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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati.
GIUSEPPE DEL BARONE. Presidente, l'amico Vito è uomo di molto spirito, quindi facciamogli dire le sue battute; le ascolto sempre con piacere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Comino. Ne ha facoltà.
DOMENICO COMINO. Non intervengo, Presidente, per dare una indicazione di voto su una serie di ordini del giorno che rappresentano, come ha affermato un autorevole studioso di diritto parlamentare, una sorta di lettera morta al Governo, per parafrasare Luigi Einaudi, una sorta di predica inutile. È totalmente ininfluente l'esito della votazione di questi ordini del giorno sul divenire del comparto lattiero-caseario e, segnatamente, sul destino degli allevatori padani.
PRESIDENTE. Non esageri tanto, mi sono fermato come balilla-moschettiere!
DOMENICO COMINO. ...all'epoca il consenso o, per lo meno, il controllo del
MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Che tristezza sentire queste cose.
DOMENICO COMINO. Il problema è che lo Stato ha commesso un errore, come quel rappresentante di una nota azienda di prodotti per capelli (Il ministro Pinto esce dall'aula)...
FRANCESCO FORMENTI. Dove va, ministro? (Proteste dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Dai banchi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania si grida: «Dimettiti! Faccia di bronzo»!).
DOMENICO COMINO. Lo Stato, che ha rinunciato a svolgere...
MARIO BORGHEZIO. Fuga da Alcatraz!
DOMENICO COMINO. Il problema è che lo Stato, che ha rinunciato a svolgere le due funzioni che doveva svolgere in questo frangente, e cioè lo Stato programmatore delle produzioni e lo Stato controllore, le ha disattese entrambe, la prima nel momento in cui ha accettato un quantitativo globale di produzione, per un vile ricatto, se vogliamo, e l'altra nel momento in cui non ha intrapreso azioni anche giudiziarie nei confronti dei dirigenti sia del Ministero sia dell'AIMA, che non hanno consentito ai produttori di avere una certezza su quanto potevano produrre. Lo Stato ha usato invece l'altra faccia della medaglia, quella dello Stato oppressore. Ma forse è giusto che questo sia avvenuto, perché alla fine l'opinione pubblica, e soprattutto i produttori, sulle cui spalle ricade la responsabilità della disefficienza di Stato, si accorgeranno che effettivamente questo Stato vuole colpire solo una categoria di produttori, e segnatamente quella che risiede in Padania. Grazie, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
PRESIDENTE. Ricordo, per evitare di dover interrompere (cosa che mi dispiace molto), che i cinque minuti sono tassativi. Poco prima dello scadere del termine farò
DIEGO ALBORGHETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il signor ministro purtroppo è andato via e chiedo al sottosegretario...
PRESIDENTE. È andato via per esigenze che capitano anche ai ministri.
DIEGO ALBORGHETTI. Chiedo al sottosegretario di comunicare al signor ministro che spero lo sia ancora per poco, per l'economia agricola italiana.
CESARE RIZZI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CESARE RIZZI. Signor Presidente, vista l'importanza di questo decreto, di cui si parla ormai da un anno, vorrei richiamare il comma 1 dell'articolo 37 del regolamento, in base al quale: «I rappresentanti del Governo, anche se non fanno parte della Camera, hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute dell'Assemblea e delle Commissioni». Purtroppo il ministro si è allontanato proprio nel momento in cui si stavano discutendo degli argomenti che penso lo interessino prettamente. Quindi, vorrei chiedere per quale motivo il ministro se ne sia andato.
PRESIDENTE. Non ho fatto un'indagine a questo proposito, ma il Governo è degnamente rappresentato dal sottosegretario di Stato, la signora Albertini Soliani e quindi il Governo nella sua impersonalità e nella sua funzionalità è rappresentato (Proteste dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Se vogliamo fare un giro d'opinioni su questo... ma il Governo è rappresentato.
CESARE RIZZI. Il comma 1 dell'articolo 37 recita «I rappresentanti», non «Il rappresentante» del Governo.
PRESIDENTE. Anche nell'articolo del codice penale che riguarda il reato d'omicidio è scritto «Chiunque provoca la morte di un uomo», e tuttavia è un reato anche se si ammazza una donna (Applausi - Si ride)! Comunque, lei ha fatto un'osservazione, io le ho risposto ed analoga risposta darei anche agli altri colleghi. Pertanto, pregherei di non dar vita a questo che definirei non ostruzionismo, ma «distruzionismo» del nostro tempo ed anche dell'importanza dell'argomento che state sostenendo; non c'è da divertirci, purtroppo vi è della gente che ha problemi, voi li state rappresentando, il Parlamento se ne fa carico e quindi cerchiamo di rimanere nell'ambito di una serietà che deve unirci, indipendentemente dalle opinioni.
ROBERTO MARONI. È il Governo a non essere serio!
LUIGINO VASCON. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGINO VASCON. Non per mettere in dubbio - per carità! - le capacità politiche del sottosegretario presente, ma mi risulta che il ministro per le politiche agricole disponga di alcuni sottosegretari ed allora, se il ministro si deve assentare per problemi che tutti abbiamo capito, tanto varrebbe che mandasse i propri sottosegretari, pur con tutto il rispetto per il sottosegretario presente (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
PRESIDENTE. Dobbiamo dare atto al sottosegretario di aver lavorato fin qui con noi. Il Governo è una realtà istituzionale e funzionale complessiva e individuale; ognuno può esprimere la sua valutazione in chiave di opportunità - ed io rispetto le opinioni di tutti - ma come garante della correttezza dei lavori in aula ribadisco
UBER ANGHINONI. Non voglio insistere sulla presenza del Governo, signor Presidente, certo, data la delicatezza del problema: è come se ci trovassimo di fronte ad un intervento chirurgico a cuore aperto e nel momento in cui il cuore sta palpitando visibilmente il chirurgo se ne andasse ed affidasse agli assistenti il seguito dell'intervento. Io cercherei un contatto telepatico con il ministro perché parlare a lei, che dirige l'Assemblea ma non ha il potere di entrare nel merito del decreto, o al sottosegretario, che ha potere tanto quanto lei, annulla la mia volontà di essere propositivo. Ma il ministro Pinto evidentemente non riveste il suo ruolo per svolgere un compito costruttivo ma semplicemente per attirarsi tutti i fulmini che in questo momento gli stanno cadendo addosso, dopodiché qualcuno gli regalerà una bella medaglia o un calcio nel sedere e chi si è visto si è visto.
PRESIDENTE. Lei sta «splafondando» sul tempo!
UBER ANGHINONI. Abbiamo splafonato perché dobbiamo coprire le quote di carta, le quote rubate al nord e regalate al sud, il latte in polvere trasformato per uso alimentare, dobbiamo coprire le tangenti che hanno alimentato le associazioni di categoria e che hanno pagato le campagne elettorali dei politici. Dobbiamo coprire tutto questo e allora per forza abbiamo splafonato, altrimenti non possiamo più restituire i soldi che abbiamo
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Apolloni. Ne ha facoltà.
DANIELE APOLLONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, Radio radicale che ci ascolta ancora, intervengo sul complesso degli ordini del giorno, per quanto ha espresso il Governo in questi giorni e per il ventinovesimo voto di fiducia di questo malnato Governo.
