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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 dicembre 1997, n. 438, recante proroga di termini per assicurare il finanziamento di progetti in materia di prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
ALBERTO LEMBO. Chiedo di parlare per un chiarimento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTO LEMBO. Signor Presidente, vorrei un chiarimento e credo che anche il collega Nardone sia interessato a quanto sto per chiederle.
PRESIDENTE. Onorevole Lembo, l'assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 1183-1422-B è già avvenuta nella parte antimeridiana della seduta, dopo che il Presidente ha comunicato l'esito della votazione per l'elezione di quattro componenti l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
ALBERTO LEMBO. La ringrazio, signor Presidente.
PRESIDENTE. Il relatore, onorevole Lucchese, ha facoltà di svolgere la relazione.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, il decreto-legge n. 438, di cui al disegno di legge n. 4484, reca norme per la proroga di termini per assicurare il finanziamento di progetti in materia di prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze.
ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Io logicamente sono qui - in un'aula vuota, perché dei membri della maggioranza, ad eccezione del carissimo collega Caccavari, non vedo l'ombra - avendo discusso a lungo sulla necessità di approvare rapidamente questa proroga di termini, in modo da far giungere ad organizzazioni, comunità ed enti locali i finanziamenti per la lotta alla droga. Però, vedo che tutto sommato sono presenti quasi esclusivamente i membri dell'opposizione. Capisco che la maggioranza, in particolare il PDS, sia impegnato in questioni di più vasta portata, di maggiore interesse, però allora ci vorrebbe anche un po' più di coerenza e non si dovrebbe continuare a declamare dei principi, ma anche tenervi fede quando si tratta di concretizzarli.
PRESIDENTE. Le ricordo che il suo intervento è sull'ordine dei lavori.
ALESSANDRO CÈ. Ed è sull'ordine dei lavori! Un'ordine dei lavori che si svolge in maniera sicuramente reprensibile perché non mi sembra questo un modo serio di procedere.
PRESIDENTE. Onorevole Cè, non vi è alcun elemento che sia ostativo allo svolgimento dei nostri lavori. Naturalmente la partecipazione è facoltativa ed ognuno può svolgere le proprie autonome valutazioni, ma i nostri lavori possono tranquillamente continuare. Inoltre il Governo è rappresentato in modo assolutamente congruo dal sottosegretario, professoressa Soliani, che adesso ha facoltà di parlare.
PAOLO COLOMBO. La maggioranza non ha bisogno dell'avvocato d'ufficio!
ALBERTINA SOLIANI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, posso assicurare che il Governo è fortemente impegnato nella lotta alla droga e quindi è qui per chiedere la proroga dei termini, al fine di utilizzare i fondi stanziati in tale materia.
PRESIDENTE. La ringrazio, signor sottosegretario.
MARETTA SCOCA. Signor Presidente, signor sottosegretario, vorrei sottolineare solamente tre punti in merito a questo provvedimento, del resto l'esposizione fatta dal relatore Lucchese è stata assai puntuale ed esplicativa.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Fioroni, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
MARIA BURANI PROCACCINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non nutro dubbi sul fatto che la sua personale sensibilità, signor sottosegretario, che noi tutti conosciamo, la induca a starci accanto nel momento in cui discutiamo di un decreto piuttosto importante, diretto ad assegnare le somme già stanziate ai programmi volti alla lotta contro la droga. Tuttavia, ragioni di opportunità politica avrebbero richiesto che a sostenere un provvedimento di tal sorta ci fosse proprio il ministro Turco in persona, che da sempre si è dichiarata fortemente motivata per quanto attiene al problema droga.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Valpiana, iscritta a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
DOMENICO GRAMAZIO. Signor Presidente, credo innanzitutto di dover sottolineare, ad onore non del Comitato dei nove ma dell'intera Commissione XII, che su questi temi si è lavorato con attenzione e molta responsabilità; ci sembra pertanto alquanto disdicevole la non presenza di ministri o sottosegretari direttamente interessati al problema. Senza nulla togliere al sottosegretario presente, ritengo che un tema del genere, così come è stato affrontato e alla luce del suo excursus politico e storico prima all'interno delle Commissioni poi delle Assemblee, aveva diritto ad una attenzione maggiore.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caccavari. Ne ha facoltà.
ROCCO CACCAVARI. La ringrazio, signor Presidente, ma mi sforzerò di stare in piedi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Massidda. Ne ha facoltà.
PIERGIORGIO MASSIDDA. Signor Presidente, signor sottosegretario, se mi permettete voglio anch'io fare presente che tutti diamo a parole una grande dignità a questo provvedimento, ma occorrono anche i fatti. Con molto rispetto per la sottosegretaria, quindi, ritengo che il Governo avrebbe dovuto essere qui presente...
DOMENICO GRAMAZIO. Lo abbiamo detto!
PIERGIORGIO MASSIDDA. Mi fa piacere trovarmi in compagnia di altri colleghi, anche della maggioranza, perché credo che si tratti di fatti concreti. Il fatto che stiamo discutendo in un'aula deserta, perché i colleghi hanno preferito ritornare al proprio collegio, dimostra un senso di responsabilità che avremmo atteso anche dal Governo. Senza nulla togliere - lo ripeto ancora - alla sottosegretaria, che ha la nostra stima e la nostra simpatia.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Carlesi, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
ANTONIO GUIDI. Signor Presidente, Governo... diciamo così, Governo, colleghi, l'onorevole Massidda, nell'intervento che mi ha preceduto (peraltro ottimo, ma non sta a me dare voti), si è rammaricato per la scarsa presenza di deputati nel dibattito sul disegno di legge di conversione di questo decreto-legge: io non so se essere crucciato oppure, in qualche modo, contento. In realtà, quando quest'aula è semivuota e si parla di sociale, io soffro sempre, come tanti colleghi, però porto ancora le brucianti cicatrici della spettacolarizzazione indegna del caso Di Bella. Ecco, io credo che quando si sostituisce un dibattito, anche feroce o forte, nell'aula del Parlamento, ad una spettacolarizzazione per spot del dolore, della sofferenza, del dubbio... Perché vedete, colleghi, in certi argomenti, come quelli della riabilitazione, del diritto alla vita, delle tossicodipendenze, degli ospedali psichiatrici, non sempre si hanno certezze: io ce l'ho sul diritto alla vita ed anche sulla qualità della vita, ma certo c'è sempre dolore nelle scelte, ci sono sempre tanti
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Forse ci è sfuggito, ma volevo sapere se la deliberazione sull'assegnazione in sede legislativa del provvedimento sull'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla Federconsorzi sia già
avvenuta nel corso della parte antimeridiana della seduta. Infatti, mi risultava che su tale assegnazione si dovesse decidere alla ripresa pomeridiana della seduta.
L'altro ramo del Parlamento, con l'atto Senato n. 2971, ha già approvato il provvedimento il 22 gennaio 1998, introducendo una modifica al testo del Governo, e lo ha trasmesso alla Camera dei deputati in data 23 gennaio 1998. Il disegno di legge è stato quindi assegnato alla XII Commissione.
La materia oggetto del decreto-legge, che scadrà il 20 febbraio 1998, è stata già affrontata da una serie di decreti-legge che ha avuto inizio con il decreto del 14 luglio 1993, n. 226, e termine con il decreto-legge 13 settembre 1996, n. 476. Tali provvedimenti non sono stati convertiti in legge anche se gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti durante la loro vigenza sono stati sanati dall'articolo 1, comma 1, della legge 28 marzo 1997, n. 86, avente titolo «Sanatoria degli effetti prodotti dai decreti-legge adottati in materia di prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze e di funzionamento dei SERT».
Tale legge discende dalla presentazione del disegno di legge n. 2576-bis, dopo lo stralcio della materia dall'originario disegno di legge n. 2576, in particolare degli articoli 1 e 3.
Con l'articolo 1, comma 1, sono state in particolare fatte salve le disposizioni relative all'istituzione e alla gestione del fondo nazionale di interventi per la lotta alla droga, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento affari sociali; alle procedure amministrative e contabili connesse al finanziamento del progetto; alla composizione della commissione istruttoria per l'esame dei progetti finalizzati alla prevenzione ed al recupero dalle tossicodipendenze; al riparto e al trasferimento alle regioni degli stanziamenti del fondo; all'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di un nucleo operativo per la verifica sul territorio degli interventi nel settore della tossicodipendenza; all'istituzione del servizio telefonico d'informazione cosiddetto Drogatel; al personale operante in servizi per le tossicodipendenze, sia in rapporto ordinario che di convenzione; all'uso degli immobili da parte delle comunità di recupero.
