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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento delle interpellanze De Simone n. 2-01092, Antonio Rizzo n. 2-01093, Mastella n. 2-01094, Casini n. 2-01095, Crema n. 2-01096, Mario Pepe n. 2-01097, Albanese n. 2-01098, Paissan n. 2-01099 e Antonio Rizzo n. 2-01100 e delle interrogazioni Stajano n. 3-02308, Grimaldi n. 3-02309, Fini n. 3-02310, Manzione nn. 3-02311 e 3-02312, La Malfa n. 3-02313, Malavenda n. 3-02314, Martusciello n. 3-02315 e Buontempo n. 3-02321, sui recenti eventi calamitosi verificatisi in Campania (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 1).
ROBERTO MANZIONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente, è un momento molto particolare, ma cercherò di essere conciso. Mi pare di ricordare che nel 1994, quando un altro episodio calamitoso ebbe a verificarsi - il riferimento è all'alluvione del Piemonte - un autorevole presidente di gruppo, nella stessa sede nella quale ci troviamo adesso, chiese, pretese, che partecipasse al dibattito il ministro dell'interno. Naturalmente non lo dico per sminuire la valenza del sottosegretario di Stato Barberi, che abbiamo avuto la possibilità di incontrare in loco verificando in che modo assolve al suo compito.
PRESIDENTE. Onorevole Manzione, posso soltanto dirle che l'incarico per quanto riguarda la materia oggetto delle interpellanze e interrogazioni è del sottosegretario Barberi. Inoltre, essendo il nostro un sistema bicamerale, credo che il ministro dell'interno in questo momento sia impegnato al Senato. Pertanto, non posso fare altro che dare la parola al sottosegretario Barberi.
SAURO TURRONI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SAURO TURRONI. Signor Presidente, ho ascoltato quanto lei ha appena detto a proposito della richiesta del collega Manzione.
PRESIDENTE. Certamente non posso sostituirmi ai criteri o alle decisioni assunte dal Governo il quale, nella sua collegialità, ha inteso affidarsi al sottosegretario Barberi. Ritengo che l'esecutivo abbia considerato la rilevanza dell'evento verificatosi, tuttavia non mi permetto di sostituire il Governo stesso. Avendo una funzione diversa, non credo di poter, in maniera surrogatoria, assumere decisioni al posto del Governo. Tuttavia, pur accettando i rilievi formulati, nel senso di consegnarli al Governo come tali - ed esso ne farà l'uso che crede -, se la sua richiesta non dovesse trovare soddisfazione nella risposta del sottosegretario Barberi (può darsi che egli si soffermi su materie di competenza di altri dicasteri) non credo, in ogni caso, che la vicenda si esaurisca in questa fase. Per tutto quanto è emerso, per ciò che «fruscia» sul piano generale, per i sussurri, per le grida, soprattutto di dolore, non credo che l'argomento possa esaurirsi nella seduta odierna. In quest'aula vi sarà sicuramente l'occasione per far valere l'espressione di doglianza che ella ha manifestato.
FRANCO BARBERI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero innanzitutto esprimere il profondo cordoglio del Governo, e mio personale, alle famiglie delle vittime causate dal maltempo e dai conseguenti disastrosi dissesti idrogeologici verificatisi nella regione Campania a partire dal 5 maggio.
SAURO TURRONI. Bel colpo!
FRANCO BARBERI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Ciò che comunque in assoluto è necessario è assicurare la possibilità di fruizione di tutti i dati da parte delle autorità di protezione civile giacché gli eventi di piena, ad esempio, possono originarsi in regioni diverse da quelle dove andranno a produrre i loro effetti.
PRESIDENTE. Signor sottosegretario, la delicatezza dell'argomento è tale che non mi permetto di influire sul suo intervento; la prego, però, di considerare la possibilità di accelerare...
FRANCO BARBERI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Proprio in questo senso chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione di considerazioni integrative del mio intervento in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente.
FRANCO BARBERI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Riferirò ora in merito ai primi interventi predisposti dal Governo in seguito a tale emergenza.
ALESSANDRA MUSSOLINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, il gruppo di alleanza nazionale
PRESIDENTE. Onorevole Mussolini, mi rifaccio a quanto ho già detto in precedenza, come risulterà dal resoconto stenografico, a cui non potrei aggiungere altro.
ALBERTA DE SIMONE. Sarò obbligatoriamente schematica, visto l'avarissimo numero di minuti che ci viene concesso, e comincerò con l'augurare al Governo, il cui rappresentante ha parlato per un'ora e mezza, di non cadere nell'errore in cui incorrevano i governanti spagnoli che, di fronte ad un problema serio, emanavano gride all'infinito e non si aveva mai una messa a fuoco delle questioni importanti.
PRESIDENTE. Onorevole De Simone, la prego di concludere.
ALBERTA DE SIMONE. Signor Presidente, utilizzo un minuto del tempo assegnato al collega Cennamo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Antonio Rizzo.
ANTONIO RIZZO. Presidente, non sono tra quelli che abitualmente usano toni aspri o duri e neanche tra quelli a cui piace speculare su momenti così drammatici della nostra vita, ma le nostre interpellanze e interrogazioni muovono dalla necessità di porre fine agli attacchi gratuiti di questi giorni su eventuali responsabilità.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Manzione.
ROBERTO MANZIONE. Probabilmente apparirebbe eccessivo iniziare l'intervento chiedendo a tutti i colleghi un minuto di raccoglimento, quasi a dimostrare che quei nomi pubblicati sui giornali corrispondono a persone che come noi vivevano e speravano di poter continuare la propria esistenza. Nel mio cuore sto comunque osservando questo minuto di raccoglimento, anche se non penso sia necessario rispettarlo formalmente. È comunque il modo nel quale voglio in questo momento ricordare tutti quei caduti nei comuni da Bracigliano a Siano, da Quindici a Sarno.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Peretti.
ETTORE PERETTI. Presidente, vorrei anzitutto esprimere, a nome del gruppo parlamentare del centro cristiano democratico, il cordoglio alle famiglie delle vittime, la solidarietà a tutta la popolazione colpita ed un ringraziamento particolare ai vigili del fuoco, alla protezione civile, a tutti coloro che si sono dati da fare ed anche un riconoscimento - perché no? - al sottosegretario per la sua opera.
SAURO TURRONI. Condono!
ETTORE PERETTI. Faccio riferimento alla situazione in Toscana dove, da lunghi decenni, gli ambientalisti sono al governo della regione, delle province e dei comuni, ma al di là della diga del «bilancino» c'è una situazione idrogeologica del territorio con una urbanizzazione sulle aree di «sfogo» dell'Arno per cui debbo pensare che, in tale situazione, non si è ripetuto quanto è avvenuto nell'alluvione del 1966 soltanto perché l'intensità delle precipitazioni non si è più ripetuta.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Mario Pepe.
MARIO PEPE. Signor Presidente, vorrei evitare le solite locuzioni che talvolta affiorano nei dibattiti che si svolgono in quest'aula.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Crema.
GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, per quanto riguarda le domande poste nell'interrogazione da noi presentata, le risposte del sottosegretario Barberi sono esaustive. Come rappresentante dei deputati socialisti esprimo il cordoglio per le vittime e la solidarietà alle popolazioni colpite. Penso ai colleghi sindaci dei comuni interessati, al senatore Gianni Iuliano, aderente al nostro gruppo al Senato.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Cennamo.
ALDO CENNAMO. Signor Presidente, spero che la risposta alle interrogazioni oggi non rappresenti un rituale ma l'avvio di una prima riflessione su una tragedia che ha colpito le province di Avellino e Salerno, in particolare i comuni di Sarno, Quindici, Bracigliano, San Felice a Cancello, Lauro. Una tragedia che fino ad oggi ha fatto registrare 135 vittime ed un numero di dispersi che, ad una settimana dall'evento disastroso, non si conosce, come risulta dalla stessa relazione del professor Barberi, il quale sul numero dei dispersi non ha potuto fornire una cifra esatta.
PRESIDENTE. Onorevole Cennamo, deve concludere.
ALDO CENNAMO. In conclusione, mi limito a rilevare che è iniziata la discussione sulla necessità di andare ad una concertazione degli interventi, perché la risposta dello Stato, le strutture che debbono essere messe al servizio del paese siano più efficienti, più efficaci e più trasparenti. Penso che questa discussione si debba svolgere; ma che debba essere svolta senza risse!
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Stajano.
ERNESTO STAJANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, voglio in primo luogo esprimere
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Albanese.
ARGIA VALERIA ALBANESE. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare, anche a nome del mio gruppo, non tanto il Governo, che riteniamo abbia fatto e debba continuare a fare il suo dovere, ma il professor Franco Barberi, per quanto ha fatto in questi giorni e perché è presente in quest'aula a sopportare il peso di un dibattito segnato dallo smarrimento, non ancora dall'indignazione. Credo infatti, colleghi, che dovremo capire bene con chi indignarci.
PRESIDENTE. Avverto che, per ragioni legate allo svolgimento del calendario dei lavori, darò adesso la parola agli onorevoli Turroni, Galdelli e Russo, cioè ai rappresentanti dei gruppi che ancora non si sono espressi e si passerà allo svolgimento delle interrogazioni sulla fuga di Gelli. Quindi, alle ore 14,30, riprenderemo lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni sui recenti eventi calamitosi verificatisi in Campania. Pertanto, gli altri colleghi che avrebbero dovuto prendere la parola questa mattina potranno farlo a partire da tale ora.
SAURO TURRONI. Il commosso pensiero dei verdi va alle vittime; la rabbia, invece, è rivolta nei confronti di tutto ciò e di tutti coloro che hanno impedito che quanto da tempo scienziati, ambientalisti, urbanisti e verdi stanno proponendo in ogni circostanza non venisse attuato. Ringraziamo Barberi, i suoi uomini, i volontari che si stanno impegnando, anche in queste ore, nei soccorsi. Ringraziamo il sottosegretario, in particolare, per l'alto profilo della risposta data nei confronti dei problemi relativi ai rischi, ai monitoraggi, all'organizzazione dei soccorsi, alle misure di prevenzione. Ma ora occorre anche parlare di altro al di là delle polemiche, di quale è stata la politica territoriale di questo dopoguerra, con responsabilità collettive e generali: condoni, opere pubbliche, dighe, briglie, cementificazione dei fiumi, abbandono delle montagne e della collina, rilancio della politica autostradale; tutto ciò in assenza di quella cultura del territorio e della sua cura e del suo rispetto, che era patrimonio delle amministrazioni pubbliche del passato (pensiamo solo agli statuti dei comuni intorno all'anno 1000) e, soprattutto, di tutti i cittadini.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Galdelli.
PRIMO GALDELLI. Presidente, sottosegretario, il nostro pensiero è rivolto innanzitutto alle vittime di questo disastro, ai familiari e alla popolazione interessata da questa sciagura. Rivolgiamo questo pensiero e lo assumiamo come una sconfitta, perché non siamo stati capaci di evitarlo, di prevenirlo, di impedirlo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Russo.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, giunga subito il nostro sentito e partecipe cordoglio alle famiglie delle vittime ed una forte testimonianza di affetto alle famiglie dei dispersi, dei tanti dispersi, dei troppi dispersi. È su questo elemento che deve essere incentrata la nostra analisi. A otto giorni di distanza dall'evento, l'incertezza circa il numero dei dispersi ci pone in una condizione di ulteriore ambascia, di disagio profondo. Gli apparati dello Stato complessivamente inteso non hanno saputo, ad otto giorni dall'evento, fornire l'esatto numero dei dispersi.
PAOLO RUSSO. Sottosegretario Barberi, ci aspettavamo un ragionamento di prospettiva e di sapere quante e quali risorse verranno utilizzate non per il ristoro specifico di qualche vicenda minuscola, ma per affrontare compiutamente il problema del dissesto idrogeologico; ci aspettavamo di sapere in che misura tali risorse potranno essere spese nei prossimi mesi; ci aspettavamo insomma qualche risposta. Siamo entrati con grande gaudio di parametri monetari in Europa, ma siamo risultati arretrati - soprattutto nel Mezzogiorno - rispetto a quelli di efficienza delle infrastrutture. Ci aspettavamo qualche risposta che non abbiamo ottenuto.
PRESIDENTE. Come già preannunciato, sospendiamo ora lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni sui recenti eventi calamitosi verificatisi in Campania, per dar corso allo svolgimento delle interrogazioni sulla sottrazione all'arresto di Licio Gelli.
Queste interpellanze e queste interrogazioni, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
Ricordo che, secondo quanto comunicato, lo svolgimento dei documenti all'ordine del giorno inizierà con l'intervento del Governo. Successivamente avranno luogo gli interventi in replica, per i quali è previsto un tempo complessivo di 15 minuti per gruppo e di 20 minuti per il gruppo misto.
Riteniamo che non esistano alluvioni o cataclismi di serie A e di serie B e che lo stesso impegno, la stessa fermezza, la stessa capacità decisionale debbano essere posti di fronte a tutti gli accadimenti di questo tipo. In questa logica mi permetto di chiedere che il ministro dell'interno partecipi al dibattito. Grazie.
Ricordo altresì che oggi pomeriggio sarà il Presidente Violante a commemorare le vittime e ad esprimere solidarietà nei confronti dei loro familiari. Pregherei pertanto i presidenti di gruppo, con la loro presenza, di dare il senso di un'Assemblea che percepisca il segno di questo evento calamitoso e luttuoso.
Mi associo anch'io alle parole del collega a proposito dell'impegno e dell'operato del sottosegretario Barberi; devo però sottolineare che l'interpellanza n. 2-01099 presentata dal mio gruppo non ha nulla a che vedere con le competenze del sottosegretario Barberi, in particolare circa l'evento che si è verificato. Essa infatti è indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri ed al ministro dei lavori pubblici, che, a proposito di difesa del suolo, di interventi per ridurre i rischi e delle azioni necessarie, hanno competenza primaria.
Sono convinto che il sottosegretario Barberi possa rispondere, come in tutte le altre circostanze, a nome del Governo; certo è che noi abbiamo presentato un atto ispettivo che aveva un indirizzo e un obiettivo ben diverso: con esso si pretendeva di discutere di politica al fine di definire in quale maniera, nel nostro paese, si debba voltare pagina per attuare una vera politica per la difesa del suolo. Questo è lo scopo della nostra interpellanza e mi sembrerebbe limitato discuterne solo in ragione dell'evento accaduto, anche perché in questi anni troppi eventi della stessa natura si sono purtroppo verificati con ricorrenza e crescita sempre maggiore.
Il sottosegretario di Stato per l'interno ha facoltà di parlare.
Il Governo ha già riferito presso questo ramo del Parlamento, durante un'audizione in Commissione ambiente, a poche ore dal verificarsi dei fenomeni che hanno originato le numerose vittime e i danni
maggiori. Mi soffermerò pertanto solo sommariamente su alcuni quesiti già affrontati in quella sede e dedicherò maggiore attenzione ad alcune questioni di ordine generale contenute nella gran parte dei documenti di sindacato ispettivo presentati.
Comincerò con il dare qualche informazione sull'evento atmosferico e sulle sue caratteristiche. La perturbazione ha iniziato a interessare il nostro territorio nella notte tra il 3 e il 4 maggio e si è protratta per oltre 48 ore. Nelle giornate del 4 e del 5 maggio i fenomeni sono divenuti persistenti sulle regioni centrali e meridionali della penisola, in particolare del versante tirrenico. La perturbazione, prevista già dal 2 maggio attraverso l'analisi delle mappe meteorologiche elaborate dal centro europeo di Reading, manifestava caratteristiche di intensità non eccezionali, su larga scala, confermate dalle elaborazioni relative alle quantità di precipitazione giornaliere previste nei giorni 2, 3 e 4 maggio che non indicavano quantità rilevanti di precipitazioni (massimo 50 millimetri nelle 24 ore).
L'evento atmosferico ha raggiunto valori elevati solo in una zona circoscritta corrispondente ai comuni maggiormente colpiti: Sarno, Quindici, Siano, Bracigliano e Lauro. I pluviometri collegati in tempo reale alla rete del servizio idrografico e mareografico nazionale sono nella zona molto pochi, ed in particolare i due più prossimi, distanti circa 40 chilometri, non hanno registrato precipitazioni particolarmente intense. Ciò conferma la limitata estensione dell'area colpita dalle piogge più intense. In merito a questo problema, più oltre mi soffermerò sulla valutazione di alcuni elementi che fotografano la situazione attuale della rete di monitoraggio idropluviometrica in Campania ed in tutta Italia.