PRESIDENTE. La devo richiamare perché il termine, oltre ad essere offensivo sul piano personale, è anche vilipendioso nei confronti del Governo. Lei ha certamente una più vasta aggettivazione cui far fondo.
DANIELE APOLLONI. Su di lei, ministro, pendono accuse di aver ignorato la volontà del Parlamento e di avere annunciato anzitempo di non gradire innovazioni al testo, considerandolo assolutamente blindato già da alcuni mesi. Queste sue dichiarazioni sono state ribadite alcuni giorni fa a Bruxelles.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bagliani. Ne ha facoltà.
LUCA BAGLIANI. Ricordo che all'inizio del 1997 le associazioni sindacali mafiose e non riconosciute ufficialmente dallo Stato, ma con l'uso prodigo di attenzione nei loro confronti per i bacini di voti che da cinquant'anni esse rappresentano, cercando di trarre in inganno ancora una volta gli allevatori, avevano accettato la proposta del ministro mafioso Pinto. Anzi, mi correggo: il ministro che non sa neppure leggere il numero degli emendamenti. Dovrebbe dimettersi; e, con il rispetto per l'età, gli consiglio una bella casa di ricovero, di riposo; magari la Baggina a Milano, che è tanto famosa. Mettete qualche ministro giovane a fare il proprio lavoro, non certa gente che non sa leggere e scrivere né parlare l'italiano, se proprio all'italiano tenete tanto!
PRESIDENTE. Onorevole collega, non l'ho interrotta, ma lo Stato italiano di cui anche lei fa parte non è quello che lei definisce. Lei ha detto che è uno Stato di malandrini e io mi auguro...
LUCA BAGLIANI. Presidente, ho detto che lo definisco mafioso, perché non è in grado di combattere il fenomeno della mafia!
PRESIDENTE. Mi auguro che lei da parlamentare...
LUCA BAGLIANI. Io ho detto che non è in grado di combattere il fenomeno della mafia!
PRESIDENTE. Mi lasci parlare!
LUCA BAGLIANI. Allora lo chiamo camorrista, mafioso e corrotto! Va bene?
PRESIDENTE. ...rappresenti la nazione senza vincolo di mandato, come prevede la Costituzione. La prego di attenersi al fatto che lei è un parlamentare della Repubblica italiana...
LUCA BAGLIANI. Benissimo, allora lei mi dimostri...
PRESIDENTE. ...cui deve rispetto. Il suo ruolo è quello di rappresentare il popolo senza offenderlo. Mi dispiace doverla richiamare.
LUCA BAGLIANI. Presidente, mi dimostri che questo Stato è in grado di combattere i fenomeni della malavita organizzata, me lo dimostri...
PRESIDENTE. Questa è un'accusa. Una valutazione legittima...
LUCA BAGLIANI. ...e allora io riconosco che lo Stato non è mafioso.
PRESIDENTE. Ma non può esprimere un giudizio così negativo verso tutti, perché non è giusto.
LUCA BAGLIANI. Non è giusto! L'ho definito...
PRESIDENTE. C'è chi compie il proprio dovere nelle forze dell'ordine, nella magistratura, in Parlamento.
LUCA BAGLIANI. Presidente, ho definito il significato, per me, del termine mafioso. Se lei intende che questo Stato è come i mafiosi, è una cosa; io ho detto che lo definisco mafioso perché non è in grado di combattere i fenomeni malavitosi, criminali!
PRESIDENTE. Una società colposa.
LUCA BAGLIANI. Esatto, una società colposa. Le chiedo se posso recuperare qualche minuto, visto che ho dovuto chiarire il significato ed il senso delle mie parole.
PRESIDENTE. Recuperi pure, siamo tutti ansiosi!
LUCA BAGLIANI. Come dicevo, con deficit spaventosi, viene presentato il conto ai produttori di latte, addirittura con esposto alla procura della Repubblica «italiota» di Milano, avanzando la pretesa di un risarcimento miliardario nei confronti degli allevatori. È un'ottima occasione per rimpinguare le casse, dal momento che l'Italia ha sempre bisogno degli interventi di sostegno dello Stato «italiota». Intanto Romano Prodi, il ministro delle «interiora», Giorgio Napolitano, fanno sapere di non tollerare i blocchi e fanno le prove di forza contro gli allevatori inermi. La verità è che essi non vogliono neppure che la società padana osi alzare la testa, perché essa e tutte le categorie politiche devono servire ad arricchire le loro già pingui tasche e a coprire le voragini create da questo Stato a causa dei continui ladrocini a danno delle forze produttive vere del paese. Si servono anche delle forze dell'ordine, cui viene comandato di manganellare la povera gente, privando peraltro le stesse forze dell'ordine dei vertici e di persone capaci.
PRESIDENTE. Il suo tempo è scaduto da circa un minuto.
MARIO BORGHEZIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
MARIO BORGHEZIO. Per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIO BORGHEZIO. Vorrei informare l'aula, così vastamente rappresentata, e soprattutto porre all'attenzione ed alla sensibilità della Presidenza un problema che ritengo grave il quale sicuramente toccherà l'interesse dei colleghi di tutti i gruppi.
PRESIDENTE. La sensibilità mi porta a dire che il suo intervento non è un richiamo al regolamento, bensì la segnalazione di una situazione importante e grave, che si proietterà nel futuro. La Presidenza ne prende atto e nel rispetto delle decisioni dell'autorità giudiziaria - la separazione dei poteri ci obbliga a considerare che la giustizia segue una propria linea, che non dovrebbe necessitare di interferenze - riferirò immediatamente al Presidente Violante. Una dichiarazione come la sua ha il dono di ribadire il rispetto che il cittadino dovrebbe sempre avere dell'ordine, nel quale l'esercizio dei propri diritti si esplica, e la tutela che le leggi danno a chi, rispettando l'ordine, ha anche dei doveri. Questo rappresenta uno dei motivi per i quali l'autorità giudiziaria valuterà, con rapidità mi auguro, una situazione così diversa da tante altre, anche di quelle in cui talvolta non si è registrato lo stesso rigore (Applausi).
EDOUARD BALLAMAN. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, in questa saga delle bugie e delle falsità mi dispiace aver dovuto sentire che il Governo dava mille miliardi, successivamente saliti a 1.100. Non si è ricordato che questi soldi sono stati sottratti prima e bloccati poi agli allevatori che conferiscono il latte senza essere pagati. Anzi, si tratta di soldi per i quali - visto che non vige il principio della cassa, ma della competenza - gli agricoltori pagano le tasse senza usufruire dei frutti del proprio lavoro! Si dice che il Governo ha dato 1.100 miliardi, per far apparire questi lavoratori invisi a tutti gli altri, i quali non beneficiano di questi stessi fondi.
PRESIDENTE. Onorevole Ballaman, poco fa ha ricordato un uomo che ha onorato lo Stato e che ha lottato contro la mafia: questo fa giustizia di quello che poco fa ho sentito dire di chi la mafia la subirebbe. C'è anche chi è morto per avere combattuto contro la mafia, e credo che faccia piacere a tutti ricordare una persona che faceva della propria funzione un insegnamento per un'Italia unita nella diversità delle sue condizioni (Applausi).