L'articolo 1, commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14, della citata legge n. 86 del 1997, stabilisce che possano accedere al finanziamento a valere sul fondo nazionale per la lotta alla droga, istituito presso la Presidenza del Consiglio, i progetti presentati da alcuni ministeri, dalle regioni, dagli enti locali e dalle aziende sanitarie locali, dagli enti e organizzazioni di volontariato, dalle cooperative di privati che operano senza fine di lucro, dai comuni e dalle cooperative sociali. Per questi soggetti la normativa prevede, al fine di ottenere il finanziamento richiesto, una diversa disciplina, sia in ordine alla data entro la quale devono essere presentati i progetti, sia in ordine alla finalizzazione dei progetti stessi.
Il comma 13 dello stesso articolo 1 della legge n. 86, in deroga alle vigenti
norme sulla contabilità di Stato, per le somme accreditate ai funzionari delegati stabilisce che la gestione e la rendicontazione delle somme relative all'esercizio finanziario 1993 vengono prorogate per i quattro anni successivi al medesimo esercizio, mentre quelle relative agli esercizi finanziari 1994 e 1995 sono prorogate per i tre anni successivi agli esercizi considerati.
L'articolo 2 della stessa legge n. 86 stabilisce che le disponibilità esistenti al 31 dicembre 1996 sui capitoli 1358 e 2966 dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio, non impegnate alla chiusura dell'esercizio finanziario, possono esserlo, per gli stessi fini, in quelli successivi. Dispone, altresì, che le somme del fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, ripartite nell'esercizio finanziario 1996 tra i capitoli di spesa dei ministeri di cui all'articolo 127 del testo unico sulle tossicodipendenze, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, non impegnate nell'esercizio medesimo, possono esserlo nell'esercizio successivo.
In data 19 dicembre 1997 la XII Commissione della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 7-00386, a firma Lumia ed altri, che impegna il Governo ad adottare provvedimenti atti a differire il termine di utilizzo dei finanziamenti previsti dalla legge n. 86 del 1997 alla data del 31 dicembre 1998. La stessa risoluzione impegna altresì il Governo a verificare la possibilità di stabilizzare il rapporto di lavoro dei convenzionati nei SERT in raccordo con le regioni.
Passando ora ad esaminare il decreto-legge n. 438 del 19 dicembre 1997, l'articolo 1 proroga il termine entro il quale i funzionari delegati sono tenuti alla gestione e alla rendicontazione delle somme stanziate a valere sul fondo nazionale per la lotta alla droga relativamente agli esercizi finanziari 1994 e 1995, novellando la disposizione dell'articolo 1, comma 13, della legge 28 marzo 1997, n. 86, testé richiamata, che aveva già disposto una proroga di tre anni per ciascuno degli esercizi finanziari considerati. L'effetto della modifica è pertanto quello di consentire una proroga per l'espletamento delle operazioni gestionali ed amministrative relative alle somme stanziate per il 1994, in quanto per quelle stanziate per il 1995 il termine è già coincidente con la chiusura dell'esercizio finanziario 1998. La disposizione in esame, pertanto, ribadisce una deroga, già contenuta nella legge n. 86, alla disciplina generale in materia di contabilità di Stato, in base alla quale ogni semestre o in quegli altri periodi che fossero stabiliti da speciali regolamenti e, in ogni caso, al termine dell'esercizio finanziario, i funzionari delegati devono trasmettere i conti delle somme erogate, insieme con i documenti giustificativi, alle competenti amministrazioni centrali, per i necessari riscontri.
L'articolo 2 del decreto-legge n. 438 in esame consente il mantenimento in bilancio delle somme esistenti nel capitolo n. 2966 dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri alla data del 31 dicembre 1997.
Si tratta di una disposizione che consente di evitare che, sulla base delle vigenti disposizioni di contabilità dello Stato, il mancato impegno dei fondi di natura corrente disponibili sui capitoli del bilancio dello Stato comporti la loro cancellazione dalla gestione finanziaria. Nel corso dell'esame al Senato è stato approvato un emendamento che limita la possibilità di impiego di tale somma ai due esercizi finanziari successivi (l'osservazione è stata avanzata dalla Commissione bilancio del Senato). Tale emendamento non fa altro che ribadire una disposizione già contenuta nelle norme sulla contabilità di Stato, nella quale è stabilito che i residui delle spese correnti non pagate entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto lo stanziamento si intendono perenti ai fini amministrativi.
Pertanto, il decreto-legge persegue l'obiettivo di assicurare il pieno utilizzo delle somme stanziate per la lotta alla droga, primo, provvedendo al differimento
del termine di utilizzo dei finanziamenti dei progetti per la prevenzione e il recupero delle tossicodipendenze, secondo, provvedendo al mantenimento in bilancio delle somme non impegnate, esistenti al 31 dicembre 1997, del fondo nazionale di interventi per la lotta alla droga.
Il ritardo sull'utilizzo delle somme è dovuto alla catena dei vari decreti-legge già citati e la legge n. 86 del 1997 non è stata fino ad ora in grado di sistemarne gli effetti perversi, dovuti soprattutto alla varia collocazione del fondo, alla tipologia dei vari progetti, ai soggetti che ne avevano accesso, che i suddetti decreti-legge dettavano.
L'utilizzo delle somme per il 1997 sarebbe dovuto avvenire con l'approvazione del disegno di legge n. 2756-ter, che detta disposizioni per il fondo nazionale di interventi per la lotta alla droga e che rappresenta lo stralcio dell'articolo 2 dell'originario disegno di legge n. 2756 di iniziativa governativa, la cui restante parte, come già detto, è stata definitivamente approvata e costituisce il contenuto della legge 28 marzo 1997, n. 86. Tale disegno di legge è all'esame in sede referente presso la XII Commissione (è già iniziato l'esame degli emendamenti) e quindi quanto prima si pensa che dovrebbe giungere in quest'aula per essere esaminato dall'Assemblea della Camera dei deputati.
Le disposizioni recate dal presente decreto-legge appaiono pertanto omogenee tra loro, sia per materia disciplinata sia per il tipo di misure predisposte, tendenti a consentire la non interruzione ed il completamento degli interventi per la lotta alla droga già posti in essere con la legge n. 86 del 1997.
Durante l'esame del decreto-legge in Commissione era stato presentato da parte del Governo un emendamento che tendeva ad utilizzare i fondi di cui all'articolo 127 del testo unico delle tossicodipendenze, a disposizione del Ministero dell'interno. Il relatore non è stato d'accordo, ha manifestato perplessità su questo emendamento e il Governo lo ha ritirato - si trattava di recuperare somme di scarsa entità, attorno a 85-90 milioni - perché con questa modifica il decreto-legge sarebbe dovuto tornare al Senato, per cui c'era il pericolo che non fosse convertito in legge e il Governo ha quindi ritenuto di ritirare questo emendamento. Pertanto, il disegno di legge di conversione del decreto-legge che stiamo esaminando è identico a quello che è stato licenziato dal Senato, se non saranno approvati emendamenti in sede di discussione.
Concludo, sollecitando la Camera a convertire questo decreto-legge per i fini di natura sociale ed umana che lo stanziamento del fondo sottende e che pertanto è atteso dalle comunità terapeutiche e da quanti operano nel settore.
L'altro aspetto che intendo rilevare, lo dico senza alcun risentimento nei confronti del sottosegretario qui presente, è che, come al solito, non vi è alcun interesse nemmeno da parte del Governo, al punto che è assente sia il ministro Turco che il sottosegretario...
Quello in oggetto è un provvedimento importante ed atteso da tempo ma sul quale non si registra una uguale partecipazione, né da parte della maggioranza né da parte del Governo e nemmeno da parte del presidente della Commissione incaricata di istruire il provvedimento.
Vorrei che restasse a verbale che per l'ennesima volta l'opposizione in fondo si comporta in maniera molto più responsabile della maggioranza.
