Seduta n. 320 del 26/2/1998

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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Inchiesta amministrativa sull'uccisione del direttore dell'ufficio registro di Foggia)

PRESIDENTE. Cominciamo con l'interpellanza Veltri n. 2-00917 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
L'onorevole Veltri ha facoltà di illustrarla.

ELIO VELTRI. Signor Presidente, caro sottosegretario, sono costretto ad illustrare l'interpellanza, altrimenti vi è il rischio che non si capisca di cosa stiamo parlando. Si tratta dell'assassinio del dottor Francesco Marcone, direttore dell'ufficio del registro di Foggia, unico funzionario dello Stato dell'amministrazione finanziaria assassinato in Italia dal dopoguerra in poi. È opinione comune a Foggia, dove si è costituito un comitato cittadino a larga partecipazione, che il dottor Marcone, assassinato il 31 marzo 1995 sul portone di casa, sia stato ucciso per ragioni di lavoro, perché era un funzionario rigoroso. Solo nove giorni prima dell'assassinio aveva inviato un esposto alla procura della Repubblica - stiamo parlando di una città in cui i livelli di illegalità e di criminalità sono spaventosi - contro truffe perpetrate da ignoti falsi mediatori, che garantivano dietro pagamento il rapido disbrigo di pratiche riguardanti l'ufficio.
Per questo assassinio, del quale parlerà meglio una lettera che mi ha inviato la figlia del dottor Marcone e che leggerò, sono state aperte due inchieste, una per illeciti amministrativi a carico del direttore regionale degli uffici, il dottor Caruso, ed un'altra per l'omicidio vero e proprio, per la quale è indagato lo stesso dottor Caruso.


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È opinione comune a Foggia (dove in un anno sono stato almeno cinque volte) che l'assassinio nasca nell'ambiente di lavoro e che la magistratura da una parte - non si sa se più per inesperienza o per altro - e il Ministero delle finanze dall'altra non abbiano fatto quanto era necessario per conoscere la verità su questo assassinio. È stata richiesta ripetutamente dai familiari e dal comitato Marcone di Foggia al Ministero delle finanze un'inchiesta amministrativa condotta da tecnici del Ministero, quindi estranei all'ambiente, per verificare l'ipotesi secondo la quale le ragioni dell'omicidio risiedano nei comportamenti del Marcone come funzionario integerrimo.
Il Ministero ha risposto il 29 luglio 1996, attraverso il coordinatore, ispettore generale dottor Tullio Proia, che a parere dell'ufficio del coordinamento legislativo del Ministero, «ragioni di economicità dell'azione amministrativa» inducevano ad attendere l'esito delle attività della magistratura ordinaria. Non capisco come, di fronte all'assassinio di un funzionario dello Stato, si invochino ragioni di economicità dell'azione amministrativa. Trovo grave e ripugnante tutto questo.
Il comitato Marcone ha ripreso la sua iniziativa, ha chiesto un incontro al ministro Visco, al quale anch'io avevo chiesto un colloquio, perché precedentemente avevo incontrato il ministro Fantozzi, ma non si era cavato un ragno dal buco.
A due interrogazioni, dell'onorevole Simeone e dell'onorevole Vendola, a parere del comitato e della figlia del dottor Marcone, non è stata data una risposta convincente e a questo punto abbiamo presentato questa interpellanza per chiedere - naturalmente, al ministro - testualmente: «se non ritenga grave la motivazione fornita dall'ispettore generale dottor Proia (...), se non ritenga di accertare chi abbia assunto all'interno dell'ufficio del coordinamento legislativo del Ministero delle finanze una così grave decisione e quali provvedimenti intenda eventualmente assumere» e soprattutto, ciò che più ci interessa, quali iniziative intenda promuovere per contribuire ad accertare la verità su questo assassinio.
Desidero ora dare lettura di una lettera della figlia del dottor Marcone, una giovane, Daniela Marcone, che, nonostante l'assassinio del padre, ha una grande fiducia nelle istituzioni democratiche. Leggo: «Caro Elio, (...) la vicenda giudiziaria dell'omicidio Marcone è partita fin dal suo esordio con mille difficoltà: affidata in prima battuta ad un magistrato di poca esperienza, è decollata con vere e proprie indagini e numerosi interrogatori solo sette mesi dopo l'omicidio, con la costituzione di un pool di magistrati sul caso. Tale lavoro ha portato all'individuazione di illeciti amministrativi di una certa portata, uno dei quali potrebbe essere strettamente connesso con l'omicidio. L'aspetto più inquietante di tutta la faccenda è il coinvolgimento di dipendenti dell'amministrazione finanziaria, in particolar modo quello dell'ex direttore regionale delle entrate per la Puglia, Stefano Caruso». Quest'ultimo è stato arrestato per illeciti amministrativi ed è indagato per omicidio. Ancora indagato! Il ministro Visco mi aveva detto che le indagini si erano concluse con il proscioglimento, invece non è così, perché il GIP ha ordinato un supplemento di indagine al pubblico ministero. Prosegue la lettera: «Sono sempre stata convinta che tra mio padre e Caruso ci fosse dell'amicizia, se non altro un buon rapporto di lavoro, ma a seguito della lettura del fascicolo processuale ho scoperto che alcuni comportamenti lavorativi di mio padre, così sempre preciso e desideroso di correttezza nelle procedure amministrative, irritavano fortemente il Caruso. Ovviamente l'estrema complessità della materia oggetto di indagine, quasi completamente riguardante la monumentale normativa tributaria, nonché le pratiche d'ufficio - e non solo quelle - riguardanti l'imposta di registro, ha notevolmente contribuito a rallentare il lavoro dei magistrati. Mi sembra evidente che le indagini dovevano essere condotte in coordinamento con degli esperti in materia tributaria, i quali avrebbero potuto chiarire molti punti