Il dato significativo da valutare è la precipitazione nel quadrilatero Siano, Sarno, Quindici, Bracigliano. Una prima stima della distribuzione areale di pioggia è stata effettuata tramite la costruzione delle isoiete totali, che sono linee di eguale precipitazione, relative alle zone danneggiate e all'intera regione Campania. Da essa si osserva che, come già segnalato, ci sono stati due centri di pioggia principali, situati rispettivamente sullo spartiacque tra i bacini idrografici del Sarno e dei Regi Lagni e sul bacino idrografico del Calore.
L'elaborazione di dettaglio relativa alla zona comprendente il quadrilatero più danneggiato mostra valori totali massimi di pioggia superiori a 140 millimetri, con una orientazione sud-est centrata sulle principali creste montuose della zona.
Il mese precedente - l'aprile scorso - è stato caratterizzato da accentuate precipitazioni, che hanno di certo contribuito alla saturazione in acqua del suolo e delle formazioni geologiche superficiali che nel quadrilatero in esame ricoprono le rocce carbonatiche.
Si è trattato, sotto il profilo delle precipitazioni, di un evento di particolare, anche se non eccezionale, intensità, circoscritto in un'area limitata. Il disastro e la tragica perdita di molte vite umane sono dipese dal verificarsi di colate di fango improvvise ed imprevedibili in tempo utile per ogni allarme, che si sono distaccate dai versanti sovrastanti i centri colpiti.
Alle ore 7 di questa mattina il tragico bilancio delle vittime nelle province di Caserta, Avellino e Salerno - in quella di Caserta la vittima è una sola - ammonta a 135 persone. Il numero dei dispersi a Sarno non è quantificabile con precisione, dal momento che il salvataggio prestato nelle primissime ore mediante il trasporto in elicottero rende difficoltoso acquisire dati precisi ed attendibili al riguardo. È opportuno sottolineare che la non conoscenza esatta di questo dato non influisce minimamente sulla operatività dell'intervento di soccorso. In altre parole, è bene sapere che i centri operativi misti hanno attivato sui corpi di frana tutti i cantieri compatibili con le esigenze di sicurezza degli operatori e di praticabilità delle relative vie di accesso. La ricerca dei dispersi procede con il massimo coinvolgimento di uomini e mezzi ed il fatto che
non si disponga di un dato preciso sui dispersi non si riflette in alcun modo sulla organizzazione dei lavori.
In particolare, a Siano e Bracigliano è accertato che non risultano più dispersi (tutte le vittime sono state recuperate); a Quindici vi è solo un disperso. In questi comuni, pertanto, le operazioni procedono con maggiore speditezza.
La situazione di Sarno, certamente più critica, richiede ancora uno sforzo di approfondimento che il centro operativo sta portando insieme al comune e alle forze dell'ordine. Le persone evacuate ed assistite sono, ad oggi, 1.051 rispetto alle quasi 2 mila dei primi giorni, essendo alcune ritornate a casa, molte avendo trovato ospitalità presso parenti o amici.
Il dipartimento della protezione civile ha emesso avvisi di avverse condizioni meteorologiche già dal 2 maggio, indirizzate alle strutture operative nazionali e locali delle regioni interessate, tra le quali la Campania. Il messaggio prevedeva avverse condizioni meteorologiche, caratterizzate da un possibile rilevante peggioramento delle condizioni, con forti venti e precipitazioni intense fin dalla tarda mattinata. Il secondo messaggio, rafforzativo, è stato emesso alle ore 12 del 4 maggio.
Questi messaggi, per rispondere ad uno dei quesiti posti dagli interroganti, vengono emanati secondo procedure ben definite contenute in due direttive, rispettivamente del dicembre 1995 e del dicembre 1996. Tali direttive, diramate a tutte le strutture e a tutti i centri di responsabilità del servizio nazionale della protezione civile, contengono un puntiglioso, anche se elementare, elenco di compiti da svolgere da parte dei vari livelli operativi (comuni, province, regioni e strutture nazionali). Tale indicazione puntuale di compiti vale anche, ovviamente, per le prefetture. La direttiva è stata a suo tempo trasmessa anche a tutti i parlamentari.
La verifica del livello di risposta e di preparazione non potrà che essere fatta una volta conclusa la fase dell'emergenza, ma la consistenza delle forze mobilitate ed impiegate, sulle quali riferirò fra breve, consente di giudicare l'attivazione del sistema come complessivamente adeguata.
Valga al riguardo il confronto con uomini e mezzi mobilitati in tempi analoghi - meno di 24 ore dall'inizio dei fenomeni - in occasione degli eventi calamitosi di vaste proporzioni verificatisi nei primi anni novanta.
A seguito degli avvisi emessi nei giorni 2, 3 e 4 maggio - come già detto - il sistema globale era in allerta ed erano in corso interventi isolati per situazioni puntuali. In proposito riferirò una distinta cronologia degli interventi per quanto riguarda le due province principalmente colpite.
La prima segnalazione alla prefettura di Avellino risale alle 12,30 da parte del sindaco di Quindici, successiva al verificarsi di una prima frana che tuttavia non aveva coinvolto persone. Alle 15,30 un sopralluogo dei vigili del fuoco e di personale del comune e della prefettura evidenziavano situazioni di pericolo ed alle 16,30 veniva disposto lo sgombero di alcune zone; è stata una misura di grande efficacia, perché certamente ha consentito a Quindici di mettere in salvo un numero significativo di persone. I vigili del fuoco, già presenti in zona, alle 18,30 segnalavano alla prefettura il verificarsi di un'ulteriore frana che aveva invaso l'abitato. Alle 19 la prefettura richiedeva al dipartimento per la protezione civile l'intervento di un elicottero abilitato al volo notturno ed al salvataggio di persone, il che veniva immediatamente disposto, per portare in salvo alcune persone rimaste isolate nella zona della frana. Dopo un sorvolo della zona, l'elicottero ha iniziato ad operare alle ore 22. Alle ore 20 la prefettura ha chiesto l'intervento delle forze armate in supporto alle numerose squadre di vigili del fuoco e delle forze dell'ordine già operative. Alle 22 il dipartimento ha disposto l'invio a Quindici di due propri funzionari particolarmente preparati per la gestione dell'emergenza.
La prefettura di Salerno ha ricevuto dal comune di Bracigliano la prima comunicazione di una frana alle 16,30. Contestualmente i vigili del fuoco evidenziavano
fenomeni franosi in atto anche a Siano ed a Sarno. Alle 17 giungevano notizie di ulteriori fenomeni franosi nel comune di Siano. Alle 18 il prefetto di Salerno attivava il centro coordinamento soccorsi. Alle 19,10 venivano attivati i centri operativi misti di Mercato San Severino per i comuni di Siano e Bracigliano e di Nocera Inferiore per il comune di Sarno. Le squadre operative già sul luogo fin dalle 16,30 sono state ulteriormente potenziate con rinforzi straordinari alle 19,40. Alle 20,10 la prefettura ha richiesto l'intervento delle forze armate. I rinforzi richiesti alle 19,40 sono giunti sul posto alle 20,20. Alle 23 i vigili del fuoco hanno comunicato di aver raggiunto la frazione isolata di Episcopio ed hanno iniziato ad operare anche in questa zona elicotteri abilitati al soccorso, mobilitati dal dipartimento per la protezione civile. Alle 3,50 la prefettura ha trasmesso un primo rapporto sulla situazione di Sarno ed immediatamente è stata disposta la convocazione del comitato operativo nazionale per le 6 del mattino.
Nonostante le proibitive condizioni atmosferiche (nubi basse a 60 metri) gli elicotteri hanno effettuato numerosi interventi di soccorso portando in salvo oltre 230 persone rimaste isolate nelle zone interessate dalle frane. Questo dato, oltre al coinvolgimento in alcuni dei movimenti franosi di uomini e mezzi dei vigili del fuoco, testimonia ben più chiaramente della sommaria cronologia che ho appena riportato la tempestività dell'intervento di soccorso a fronte di fenomeni franosi di particolare violenza verificatisi in successione da mezzogiorno fino a mezzanotte del 5 maggio. I vigili del fuoco hanno perso mezzi ed una persona si trova ancora in condizioni critiche (ricoverata nel reparto di rianimazione del Cardarelli) proprio perché sono stati investiti da alcune delle colate di fango: il che testimonia in sé che erano già presenti sul posto prima che il fenomeno si esaurisse. È necessario a questo punto soffermarci su una questione che ha assunto particolare risalto, vale a dire la considerazione se si tratti o meno di una tragedia annunciata, prevedibile e magari prevista. È opportuno chiarire bene i termini della questione, per fugare equivoci che possano ingenerare incomprensioni profonde.
Se con «tragedia annunciata» si vuole indicare che la situazione del livello di dissesto della montagna campana, e della zona del Vallo di Lauro in particolare, era nota, ciò corrisponde sicuramente a verità. Dirò di più: il rischio idrogeologico nella zona non è solamente noto: è ben conosciuto, analizzato ed oggetto di un piano di interventi elaborato dopo il maltempo del gennaio 1997. Ma in analoghe situazioni si trovano purtroppo migliaia di altri versanti instabili in tutta Italia. Se con «prevedibilità» vogliamo intendere che un fattore di rischio è noto, allora possiamo dire che i dati sul rischio sono allarmanti in tutta Italia - per il rischio sismico, idrogeologico e vulcanico - e coinvolgono decine di milioni di cittadini. Ma una cosa è il rischio e un'altra è il pericolo incombente: le colate di fango sono partite da costoni sì geologicamente instabili, ma non si tratta di attivazioni di vecchie frane già note.
Ecco, allora, che se con «tragedia annunciata o prevedibile» si vuole affermare che il fenomeno che si è verificato poteva essere previsto con qualche ora d'anticipo, in modo da consentire azioni preventive a salvaguardia dell'incolumità dei cittadini, i tecnici ci dicono che ciò non era, purtroppo, possibile.
Non confondiamo, in sintesi, la conoscenza dei rischi e anche di alcune situazioni di particolare evidenza, con la previsione a breve, brevissimo termine di un evento come quello che si è verificato. Il numero, la gravità, a volte il comportamento di molte delle migliaia di frane censite in Italia, è noto (lo è a tutti i livelli, dalle amministrazioni centrali a quelle regionali e locali ed anche al Parlamento, perché abbiamo trasferito uno studio fatto dal dipartimento della protezione civile) e tutti dobbiamo farcene carico, per quanto spetta a ciascuno.
Altro è sostenere di poter prevedere l'evoluzione di fenomeni complessi, come l'interazione fra precipitazioni e resistenza
dei costoni in aree geomorfologicamente fragili come l'intero Appennino. Trarre conclusioni arbitrarie vorrebbe dire che ad ogni accenno di pioggia dovremmo evacuare qualche milione di italiani. E che dire poi, per quanto riguarda il rischio sismico, che non è prevedibile sotto il profilo temporale? La risposta che dobbiamo dare, disponendo di tutti gli elementi conoscitivi necessari, è l'avvio, senza ulteriori indugi o esitazioni, di una efficace politica territoriale dei rischi naturali su larga scala.
Descriverò ora, sommariamente, l'entità e la tipologia dei soccorsi forniti dalle strutture operative della protezione civile.
Agli oltre 4 mila operatori impegnati rivolgo il grato pensiero del Governo per la professionalità dimostrata in interventi anche molto pericolosi - come testimoniato, anche davanti all'opinione pubblica, dalle immagini trasmesse - unitamente all'incoraggiamento e allo stimolo a continuare con il massimo impegno fino al superamento dell'emergenza, come sempre.
Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è presente con 861 uomini e 265 mezzi; la Guardia di finanza con 103 uomini e 34 mezzi; il Corpo forestale dello Stato con 104 uomini e 22 mezzi; le Forze Armate con 495 uomini e 88 mezzi; l'Arma dei carabinieri con 400 uomini e 170 mezzi; la Polizia di Stato con 405 uomini e 100 mezzi; la Croce rossa italiana con 300 uomini e 47 mezzi; il volontariato di protezione civile con 1.375 uomini e 350 mezzi.
I dati summenzionati indicano l'importanza che in ogni emergenza di protezione civile ha il concorso di tutte le strutture operative e chiariscono come tale priorità di concorso e di professionalità sia elemento irrinunciabile. Appare pertanto non compatibile con questa considerazione qualsiasi richiesta di riserva esclusiva a questa o a quella struttura operativa, come qualche interrogante suggerisce.
Il monitoraggio del territorio e le analisi dei dissesti che si sono verificati: ho descritto poc'anzi lo scarso livello di diffusione degli strumenti di monitoraggio idropluviometrico nel territorio colpito. È tuttavia opportuno svolgere qualche breve ma importante considerazione di ordine generale sulla questione, come peraltro richiesto da qualche onorevole interrogante.
Le reti di monitoraggio idropluviometriche del servizio idrografico e mareografico nazionale, gestite dai propri uffici compartimentali, limitatamente alla zona peninsulare - mentre in Sicilia e Sardegna fanno capo alle amministrazioni regionali - comprendono pluviometri, idrometri, termometri, freatimetri, mareografi e ondametri. In totale vi sono poco meno di 6 mila stazioni di rilevamento, per lo più a registrazione locale, vale a dire non in collegamento telematico ma sottoposte a prelievi periodici in loco. I dati relativi, in questi casi, non sono disponibili in tempo utile per le attività di protezione civile ma, solitamente, ad alcuni mesi di distanza e per attività di studio.
In questi ultimi anni è iniziata la graduale sostituzione delle stazioni a registrazione locale con impianti in telemisura in grado di trasferire alle centrali operative degli uffici, e da queste alla direzione centrale a Roma, i dati rilevati in tempo reale - da venti a quaranta minuti - rispetto alla misura. Nel corso degli ultimi anni anche altri enti - regioni, consorzi di bonifica - si stanno dotando di reti in telemisura che gradualmente vengono collegate con le reti del servizio idrografico e mareografico nazionale. Questo sforzo è soprattutto avvenuto nelle regioni del centro-nord.
In totale si dispone attualmente di circa - solo! - 500 pluviometri e di 250 idrometri in telemisura su tutto il territorio della penisola italiana. La rete dell'ufficio compartimentale di Napoli dispone di 30 stazioni in telemisura (11 pluviometri e 19 idrometri). Le telemisure, come ho già detto, non coprono la zona dell'evento dove invece sono collocati 6 pluviometri, però del tipo a registrazione locale.
Le reti di monitoraggio sono uno strumento fondamentale, anche se non esaustivo,
per l'azione di allertamento e difesa dal rischio idrogeologico. Le reti vanno potenziate, ed i vari progetti in questo campo devono trovare il massimo sostegno anche finanziario. Voglio specificare che, senza questi strumenti, dopo un avviso metereologico, il sistema della protezione civile è «cieco», non ha nessuna possibilità; non ha nessun «occhio» di vigilanza sul territorio in mancanza di strumenti automatici di rilevamento. Si tratta, dunque, di una grande priorità.
Per il futuro, bisogna ricordare che il decreto legislativo n. 112 del 31 marzo scorso, il cosiddetto «Bassanini 1», ha disposto la regionalizzazione degli uffici periferici del servizio idrografico e mareografico nazionale e delle loro reti.
All'osservazione dei fenomeni e della loro interpretazione deve unirsi la conoscenza del territorio sul quale insistono e la relativa criticità. La previsione di possibili movimenti franosi comporta una precisa conoscenza del suolo, degli spessori e delle caratteristiche dei materiali di copertura dei versanti e di tutta una serie di fattori che costituiscono la mappa del rischio.
Esistono molteplici studi e modelli applicativi di correlazione tra piovosità e franosità, ma la mancanza di una rete pluviometrica estesa e posizionata in base alle caratteristiche del suolo non consente con precisione di conoscere la risposta idraulica di un bacino alle piogge previste. Non è possibile quindi, allo stato attuale, se non in termini molto generali, sulla base delle misure di pioggia cumulate, orarie e giornaliere, e della loro intensità oraria e semioraria, fare previsioni di fenomeni franosi, conoscere la loro specifica localizzazione e la loro intensità.
Il monitoraggio è infatti finalizzato, nella sua attuale insufficiente diffusione, solo alle precipitazioni ed eventualmente alla misurazione dei livelli e delle portate dei corsi d'acqua. Diverso sarebbe un monitoraggio specifico, anche con altri sensori, connesso ad esempio con le situazioni di franosità di maggior rilievo, attualmente inesistente. Abbiamo un numero ridicolmente basso di situazioni monitorate con tecniche adeguate nel territorio nazionale. Ripeto: ridicolmente basso.