Posso assicurare che il Governo è fortemente impegnato su questa materia; lo è il Ministero della pubblica istruzione che qui rappresento e ciò di intesa con il ministro per la solidarietà sociale, anche nell'attuazione di progetti e nella gestione dei fondi; ricordo che si tratta di politiche integrate tra ministeri diversi.
La continuità della lotta alla droga è la ragione fondamentale per la quale credo che tutti ci troviamo qui oggi impegnati ed è un obiettivo che ci accomuna; ciò esige, allo stato delle cose, che il Parlamento approvi questa provvedimento di proroga dei termini per utilizzare i fondi già stanziati in bilancio e destinati al finanziamento e alla realizzazione di progetti pubblici e privati in materia di prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze, con riferimento all'intero territorio nazionale.
Aggiungo che la necessità di procedere rapidamente alla conversione in legge del decreto è dettata anche dal fatto che in caso di mancata proroga si profilerebbero responsabilità sia di carattere politico che amministrativo per eventuali danni erariali e sociali.
La prima iscritta a parlare è l'onorevole Scoca. Ne ha facoltà.
In primo luogo vi sono delle somme già stanziate, destinate ed utilizzate nella lotta alla droga o comunque per l'assistenza, nelle varie forme, ai tossicodipendenti.
In secondo luogo, vi sono soggetti pubblici e privati che sono istituzionalmente preposti alla prevenzione, alla cura ed alla assistenza dei tossicodipendenti. In terzo luogo, è un fatto che quello della droga è un problema molto grave, con una portata sociale di grande rilievo, oltre ad avere un'importanza fondamentale per i tossicodipendenti stessi, per le loro famiglie e per la società in generale.
Inoltre, sappiamo tutti che, prima si interviene nella cura o nella prevenzione, migliori sono i risultati e le possibilità di recupero, ciò nonostante le pur non ingenti somme stanziate per la lotta alla droga non sono state integralmente utilizzate.
Il provvedimento al nostro esame prevede il mantenimento nel bilancio delle somme non impegnate ed esistenti al 31 dicembre 1997 del fondo nazionale di
intervento per la lotta alla droga. Questo decreto-legge, come si sa, trae origine da una serie di precedenti decreti non convertiti, gli effetti dei quali sono stati sanati comunque dalla legge n. 86 del 1997.
È allora ben evidente il nostro sì convinto al fine di utilizzare le somme non spese, ma vorremmo sapere perché non sono state spese. È un problema da affrontare, per capire per quali ragioni le istituzioni e le strutture non siano in grado di erogare le somme stanziate per un problema così grave. Di cosa si tratta? Di indifferenza, di incapacità, di omissioni, di eccessive griglie burocratiche? Quali che siano le ragioni, occorre eliminarle, perché, al di là del fatto che queste discrasie non dovrebbero mai verificarsi in uno Stato efficiente, in particolare in questo caso non è certamente la stessa cosa curare una persona in tempo, quando è possibile salvarla o far passare del tempo, con la conseguenza di rendere impossibile la sua salvezza, in pratica condannandola anche per inefficienza statale od istituzionale.
È del resto una prassi costante quella che vede l'incapacità di utilizzare risorse, piccole o grandi che siano, di provenienza nazionale od europea. Forse, per chi non ne ha bisogno o necessità, potrà sembrare un piccolo problema, ma certamente non lo è per coloro i quali fondano tutte le loro speranze, o parte delle stesse, sulla possibilità di utilizzare fondi di questo o di quel tipo (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole Burani Procaccini. Ne ha facoltà.
Ciò premesso, vorrei ricordare che il decreto-legge n. 438 del 1997 è giunto pressoché «intonso» dal Senato, dopo l'introduzione di una modifica all'articolo 2, che vincola le risorse del fondo nazionale al loro utilizzo entro il 1999, cosa molto opportuna. Quindi, si tratta di un decreto di proroga necessario per non perdere i fondi già stanziati e per assicurare il finanziamento ai progetti di prevenzione e di recupero delle tossicodipendenze che risalgono addirittura al 1995.
Vorrei soffermarmi brevemente sulla questione dei progetti.
Ricordo che proprio ieri in quest'aula è stata discussa un'interpellanza urgente, nella quale erano riportate le parole di Massimo Barra, direttore della fondazione Villa Maraini ed ispettore nazionale dei volontari del soccorso della Croce rossa, il quale ha affermato: «(...) le strutture antidroga stanno in un magma, devono procedere per tentativi, fare finta di fare progetti. Noi, periodicamente, facciamo finta di fare progetti per avere il finanziamento di quella che è la nostra attività quotidiana». Desidero pertanto soffermarmi proprio sui progetti, ricordando che è all'esame in sede referente presso la XII Commissione affari sociali il disegno di legge di iniziativa governativa «Disposizioni per il fondo nazionale di interventi per la lotta alla droga», che rappresenta lo stralcio di alcune disposizioni del disegno di legge proposto dal Governo, la cui restante parte è stata approvata e costituisce la legge n. 86 del 1997.
La verifica dei progetti è un momento importantissimo: la loro trasparenza e la loro efficacia rivestono particolare valenza in relazione ai fondi già attribuiti oggi, ma anche a quelli che impiegheremo domani. I progetti vanno verificati ed ottimizzati per raggiungere i risultati che ci si è
proposti fin dalla prima conferenza nazionale sulla droga del 1993. Ricordo che in quell'occasione si fissarono obiettivi a breve e a medio termine. Quelli a breve termine erano di far entrare in contatto il più precocemente possibile con le strutture sanitarie il maggior numero di tossicodipendenti; di ridurre nel più breve tempo possibile i rischi sanitari, psicologici e sociali derivanti dalle tossicodipendenze attive; di diminuire il rischio di morte accidentale per overdose, per incidenti stradali o per attività criminose; di diminuire il rischio di destrutturazione psicologica, che rovinava in maniera permanente il tossicodipendente abituale; di mantenere il più a lungo possibile i contatti tra il tossicodipendente e la struttura; di assicurare una buona integrazione tra profilassi e terapia per le persone sieropositive.
Vi erano poi gli obiettivi a medio termine: indurre a sospendere definitivamente l'uso della sostanza stupefacente, sia essa metadone od eroina, nonché riabilitare e risocializzare il tossicodipendente.
Si è cercato di raggiungere tali obiettivi attraverso mezzi che sono a dir poco discutibili, anche se per alcuni versi taluni si sono rivelati abbastanza positivi, pur in presenza di vari dubbi, che verranno analizzati nel corso del dibattito nella Commissione affari sociali della Camera. Mi riferisco alla creazione dell'unità di strada per la distribuzione di preservativi e siringhe, un nuovo avvento di distribuzione di metadone a mantenimento, esperimento che si era già rivelato fallimentare in precedenza. Vorrei infatti ricordare che il metadone si è rivelato fortemente debilitante e non adatto a quello che ci si proponeva come obiettivo a medio termine, cioè la disaffezione graduale. Si voleva inoltre ottenere una riduzione degli invii nelle comunità terapeutiche e l'avvio di un processo di normalizzazione della tossicodipendenza, volto a far convivere in maniera, per così dire, pulita con il problema della tossicodipendenza, attraverso battaglie, come quella per la legalizzazione delle sostanze stupefacenti, che ci vedono fortemente contrari.
A seguito della prima conferenza nazionale sulla droga del 1997 sono successe molte cose, anche se poche di quelle previste: le morti per overdose sono aumentate e così anche i casi di destrutturazione psicologica; il tossicodipendente vede sempre di più il SERT come una sorta di distributore di metadone ed il medico di tale struttura come una sorta di personaggio strano ed ambivalente, che spesso si presenta dietro un vetro perché non ha neppure il coraggio di affrontare un rapporto diretto. La riduzione del danno avrebbe dovuto essere una strategia mirata ad un target preciso: i cosiddetti soggetti recuperabili. Ma evidentemente, non è stato così, in quanto si è pensato di estendere questa terapia a chiunque.
