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La seduta, sospesa alle 14,25, è ripresa alle 14,30.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Nocera.
LUIGI NOCERA. Signor sottosegretario Barberi, la sua puntigliosa relazione di questa mattina - su una tragedia che si è sviluppata sotto gli occhi di tutti - è stata parzialmente esaustiva per quanto riguarda la mia interrogazione, che era finalizzata a conoscere la fondatezza delle notizie riportate dai giornali circa la mancata erogazione dei fondi destinati agli interventi di prevenzione. Il commissario di Governo, presidente della regione Campania, in effetti non disponeva dei fondi stanziati in occasione della tragedia del 1997.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Malavenda.
MARA MALAVENDA. La totale assenza del Governo oggi la dice lunga sui fatti che sono accaduti. Credo che addossare la catastrofe dell'agro Nocerino-Sarnese e della valle di Lauro a piogge di eccezionale intensità, come molti dicono, significhi nascondere colpe che hanno causato centinaia di morti, migliaia di sfollati e terribili sofferenze. È un atto di disonestà, credo, che offende l'intelligenza di chi, annichilito dal dolore e dalla rabbia, è costretto ad ascoltare simili sciocchezze.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Vozza.
SALVATORE VOZZA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, alle vittime e ai familiari delle popolazioni dei comuni colpiti va il nostro cordoglio e la nostra solidarietà. In questi giorni sta emergendo la vera portata del disastro: ad oggi è stato detto dal sottosegretario che i morti sono 135 e il numero dei dispersi è ancora imprecisato. Giorni segnati da momenti di sofferenza terribile, affrontati con grande dignità; giornate in cui si sono manifestati atti di eroismo e che hanno visto un impegno straordinario delle forze dell'ordine, dei vigili del fuoco, delle strutture del volontariato.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Grimaldi.
TULLIO GRIMALDI. Signor Presidente, signor sottosegretario e colleghi, quando abbiamo presentato la nostra interrogazione il disastro non era ancora delineato in tutta la sua gravità. Mi rendo conto, quindi, che oggi ci sarebbe stato forse bisogno di un'interrogazione più complessa e anche di un dibattito più approfondito. Però, è sufficiente in questo momento avere un quadro della situazione, così come ci è stato prospettato dal rappresentante del Governo. Ma noi ci riserviamo - lo dico formalmente a nome del mio gruppo - di presentare una mozione su questo tema, e chiederemo che ci sia un dibattito ampio, approfondito e che poi si pervenga ad un voto per accertare quali siano state eventualmente le carenze, le responsabilità e quali debbano essere gli interventi del Governo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Buontempo.
TEODORO BUONTEMPO. Credo che la proposta del collega, il quale intervenendo poc'anzi ha detto che questo dibattito non può necessariamente essere esauriente e che sarà necessario approfondire con diversi strumenti parlamentari la questione in esame, sia una proposta di buon senso e che pertanto vada accolta. Non si può infatti liquidare in questo modo una vicenda simile. L'immagine che oggi dà la Camera dei deputati è un'immagine che se venisse trasmessa alle popolazioni colpite darebbe la fotografia di come le istituzioni siano state e siano assenti in ordine ad interventi di urgenza.
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, i due minuti sono passati.
TEODORO BUONTEMPO. Non mi pare che siano trascorsi due minuti, in ogni caso, anche se non voglio sprecare parole su una simile questione, debbo dire che a me pare incredibile che chi presenta delle interrogazioni non abbia poi neppure il diritto di avere cinque minuti per illustrarle! Vorrei capire in quale norma del regolamento vigente stia scritto che il parlamentare che presenta un'interrogazione debba «elemosinare» qualche secondo all'interno del proprio gruppo.
PRESIDENTE. Concluda però il suo concetto, perché è andato molto al di là del tempo che aveva.
TEODORO BUONTEMPO. Si tratta anche di una questione di buon gusto e di opportunità.
PIETRO FONTANINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, la lega nord per l'indipendenza della Padania non ha presentato alcuna interrogazione in merito alla alluvione che ha colpito la Campania; tuttavia, oltre a manifestare sincera solidarietà nei confronti dei parenti delle vittime e delle popolazioni così duramente colpite, vuole fare alcune considerazioni.