La gravità dell'evento meteorico del 4-5 maggio che ha colpito i bacini montani dei Regi Lagni e del Sarno e il bacino di Quindici è dovuta principalmente a due condizioni naturali sfavorevoli dal punto di vista geomorfologico. La prima è costituita dalle coltri piroclastiche incoerenti che coprono rocce carbonatiche; la seconda dalla elevata pendenza dei versanti. Alle condizioni naturali sfavorevoli si sono associate piogge particolarmente intense, corrispondenti per totali giornalieri a periodo di ritorno di 10-15 anni. Il disboscamento, che da alcuni è stato citato fra le concause del disastro, ha certamente un effetto che in questo caso però non può essere considerato come maggiore, tenuto conto delle oggettive condizioni dei versanti interessati.
All'interrogativo da alcuni sollevato in merito alla responsabilità degli effetti catastrofici che si farebbero risalire alla inadeguata gestione della precedente emergenza idrogeologica del gennaio 1997, devo rispondere negativamente in considerazione del fatto che i dissesti provocati dall'evento attuale sono stati quasi totalmente caratterizzati da fenomeni di primo distacco, avvenuti su versanti ed aree in gran parte diversi da quelli colpiti in passato.
Per effetto delle piogge intense, si sono verificati fenomeni di scivolamento della copertura nei versanti ad elevata pendenza, che hanno determinato colate rapide di fango, con fenomeni di trasporto di massa degli impluvi, con caratteristiche distruttive nei tratti a maggiore pendenza e fenomeni parossistici di interramento
nei tratti vallivi. Il materiale solido trasportato in colate rapide nei tratti a forte pendenza si è depositato in parte nell'incisione dei tratti vallivi, ma soprattutto nella pianure, con effetti catastrofici sui centri abitati e sulle infrastrutture viarie situati sulla loro traiettoria.
La situazione descritta è risultata frequentemente aggravata dalla presenza di ponti e ponticelli di non elevate dimensioni che, riducendo oltremodo la sezione idraulica dei torrenti attraversati, hanno ostacolato il libero fluire delle correnti di fango ed aggravato i processi di interramento summenzionato. A questo si aggiunge, in generale, il basso livello di manutenzione ordinaria delle reti idrauliche della zona.
Al momento, da un primo esame della situazione, emerge che la tipologia degli eventi - almeno limitatamente al quadrilatero Sarno, Siano, Bracigliano, Quindici, che rappresenta l'area più colpita - è costituita dai già menzionati collassi, localizzati nelle porzioni sommitarie dei versanti, con evoluzione in rapide colate di fango. Molto spesso, la zona di distacco è costituita da nicchie ben evidenti di prima generazione, che coinvolgono l'intera porzione della copertura di piroplastiti poggiata sul substrato carbonatico. In sostanza, si tratta di area, a grande scala, già colpita nell'inverno 1996-1997 da dissesti analoghi, anche se localizzati in porzioni diverse dei versanti e con proporzioni ed effetti molto minori.
Immediatamente a valle del tratto di raccordo fra pendio montano e fondo valle, sono posizionate le zone urbanizzate dei centri abitati che, progressivamente, a seguito dei consueti fenomeni di espansione, sono migrati verso le zone più alte, fino ai tratti terminali delle aste torrentizie. Questa urbanizzazione non controllata ha determinato l'ineluttabile impatto delle abitazioni più prossime ai rilievi con le masse di fango provenienti da monte. Un ulteriore contributo alla propagazione verso valle della massa di fango è stato fornito dagli assi viari della rete urbana, orientati lungo le linee di massima pendenza, che hanno rappresentato vie di deflusso preferenziali.
Il giorno 6 maggio, su mia proposta, è stato costituito presso il dipartimento di ingegneria civile dell'università di Salerno un'unità operativa, coordinata dai professori Cascini e Rossi, con il compito di valutare tutte le situazioni di pericolo a seguito dell'evento calamitoso del 4-5 maggio. L'unità operativa è formata da un nucleo centrale costituito da circa 20 tecnici (ingegneri, geotecnici, idraulici, idrologi e geologi). Alla costituzione di questo gruppo contribuiscono il dipartimento della protezione civile, l'università di Salerno, il servizio nazionale dighe, il servizio nazionale geologico, le autorità di bacino nazionale dei fiumi Volturno e Liri-Garigliano, la comunità montana ed un contributo di tecnici qualificati viene anche dalla regione Piemonte. Essi operano con un supporto complessivo di circa 50 tecnici qualificati. Sono presenti, oltre a queste professionalità, anche fotointerpreti, topografi, strutturisti e meteorologi. Un contributo viene anche dall'ordine professionale. Sento il dovere di ringraziare l'università di Salerno e il suo rettore per avere totalmente messo a disposizione tutte le strutture, consentendo un'operatività rilevante di questo importante gruppo.
Questo gruppo si è poi organizzato in unità di presidio stabili, che sono dislocate presso tutti i COM, alle quali è affidato il compito di coordinare sia i sopralluoghi orientati alla definizione del rischio residuo, sia i sopralluoghi richiesti a seguito delle segnalazioni pervenute presso i vari COM. Queste unità raccolgono, centralizzano ed omogeneizzano tutte le informazioni tecniche che provengono dai sopralluoghi effettuati da altri professionisti (geologi o ingegneri) che i comuni, a vario titolo, hanno attivato.
Fornirò di seguito notizie sull'entità dei sopralluoghi. Sono pervenute 12 richieste di sopralluogo dalle amministrazioni comunali, oltre quelle che i COM - sono numerosissime - hanno attivato per loro conto e sono tutte già completate o in
corso di completamento. Si può affermare che al momento tutte le richieste di carattere geologico e geotecnico sono state soddisfatte; sono da completare invece le ricognizioni idrauliche, alcune delle quali devono essere effettuate soltanto dopo una definizione geotecnica dei volumi potenzialmente instabili che possono riversarsi nelle fluenze.
Accanto alle attività suindicate, l'unità operativa ha provveduto alla costituzione di ulteriori gruppi formati da ingegneri geologici per l'inquadramento di tutte le fenomenologie sotto il profilo geologico, geomorfologico, geotecnico, idrologico e idraulico; anche questi sono coordinati da docenti dell'università di Salerno.
Un compito fondamentale di questi gruppi è quello di valutare la presenza di rischio residuo che potrebbe, in caso di nuova pioggia, interessare le zone già coinvolte e potrebbe anche coinvolgere le squadre dei soccorritori. L'identificazione dell'eventuale esistenza di pericoli residui serve anche per stabilire se alcune delle famiglie evacuate a scopo precauzionale, le cui case però non sono state direttamente toccate dall'evento, possano o meno rientrare nelle proprie abitazioni, stabilire se ci sono ulteriori evacuazioni preventive e soprattutto stabilire delle misure per consentire alle numerosissime squadre di soccorritori di lavorare in ragionevoli condizioni di sicurezza in caso di evento.
I dati che per ora sono pervenuti, anche se analisi particolareggiate devono ancora essere completate in alcune zone, dicono che c'è la possibilità di crolli di porzioni di terreno, di rimobilizzazione di volumi residui nella zona staccata. Questi volumi, però, non sembrano particolarmente rilevanti. In ogni caso questo è uno dei compiti principali e credo che, probabilmente nella giornata di oggi, avremo i dati definitivi e quindi si adotteranno le relative misure di prevenzione che questi dati forniranno.
Un altro obiettivo che hanno questi gruppi è quello di individuare gli interventi di somma urgenza necessari per l'eliminazione del pericolo e per il ripristino in condizioni minimali del sistema di drenaggio e delle opere di difesa in queste zone. Seguiranno necessariamente indagini più approfondite relative alla posizione specifica dei centri urbani nell'ambito dei programmi generali che dovranno essere attivati di definitiva messa in sicurezza dei versanti e dei centri attivati.
Le previsioni metereologiche dicono che per la giornata di oggi e almeno per le prossime ventiquattro ore non ci dovrebbero essere significative variazioni delle condizioni di tempo buono che hanno consentito di operare nelle ultime ore. C'è una previsione di possibile peggioramento delle condizioni meteoriche per la parte finale della settimana, ma ritengo che esse andranno controllate perché le previsioni a medio termine sono soggette a notevoli variazioni nel corso del tempo. Già nella giornata di ieri c'era stata una valutazione di possibile peggioramento che poi, per fortuna, è stata modificata nelle successive previsioni.
Riferisco adesso sugli interventi già attivati nella regione Campania per fronteggiare il dissesto idrogeologico. La regione Campania registra un triste primato in termini di quantità e diffusione dei dissesti geologici e si ritiene opportuno fornire un breve quadro dei fenomeni più recenti e dei relativi interventi.
A seguito degli interventi pluviometrici di novembre e dicembre 1996 e gennaio 1997 si sono verificati lungo i versanti numerosi gravi movimenti franosi e alluvionali nei reticoli idrografici del territorio di tutta la regione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 gennaio 1997 fu dichiarato lo stato di emergenza e con successiva ordinanza del ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile, in data 25 gennaio 1997, sono stati adottati i primi provvedimenti urgenti atti a fronteggiare la situazione di emergenza e i danni conseguenti ai dissesti idrogeologici di cui sopra.
In quella ordinanza il presidente della regione Campania è stato nominato commissario delegato per gli interventi infrastrutturali di emergenza e di prima sistemazione idrogeologica, con l'incarico di
avviare le attività progettuali finalizzate sia al riassetto idrogeologico complessivo delle aree danneggiate sia alla prevenzione di analoghi rischi futuri.
Con successiva ordinanza del 22 febbraio 1997 sono stati definiti i territori dei comuni più gravemente danneggiati dagli eventi meteorici; si tratta di ben 149 comuni, distribuiti fra le province di Avellino, di Benevento, di Caserta, di Napoli e di Salerno. Il commissario ha elaborato un piano di interventi di emergenza postevento, finalizzato a ripristinare la sicurezza delle aree danneggiate rispetto a situazioni di pericolo immediato conseguenti agli eventi franosi e alluvionali ed a ripristinare la funzionalità delle infrastrutture e delle opere di difesa del suolo, degli alvei e dei corsi d'acqua.
Contestualmente alla realizzazione dei primi interventi strutturali di emergenza, le aree danneggiate sono state assoggettate a misure di salvaguardia, che regolamentano l'uso delle aree danneggiate e quindi riducono potenziali danni futuri. Il piano è stato definitivamente approvato nell'ottobre 1997, con qualche mese di ritardo rispetto alle previsioni delle ordinanze, ed ha ricevuto l'assenso della protezione civile all'inizio del mese di novembre.
La prima parte del piano ha previsto una spesa di circa 31 miliardi 800 milioni per i seguenti interventi: sei interventi urgenti e prioritari, che sono già stati realizzati, messi in atto dal commissario delegato, necessari ad assicurare la transitabilità in sicurezza della strada statale n. 145 nel comune di Castellammare di Stabia, località Pozzano - tre interventi - e nei comuni di Lettere, Sant'Antonio Abate e Casola per un importo di oltre 4 miliardi; 57 interventi di emergenza attivati e in parte eseguiti da altre amministrazioni - province, consorzi di bonifica, genio civile e provveditorato alle opere pubbliche - per oltre 5 miliardi; 47 interventi da realizzare sotto l'alta sorveglianza della struttura commissariale mediante convenzioni stipulate con gli enti attuatori, individuati con un'ordinanza dello stesso commissario, per un importo di 9 miliardi; 79 interventi da realizzare direttamente dalla struttura commissariale utilizzando le professionalità presenti all'interno dell'amministrazione regionale, per un importo di 14 miliardi.
La prima parte del piano è in avanzata fase di attuazione e si è conclusa con la firma delle convenzioni sia con gli enti attuatori sia con i tecnici incaricati di redigere i progetti esecutivi. Il commissario non ha ancora acquisito la disponibilità della somma autorizzata per questa fase, in quanto rientrante nell'ambito di differenti riparti CIPE definitivamente approvati nel mese di marzo del corrente anno.
La seconda fase richiede necessariamente un'attività di programmazione che verifichi l'opportunità di interventi strutturali in base alla rilevanza del dissesto in relazione a centri e agglomerati urbani o infrastrutture di primaria importanza, escludendo aree interessate da case sparse e da infrastrutture secondarie o a destinazione agricola, alla convenienza economica della tipologia degli interventi strutturali prescelta.
In definitiva gli obiettivi principali della seconda fase del piano sono quelli di avviare - come ci auguriamo - una politica virtuosa di salvaguardia e regolamentazione delle aree a rischio di inondazione o di frana.
Un altro obiettivo è quello di dotare la regione Campania di un parco progetti e degli interventi organici di sistemazione idrogeologica dei versanti dei corsi d'acqua a grande rischio. A tale proposito occorre una precisazione: in base alla normativa attuale il dipartimento della protezione civile può intervenire solo dopo che il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza in una località. In questa zona stiamo cercando da vari anni di non limitarci, come avveniva in passato, alle indispensabili operazioni di soccorso e di superamento dell'emergenza, ma di cercare di realizzare piani di messa in sicurezza almeno delle località colpite. Noi non abbiamo competenze, né sulla base della legge attualmente in vigore ne potremmo esercitare, per concorrere alla redazione di un piano di bacino di carattere
generale sul territorio, perché queste sono competenze di altre strutture, delle autorità di bacino nazionali o delle autorità di bacino regionali. Da questo punto di vista occorre dire che si registrano preoccupanti ritardi in questa fase di attività soprattutto da parte delle regioni, ma non soltanto da parte di queste, perché anche per quanto riguarda le autorità di bacino nazionali va detto che alcune sono più avanti ed altre sono più indietro in questa fondamentale attività di pianificazione degli interventi.
Devo quindi dire che le aree interessate dagli interventi del gennaio 1997 risultano - con questa precisazione che ho fatto - diverse in gran parte da quelle oggi colpite, stando ai sopralluoghi effettuati; in presenza di questa limitazione nel varo dei progetti sistematici di prevenzione, quand'anche quegli interventi fossero stati effettuati, avrebbero inciso molto poco sulla situazione di pericolo verificatasi in questa circostanza.
In risposta ad alcuni quesiti posti dagli onorevoli interroganti, che si riferiscono allo stato di erogazione dei fondi stanziati a seguito di questi fenomeni nel 1997, preciso che la prima ordinanza ha assegnato 11 miliardi e mezzo, tutti sul fondo della protezione civile, in parte al presidente della regione commissario delegato, in parte alle prefetture per la gestione delle fasi dell'emergenza; questi fondi sono stati trasferiti interamente: una parte sono andati a coprire le spese di intervento dei vigili del fuoco.
Un'ordinanza del mese di febbraio ha stanziato complessivamente 23 miliardi e 850 milioni, 5 dei quali a carico del fondo della protezione civile, trasferiti al commissario delegato, ed altri tratti da stanziamenti regionali, che ovviamente il commissario ha utilizzato; altri 6 miliardi sono stati trasferiti dalla protezione civile alle prefetture delle zone interessate, oltre a 850 milioni trasferiti ai vigili del fuoco. Questa ordinanza prevedeva 10 miliardi da trasferire al commissario delegato sulla base della legge n. 85 del 1995, che sono stati ripartiti con la delibera del CIPE solo il 17 marzo di quest'anno.
Infine, l'ordinanza del 24 luglio 1997 ha previsto l'assegnazione complessiva di 53 miliardi e 500 milioni; i 500 milioni sono stati attribuiti alle prefetture dopo essere stati tratti dal fondo della protezione civile (sono fondi trasferiti), mentre i 53 miliardi - quale quota dell'assegnazione globale di 353 miliardi a favore della regione Campania di cui alla delibera CIPE del 18 dicembre 1996, che ripartiva i fondi della legge n. 641 del 1996 - sono stati ricompresi nel piano di ripartizione dei finanziamenti individuati dalla già menzionata recente delibera CIPE del 17 marzo 1998 e pertanto non ancora materialmente trasferiti.
Poiché qualche interrogante lo chiede, fornirò nel modo più sintetico possibile informazioni sull'attività che il dipartimento della protezione civile ha avviato, spesso in collaborazione con enti ed amministrazioni interessati nel corso degli ultimi anni in materia di interventi per la previsione e prevenzione del rischio idrogeologico.
Abbiamo attivato analisi e studi dei sistemi di preannuncio meteorologico ottenendo un significativo progresso, ma non siamo ancora all'optimum: se infatti riusciamo con buona precisione a prevedere gli eventi meteorologici su vasta area, siamo ancora privi di modelli specifici, che devono necessariamente tener conto delle caratteristiche orografiche del territorio nazionale. In alcune zone ciò è attuato per iniziativa delle regioni; siamo totalmente scoperti nell'Italia centro-meridionale e insulare.