La relazione sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia, messa a punto dal Dipartimento affari sociali nel marzo del 1996, traccia le nuove linee di tendenza del fenomeno della droga: il consumo di eroina è sì in leggera diminuzione, ma sono aumentate le morti correlate all'abuso di droga. Non sto qui a leggere i numeri, ma da tali dati emerge che sale la richiesta di stimolanti, quali cocaina ed anfetamine, e di allucinogeni. Il 1996 sarà ricordato come l'anno delle «droghe d'autore», le droghe cosiddette «disegnate». Anche se l'abuso di sostanze stupefacenti continua ad interessare soprattutto giovani di età compresa fra i venti ed i trent'anni, sono i trentenni e gli ultratrentenni a rappresentare il fenomeno emergente di questo ultimo periodo. Sono loro a costituire quasi la metà del totale dei decessi e a far sì che l'eroina continui a rimanere la principale sostanza d'abuso.
La situazione del 1996 è ancora più drammatica: i decessi continuano ad aumentare (200 in più rispetto alla rilevazione del 1995); aumentano i tossicodipendenti assistiti dal SERT (forse si voleva raggiungere questo; da parte di qualcuno si afferma che aumentano perché vi è un approccio migliore: ma qui vi sarebbe da
dimostrare se non aumentano, perché invece aumentano); diminuiscono poi i tossicodipendenti assistiti dalle comunità (questo è vero perché indubbiamente fare il percorso comunitario è difficile e durissimo; e quindi è molto più facile rivolgersi al SERT ed al metadone); sale poi il numero di tossicodipendenti sottoposti appunto a terapia con il metadone.
Con questi dati si è arrivati alla seconda conferenza nazionale sulla droga del marzo 1997. Ma, come se questi morti non vi fossero mai stati e se quegli aumenti negativi non fossero stati segnalati, la ministra Turco e lo staff organizzativo non hanno pensato minimamente a rimettere in discussione ciò che è avvenuto dopo il referendum del 1993 e dopo la prima conferenza. Al contrario, si è preferito perseverare sugli errori, parlando di cura della vita: che bella parola la «vita», che significa rispettare e riconoscere i diritti del tossicodipendente anche quando non ha scelto di uscire dal tunnel della tossicodipendenza, offrendogli dei sostitutivi e facendo in modo che si droghi nella maniera meno fastidiosa per la società. Si è parlato di depenalizzazione, in alcuni casi di liberalizzazione; lo si è fatto, per la verità, non da parte della ministra Turco, che su questo è sembrata molto decisa.
La strategia di riduzione del danno è diventata purtroppo la terapia principale ed anche l'unico modo per ottenere finanziamenti e contributi sia da parte del ministero che dei vari comuni, in linea con l'ideologia generale.
E qui veniamo appunto alla discussione sui progetti. Un'efficace politica per il problema del consumo di sostanza psicoattive deve dunque tener conto di quello che ho detto in precedenza; deve prendere atto che il fenomeno tossicodipendenza è in continua evoluzione: non si può essere «vecchi» parlando di tossicodipendenza, soprattutto perché vi sono sostanze che sono in continuo progresso (basti pensare all'ecstasy) e non si possono ripetere gli errori già commessi quando il problema è nato (mi riferisco alla distribuzione del metadone; alle sperimentazioni con la morfina e via dicendo) perdendosi in discussioni che vedono esclusivamente al centro dell'attenzione eroina e spinelli. Ormai sono inutili regressioni, di cui fanno le spese soprattutto i giovani e, purtroppo, i giovanissimi.
Il metadone somministrato a mantenimento cronicizza il danno; diventa inoltre un deterrente alla completa disaffezione dalla droga, nonché un potentissimo strumento di potere per chi lo somministra (e questo è un altro lato che va preso in considerazione). Il metadone deve essere usato solo per terapia a scalare, accompagnata da un sostegno psicologico e finalizzata all'avvio del programma terapeutico: era questo che doveva essere la riduzione del danno; ma purtroppo ciò non è stato! Su questo sia d'accordo tutti, credo, da qualsiasi lato si guardi questo Parlamento.
È necessario quindi fare molta attenzione nel finanziare progetti sperimentali i cui obiettivi e strumenti non sono specificati dalla legge. In tema di sperimentazioni è opportuno appoggiare tutti quei progetti che hanno come obiettivo, per esempio, la prevenzione dell'uso dell'ecstasy, avvicinando i giovani direttamente nei loro contesti di appartenenza. Da questo punto di vista, sottosegretaria Soliani, anche la scuola è importantissima come momento di prevenzione, così come le discoteche, per informare i giovani e fornire loro strumenti per poter dire «no» alla droga, nonché tutti quei progetti che tendano al recupero totale e non al mantenimento.
Vorrei concludere citando una parte molto importante - per lo meno lo è stata per me, ma penso che lo sia anche per coloro che mi stanno ascoltando - di una pubblicazione di Jeunesse sans drogue di Zurigo a proposito dei programmi cosiddetti di recupero: «La politossicomania, cioè la dipendenza contemporanea da diversi stupefacenti, si diffonde con ogni distribuzione di stupefacenti, indipendentemente se la distribuzione sia effettuata dallo Stato o dai medici, perché i tossicodipendenti la considerano come un'offerta supplementare e perché i trafficanti
di droga ripiegano su altre sostanze. Come dimostra l'esempio di Zurigo, quasi tutti i partecipanti alla costosa distribuzione di metadone consumano altri stupefacenti e praticamente nessuno smette di far uso di droga. Ogni distribuzione legale, anche tramite il medico, ha l'effetto di minimizzare la pericolosità degli stupefacenti; ciò rappresenta un pericolo per tutta la gioventù perché minimizzando le droghe si indebolisce la resistenza contro gli stupefacenti.
Esperimenti con la distribuzione controllata da parte dei medici in Svezia e in Inghilterra hanno condotto già negli anni sessanta ad un massiccio aumento del numero dei tossicodipendenti. La speranza di diminuire almeno il numero dei casi di morte tramite una distribuzione di droga fu un'illusione, poiché il numero dei morti di droga dipende, innanzitutto, dal numero dei tossicodipendenti e dalla pericolosità delle sostanze stesse, ma non dalla loro illegalità. Perciò gli esperimenti svedesi e inglesi sono stati sospesi rispettivamente nel tempo, tuttavia le conseguenze negative di questi esperimenti perdurano. Solo con un grande dispendio di forze si possono correggere le conseguenze di questi errori. Quindi una distribuzione di stupefacenti da parte dei medici non diminuisce i danni, ma crea altri problemi e aumenta il danno causato dalle droghe».
Vorrei infine leggervi la frase finale: «Non esiste una fase della tossicodipendenza: un tossicomane smette con la droga solo quando vi viene spinto dalla grande sofferenza interna o da diversi influssi esterni. La base di questi influssi positivi è una decisa presa di posizione di tutta la società, contro l'intera droga» (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Gramazio. Ne ha facoltà.
Dico questo anche perché qualche mese fa a Napoli tutte le associazioni che operano, gli enti locali, i ministri, i sottosegretari, gli esperti, si sono misurati su questo problema, che ci riguarda e ci colpisce direttamente. Oggi noi di alleanza nazionale vogliamo qui rappresentare non una contrapposizione, non un impegno politico, ma un impegno umano e morale.
Ricordava il relatore Lucchese che il decreto-legge al nostro esame per la conversione in legge ha avuto una storia lunga e travagliata caratterizzata da numerose sanatorie, nel 1993, nel 1994 e nel 1995. Ricordo a me stesso ed agli amici presenti in aula in rappresentanza delle varie forze politiche che, prima dell'impegno politico, ve n'è uno morale consistente nel sostenere quanti operano e vivono per il recupero dei tossicodipendenti. Mi riferisco sia alle associazioni di volontariato, sia alle numerose associazioni laiche, cattoliche e religiose impegnate quotidianamente in questa difficile opera che sicuramente non è l'opera svolta dai SERT.
Mi sia consentita una distinzione di carattere politico oltre che morale, perché, come ha sottolineato poc'anzi la collega di forza Italia, il SERT è diventato un vero e proprio distributore: in quelle strutture le quantità non si scalano, vengono confermate. E questo equivale ad una distribuzione gratuita da parte dello Stato, non è un'opera di recupero, non è una volontà di tentare il recupero!
