Seduta n. 320 del 26/2/1998

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(Situazione gestionale del Banco di Sicilia)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Carmelo Carrara n. 3-00791 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 2).
Il sottosegretario di Stato per il tesoro, il bilancio e la programmazione economica ha facoltà di rispondere.

ROBERTO PINZA, Sottosegretario di Stato per il tesoro, il bilancio e la programmazione economica. L'onorevole Carrara pone quesiti in ordine alla situazione del Banco di Sicilia, soprattutto in considerazione del ruolo che la banca svolge


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nell'economia regionale. I fatti sono in larga misura noti e sono stati a lungo all'attenzione della stampa e delle commissioni specializzate; essendo quindi difficile aggiungere qualcosa di non conosciuto, farò una sintesi del quadro della situazione.
Con riferimento alle iniziative intraprese per il risanamento aziendale va rilevato che il bilancio 1996, differenziandosi dai precedenti risultati di esercizio, ha evidenziato un utile di circa 12 miliardi determinando una inversione di tendenza attribuibile alla riduzione delle perdite sui crediti ed al progressivo miglioramento del risultato di gestione, a sua volta ricollegabile all'opera condotta dagli organi aziendali, che ha portato anche ad una forte contrazione dei costi operativi, ridottisi di oltre il 20 per cento nel triennio 1994-1996.
Il ritorno in sostanziale pareggio del conto economico chiude una prima fase di risanamento aziendale. Il consolidamento della situazione tecnica ed il rilancio del Banco è legato al conseguimento di ulteriori miglioramenti reddituali, al potenziamento dei livelli patrimoniali, alla conseguente individuazione di linee strategiche di sviluppo.
I risultati reddituali sono stati condizionati dal segno strutturalmente negativo del patrimonio libero (-4.178 miliardi al 30 giugno 1996), dall'elevata rischiosità dell'attivo e dall'incidenza dei costi del personale.
Nella politica di contenimento del rischio perseguito dal Banco si inquadra la definizione degli accordi per la cessione al gruppo Banca popolare di Lodi degli sportelli della Banca del sud, operazione collegata alla dismissione di partecipazioni non strategiche (Mediofactoring, IMI, eccetera) e alla chiusura di dipendenze all'estero.
In linea con le ulteriori iniziative volte al risanamento della banca, il consiglio di amministrazione del Banco di Sicilia Spa è stato integralmente rinnovato in data 21 maggio 1997 con le nomine note del professor Gustavo Visentini e, con la carica di vicepresidente, del presidente della fondazione.
Successivamente il professor Visentini si è dimesso dalla carica nel corso dell'assemblea dei soci tenutasi il 5 settembre 1997, convocata per apportare allo statuto del banco le modifiche propedeutiche all'ingresso nel capitale di Mediocredito centrale (fra cui l'elevazione da 7 a 11 del numero di consiglieri e la previsione di un secondo vicepresidente). Nella stessa adunanza è stato integrato il consiglio con la nomina di un secondo vicepresidente, nella persona del professor Imperatori, e di due amministratori, il dottor Tellini e il dottor Carducci, di provenienza Mediocredito. L'assemblea ha infine chiamato a ricoprire il ruolo di amministratore delegato il dottor Caletti, che mantiene l'attuale carica di direttore generale dell'istituto. In data 25 novembre 1997 il dottor Alfio Noto è stato nominato presidente del consiglio di amministrazione.
La sottoscrizione da parte di Mediocredito di un aumento di capitale riservato di mille miliardi - deliberata in occasione dell'assemblea del Banco tenutasi il 15 ottobre 1997 - si inquadra in un'operazione volta al rafforzamento ed al rilancio del Banco di Sicilia che, in data 6 settembre 1997, ha rilevato attività e passività della Sicilcassa, posta in liquidazione con decreto del ministro del tesoro del 5 settembre 1997.
L'evoluzione della situazione tecnica e gestionale del Banco sarà conseguentemente influenzata dal rilievo dell'azienda bancaria Sicilcassa - ora operativa come divisione autonoma all'interno dell'istituto - che ha fatto del Banco il perno principale di un polo creditizio siciliano di rilevanti dimensioni. Il piano industriale, attualmente in corso di definizione, dovrebbe consentire il raggiungimento di sinergie produttive e finanziarie che potranno avere effetti positivi sul sistema bancario ed economico siciliano.

PRESIDENTE. L'onorevole Carmelo Carrara ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-00791.