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rimasti ancora oscuri. Gli esperti di cui sopra avrebbero dovuto essere assolutamente estranei alla vicenda, possibilmente lontani dalla realtà locale. Invece, l'unico atto che potrebbe sembrare di indagine amministrativa è firmato dallo stesso Caruso». Cioè da colui il quale è indagato per l'omicidio di suo padre! «A tal proposito mi sembra ora opportuno analizzare i tre documenti allegati alla bozza di interrogazione parlamentare. Il primo è datato 29 luglio 1996 ed è la comunicazione di ripresa di servizio effettuata da Caruso dopo gli arresti domiciliari chiesti nei suoi confronti dalla procura foggiana per i reati di abuso d'ufficio, rilevazione di segreti d'ufficio ed evasione fiscale;» - per questi reati il dottor Caruso è stato poi prosciolto - «in questa comunicazione il Caruso conclude con la richiesta di un intervento dell'amministrazione finanziaria, in merito ad un'inchiesta amministrativa "mediante l'utilizzo di uno o più ispettori che abbiano esperienza in materia di imposte di registro".
«Nel secondo documento, datato 26 novembre 1996, leggiamo la risposta del Ministero delle finanze, in cui si viene a conoscenza dell'esistenza di un parere dato dall'ufficio del coordinamento legislativo, non meglio specificato se non con un sunto del suo contenuto, la cui conclusione sembrerebbe comportare l'opportunità, per ragioni di economicità dell'azione amministrativa, di attendere l'esito delle indagini della procura locale (si può parlare di economicità quando una persona è stata assassinata?)» - e che senso ha attendere le indagini della procura se l'inchiesta veniva richiesta proprio per aiutare le indagini della procura di Foggia a scoprire la verità? - «Infine l'ultimo documento, in cui il Caruso, vista l'inerzia dell'amministrazione finanziaria, decide di prendere in pugno la situazione, dimenticando, ahimè, che proprio in quel periodo erano in pieno svolgimento le indagini sulla sua persona, le quali indagini non escludevano un suo coinvolgimento nello stesso omicidio, tanto che a questo proposito era stato raggiunto da avviso di garanzia». Io credo che nella storia italiana raramente si riscontri un fatto di questo tipo, e cioè che un'indagine amministrativa che riguarda un omicidio viene svolta dalla stessa persona indagata per quell'omicidio, nel silenzio generale!

DOMENICO GRAMAZIO. La famosa legge del «controllore controllato»!

ELIO VELTRI. Prosegue la lettera: «Oggi la situazione è veramente grave, in quanto la procura ha chiesto l'archiviazione per il reato di omicidio contestato a Caruso, in quanto l'arma utilizzata per uccidere mio padre è la stessa usata in occasione di un misterioso attentato perpetrato contro la porta di casa Caruso nel 1993, circa due anni prima dell'omicidio. Poiché le indagini non sono riuscite a provare la simulazione di quell'attentato, i pubblici ministeri le hanno concluse con una richiesta di archiviazione. I miei avvocati hanno ritenuto non esserci gli estremi per un'opposizione di parte civile, in quanto allo stato delle indagini era preferibile un'archiviazione ad una sentenza di assoluzione in favore degli indagati.» - però poi il GIP ha chiesto un supplemento di indagine - «Ad ogni buon conto il GIP ha chiesto ulteriori approfondimenti, evidentemente non ritenendosi del tutto convinta» - è una signora - «dell'assoluta estraneità ai fatti dei soggetti indagati. L'esito di queste ulteriori attività sarà riferito nell'udienza del 10 febbraio 1998» - non so se sia stato concluso, ma dalle ultime notizie non mi risulta - «Per quel che mi riguarda, io non ho alcun intento persecutorio nei confronti di Caruso, ma ritengo, confortata dai miei avvocati, che le indagini presentano molte pecche, non ultime quelle causate dalla tecnicità della materia.
«Caruso ha comunque rivelato ai suoi amici imprenditori le intenzioni di mio padre in merito ad una revisione del comportamento amministrativo sull'atto consigliato dallo stesso Caruso ai suddetti imprenditori. Con tale spregiudicato comportamento, Caruso ha messo in pericolo di vita mio padre, ma tale responsabilità morale non è punita dalla legge.


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«Sono comunque da individuare le responsabilità del Ministero delle finanze, che in questo difficile caso, specchio della realtà italiana, non è stato in grado di adottare misure idonee al raggiungimento della verità e alla tutela di una persona che ha perso la vita nel 'semplice' svolgimento del proprio lavoro». È incredibile come una figlia possa raccontare le cose in maniera così serena. «In poche parole non si può individuare nel comportamento del Ministero alcuna volontà di chiarezza su una vicenda da cui traspare tanto marcio e in cui mio padre ha fatto la parte dell'agnello sacrificale.
«Mio padre non ritornerà più, ma il mio paese» - il mio paese, signor Presidente - «mi interessa tanto da pensare che vale la pena lavorare per la chiarezza e per la giustizia, non intesi come valori astratti ed ormai inconsistenti, ma come realtà in un mondo in cui deve essere possibile poter svolgere il proprio lavoro con la volontà seria di rispettare le leggi, con la ferma intenzione di non arrecare danno allo Stato, ma semmai compiere passi avanti sulla strada della dignità sociale».
Chiedo solo questo, caro sottosegretario. La giovane Daniela Marcone è stata privata del padre; poiché dice che il suo paese le interessa e che vale la pena di lavorare per la chiarezza e per la giustizia, cerchiamo allora anche di non privarla della speranza e di farla restare in questa posizione di fiducia nelle istituzioni e nella giustizia. Dipende solo da noi!

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere a questa interpellanza così piena di problemi.