Potrei ricordare a me stesso, ma voglio farlo ai colleghi presenti, che a Roma, per esempio, negli ultimi giorni abbiamo assistito
a vere e proprie rivolte di quartiere nei riguardi dei SERT che si sono trasformati in centri di microcriminalità. Potrei parlare di piazza delle Cinque giornate dove il giardinetto pubblico è diventato un luogo in cui si incontrano e si scontrano i tossicodipendenti che prendono il metadone guardati dagli spacciatori. Questa situazione non l'abbiamo denunciata noi, ma i cittadini, le forze dell'ordine, gli operatori sociali che lavorano all'interno di quella struttura, che sta diventando pericolosa.
Allo stesso modo, rammento quanto accaduto due settimane fa allorché il direttore generale della ASL RM/C, tal dottor Carnevale, ha deciso di trasferire il SERT dalla struttura ospedaliera che l'ospitava ad un centro per anziani. Oddio che cosa è successo in quale quartiere! Ci siamo ritrovati tutti, forze politiche della circoscrizione, consiglieri comunali e parlamentari per chiedere al direttore generale che cosa stesse tentando di fare. Sono stati stanziati più di 400 milioni dalla ASL per mettere a posto la struttura nell'ambito dell'ospedale Sant'Eugenio, ma, invece di avviare i lavori, si è tentato - utilizzo il verbo tentare, perché la rivolta popolare a via Laurentina l'ha impedito - di trasferire il SERT in un centro per anziani nel villaggio Giuliano-dalmata.
Quando abbiamo interpellato il vicequestore del commissariato Eur-Esposizione, ci è stato risposto che sicuramente si sarebbe registrata una recrudescenza di microcriminalità, specie nei confronti degli operatori e di chi vive di sciacallaggio sui frequentatori dei SERT. Se oggi in quella zona si verificano tre-quattro scippi al giorno, sicuramente quel trasferimento darà luogo ad un'alta concentrazione di microcriminalità.
È servita l'opposizione delle forze politiche nei riguardi del direttore generale della ASL? È servita la mobilitazione della XII circoscrizione di Roma? È servito l'ordine del giorno presentato in consiglio comunale, firmato da tutte le forze politiche, per difendere il centro anziani contrapposto al SERT della ASL RM/C? Ci troviamo allora di fronte a conflitti che, a mio avviso, non sono di pubblica amministrazione, ma morali. Un direttore generale, che ha un potere quasi assoluto all'interno della sua ASL, non comprende che spostare un SERT da una struttura ospedaliera portandolo all'interno di un centro anziani avrebbe creato una situazione di conflittualità nel quartiere e nella zona interessata. Da un lato, dunque, non si capisce questo aspetto e, dall'altro, ci sono alcune associazioni che operano per il recupero dei tossico-dipendenti a Roma che sono diventate vere e proprie associazioni di spaccio.
In questi giorni il consiglio regionale del Lazio si trova a discutere una proposta dell'assessore Lionello Cosentino per la distribuzione terapeutica dell'eroina. Peraltro, la questione non interessa solo la regione Lazio; qualcuno, infatti, mi riferiva che questa iniziativa terapeutica sarebbe già stata sottoposta alle regioni Toscana ed Emilia-Romagna. Potrei fare una battuta e chiedere chi sia il consulente di questi assessori alla sanità, quali funzioni svolge e come possa dire che la distribuzione dell'eroina può diventare un momento di recupero, se non è - come abbiamo affermato per il metadone - una fase di mantenimento.
Allora le forze politiche e sociali, gli operatori ed il volontariato devono condurre una grande battaglia, non per potenziare la distribuzione, ma con la volontà morale e politica di arginare il fenomeno con una campagna pubblicitaria - e non con i soliti convegni o le solite tavole rotonde - da svolgere nelle scuole.
La collega che è intervenuta poc'anzi ricordava che, ad esempio, nelle discoteche si ha il passaggio all'uso di droghe sintetiche, pericolosissime, che poi, sommate all'alcool, diventano veramente una bomba esplosiva. Ebbene, davanti a questa situazione c'è qualcuno che pensa di combattere, arginare e recuperare la tossico-dipendenza inserendo sul mercato un prodotto come l'eroina, che dovrebbe diventare il cavallo di battaglia del recupero dei tossico-dipendenti nel Lazio?
Domani a Roma si svolgerà una manifestazione promossa da alleanza nazionale,
a cui hanno aderito tantissimi operatori del settore, per dire «no» alla distribuzione terapeutica dell'eroina, per ribadire un fermo rifiuto che non è solo contrapposizione, ma è invece la volontà di trovare spazi, strade e modi che portino al recupero del tossicodipendente e non con il passaggio dal metadone all'eroina o da quest'ultima al metadone.
Un impegno concreto deve esserci e noi sosteniamo la necessità di approvare il decreto in esame, che introduce una sanatoria in favore di quanti hanno operato con intelligenza e valore ottenendo anche dei successi e devono essere incoraggiati e protetti da noi e dallo Stato. Non intendiamo, però, incoraggiare né proteggere chi diventa e vuole diventare lo spacciatore legalizzato della regione, del comune, della provincia, dell'ente locale che, non sapendo come combattere la tossicodipendenza, diventa esso stesso il problema della distribuzione dell'eroina, come potrebbe verificarsi se nella regione Lazio dovesse passare la tesi dell'assessore pidiessino Lionello Cosentino.
Allora diciamo «sì» alla sanatoria, «sì» al confronto permanente nella XII Commissione, senza creare steccati ideologici, ma cercando insieme le soluzioni, per il raggiungimento delle quali alleanza nazionale è schierata al fianco delle tante associazioni e delle comunità che operano per il sostegno dei tossicodipendenti.
Proprio per questo siamo favorevoli alla conversione in legge del decreto-legge al nostro esame, per sanare la situazione di chi ha operato, di chi vuole continuare ad operare e combattere con noi una battaglia che è morale e non politica (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
Onorevole Caccavari, se vuole, naturalmente può intervenire restando seduto.
Signor Presidente, colleghi, signora sottosegretaria, si è lavorato molto e si continua a lavorare in Commissione affari sociali con l'impegno di portare a conclusione il disegno di legge sulle tossicodipendenze per poter finalmente consegnare al paese una normativa più efficace e più attuale.
Vorrei ricordare ai colleghi che hanno richiamato una modalità diversa di interpretare la realtà che questo decreto si è reso necessario perché il ritardo accumulato nell'approvazione del provvedimento sulla stessa materia è stato determinato da una puntigliosa opposizione, che interpreta la riduzione del danno come veicolo di trattamenti con sostanze stupefacenti diverse dal metadone, e che ha fatto correre il rischio di perdere i finanziamenti per scadenza dei termini. Ciò avrebbe comportato l'impossibilità di realizzare quanto molto opportunamente alcuni colleghi ricordavano e cioè la strategia che il paese predispone per affrontare il problema della tossicodipendenza e delle persone tossicodipendenti. I due concetti, peraltro, non sono facilmente assimilabili, perché la tossicodipendenza come fenomeno sociale può richiedere un ampio dibattito come quello che stiamo svolgendo, ma i tossicodipendenti oltre al dibattito chiedono sostegno ed interventi concreti.
Quindi il decreto-legge in esame, già approvato dal Senato, prevede una proroga dei termini per assicurare il finanziamento di progetti in materia di prevenzione e di recupero dei tossicodipendenti.
Penso che una riflessione vada fatta sulla evidente pericolosità che deriva dalla mancata attuazione dei progetti presentati da anni, che ha determinato il permanere di situazioni di grave inefficienza e la contrazione degli interventi.
Va ricordato che l'invadenza persistente delle droghe nella nostra società è sostenuta da circostanze non solo permanenti o ripetibili, ma anche temporanee e ad andamento ciclico e che quindi una parte degli interventi devono essere messi in opera nella immediatezza della progettazione, in quanto possono risultare inadeguati o superati se realizzati fuori dal
tempo reale che ne permette l'utilizzo. Si continua, per esempio, ad usare - secondo me molto impropriamente - la dizione «nuove droghe», dimenticando che sono droghe che ritornano nel tempo secondo le leggi del mercato, ma anche secondo l'appetibilità che possono dimostrare in relazione a talune circostanze personali.
Quattro o cinque anni possono diventare un'era nel divenire tossicomanico e nell'esperienza dei tossicodipendenti: per evitare la cronicizzazione dei tanti aspetti è determinante stabilire passaggi diversi ed anche per diverse volte in situazioni e provvedimenti di recupero.