Abbiamo avviato con tutte le strutture che fanno previsioni meteorologiche anche regionali convenzioni totalmente operative. Si è analizzato e studiato il monitoraggio radar meteorologico, promuovendo collaborazioni tra i servizi tecnici nazionali e le regioni. Anche qui registriamo un ritardo ed una fondamentale carenza di copertura di radar meteorologici nelle regioni meridionali: ce n'è uno solo in Sicilia, gestito dal servizio idrografico e mareografico, mentre tutte le altre regioni dell'Italia centro-meridionale ne sono totalmente sprovviste.
Sono stati studiati e predisposti meccanismi e direttive per lo studio degli effetti al suolo delle precipitazioni, d'intesa con il CNR, con il quale abbiamo una convenzione permanente di ricerca; ugualmente sono stati disposti meccanismi per migliorare la capacità di monitoraggio in tempo reale degli eventi estremi, però nelle condizioni di povertà della rete di osservazione che ho prima descritto. Sono stati altresì analizzati i sistemi di preannuncio idrogeologici e l'individuazione delle soglie di allarme pluviometrico. Ancora una volta, però, tutti questi interventi, ritenuti fondamentali al fine di migliorare il meccanismo di preavviso, di preallarme e di intervento, non possono poi essere resi operativi in mancanza degli strumenti di monitoraggio sul territorio.
Potrei leggere alcune pagine dedicate a questo argomento ma...
Il ministro dell'interno delegato al coordinamento della protezione civile ha presentato al Consiglio dei ministri, venerdì scorso, la dichiarazione dello stato di emergenza per le zone colpite, emanata con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Si sta adesso predisponendo un'ordinanza di protezione civile, con la quale verrà disposto l'impiego dei primi fondi straordinari stanziati per la gestione di emergenza, che ammontano a 50 miliardi di lire, il cui decreto di assegnazione al dipartimento della protezione civile è già stato emanato dal ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica. Su questa ordinanza dovremo riflettere (è questa la ragione per cui non è stata ancora emanata), per individuare un meccanismo che eviti le difficoltà incontrate dalla precedente ordinanza e consenta il più efficace funzionamento nella gestione di questi interventi. Penso comunque che nel giro di due giorni al massimo l'ordinanza verrà emanata.
Ricordo che le risorse disponibili verranno ripartite per le seguenti finalità: la copertura delle spese di prima emergenza ed assistenza immediata alle popolazioni colpite, chiunque le abbia disposte; l'avvio degli interventi urgenti di messa in sicurezza e ripristino del territorio danneggiato nonché di recupero delle infrastrutture pubbliche danneggiate (dalla viabilità, agli edifici, a fognature, acquedotti, eccetera) con contestuale predisposizione di un piano di interventi organici da elaborarsi con l'ausilio di tecnici esperti e che preveda in primo luogo il riassetto delle aree interessate al suo risanamento; la delimitazione delle aree a rischio da sottoporre a vincolo di inedificabilità.
Ho già riferito prima su un gruppo di tecnici del CNR già al lavoro proprio a questo scopo. Ovviamente una parte delle risorse sarà destinata ai primi interventi di sostegno materiale, alle famiglie rimaste senza tetto. In questo caso le procedure sono ormai consolidate, per cui le famiglie avranno diritto ad un contributo mensile fino a 600 mila lire per la ricerca di una sistemazione autonoma, mentre per quelle che non riusciranno a trovarla, la protezione civile provvederà a reperire un alloggio provvisorio. Ugualmente le attività produttive riceveranno contributi finalizzati alla rapida ripresa del processo produttivo. Per quanto riguarda gli edifici non danneggiati profondamente ma invasi di fango, sarà previsto un contributo, sia
per i privati sia per le attività produttive, affinché rapidamente possano ripristinare l'agibilità.
L'impiego di questi fondi verrà agevolato e velocizzato con la concessione di procedure accelerate e straordinarie. Poiché il Parlamento ha appena varato una legge per la ricostruzione in Umbria e nelle Marche, un articolo della quale è interamente dedicato proprio alle procedure accelerate, si tratta di riprendere tale articolo prevedendone l'applicazione anche a queste zone della regione Campania. L'ordinanza detterà disposizioni per l'accertamento dei danni e la definizione dell'intero programma di riassetto delle zone colpite. Una volta definito il fabbisogno complessivo con adeguata precisione ed affidabilità il Governo proporrà un ulteriore intervento per la ricostruzione totale e per la messa in sicurezza da effettuarsi con il ricorso ad uno strumento legislativo.
Si tratta di un meccanismo in due tempi che consente di perseguire alcuni obiettivi rilevanti: i finanziamenti erogati con le ordinanze a carico del fondo della protezione civile sono immediatamente spendibili e consentono di offrire i primi e concreti sostegni alle popolazioni colpite, nonché di consentire l'avvio degli interventi urgenti di messa in sicurezza del territorio. La definizione del fabbisogno finanziario complessivo viene elaborata con cura e senza gli errori che la fretta ha causato nel passato: abbiamo infatti assistito qualche volta a sovrastime clamorose (per esempio, nel caso dell'alluvione in Piemonte del 1994, per diversi settori di intervento; o, qualche volta, all'erogazione di fondi insufficienti, come in occasione del sisma che ha interessato il Lazio e l'Abruzzo nel 1984). Il percorso della ricostruzione viene necessariamente guidato dagli enti locali, che sono gli interlocutori più vicini alle esigenze delle popolazioni e titolari delle principali responsabilità in materia di gestione e tutela del territorio.
Il programma degli interventi sul territorio e sulle infrastrutture prevede tre fondamentali azioni di prevenzione strutturale del rischio: la messa in sicurezza dei bacini e dei costoni montani preventiva a qualsiasi opera di ricostruzione; il divieto di ricostruire nelle aree che saranno delimitate come a rischio, anche dopo gli interventi; lo spostamento e la rilocalizzazione dei fabbricati collocati in posizioni tali da creare ostacolo al deflusso delle acque o collocati in aree da sottoporre al vincolo per il rischio idrogeologico.
Come ho già detto, questo modello è stato sperimentato per la prima volta in occasione dell'alluvione che nell'estate del 1996 sconvolse l'alta Versilia, obbligando l'intera popolazione di alcune frazioni del comune di Stazzema ad abbandonare le proprie case. A poco meno di due anni dall'evento, il presidente della regione ha sottoposto sabato scorso all'apposito comitato il piano definitivo per la ricostruzione delle abitazioni danneggiate e per l'impiego dell'ultima tranche di finanziamenti assegnati. Il piano è stato elaborato mentre erano già stati completati gli interventi di messa in sicurezza sul bacino fluviale, di risanamento dei costoni e di risagomatura dell'alveo; premesse, queste, imprescindibili per una ricostruzione in piena sicurezza.
Come ho detto, questi interventi sono ad oggi completati.
Sono stati anche disposti interventi di trasferimento e di rilocalizzazione degli edifici privati ad uso produttivo collocati in posizioni tali da creare ostacolo al regolare riflusso delle acque. Ricordo che questa misura è stata avviata anche in Piemonte con gli interventi correttivi delle iniziali leggi di ricostruzione emanate a seguito dell'alluvione del novembre 1994.
Abbiamo intenzione di ripercorrere, con le opportune riflessioni che tengano conto delle caratteristiche locali, questo percorso: ordinanza di protezione civile, che ad ore verrà predisposta; e poi il provvedimento successivo.
Gli onorevoli deputati ricorderanno che, in occasione della conversione in legge del decreto-legge per la ricostruzione e l'avvio della ricostruzione nelle zone terremotate dell'Umbria e delle Marche,
una parte di questo provvedimento comprendeva interventi per la regione Calabria e per la regione Emilia-Romagna, che erano state interessate nell'ottobre del 1996 da eventi alluvionali o da terremoti. Anche in questo caso, gli eventi sono in fase avanzata e tutto ciò serve soltanto a dire che abbiamo intenzione di riproporre quel percorso.
Signor Presidente, onorevoli deputati, passo rapidamente alle conclusioni. Credo che siano necessarie alcune considerazioni generali sugli eventi e sulle loro conseguenze.
Che il dissesto del territorio nazionale e la necessità dell'avvio di concrete opere di riduzione del rischio idrogeologico debbano essere considerati una delle priorità dell'azione del Governo e del Parlamento, penso che sia ormai una questione definitivamente assodata. Passi in avanti ne sono stati fatti, ma sono troppo piccoli! L'ultima legge finanziaria, in un quadro di economie diffuse, ha aumentato, ma non ancora a sufficienza, i fondi disponibili a questo scopo.
Ricordo che il Parlamento ha dedicato e sta dedicando una grande attenzione a questo problema, in particolare attraverso il lavoro del Comitato bicamerale costituito per la revisione della legge n. 183 sulla difesa del suolo. Occorre però che consolidiamo tutto questo e che facciamo di più! Occorre inoltre che a tutti i livelli ci si impegni per una qualificazione di alto profilo della spesa sia approfittando di questi sia pur non rilevantissimi incrementi di risorse disponibili, sia mettendo a frutto i contributi che la comunità scientifica ha fornito e fornisce. Tale qualificazione deve prevedere al primo posto il criterio del rischio; una revisione dei programmi ordinari in corso in questo senso dovrà essere fatta con urgenza.
Il Parlamento è in possesso di tutti i dati sul dissesto idrogeologico presentati dalla protezione civile con la diffusione del progetto AVI del CNR. Un'azione congiunta in questa direzione non può più essere rinviata. Gli elementi di prevenzione contenuti nelle recenti disposizioni post-calamità devono divenire la regola dell'approccio al territorio e al suo risanamento affinché misure oggi applicate in porzioni molto limitate del nostro territorio si diffondano il più possibile e vengano sempre più percepite dagli italiani come necessità imprescindibile e come fattore discriminante per l'attribuzione del consenso ai propri amministratori locali e nazionali.
Segno di questa rinnovata sensibilità in materia ambientale deve essere un'urgente revisione della priorità di intervento, anche in relazione agli impegni assunti dal Governo in materia di occupazione. Uno sforzo esteso per la riqualificazione e la protezione del nostro territorio può offrire opportunità anche maggiori rispetto a taluni grandi progetti infrastrutturali. Il modello di riforma delineato dal recente decreto legislativo n. 112 va in questa direzione ed ha reso non più derogabile la scelta fatta sul modello di intervento. In esso vengono sancite ufficialmente le linee guida fino ad oggi applicate di fatto, anche se con omogeneità dal 1996. È definito e valorizzato il ruolo delle regioni e degli enti locali. Questo modello può funzionare solo se vi è un forte senso di responsabilità da parte di tutti i soggetti competenti. Questo è lo spirito che ci deve animare anche in queste tragiche ore.
Il Governo ha avviato un'approfondita riflessione sugli istituti che regolano la difesa del suolo e sulle conseguenti ottimali ristrutturazioni degli apparati ministeriali competenti. Questa discussione ha assunto anche toni accesi sui mezzi di informazione e forse sarebbe stato opportuno che non avvenisse, però credo che ciò vada colto nel senso che finalmente l'attenzione e la sensibilità su tali questioni è ormai a livelli altissimi. Non posso anticipare niente di questo lavoro; c'è un comitato di ministri incaricato di sottoporre in tempi brevi soluzioni e non appena il lavoro sarà concluso certamente verrà portato all'attenzione del Parlamento.
Un'ultima riflessione merita la funzionalità dell'apparato di intervento e di soccorso. Si può sempre fare di più e meglio di come si è fatto, ma ciò che deve
essere giudicato serenamente sono lo sforzo, la competenza, le professionalità impegnati. La tempestività della mobilitazione è stata testimoniata anche dalle immagini trasmesse dalla televisione. Ho già detto e lo ripeto che le colonne portanti del servizio nazionale della protezione civile, dai vigili del fuoco al volontariato, danno sempre più prova di valore e competenza (ovviamente comprese le forze armate e le forze dell'ordine). È nostro dovere offrire loro la possibilità di operare sempre meglio, con maggiore agilità ed efficacia.
Il Governo sta per sottoporre all'esame del Parlamento un disegno di legge di potenziamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, frutto di un lavoro approfondito e proficuo effettuato dall'amministrazione e dalla rappresentanza del personale. A favore del volontariato è stato avviato il formale iter approvativo di un regolamento operativo di gran lunga più rapido ed efficace di quello vigente.
Sulla riforma dei suoi apparati il Governo si è assunto un impegno solenne in occasione della prima conferenza nazionale sulla protezione civile e il servizio sociale dei vigili del fuoco, tenuta nel giugno scorso; lo ha ribadito in sede di Conferenza Stato-regioni e tale impegno sarà mantenuto con la presentazione, quanto prima, di un progetto di riordino e riforma delle strutture interessate che saprà raccogliere - ne sono certo perché questo processo l'ho avviato io stesso - anche i suggerimenti e i moniti che provengano non solo dagli alti interlocutori, regioni ed enti locali in primis, ma soprattutto dall'esperienza dei fatti, anche di quelli tragici degli ultimi giorni.
Una grande sfida che dobbiamo assolutamente vincere è quella delle reti di monitoraggio. A livello centrale e locale dovremmo urgentemente verificare programmi di adeguamento e potenziamento esistenti perché il livello di rischio del nostro paese ci impone uno sforzo straordinario in questa direzione.
Il ruolo dei servizi tecnici statali e regionali deve essere esaltato al massimo e reso autonomo. Non possiamo dimenticarci che il livello di rischio nel nostro paese è altissimo anche in campo sismico, vulcanico, chimico e industriale. I dati numerici sulla popolazione esposta ai vari rischi non ci consentono di perdere neppure un istante. Il livello conoscitivo è tale per cui avremmo un numero ricorrente infinito di quelle che in questi giorni sono state chiamate le catastrofi annunciate. Ogni occasione deve essere colta ed il circolo virtuoso che è stato imboccato nei percorsi di ricostruzione intrapresi negli ultimissimi anni deve allargarsi a macchia, penetrare il più possibile della programmazione ordinaria, nella spesa ordinaria, nella cultura degli amministratori ma anche in quella dei cittadini.
Ai mezzi di informazione rivolgo l'invito di stimolarci tutti a fare sempre per il meglio, sottolineando che questo non significa necessariamente fomentare le risse e scatenarsi in una forsennata quanto intempestiva caccia ai presunti colpevoli, altrimenti corriamo il rischio che un appello sacrosanto - sviluppiamo la coscienza sull'uso del territorio a tutti i livelli -, urgentissimo ed attuale, diventi uno stanco ritornello qualunquista. Si tratta di un salto di qualità che come collettività nazionale - ripeto, collettività nazionale, dal Governo ai sindaci - non abbiamo ancora compiuto. Non possiamo permetterci di trasformare quell'appello in una lamentela generalizzata, aleatoria come tante altre, che dura lo spazio di qualche settimana.
Qualcuno ha osservato che è triste trovarsi a dire le stesse cose a distanza di relativamente poco tempo. Io credo che le cose che stiamo dicendo non siano proprio le stesse di qualche tempo fa e che le verifiche ognuno debba farle con le proprie responsabilità e con le proprie forze.
non può fare a meno di valutare la figura del sottosegretario Barberi, la sua competenza e la sua puntualità per quanto riguarda anche l'intervento odierno. Non può però neanche fare a meno di rilevare l'assenza dei ministri, soprattutto dell'ambiente, dei lavori pubblici e dell'interno. Sappiamo che questa mattina Napolitano è al Senato a rispondere alle interrogazioni sulla fuga di Gelli, che è certamente imbarazzante e pericolosa. Ci sono però tragedie che vanno al di là e le popolazioni coinvolte vogliono anche dei segnali politici formali: era perciò importante avere oggi la presenza del Governo. Non vorremmo, così come è stato ricordato dall'onorevole Manzione e da altri colleghi, anche della maggioranza, che questa tragedia fosse subordinata a quelle che possono essere le lotte all'interno della maggioranza. Quindi, un segnale formale in questo inizio di dibattito su un tema così delicato avrebbe dovuto rendere necessaria la presenza dei ministri competenti.
Passiamo ora agli interventi in replica alle interpellanze ed alle interrogazioni.
Ha facoltà di parlare l'onorevole De Simone.
Io credo che l'argomento alla nostra attenzione vada affrontato con il coraggio della verità e la verità è che a gennaio 1997, come ha ricordato il sottosegretario Barberi, un movimento franoso ha investito queste montagne. Nel gennaio 1997 una frana pericolosissima ha investito la montagna di Quindici dal versante di Moschiano ed ha abbattuto l'unica strada provinciale di collegamento tra il vallo di Lauro ed Avellino. Siamo al maggio 1998: quella strada non è stata ripristinata e nessun intervento è stato fatto sulla frana.