MAURIZIO BALOCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, prima di alcune battute su questa storia che ha molto di triste e poco di intelligente, voglio fare un brevissimo riferimento al ministro Pinto che ha preferito allontanarsi, anche perché, non riuscendo a contare fra 41 e 63, ha pensato bene di lasciare il sottosegretario per la pubblica istruzione, che sicuramente è in grado di calcolare la differenza fra 41 e 63! Questa è una battuta, e sarebbe ogni tanto necessario sdrammatizzare così, se il Governo contribuisse a sdrammatizzare una situazione in cui tutto ha fatto tranne che capire le giuste esigenze di centinaia di allevatori che da mesi stanno manifestando. A loro si destina una parte dei soldi precedentemente trattenuti e rubati dal sistema e contro di loro si manda la polizia, a picchiare selvaggiamente, come abbiamo visto in televisione, il tutto perché lo Stato non è stato in grado di fare neanche quattro conti sulle eccedenze del latte.
PRESIDENTE. Onorevole Balocchi, la invito a concludere perché ha superato di 45 secondi il suo tempo.
MAURIZIO BALOCCHI. Concludo subito, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bampo. Ne ha facoltà.
PAOLO BAMPO. Qualche giorno fa, un collega, anzi, un compagno del PDS, Massimo D'Alema, definì ignobile il comportamento della lega nord per l'indipendenza della Padania. Ebbene, io credo che la vigliaccheria sia anche più ignobile di questo grave difetto. Quel compagno dovrebbe essere lì, su quei banchi, a spiegarci perché non si è permesso a questo Parlamento di dire quanto gli allevatori avevano diritto di sentire e, soprattutto, perché lui e i suoi compagni - ripeto, i suoi compagni - hanno votato la fiducia, su questo delicato tema, al Governo dell'Ulivo.
PRESIDENTE. Ho lasciato che lei continuasse per un minuto e 43 secondi perché stava leggendo un documento, ma pregherei i colleghi di non mettere in imbarazzo la Presidenza. Purtroppo, sono
GIANPAOLO DOZZO. Presidente, siamo dei cronometri svizzeri?
PRESIDENTE. A me dispiace togliere la parola, sapete come son fatto; ma non ne abusate!
SIMONE GNAGA. Signor Presidente, non si deve scusare; non è giusto che la tolleranza sia preceduta dal termine «purtroppo». Invece, la ringrazio; trovo che la tolleranza sia sempre una caratteristica positiva.
PRESIDENTE. Non quando si esercita una funzione che non è propria, diretta e personale. Si può essere tolleranti quando si è in proprio; quando si è alla Presidenza si deve essere corrispondenti ai doveri regolamentari. Alle volte non ce la faccio, lo riconosco.
SIMONE GNAGA. Mi rivolgo al sottosegretario che non è competente del settore: non lo nascondo, io stesso sono assolutamente ignorante in questa materia, purtroppo. Mi trovo ad intervenire in merito ad un comparto che comunque è oggetto di una politica sbagliata - su questo non c'è dubbio - non soltanto da parte di questo Governo, il quale, a mio avviso, ha una responsabilità per una risposta politica mancata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianchi Clerici. Ne ha facoltà.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Signor Presidente, ritengo che il comunicato letto dall'onorevole Bampo avesse un enorme significato politico, ma mi rendo conto del fatto che il collega, per leggerlo interamente, ha dovuto contravvenire ad una disposizione regolamentare, parlando oltre i cinque minuti previsti. Pertanto, se lei lo ritiene, mi può far parlare un minuto di meno, perché, come lei sa, noi siamo gente seria che rispetta le regole, magari lotta per cambiarle radicalmente, ma le rispetta. Se lei vuole, tolga pure del tempo a me (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
PRESIDENTE. Non c'è bisogno di fare questi calcoli algebrici. Ho fatto semplicemente presente al collega che avevo consentito la lettura integrale di un documento.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Signor Presidente, devo confessare che la presenza in aula, in rappresentanza del Governo, della gentile sottosegretaria alla pubblica istruzione, con cui ho spesso modo di vedermi e di confrontarmi, in
ADRIANA POLI BORTONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ADRIANA POLI BORTONE. Signor Presidente, mentre noi discutevamo, senza che alcuno di noi se ne accorgesse, si è verificato qui in aula un fatto di particolare gravità. Signor Presidente, non se ne è accorto neanche lei ed è per questo che glielo dico. Le assicuro che si tratta di un fatto molto grave.
PRESIDENTE. Anche in questo caso l'ordine dei lavori non è stato turbato dalla presenza, sia pure in veste di spettatore, del Presidente del Consiglio che si è affacciato dalle tribune, come accade a molti di noi.
ROBERTO MARONI. È un insulto al Parlamento!
ADRIANA POLI BORTONE. Non siamo un circo!
PRESIDENTE. Non siamo qui per dare giudizi, ma soltanto per acquisire elementi. Lei ha detto quello che doveva dire e la Presidenza prende atto che esiste il Governo qui rappresentato da più di un suo componente. Il Presidente del Consiglio, se vorrà intervenire, lo farà, se i suoi impegni glielo consentiranno (e mi auguro che sia così), ma non siamo qui per dare pagelle comportamentali. Lei ha espresso il suo giudizio e la Presidenza non può far altro che tener conto che dal punto di vista del regolamento il rapporto tra Parlamento e Governo è completo e contiguo.
MARIO BORGHEZIO. Signor Presidente, anch'io dopo il precedente intervento ritengo doveroso sottoporre all'attenzione dell'Assemblea, ma anche della Presidenza, un fatto grave che si è verificato in quest'aula proprio in relazione alla discussione su questo provvedimento.
PRESIDENTE. Se intervenivo qualche minuto prima, evitavamo la parte anatomica!
RINALDO BOSCO. Presidente colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, ormai il ministro ha ottenuto la fiducia dalla maggioranza di questa Assemblea; da una maggioranza - si badi bene - che non è più tale nelle piazze e ancor meno nelle campagne della Padania. Il Governo ha ricevuto il consenso a proseguire sulla strada che ha intrapreso; è una strada che porta dritto dritto verso la distruzione della nostra agricoltura, dei nostri allevatori, per favorire i truffaldini, i trafficanti di latte o, meglio, delle quote latte, quelle di carta, quelle che vengono prodotte negli «stalloni di piazza Navona»...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lembo. Ne ha facoltà.
ALBERTO LEMBO. Presidente, mi rivolgo in particolare ai componenti del Governo per segnalare un fatto del quale, probabilmente, non sono a conoscenza.
PRESIDENTE. Onorevole Lembo...!
ALBERTO LEMBO. Certo, Presidente, ho finito il tempo, ma ho concluso anche il mio ragionamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.
FABIO CALZAVARA. Siamo qui per contestare, in maniera piuttosto ferma e dura, questo provvedimento che castiga gli onesti e premia i disonesti. Siamo qui anche per esprimere solidarietà agli allevatori che sono mobilitati in questa battaglia e che ci auguriamo stiano ascoltando le nostre parole attraverso Radio radicale che, anche grazie alla pressione esercitata dalla lega e da alcune persone democratiche, è riuscita a riottenere la concessione di questa importante e fondamentale trasmissione in diretta dei lavori parlamentari. Speriamo che ci stiano seguendo anche attraverso Radio padania, che si occupa con molta attenzione dei problemi degli allevatori e di altre situazioni che affronteremo.