FAUSTO VIGEVANI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Gli interpellanti, premesso che la triste vicenda dell'assassinio del dottor Francesco Marcone, direttore dell'ufficio del registro di Foggia, avvenuta il 31 marzo 1995, sarebbe strettamente connessa alla sua attività lavorativa in quanto il predetto direttore «già da tempo cercava di limitare e controllare l'evasione fiscale ed eventuali illeciti perpetrati ai danni dello Stato», come confermato dalle indagini condotte dalla magistratura che hanno portato alla individuazione di gravi illeciti determinanti evasioni fiscali per circa 3 miliardi di lire, in cui sono risultati coinvolti il direttore regionale delle entrate per la Puglia, dottor Caruso, ed imprenditori e professionisti locali, lamentano che il Ministero delle finanze non abbia disposto una seria indagine amministrativa che avrebbe potuto fornire notizie essenziali sui fatti e sull'ambiente di lavoro dell'ufficio del registro di Foggia nonché un valido contributo alla magistratura.
Gli interpellanti, tra l'altro, evidenziano che, a seguito di richiesta di indagine amministrativa, il coordinatore del servizio ispettivo centrale del Ministero delle finanze, dottor Tullio Proia, in data 26 novembre 1996, avrebbe risposto sulla base di un parere reso dall'ufficio del coordinamento legislativo dello stesso Ministero, che ragioni di economicità dell'azione amministrativa inducevano ad attendere l'esito dell'attività della magistratura ordinaria.
Ciò posto, gli interpellanti chiedono anzitutto di conoscere quali iniziative sono state assunte dall'amministrazione finanziaria per accertare i fatti ed individuare eventuali responsabilità degli uffici finanziari di Foggia e di Bari; in secondo luogo, se non debba ritenersi grave la motivazione del dottor Proia circa il rifiuto di promuovere un'inchiesta amministrativa; in terzo luogo, quali provvedimenti si intendano adottare nei confronti dei responsabili del parere reso dall'ufficio del coordinamento legislativo; in quarto luogo, quali iniziative si intendano promuovere tempestivamente per porre rimedio all'incuria e alla disattenzione con le quali l'amministrazione finanziaria ha trattato l'episodio del dottor Marcone e per avviare una fattiva collaborazione con la magistratura di Foggia.
Sulla gravissima e dolorosa vicenda dell'assassinio del dottor Marcone, prima di riferire quanto posto in essere dagli uffici dell'amministrazione finanziaria, si


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deve richiamare l'attenzione degli onorevoli interpellanti su alcuni elementi solo parzialmente richiamati o non considerati nella loro interpellanza.
Primo: tempi ed incisività dell'indagine della magistratura sono in questo caso fondamentali ed insostituibili dalla mera azione di inchiesta amministrativa, essendo le uniche capaci di affrontare i fatti a 360 gradi negli eventuali intrecci esterni ed interni alle amministrazioni.
Secondo: si è in attesa dei riscontri dell'inchiesta amministrativa decisa dalla direzione generale del dipartimento delle entrate, disposta disgiuntamente dalle precedenti iniziative assunte in sede regionale e contestualmente alla decisione di fare ampiamente ricorso al criterio della mobilità relativamente ai funzionari degli uffici finanziari pugliesi a cominciare dal responsabile regionale.
In proposito il dipartimento delle entrate, al fine di chiarire il lineare comportamento tenuto dall'amministrazione finanziaria, ha esposto i fatti e le circostanze che sono alla base della vicenda in questione. In particolare, il predetto dipartimento ha riferito che in data 29 luglio 1996 il dottor Stefano Caruso, dirigente generale e a quel tempo direttore regionale delle entrate per la Puglia, ora trasferito da quella sede, ha chiesto in relazione alla sua posizione nei riguardi della questione in argomento un intervento con funzionari aventi esperienze in materia di registro per accertare le eventuali illegalità del comportamento suo e dei funzionari che hanno trattato uno degli atti oggetto dell'indagine della magistratura.
Stante la concomitanza di tale indagine con quelle della magistratura ordinaria e non conoscendo la rilevanza che l'iniziativa amministrativa poteva avere per quell'organo, con nota del 16 ottobre 1996, il dipartimento delle entrate ha richiesto all'ufficio del coordinamento legislativo un parere in merito alla possibilità di svolgere la predetta inchiesta.
Con parere reso in data 12 novembre 1996, l'ufficio del coordinamento legislativo, pur rilevando la frammentarietà delle notizie riportate in ordine alla fattispecie oggetto del parere, ha ritenuto che non sussistessero ostacoli all'avvio di indagini amministrative da parte dell'amministrazione stessa, atteso che dai dati forniti risultava che la procura della Repubblica presso il tribunale di Bari stesse, allo stato, svolgendo delle indagini che potevano ritenersi preliminari e che, inoltre, non era stato disposto il sequestro probatorio dell'atto da sottoporre a verifica amministrativa, atto pubblico di costituzione di società registrato il 2 novembre 1992, n. 3483, presso l'ufficio del registro, atti civili, di Foggia e oggetto di indagini da parte della procura della Repubblica presso il tribunale di Bari.
Con successiva nota del 26 novembre 1996, il coordinatore del servizio ispettivo centrale, dottor Tullio Proia, chiedeva alla direzione regionale delle entrate per la Puglia di confermare le due precedenti circostanze onde poter avviare l'indagine amministrativa. La direzione regionale delle entrate per la Puglia, con nota del 16 dicembre 1996, a firma del medesimo dottor Caruso che aveva richiesto l'intervento, pur affermando che le indagini erano nella fase preliminare, comunicava che di tale atto insieme con altri era stato effettuato il sequestro.
Con nota del 26 dicembre 1996, il predetto coordinatore del servizio ispettivo centrale, tenuto conto dell'avvenuto sequestro dell'atto oggetto di verifica, riassumeva tutta la situazione al direttore generale del dipartimento delle entrate, esprimendo il parere di attendere l'esito dell'attività della magistratura ordinaria, parere che risulta essere stato condiviso.
Successivamente, in data 13 giugno 1997, al fine di tutelare gli interessi erariali, il direttore generale del dipartimento delle entrate prospettava al servizio ispettivo centrale di disporre una verifica ispettiva tendente ad acclarare la correttezza dell'operato dell'ufficio del registro di Foggia in relazione agli atti e ai documenti non più coperti da segreto istruttorio o comunque resi disponibili dalla procura.

