PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
ROBERTO MENIA. Signor Presidente, già ieri, in sede di discussione sulle linee generali, avevo ritenuto opportuno presentare una relazione di minoranza...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Menia.
ROBERTO MENIA. Come dicevo, ho presentato ed illustrato ieri sera una relazione di minoranza, a nome del gruppo di alleanza nazionale. Riteniamo infatti che le questioni importanti non possano passare velocemente in una seduta nel corso della quale si approvano tanti disegni di legge di ratifica, sicuramente tutti importanti, ma obiettivamente vi è una differenza fra l'inquinamento atmosferico, i ritrovati vegetali e l'associazione all'Unione europea della Slovenia. È questo un paese a noi vicino, uno Stato di recente costituzione nato a seguito dell'estinzione e dello smembramento della Repubblica jugoslava, per il quale abbiamo visto nelle trattative diplomatiche degli ultimi anni un impegno serio e severo dei nostri governi, pur se con andamento altalenante. Si tratta quindi di una questione che impegna le coscienze e le sensibilità degli italiani, in particolare di quelli del confine orientale. Questo Parlamento, dunque, ne deve discutere seriamente e con cognizione di causa.
PRESIDENTE La prego di concludere, onorevole Menia. Siamo molto al di là...!
ROBERTO MENIA. Evidentemente noi non possiamo che dire di no ad un quadro di questo genere. Ieri abbiamo comunque apprezzato alcune delle cose che il sottosegretario Fassino ha detto in sede di replica: la considerazione, come valore morale, del riconoscimento del sacrificio dell'esodo, l'impegno sulla famosa legge sugli indennizzi, anche se io continuo a sostenere che la diplomazia italiana avrebbe dovuto ottenere la restituzione...
PRESIDENTE. Onorevole Menia, la prego!
ROBERTO MENIA. Concludendo allora, in sostanza noi diciamo che vi sono dei valori di giustizia, di dignità nazionale, di memoria storica e di memoria nazionale che non possono essere subordinati ad altri interessi, pur importantissimi come quelli economici, come quelli della cooperazione con la Slovenia. Spesso c'è molta cooperazione da parte nostra ma assai poca da parte loro! Ed allora per una riaffermazione di un principio...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Menia.
MARCO PEZZONI. Signor Presidente, colleghi, a nome del mio gruppo rivendico l'importanza di questo trattato, di questo accordo di associazione.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.
Il comportamento dei colleghi non è corretto: invito i colleghi dei banchi di sinistra a fare silenzio! Onorevole Campatelli, lei è segretario del gruppo!
Prego, onorevole Menia.
Mi sia consentito, allora, ripercorrere, almeno per taluni aspetti, questioni che avevo già affrontato ieri, illustrando la relazione di minoranza in un aula che sicuramente non era piena come oggi. La prima questione che pongo all'intelligenza dei colleghi è sostanzialmente l'interrogativo di fondo che sottoponiamo alla nostra coscienza e che ci porta a dare un giudizio negativo sul provvedimento in esame (voteremo infatti contro di esso). Possono questioni fondamentalmente economiche far sì che passino in subordine altre questioni?
Questioni di diritti umani, di giustizia, di riconoscimento storico. Noi ci rispondiamo di no e cercherò allora di spiegare all'Assemblea quali sono fondamentalmente le questioni che vogliamo sottolineare.
Dunque, la Slovenia si avvicina all'Unione europea - perché l'associazione è la tappa che precede quella dell'adesione vera e propria - attuando un percorso invero irregolare. Da parte slovena si dice: «Siamo fuorusciti dal comunismo e faremo di tutto per dimostrarlo». Ma vi sono purtroppo aspetti pesanti, notevoli, attuali che dimostrano come vi siano invece ancora sacche pesanti, concrete di socialismo reale o meglio eredità del passato comunista della Slovenia, che era parte della smembrata Repubblica federativa iugoslava.
In particolare, la questione del contenzioso fra Italia e Slovenia fu aperta dal ministro Martino all'epoca del Governo Berlusconi e si articolava principalmente sulla questione dei beni degli esuli istriani. Voi sapete che esiste una storia, in gran parte lacerata, strappata, che non si studia sui libri di scuola. Anzi, devo dire che è importante quel che ha affermato ieri in sede di replica il sottosegretario Fassino e cioè l'impegno - che tra l'altro era pubblico - del ministro Berlinguer di procedere ad una revisione dei testi scolastici ed universitari, in cui c'è il vuoto pneumatico, il buio totale, il muro assoluto, il velo del silenzio assoluto sulle vicende che sconvolsero tragicamente le nostre terre del confine orientale, la vecchia Venezia Giulia: il terrore delle foibe titine, i quaranta giorni di occupazione titina a Trieste, i ventimila infoibati, l'esodo di 350 mila italiani dall'Istria, da Fiume, dalla Dalmazia. Ebbene, una parte, uno spicchio di questa tragedia sono proprio quei paesini, quei comuni dell'Istria settentrionale che oggi sono parte della Repubblica di Slovenia. Voi dovete sapere anzi che la vicenda dell'esodo degli italiani inizia già nel 1943, prosegue nel 1945, si intensifica tra il 1945 e il 1947, inizia in quell'anno per Pola, che fino ad allora aveva vissuto sotto amministrazione provvisoria inglese, e riesplode nei territori della zona B dell'ex territorio libero di Trieste dopo il 1954. Credo che in questo Parlamento tutti conoscano abbastanza bene la storia e quindi sappiano che a Trieste il dopoguerra finisce dieci anni dopo: Trieste ritorna all'Italia solo nel 1954, ma Trieste capoluogo era la cosiddetta zona A del territorio libero di Trieste, amministrato provvisoriamente dal Governo militare alleato anglo-americano, mentre la zona B era amministrata provvisoriamente dalla
Jugoslavia di Tito. La zona B del territorio libero di Trieste costituiva appunto la parte settentrionale dell'Istria ed è quella parte che riguarda oggi i tre comuni che stanno in Slovenia (parte della zona B oggi è in Croazia). Con questo abbiamo inquadrato almeno geograficamente la questione.