La verità è che nel novembre 1997 un fiume di fango, provocato da un acquazzone, ha investito ed ucciso una donna incinta di cinque mesi, Anna Vecchione, mentre parcheggiava la macchina nel suo garage. Io stessa presentai un'interpellanza, che è agli atti, in data 24 novembre 1997. Quindi quanto è accaduto il 5 maggio, soprattutto a Quindici, è un disastro che ci fa tremare perché era largamente previsto e prevedibile.
Secondo la stessa dichiarazione del sottosegretario Barberi, il primo movimento franoso si è avuto a Sarno alle 16,30 del 5 maggio, ma a mezzanotte la gente era ancora nelle case. Perché il comune non è stato evacuato in quello spazio di tempo? Questa è la verità che dobbiamo dirci!
La verità, però, è anche un'altra: il disastro - sono 135 i morti già seppelliti e qualche centinaio o ancora di più sono i cadaveri induriti sotto la creta - non riguarda il Mezzogiorno e la Campania, ma una zona del Mezzogiorno e della Campania che geograficamente e politicamente non è mai all'attenzione nazionale. Non riguarda Napoli, non riguarda l'alta Irpinia, non riguarda Avellino città, né la costiera salernitana e neppure la famosissima costiera Amalfitana. No, si tratta di quella maledetta fascia di confine che non appartiene né ad Avellino, né a Napoli, né a Salerno e di cui non si interessa mai nessuno! Io ho cercato in tutti i modi di sollecitare l'interesse per questa zona. Ora, comunque, non possiamo assolutamente occultare i dati di cui disponiamo.
Perché lo dico? Non per polemica o per fare a scaricabarile, ma perché per la prima volta bisogna dire che c'è una marcia in meno - perfino in questo
dibattito - rispetto all'Umbria e alle Marche. È una marcia in meno che va immediatamente superata.
Vorrei soffermarmi anche sulla notizia preannunciata ieri da Prodi della nomina a commissario straordinario del presidente della giunta regionale campana. Vi garantisco che non vi è alcuna riserva nei confronti della persona o della prassi che è stata seguita. Voglio però far presente che la nomina del presidente della giunta regionale a commissario straordinario è già avvenuta nel gennaio 1997: egli ha predisposto progetti, ma non è riuscito a far realizzare le gare di appalto. I Regi Lagni, cioè l'unico sistema di incanalamento delle acque e fognario della zona, costruito dai Borboni, furono occlusi dall'alluvione del novembre 1997 e risultano tuttora occlusi. Chiediamo allora che intervenga l'esercito per liberarli e per rimetterli in funzione.
Vi è una macchina burocratica inefficiente e vi è un disastro dovuto ad un'incuria di decenni: certo, non si è prodotto negli ultimi due anni, ma oggi noi siamo chiamati a farvi fronte e non possiamo ripetere un iter che si è rivelato inefficace. Bisogna misurare tutto con il metro dell'efficacia!
Occorre poi chiedersi cosa succederà con la prossima pioggia: questo è l'interrogativo drammatico che dobbiamo porci. I Regi Lagni sono occlusi ed il fiume di fango è lì. Vi assicuro, peraltro, che l'acquazzone che c'è stato non è stato di proporzioni colossali. Come metterci allora immediatamente al riparo da questo rischio? Non mi pare che alla domanda siano state fornite risposte adeguate.
Su Il Mattino di oggi leggo in prima pagina un grande titolone con il quale si annuncia che i comuni a rischio sarebbero 230: mi scuserete, ma questo mi fa ricordare - ho l'obbligo di dirlo - la tragica vicenda maturata in poche ore all'indomani del terremoto del 23 novembre 1980. Allora il disastro riguardò un'area vasta di 200 comuni, che però in qualche ora lievitarono fin quasi a 700!
Desidero lanciare un allarme: cosa significa che i comuni interessati da cinque diventano 230? Su questo pericolo esprimo la preoccupazione mia personale e del gruppo al quale appartengo.
Non bisogna, inoltre, fare un errore: esportare nel Mezzogiorno modelli preconfenzionati per altri disastri e per altre aree; un tentativo che è stato costantemente compiuto e che è sempre fallito. Al contrario, bisogna studiare il luogo e servirsi delle persone che hanno lì operato, anche con atti di eroismo. Queste persone non sono più disponibili ad essere «risucchiate» nella vecchia politica delle mance e dell'assistenzialismo miope e corruttore. Basta con le collette: dobbiamo smettere di pensare che dando un po' di soldi ai sopravvissuti il problema è risolto. Lì c'è bisogno di sviluppo, di civiltà, di aprire ai giovani un futuro di lavoro dignitoso. Basta con le mance, basta con l'assistenzialismo! Non esportiamo modelli estranei, ma cominciamo a delineare un'etica della politica, per un Mezzogiorno che nella sciagura e nella disgrazia accompagnando i morti ha rivelato una grandissima dignità ed un grande amore per sé. Questo Mezzogiorno può rinascere soltanto con una politica diversa di 180 gradi rispetto a quella che abbiamo conosciuto negli ultimi cinquant'anni, che ci ha portato al dissesto ed allo sfascio del territorio (Applausi).
Non vorremmo che alla fine di questa fase di emergenza si passasse alla fase di emergenza cronica e perenne.
Sono un testimone oculare del disastro che si è abbattuto in Campania sui comuni di Siano, Bracigliano, Quindici e Sarno (la città più popolosa, 32 mila abitanti, e la più colpita; la mia città di nascita e di residenza).
Come ha fatto rilevare il sottosegretario Barberi vi sono complessivamente 135 deceduti, con un indefinito numero di dispersi, più di 100 ricoverati nei vari nosocomi dell'agro sarnese-nocerino, oltre duemila sfollati. Il tributo più pesante è stato pagato da Sarno, con circa 115 morti. Davanti ai nostri morti, davanti ai travolti dal fango che tuttora si cerca di recuperare, davanti a chi ha perduto tutto quello che possedeva oltre al bene più caro, si è assistito in questi giorni ad una serie di accuse e di proteste contro chi poteva prevenire il disastro. Come sempre accade in simili occasioni, è iniziato il balletto sulle responsabilità: si è aperta una polemica - che tuttora leggiamo sui giornali - sul o sui responsabili che devono pagare.
Credo che in momenti così amari - e specialmente nella fase in cui ancora si stanno contando i morti - su ogni altro sentimento dovrebbe prevalere la vera fraterna solidarietà; dovrebbero prevalere in tutti il massimo impegno e la massima concentrazione delle energie fisiche ed organizzative per le comunità colpite, per il lenimento delle loro sofferenze, per il rapido accertamento delle conseguenze dell'evento e per l'altrettanto rapido, concreto e sicuro avvio delle procedure di effettiva ricostruzione per il ritorno alla normalità.
Non di meno, però, è nostro dovere l'accertamento rigoroso e trasparente delle responsabilità, nonché l'analisi delle carenze e degli errori, anche al fine di rimediarvi e di scongiurare che in futuro altri eventi funestino non soltanto la Campania, ma tutta la nostra penisola.
Sommergere di polemiche questa tragedia - ho letto, ed è giusto - è meschino. Questo evento ha provocato un terremoto nella nostra zona ed anche, da quello che si è visto l'altro ieri, nella maggioranza di Governo per le attribuzioni, gli incarichi e le competenze per la tutela del territorio. E questo evento rappresenta anche l'inizio di un dibattito importante in quest'Assemblea, dibattito critico, altresì già iniziato, tra il ministro dell'ambiente ed il ministro dei lavori pubblici. Però, in questa sede, come ho fatto in altre sedi, devo dare atto al sottosegretario Barberi della dirittura morale, della capacità operativa e dell'onestà intellettuale, che abbiamo apprezzato molto.
Vi siete mai chiesti, colleghi, se i paesi colpiti abbiano dei piani regolatori, delle mappe di rischio? Certo, lo sviluppo distruttivo di questi anni ha fatto la sua parte, come la fa il terreno argilloso di alcune aree interessate, che non riesce a trattenere lunghe piogge, come la fa l'assenza, ormai, di una sana agricoltura; un'attività di pianificazione e di riequilibrio dell'assetto territoriale avrebbe posto rimedio a molte questioni, ma le leggi di tutela del territorio, come la n. 142 del 1990 e la legge del 1989, che istituiva le unità di bacino, sono tuttora disattese. E voglio rammentare a me stesso, anche per gli attacchi che sono stati fatti al presidente della regione Campania, commissario straordinario del Governo, anche il ritardo con cui si erogano i fondi del CIPE deliberati per fronteggiare il dissesto idrogeologico (ricorderò ancora una volta al Governo la sollecitazione, non accettata, di finanza aggiuntiva in favore della Campania quando decise di attribuire dei fondi che il CIPE aveva già messo a disposizione della regione Campania per altre finalità).
Credo, cari colleghi, che senza impegni finanziari adeguati, come ha evidenziato anche il sottosegretario, senza «soldoni», senza risorse, senza potere non sia possibile programmare nulla, né dare inizio ai lavori per il recupero del dissesto ambientale presente su tutto il nostro territorio. Non soltanto non è possibile fare ciò, ma non è possibile neanche dotarsi di sistemi di monitoraggio adeguati, né avere capacità di prevedere
temporalmente l'evento pericoloso di rischio idrogeologico, in modo da adottare elementari misure di salvaguardia e di messa in sicurezza dei cittadini. I 4 mila miliardi stanziati per il Mezzogiorno e per le aree depresse del centro-nord non sono mai stati resi disponibili dal Tesoro in questi ultimi tre anni, e si pretende poi prevenzione dai fenomeni calamitosi! Siamo senza un'adeguata copertura di radar metereologici, che sono, attualmente, in numero accettabile nell'Italia settentrionale e in parte di quella centrale, ma sono totalmente assenti o comunque completamente insufficienti nell'Italia meridionale ed insulare.
Questa è la situazione, il punto nodale: la grande azione di disattenzione che si continua a perpetrare nei confronti del Mezzogiorno, che riguarda anche quello che poteva e che può essere fatto per difendere il proprio suolo. È proprio questo il punto: interventi del Governo spesso assolutamente insufficienti, assenza completa di programmazione e di finanziamenti per il recupero del territorio. L'Italia europea, l'Italia dei libri contabili, dei conti dello Stato in ordine, del nord-est ricco, della magnificazione del primo Governo dell'Ulivo; l'Italia di tutto ciò deve guardarsi indietro, deve guardare a Sarno, a Siano, a Bracigliano e agli altri paesi disastrati, affinché alle promesse di questi giorni seguano i fatti per sollevare i cittadini in ginocchio, cittadini che hanno dimostrato dignità, compostezza, nel piangere i propri cari, senza rassegnazione.
Sarno non è sinonimo di camorra - e con ciò non intendo aprire una polemica con i giornalisti o comunque con chi ha detto cose del genere - e neppure di delinquenza: è una cittadina operosa e dignitosa, dalla grande tradizione di civiltà contadina.
Un «grazie» è comunque doveroso per tutti coloro che si sono impegnati in questi giorni nel tentativo di limitare le conseguenze dei drammatici eventi. Penso in particolare a chi ha dato la propria vita per salvare gli altri.
Quello dell'agro Sarnese-Nocerino è un popolo combattivo che non chiede allo Stato solidarietà, ma pretende quanto gli spetta: interventi certi e risorse ed impegni finanziari destinati, senza il minimo ritardo, al superamento dell'emergenza ed alla ricostruzione per la rinascita del territorio. Ritengo che questa sia l'esigenza primaria per migliaia di miei concittadini ancora nel fango; un impegno indifferibile per una classe dirigente che si misurerà con la propria coscienza e con la storia. Fatti, signor sottosegretario. La gente della mia terra vuole fatti e non promesse. Vorremmo che venissero elencati e poi sottoscritti (Applausi).
Quei 135 morti accertati, signor sottosegretario, sono il prezzo che alcune comunità hanno pagato. E noi, in questo momento, dobbiamo chiederci per quale motivo tale prezzo è stato pagato e se poteva essere evitato. È un prezzo pagato all'incapacità di impostare una corretta politica del territorio - l'ha detto anche lei - ma secondo me, se dobbiamo in questa fase ricercare le ragioni anche politiche degli accadimenti, non possiamo non rivelare che si tratta di un prezzo che nasce da una compressione della tesoreria che ha determinato una riduzione della spesa per investimenti anche di prevenzione dal rischio ambientale. Basterebbe questo? È anche il prezzo pagato ad una
organizzazione di primo intervento che - mi si consenta - per quanto ho avuto modo di verificare, al di là della bravura dei singoli che sono stati tutti eccezionali, si è dimostrata complessivamente inefficace.
Quando si verificano fenomeni come quelli di cui ci occupiamo, non possiamo non considerare che un intervento capace di salvare vite umane va «bruciato» nelle prime quarantotto ore. Tutto quello che si fa dopo, a parte alcuni miracoli - e mi riferisco a quel ragazzo, che mi pare si chiami Roberto Robustelli, di Sarno, che è riuscito a sopravvivere assistito dalla fortuna o da quant'altro - non serve a salvare vite umane. Ed in questa fase noi dobbiamo operare una prima ricognizione per verificare se è stato fatto quanto poteva essere fatto. Ha ragione la collega De Simone: anche il tono della polemica è troppo etereo, non si coglie, non si avverte, quasi che questo disastro fosse di serie B.
Quando nel 1994 si verificò l'alluvione del Piemonte un collega della sinistra diceva: «Non si può impedire alla pioggia di cadere in quantità così spaventose, ma sicuramente si può evitare che ogni precipitazione al di sopra delle medie stagionali si trasformi in una tragedia, quello che in effetti è successo. E di fronte a queste drammatiche immagini è triste verificare quelle dichiarazioni del Governo, con le loro goffe e grottesche capacità di trasudare non solo faziosità, ma anche ignoranza».
C'era un clima molto forte, molto aspro, ma c'era un Governo. Erano dichiarazioni che esponenti della sinistra rendevano in quest'aula nel 1994, quasi a voler fare in modo che ci fosse uno scontro aspro e forte rispetto ad accadimenti che si erano ormai verificati. Questo non c'è ed io mi lamento che non accada, perché esiste una totale incapacità nel non considerare il fenomeno.
Signor sottosegretario, lei ha notato che all'inizio della seduta ho richiesto la presenza del ministro Napolitano, ma quel che devo verificare è che in aula siamo 17 parlamentari e non c'è nessun componente del Governo che renda onore a quelle vittime! Signor sottosegretario, mi riferisco al Governo: il banco del Governo è totalmente vuoto! Così come è stato assente lo Stato, il Governo rispetto alla capacità di intervenire nell'immediatezza.
Come dicevo prima, in questi casi - parliamo di frane e di fiumi di fango e non di terremoto - c'è una sola possibilità di intervenire ed è quella di farlo nell'immediato. Lei diceva che i soccorsi sono stati immediati: già alle 17,30 a Sarno - ci riferiamo a questa cittadina perché è quella che è stata maggiormente colpita - c'era l'intervento dei vigili del fuoco. E come è possibile che dalle 17,30 fino alle 20,30, quando c'è stata la frana più corposa, non sia stato disposto in qualche modo l'allontanamento delle persone? Questo è un dato sul quale dobbiamo riflettere. Do atto ai vigili del fuoco di essere intervenuti a livello personale in modo encomiabile, ma a livello complessivo e di organizzazione in maniera disastrosa, perché a nulla serve un intervento di quel tipo se non ha la capacità anche di prevenire. I disastri, signor sottosegretario, devono essere previsti ed evitati. Questa capacità non c'è stata e questa considerazione, essendo venuta pure dai banchi della sinistra, le dovrebbe dimostrare che non c'è una faziosità preconcetta che la determina, ma essa viene ricavata da un dato reale.
E mi permetto di far presente ai colleghi che magari non conoscono i posti che la situazione geografica di Sarno è molto particolare. Alle spalle della città c'è il monte Saro, dal quale sono venute giù le frane, e poi al di sotto di questo monte c'è una piccola collina, la collina di Saretto. Ebbene, questa collina è quella che ha contenuto tutta l'ondata di fango e nello stesso tempo l'ha indirizzata verso le due frazioni marginali di Sarno, Episcopio e Lavorate. Era allora possibile prevedere in maniera certa che quelle sarebbero state le due località interessate. Questo è il primo quesito.
E vengo al secondo quesito, signor sottosegretario (sono quesiti ai quali purtroppo lei non ha risposto in maniera
soddisfacente). Risulta a noi direttamente che vi è stata la capacità di allertare immediatamente la prefettura - mi riferisco alle 20,30, quando c'è stata la grande ondata, la seconda - ma che l'unico tipo di intervento possibile in quella fase, premesso che non c'era stata la capacità tecnica di prevenire il disastro, era quello attraverso gli elicotteri. Lei sa, signor sottosegretario, che in quell'immediatezza il nostro sistema ha funzionato così male che è arrivato un primo elicottero, ma non aveva un faro sufficiente per poter agire in quelle condizioni climatiche a quell'ora di notte, che è arrivato un secondo elicottero, che ha cominciato a lavorare verso mezzanotte ed ha sì salvato moltissime vite umane, ma che alle 2 di notte è dovuto tornare a Napoli per fare rifornimento e tutto è ripreso alle 5! Non alzi le spalle, signor sottosegretario, perché non è possibile non prevedere una possibilità di rifornimento in loco! Non è possibile non prevedere l'intervento di due, quattro, cinque elicotteri in quella fase, nella quale comunque si possono salvare delle vite umane! Non è possibile, a meno che non si faccia un'analisi costi-benefici rispetto a quanto valga una vita umana nei confronti di un certo tipo di impegno.
Se questo è, non posso che dichiararle la mia profonda insoddisfazione (Applausi dei deputati dei gruppi per l'UDR-CDU/CDR e di alleanza nazionale).
Lei ha avuto occasione di dire più volte che si trattava di una strage annunciata, una strage non prevista, anche se mi sembra che la collega De Simone abbia chiaramente illustrato il perché non si possa parlare in questi termini (soprattutto con riferimento al fatto che essa non fosse prevista).
Vorrei però sottolineare un altro aspetto che è molto importate, quello secondo il quale (purtroppo lei lo ha dimostrato chiaramente in aula, non dicendo tante cose) qui non c'è una politica del Governo di lungo periodo per quanto riguarda la prevenzione del rischio idrogeologico. Dobbiamo anche dire che manca una cultura dell'emergenza e che molto spesso abbiamo lasciato soli ed abbandonati i volontari della protezione civile (peraltro lei stesso l'ha sottolineato in più di una circostanza).
Voglio soprattutto denunciare che siamo in presenza di un Governo e di una maggioranza che sono senza una politica ambientale e del territorio. Debbo dire che la Campania ha spento un po' quelli che sono stati i bagliori delle autocelebrazioni dell'euro e sotto il parametro di Maastricht (che abbiamo ottenuto solo con le tasse) non c'è nulla! Vi è invece uno spettacolo desolante ed è sufficiente leggere i giornali di stamane. Di fronte all'emergenza il Governo va subito in difficoltà e dimostra di non avere una politica condivisa all'interno della maggioranza. Ciò è dimostrabile «fisicamente» anche oggi! Ho l'impressione che lei venga lasciato solo, a pensare che questo sia un problema che riguardi soltanto la protezione civile, mentre qui ci sarebbe voluta la presenza del Presidente del Consiglio, dei ministri dei lavori pubblici, dell'ambiente e dell'interno. Invece dai giornali traspare che purtroppo si usa strumentalmente questa disgrazia per una regolazione di assetti di poteri all'interno della maggioranza e del Governo. Ritengo che ciò sia assolutamente inaccettabile.
C'è bisogno, a mio avviso, di costruire una politica ambientale e del territorio di questo paese, per il grave e generalizzato rischio di dissesto idrogeologico. Per fare questo c'è bisogno però della collaborazione di tutti; c'è una responsabilità politica della maggioranza e del Governo
anche perché la maggioranza ed il Governo si sono sempre dichiarati autosufficienti nel blindare i provvedimenti, nell'impedire delle discussioni in aula, nel creare una coscienza collettiva su questo tipo di problemi. Per fare questo è necessario che voi finiate di pensare che solo a voi appartenga una cultura ambientalista.
Vorrei riferirmi alla situazione in Toscana...
Nel dare la disponibilità a concorrere a risolvere l'emergenza con la nostra responsabilità di gruppo parlamentare e soprattutto nel dare la disponibilità per istruire finalmente una politica geoterritoriale ed idrogeologica di questo territorio, richiamo nuovamente la responsabilità della maggioranza e del Governo che purtroppo, lo ripeto, ha dimostrato oggi, in aula, soltanto la sua assenza.
Bisogna tradurre in atti operativi la nostra vicinanza ai bisogni di queste popolazioni così duramente colpite. Sono quindi necessari atti concreti, azioni coraggiose e determinazione dal punto di vista operativo, in modo da non affrontare solo i problemi contingenti, ma anche quelli inerenti alla realizzazione delle infrastrutture necessarie per difendere e tutelare queste popolazioni dall'attacco degli eventi calamitosi, come sosteneva nella sua relazione, ponderosa, dettagliata e motivata scientificamente il sottosegretario Barberi. Proprio per la sobrietà e per la dignità che ha dimostrato nei vari interventi effettuati rispetto agli eventi calamitosi, ritengo che il sottosegretario rappresenti pienamente il Governo. A fronte di situazioni come queste, non ci si deve ancorare ad aspetti formali, ma si deve tener conto della competenza, della disponibilità, dell'impegno che viene profuso. Ebbene, se si tiene conto di tali elementi, ci si rende conto che il sottosegretario ha rappresentato a pieno titolo il Governo.
È indubbio che problemi di tale gravità non possono essere risolti in breve tempo. Occorre cambiare radicalmente la nostra visuale, caro sottosegretario, non sul piano della conoscenza tecnico-scientifica, rispetto al quale mi pare il nostro paese sia giunto a livelli notevoli, bensì sul piano delle scelte politiche da operare.
Da una analisi della situazione emerge un primo dato: l'insufficienza e la non attuabilità della legge n. 183. Le autorità di bacino sono soltanto delle strutture burocratiche di governo del territorio, che non sono in grado di incidere profondamente sullo stesso.
Vorrei però soffermarmi anche sulle funzioni delle autorità regionali. Si parla tanto di federalismo e di responsabilità da gestire sul territorio, ma va detto che talvolta le autorità regionali non sono all'altezza della situazione. Non condivido appieno la scelta del Governo del Presidente Prodi, del Consiglio dei ministri, di affidare con una ulteriore ordinanza il potere gestionale, di guida e di progettualità al presidente della regione, che amabilmente si lascia chiamare il «governatore della regione Campania». Non si tratta di una polemica di carattere personale, però devo dire che gli organismi regionali - e non mi riferisco solo alla nostra regione - non sempre sono adeguati
alle responsabilità di cui devono farsi carico ed ai compiti che istituzionalmente spetta loro assolvere.
Più che scagliarsi contro il Governo, come sosteneva qualcuno, ognuno dovrebbe tener presente quali siano le proprie responsabilità. Mi rivolgono anche a quei parlamentari che ricoprono delle cariche nell'ambito del governo regionale, perché avvertiamo quante difficoltà incontri questo organismo nel far fronte ai problemi del territorio.
Siamo privi di un piano di assetto territoriale della regione Campania, che non è soltanto un piano di stabilizzazione delle esigenze dei residenti, ma riguarda anche le valutazioni dei rischi e dei disagi che il territorio presenta dal punto di vista geomorfologico. Non servono leggi nazionali, basta che vi sia una volontà politica per fare in modo che, prima di operare delle scelte sul terreno regionale, ci sia un piano di assetto della regione Campania nel suo complesso, nonché di altre regioni del nostro paese. Non serve rifarsi ad una legislazione o ad un'altra, perché ci sono antichissime e consolidate legislazioni che prevedono un ruolo decisivo dell'istituto regionale in materia, prima ancora che venga invocato miracolisticamente l'intervento nazionale.
Concordo con quanto diceva in precedenza il collega Rizzo, che ha vissuto e vive i problemi della zona, in quanto appartiene alla realtà sarnese. A quella comunità dobbiamo stare vicini non solo in questo momento, prendendo atto che si è trattato di un popolo generoso nel pazientare e sopportare grandi calamità che si sono verificate. Piuttosto che lamentarci del Mezzogiorno e dell'hinterland napoletano dobbiamo prendere atto che c'è una consapevolezza dei nostri concittadini nell'affrontare questi problemi devastanti.
Occorre, sottosegretario, richiamarsi alla legge votata dal Parlamento per un'azione di rinnovata novella, in modo da estendere tutte le provvidenze previste per le popolazioni colpite dal sisma in Umbria e nelle Marche, e dai fenomeni alluvionali verificatisi in altre zone, a questa realtà del Salernitano.
La difesa dell'ambiente non deve essere un tema episodico all'interno del DPEF ma una scelta strategica da definire in un'apposita risoluzione, tutta volta alla difesa e alla tutela dell'ambiente, per fare poi le scelte coraggiose che ci attendiamo da parte del Governo con la finanziaria e i provvedimenti collegati alla medesima, in modo che quest'area possa superare le difficoltà del momento ed avviare quel processo di rinascita e di ricostruzione che lei opportunamente metteva in evidenza.
La ringrazio molto, sottosegretario Barberi, perché è stato corretto come al solito ed ha consentito alle forze politiche di formulare le proprie analisi per affrontare nelle sedi competenti le argomentazioni che interessano in modo particolare i nostri concittadini dell'area sarnese.
Il Parlamento esprime pienamente queste solidarietà e siamo vicini con sentimenti di ringraziamento a tutti gli operatori che stanno svolgendo l'attività di soccorso, ai civili, ai militari, ai mille e più volontari.
Di fronte a questo evento catastrofico, non dobbiamo mettere in dubbio però i passi positivi compiuti verso una moderna protezione civile nel nostro paese. Dobbiamo avere il coraggio, anche nel momento in cui le scelte fatte sembrano vacillare, di proseguire verso la riorganizzazione della protezione civile, come il
professor Barberi spesso ci ha detto e come ha proposto nelle sedi competenti del Governo, ed in modo particolare nell'importante occasione dell'ultima conferenza nazionale tenutasi l'anno scorso in merito proprio a questo tema.
Non penso che si debbano mettere in discussione le scelte del Parlamento, che ha approvato la legge cosiddetta Bassanini 1. Sono un autonomista convinto ed un vecchio amministratore locale e penso si debba procedere verso il decentramento di poteri e di funzioni. Ma su una scelta di questa portata deve anche crescere la consapevolezza delle aumentate responsabilità delle nuove figure di titolari dei poteri. L'elenco spietato che abbiamo letto sui giornali, e che in parte oggi anche il rappresentante del Governo ci ha ricordato, relativo alle omissioni e alle responsabilità di carattere politico del nostro paese compiute da chi ne ha competenza, è lungo ed estremamente preoccupante.
Siamo in presenza di leggi inattuate, non rispettate, eluse da parte degli enti locali e delle stesse regioni. Mi riferisco a tutte le regioni e non solo alla Campania, perché sarebbe pretestuoso addossare responsabilità a chi in questo momento governa la regione Campania, anche perché le inchieste amministrative individueranno le singole responsabilità. So per certo, però, che moltissime regioni non hanno ancora redatto i piani, non hanno insediato le autorità di bacino e quindi non possono utilizzare i fondi né hanno creato gli strumenti di controllo.
Essendo stato assessore alla protezione civile del Veneto, dove invece tutto questo esiste, so bene che non esiste una rete pluviometrica. Io invece mi onoro di aver diretto un assessorato che, quanto ad efficienza, può essere preso ad esempio. Siamo in presenza di opere di dissesto operate dall'uomo con la complicità e la responsabilità degli enti locali, di costruzioni abusive, di luoghi resi inidonei, di urbanizzazioni operate a larga scala, di strade che divengono torrenti o fiumi privi di controllo a seguito di precipitazioni non sempre eccezionali. Eventi fisici di questo genere, con effetti catastrofici, esistono da sempre e quindi non dobbiamo stupirci.
Io provengo dalla zona del Vajont e quindi da una regione che purtroppo precede largamente la Campania quanto a disastri e vittime a seguito di fenomeni di dissesto idrogeologico. Bisogna convivere intelligentemente, in maniera culturalmente elevata, con catastrofi annunciate. So bene come oggi vivano quelle popolazioni, ma il fatto che il contributo di vittime sia sempre tanto alto offende ogni buon senso, specie in prossimità del terzo millennio. Dobbiamo dunque attuare una nuova cultura verso l'ambiente e verso un sistema moderno di protezione civile, una politica efficace di prevenzione su larga scala ed uno sforzo straordinario per creare un'efficiente rete di monitoraggio, senza la quale in situazioni di emergenza si è totalmente ciechi. Alcuni interventi critici di qualche collega o esasperati di taluni rappresentanti degli enti locali sono certamente il frutto della cecità di chi ha operato in emergenza. Mi rivolgo a chi ha maggiore responsabilità politica in questo momento ricordando che è giusto riformare ciò che non va e modificare le strutture ministeriali purché ciò avvenga nell'ottica di una cultura di governo più elevata, ben diversa da quella manifestata in queste ore, forse a causa della fretta e della voglia di allontanarsi dalle responsabilità.
Ho apprezzato molto i toni dei colleghi che mi hanno preceduto, in particolare della collega De Simone, che è parlamentare della valle di Lauro, del collega Izzo, parlamentare dell'area di Sarno. Sento anch'io che il nostro primo dovere - che avverto da parte di tutti noi e che è stato già evidenziato con commossa partecipazione domenica scorsa a Sarno dal Presidente della Repubblica - sia oggi ancora quello di esprimere il più sincero cordoglio per le vittime e la più affettuosa solidarietà alle famiglie di quanti hanno perduto la vita e di quanti risultano tuttora dispersi.
Domenica scorsa abbiamo assistito ad una grande prova di dignità e di compostezza delle genti meridionali. Una prova che merita considerazione e rispetto da quanti nel nostro paese ed al di fuori di esso hanno avuto modo di seguire quella lunga catena di dolore che da Sarno è entrata nelle case di milioni di famiglie attraverso le immagini trasmesse dalle televisioni.
Professor Barberi, dobbiamo però rilevare che in questa settimana abbiamo assistito anche a tante negligenze ed a tanti colpevoli ritardi! Ed è proprio nel rispetto di quei morti, perché errori simili non si debbano più ripetere, che tutte le inadeguatezze debbono essere evidenziate, conosciute e perseguite. Ho parlato di «inadeguatezze» e non di responsabilità; e non a caso, perché non è mia e non è nostra intenzione oggi attribuire responsabilità: non è il tempo di cercare capri espiatori! Questa è invece una discussione che dobbiamo svolgere compiutamente ad emergenza conclusa, perché oggi occorre ancora concentrare tutti gli sforzi per scavare nel fango, per liberare eventuali corpi imprigionati e dare ad essi degna sepoltura così da affrancare dall'angoscia i familiari dei dispersi. Pur apprezzando l'opera generosa svolta dai vigili del fuoco, dalle forze di polizia e dal volontariato - ai quali rivolgiamo un ringraziamento solidale per quanto hanno fatto -, occorre che questo lavoro sia svolto in modo più efficace e soprattutto più ordinato! È questo il primo dovere a cui un paese civile deve assolvere (lo ha ricordato la collega De Simone) proprio in ragione delle sottovalutazioni che vi sono state nelle prime ore della catastrofe.
Non esprimo un giudizio sui sindaci, registro però che vi è stata una forte attivazione della prefettura di Avellino nelle prime ore ed un forte allarme lanciato dal sindaco di Quindici che con i megafoni ha avvertito la popolazione, mettendo in salvo centinaia di vite umane. Perché la stessa cosa non è avvenuta in altre località, i cui eventi disastrosi si sono registrati a molte ore dal primo evento disastroso? È un interrogativo al quale bisognerà dare certo risposta.
Allo stesso modo, credo che gli allarmi che ancora oggi si leggono a tutta pagina sulla prima pagina de Il Mattino forse potevano essere evitate; forse, rispetto alle inefficienze della struttura regionale - non lo dico in polemica con nessuno - che sono già manifestate ed accertate, nonché alla fragilità di questa struttura, sarebbe stato preferibile che in questa situazione il coordinamento degli interventi di emergenza e di ricostruzione fosse stato affidato ad un coordinamento tra Governo ed enti locali (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
il cordoglio ai parenti delle tante vittime che questo evento calamitoso ha determinato ed il ringraziamento alle forze dell'ordine ed a tutti coloro i quali stanno lavorando sul luogo per tentare di pervenire finalmente, attraverso la ricerca ed il ritrovamento dei cadaveri, alla definizione del numero complessivo delle persone che hanno purtroppo perduto la vita in questo disastro.