La temuta ineluttabilità del decadimento fisico e psicosociale dei tossicodipendenti avanzati trova una significativa resistenza nella programmazione di interventi mirati a modificare le molteplici situazioni che si possono osservare nei tempi e nei modi oggettivamente determinati dalla tossicodipendenza stessa.
La riduzione del danno va vista come una strategia di accanimento riabilitativo, in quanto i presidi di sostegno, collocati sul percorso intrigante ma faticoso che gli operatori pubblici e privati individuano tra la droga e la persona anche profondamente provata, tendono a cogliere ogni possibile elemento che permetta di intervenire al solo fine di aiutare.
I finanziamenti occorrono per mettere assieme quelle strategie delle quali fanno parte interventi finalizzati a raccogliere anche un segnale debole di volontà di uscita da parte dei tossicodipendenti.
La riduzione del danno vuol dire operatori da strada, luoghi di sosta, scambiasiringhe, sostitutivi ed altre cose, ma vuol dire anche accoglienza, ascolto, presenza dove la droga c'è e devasta, difesa della salute fisica e psichica, aiuto indiretto alle famiglie.
Altrettanto si conferma la necessità di disporre di progetti finanziati in tempi rapidi per la prevenzione, che va posta come priorità assoluta per i provvedimenti contro la droga. L'uso di sostanze tossiche è con frequenza sintomo di condizioni di difficoltà, strutturatesi nel tempo personale del consumatore e sulle quali convergono tanti elementi di disadattamento esistenziale. Si deve quindi procedere a monte del disagio e delle complicanze, con atteggiamenti educativi e formativi nella famiglia, nella scuola e nei luoghi di lavoro, che convincano i soggetti a rischio - cioè tutti - che la prevenzione è un valore da attuare.
Dobbiamo allora raccomandare a noi stessi che un'ambizione così coinvolgente per la salvaguardia sociale della persona oggi per le future generazioni rappresenta una fondamentale risorsa per cercare e mantenere alto il rispetto della vita (Applausi).
Non voglio tuttavia oggi trattare altri argomenti e dilatare così la discussione. Il tema che stiamo trattando è quello del finanziamento di progetti in materia di prevenzione e recupero delle tossicodipendenze. Era un atto doveroso. Fortunatamente si tratta di un decreto che non ha molto tempo alle spalle; è stato approvato
il 23 gennaio al Senato e la sua lunga storia di travagli è dovuta al fatto che queste richieste risalgono agli esercizi addirittura precedenti al 1994. Tutte le richieste fatte dalle ASL e dagli operatori del settore per poter promuovere interventi di recupero e prevenzione sono probabilmente ormai vetuste e superate, come ha ricordato anche l'onorevole Caccavari. Avremmo dovuto esaminare anche questo problema; i tempi non ce lo hanno permesso e speriamo nella sensibilità del Ministero perché si possa permettere agli operatori di adattare le nuove esigenze alle nuove realtà. Purtroppo il fenomeno della droga corre molto più velocemente della legislatura italiana e delle difficoltà che incontriamo in Parlamento per poter attuare tutto ciò che noi, a parole, dichiariamo di voler realizzare in tempi brevissimi. Oggi siamo così costretti a votare a favore di un decreto per permettere che vengano utilizzati i fondi disponibili per gli anni 1994 e 1995. Voglio ricordare ai più disattenti che siamo nel 1998 e che quindi qualche anno è passato; anche su questo dobbiamo riflettere.
Ricordava poc'anzi l'onorevole Caccavari che in questi giorni si parla di nuove droghe mentre si tratta di sostanze che si ripresentano nel tempo a seconda delle esigenze del mercato. È verissimo, ma ci sono anche le nuove realtà, droghe sintetiche delle quali nessuno parla, rispetto alle quali non sappiamo ancora esattamente come comportarci, perché solo ora abbiamo il sentore dei gravi danni che possono arrecare. Siamo anche a conoscenza del fatto che forse la loro diffusione non è massima solo perché è ancora conveniente per le leggi del mercato della droga incoraggiare l'acquisto di eroina o di altre sostanze.
Ho ascoltato, nel corso dei dibattiti che hanno preceduto questo provvedimento, riferimenti alla conferenza di Napoli, alla quale ho partecipato, ricevendo la mia dose di applausi e di fischi. Di fatto, si è trattato di un atto doveroso, si è adempiuto ad un dovere legislativo, perché in realtà il legislatore, quando ha stabilito che ogni tre anni dovesse esserci una conferenza, si proponeva proprio di far dialogare le istituzioni e gli operatori, anche al fine di giungere in quella sede ad una elaborazione. Invece abbiamo vissuto una situazione allucinante: a fronte di migliaia di operatori presenti, è stato consentito di parlare a poche decine. Addirittura, il programma e l'elaborazione del lavoro furono presentati prima ancora che si svolgesse la conferenza.
Ho ricordato tale episodio per rilevare che purtroppo non sempre alle dichiarazioni ed ai propositi seguono comportamenti coerenti. Noi di forza Italia siamo disponibili a fornire un contributo; non a caso abbiamo assegnato un canale preferenziale a questa legge, proprio perché riteniamo che al più presto sia le ASL sia gli operatori privati del settore debbano ricevere i finanziamenti. Siamo infatti a conoscenza dei grandi risultati ottenuti anche con le unità da strada o con le cosiddette accettazioni a bassa soglia. Infatti, la volontà dei drogati di disintossicarsi non è così facilmente riscontrabile come si vorrebbe credere. Solo un'esigua parte riesce ad avere la forza di volersi disintossicare. Tutto sommato, quindi, i finanziamenti serviranno anche per consentire a chi preferisce andare nelle comunità terapeutiche di trovare un posto. Spesso si dimentica che, se un tossicodipendente vuole disintossicarsi, in molte aree del paese non troverebbe il posto in cui farlo.
Auspico anch'io una maggiore collaborazione tra le ASL, i SERT e le comunità terapeutiche. Comunque, fortunatamente e contrariamente a quanto ha denunciato poc'anzi il collega Gramazio, la mia esperienza è variegata: vi sono sicuramente situazioni di conflittualità, ma vi sono anche forti collaborazioni. È difficile, pertanto, distinguere tra buoni e cattivi. Rimane comunque il fatto che nelle comunità terapeutiche ho avvertito una maggiore disponibilità, una maggiore elasticità nell'affrontare il problema. Inoltre, con molto rispetto per i SERT (sono un medico e quindi ho molti colleghi che lavorano in tali strutture), ho notato una maggiore sensibilità.
In questi anni abbiamo anche affrontato il problema del personale dei SERT; non sempre, infatti, chi vi lavora ha compiuto una scelta, spesso è obbligato a farlo e capita che faccia pagare ad altri la frustrazione di lavorare in situazioni drammatiche, allucinanti.
Auspico, dunque, che il dibattito sulle tossicodipendenze prosegua nella chiarezza: ci accingiamo a votare questa disponibilità di fondi, ma stiamo anche ponendo dei paletti. Non vorremmo che i finanziamenti, con eventuali modifiche dei progetti, possano servire ad aprire la strada a sperimentazioni di eroina libera. A chi afferma che noi stiamo sparando contro i fantasmi, voglio ricordare che nella regione Emilia-Romagna è stata votata una delibera in tal senso e nella regione Lazio si sta aprendo la strada alla sperimentazione. Quindi, noi non spariamo ai fantasmi; riteniamo però che questa non sia la strada giusta da seguire. Rispettiamo le posizioni degli altri, giacché sono sicuro che la scelta compiuta da altri non significhi semplicemente - anche perché sarebbe folle - lavarsene le mani. In ogni caso, poiché non crediamo in tale soluzione, anticipiamo fin d'ora che condurremo una battaglia serrata contro tale strategia.
Siamo contro la liberalizzazione delle droghe leggere - se si possono chiamare così -, siamo contro la sperimentazione dell'eroina libera.