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Sulla base di tale indicazione è stato conferito apposito incarico di servizio al dottor Amato Amati per acclarare il comportamento degli uffici finanziari in merito all'atto registrato presso l'ufficio del registro, atti civili, di Foggia, in data 2 novembre 1992, n. 3483, l'atto citato che era stato precedentemente sequestrato. Il medesimo dipartimento ha rilevato che, dalla relazione ispettiva del 18 agosto 1997 e da un successivo chiarimento in data 16 ottobre 1997, è emerso un comportamento non corretto in sede di tassazione e che per ogni conseguente valutazione ed iniziativa tale atto è attualmente all'esame dei competenti organi dell'amministrazione finanziaria.

PRESIDENTE. L'onorevole Veltri ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00917.

ELIO VELTRI. Signor Presidente, innanzitutto non ho capito a chi si riferisca il comportamento non corretto. È un aspetto che non ho compreso nella risposta del sottosegretario. Ho capito però che l'omicidio è avvenuto il 22 marzo 1995 e che questa verifica ispettiva è stata fatta nel 1997. Forse la verifica ispettiva avrebbe potuto essere utile anche alle indagini della magistratura, ma ritengo sia trascorso troppo tempo dal momento dell'assassinio al periodo in cui la verifica ispettiva è stata fatta. Peraltro chiedo al sottosegretario la documentazione inerente a tale verifica ispettiva, della quale nessuno a Foggia è a conoscenza, né gli avvocati del Marcone né i familiari né il comitato Marcone.
Quindi occorre, da una parte, individuare le responsabilità (non credo che il sottosegretario abbia voluto intendere che il dottor Marcone si sia suicidato) e, dall'altra, fare chiarezza affinché emerga la verità, qualunque essa sia.
Devo però sottolineare altri aspetti, il primo dei quali riguarda la lunghezza dei tempi. Il fattore tempo in queste cose non è mai una variabile indipendente, anzi è molto importante perché, se si interviene tempestivamente, si può essere utili, se non si interviene tempestivamente, non si è più utili. Inoltre, la risposta dell'ispettore centrale, in base al parere del servizio legislativo, appare non consona di fronte ad un assassinio.
Un'ultima osservazione. Comprendo il compito dei sottosegretari, i quali sono costretti a leggere le risposte elaborate dagli uffici ma, di fronte ad un assassinio, per una volta si sarebbe potuta fare un'eccezione evitando la lettura troppo burocratica della risposta predisposta dal ministero.
Mi auguro infine che il ministro assuma un atteggiamento deciso affinché sia fatta luce su questo fatto gravissimo e soprattutto per convincere i familiari del dottor Marcone e l'opinione pubblica di Foggia, molto attenta alla vicenda, che il Governo ha fatto e farà quanto è necessario per contribuire all'accertamento della verità.

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