È grave che ancora oggi non si abbia un'indicazione precisa in ordine al numero dei dispersi: è il segno di un funzionamento della pubblica amministrazione largamente insufficiente rispetto alle necessità, di un controllo del territorio che manca anche nelle sue condizioni essenziali.
Il dibattito che si è svolto questa mattina, con la sola eccezione dell'intervento dell'onorevole De Simone, mi lascia profondamente insoddisfatto. Sono stato ieri, per tutta la giornata, là dove questi eventi si sono determinati e, per dire il vero, quel che ho visto - e ho visto bene - attesta in maniera incontrovertibile che la macchina dei soccorsi ancora dopo una settimana è ben lungi dall'essere al suo livello di massimo, o anche solo di soddisfacente, funzionamento. Sul fronte della frana ho visto lavorare pochi mezzi; ho visto molti uomini, ma un'organizzazione insufficiente.
Quanto alle condizioni strutturali e infrastrutturali, ci troviamo di fronte al consueto quadro di inefficienza che caratterizza la presenza dello Stato nel nostro meridione. È questo un problema più generale che dovremmo deciderci ad affrontare nei suoi termini drammatici, conformemente alla realtà.
Nel meridione non abbiamo bisogno di provvidenze straordinarie e forse neanche dei contratti d'area o dei patti territoriali di cui tanto si parla in questi mesi e che riguardano una parte ridottissima del territorio nazionale, una realtà differenziale che non coglie tutta la complessa vastità del fenomeno dell'arretratezza del nostro meridione e il connesso drammatico fenomeno della disoccupazione, pari al 30 per cento in provincia di Napoli. Noi però abbiamo bisogno di uno Stato che assicuri le condizioni essenziali, l'ordine pubblico, un sistema di trasporto efficiente rispetto alle necessità, che garantisca anche le condizioni di sicurezza dal punto di vista idrogeologico o dei vari rischi ambientali. Sono stato eletto nel collegio di Torre del Greco e, ogni volta che vedo il Vesuvio incombere sulla mia città, non posso nascondere o celare un momento di disagio, perché immagino cosa potrebbe avvenire se mai un giorno - e le statistiche a questo riguardo non confortano - si dovesse determinare un'eruzione.
In questo contesto, mi domando come si faccia ad avere un algido atteggiamento curiale, oppure ad esercitarsi sulla troppo nota ed assai insoddisfacente, eterna querelle sulle competenze, quasi che questa confusione, che ben conosciamo e che non si riesce a dipanare, possa essere per qualcuno causa di giustificazione, coprire i ritardi. Si dice che in questo momento bisognerebbe evitare polemiche, ma il Parlamento non è un luogo in cui si evitano le polemiche, è un luogo in cui le polemiche si fanno ed i problemi si affrontano, altrimenti non avrebbe ragione di esistere; non è un luogo ove si matura un rituale unanimismo, un consenso acritico, e mi spiace che in questo dibattito tante voci si siano manifestate all'unisono, forse perché c'erano diversi esponenti o diverse responsabilità da difendere.
Credo che a fronte di una situazione del genere, che è emblematica - non c'è alcuna forzatura sul tema specifico da parte mia - di una condizione di dissesto che riguarda complessivamente l'attività della pubblica amministrazione in tutti i suoi livelli, in tutte le sue articolazioni, in Campania e nel sud, ci debba essere da parte di questo Parlamento un genuino moto di indignazione.
Non parlo dell'indignazione sterile che si addice al qualunquismo, come ben ha ricordato il sottosegretario Barberi, ma di quella indignazione operosa, propositiva
che è uno dei lieviti fondamentali della buona politica, una delle basi su cui matura il buon Governo.
Se una classe politica perde, anche a fronte di eventi di questo tipo, la capacità di manifestare indignazione, di capire e di indicare le responsabilità che li hanno determinati, a tutti i livelli e non con animo fazioso, ma sereno e sgombro di pregiudizi, mi domando come sarà possibile recuperare un'efficienza della pubblica amministrazione. Lo dico al sottosegretario Barberi, che è un tecnico (anch'io sono un tecnico, seppure su un terreno ed in una materia diversi): l'approccio tecnico non basta; serve da base ad una capacità di decisione che poi deve articolarsi con riferimento al costo della democrazia ed alla necessità di tener conto di ciò per riuscire a fornire, scontando la farraginosità della pubblica amministrazione e le difficoltà del governare, effettive risposte ai problemi della gente.
La politica è questo: rendere possibile ciò che è necessario ed il cammino a questo riguardo è faticoso. Bisogna però che si individuino coloro che lo rendono ancora più oneroso, che buttano rena nell'ingranaggio, che si manifestano incapaci, che assumono come logica della buona politica il rinvio, la dilazione, l'estenuante mediazione fatta sul nulla e non sulle cose.
Di esempi in questo senso in Campania ne abbiamo patiti molti in decenni di malgoverno. Non sono mancate le risorse, ma la volontà e la capacità, quella trasparenza nel vedere le cose e nell'operare che è funzionale ad un modo davvero europeo di creare condizioni di sviluppo.
Quando sono stato a Quindici ed ho visto le condizioni in cui si trova il Regio Lagno che attraversa questo paese, derelitto per le tante devastazioni ed anche per la forte presenza della camorra che lo caratterizza, ho avuto chiaramente la sensazione di un degrado e di un abbandono decennale, a cui va data una risposta al di là delle tante difficoltà, sottosegretario Barberi, che certamente esistono.
Ad un certo punto, dinanzi a queste difficoltà, occorre, per dare un segno dell'esistenza dello Stato, inarcare le spalle e dimostrare che lo Stato può avere forti menti e forti braccia e che una volta, almeno una volta, si può dare una risposta in tempi rapidi, dimostrando alla gente, proprio quella gente che magari il senso dello Stato lo ha smarrito, che lo Stato esiste e non soltanto per prendere, ma anche per dare.
Questa è una disgrazia particolarmente dura da sopportare, perché ricade su chi è già povero, su chi si trova in una condizione di difficoltà da lustri, da decenni, forse da secoli e che ha acquisito quell'atteggiamento pericoloso che si chiama abitudine alle avversità, capacità di soffrire in silenzio, di adattarsi. Il riscatto del meridione nasce dalla capacità di convertire anche questo atteggiamento, di non farlo sfociare nella consueta logica della ricerca dell'appoggio individuale, che poi determina la maturazione della clientela politica, con i suoi frutti di corruzione e di malgoverno.
Dobbiamo riuscire ad incanalare, come fosse davvero un fiume e non di fango ma di opere, questa indignazione della gente, questa capacità di avere ancora fiducia nello Stato in un alveo fecondo di iniziative, riuscendo a raggiungere un obiettivo di sviluppo che, questa volta, deve essere reale: non un solo soldo, non un solo giorno di attività devono essere sprecati, ma tutto deve essere finalizzato ad ottenere nuovamente in queste zone una condizione infrastrutturale accettabile. Non più di questo, ma certamente non meno di questo.
Da oggi a Sarno, a Siano, a Bracigliano e a Quindici è ancora più difficile vivere, perché accanto alle tante difficoltà che contrastano strutturalmente lo sviluppo - e che riguardano non solo questi paesi, ma forse i 230 di cui oggi si parlava: voglio pensare che il riferimento fosse a ciò - vi saranno anche quelle di avere investimenti ed occupazione. Accanto alle precondizioni negative vi sarà anche il rischio idrogeologico pesante, evidente, dimostrato.
Occorre quindi un impegno differenziale preciso, specifico; un'indicazione che
consenta di recuperare una condizione di normalità, anche di quella difficile, insufficiente normalità che contraddistingue un'area come questa al confine tra tre province, da sempre caratterizzata da un livello di disinteresse e di marginalità reso ancor più aspro dal fatto che anche i politici - anche i politici come me - hanno difficoltà a confrontarsi con una zona pericolosa, dove è pericoloso anche fare politica, perché vi sono infiltrazioni camorristiche. È pericoloso persino muoversi, perché magari si corre il rischio di dare la mano a qualcuno che da qui a dieci anni in una fotografia potrà essere indicato come un personaggio compromesso.
È difficile fare politica, è difficile presentare le liste, è difficile svolgere una qualsiasi attività di vicinanza alla gente per i mille ostacoli che si frappongono.
Credo però che, se vogliamo rendere utile il dibattito odierno, dobbiamo, partendo da questa condizione di enorme difficoltà, dare un segnale positivo. Ed io non posso che affidarlo a lei, sottosegretario Barberi, in primo luogo perché è presente qui: di questo la ringrazio. Altri avrebbero dovuto esservi e non vi sono! Lo affido però anche al Governo nella sua interezza e nella sua collegialità: vorrei che finalmente anche i cittadini di Sarno, di Siano, di Bracigliano e di Quindici potessero essere fieri di questo Governo, di questo Stato, del loro paese (Applausi).
L'interminabile catena di omissioni, errori, ritardi e superficialismi gestionali che si è accumulata nella storia del nostro paese in materia di governo del territorio, in particolare nel Mezzogiorno, è la causa di questa terribile calamità.
Centotrentacinque morti ed altrettanti dispersi sono un bilancio terribile che segnerà la nostra coscienza ed anche la storia italiana di questo fine di secolo, come elemento di contraddizione più forte di un paese che, mentre saluta l'ingresso a pieno titolo nel sistema monetario europeo, deve registrare ancora una volta il fallimento e l'arretratezza delle istituzioni e di una parte del proprio paese. Istituzioni inadeguate di fronte ai problemi complessi propri del nostro tempo, come quelli ambientali, problemi che sono l'altra faccia di quel progresso e di quella modernità per i quali stiamo lavorando.
Il sottosegretario Barberi nel descrivere il devastante fenomeno della colata di fango ha ricordato la moltitudine di cause fisiche e di concause antropiche: la distruzione delle coperture vegetali, l'impatto delle nuove forme di agricoltura collinare, l'urbanizzazione e l'infrastrutturazione selvagge. Tutto ciò è all'origine della rottura degli equilibri della natura in Campania.
Riconoscere oggi le responsabilità delle istituzioni a tutti i livelli nonché delle omissioni - collettive e singole - di atti d'ufficio certamente non vuol dire avvelenare un clima che dovrebbe essere soprattutto pervaso, come probabilmente è, dall'ansia di portare solidarietà concreta alle popolazioni colpite: credo voglia dire riconoscere che in qualcosa si è sbagliato ed assumere l'impegno qui ed ora - non rimandando nel tempo, collega Stajano - ad intervenire, per correggere però gli errori strutturali che hanno provocato questa tragedia e che potrebbero provocarne altre anche nei prossimi mesi.
Il Governo deve fare la sua parte: ha illustrato i suoi impegni e noi lo sosterremo. Altra parte deve essere fatta dalle regioni e dalle istituzioni locali. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha conferito al presidente della regione Campania l'incarico di commissario straordinario per questo evento: noi rispettiamo la
scelta, che va nel senso di un riconoscimento della regione come il soggetto istituzionale deputato a programmare e ad intervenire, nello spirito federalista che sta contraddistinguendo l'azione del Governo e del Parlamento. Tuttavia, sottosegretario Barberi, non condividiamo questa scelta. Ci chiediamo, infatti, se la regione Campania sia in condizione di procedere tempestivamente ad un sistematico piano di monitoraggio geologico ed idrogeologico per allertare in tempo utile le popolazioni in caso di imminente calamità. La regione Campania è in grado oggi di reggere questa responsabilità? Ha una burocrazia folta, ma lenta e fragile nell'organizzazione, talvolta incompetente; fa registrare un carico di leggi non attuate, come la legge istitutiva dell'autorità di bacino, che risale al 1994 e che in questi quattro anni non ha visto alcuna forma di attuazione, se non superficiale.
Probabilmente è qui che lo Stato, il Governo nazionale, deve far valere una sua capacità di governo unitario del paese. In quest'aula quando abbiamo discusso sui disegni di legge Bassanini e sulle competenze delle regioni da più parti sono stati avanzati segnali e presentati emendamenti per ricordare che dev'essere lo Stato nazionale ad avere una visione unitaria del governo del territorio. Su questo tema secondo noi deve valere un'inversione del principio di sussidiarietà: se il livello inferiore non è in grado di assicurare l'incolumità fisica delle popolazioni, deve esserci un livello che garantisca a tutti gli italiani (in Umbria come in Veneto, come in Piemonte, come in Campania) il diritto alla sopravvivenza o almeno la possibilità della sopravvivenza.
Chiediamo quindi che il Governo si avvalga dei poteri sostitutivi per far decollare l'autorità di bacino, per acquisire una mappa certa delle aree a rischio, per valutare gli strumenti urbanistici adottati nei comuni definiti a rischio e verificarne la compatibilità rispetto alle condizioni di dissesto idrogeologico. Non a caso questi eventi si sono verificati proprio nelle aree in cui i clan della criminalità organizzata prosperano, principalmente sulla speculazione fondiaria, sullo smaltimento clandestino di rifiuti tossici e sullo sventramento abusivo di colline e di montagne. Questi fatti sono noti e rendono evidente che in Campania una seria politica di difesa del suolo non può essere delegata alla regione o ai comuni. Dobbiamo quindi ripensare ai contenuti della legge Bassanini (sono d'accordo con quanto propongono i colleghi del gruppo dei verdi) in materia di servizi tecnici: occorre garantire l'unitarietà di questi servizi. È necessario assumere come priorità nazionale un piano per la messa in sicurezza del territorio e per il recupero possibile del dissesto in cui versano tante aree del nostro paese. La priorità ambientale deve essere assunta come centrale nelle politiche dei governi locali. Sappiamo che questa è la forma principale di prevenzione: avere una classe dirigente di amministratori locali che opera con competenza, assumendo la questione ambientale al centro delle scelte gestionali.
Onorevoli colleghi, se questo Parlamento saprà essere lievito per suscitare nel Mezzogiorno questo patrimonio umano e per lasciare alla fine di questo secolo questo tipo di classe dirigente al Mezzogiorno, allora il sacrificio dei martiri del 5 maggio non sarà vano. E questo è un impegno certamente non solo del Governo ma di tutti i partiti di Governo e di opposizione.
Ha facoltà di parlare l'onorevole Turroni.
L'azione di Sullo per la carta geologica d'Italia, la legge-ponte prodotta dalla frana di Agrigento, il lavoro della commissione De Marchi, la legge n. 431 del 1985, la legge n. 183 del 1989 per la difesa del suolo hanno trovato solamente ostacoli e mai un'azione coerente per un'azione di Governo che desse ordine alle trasformazioni che avvenivano in modo tumultuoso sul territorio. E dire che si calcolano in oltre 200 mila i miliardi spesi nelle catastrofi, con un enorme tributo di vite umane!
Cosa dire, allora, delle inadempienze, del mancato esercizio dei poteri sostitutivi, degli elenchi di opere che ancora in questi giorni i lavori pubblici ci forniscono in perpetuazione di una politica sbagliata che è una delle principali fonti del degrado? E allora, ancora una volta oggi vogliamo ripetere quanto abbiamo detto più volte in passato: esattamente due anni fa, durante la fiducia a questo Governo, noi dicemmo, proprio per le polemiche che in questi momenti stanno saltando fuori, che era nel programma del Governo la riduzione dei ministeri, articolando le organizzazioni al fine di accorpare funzioni secondo criteri di omogeneità; ancora: questo ci andava bene perché era necessario che il processo di riordino che si voleva avviare avesse come fondamento i grandi obiettivi di riforma per il governo del territorio, che riguardano il suo uso e la sua tutela; ancora: che era quanto mai necessario il processo di riordino e di concentrazione in un unico ministero di tutte le competenze necessarie per raggiungere i fini predetti; ancora: che era necessario dare piena attuazione, come prevede il programma, alla legge di difesa del suolo e, in particolare, provvedere al potenziamento dei servizi tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio; se volevamo ridurre quel rilevante, crescente debito pubblico costituito dalle migliaia di miliardi, era altresì necessario, per riparare ai danni delle cosiddette calamità, provocate spesso dall'azione e dall'incuria dell'uomo, che un primo passo fosse compiuto attivando il Comitato dei ministri per i servizi tecnici nazionali presieduto dal Presidente del Consiglio e dando piena attuazione alla legge per la difesa del suolo.