Ebbene, da questi comuni gli italiani furono costretti - dal terrore oppure da una scelta di libertà e di italianità - ad andarsene in quegli anni, immediatamente dopo la fine della guerra e anche dieci anni dopo, come dicevo. Il regime comunista jugoslavo procedette alla cosiddetta nazionalizzazione dei loro beni. In realtà, era una rapina legalizzata, cioè si impadronirono di tutti i beni degli italiani e li fecero propri.
Quando la Jugoslavia è venuta meno e sono sorti i nuovi Stati sovrani di Slovenia e Croazia era ovvio presumere che in un paese non più comunista, che riconosceva la proprietà privata, che chiedeva di entrare in Europa si applicasse un principio di giustizia fondamentale, un diritto umano e cioè il diritto di tutti costoro di ritornare nella propria terra e nella propria casa. Ebbene, questo diritto non è stato in alcun modo tutelato, debbo dire anche da parte del nostro Governo. Per meglio dire, la questione fu posta all'epoca del Governo Berlusconi, sostanzialmente con un veto all'ingresso della Slovenia nell'Unione europea finché la Slovenia non avesse proceduto a restituire agli esuli italiani dell'Istria i loro beni. Si passò poi attraverso una specie di veto attenuato del ministro Agnelli, che comunque poneva come questione prioritaria la restituzione dei beni degli italiani.
Faccio presente che da parte slovena erano stati censiti oltre 7 mila beni da restituire agli italiani immediatamente dopo il riconoscimento della Slovenia, ma mano a mano la Slovenia, vendendoli precostituiva le condizioni per non restituire questi beni. Tant'è che già all'epoca del contenzioso, prima con il ministro Martino e poi con il ministro Agnelli, si era scesi, nel corso della trattativa, da oltre 7 mila case, abitazioni e beni, a 700, poi a 400, quindi a 300. Alla fine si dichiararono disponibili a discutere su 70 case! Da ultimo il Governo Prodi decise fondamentalmente di condiscendere alle richieste, le pretese slovene, ossia di non restituire alcunché.
Inoltre, il Governo italiano per addolcire la pillola per gli esuli disse: bene, ci penseremo noi, con una legge sulla rivalutazione degli indennizzi, a ripagare, con 40-50 anni di ritardo, gli esuli per quanto è stato loro portato via. Questo è un principio inammissibile.
Il principio cui il Governo italiano ha poi sostanzialmente acceduto è stato quello di una interpretazione ad usum delphini del cosiddetto compromesso Solana.
Quando l'Italia poneva questo veto sostanziale all'ingresso della Slovenia nell'Unione europea, la presidenza di turno spagnola propose un accordo, quello del cosiddetto doppio binario, per cui da una parte vi era la questione plurilaterale, la questione generale, globale dell'accesso degli stranieri al mercato immobiliare. Dovete sapere che fino al luglio scorso, mese in cui il Parlamento sloveno ha approvato una variazione alla propria Costituzione, agli stranieri era vietato possedere un bene immobile in Slovenia: il che è quanto di più 4antieuropeo e folle possa esistere. Dall'altra parte, c'era il piano Solana (che sostanzialmente diceva: arrangiatevi!) che prevedeva una connessione continua nel procedere sul piano bilaterale in ordine alla questione del contenzioso sui beni.
Cosa è accaduto? È accaduto che il Governo italiano ha alla fine sbandierato come grande successo l'ottenimento della modifica costituzionale, la quale era una cosa ovvia. La Slovenia, infatti, mai e poi mai avrebbe potuto entrare in Europa ponendo nella sua Costituzione un principio che si basava sulla discriminazione nazionale, e questo è ovvio.
Per quanto riguarda invece il nostro contenzioso, ossia la questione prettamente italiana, di difesa degli interessi italiani, il nostro Governo ha ottenuto il diritto sostanziale di prelazione (si veda
l'allegato XIII)); in questo modo gli esuli avranno diritto a ricomprare le loro case con tre anni di anticipo rispetto agli altri europei. Ma non si può sbandierare questa come una grande conquista della nostra diplomazia. Vi rendete conto che abbiamo sostanzialmente approvato il principio folle e antigiuridico che il derubato ha diritto di comprare - con diritto di prelazione - quanto gli è stato rubato! È questa la verità.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzoni. Ne ha facoltà.
Sottolineo che nella discussione di ieri era già stata data una risposta più che soddisfacente a molte delle questioni che sono state riproposte oggi in aula, ma il dissenso che ancora oggi viene espresso in aula ha, a mio avviso, motivazioni profonde. Secondo molti colleghi dell'opposizione sarebbe stato più opportuno porre la questione della restituzione dei beni agli esuli italiani come pregiudiziale rispetto alla ratifica di un accordo multilaterale che interessa tutti i paesi dell'Unione europea. Ad una Repubblica nata da poco tempo come la Slovenia viene data la possibilità di associarsi attraverso questo accordo multilaterale con tutti e 15 i paesi dell'Unione europea. Tra l'altro, come tutti sanno, questa associazione rappresenta una condizione indispensabile per l'adesione vera e propria all'Unione stessa, quindi per quell'allargamento politico, economico e culturale volto a realizzare la pace ed a creare uno spazio di civiltà condiviso in un'Europa politica ed economica sempre più ampia, che comprenda sempre più i paesi del centro-est Europa.
Reputiamo il trattato di Amsterdam, che pure è indispensabile, insufficiente perché non risponde alle finalità di una vera unione politica europea. Tuttavia, esso è importante dal punto di vista strategico perché dà il via alla possibilità di allargare l'Unione europea ad altri paesi.
Questa è la fase storica che stiamo vivendo: la costruzione di una Europa più ampia, più condivisa, di uno spazio democratico europeo che si allarga ai paesi del centro-est. Tutti in Italia sottolineiamo l'importanza dal punto di vista strategico dell'ampliamento dell'Unione europea, estendendola ai Balcani e tenendo d'occhio anche la sponda sud del Mediterraneo, eppure entriamo in contraddizione con queste scelte strategiche ponendo come pregiudiziale la questione che interessa i rapporti bilaterali tra Italia e Slovenia, che diventa quindi una sorta di veto rispetto ad un accordo multilaterale di associazione della Slovenia all'Unione europea. È questo il punto politico sul
quale si registra un dissenso ed è questo il punto politico radicalmente sbagliato.
In Commissione esteri abbiamo più volte verificato come si registri una convergenza più ampia proprio sugli aspetti positivi di simili accordi. Come si possono allora anteporre questioni bilaterali ad una questione storica che interessa più paesi? Quello che stiamo ratificando, infatti, è l'accordo di associazione della Slovenia all'intera Unione europea. Che segnale daremo agli altri partner europei se non voteremo in modo compatto questa ratifica, indipendentemente dai diversi schieramenti politici? Dimostreremmo che l'Italia pone delle questioni, pur legittime, che tuttavia riguardano soltanto due paesi, come pregiudiziali rispetto ad altre che interessano il futuro dell'intera Unione europea. È questo il passaggio che non funziona nel dibattito di oggi e su questo manifestiamo dissenso. Giudico invece positivamente il fatto che l'Italia abbia superato questo atteggiamento pregiudiziale affermando che una cosa è studiare un modo per dare un risarcimento economico e non solo morale agli esuli, mentre altra cosa è il primato di una associazione della Slovenia con le Comunità europee.
Tra l'altro - lo ha affermato il relatore Di Bisceglie e l'ha sostenuto con molta forza il sottosegretario Fassino - questa politica di inclusione della Slovenia nell'Europa ha indubbiamente condotto a significativi passi in avanti. Collega Menia, il compromesso Solana di cui hai parlato non ha una validità esclusivamente bilaterale, ma fa parte integrante di questo accordo di associazione, dunque è garantito dai quindici paesi facenti parte dell'Unione europea.
Siamo dunque più forti nel rivendicare questioni bilaterali o che riguardano esclusivamente i nostri esuli; siamo più forti se la poniamo come questione bilaterale o se invece abbiamo un di più, ossia la garanzia del compromesso Solana, che costringe la Slovenia a dire: se vi europeizzate dovete aumentare gli standard democratici, gli standard di mercato condivisi dall'intera Unione europea.
Abbiamo compiuto significativi passi in avanti, così come nel campo degli accordi sui trasporti e degli accordi culturali. Inoltre siamo riusciti ad ottenere dalle autorità slovene e croate il riconoscimento dell'unitarietà della nostra comunità italiana in Istria, divisa in parte in Slovenia ed in parte in Croazia, non perché abbiamo mostrato i muscoli bensì perché abbiamo perseguito questa scommessa della strategia dell'inclusione (Applausi dei deputati del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo).
Per tutti questi motivi annuncio il voto favorevole e convinto del gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo alla ratifica del trattato di associazione della Slovenia all'Unione europea, proprio nell'ottica di questa strategia di inclusione.