Noi, naturalmente, vigileremo affinché anche questi fondi non vengano utilizzati in maniera difforme. Il nostro operato sarà responsabile e si manifesterà con un voto favorevole a questo progetto di legge, di cui, ove ce ne fosse la necessità, saremo favorevoli ad accelerare l'iter. Vogliamo però avvisare chi di dovere che il nostro ruolo sarà di estrema vigilanza sull'utilizzazione di queste somme, che non dovranno essere distribuite in base alla simpatia o ad altro, come è accaduto nel passato, ma in base a programmi seri. Siamo infatti consci del fatto che queste cifre non sono sufficienti a soddisfare le enormi richieste e le enormi necessità di tante comunità, di tante ASL, alle quali va la nostra stima ed il nostro rispetto, perché tutti coloro che vivono questa realtà e si battono e si sacrificano ogni giorno sono per noi dei veri eroi: scusate il termine forse altisonante, ma rende l'idea delle situazioni estremamente drammatiche, di grande sacrificio che devono affrontare ogni giorno.
Anche per questa ragione esorto tutti i colleghi della Commissione affari sociali ad affrontare il problema con senso di responsabilità, con rispetto per chi soffre e per chi aiuta chi soffre - gli operatori e le famiglie -, mettendo da parte, se possibile, tutte le pressioni ideologiche che nascono da entrambi gli schieramenti.
Preannuncio, quindi, il voto favorevole del gruppo di forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
È iscritto a parlare l'onorevole Guidi. Ne ha facoltà.
dubbi. Il dolore degli altri sembra in qualche modo mordere anche noi, o almeno chi è cosciente che il dolore va sempre rispettato, va accolto anche come insegnamento (anche se io non faccio mai l'elogio del dolore, che, dove è possibile, va ridotto).
A volte i dibattiti sono aspri perché c'è il dubbio, io spero non la malafede o, peggio ancora, la strumentalizzazione di partito: credo che i problemi del sociale non possano essere una bandiera per un partito (tristo chi lo fa, riducendo così la propria dignità!). Per troppo tempo ho sentito parlare della solidarietà da una parte, della solidarietà dall'altra: è come dire che l'amore, l'affetto e l'onestà hanno un colore. Ecco, quando sento questi discorsi mi indigno per l'indegnità di chi li fa.
Ripeto che non posso non dire che questa spettacolarizzazione di casi dolorosi ha una ricaduta perfida sulla nostra società: accende speranze, spegne illusioni, incentiva filiere di sfruttamento, alla fine ha una ricaduta enormemente negativa sulla società di chi soffre, di chi ha sofferto o di chi purtroppo soffrirà.
E credo che da questo punto di vista l'attuale Ministero della sanità non abbia certo brillato per buon senso, per fermezza, per decisioni limpide: si è proposto, si è fatto, si è disfatto, si è riproposto, ci si è rimangiati qualcosa. In realtà, se uno cambia idea, può essere anche una cosa giusta: sano è colui che cambia idea nell'onestà del pensiero, triste è colui che si rimangia con arroganza qualcosa facendo finta che nulla sia cambiato! Questo è il desolante spettacolo di questi ultimi mesi. Prima conflittualità, poi un overdose di conflitti, tutti sulle platee televisive, radiofoniche o della stampa, pochissimo dibattito in Commissione, scarsissimo dibattito politico e alla fine una specie di ricomposizione, che non accontenta nessuno, soprattutto chi soffre, tutta mediatica. Ecco, su questo «mediatismo» della salute non posso che essere un po' disgustato e un po' triste.
Quindi, nella circolarità del mio discorso, sicuramente di parte, credo di aver esposto un'amarezza profonda: è meglio essere in pochi, ma essere consapevoli che stiamo discutendo onestamente, trasversalmente, dove è possibile, temi che richiedono soprattutto dignità e la dignità non è l'esposizione indegna, in un voyeurismo di spot su queste tematiche. Certo che ci vuole il dibattito, ci mancherebbe! Ma il dibattito deve essere coerente, corretto e coinvolgente e da questo punto di vista non c'è stato, anche rispetto alla tossicodipendenza, quel coinvolgimento che noi speravamo ci fosse.
Abbiamo parlato del convegno di Napoli; ebbene, quel convegno fotografa questo periodo ambiguo. È stato un convegno positivo e negativo nello stesso tempo e il negativo e il positivo non possono convivere se non c'è una chiarezza di posizione. In quel convegno si è sentito qualcosa, ma molto di parte; tante associazioni, ma quasi tutte chiamate a parlare, non si sono coinvolti tutti. Credo che invece il coraggio del coinvolgimento di tutte le componenti tecniche, non politiche, della società civile sia fondamentale. Quando sento un ministro, a cui si chiede cosa pensi della liberalizzazione (argomento che non riguarda apparentemente questo decreto), dire: «ma io sto dalla parte degli operatori», l'applauso è in mala fede, perché sappiamo tutti che su cento operatori - per fortuna! - abbiamo cento posizioni diverse, alcune leggermente, ma se li prendiamo tutti, anche diametralmente opposte. Credo che su chi soffre, come non servono gli spot, non serva l'ipocrisia. Su questo, i colleghi che lavorano in questo settore sanno che bisogna prendere scelte dolorose, perché non è facile dire: «sto con quelli, credo in quella tecnica, credo in quell'approccio»; è difficile.
Ma io credo che sia giunto il tempo, che è politico in tutte le sue caratteristiche, in cui il politico deve sapere che non è il momento di elargire, non è il momento di promettere, magari in positivo. Il nostro ruolo infatti non è quello di creare consenso ovunque si vada, bisogna invece avere la dignità, il coraggio di essere anche impopolari. Oggi il politico deve
governare anche l'impopolarità e, in una società non malata ma sicuramente ricca di sofferenze, che vorremmo ridurre, dovrebbe aiutare a ricomporre la società senza promettere la luna - che pure abbiamo conquistato! - ma instaurando con umiltà una comunicazione con chi non la pensa come chi propone qualcosa: è una riduzione della difficoltà di vita che produce dolore.
Da questo punto di vista, non è certo questo decreto che risolve il problema della droga. Forse potrà risolverlo in piccola parte, ma sul punto non posso dire molto anche perché parte di questo decreto prende le mosse da una mia esperienza ministeriale e quindi lo condivido parzialmente, salvo alcune aggiunte o riaggiunte che io non ho mai condiviso.
Prendiamo ad esempio il discorso della sperimentazione. Per carità, la società si evolve o implode così velocemente per cui la sperimentazione, se la si intende come adeguamento degli strumenti per una risposta anche parziale ai bisogni nuovi o vecchi o mutevoli, non può che trovarci d'accordo. Se invece la sperimentazione è il cavallo di Troia per una legalizzazione, ad esempio dell'eroina, così come si sta cercando di fare, allora dobbiamo dire di «no» (e poi dirò il perché, nel mio piccolo!).
Il secondo discorso sembra stupido perché è piccolo piccolo, eppure va fatto. Avevamo chiesto (e in un precedente decreto c'eravamo riusciti) che il dipartimento degli affari sociali (in cui il ministro per la solidarietà... «senza famiglia», ha luogo) non potesse gestire fondi ed emanare provvedimenti né progetti. Lo avevamo chiesto per un motivo semplice. Infatti, come fa un dipartimento che controlla a controllare sé stesso? Purtroppo questo punto è stato riproposto. Ed allora io lo avrei specificato meglio perché vi è una carenza enorme in questo decreto che per la sua esiguità può poco. Sto parlando del monitoraggio. Perché in Italia occorre reinventare continuamente? Certo, la realtà cambia ma alcuni successi e tanti insuccessi potrebbero essere storicizzati e diventare cultura!
Quando ci occupiamo (e ce ne dovremo occupare costantemente) della chiusura - che non finisce mai! - degli ospedali psichiatrici, dell'inserimento delle persone con handicap nella società, sembra spesso di essere come un marziano che cade sulla Terra, si fa un po' male, si cura le ferite e si inventa la vita. Non è così, perché reinventarsi continuamente la vita significa allungare i tempi per una risposta coerente a chi ha difficoltà.
Se storicizzassimo le difficoltà di chi cerca di uscire dai Lager degli ospedali psichiatrici, di chi vuole affermare la sua dignità e l'assurdità del teorema: handicap uguale incapacità (sappiamo che vi sono tantissime persone abilissime nonostante l'handicap); se invece di reinventare ogni volta, sfruttando tutto e tutti, storicizzassimo le cose positive, non faremmo dire a chi non vuole le modifiche e le riforme che si stava meglio quando si stava peggio. È quanto sta succedendo perché ci stanno dei cialtroni anche in quest'aula - sarò un cialtrone anch'io, non voglio sentirmi migliore - che chiedono di ripristinare i manicomi, diversi ma sempre dei manicomi, e di creare delle scuole speciali, diverse ma sempre scuole speciali, dei ghetti.