Ebbene, queste cose le dicevamo successivamente in una mozione presentata il 12 febbraio dell'anno scorso in questa Camera, ma tutto ciò è rimasta lettera morta: occorre dirlo e sottolinearlo. Adesso, però, non è il tempo per riprendere queste discussioni: le vogliamo tenere presenti e sul tappeto, però vogliamo anche dire che non possiamo uscire dalla catastrofe di questi giorni senza alcune azioni che diano agli italiani il senso che qualcosa si sta facendo. Per noi, quindi, è necessario superare i conflitti improduttivi di queste ore, ripristinando quel livello di equilibrio conquistato al momento dell'approvazione della legge n. 183 ed attivando nello stesso tempo tutto ciò che abbiamo sostenuto e che era previsto nella mozione depositata alla Camera nel febbraio 1997, a prima firma Paissan.
Siamo contrari e consideriamo deleterie le richieste di definizione di grandi finanziamenti per cosiddette opere di difesa del suolo: in Italia non c'è neanche un piano di bacini e quindi ciascuna opera sarebbe fatta sulla base di criteri incerti e, nel caso migliore, manterrebbe inalterata la situazione di rischio e di degrado, se non si tradurrebbe, più probabilmente, in un ulteriore fattore di moltiplicazione del rischio. Le autorità di bacino hanno fallito, le regioni sono ampiamente inadempienti, lo Stato non ha fatto il suo lavoro, i lavori pubblici non hanno saputo imporre la spinta propulsiva che era necessaria per l'attuazione della legge n. 183 del 1989, i servizi tecnici nazionali sono smembrati, la Presidenza del Consiglio si è spogliata di quella funzione di indirizzo e di coordinamento che la legge le aveva affidato.
In questo quadro davvero desolante, solo un impegno diretto e forte di quest'ultima può dare risultati concreti, anche in virtù del credito che si è guadagnata nei confronti degli italiani. Perciò vanno riassunte tutte le competenze che la Presidenza del Consiglio si vede affidate dalla legge n. 183, a cominciare dalla presidenza del comitato dei ministri per i servizi tecnici nazionali (l'avevamo detto due anni fa) che vanno riportati sotto la sua guida; inoltre, le devono essere attribuiti poteri straordinari di ordinanza e di intervento, analoghi a quelli già previsti per la protezione civile. Tutto ciò va stabilito in un decreto che abbia la stessa struttura concettuale del decreto Galasso del 1984, che definisca le categorie di rischio territoriale e fisico del nostro paese e che dia mandato alla medesima Presidenza del Consiglio di individuarle entro sei mesi in tutto il territorio nazionale, stabilendo per ciascuna di esse prime misure di salvaguardia e contestuali prime misure di prevenzione.
Il decreto dovrebbe consentire di mettere in mora tutti gli inadempienti e di approvare autonomamente, con proprio provvedimento, le misure di salvaguardia e di primo intervento, determinando contemporaneamente l'entità delle risorse necessarie a questo proposito. La Presidenza del Consiglio deve costituire sul territorio una task force per la difesa del suolo, da lei diretta, che avrebbe il compito di definire il quadro dei rischi in modo dettagliato, utilizzando gli elementi di conoscenza già disponibili ed avvalendosi di tutte le strutture pubbliche già presenti sul territorio, utilizzando anche tecnici che dovrebbero operare sotto la direzione dei servizi tecnici nazionali e di un gruppo di comando istituito presso la medesima Presidenza del Consiglio.
Dalla prima azione di individuazione e definizione della salvaguardia e dei primi interventi, che come si è detto dovrebbe concludersi entro il termine di sei mesi, dovrebbe scaturire una fase immediatamente successiva: la spinta e la propulsione nei confronti di tutte le autorità di bacino, che nel caso di inadempienza e di inattività dovrebbero essere commissariate, affidando ai commissari il compito di predisporre i piani di bacino, che sono gli unici che possono stabilire le opere necessarie per la messa in sicurezza del territorio. Tutto questo ha riflessi immediati nei confronti dei piani regolatori e di tutto quello sviluppo cementizio ed asfaltista che spesso è la fonte principale del degrado e del dissesto. Solo una forte azione di Governo può portare a termine un'azione di questa entità. Ma accanto ad un intervento immediato e straordinario per l'individuazione delle zone e dei fattori di rischio e per le misure di salvaguardia, per i primi interventi in difesa del suolo, occorre però da subito mettere in atto un più vasto disegno riformatore, capace di dare una risposta concreta alle esigenze del territorio, della sua sicurezza, del suo buon governo.
Quindi, fin dal 1 ottobre 1993, presentammo a questo proposito un progetto di legge per l'istituzione di un unico Ministero del territorio e dell'ambiente, perché il territorio avesse una possibilità in più di essere meglio governato e protetto.
Questa è una proposta organica, che oggi trova il sostegno di altre forze politiche. Questa proposta non può essere
però semplificata. L'istituzione di questo nuovo ministero del territorio e dell'ambiente richiede la soppressione di quello dei lavori pubblici, la sostituzione del Consiglio superiore dei lavori pubblici con un consiglio superiore del territorio, la riunificazione nel nuovo ministero di tutte le materie attinenti al governo del territorio che fino ad oggi sono di competenza dei dicasteri dei beni culturali e ambientali, dei trasporti e della navigazione e delle politiche agricole. Va da sé che al futuro ministero andranno affidate le competenze dei servizi tecnici nazionali, garantendo loro autonomia scientifica e tecnico-operativa. Non interessa ai verdi che queste funzioni siano svolte e contenute all'interno di un ministero governato dai verdi; interessa ai verdi che si dia ordine a questa materia, perché si possa effettivamente dare una risposta alle grandi esigenze del paese.
L'automatismo con il quale il Governo sta pensando di nominare i presidenti delle regioni come commissari in questa circostanza non ci piace. Non ci piace perché abbiamo visto come le regioni nel loro complesso abbiano omesso di svolgere molte delle funzioni che ad esse erano delegate. Quindi, in questo caso, il buon senso avrebbe voluto che si mantenesse allo Stato questo potere, questa capacità di intervento che le regioni hanno dimostrato di non essere in grado di svolgere.
Le ragioni sono diverse. Innanzitutto, ci chiediamo perché, a dieci anni dalla sua approvazione, la legge n. 183 sulla difesa del suolo non abbia trovato applicazione, sia sostanzialmente fallita. Le autorità di bacino quasi mai sono state costituite e quasi mai hanno assolto ai due fondamentali compiti che hanno, l'indagine sullo stato dei bacini e la redazione del piano di bacino.
Mai si sono volute decidere le cose assolutamente da non fare: dove non costruire, dove non disboscare, dove non aprire cave e realizzare altre opere.
Non è quindi solo una questione di risorse, di finanziamenti; è prima di tutto una questione di responsabilità politica, di indirizzo politico generale. Chi ha autorizzato a fare costruzioni spesso abusive? Chi ha permesso i disboscamenti? Chi deve intervenire per le cure degli argini, per il monitoraggio del territorio? Perché non sono stati ripuliti i Regi Lagni? Chi aggiorna i catasti, fa i sopralluoghi, controlla le cave e le discariche?
Una prima decisione da assumere: i piani di bacino devono essere sovraordinati, cioè la programmazione urbanistica e l'uso del territorio deve essere vincolata dalle previsioni del piano di bacino.
Ma questa cultura non c'è, non esiste. La radiografia del nostro paese è qui a dimostrarlo e il professor Barberi ci ha fornito i dati.
Ma non solo. Noi abbiamo vissuto una fase in cui vi è stata la cultura del condono, il «condonismo», che non fa altro che trascinare con sé l'abusivismo, in una spirale senza fine. In questi tempi, nelle ultime settimane, si è sentito riparlare in quest'aula di condono. La teoria e la cultura del condono non è finita, nonostante le tragedie che vive questo nostro paese.
Prima di parlare di risorse, quindi, occorre parlare di una svolta politica sulla gestione e sull'uso del territorio.
Occorre rimettere in discussione anche la concessione del decentramento, del cosiddetto federalismo, sbagliata e foriera di tragiche conseguenze. Un bacino idrogeologico, il corso di un fiume non segue i confini amministrativi: è un'entità territoriale e fisica. Bisogna allora rivedere e rimettere in discussione processi avviati che mettono in crisi elementi fondamentali. Spezzettare competenze, in questo
caso non aiuta. Quale senso ha, in questa prospettiva, andare verso una regionalizzazione dei servizi tecnici nazionali? Non occorre, al contrario, rafforzare il carattere unitario delle competenze necessarie ed un monitoraggio del territorio? E questo carattere nazionale ed unitario non è senza dubbio in contrasto con una articolazione territoriale capillare della struttura di studio, di monitoraggio, di osservazione del territorio, di intervento ed anche, ovviamente, della protezione civile?
I processi innescati in funzione di una presunta modernizzazione spezzettano competenze, risorse e mortificano le capacità di intervento pubblico. Come non mettere in discussione tutti quei processi di deregolamentazione del governo del territorio, che si sono affermati in questi anni nella falsa convinzione che la celerità della decisione e dell'intervento debba essere congiunta con la deregolamentazione, con la rinuncia ad un ruolo forte di programmazione e di controllo dello Stato, nelle sue varie articolazioni?
Non ci interessa la disputa sulle conseguenze in questo momento, come se fosse una lite tra comari. È certamente fondamentale un riordino, però prima bisogna individuare il progetto e dopo lo strumento. Qui si ha l'impressione che si parli del «come fare» prima ancora del «che fare», e questo lo consideriamo sbagliato.
La difesa del suolo richiede una nuova politica, nuove e diverse compatibilità; richiede il potenziamento di un intervento unitario e prioritario non subordinato alla cosiddetta politica delle infrastrutture.
Ci sono poi le grandi responsabilità in questa vicenda. In quest'aula era echeggiata una domanda: per quale ragione le popolazioni che vivevano a monte del comune di Sarno non sono state avvisate? Perché nel comune di Quindici questo è stato fatto, anche se non completamente, mentre nel comune di Sarno no? È un'eco che non si ferma e che non si fermerà fino a quando a questa domanda non sarà stata data una risposta, una risposta che non può essere giudiziaria. Ci deve essere prima una risposta politica. La risposta politica non può essere data dalla magistratura!
Pare che sia stato deciso di dare al presidente della regione Campania un nuovo commissariamento. Ne possiede già due: quello in materia di rifiuti e quello in materia di difesa del suolo. Ma questo automatismo, secondo il quale le emergenze debbono sempre essere gestite attraverso il commissario straordinario, identificato nel presidente della regione, evidentemente non sempre è valido e credo che sia inopportuno; su questo è evidente che il nostro partito, il nostro gruppo svolgerà una propria iniziativa.
Dalla tragedia avvenuta in Campania, dalla conoscenza del territorio, dalla conoscenza della storia, dalla conoscenza dei luoghi e dei fatti che sono accaduti dobbiamo trarre una lezione. Con riferimento a ciò, sarà nostro dovere graduare gli interventi dando in questo modo una risposta più efficiente.
Mi auguro che la realtà rappresentata da questa alta civiltà campana tragga da questo evento la forza per uscire in maniera più forte e migliore di prima.
Ci siamo sottratti alla querelle ed alle polemiche sterili. La fase del primo intervento e dell'emergenza richiedevano da parte nostra attenzione e solerzia per far fronte ad una vicenda così tragica. Abbiamo
apprezzato la compostezza e la professionalità dimostrate dal sottosegretario Barberi anche in tale occasione, ma ciò nonostante non possiamo non registrare la serie purtroppo infinita di deficienze che lo Stato ha manifestato in quel territorio.
Il sottosegretario Barberi ha riferito che in larga parte del paese, e soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, non vi sarebbe una rete efficiente ed integrata, non vi sarebbe un sistema modulare che operi in tempi reali e che consenta di comprendere cosa accada sul territorio. Anche alla luce di tali affermazioni ci rendiamo conto del fatto che le sciagure sono diverse tra di loro non a causa delle differenti connotazioni geomorfologiche del territorio e delle avversità della natura, quanto in ragione della totale assenza di strutture che consentano di comprendere rapidamente cosa succede sullo stesso.
La zona in questione è il sud del sud, un'area emarginata rispetto alle singole province, perché è periferica rispetto ad ogni provincia. Questo territorio è stato unito dalla drammaticità dei recenti eventi, dalla forza della natura che ha risposto in modo sconvolgente a quarant'anni di dissennata gestione del territorio stesso.
Non sono tra coloro che semplicisticamente pongono in capo a taluni delle responsabilità, ma un'analisi complessiva delle ragioni che hanno portato a tale sciagura deve essere effettuata, partendo dal dissennato programma di interventi effettuati nel corso della ricostruzione successiva al sisma del 1980. Gran parte di quegli interventi fu indirizzata alla cementificazione dei Regi Lagni, creando in questo modo un ulteriore presupposto per il dissesto idrogeologico e sommando danno a danno.
Oggi siamo costretti a prendere atto di un evento epocale per la sua drammaticità e per il costo altissimo che ha avuto in termini di vite umane. Soprattutto dobbiamo incentrare la nostra attenzione sulle inadempienze che vi sono state. Non lo dobbiamo fare per effettuare una disquisizione semantica sulle responsabilità di oggi, ma soprattutto per evitare che fenomeni del genere abbiano a ripetersi domani.
Insomma, ci aspettavamo non un elenco asettico di tempi e date ma di sapere se sarebbe stato utile che lo Stato avesse utilizzato più mezzi di soccorso, se nella zona fossero intervenuti più tempestivamente gli elicotteri, capaci di agire subito sul primo fronte, quello della vita umana; ci aspettavamo di sapere quante ambulanze fossero state utilizzate e a quanta distanza dalla prima chiamata, quale capacità vi fosse stata di intervenire con rapidità rispetto al primo allarme. C'è stato poi un secondo allarme, e vorremmo sapere come mai si sia riservato un diverso trattamento a comuni tanto vicini.
Insomma, abbiamo dovuto registrare con grande tristezza - nonostante ogni buona intenzione del professor Barberi e della sua esigua struttura, dei volontari e di quanti hanno operato con spirito di sacrificio enorme - l'ennesimo fallimento dello Stato su questo fronte; un fallimento più grave se ancora oggi non riusciamo a sapere quante sono le vittime di questo disastro.
Non abbiamo partecipato alla sarabanda tra regione e Governo nazionale. Non crediamo sia questo il metodo; dobbiamo però ricordare che nella scorsa legge finanziaria rivendicavamo maggiori investimenti per far fronte a queste vicende, in particolare nel Mezzogiorno. Dalla lettura del documento di programmazione economica ricaviamo una sorta di aspecifica attenzione: sono queste le responsabilità politiche che producono una serie di disagi e di incertezze che poi sono misurate dalla drammaticità di vicende come questa.
C'è poi approssimazione nella gestione dei COM; dopo quarantotto ore c'è stato un frettoloso avvicendamento nella gestione e noi non possiamo consentire che esistano vicende articolate per classifiche, per cui in determinati territori l'attenzione è giustamente elevata - per esempio
in Umbria - mentre in altri, a fronte di disastri del genere, dobbiamo limitarci a registrare i fatti.
Il fascio di luce dell'attenzione, già tenue, si spegnerà presto: che cosa succederà in questi territori? Verranno ancora dimenticati? Nulla abbiamo sentito circa la prospettiva. E allora che cosa chiediamo in questa vicenda davvero drammatica?
Chiediamo che possa rappresentare un punto fermo, essere un elemento di certezza assoluta rispetto a ciò che potrebbe accadere, anche perché ci saremmo aspettati previsioni su quanto potrà accadere su quegli stessi territori. Si dice infatti che da venerdì prossimo le condizioni meteorologiche probabilmente peggioreranno: si è pronti rispetto a tale evenienza, o saremo costretti a tornare in quest'aula? Sono stati attivati tutti i meccanismi e tutte le procedure? Ci saremmo attesi dal professor Barberi, proprio per la sua correttezza ed onestà intellettuale, una critica più severa nei confronti delle disponibilità e delle risorse affidate alla sua azione. Ma neanche questo abbiamo ascoltato. Il problema va visto sia sotto il profilo della prevenzione sia sotto quello dell'intervento immediato, ma finora su ambedue i livelli siamo stati vaghi e lenti. Ci auguriamo che, per lo meno nella fase dell'azione odierna e futura, il Governo possa individuare risorse certe e cospicue destinate non a nuove colate di cemento, volte a favorire logiche clientelari e spartitorie su un terreno già martoriato da queste vicende, ma per far sì che in tema di sicurezza, in tema di tutela della vita umana, i cittadini del Mezzogiorno, quelli della Campania, siano uguali ai cittadini di tutt'Europa (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Lo svolgimento degli strumenti di sindacato ispettivo, che ora sospendiamo, riprenderà successivamente con gli interventi dei deputati Nocera, Grimaldi, Malavenda e Vozza e, infine, del deputato Fontanini sull'ordine dei lavori.