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CARMELO CARRARA. Signor Presidente, mi dichiaro assolutamente insoddisfatto. Esattamente un anno fa, tenuto conto che poco prima era stato patrimonializzato il Banco di Sicilia, ci chiedevamo quale dovesse essere la futura sorte di questo istituto, dal momento che gli amministratori dell'epoca (il direttore però ha conservato la sua qualifica), lungi dall'attivare tutte le iniziative volte al rilancio dell'azienda, si erano impegnati in un'operazione di contenimento degli investimenti, riducendo tutti i margini operativi fino al punto da compromettere la presenza del Banco sul mercato del credito in Sicilia.
A fronte di manifestate insoddisfazioni da parte del presidente della fondazione, per tutta risposta il Banco aveva deciso il declassamento di quasi tutte le filiali, nonché delle strutture centrali, con il chiaro obiettivo di ridurre il Banco ad una struttura regionale che non potesse contrastare coloro che stavano gestendo (come sta avvenendo attualmente) la trasformazione del sistema bancario nazionale. Dalla risposta del sottosegretario non sono assolutamente emersi elementi che possano denotare una sana e corretta gestione del credito. Ci sono stati tentativi di vendita da parte della direzione dell'epoca delle società partecipate, ma ancora oggi non sono affatto chiari i bilanci di queste società e non è escluso che la procura di Palermo ci metta il naso per verificare la bontà di sopravalutazione e di ipovalutazione degli alberghi di proprietà del Banco.
Negli impieghi delle sezioni di credito speciale si registra ancora una sbilanciata ripartizione degli stessi. Rispetto a quanto è stato annunciato, quale professionalizzazione degli impiegati è stata operata? Perché i tassi di interesse sono rimasti mediamente tra i più alti? È noto che sui 6.000 miliardi di sofferenza della Sicilcassa, confluita nel Banco di Sicilia, 3.000 sono stati portati a perdita e 3.000 sono passati al Banco senza aggravi per l'istituto. Che ne è stato di questi 3.000 miliardi? Quali operazioni di recupero sono state avviate? Come si pongono gli attuali amministratori del Banco di Sicilia di fronte a queste operazioni?
Credo che il tentativo di scasso del sistema bancario siciliano si stia veramente consumando attraverso un'operazione che, con una iniqua liquidazione amministrativa della Sicilcassa, rilancia in buona sostanza il Banco di Sicilia, che infatti è stato patrimonializzato mediante Mediocredito centrale. Questa, forse, è la vera strategia di alcuni furbastri che tentano di spogliare completamente la Sicilia del ruolo di polo di riferimento locale, che poteva servire da sostegno alle grandi imprese (che purtroppo in Sicilia non ci sono più), ma anche alle piccole e medie imprese, che più di tutte le altre sostengono il valore della Sicilia.
Che cosa si è realizzato, se non uno spostamento dei poteri decisionali al centro? Gli atti di gestione fin qui compiuti hanno sicuramente indebolito ulteriormente il Banco di Sicilia sotto il profilo sia finanziario sia organizzativo, fino al punto che ora si rende forse conseguenziale la cessione della società ad altro istituto di credito continentale a prezzo modestissimo. Credo che l'affare degli ultimi dieci anni sia proprio quello di avere sfruttato, a mio avviso senza che ve ne fossero i presupposti, la possibilità del ricorso alla legge Sindona mediante la gestione di una bad bank a cui affidare il recupero dei crediti di sofferenza, soprattutto mediante l'esperimento di transazioni da realizzare con metodi di carattere privatistico, che finora incredibilmente non sono stati adottati neanche durante il periodo della gestione commissariale.
Siamo di fronte ad un affare sicuramente inferiore rispetto a quello riguardante il Banco di Napoli, ma che ammonta a circa 6.000 miliardi, che non sono di certo noccioline. Il Tesoro e la Banca d'Italia devono ancora spiegare perché, a fronte di una verifica ispettiva del 1992 conclusa senza l'adozione di alcun provvedimento di carattere straordinario,


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nell'arco di 3-4 anni si sia verificata una situazione di sofferenza di circa 6.000 miliardi.
Concludo, signor Presidente.
Io credo che il Ministero del tesoro e la Banca d'Italia abbiano il dovere di svegliarsi e di intervenire su questo grande affare del sistema bancario e finanziario. Credo, soprattutto, che le sorti della Sicilia debbano essere affidate a persone che veramente abbiano a cuore lo sviluppo del Mezzogiorno, per risanare l'economia creditizia: per questo ci vogliono uomini, appunto, che conoscono la «sicilianità» e anche le realtà finanziarie del credito siciliano, non, invece, uomini di mediazione, quali quelli che finora hanno svenduto il polo bancario siciliano e sono stati sicuramente immemori delle sorti di grandi, piccole e medie imprese siciliane.

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