Ebbene, storicizzando il positivo, con la consapevolezza delle difficoltà fermiamo chi vuole che nulla cambi facendo finta che tutto muti. Senza essere profeti demenziali del positivo, bisogna richiamare l'attenzione di chi vuole cambiare e modificare su come fare, perché vi sono migliaia di persone con handicap integrate e vi sono persone uscite da manicomi o da reparti chiusi, da servizi di diagnosi e cura efficienti - anche se la maggior parte fa quasi più paura del manicomio, che tuttavia non rimpiangerò mai - che sono integrate, che vivono ed aiutano a vivere.
Per quanto concerne la droga, la situazione è la stessa. Se non monitorizziamo, soprattutto a livello regionale, le culture, facendo un bilancio delle cose positive e di quelle negative, nello strano limbo del sociale in cui, per fortuna, non sempre tutto torna, se non storicizziamo quello che facciamo, siamo come colui che
va per il vasto mare di notte con un lumicino, sempre alla scoperta di qualcosa, non pensando a quello che lascia, con la scia di tutte le esperienze precedenti, alla continua ricerca di un'isola che non c'è.
È fondamentale fermarsi per legiferare, facendo tesoro di quanto abbiamo alle spalle, nonostante la vischiosità di questa società per qualche verso crudele, nella quale persino la normalità offende. Infatti, se oggi dico a qualcuno: beato te che sei normale, probabilmente gli si incrinerà il sorriso e mi darà anche uno schiaffo rispondendomi: normale sarà lei. Difatti oggi si deve essere super, super nella grandezza, super nella ricchezza, super nella povertà, ma sempre a livelli straordinari. È chiaro allora che le persone normali o con difficoltà di vario tipo si sentono al di fuori di questa società dei mediatici e virtuali super. Supervittime o supereroi, non importa, ma sempre diversi e straordinari.
In questo senso la tossicodipendenza ha registrato un cambiamento di fase. Non è più un episodio, per quanto deprecabile, di rifiuto da parte di una generazione, non è più uno strumento di rivalsa o di ribellione, non è più un fenomeno di carattere ideologico. Oggi essa è figlia della sofferenza, della solitudine, della alienazione non solo sociale, ma anche determinata dai ruoli psicologici, affettivi e sessuali. In una società in cui tutto si rimescola, anche l'io è un po' rimescolato in questo vortice, in questo maelstrom che si chiama vita.
Allora bisogna essere più intelligenti, ma anche più umili. Non si possono fare guerre di religione, non si può dire: questo appartiene a noi, questo appartiene a voi. Ciò non è possibile. Per troppo tempo siamo rimasti avviliti perché i consulenti, gli esperti, le persone chiamate a dire la loro erano sempre gli stessi. È veramente offensivo! Parliamone tutti e poi si deciderà, perché altrimenti priveremo le persone con tossicodipendenza di una cosa: le risposte debbono essere un self service dolce, nel quale esiste la comunità, la psicoterapia, il SERT, il servizio pubblico di pari dignità e quello non pubblico (questa pari dignità ancora così poco diffusa!). Ciò va fatto in maniera non ideologica, ma dolce, seria e non strumentale, perché ci giochiamo non solo la nostra credibilità politica ma anche i sogni, le speranze, i dolori, le sconfitte e le vittorie della nostra generazione e di quella che verrà.
Concludendo questo mio intervento un po' disarticolato (forse è meglio così, anche se è difficile darsi dei voti), credo che abbia fatto più morti la certezza della giusta utopia, che poi è diventata un incubo, piuttosto che tante incertezze volte a costruire qualcosa di serio. Desidero inoltre ricordare la necessità di combattere contro gli eccessi dell'alcool, non solo in relazione ai superalcolici, che ancora beneficiano di tanto spazio pubblicitario, di Stato e non, ma anche agli alcolici a bassa gradazione alcolica come la birra. Spesso, infatti, i ragazzi si riempiono di birra, che non fa male, diventando, senza saperlo, alcolizzati.
Aprendo una parentesi, ricordo come, assieme ai colleghi con i quali ho lavorato sia come neurologo sia come sindacalista (persone che hanno dimostrato per tanti anni un'enorme civiltà, spesso rimettendoci in termini di carriera o di vita quotidiana), ho imparato a dire che lo psicofarmaco, soprattutto retard, e la stessa psicanalisi in certi casi, possono diventare un abuso, perché sono una scorciatoia per eliminare le persone scomode. Quante volte si è detto, da Basaglia in poi, che lo psicofarmaco è uno strumento di controllo sociale perché elimina le asprezze e le difficoltà, scomode per la società e dure da portare per l'individuo, anche se talvolta sono creative, sono vertenze individuali in una società che non le accetta ma che deve cambiare. Bene, questi tecnici, questi colleghi stimabilissimi che denunciano l'uso chimico del controllo sociale del disagio mentale non si irritano, non si indignano, non innalzano una bandiera di lotta contro l'uso del metadone cronicizzato e addirittura pensano che l'eroina - come se fosse la moglie dell'eroe! - possa far bene. Amici,
ritorniamo su questa difficile crosta terrestre! Non possiamo dire «no» ad alcuni farmaci e «sì» ad una super e devastante sostanza chimica perché così facendo rinnegheremmo il nostro passato. Io non l'ho mai rinnegato pur nella difficoltà della quotidianità: nella mia vita ho sempre letto uno stesso vocabolario ed ho sempre utilizzato le stesse parole, forse sbagliando, perché sono un testardo, ma sfido chiunque a dire che non l'abbia fatto, per accusarmi o per dire che non vi è coerenza nei miei atteggiamenti.
Ribadisco che vedo una cesura stridente, grave e preoccupante: alcune forze politiche, che hanno giustamente non criminalizzato ma espresso un dissenso forte sull'abuso delle sostanze psicotrope, si trovano a «fare l'occhiolino» alle sostanze più psicotrope di tutte. Questo è un qualcosa che non va: è questa doppia verità che non può e non deve esistere perché, vedete, in quest'aula su alcuni temi si può vincere, si può perdere, si può pareggiare o, meglio ancora, si può dire che questa volta non ha vinto nessuno, ma ha vinto un'idea. Pensiamo alla legge sulla violenza sessuale che, pur con tutti i difetti che presentava, è stata votata da tutti; e non solo dalle donne, perché la violenza sessuale va coniugata anche al maschile; anzi, su questo bisognerebbe ricordare quanti bimbi maschi vengono sottoposti a violenze sessuali: quando lo dissi io, volevano espellermi dal Parlamento; oggi, chi lo dice è considerato un eroe. Anche per questo ringraziamo chi fa un «doppio peso» della verità.
Ripeto e concludo - Presidente, mi scuso della lunghezza del mio intervento - dicendo che su certi temi non vi debbono essere vinti e vincitori, ma vi deve essere un'idea testardamente e coerentemente sviscerata e analizzata, facendo ognuno di noi un passo indietro, se c'è da farlo. Dico questo perché credo che chi si fa bello della bandiera della solidarietà, pensando che essa sia la stessa del partito a cui appartiene, fa male agli altri!
Non ci opporremo certamente a questo decreto così importante, già scritto, fatto e votato - lo diceva in precedenza l'onorevole Massidda - ma sulla tematica della droga bisognerà insistere, parlare e approfondire essendo aperti a tutti, perché triste sarebbe il giorno in cui si dicesse che sulla droga «non so cosa succederà», ma il mio partito ha vinto la sua battaglia nelle votazioni finali. Sarebbe un atteggiamento che farebbe vergogna a tutti: sul dolore, infatti, non si vince e non si perde, ma si condivide, si cercano risposte e, dove è possibile, non ci si divide! Certo, se la condivisione riguarderà una progettualità di comunicazione attiva tra chi vuole ridurre o rimuovere la tossicodipendenza in un abbraccio costante e dinamico, allora saremmo tutti d'accordo. Chi proporrà - come ha già fatto per gli psicofarmaci o, peggio, per l'elettroshock questo ministro: per fortuna se l'è rimangiato - la scorciatoia facile di una sostanza difficile da trovare, noi ci divideremo non per appartenenza politica, ma per dignità di mandato (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD).