatti la prima volta che mi trovo a discutere un protocollo terapeutico, di grande importanza, in un'aula parlamentare e francamente devo notare che, in genere, i protocolli terapeutici vengono discussi tra gli esperti della materia. Normalmente, infatti, la comunità scientifica nazionale o internazionale si riunisce e discute un protocollo, ne approva le indicazioni e le controindicazioni, ne definisce i criteri ed eventualmente l'applicazione; inoltre, inizialmente, prima di passare all'applicazione del protocollo sul paziente, si fa una sperimentazione biologica, sugli animali e in laboratorio, per cui i farmaci vengono in qualche modo inquadrati. Questa mattina, mi trovo d'accordo su alcune indicazioni, come quelle richiamate dall'onorevole Conti della libertà di scelta della terapia per il medico ed il paziente, che sono sicuramente valide (su cui credo che tutti i medici concordino), ma devo dire che qualche altro aspetto mi suona invece strano.
Il tipo di protocollo di cui stiamo discutendo oggi è stato concordato con il professor Di Bella e la sua équipe, quanto ad indicazioni, controindicazioni, modalità di applicazioni, periodi di cura, oppure no? Ci stiamo permettendo, qui dentro, di criticare scientificamente un protocollo e non so fino a che punto quest'aula ne sia capace; io dico che, personalmente, non sono capace di criticare scientificamente questo protocollo, al di là dei risultati iniziali che la multiterapia Di Bella ha dato e di tutto quello che possiamo considerare acquisito nel campo dell'oncologia. Tutti sappiamo, infatti, che oggi in genere si interviene con una multiterapia, perché il cancro non si guarisce con la sola radioterapia, la sola chemioterapia o la sola terapia Di Bella: tutte possono essere utili ed io sono convinto che anche la terapia Di Bella lo sia, evidentemente collocata nell'ambito di una terapia multipla, perché, se avessimo scoperto la terapia unica che guarisce dal cancro, evidentemente avremmo fatto un gran bene all'umanità. Purtroppo, però, così non è: la terapia Di Bella dà senz'altro dei vantaggi e conosco delle persone che ne hanno tratto enormi vantaggi, ma vi sono anche persone che non ne hanno ricevuto alcun beneficio.
Questa discussione, quindi, a mio avviso, pecca di un errore iniziale di impostazione: si vuol fare una discussione scientifica in Parlamento, che non mi sembra la sede più adatta per questo tipo di approfondimenti. In questa sede, invece, bisognerebbe impostare la riflessione su un piano di politica ed economia sanitaria, assicurando la libertà di cura del medico ed eventualmente dei pazienti: se torniamo a questo tipo di inquadramento, la discussione può andare avanti, mentre se ci soffermiamo sui problemi scientifici, a mio avviso, l'Assemblea farà un grossissimo errore e sicuramente non porteremo alcun beneficio ai malati di cancro.

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Signor Presidente, ritengo che la proposta dell'onorevole Conti non sia accoglibile per la seguente motivazione: il collega Conti ha fatto riferimento al testo del decreto-legge, e non invece a quello della Commissione. Quest'ultimo, al comma 1, lettera b) recita: «Il medico attesta, in base ad atti documentabili, la inefficacia, nello specifico caso, di medicinali o trattamenti già autorizzati o sperimentati». Questo è il testo di riferimento e credo che esso apra degli spazi, ma contemporaneamente stabilisca le necessarie limitazioni all'interno delle quali il decreto n. 23 e quello in esame devono opportunamente restare. Credo quindi che, poiché


Pag. 22

non possiamo, accogliendo il suo emendamento, aprire in maniera arbitraria l'accesso alla cura, senza alcun paletto e limite, non sia accoglibile la sua richiesta di una pausa di riflessione per tornare sul parere già espresso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DEL BARONE. Mi trovo sempre nella situazione di cercare di capire, nel patteggiamento con me stesso, fino a che punto trattiamo politica e fino a che punto trattiamo scienza ed io propendo per la scienza - questo è un dato di fatto - e non parlo della mia scienza, perché ne ho pochissima e questo è notorio.
Vorrei dire all'amico Giulio Conti che egli ha letto solo la prima parte del suo emendamento 1.8, che così recita: «Ogni paziente affetto da malattia neoplastica prevista dall'allegato 1, purché opportunamente informato, è libero di accedere al metodo Di Bella anche per trattamenti di prima linea». Poi, non so se per una dimenticanza, non ha letto anche la seconda parte: «previa attestazione del medico che, secondo scienza e coscienza, se ne assume la responsabilità».
Pur considerando con estrema attenzione ciò che ha detto l'amico Scantamburlo per quel che riguarda la contestazione in linea di massima all'emendamento, c'è anche questa seconda parte che non mi convince completamente. So quanto egli sia un bravo e preparato medico di famiglia ma, se questa attestazione secondo scienza e coscienza è data dal medico di famiglia - ed io riconfermo l'assoluta validità professionale di questa figura -, a me pare possano sorgere dei rischi per il fatto che egli se ne assuma la responsabilità senza una consulenza oncologica nel significato pieno del termine, rischi che potrebbero riguardare contemporaneamente il malato ed il medico. Forse è su questa seconda parte che cerco la difesa del malato e del medico.
È per questa seconda parte - formulata in maniera estremamente negativa e assolutamente non efficace per il medico, che potrebbe credere di operare secondo scienza e coscienza e invece operare secondo coscienza e non secondo scienza - che non mi sento di condividere l'emendamento 1.8, per cui il voto mio personale e del gruppo dell'UDR sarà contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà. Onorevole Mussolini, lei ha due minuti a sua disposizione.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Anche se capisco e condivido l'emendamento dell'onorevole Conti, non posso però votare a favore, in quanto fa riferimento alla malattia neoplastica prevista dall'allegato 1. Quindi, lo accoglierei se noi avessimo modificato l'allegato 1 attraverso tutti gli emendamenti presentati dai colleghi, che invece ovviamente non sono passati. Per questo motivo, pur condividendo l'emendamento, voterò contro, in dissenso dal gruppo.

GIULIO CONTI. Il trionfo della coerenza!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Pongo una questione all'attenzione della Commissione e del relatore in particolare...

PRESIDENTE. Vorrei che i componenti il Comitato dei nove ricordassero che il regolamento prevede che il deputato parli rivolgendosi all'Assemblea, non al banco della Commissione. In Commissione avete già concluso i lavori, quindi per piacere si rivolga all'Assemblea!

ALESSANDRO CÈ. Ha ragione, Presidente. Purtroppo questo provvedimento contiene aspetti talmente tecnici che alcune volte viene spontaneo rivolgersi a chi


Pag. 23

ha partecipato attivamente ai lavori in Commissione. Ha ragione, comunque. Allora, mi rivolgo all'Assemblea.
Nel precedente decreto-legge, avevamo stabilito, all'articolo 3, comma 3, che fino al termine della sperimentazione «sono fatti salvi gli atti del medico che, limitatamente al campo oncologico, abbia impiegato o impieghi medicinali a base di somatostatina, purché il paziente renda per iscritto il proprio consenso dal quale risulti che i medicinali impiegati sono sottoposti a sperimentazione».
Mi chiedo se il parere espresso dal relatore sull'emendamento Conti 1.8 non sia in contrasto con l'impostazione del precedente decreto-legge. Si tratta di un contrasto di tipo sostanziale. Qui diciamo che questi pazienti non possono accedere allo studio osservazionale, che prevede l'erogazione della somatostatina, dell'octreotide e di altri farmaci. La differenza sostanziale a mio parere è solo una: chi accede personalmente deve sopportare i costi della terapia; chi viene inserito nello studio osservazionale di fatto non sopporta i costi. Ma in questo caso, allora, non si ricade in quella situazione che ci è stata segnalata dalla Corte costituzionale? Infatti per pazienti che hanno patologie tumorali gravi (magari non rientranti esattamente nello stesso protocollo) vengono adottati trattamenti differenziati: eppure si tratta di patologie identiche o analoghe.
Invito pertanto ad una riflessione ulteriore su questo emendamento, perché il testo potrebbe avere profili non perfettamente accettabili dal punto di vista costituzionale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conti 1.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 367
Votanti 362
Astenuti5
Maggioranza 182
Hanno votato sì 160
Hanno votato no 202).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cè 1.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Presidente, il testo in esame prevede che il paziente possa essere indirizzato solo al centro oncologico di riferimento della regione di residenza. Il mio emendamento tende a sopprimere quest'obbligo. La proposta deriva da una serie di motivazioni, che illustrerò brevemente.
Alcune regioni hanno pochissimi centri. Un cittadino, abitando anche molto lontano, potrebbe trarre vantaggio dal recarsi presso centri oncologici della regione vicina, magari più facilmente raggiungibili in termini chilometrici.
La possibilità di usufruire di centri situati in qualunque regione, poi, serve ad evitare che i costi siano sopportati dalla singola regione. Il testo in esame prevede una copertura finanziaria complessiva per rimborsare i costi sostenuti per la terapia; ogni centro riceverà quindi di fatto dal ministero il rimborso a fronte dell'erogazione dei medicinali.
Nel testo, inoltre, è previsto che il medico curante possa monitorare la terapia. Il responsabile del centro nel quale viene erogata potrebbe anche non essere d'accordo sull'opportunità di procedere alla terapia e quindi potrebbe - con atto motivato - esprimere il proprio dissenso riguardo alla somministrazione. In questo caso il testo prevede che la terapia sia erogata sotto la responsabilità del responsabile del centro. Credo che questa impostazione contenga profili giuridici non accettabili: di fatto sussisterebbe comunque una responsabilità giuridica oggettiva da parte del responsabile del centro oncologico. Prevedere che il paziente possa recarsi anche in centri di altre regioni


Pag. 24

amplia le possibilità che altri responsabili di centri oncologici siano disponibili ad attuare la multiterapia Di Bella. Si elimina così un ostacolo che nell'attuale stesura del decreto mi sembra insormontabile.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cè 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 354
Votanti 353
Astenuti 1
Maggioranza 177
Hanno votato sì 160
Hanno votato no 193).

GIULIO CONTI. Signor Presidente, desidero segnalare che il dispositivo di voto della mia postazione non ha funzionato.

PRESIDENTE. Ne prendo atto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Conti 1.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Ho presentato questo emendamento per sottolineare quanto sta accadendo in molti ospedali d'Italia nei quali si pratica la sperimentazione del metodo Di Bella.
Il caso delle Marche è unico. La scelta dell'assessore alla sanità, convalidata dal ministro, è strana: tra un ospedale di ricerca e di cura con un reparto di oncologia ed un reparto ospedaliero di oncologia non si è scelto il primo, quale luogo di sperimentazione, così come è avvenuto in tutta Italia, ma il secondo. La decisione è riconducibile chiaramente a ragioni di amicizia e a motivi clientelari.
Si tratta di un dato scientifico ed il commento può essere più o meno accolto: si è scelto il reparto meno preparato per fare la sperimentazione.
Il secondo punto da rilevare è che il primario di questo reparto oncologico dice - e mi assumo le responsabilità di quanto affermo - ai pazienti che vogliono fare ricorso al metodo Di Bella, dopo tutto il massacro terapeutico che devono subire (e che dopo la legge aumenterà), che quel metodo farebbe loro male. Mi domando: se lo sperimentatore si comporta in questo modo (potrei citare i casi di altri ospedali, come quelli di Verona o di Milano), non ritenete che dovrebbe essere destituito e sostituito da chi dal punto di vista scientifico ed istituzionale sarebbe maggiormente indicato a fare la sperimentazione?
Capisco le difficoltà che ha la Commissione nell'accogliere questo emendamento, ma denuncio la superficialità del ministro, del ministero e dell'assessorato alla sanità che conoscono benissimo questo stato di fatto e non intervengono per impedire che si verifichino episodi di quel tipo.
A questo punto rilevo che il ministro ha potere sostitutivo nei confronti dell'assessore alla sanità che non si comporti secondo legge ed ha altresì il compito di controllare quanto accade negli ospedali ai quali è stata assegnata la sperimentazione, ma che non fa ricorso a tale suo potere.
D'altro canto, nelle Marche questa è un'usanza consueta: il ministro, d'accordo con l'assessore alla sanità, ha tollerato la vergogna dell'epidemia con undici morti dell'ospedale di Pesaro, cercando di non trarre le conclusioni naturali. È una vergogna!
Dico queste cose in aula dopo averle già dette in Commissione e dopo aver presentato tre interrogazioni: ovviamente non è giunta alcuna risposta né ai miei documenti né a quelli presentati dai deputati della sinistra...

PRIMO GALDELLI. Noi la risposta l'abbiamo avuta!


Pag. 25

GIULIO CONTI. ... che peraltro sono andati a parlare con il ministro per denunciare questi fatti. Sono andati ben 21 deputati, ma non hanno avuto risposta!

PRIMO GALDELLI. Non è vero: la risposta c'è stata!

GIULIO CONTI. Sono state analizzate tutte le possibili cause, fatta eccezione per la più semplice! Esclusa la più semplice!
Questa è, dunque, la condizione della sanità nelle Marche. Ritengo, pertanto, che il ministro debba intervenire per valutare il caso che denuncio in aula e verificare se corrisponda al vero. Qualora così fosse, lo pregherei di procedere alla sostituzione.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Mussolini, ci troviamo nella stessa situazione di prima: intende intervenire in dissenso?

ALESSANDRA MUSSOLINI. Sì, signor Presidente, intervengo in dissenso, preannunciando che mi asterrò. Il regolamento della Camera è conosciuto anche dai deputati, nonostante siano ormai considerati men che niente, Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Mussolini, il mio era un atto di cortesia!

ALESSANDRA MUSSOLINI. La ringrazio della sua gentilezza.
Nel preannunciare la mia astensione su questo emendamento, rilevo che ci troviamo dinanzi ad una conseguenza politica della mancata libertà di scelta del luogo di cura da parte del paziente. L'emendamento Cè 1.22 era di fondamentale importanza e l'aula avrebbe dovuto approvarlo.
Ciò detto, avrei votato a favore dell'emendamento Conti 1.11 se si parlasse non di sostituire un istituto con un altro ma di aggiungerne un altro. In tal modo infatti sarebbe stato possibile eliminare tutta la strumentalizzazione politica che in questa materia non ci deve essere (Applausi di deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Capua. Ne ha facoltà.

FABIO DI CAPUA. Penso che l'emendamento Conti 1.11 inviti ad una riflessione sul problema legato al fatto che sia stato individuato in due regioni un unico centro presso il quale è possibile effettuare il multitrattamento Di Bella.
Non entro nel merito del giudizio professionale espresso o su altri aspetti politico-clientelari che sarebbero alla base di questa richiesta sostituiva, però pongo il problema dell'individuazione di un unico centro che potrebbe essere anche diretto da una figura apicale che magari opponga obiezione di coscienza di fronte al metodo, costringendo di fatto tutti i pazienti di quella regione ad andare fuori dalla stessa.
Ho dunque offerto un elemento di riflessione al Governo in ordine ad un'indicazione alle regioni di offrire un numero di centri (superiori almeno ad uno) al fine di dare ai pazienti delle alternative.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Mi limiterò a fare una precisazione relativamente a quanto ha detto l'onorevole Conti in ordine all'ospedale di Verona, da lui paragonato, per tipo di scelta, a quello di Ancona.
Come è possibile constatare leggendo l'allegato 3, Verona non è menzionata tra le città in cui hanno sede i centri del Veneto presso i quali si procede allo studio osservazionale sulla multiterapia Di Bella e questo perché il primario si è opposto, essendo contrario e non credendovi in scienza e coscienza, a questo tipo di sperimentazione. I pazienti hanno comunque


Pag. 26

la possibilità di rivolgersi ad altri quattro centri per sottoporsi allo studio osservazionale.
Non conosco la situazione delle Marche tuttavia, parlando induttivamente, se anche nel centro previsto non vi fosse, diciamo così, un'attitudine positiva nei confronti di questo metodo, lo si potrebbe sostituire con un altro centro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DEL BARONE. Presidente, mi trovo dinanzi a due considerazioni che sono molto precise e anche molto brevi. La prima, sulla quale concordo, attiene ad un fatto ben preciso: se al paziente viene offerta una possibilità maggiore di scelta, la condivido in maniera netta.
La seconda è che mi sono trovato dinanzi a delle dichiarazioni assai puntuali dell'onorevole Conti. Ci troviamo in quest'aula da un certo tempo ed anche per motivi sindacali conosco l'onorevole Conti non da un giorno. Potrei dunque arrivare a definirlo bugiardo se non gli credessi, ma, poiché gli credo, voterò a favore del suo emendamento.

MONICA BETTONI BRANDANI, Sottosegretario di Stato per la sanità. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONICA BETTONI BRANDANI, Sottosegretario di Stato per la sanità. Vorrei ricordare all'aula che la scelta sui centri che hanno partecipato ed hanno in corso la sperimentazione è stata effettuata dal Ministero della sanità in accordo con le regioni. Anzi, sono state le regioni che hanno individuato i centri ...

GIULIO CONTI. Chi l'ha negato questo?

MONICA BETTONI BRANDANI, Sottosegretario di Stato per la sanità. ... cui è affidata la sperimentazione.
Vorrei anche ricordare, come l'onorevole Valpiana ha testé detto, che alcuni centri si sono rifiutati di entrare a far parte della sperimentazione per motivi del tutto legittimi e che non sono stati presi in considerazione.
Gli altri centri, che invece sono stati individuati, partecipano alla sperimentazione a pieno titolo e con pieno diritto. Non vi è, quindi, alcun motivo di ritenere che vi siano ostacoli di ordine personale a che questo avvenga, a meno che non si voglia censurare, ma non credo sia questo il caso, quelle che sono, nell'ambito dell'autonomia decisionale del medico, le opinioni dello stesso in merito a tutte le terapie. Ma questo è altro discorso rispetto alla possibilità di mettere in condizione il centro stesso di effettuare la sperimentazione, cosa che è puntualmente avvenuta.

PRESIDENTE. Ricordo che avendo parlato il rappresentante del Governo, si intende riaperta la discussione.

GIULIO CONTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Da un po' di tempo evidentemente non riesco più a farmi capire perché le mie parole vengono completamente stravolte e lo stesso avviene per il loro senso.
Io ho detto che in questo ospedale, analogamente a quanto accadeva a Verona, c'è un primario che fa un gioco poco chiaro: consiglia i pazienti, nel momento in cui si ricoverano e chiedono di sottoporsi a questa terapia, di non farlo. Questo è un primo fatto gravissimo, del quale il ministero è al corrente.
In secondo luogo, non è vero che vi è solo questo reparto a disposizione perché l'INRCA aveva fatto domanda per sperimentare e, secondo il buon senso, aveva più titoli di quanti ne avesse l'ospedale.
In terzo luogo, non capisco perché per le Marche, che certamente non sono meno popolate né meno grandi del Molise, sia stato previsto un solo centro di sperimentazione,


Pag. 27

mentre il Molise ne ha tre, la Basilicata, che però ha un terzo della popolazione delle Marche, ne ha uno come le Marche stesse, la Calabria, che ha lo stesso numero di abitanti, dispone di tre centri di sperimentazione e la Sardegna ne ha addirittura otto, pur avendo lo stesso numero di abitanti delle Marche.
Perché faccio questo discorso apparentemente poco importante? Perché si tratta anche di una questione economica. I cittadini delle Marche, che non si recano ad Ancona perché il primario non li accoglie o li scoraggia, sono costretti a far spendere alla regione centinaia e centinaia di milioni per ricoverarsi presso altri ospedali. Di conseguenza, con il nuovo metodo di pagamento a tariffa con il sistema DGR verranno pagate altre regioni con una perdita di soldi da parte delle Marche.
Se il sottosegretario ed il ministro non si accorgono neppure di questo e non si rendono conto del danno economico che viene arrecato alla nostra regione ma dichiarano che ciò avviene d'accordo con l'assessorato, compiono una scelta che contrasta con gli interessi economici della regione - per lo meno questo mi pare lapalissiano - e ciò mi lascia molto perplesso circa la valutazione obiettiva che si fa intorno a questo caso con tutto ciò che è connesso.
Il ministero conceda almeno a quest'altro ospedale la possibilità di sperimentare oppure dica chiaramente al primario, se non ha fiducia in questo metodo, di fare obiezione di coscienza, come è avvenuto a Verona, e di non effettuare più la sperimentazione. È inutile prendersi in giro in questo modo! Il mio è un appello alla serietà, che non riguarda tanto le parole che vengono cambiate o le denunce che vengono presentate.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Signor Presidente, dopo aver ascoltato gli interventi dei colleghi, voglio avanzare una proposta. Un suggerimento che darei al collega, all'Assemblea ed al Comitato dei nove è quello di non sostituire, ma di aggiungere qualcosa.
Ha detto giustamente l'onorevole Di Capua che vi sono alcune regioni che hanno un solo centro. Ho constatato con piacere che la mia regione, che ha grosse difficoltà, ha più centri. Dal momento che è stato detto che il «reclutamento» - è stato usato questo termine - dei pazienti è inferiore a quello previsto e visto che apprendiamo - per le stesse ragioni evidenziate dal collega e amico Del Barone sono portato a credere a quello che hanno detto tutti i colleghi in questa sede - che l'INRCA, che conosciamo come istituto estremamente serio con sedi in più parti d'Italia (sedici), ha dato la sua disponibilità, non vedo perché debba essere escluso.
Non è più un problema che riguarda l'autonomia regionale; noi, come ha detto l'onorevole Valpiana, rispettiamo un reparto che ritenga opportuno non praticare questa sperimentazione: avessero avuto altri reparti il coraggio di fare questa scelta piuttosto che affermare certe cose! Comprendiamo l'obiezione: difendiamo la libertà in tutti i sensi, anche quella di obiezione.
Se si dice che il reclutamento è minore di quello atteso e si afferma che i pazienti avrebbero dei problemi in quel reparto attualmente autorizzato, interpretando lo spirito degli emendamenti che verranno presentati successivamente anche dal Comitato dei nove, chiedo formalmente al collega Conti, e all'Assemblea di accettarlo, di non sostituire il centro, per tutti i problemi che ciò comporterebbe, ma di estendere la possibilità di sperimentazione anche ad un reparto di oncologia ospedaliera dell'INRCA che ha chiesto l'autorizzazione.
Ciò andrebbe a beneficio dei cittadini e probabilmente anche di quel reparto che attualmente svolge questo compito forse di malavoglia.


Pag. 28

PRESIDENTE. Onorevole Conti, accetta l'invito che le è stato rivolto di riformulare il suo emendamento 1.11?

GIULIO CONTI. Sono d'accordo, anche nel senso di estendere la previsione ad altre regioni che hanno un solo centro.

PRESIDENTE. Onorevole relatore?

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Presidente, colleghi, anzitutto devo dire che non sono solo le Marche ad avere un solo centro: ci sono anche l'Umbria, la Basilicata e la Val d'Aosta. L'emendamento del collega Conti avrebbe dovuto essere aggiuntivo, non sostitutivo, ed inoltre riferirsi anche alle altre regioni.
In secondo luogo, il Governo ci ha ricordato che la decisione discende dall'accordo Stato-regioni. Inoltre, dopo rapide indagini, è stato accertato che la clinica oncologica medica di Ancona è inserita nell'università e quindi non ha solo compiti di assistenza ma anche di ricerca.
Alla luce di queste ragioni, non credo si possa pensare di modificare quanto stabilito nell'accordo tra Stato e regioni.

ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Sono pienamente d'accordo con le ragioni di fondo esposte dall'onorevole Conti. È lapalissiano che, dato il numero di pazienti inseriti nella sperimentazione - circa un terzo di quelli previsti - c'è qualcosa che non funziona in questo meccanismo. Pensiamo che sarebbe stato opportuno dare la possibilità a tutti i centri in grado di gestire la sperimentazione di farlo realmente: così non è avvenuto ed in ciò ravvisiamo ragioni non condivisibili, riconducibili sempre e comunque all'opportunità politica, che non accettiamo.
È vero comunque, come ha osservato il relatore, che ampliando di un'unità il numero dei centri di sperimentazione si interferisce nei rapporti fra Ministero e regioni. Questo è il motivo per cui mi asterrò sull'emendamento Conti 1.11, tanto più che sarebbe opportuno rinviare la decisione ad un successivo accordo tra ministro e regioni.

GIULIO CONTI. Signor Presidente, ritiro il mio emendamento 1.11, riservandomi di trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conti 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 359
Votanti 355
Astenuti 4
Maggioranza 178
Hanno votato sì 162
Hanno votato no 193).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cè 1.24, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 359
Votanti 353
Astenuti 6
Maggioranza 177
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 192).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento


Pag. 29

Cè 1.23, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 354
Votanti 348
Astenuti 6
Maggioranza 175
Hanno votato sì 154
Hanno votato no 194).

Onorevole Cè, le ricordo che la Commissione ha presentato l'emendamento 1.36 che recepisce, riformulandolo, il suo emendamento 1.25. Accetta di ritirare il suo emendamento 1.25?

ALESSANDRO CÈ. Ancora una volta assistiamo al gioco parlamentare di attribuirsi la titolarità dei miglioramenti apportati ai diversi provvedimenti; è un gioco che non posso condividere, poiché i miei emendamenti tendevano a dare una impostazione particolare all'intero provvedimento. Con il mio emendamento chiedevo la soppressione dell'obbligo del paziente di risiedere nella stessa regione in cui è situato il centro di sperimentazione della terapia Di Bella e prevedevo la possibilità per il medico curante di gestire autonomamente la terapia nei casi in cui i responsabili del centro di sperimentazione non fossero d'accordo nella somministrazione della terapia stessa. Non dimentichiamo che alcuni medici curanti oggi hanno raggiunto un'approfondita conoscenza della multiterapia Di Bella che sicuramente è superiore a quella di un responsabile di un centro oncologico, per cui potrebbero benissimo gestirla da soli utilizzando i presidi ospedalieri per effettuare gli esami necessari per il monitoraggio della terapia. L'impostazione complessiva del comma mi sembrava organica e più soddisfacente rispetto alla modifica parziale che vorrebbe introdurre il relatore con un emendamento che ha formulato utilizzando una parte del mio emendamento.

PRESIDENTE. Se lei insistesse per la votazione e il suo emendamento 1.25 venisse eventualmente respinto, non si porrebbero problemi di preclusione per l'emendamento 1.36 della Commissione, onorevole Cè.

ALESSANDRO CÈ. Rimane l'immoralità (mi viene suggerito questo termine) del comportamento della maggioranza, che non vuole dare mai atto all'opposizione di apportare significative modificazioni al decreto-legge. È un atteggiamento che si è manifestato già in Commissione, di cui di sono fatti complici gli organi nazionali di informazione, i quali non hanno dato il minimo risalto alla nostra proposta volta a modificare la copertura finanziaria del provvedimento, mentre hanno amplificato notevolmente l'emendamento del relatore formulato sulla falsariga del nostro e tendente allo stesso fine. Questo dimostra come l'informazione in Italia sia assolutamente distorta e come non dia il giusto merito a coloro i quali, invece, lavorano in maniera efficace per migliorare i provvedimenti.
In conclusione, Presidente, nel dichiararmi d'accordo sulla riformulazione proposta dal relatore, ritiro il mio emendamento 1.25.

GIUSEPPE DEL BARONE. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto sull'emendamento 1.36 della Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Del Barone, l'emendamento 1.36 della Commissione non può essere messo in votazione ora perché, per ragioni di organicità, passeremo prima alla votazione degli emendamenti Conti 1.10 e 1.12.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conti 1.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


Pag. 30


Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 336
Votanti 330
Astenuti 6
Maggioranza 166
Hanno votato sì 143
Hanno votato no 187).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Conti 1.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

GIULIO CONTI. Presidente!

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Conti, non l'avevo vista!

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 336
Votanti 333
Astenuti 3
Maggioranza 167
Hanno votato sì 142
Hanno votato no 191).

Passiamo pertanto alla votazione dell'emendamento 1.36 della Commissione.

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Signor Presidente, vorrei fare una sola considerazione.
Per una questione di metodo e di correttezza dei rapporti, a cui si è riferito poc'anzi il collega Cè, vorrei chiarire che avevo proposto di accettare la prima parte del suo emendamento ma poi, sul piano procedurale, il Presidente correttamente ha ritenuto che dovesse trattarsi di un nuovo emendamento.
L'emendamento 1.36 così recita: «Al comma 2, aggiungere infine le parole: nei casi indicati dal precedente periodo il medico curante può, in alternativa, indirizzare il paziente ad un altro centro fuori dalla regione di appartenenza». Mi pare che questa formulazione accolga nella sostanza quanto era stato proposto dal collega Cè.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DEL BARONE. Signor Presidente, ho chiesto la parola solo per dire con grande affetto all'onorevole Cè, che ha parlato di immoralità, che in un certo senso mi sento il promotore di questa correzione. Dato che il collega Cè può testimoniare abbondantemente come nel 95 per cento dei casi in Commissione o io mi trovo d'accordo con lui oppure lui si trova d'accordo con me, l'immoralità vorrei riservarla a qualche film hard e non certamente a questo tipo di discussione!
Se mi sono permesso di prospettare questa nuova formulazione dell'emendamento, è perché non ero convinto della seguente previsione contenuta nell'emendamento Cè 1.25: «oppure può decidere di condurre personalmente (...)». Nella sostanza, mi rifaccio all'interpretazione che ho dato prima, quando ho affermato che il medico di famiglia, che di solito è colui il quale manda il paziente da uno specialista: potrebbe essere una previsione validissima secondo coscienza, ma non completissima secondo scienza. Si determinerebbe praticamente sempre un gioco nel gettare in un mare di guai, nel nome della stereotipia della scienza e coscienza, il medico di famiglia. Per queste ragioni, mi è sembrato che, con la previsione che il medico curante possa in alternativa indirizzare il paziente ad un altro centro fuori dalla regione di appartenenza, si sia dato vita ad un'accettazione sotto altra forma di un principio enunciato brillantemente dall'amico Cè.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?


Pag. 31

MONICA BETTONI BRANDANI, Sottosegretario di Stato per la sanità. Ribadisco che il parere è favorevole, Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.36 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (
Vedi votazioni).

(Presenti 346
Votanti 345
Astenuti 1
Maggioranza 173
Hanno votato sì 338
Hanno votato no 7).

Passiamo alla votazione della parte comune degli emendamenti Cè 1.31 e 1.32, contenuta nel comma 2-bis, avvertendo che in caso di reiezione si intenderà respinta la restante parte degli emendamenti, concernente la diversa copertura finanziaria.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, chiedo l'attenzione dei colleghi perché a mio avviso si tratta di una questione estremamente importante.
Pur non avendo una competenza particolare in questioni di tipo costituzionale, a mio parere la sentenza della Corte costituzionale, riferibile solo al ricorso incidentale che è stato presentato dal Codacons, dalle regioni e dal Consiglio di Stato su una questione specifica, e non sul tema più vasto di cui sto trattando, potrebbe essere di fatto insufficiente e l'aspetto che mi accingo a trattare potrebbe far sì che, in futuro, si debba assistere ad altri ricorsi incidentali, magari con pronunce da parte della Corte costituzionale che ci costringeranno a rivedere ulteriormente il decreto-legge.
Mi esprimo in questi termini perché le considerazioni che hanno portato alla sperimentazione si sono basate innanzitutto sull'esistenza di uno studio retrospettivo che è stato preso in considerazione dagli organismi deputati (commissione oncologica, Istituto superiore di sanità, consiglio superiore di sanità). Ricordo a tutti i colleghi presenti in aula che vi è una letteratura internazionale - non solo quindi il punto di vista del professor Di Bella - che fa riferimento all'esistenza dei recettori 2SS e 5SS nella maggior parte dei tumori, i quali sono sicuramente sensibili alla somatostatina che, a quanto risulta, inibisce in moltissimi casi la moltiplicazione e la crescita cellulare. Di fatto, quindi, vi è un fumus di efficacia ed è stato questo a motivare l'inizio della sperimentazione. Mi rifiuto di credere, infatti, che il ministro della sanità, l'onorevole Rosy Bindi, sia stata di fatto costretta ad iniziare la sperimentazione solo ed unicamente sulla base di una sollevazione di piazza; questo sarebbe assolutamente inaccettabile da parte del ministro.
Esiste, pertanto, un fumus di efficacia; nella sentenza della Corte costituzionale si dice però che questo non consente di estendere la terapia a tutti coloro che versino in condizioni gravi e terminali, ma solo a quelli inseriti nel protocollo, in quanto il fatto di essere inseriti nella sperimentazione comporta il possibile privilegio di avere effetti positivi da parte del farmaco impiegato, e come contraltare i rischi degli effetti collaterali legati alla sperimentazione di una nuova sostanza o di un nuovo farmaco.
Io credo che il rischio di effetti collaterali, in questo caso, come bilanciamento del privilegio di essere inseriti nella sperimentazione, essendo tutti i farmaci della multiterapia Di Bella già stati testati e perfettamente conosciuti singolarmente (si conosce benissimo quali siano gli effetti collaterali, la tossicità, eccetera), di fatto sia ben poca cosa o non esista affatto. Mi chiedo, allora, se i pazienti che non possono essere inseriti nella sperimentazione perché non rientranti nei dieci


Pag. 32

protocolli stabiliti e che tuttavia versano in condizioni molto gravi (nel mio emendamento indico questo caso), dopo essere stati sottoposti ad altre terapie tradizionali che non hanno sortito effetto, possano essere esclusi dalla facoltà di ricorrere al trattamento Di Bella, a carico però dello Stato. A mio parere, in questo caso si potrebbero ledere i principi costituzionali di cui all'articolo 3 sull'uguaglianza ed all'articolo 32 sulla salute. Sappiamo, peraltro, che quest'ultimo stabilisce anche che si debbano garantire agli utenti cure gratuite. Io, però, voglio spezzare una lancia in favore dell'utente tumorale; infatti, se il servizio sanitario nazionale non tutela tutti i cittadini italiani, almeno sotto il profilo della malattia più grave in assoluto, che è il tumore, non vedo di quale servizio sanitario si parli.
In conclusione, credo che, se da questo punto di vista verrà fatto un rilievo alla Corte costituzionale nei termini da me riferiti, la stessa Corte costituzionale dovrà valutare approfonditamente questo aspetto e, probabilmente, il risultato sarà quello di un'ulteriore sentenza che ci costringerà a modificare l'attuale provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte comune degli emendamenti Cè 1.31 e 1.32, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 345
Votanti 341
Astenuti 4
Maggioranza 171
Hanno votato sì 143
Hanno votato no 198).

È pertanto preclusa la restante parte degli emendamenti Cè 1.31 1 1.32, concernente la copertura finanziaria.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cè 1.26.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Sinceramente credevo che la Presidenza potesse ritenere l'emendamento in questione inammissibile e mi sono stupito di vederlo inserito nello stampato contenente il testo degli emendamenti. Comunque, torna alla nostra attenzione il discorso di cui abbiamo già parlato all'inizio, per cui sarò abbastanza breve. La questione è quella della libertà di cura e di terapia, indipendentemente dalla sperimentazione o meno.
È passata inosservata la regolamentazione contenuta nel precedente decreto-legge e mi stupisco molto anche del fatto che l'ordine dei medici non si sia, per così dire, sollevato contro una impostazione assolutamente centralista, nel senso che pone al centro del controllo sulle terapie autorizzate il Ministero della sanità. Io credo che il parametro di riferimento per i medici dovrebbe essere innanzitutto la scienza internazionale, non il dicastero. In secondo luogo, dobbiamo conferire la dovuta importanza al consenso informato del paziente, che è fondamentale. Noi parliamo sempre in termini generici, ma dovremmo fare anche l'esempio di casi limite. In alcuni casi il paziente ha tutti i diritti di pretendere che su di lui venga provata o che a lui venga prescritta una terapia che non è autorizzata dal Ministero della sanità, perché nessuno può garantirci che quest'ultimo sia più preparato di un singolo medico, il quale magari si è perfezionato a livello internazionale in un singolo settore sull'utilizzo di un determinato farmaco. Un medico, infatti, potrebbe conoscere anche gli effetti di un farmaco che, magari, sfuggono al Ministero della sanità ed agli organi tecnici che esprimono delle valutazioni da questo punto di vista. Credo, allora, che l'articolo 3 del precedente decreto-legge andrebbe assolutamente stralciato e che in questa Camera, da parte del Governo o di un parlamentare, dovrebbe assolutamente essere presentato un provvedimento sulla


Pag. 33

libertà di cura che desse la possibilità a tutta l'Assemblea di confrontarsi su questo tema, che è estremamente importante.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cè 1.26, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 336
Votanti 333
Astenuti 3
Maggioranza 167
Hanno votato sì 134
Hanno votato no 199).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Conti 1.13 e Cè 1.27.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Signor Presidente, vorrei far osservare ai deputati e ai colleghi della Commissione - mettiamoli per secondi - come questo comma 4 sia in contraddizione con il testo del provvedimento. Esso si riferisce, infatti, al decreto-legge n. 23, che il testo in esame modifica. In particolare, per quanto riguarda l'elencazione dei protocolli che devono essere sperimentati, sottolineo che il decreto-legge n. 23 ne prevede dieci, mentre in questo momento uno di essi non è più in via di sperimentazione, per rinuncia della guida della sperimentazione stessa, il professor Veronesi. Ritengo, allora, che il testo del comma 4 sia sbagliato, perché fa riferimento, ripeto, ad un provvedimento che questo testo tende a modificare. Credo quindi che il relatore dovrebbe apportare una modifica, o sopprimendo il comma - ma credo che non lo farebbe - oppure riscrivendolo nel senso da me indicato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Conti 1.13 e Cè 1.27, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 337
Votanti 328
Astenuti 9
Maggioranza 165
Hanno votato sì 128
Hanno votato no 200).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cè 1.29, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 339
Votanti 330
Astenuti 9
Maggioranza 166
Hanno votato sì 128
Hanno votato no 202).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.35 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 332
Votanti 304
Astenuti 28
Maggioranza 153
Hanno votato sì 299
Hanno votato no 5).


Pag. 34

Avverto che l'approvazione di questo emendamento preclude la votazione dell'emendamento Lucchese 1.15.
Avverto altresì che gli emendamenti Massidda da 1.17 ad 1.19 sono tutti volti a destinare le somme riscosse ai sensi del comma 7 dell'articolo 1 del decreto per finanziare la ricerca, la prevenzione e la cura di specifiche patologie.
Porrò pertanto in votazione l'emendamento Massidda 1.17, attribuendo allo stesso valore di principio comune. In caso di pronuncia contraria della Camera al principio citato, si intenderanno pertanto respinti i successivi emendamenti Massidda 1.18 e 1.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Massidda. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, capisco la stanchezza, però desidero far notare che si tratta di emendamenti che mi sembrano importanti: lascio a voi la valutazione, ma vi chiedo un attimo di attenzione.
Teniamo presente che, per dare la cura gratuita ai malati terminali (così è emerso), è stato aumentato il ticket di 200 e 500 lire sino alla fine della sperimentazione; al contrario, se passasse l'emendamento che da qui a poco andremo a votare, finché non sarà attuata la legge in discussione si continueranno a pagare 200 e 500 lire soltanto fino ad agosto. Questa copertura è così odiosa che voi stessi, in quanto maggioranza, avete deciso di abolirla, ma quando? La abolite entro agosto, in maniera tale che tutti i malati, che sino ad agosto saranno costretti a pagare 200 e 500 lire in più per ticket, dovranno sostenere per intero la spesa sanitaria, dato che queste somme solo parzialmente vanno a coprire il metodo Di Bella.
Quello che abbiamo dichiarato e su cui richiamo la vostra attenzione è che di fatto avete adottato questa furberia per coprire, con una piccola goccia, la voragine del sistema sanitario nazionale. D'altronde, molti di voi si sono dichiarati contrari a questo balzello, che va a colpire i più deboli e i più poveri: o forse per voi 200 e 500 lire sono poche? Mi ha molto sorpreso che qualcuno, nei suoi interventi, anche nel passato, abbia detto che si tratta di piccole cifre: forse qualcuno di voi non è mai uscito dal suo ufficio, visto che vi sono molti cittadini che devono convivere con le loro malattie ai quali stanno staccando la luce e l'acqua, altro che buono turistico come quello che avete chiesto di votare al Senato!
Riflettete, quindi, sul fatto che questo è un vero e proprio balzello, rispetto al quale vogliamo una correzione: nessuno vuole demagogicamente chiedere che venga restituito, perché sappiamo che tecnicamente è impossibile, ma allora utilizziamolo al meglio, per chi soffre. Con i nostri emendamenti, quindi, chiediamo che questa cifra, che è stata accumulata in maniera poco corretta, come voi stessi affermate, chiedendone la modifica, venga destinata alla cura e alla prevenzione del cancro, oppure a malattie come la talassemia e la sclerosi multipla. Per quest'ultima malattia si attende da un anno e mezzo la copertura, che trovate per mille e una iniziative ma non per una malattia di così grande diffusione, che colpisce sempre di più in Italia, in particolare i nostri giovani! Altrettanto vale per la talassemia, sempre più diffusa, che, finché non sarà approvato un buon piano del sangue, continuerà a creare delle situazioni drammatiche.
È una piccola quantità, sono 10 miliardi, ma se sono stati estorti con una furberia abbiate il coraggio di destinarli a qualcosa di nobile: per curare, per restituirli con opera meritoria alle persone a cui li avete richiesti; infatti, anziché chiedere questo balzello a tutti gli italiani, lo avete chiesto a chi soffriva! E mi stupisce che non sia stato ripresentato dal gruppo di rifondazione comunista quell'emendamento che chiedeva una copertura finanziaria giustamente estesa a tutti, ma solo per chi aveva dai 100 ai 250 milioni di reddito, lasciando quindi ai miliardari, che continuate a tutelare, la libertà di non pagare nessun balzello!


Pag. 35

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, poco fa, anche se avevo alzato la mano in tempo, non sono stato visto, forse perché sono un po' emarginato quassù in ultima fila; comunque, gli emendamenti che stiamo discutendo affrontano la stessa materia sulla quale volevo intervenire e per la quale il mio emendamento è stato dichiarato precluso.
Desidero fare presente all'Assemblea che in Commissione abbiamo bollato questo decreto come incostituzionale ed immorale. Incostituzionale perché si sono voluti utilizzare i ticket per pagare la cura Di Bella, per cui in realtà si tratta di una tassa, di un balzello che è stato applicato soltanto ad alcuni cittadini e non ad altri. È stato applicato ai cittadini malati che vanno a ritirare le medicine in farmacia, mentre non è stato applicato ai cittadini che non sono malati. Quindi, si sono colpiti i più deboli ed avendo colpito i più deboli, il decreto non solo è incostituzionale, perché non va a tassare tutti, ma diventa anche immorale.
Lo spirito del mio emendamento era quello di recuperare la somma attraverso una copertura diversa. Abbiamo avuto la soddisfazione di vedere che il relatore ha presentato, prima in Commissione e poi qui in aula, un emendamento con il quale ha individuato una copertura diversa. Però, egli agisce come colui che getta il sasso e nasconde la mano: non ha trovato la copertura per tutti i 36 miliardi, ma solo per 26 miliardi. Noi sosteniamo - ed io lo proponevo nel mio emendamento - che la diversa copertura rispetto ai ticket debba essere trovata per tutti i 36 miliardi, utilizzando gli eventuali 10 miliardi che in questo mese e mezzo stanno per essere rapinati, estorti ai cittadini malati in un modo diverso (anche se potrebbero essere restituiti, ma è difficile farlo, perché costerebbe più della somma restituita). Noi proponiamo di utilizzarli in modo diverso. Stabilito il principio che la copertura finanziaria non deve essere trovata con i ticket, ma in altro modo, così come è stato fatto, mi pare che tale principio vada rispettato integralmente. Quindi, la copertura va trovata per tutti i 36 miliardi.
In ogni caso, poiché lo Stato preleva una parte di queste risorse dai fondi del Ministero della pubblica istruzione e del Ministero della sanità, chiediamo che gli altri 10 miliardi tolti dalle tasche dei cittadini con questa rapina vengano risarciti attraverso il loro utilizzo per la ricerca scientifica e per lenire le sofferenze dei più deboli, di chi è ammalato e ha bisogno di interventi dello Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. In questo caso, non riesco a capire le motivazioni che ha addotto il relatore e mi piacerebbe sentire anche l'opinione del Governo in proposito. Io avevo proposto la restituzione ai cittadini che avevano sborsato questo ticket aggiuntivo. L'onorevole Massidda dice che questa è una proposta demagogica e non intendo polemizzare con lui.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Impossibile, non demagogica.

ALESSANDRO CÈ. Ritengo però che in questo paese un'iniziativa di questo genere potrebbe dare un segnale estremamente positivo. Non penso che per la nostra macchina burocratico-amministrativa - che è abbastanza inefficiente e però spesso e volentieri riesce a scovare piccolissimi errori nella cartella del contribuente - sarebbe impossibile svolgere un lavoro che consenta poi realmente di restituire ad ogni singolo cittadino quanto sborsato indebitamente.
Però, non capisco quali siano da parte del relatore e del Governo le motivazioni che impediscono la destinazione di questi fondi, che ormai sono stati incassati, alla ricerca nei settori indicati dall'onorevole Massidda e che sono di estrema importanza:


Pag. 36

le neoplasie, la sclerosi multipla, la talassemia. Da questo punto di vista, mi associo ed il mio gruppo voterà sicuramente a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DEL BARONE. Signor Presidente, sono stato tentato - e sono sicuro che avrei avuto il suo assenso entusiasta - di non parlare, ma non me la sento di non fare qualche rapidissima considerazione su ciò che è stato detto.
Penso che l'onorevole Cè non debba aversela a male se gli dico che la proposta della restituzione delle 200 e delle 500 lire passava per le strade dell'iperbole e dell'impossibile. Restituire queste somme sarebbe per lo meno impossibile.
Piuttosto, l'appunto che può essere fatto è che l'amico Scantamburlo (che si è veramente battuto con estrema efficacia nella ricerca di soluzioni positive) non ha compiuto il tentativo in precedenza, prima che scattasse il piccolissimo «racket» delle 200 e delle 500 lire: visto che 26 miliardi sono stati trovati, se li avessimo reperiti prima probabilmente la discussione di oggi non sarebbe diventata né stracca né pedissequa, ma sarebbe stata più confacente alla realtà dell'argomento.
Sarebbe paradossale se dicessi un «no» - nel significato pieno della parola - alle proposte avanzate da Massidda, il quale, puntando il dito sulla talassemia, logicamente risente della generosità della sua terra; è chiaro che ottenere un «sì» è cosa estremamente facile, aggiungendo i tumori e le malattie definibili piuttosto rare che hanno conseguenze sociali. Per me, però, è altrettanto facile dire di «sì» al relatore, l'amico Scantamburlo: rimettere i 10 miliardi nel circuito del sistema sanitario nazionale significa naturalmente rendere disponibile questa somma per tutto un circuito, nel quale rientra naturalmente anche la talassemia, i tumori e le altre affezioni che sono affrontate nell'ambito del sistema sanitario nazionale: rientriamo nell'ovvio (sono sicuro, Presidente, che lei - uomo di chiara fama - mi perdonerà).
Se vogliamo esasperare i termini del confronto ed impostare la discussione nella chiave più scriteriatamente politica (sottolineo «scriteriatamente»), facciamolo pure. Se vogliamo mantenerci in un ambito di positività - in questo caso di estrema positività -, dicendo di «sì» ai 10 miliardi da reinserire nel circuito della spesa del sistema sanitario nazionale, dico di «sì» anche alle proposte di Massidda (sulla talassemia e sulle altre patologie). Ma cerchiamo di concludere, per l'amor di Dio: non tanto perché si avvicina l'ora di pranzo, ma perché altrimenti dovremmo ricadere nei luoghi comuni. E se diciamo tutto adesso, non ci rimarranno quelle due o tre argomentazioni nuove da lasciare a noi stessi ed all'ascolto dell'Assemblea in sede di dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Capua. Ne ha facoltà.

FABIO DI CAPUA. Presidente, credo non sia intenzione dei presentatori degli emendamenti fare una conta in quest'aula degli schieramenti favorevoli ad un sostegno anche finanziario di certe categorie di pazienti rispetto ad altre. Credo non sia nelle loro intenzioni: mi rifiuto anche solo di pensarlo.
Il problema invece è un altro. Noi riteniamo - come già evidenziato dall'onorevole Del Barone - che queste risorse rappresentino un contributo aggiuntivo di disponibilità finanziaria per il sistema sanitario nazionale, chiamato a spenderle secondo le direttive previste nel piano sanitario nazionale, all'interno del quale viene dato sufficiente ed adeguato rilievo alle patologie indicate negli emendamenti dei colleghi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Presidente, non può passare in quest'aula il


Pag. 37

principio secondo cui le somme erogate dai cittadini non tornano più ai cittadini stessi (ed, io dico, anche con gli interessi). In subordine, questi fondi devono essere vincolati.
Quando sento Del Barone dire che le somme vanno a finire nel «circuito del sistema sanitario nazionale», capisco che vanno a finire nel calderone. Manca la finalità di queste risorse, che non vanno a finire in nessun capitolo di bilancio. Anche se si tratta di 10 miliardi, il cittadino vuole sapere dove andranno a finire. Dobbiamo riportare fiducia nel rapporto fra sistema sanitario nazionale e cittadini, malati, pazienti che aspettano e che vogliono regole certe e soprattutto trasparenza. La definizione di circuito del sistema sanitario nazionale per me è francamente risibile. Vincoliamo questi fondi. Sono solo 10 miliardi? Li vincoliamo, perché non abbiamo paura di destinare somme a gente che aspetta anche una goccia nel mare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saia. Ne ha facoltà.

ANTONIO SAIA. Credo che vi sia un malinteso perché la somma occorrente per l'intera sperimentazione è di 36 miliardi. Inizialmente, nel decreto, essa era stata reperita in un modo che noi ritenevamo iniquo, cioè aumentando di 500 lire il ticket sulle ricette contenenti due prescrizioni e di 200 lire quello sulle ricette contenenti una prescrizione. In sostanza, si addossava la spesa sui soggetti malati, che già soffrono.
Abbiamo ritenuto tale situazione iniqua, tant'è vero che, come ha precisato il collega Massidda, avevamo chiesto di imputare la spesa alla fiscalità generale. Tuttavia l'onorevole Massidda ha dato una interpretazione - se mi consente - un po' allegra della nostra proposta: trattandosi di trovare 36 miliardi, poiché il tetto fissato per la tassa sulla salute - a partire dalla legge n. 724 (la finanziaria di Berlusconi) nella quale si era stabilito che oltre quella cifra non si sarebbe pagato più nulla - era quello di 150 milioni di reddito annuo, si era pensato di elevarlo da 150 a 250 milioni, con un contributo dello 0,5 per cento per questa fascia, visto che la cifra occorrente era pari a 36 miliardi.
Essendo ormai scontato che il decreto ha dispiegato i suoi effetti per un mese e che, presumibilmente, nei due mesi che occorrono per la sua conversione in legge 10 miliardi sono già stati incassati, è chiaro che l'ulteriore necessaria copertura è di 26 miliardi. La soluzione alternativa individuata, sulla quale tutti abbiamo concordato, è stata quella di reperire tale cifra tra il Ministero della pubblica istruzione e la sanità. Si tratta, comunque, lo preciso, di 26 miliardi: non vi sono i famigerati 10 miliardi di avanzo di cui parla l'onorevole Massidda.
Il collega pone tuttavia questioni serie sulle malattie rare, sulla ricerca sui tumori, sulla talassemia e sulla sclerosi multipla. A queste voglio aggiungerne tante altre: cito per tutte la sclerosi laterale amiotrofica.
Il collega Massidda sa che vi è una proposta di accorpamento di tutte le leggi che riguardano queste malattie rare e particolarmente importanti sul piano sociale. Non mi pare, però, che con questa specie di emendamento, che mi sembra abbia uno scopo più demagogico che reale, si affrontino i problemi, i quali devono essere approcciati con una proposta organica che già in Commissione ci siamo impegnati a sostenere. Occorre una normativa su queste malattie rare e particolarmente rilevanti sul piano sociale e bisogna trovare finanziamenti non tra le pieghe del bilancio, ma realmente, in modo che si possano affrontare le problematiche connesse a queste malattie nelle fasi della prevenzione, della cura, della ricerca e che si possa offrire sostegno ai pazienti che ne soffrono e alle loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Chiedo di parlare.


Pag. 38

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DINO SCANTAMBURLO, Relatore. Signor Presidente, colleghi, credo sia opportuno ricordare che il Governo ha emanato il decreto-legge in forza di una sentenza: penso dovesse farlo subito e dunque ha previsto la copertura che allora era possibile. Del resto, il ticket è un istituto legittimo e vigente.
Faccio presente che non vi è una primogenitura da parte di nessuno, tant'è vero che maggioranza ed opposizione insieme hanno ritenuto da subito di trovare una copertura finanziaria alternativa, d'intesa con il Governo. Ed abbiamo faticato parecchio ad individuarla, perché si conoscono le situazioni dei vari fondi speciali dei diversi ministeri.
L'abbiamo trovata in questo modo e quanto prima convertiremo il decreto in legge tanto prima ridurremo ciò che il cittadino è chiamato a versare in vigenza del decreto-legge.
Capisco il principio e posso anche condividerlo, ma vorrei anche capire, sul piano operativo ed organizzativo, come possa essere gestibile un'ipotesi di restituzione delle 200 o 500 lire che il cittadino ha pagato in questo periodo; non credo davvero che la cosa sia facile.
A mio avviso, è opportuno che i 10 miliardi rientrino, diciamo così, nel circuito sanitario, come ha detto prima il collega Del Barone, perché comunque andiamo ad affrontare e a risolvere svariate situazioni, tra cui probabilmente anche quelle cui si sono riferiti alcuni colleghi, in particolare l'onorevole Massidda, che attendono una risposta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Massidda 1.17, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (
Vedi votazioni).

(Presenti 299
Votanti 294
Astenuti 5
Maggioranza 148
Hanno votato sì 98
Hanno votato no 196
Sono in missione 24 deputati)
.

Pertanto, come ho preannunciato in precedenza, si intendono respinti i successivi emendamenti Massidda 1.18 e 1.19.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cè 1.30, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 291
Votanti 283
Astenuti 8
Maggioranza 142
Hanno votato sì 83
Hanno votato no 200
Sono in missione 24 deputati)
.

Poiché il disegno di legge consta di un articolo unico, si procederà direttamente alla votazione finale.

Back Index Forward