PRESIDENTE. La prego di concludere, perché siamo nell'irritualità della irritualità.
PIETRO FONTANINI. A distanza di dieci anni un'altra grave tragedia, prevista e denunciata, si è verificata. Gli alvei erano costruiti in epoca borbonica, ma sono stati murati in questi anni con una selvaggia speculazione edilizia. C'è l'urgenza di una vasta serie di opere, che siano opere vere, concrete, a favore delle popolazioni colpite.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni sui recenti eventi calamitosi verificatisi in Campania.
I morti purtroppo sono tanti e temiamo che ce ne siano ancora; non siamo dunque qui alla ricerca dei colpevoli. Tuttavia, quando si verifica una tragedia di questo genere, bisogna comunque andare alla ricerca delle cause e delle colpe rispetto ad un coordinamento che non ha funzionato. Le competenze sono eccessivamente frammentate. Mi risulta che all'inizio l'organizzazione (sindaco del comune di Sarno, prefettura, provincia, regione, protezione civile) si sia avviata malissimo; ma ancora oggi gli interventi non sono così celeri nella rimozione delle cause.
Non sono un esperto della materia, ma constato che - sempre per quanto riguarda le cause - non siamo di fronte ad una diagnosi perfetta.
Un mese fa la stampa si è soffermata sul problema del Vesuvio, che non è lontano dall'area colpita dalle frane di questi giorni. Non voglio sollevare altre problematiche; abbiamo assistito ad una calamità naturale veramente forte. Ma devo dire che in altri tempi una protezione civile come quella che ha funzionato oggi avrebbe determinato le dimissioni dei responsabili; anche di fronte ad eventi meno tragici, in altri tempi queste persone sarebbero state invitate a dimettersi.
Non mi riferisco certo alla sua responsabilità, signor sottosegretario. Sta di fatto che a distanza di sette giorni vi sono ancora persone sepolte vive. Rispetto a questa situazione viene la rabbia del cittadino normale, si manifesta la sfiducia verso le istituzioni.
In questi giorni molti hanno fatto anche passerella. Io sono dell'agro Sarnese-Nocerino. Il comune di Sant'Egidio - dove abito - nel 1997 fu investito da una frana. Quella frana è ancora lì, senza che sia stato effettuato alcun intervento: non c'erano i fondi oppure i fondi sono stati stanziati nel mese di marzo, come lei ha precisato.
È compito di un Governo rendere disponibili i fondi ed è compito della
protezione civile verificare la destinazione di queste risorse. Ciò che si è verificato in effetti denota una mancanza di coordinamento. Dobbiamo quindi porci il problema di individuare una responsabilità unica, per evitare quella combinazione di competenze tra provincia, prefettura, regione, enti locali. I fax dal comune di Sarno erano partiti già alle 16,30 di quella infausta giornata: credo vi siano gli organi preposti per ricercare le responsabilità di un evento tragico. È vero che una nube bassa, un evento di pioggia non troppo forte hanno forse determinato un ritardo, come lei ha detto, dei primi soccorsi; però credo, signor sottosegretario, che quella zona, già martoriata da tanti altri eventi, quali la disoccupazione, i fenomeni camorristici e fasi di mancato decollo della civiltà, e abituata a sopportare già nel passato altre disgrazie, abbia la costanza e la volontà per riemergere. Vogliamo, però, rispetto per questa popolazione e che vi sia una forte presenza dello Stato, non la sfiducia dei cittadini nei confronti dello Stato.
Le piogge della scorsa settimana non possono essere certamente paragonate ad un nubifragio. L'unica loro eccezionalità è consistita nell'essere, tutt'al più, fuori stagione. La verità che si cerca di nascondere è lo scempio territoriale prodotto dal foraggiamento di camorra e criminalità organizzata, con un immenso e incontrollato flusso di finanziamenti pubblici, tangenti miliardarie; è l'intreccio tra economia ufficiale e imprenditoria illegale, oggi facilitato con la deregolamentazione legislativa attuata da un Governo asservito. Tragedie come quella del Polesine, del Vajont, del Friuli, del Belice, di Firenze, di Avellino, della Valtellina o come quella del Salernitano, del 1954, rappresentano l'intreccio illegale affaristico dei poteri forti che le hanno causate e che da esse traggono ancora profitti e business con la ricostruzione, attraverso la ricostruzione.
Si tratta di interventi statali per migliaia di miliardi, che durano decenni (vale la pena di ricordare quello per il Friuli, che dura trentuno anni, e quello del Belice, trentadue anni) e che ancora non hanno risolto i problemi delle popolazioni colpite, mentre continuano ad assicurare, di contro, perenni profitti alle lobby affaristiche. Né sarà certo questo dibattito ad individuare e colpire responsabilità già fin troppo evidenti. Nessuno qui, in quest'aula, è disponibile, oggi come ieri, a mettere in discussione questo malefico potere, e questo lo sanno bene gli abitanti delle zone colpite.
Un intero paese cancellato, famiglie distrutte, dolore e morte trovano uno Stato impegnato nello strumentale palleggiamento delle responsabilità, perso nei meandri della democrazia alimentata dal neofederalismo imperante che fa appello al volontariato per fronteggiare il dramma, un volontariato che, per quanto generoso e motivato, certamente non può, per la sua stessa natura, supplire ad un intervento forte, organizzato e coordinato che avrebbe dovuto assicurare strutture, mezzi e competenze all'altezza necessaria. Né meno avvilente si è dimostrata la presenza del Capo del Governo, che di fronte alle vittime non trova di meglio che balbettare: «Vi saremo vicini». In base alle esperienze passate, verrebbe di rispondergli: «No, grazie, stacci lontano».
Questo Governo, a tutti i livelli, ha dimostrato, nell'occasione, una colpevole incapacità su tutti i fronti, da quello preventivo a quello dei soccorsi, al punto da farci definire, questa, l'ennesima strage di Stato, per la quale nessuno pagherà.
Tutti siamo stati richiamati dalla portata della tragedia ad accantonare le polemiche e a concentrare lo sforzo per organizzare i soccorsi, per recuperare i corpi. Abbiamo fatto bene e ancora per i prossimi giorni dobbiamo avere questa priorità. Per queste ragioni nessuno di noi si è messo alla ricerca delle responsabilità, e non perché ci siano responsabili da colpire. Ma le inadeguatezze - come ha sostenuto il collega Cennamo - non possono essere ignorate e vanno rimosse subito, perché costituiscono un ostacolo a dispiegare pienamente l'impegno che oggi la grave situazione richiede.
La Campania e il Mezzogiorno d'Italia sono esposti continuamente al rischio: poco tempo fa, nel gennaio 1997 - il sottosegretario Barberi lo ricorderà -, abbiamo discusso della penisola sorrentina e di parte di questi comuni oggi coinvolti dalla tragedia. Comprendo l'invito che ci ha rivolto il sottosegretario a fare una distinzione tra rischio e pericolo e sappiamo che è in atto uno sforzo per riorganizzare la protezione civile, di cui gli diamo atto, ma non posso non sottolineare che vi è sempre qualche anello periferico che non riesce ad attivarsi quando è necessario che si attivi, quando c'è l'emergenza. C'è sempre una rete di monitoraggio che non copre tutto il territorio nazionale e la parte non coperta, guarda caso, coincide sempre con il Mezzogiorno: è il caso dei pluviometri, pochi e mal collegati, come ha detto il sottosegretario Barberi.
Questo rilievo ha un peso nella tragedia della città di Sarno: tra la prima frana e la frana più grossa sono passate delle ore; qui è l'inadeguatezza da rimuovere, qualche anello che non ha funzionato. Serve una svolta vera se non vogliamo dare sempre le stesse spiegazioni quando capitano tragedie, basata su due aspetti. Regioni e comuni hanno avuto nuovi poteri, ed altri ne avranno dalla nuova Costituzione: a nuovi poteri devono corrispondere anche responsabilità chiare. Ma questa nuova fase richiede anche una riorganizzazione delle funzioni che restano allo Stato, le quali oggi sono divise e non coordinate. Ci riferiamo a questo quando sollecitiamo una riflessione su una nuova riorganizzazione dei ministeri, che dia certezza e definisca in materia di politica del territorio di chi è la responsabilità e quali sono le strutture che devono intervenire.
Dobbiamo saper fare uno scatto di fronte ai fatti drammatici di questi giorni. La nomina del presidente della regione Campania a commissario - lo hanno già ricordato la collega De Simone ed altri, non per spirito polemico - ci dice che vicende così complicate come quelle che si devono affrontare in Campania non possono essere risolte rifacendosi alla prassi; Rastrelli, in nome della prassi, era già stato nominato commissario nel 1997. Nessuno addebita a Rastrelli responsabilità passate ma, in questi due anni, forse tranne un piano - che conosce solo il sottosegretario Barberi, perché i comuni non l'hanno mai visto - Rastrelli non ha fatto niente. Sarebbe stato utile - l'hanno detto gli onorevoli Cennamo, De Simone ed altri colleghi che sono intervenuti - avere un'altra soluzione, determinare un elemento di coordinamento vero con un'assunzione diretta di responsabilità fra comuni, regione e Governo nazionale, per affrontare la nuova fase che si apre in Campania.
Occorre serietà: vorrei riprendere questo avvertimento della collega De Simone
e concludere. Quando si afferma, in interviste radiofoniche, in dichiarazioni sui giornali, anche da parte dei responsabili della protezione civile (benché il sottosegretario Barberi abbia smentito) che sono 230 i comuni coinvolti nei quali occorre intervenire, si rischia di mettere in atto un'operazione più grande e più pericolosa di quella messa in piedi per il terremoto. Il Mezzogiorno non ha bisogno di questo. Abbiamo bisogno di un piano di assetto del territorio, di messa in sicurezza delle città, che porti sviluppo e lavoro, non di soluzioni che riaprano vecchie piaghe (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
Il rispetto che dobbiamo ai morti in questo momento ci impedisce di affrontare un discorso sulle responsabilità, che pure ci sono e sono molteplici. Un discorso sulle responsabilità che andrebbe nelle varie direzioni, per quello che non è stato fatto sul territorio, per l'abusivismo, per le devastazioni, per le negligenze, per le incurie, per tanti altri aspetti che hanno determinato questa catastrofe, che poteva forse anche essere non dico annunciata ma prevista, dato che nel passato altre catastrofi simili si erano già verificate e che comunque già vi erano segnali in questa direzione.
Comunque, in questo momento, ci preme sottolineare che è però intollerabile che il Governo abbia affidato ancora una volta l'incarico di commissario straordinario al presidente della regione della Campania. Anche qui non vogliamo fare un discorso di responsabilità pregresse. Però, è sufficiente il semplice sospetto che qualcosa non sia stato fatto nella regione Campania, che non si sia provveduto a predisporre quegli accorgimenti per far sì che quei segnali fossero immediatamente recepiti perché si potesse prevenire il disastro, per lo meno nelle sue conseguenze così drammatiche, perché oggi si ricerchi altrove un'autorità che possa coordinare tutti gli interventi per quanto riguarda il contenimento dei danni e soprattutto i soccorsi alle popolazioni danneggiate.
Quindi, in questo momento non occorre affrontare il problema delle responsabilità, ma soprattutto quello dell'emergenza, per tutto ciò che è necessario nei confronti delle popolazioni colpite.
Quando si parla di interventi bisogna anche allontanare qualsiasi altra polemica che possa coinvolgere le competenze dei vari dicasteri. Credo che non sia questo il momento per affrontare un tema che probabilmente deve essere affrontato, quello di competenze diversamente articolate, dell'accentramento di competenze, dell'organizzazione più centralizzata dei servizi. Tutto questo è necessario, ma non è questo il momento, perché si darebbe la sensazione, di fronte all'opinione pubblica, che si stia cercando soltanto di avviare una lotta tra poteri.
Ribadisco ancora una volta la posizione del nostro gruppo, che è per un dibattito approfondito su una mozione articolata, per la ricerca delle responsabilità, per gli interventi necessari che dovranno essere adottati dal Governo e per tutto quanto riguarda poi la distribuzione delle competenze e delle responsabilità nei confronti degli organi di coordinamento.
C'è una prima osservazione che voglio fare; certo fa molto «politico in» il parlare di prevenzione; se ne parla comunque, quasi sempre con il senno di poi! Vediamo intanto di esaminare il perché non funziona l'intervento di emergenza. Mi pare logico che occorra rafforzare il sistema di protezione idrogeologico del nostro territorio, ma cerchiamo di capire il perché.
Vedete, quel bambino vestito a festa, trovato asfissiato all'interno di un armadio, dice in maniera chiara e drammatica... Presidente, ho già finito il tempo?
Io non vengo eletto dal mio gruppo, ma dal popolo e con il sistema maggioritario (con il 50 per cento dei voti); per chi presenta un'interrogazione (questo vale per ogni deputato, a qualunque gruppo appartenga) non possono essere violati, da chicchessia, i diritti sanciti dal regolamento!
Chiedo scusa al Presidente di turno, però a questa farsa non si può partecipare in silenzio. Credo che per sviluppare un concetto occorrano tre o quattro minuti. Non l'ha ordinato il medico né a lei né a me di parlare a tutti i costi! Le chiedo quale sia l'articolo del regolamento che impedisce al presentatore di un'interrogazione di poter replicare per cinque minuti.
Queste sono vicende che si vedranno in altra sede. In ogni, caso, Presidente, la ringrazierei se volesse darmi...
Stavo dicendo che il bambino vestito a festa, trovato asfissiato dentro un armadio, dimostra che la celerità di un intervento avrebbe potuto salvare tantissime vite umane. Perché non rivalutare l'ipotesi che il coordinamento sia affidato alle Forze armate (Applausi del deputato Landolfi)?
Il problema è che mentre si consumava quella tragedia, la protezione civile stava facendo una festa e quando gli amministratori le hanno inviato dei fax, durante quella drammatica notte, nessuno ha risposto loro. Un solo elicottero ha funzionato quella notte e ha salvato centinaia di vite umane. Per l'emergenza, dunque, occorre una struttura che, se non si vuole che sia militare, abbia almeno le caratteristiche di una struttura militare, che sia immediatamente convocabile e che abbia gli uomini e gli strumenti per intervenire. Non vengano i rappresentanti dei partiti che hanno governato per decine di anni comuni, province e regioni a mettersi sul piedistallo, perché le tragedie avvengono per l'assenza di piani regolatori e per la speculazione edilizia.
Le precipitazioni che hanno interessato l'area non possono essere considerate straordinarie, anche se al di fuori della norma, in quanto sono stati raggiunti 140 millimetri totali di pioggia in due giorni. Il disastro idrogeologico è senz'altro dovuto alla totale mancanza di una cultura del territorio ed alla mancata applicazione delle leggi. La montagna è stata saccheggiata dalla speculazione edilizia e dagli incendi dolosi. I canali di drenaggio sono stati abbandonati all'incuria o addirittura ostruiti. La zona presenta un record nella costruzione di case abusive, mentre il fiume Sarno è il più inquinato d'Italia.
Nel 1988 nella stessa area si era verificato un altro disastro, cui era seguita la celebrazione di un processo, con scontata assoluzione nei confronti di chi doveva provvedere.
Signor Presidente, a distanza di dieci anni ...
Signor Presidente, bisogna fare tutto questo perché l'incuria che interessa gran parte del sud Italia ha determinato una situazione che interessa la sicurezza di tutte le popolazioni e che ormai grida vendetta.
Tutti sapevano cosa fare, dove e come intervenire, e lo sapevano da almeno dieci anni. Lo sapeva la regione, lo sapevano gli enti locali e lo sapeva anche il ministro Pinto che, in qualità di difensore di un accusato, aveva letto le considerazioni dei tecnici nominati dal tribunale. Invece si è atteso che la montagna scoppiasse di acqua e di rabbia, seminando la morte per centinaia di innocenti (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Sospendo brevemente la seduta.