PRESIDENTE. Il tempo, onorevole Calzavara.
FABIO CALZAVARA. Concludo, Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questa disastrosa situazione nella quale - giova ripeterlo - era ben evidente l'inadempienza dell'Italia nei confronti degli obblighi comunitari, l'attuale Governo non ha ritenuto di adottare alcun provvedimento che rompesse con il passato, ma - per contro - ha proseguito peggiorandola l'opera già disastrosa dei governi precedenti, riuscendo nell'incredibile impresa di determinare un'ulteriore significativa riduzione delle possibilità dell'Italia di riuscire a dare decorosa applicazione al regime comunitario delle quote latte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cavaliere. Ne ha facoltà.
ENRICO CAVALIERE. Presidente, vorrei ringraziare gli allevatori che, in segno di solidarietà nei confronti della nostra maratona oratoria, stanno mantenendo attivi i presidi in tutto il territorio della Padania e, ad ogni nostro intervento, bloccano le strade.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Presidente, l'aspetto più paradossale della situazione nella quale ci troviamo, nell'ambito di questo dibattito, consiste nell'essere qui per l'ennesima volta, effettivamente in un'aula vuota, a cercare di rintracciare nell'atteggiamento del Governo un senso. Infatti, sono evidenti a tutti i parlamentari ed a tutti i cittadini i motivi per i quali gli allevatori stanno protestando da mesi in maniera sacrosanta, e questa evidenza ha trovato una riprova nei risultati della commissione Lecca.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.
GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, parto dalla considerazione che le
GIACOMO CHIAPPORI. Mi sono chiesto allora che cosa ci stessero a fare l'Unalat, l'AIMA, la Coldiretti, la Confagricoltura, la CIA, chi aveva gestito nel passato, chi gestisce oggi e dà dei ladri a gente che lavora tutti i giorni per portare a casa la pagnotta e pagare i debiti che ha fatto perché qualcuno le ha detto che le quote erano giuste. Qualcuno aveva mandato a costoro dei bollettini e gli ha detto: «Lavora perché lavorando forse ne avrai un ritorno, potrai avere un beneficio. Dai, lavora!» Questo mentre i veri ladri erano coloro che mangiavano sulle spalle di questa gente.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Chiappori.
GIACOMO CHIAPPORI. ...come è vero che ci sono insegnanti tutti di una parte e non dell'altra. È vero anche questo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.
CESARE RIZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro (per la verità non posso rivolgermi al ministro, perché è presente solo un sottosegretario per i lavori pubblici, che penso non abbia nulla a che fare con le quote latte; visto però che questo Governo ne combina di tutti i colori, accettiamolo!) da oltre un anno si sta combattendo fino alla nausea in quest'aula la lunga battaglia contro il decreto sulle quote latte, che fa riferimento al lontano 1993, anno in cui la Comunità europea stabilisce appunto il regime delle quote latte, e l'Italia opta per il regime individuale per l'attribuzione delle quote stesse.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciapusci. Ne ha facoltà.
ELENA CIAPUSCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pochi vista l'ora...
NICOLA BONO. Ma buoni!
PRESIDENTE. Si accontenti, onorevole Ciapusci!
ELENA CIAPUSCI. ...onorevole sottosegretario Albertini - ma adesso è giunto anche un suo collega -, nel vostro errare non sapevate dove andare e vi hanno detto di venire in aula e di degnarci della vostra comprensione nella vostra incompetenza ed ignoranza nel settore.
PRESIDENTE. Onorevole Ciapusci, il tempo a sua disposizione è terminato.
ELENA CIAPUSCI. Concludo, Presidente.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ciapusci.
LUIGINO VASCON. Presidente, mi corre l'obbligo di sottolineare che il mio collegio elettorale è - guarda caso - proprio quello di Vancimuglio: ne vado fiero e saluto quanti mi stanno ascoltando dalla diretta di Radio radicale.
PRESIDENTE. Era per l'Ufficio di Presidenza, onorevole Vascon. Comunque l'ascolto: l'ascoltano i suoi elettori di là dal suo paese, immagini se non l'ascolto io!
LUIGINO VASCON. Allora sarei andato a parlare sul posto! Io però sono abituato a fare una cosa per volta, signor Presidente! Abbia la compiacenza di ascoltare anche questi padani con le scarpe infangate!
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Vascon.
LUIGINO VASCON. Non ha avuto il coraggio di scoperchiare la pentola. E se anche questa malefatta resterà impunita, il Governo Prodi...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Copercini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI COPERCINI. Signor Presidente, nel breve lasso di tempo a mia disposizione non vorrei esprimere delle considerazioni prettamente tecniche o di settore, sulle quali penso si sia già parlato per lungo tempo da parte di persone più autorevoli e preparate. Da quando calco queste aule parlamentari, l'argomento delle quote latte e del riassetto del settore lattiero-caseario è stato affrontato un numero di volte tale che, giocoforza, anche una persona con scarsa propensione e preparazione in materia ha dovuto apprenderlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pirovano. Ne ha facoltà.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà (Commenti dell'onorevole Vito). No, perché non stava tanto bene; se volete vi presento anche lo stato di famiglia (Commenti dell'onorevole Vito)!
Signor Presidente, colleghi, ci troviamo dinnanzi alla solita situazione nella quale, grazie a questo Governo, si sostituisce al diritto e alla democrazia l'arbitrio e l'assenza di una pur minima disponibilità verso l'opposizione.
È vero, noi l'abbiamo sentita, signor ministro; io l'ho sentita con particolare attenzione. Quando qualche volta mi capita su sollecitazione di qualche amico medico di raccomandare il figlio ad un esame, sono abituato a sentirmi dire dal professore che accetta la raccomandazione se il ragazzo è preparato. Ebbene, signor ministro, lei ha accettato molte raccomandazioni; naturalmente, mi pongo l'interrogativo se poi il Governo sia preparato ad accettarle.
Mi consenta questa battuta, perché è chiaro che le cose sono come il coraggio di don Abbondio: o sono o non sono. Lei ha aggirato con intelligenza - gliene diamo atto senz'altro - gli ordini del giorno, li ha tutti accettati con raccomandazione. Io, che più o meno da un paio di anni sto in questo Parlamento, ho sentito sempre parlare di raccomandazioni, ma non ne ho mai vista una evasa nel senso pieno della parola. Sarà una mia interpretazione, ma penso che questo sia un dato di fatto ben preciso.
Signor ministro, ieri aveva anticipato - e il modo ancor mi offende - la possibilità della posizione di una questione di fiducia sostitutiva della discussione sugli emendamenti, su cui vi era stata un'opportuna cura dimagrante. Il collega l'ha chiesto poc'anzi, vedremo a che livello questa cura dimagrante sarà stata; comunque, credo possa accettare la diminuzione piuttosto netta degli emendamenti senza turbative del nostro vecchio rapporto (siamo campani tutti e due). Nel concetto della diminuzione degli emendamenti c'era il nostro desiderio di poterli discutere, ma non ci siamo riusciti; d'accordo.
La cosa avrebbe potuto far modificare l'assurdo orientamento; invece, vi è stata la fiducia, il sì ad essa, in barba, per non dire alla faccia, delle risposte da dare agli agricoltori, alle loro ansie, alle loro speranze.
A Natale queste speranze, se mi è consentita la battuta, sembravano Salvi; poi, invece, tutto è tornato come prima, a dimostrazione non necessaria di come in un'Italia dove tutto va a ramengo - i disoccupati, gli studenti, i medici, gli avvocati che scioperano rallentando gioco forza una già lenta giustizia - sarebbe stato pazzesco aspettare una risoluzione dei problemi degli allevatori, del latte e degli agricoltori. Tali problemi, signor ministro, non si risolvono creando commissioni o sotto commissioni e offrendo mini proposte economiche a chi attende una positività concreta e non virtuale verso il suo lavoro. Il grido di dolore di questi lavoratori - me lo consentano gli amici della lega - parte parimenti dal nord, dal sud e dal centro dell'Italia; questi amici chiedono tutela dei loro diritti ed ottengono in risposta manganellate.
Aspettavano, questi amici, un atto di lealtà, non dico di amicizia: hanno ottenuto un «no» cattivo ed antidemocratico. Dio non paga sempre il sabato. Sarà il tempo - tempo vicino, me lo auguro di tutto cuore - che dirà forte che la ribellione sarà totale e convinta e che, forse, da questa situazione sorgerà quel capovolgimento di posizioni che darà ad altri elementi la guida di un'Italia ferita, sofferente, che non chiede altro che tornare quella che era e che, purtroppo, grazie a questo Governo, sicuramente non è. Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Approfitto, però, del tempo che mi è concesso per fare alcune riflessioni, che possono fornire taluni elementi di comprensione. Come lei ricorderà, onorevole Presidente, visto che ha potuto sperimentare gli anni della gioventù italiana del littorio - la sua età mi consente di affermarlo con sicurezza -...
consenso politico del comparto agricolo avveniva attraverso un unico sindacato, che era la corporazione fascista degli agricoltori. Da quel sindacato, all'indomani del passaggio repubblicano di questo paese, si enuclearono due sindacati: la confederazione italiana dei coltivatori diretti e la confederazione generale dell'agricoltura. Questi, in qualche misura, dovevano riflettere le due agricolture di questo paese, invece no. Invece si generò una sorta di divisione, soprattutto di risorse - visto poi, anche attraverso indagini giudiziarie, cosa si è potuto verificare - per ricondurre il tutto ad un unico problema agricolo nazionale. Sindacati che controllavano l'emotività e il consenso degli operatori agricoli. Riconducevano le istanze ad un punto centrale, che allora si chiamava Ministero dell'agricoltura ed oggi, dopo una serie di modificazioni, ha assunto il nome di Ministero delle politiche agricole, e, tutto sommato, strappavano labili concessioni, ma riuscivano a tenere a freno tutto il comparto, che in questo frangente non ha più potuto essere controllato dalle organizzazioni professionali tradizionali. Non dimentichiamo che ci sono stati anche degli sconvolgimenti interni.
Da qui tutta la gestione centralistica dell'agricoltura, anche, se vogliamo, con una limitazione di competenze. Ce lo dimostra l'attuale Governo, che manda il sottosegretario alla pubblica istruzione a presenziare al dibattito sul problema delle quote latte. E mi consenta di dire, onorevole senatore ministro, che anche lei come caratura professionale Io la rispetto per il suo ruolo istituzionale, ma un avvocato che si occupa di agricoltura è un po' come la Bindi che si occupa di sanità (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
un leggero scampanellio, così la «frenata» potrà essere esercitata senza righe sulla strada.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alborghetti. Ne ha facoltà.
Intervengo sul complesso degli ordini del giorno del nostro gruppo, quello della lega nord per l'indipendenza della Padania, in sede di esame del decreto-legge del 1 dicembre 1997 n. 411 recante misure urgenti per gli accertamenti in materia di produzione lattiera. Tenuto conto che i produttori agricoli, oltre ad esprimere l'esigenza di assicurare la piena legalità nella gestione delle quote latte, sollecitano interventi pregnanti nel settore agricolo, ed evidenziato che il ministro delle risorse agricole ha ribadito al Senato che è imminente la presentazione dei progetti di riforma della legge sul settore lattiero-caseario, la n. 468 del 1992, nonché dell'AIMA, chiediamo che il Governo si impegni a presentare al Parlamento il progetto di riforma della legge n. 468 del 1992, come ha detto il collega entro e non oltre il mese di febbraio, permettendo così agli allevatori di programmare la propria produzione, in quanto finora non è mai stato possibile, dato che le quote assegnate venivano comunicate probabilmente a fine anno, e non so come avrebbero potuto fare a ridurle.
In questo modo si potrebbe favorire la produzione di qualità e la tipicità dei prodotti derivati, realizzare interventi di decentramento regionale e potenziare le politiche di esportazione. Occorrerebbe poi riformare completamente l'AIMA, un ente inutile sia per l'efficacia dei controlli sia per la qualità delle prestazioni pubbliche, anche per la necessità di svecchiare gli strumenti istituzionali in materia agricola.
Gli allevatori, con le loro manifestazioni chiedono, oltre alla restituzione della liquidità monetaria derivante dalle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare, anche il definitivo accertamento della produzione lattiera e il ripristino della piena legalità; in merito al comma 3, articolo 1, si evidenzia che l'innalzamento della quota di produzione individuale è solo per l'annata in corso e ai fini della trattenuta finanziaria da parte dell'acquirente introduce palesi elementi di disparità tra i produttori e tra le diverse annate. Nell'annata 1995-1996 la restituzione della liquidità discrimina i produttori a seconda del tipo di compensazione; in quella 1996-1997 sulla percentuale secca tra produzione e totale e quella posseduta; in quella 1997-1998 discrimina tra produzioni di quota B e di sola quota A. Perciò chiediamo che il Governo si impegni a predisporre interventi legislativi per eliminare le incongruità, ma soprattutto le disparità di trattamento nella restituzione della liquidità, in quanto si provvede per l'annata 1996-1997 e la si omette per l'anno precedente, anche alla luce dell'istituzione di una commissione di indagine, cui è stato demandato il compito di effettuare il controllo della quantità effettiva di produzione per le annate 1995-1996 e 1996-1997.
Visto il reale disagio dovuto al comportamento irresponsabile del Governo in materia di quote latte ed alla mancanza di una politica europea volta a garantire lo sviluppo del settore; vista la necessità di aggiornare le normative vigenti sulle quote latte, in particolare la legge n. 468 del 1992 e di riformare completamente l'AIMA sia per l'efficacia dei controlli sulle produzioni sia per la qualità delle prestazioni pubbliche, chiediamo al Governo che si impegni a predisporre degli interventi legislativi, una volta accertate le reali produzioni ed individuate le illegalità,
volti ad eliminare il sostituto d'imposta ai primi acquirenti ed a prevedere il pagamento del superprelievo, dove è accertato, deve essere richiesto ed effettuato direttamente dalle regioni e dalla province autonome.
Con il successivo ordine del giorno, tenuto conto che con continue manifestazioni gli allevatori chiedono oltre che il ripristino della liquidità, anche la piena chiarezza della gestione delle quote latte, poniamo in luce che purtroppo vi sono discriminazioni tra popolazioni di uno stesso Stato e pensiamo che la nostra lotta per l'indipendenza della Padania sia effettivamente valida visto questo razzismo di Stato, perché si agevola il sud e si penalizza il nord produttivo. Viva la Gina (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
che il Governo è rappresentato ed aggiungo che è rappresentato degnamente. Vi pregherei anche di non fare dell'ironia, perché il Governo nella sua complessità e collegialità ha necessità di avvalersi talvolta di un sottosegretario, talvolta di un altro. Queste cose le sappiamo tutti benissimo perché lavoriamo in quest'aula ormai da parecchio tempo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anghinoni. Ne ha facoltà.
Sperando che comunque queste parole arrivino a chi di competenza, vorrei richiamare l'attenzione sul contenuto del provvedimento perché il decreto contraddice se stesso. Il ministro Pinto un anno fa in quest'aula ha detto che gli agricoltori avevano intenzionalmente «splafonato», per cui era giusto che pagassero la multa. Allora perché il decreto-legge prevede la restituzione dell'80 per cento dell'annata 1996-1997? Se la multa è legittima, perché gliene restituiamo una parte? E perché solo per il 1996-1997 e non anche per l'annata 1995-1996, completamente cancellata dal decreto?
Evidentemente si brancola nel buio, o meglio si sta cercando di restituire qualcosa visto che non se ne può fare a meno, dato che in questo momento il ponte di Borgoforte in provincia di Mantova è bloccato dalla manifestazione degli agricoltori. Evidentemente il Governo non ne può fare a meno e cerca di dare un contentino, screditando oltre che contraddicendo se stesso e il suo operato. Se è giusto, come è giusto, restituire non l'80 ma il 100 per cento delle multe per il 1996-1997, altrettanto bisogna fare il 1995-1996 e per il 1997-1998 e non dare delle rate frutto evidentemente del rimorso Mi scuso, ci vuole una coscienza per provare rimorso e qui la coscienza non c'è! Allora c'è la paura di prenderle quando si va per strada e si dà un contentino, quello che meno nuoce alle casse dello Stato, perché questo Governo deve pagare le sue clientele, deve garantirsi la continuità per poter sviluppare la sua politica nel prossimo futuro. Non bisogna perdere tempo e, se le risorse sono poche, si vanno a prendere. Allora si danno queste famigerate multe, quando ancora oggi neppure voi siete in grado di stabilire quanto latte produca l'Italia. Non sapete quanto latte stiamo producendo, però avete dichiarato e sostenete con le vostre azioni che si è splafonato nella produzione, per cui occorre pagare una multa disconosciuta dalla stessa Unione europea, la quale ha richiamato il Governo italiano dicendo: «I vostri conti sono sbagliati; a noi non risulta che abbiate splafonato». E noi ligi: «Abbiamo splafonato».
preso. Allora evidentemente dobbiamo sostenere la tesi dello splafonamento. Queste sono le ragioni per le quali hanno voluto il ministro Pinto e non persone magari tecnicamente più autorevoli; hanno voluto Pinto quale garante della continuità della vecchia politica (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Desidero riportare le recenti affermazioni del ministro Michele Pinto: «Non potendo accogliere ulteriori modifiche al testo, per ragioni legate alla ristrettezza dei tempi a disposizione e alle compatibilità alle quali non si può derogare, il Governo potrà essere indotto a chiedere la fiducia, se non verranno ritirati gli emendamenti presentati».
Signor ministro, lei è un mafioso; su di lei pendono accuse di aver ignorato la volontà del Parlamento...
Lei - insieme con il suo Governo - aveva già deciso che vi sarebbe stato solo un rimborso parziale delle multe. Si è trattato di una scelta vergognosa che limita la democrazia parlamentare e il diritto alla discussione di soli 41 emendamenti.
Manifesto il mio disgusto per il fatto di dover discutere sotto la minaccia della fiducia, che poi è stata regolarmente data. È altrettanto disgustoso ignorare il parere del Comitato per la legislazione, che aveva suggerito all'unanimità di apportare alcune modifiche al testo.
È da un anno, signor Presidente, che gli allevatori manifestano e protestano in tutta Italia chiedendo la restituzione di quanto trattenuto dalle industrie e dai caseifici a titolo di superprelievo. Non da meno la commissione presieduta da un generale, che ha ampiamente dimostrato che gli allevatori non hanno tutti i torti a chiedere la liquidità delle somme loro trattenute, visto che di irregolarità ne sono state commesse tante nelle ultime tre annate produttive da parte di funzionari dell'AIMA e di organizzazioni agricole.
Che con il decreto sulle quote latte il Governo peggiori ingiustizie ed errori passati, presenti e futuri, compiendo un'operazione contro le vigenti leggi italiane ed europee, lo hanno detto e dimostrato la commissione di inchiesta governativa, la Corte dei conti, la commissione antitrust; senza contare la disparità di trattamento tra le regioni del nord, del centro-sud e delle isole.
La verità, signor Presidente, è che la questione delle quote latte nasconde scandali di dimensioni tali che Tangentopoli a confronto fa ridere. Ci sono enormi responsabilità di enti statali, organizzazioni di categoria, sindacati, multinazionali, cooperative rosse e di gran parte degli uomini che in tredici anni hanno creato tutto ciò. Il dramma è che essi sono tuttavia al potere in questo stesso Governo.
È giusto che i padani sappiano che questa sera il Governo, ponendo la fiducia, ha di fatto sigillato la bocca ai parlamentari della lega nord per l'indipendenza della Padania e all'opposizione in genere, impedendo il confronto pubblico
perché si sappia il meno possibile. Del resto, signor Presidente, signor sottosegretario, tutti gli allevatori di Vancimuglio e della Padania lottano contro questo regime, che vuole solo servi miserabili; sono invece lavoratori autonomi, proprietari di aziende e di terre che vivono solo del loro lavoro e possono fare a meno di pastoie politiche e sindacali. Grazie: viva la Gina (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ebbene, pagare immediatamente una parte della multa e congelare il resto, le pendenze, in attesa dei risultati della commissione d'inchiesta: fortunatamente su un problema relativo ad un furto interlocutorio - tale era quel pagamento delle multe - non vi era la stessa convergenza espressa dai sindacati mafiosi.
Il problema è sempre quello. Si parlava di rateizzazioni, ma la questione non verteva sul come pagarle ma su chi lo doveva fare; un'esigenza di giustizia che non esiste più in questo Stato ladro e mafioso. È in questo senso che l'istituzione della commissione è solo uno dei trucchi per depredare ancora una volta gli allevatori padani e per non fare la dovuta chiarezza nei tempi stabiliti.
Il ricorso all'Unione europea e quindi alla Corte di giustizia europea per chiedere il pagamento dei danni per il Governo italiano è perciò un atto dovuto. Il presidente della commissione d'inchiesta è, guarda caso, Natalino Lecca, direttore del centro di repressione romano delle frodi comunitarie della Guardia di finanza, pure romana, altro organo repressivo di questo Stato ladro, corrotto e mafioso.
E sono sempre loro (Coldiretti, Confagricoltura, CIA) che dovrebbero difendere gli interessi dei lavoratori ed invece trattano con lo Stato mafioso; mafioso, lo ripeto, in quanto non in grado di combattere i fenomeni mafiosi e che quindi si può definire mafioso, corrotto. Ma ricordo le intense giornate trascorse con gli allevatori, con gli amici della lega nord per l'indipendenza della Padania, passate accanto ai trattori, di notte e di sera, pronti ad andare a bloccare strade ed aeroporti.
Ma ecco l'Alitalia, un altro covo di malandrini, ladri e mafiosi, corrotti, che presenta...
I rappresentanti degli allevatori, che da tempo manifestano civilmente, democraticamente e correttamente davanti a questo palazzo, proprio sulle tematiche che l'Assemblea sta ora discutendo, mi hanno fatto presente e pregato di portare all'attenzione della Presidenza un problema molto grave, sorto in questi giorni, il quale minaccia di diventare addirittura ostativo alla libera prosecuzione della loro attività di lavoro.
Proprio invocando i principi della nostra Carta costituzionale, che tutelano il diritto al lavoro e la libertà di impresa, chiedo alla Presidenza di farsi carico di rappresentare all'autorità giudiziaria l'opportunità di non protrarre oltre il dovuto - credo che i termini siano stati ampiamente superati rispetto alla necessità di indagare su quei fatti, peraltro di lieve entità penale, a seguito dei quali è stato disposto il sequestro penale di ben oltre 120 trattori - il sequestro di tali trattori, utilizzati per una pacifica e civile manifestazione. Questi lavoratori della terra, allevatori, venuti da regioni lontane rispetto alla capitale, così chiusa e sorda alle loro richieste legittime, democratiche e civili, chiedono di poter avere la piena disponibilità dei loro mezzi che spesso rappresentano il motore principale della loro attività lavorativa, il sostegno loro, delle loro famiglie ed aziende.
Credo di interpretare i sentimenti di tutti i gruppi, non solo del mio, nel chiedere alla ben nota sensibilità del Presidente di farsi carico del problema (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ballaman. Ne ha facoltà.
Questi 1.100 miliardi rappresentano somme che sono state trattenute, ma non costituiscono il 100 per cento in quanto di 2.300 miliardi il Governo ne avrebbe restituiti solo 1.100, trattenendo in tasca 1.200 miliardi! A fronte di che cosa? A fronte delle possibili, inique, perché dichiarate tali dalle stesse commissioni che hanno lavorato sul caso, multe date agli agricoltori. Multe che nella peggiore delle ipotesi ammontavano a 500 miliardi. Volendo essere estremamente cauti, avrebbero dovuto essere restituiti 1.800 miliardi, non 1.100, il che costituisce un vero esproprio. Non si tratta di altro!
Cosa dire del contenuto delle relazioni, secondo cui vi sarebbero 1.500 mucche in una stalla di piazza Navona! Paghino i ladri che hanno sfruttato la situazione! Si
paghino queste colpe e ci si ricordi di quello che non ha scritto un leghista, ma Giovanni Falcone riferendosi alla vicenda delle arance. Guarda caso, per le quote latte si penalizzano gli allevatori, per le arance si pagano le sovrapproduzioni! Ebbene, si tratta di produzioni di arance che fra l'altro vengono poi calpestate dai trattori, per non arrivare ad una loro corretta quantificazione. Lo stesso Falcone diceva che la mafia da queste operazioni trae sensibili vantaggi e, proprio nel libro Cose di cosa nostra, parlava di due Italie: una europea ed una africana. E non era un leghista! Proprio oggi, invece, con riferimento ad un ordine del giorno, si continuano ad avere due pesi e due misure, ma per due Italie: per quanto riguarda le arance, si ragiona in una maniera; per quanto riguarda il latte, in un'altra (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Non siamo di certo per la violenza e per le bombe, però un po' di merda ci stava bene! Per sollevare questo problema ci stava bene: ed è ora che il ministro, chi ha gestito questa cosa, impari a nuotare, perché non basta nascondersi dietro un perbenismo che sicuramente farebbe di questo ministro un grande uomo dell'ottocento, perché i tempi sono cambiati. Mi auguro effettivamente che avremo un altro ministro, magari un altro Governo, quando ci troveremo a dover risolvere un altro problema, altrettanto grave, che guarda caso colpisce l'economia padana: l'allevamento dei maiali. Quando questo problema, che viene dalla cara Germania a noi vicina, e che tutti in questo Governo si ostinano a nascondere, dovrà essere affrontato, si capirà che è molto più grave di quello che stiamo esaminando. Spero quindi che allora si sappiano prendere efficaci provvedimenti, almeno per un senso di autodifesa (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Balocchi. Ne ha facoltà.
Nel dubbio, allora, andiamo sotto, manganelliamo, in modo che si possa tranquillamente dire che lo Stato c'è, che lo Stato ha avuto la necessità di adempiere a quello che l'Unione europea gli richiede.
Ma ciò a cui abbiamo assistito ieri sera, con la ventinovesima richiesta di fiducia da parte del Governo, è veramente ridicolo. Si era parlato di ricorrere alla fiducia soltanto per stroncare le opposizioni che, attraverso centinaia e centinaia di emendamenti, impedivano la discussione regolare e il normale iter di approvazione delle leggi. Abbiamo assistito, ieri
sera, alla richiesta del voto di fiducia, che rimanda di ventiquattro ore tutti i lavori parlamentari, per impedire che 41 emendamenti fossero discussi!
Allora, non sono gli emendamenti presentati in maniera enorme che contribuiscono a bloccare il Parlamento, ma la paura della maggioranza di discutere emendamenti che possono essere correttivi e che possono aiutare a rendere meno pesante un decreto che è stato presentato dal Governo perché all'interno della maggioranza c'è una profonda divisione. Ecco la motivazione. Non esiste nessun'altra motivazione perché il Governo presenti la fiducia di fronte alla discussione di 41 emendamenti!
Dai primi risultati della commissione presieduta dal generale Lecca, sono emersi dati allarmanti in merito alle truffe perpetrate dai falsi allevatori e dai detentori delle quote di carta in una misura pari a circa il 90 per cento dei contratti controllati. Perché il Governo, che ha speso centinaia di miliardi in precedenti controlli affidati all'AIMA, all'Unalat e a consorzi più o meno privati, ai quali hanno partecipato anche le organizzazioni professionali agricole, come la Coldiretti, la Confagricoltura, la Confederazione degli agricoltori, non mette ordine nel settore, punendo con tempestività coloro che hanno truffato? Perché non provvede a ripartire queste quote false a quei produttori ai quali, magari, è stato dato un finanziamento pubblico per la costruzione o l'ampliamento delle loro stalle?
Perché il ministro dell'agricoltura non ha esercitato i suoi legittimi e doverosi poteri di controllo e di verifica nel settore delle quote latte, ma ha preferito fare intervenire brutalmente la polizia contro gli allevatori che manifestavano la loro indignazione, rabbia e malcontento?
Perché il Governo ha voluto porre la fiducia su un esiguo numero di emendamenti che avrebbero certamente migliorato le brutture e gli sconci del decreto che questa maggioranza si accinge a votare?
Proprio per questi motivi, intervenendo sul complesso degli ordini del giorno, espongo i motivi del nostro voto a favore degli stessi. Con gli ordini del giorno presentati dai colleghi Dozzo, Anghinoni, Lembo e Vascon si vuole impegnare il Governo a predisporre interventi legislativi che modifichino le modalità di compensazione delle quote latte per l'annata 1995-1996, eliminando la disparità di trattamento che, con la conversione in legge del decreto-legge n. 411...
Con la conversione in legge del decreto-legge n. 411 del Governo viene a crearsi una disparità, in quanto la suddetta compensazione è prevista ai sensi della legge n. 596, che definisce i diversi livelli di compensazione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Si capisce sicuramente l'intento protezionistico (passatemi questo termine, colleghi) nei confronti della propria creatura. Ma questo non è sufficiente per giustificare una mancata risposta, ma soprattutto
una risposta vergognosa, a quanto doveva essere invece concesso agli allevatori. Ebbene, si tratta di allevatori che sono stati qua fuori a dimostrare il loro malumore ma anche le loro aspettative. Allevatori che in tutta la giornata di oggi dalle tribune dell'aula di Montecitorio speravano di ascoltare in questa sede proprio alcune delle motivazioni che hanno portato le varie forze politiche ad esprimersi in maniera così distante l'una dall'altra; distante perché da una parte si cercava di tutelare gli interessi di parte, dall'altra si cercava di tutelare gli interessi della collettività.
Visto che l'Assemblea è stata messa nella condizione di non potersi esprimere, di non poter discutere su quanto tutti ci aspettavamo, visto che gli allevatori non hanno avuto chi dava risposte e chi dava loro la voce, credo che sia doveroso da parte mia, non solo per dare loro la voce, ma proprio affinché in quest'aula rimanga almeno traccia di quanto gli allevatori auspicavano, leggere (e nel caso in cui non riuscissi a fare in tempo a leggerlo chiederò a qualche collega che mi segue di completarne la lettura) il comunicato che il coordinamento dei comitati spontanei produttori del latte ha emanato nella giornata del 20 gennaio. Credo che, per quanto riguarda la questione delle quote latte, nulla di più certo resterà sui resoconti stenografici dell'Assemblea delle parole dei diretti interessati. Do quindi lettura del comunicato.
«Come avevamo preventivato, lo spazio per la discussione e quindi la modifica del decreto in discussione alla Camera dei deputati esiste concretamente» (non c'è più «vera verità» di questa, che è stata però vergognosamente disattesa). «Ne ha preso atto il Comitato per la legislazione, che ha espresso un parere favorevole condizionandolo ai punti chiari e fermi che i produttori hanno da sempre sostenuto. Evidenziata l'illeggibilità della norma, il Comitato ha anche rilevato come la stessa contenga elementi di disparità tra i produttori di latte sia in merito al ripristino della liquidità legata ad un solo anno che alla diversità tra i produttori, legata non al fatto sostanziale di avere o meno prodotto in più rispetto alla loro quota individuale, ma alla semplice collocazione geografica della loro sede sociale» (una vergogna). «Il Comitato evidenzia inoltre come la nuova commissione di garanzia del generale Lecca non abbia alcun potere e quindi induca aspettative di garanzia che non potranno mai essere realizzate e come il ruolo delle regioni, laddove inadempienti, determini ricadute negative sui produttori, che sono assolutamente impotenti di fronte a ciò. Merito al ruolo deciso e decisivo svolto dal relatore in Comitato, l'onorevole Lembo della lega nord, che non si è posto l'obiettivo, che altri stanno perseguendo, di usare la protesta del latte al solo scopo di mettere in difficoltà la parte che governa o il Presidente del Consiglio, ma costruttivamente ha evidenziato un percorso di proposta che ha trovato, sia come tale che nel merito delle competenze del Comitato, l'unanimità dei componenti il Comitato medesimo. In una corretta logica di servizio pare che questo comportamento sia in linea con gli intendimenti degli allevatori che stanno protestando non per contrapposizione con alcuno, ma solo per ottenere quelle garanzie di trasparenza e futuro che, assieme alla liquidità trattenuta, garantiscono all'azienda di essere, e non solo di apparire, con o senza telecamere. Siamo certi che l'esempio e l'indirizzo costruttivo sia seguito da tutti e porti a quelle soluzioni che non sono il futuro, ma che ne sono certamente alla base. Vedremo adesso il comportamento del Governo che deve decidere in merito alla fiducia. Di fiducia gli allevatori ne hanno già data tanta; vorrebbero adesso riceverla» - e come l'hanno ricevuta! - «avendo dimostrato in questo anno e mezzo di poterla concretamente meritare» (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
abituato per natura ad una certa tolleranza; sono poco legato al cronometro, mi dà fastidio; tuttavia, ci troviamo in una fase in cui ciascuno di noi, avendo chiesto l'attuazione del regolamento, deve stare alle regole.
Cercate di non mettermi in imbarazzo; d'ora in avanti, allo scoccare dei cinque minuti sarò costretto, come farebbe il Presidente Violante e come è giusto che sia, a togliere la parola. Qualche volta essere comprensivi significa lasciare eludere una regola che vale per tutti. Dal mio punto di vista mi scuso, ma credo che rispettare il regolamento non richieda alcuna espressione di scusa, soltanto una corrispondenza di reciproci impegni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gnaga. Ne ha facoltà.
La politica in campo agricolo è sbagliata. Il nostro paese ha avuto uno sviluppo enorme: negli ultimi cento anni è passato da una struttura prevalentemente agricola ad una industriale, soprattutto nel dopoguerra, ma ciò non ha permesso un adeguamento culturale nei confronti del mondo dell'agricoltura. Questa è una grossa mancanza; volendo, anche al settore di cui lei, signor sottosegretario, è più direttamente responsabile dovrebbe essere permesso un approccio più positivo al mondo agricolo, a quella cultura nella quale in fondo sono le nostre radici, certamente non riconducibili al comparto industriale.
Pur essendo ignorante su questo argomento, intervengo con piacere, sia per l'attualità della tematica, sia perché mi è capitato di frequentare in una fase della mia vita persone che provenivano dal settore dell'agricoltura; ricordo che, in un momento molto duro del nostro impegno durante il servizio di leva, queste mi dicevano che la vita militare - quella che conducevamo era abbastanza dura - era per loro una «pacchia», essendo abituati in luglio ad alzarsi la mattina alle 3 per la raccolta delle patate andando avanti fino alle 17. Questo è stato il mio primo impatto, che mi ha colto piuttosto di sorpresa; chiedo scusa per la digressione, ma ho voluto raccontare questo mio contatto con il mondo dell'agricoltura. È un impatto che dovrebbe essere considerato maggiormente anche per quanto attiene alle ricadute sull'opinione pubblica.
Sappiamo che abitualmente la legittima protesta di qualsiasi categoria viene non solo tollerata, ma sfocia anche in un riconoscimento dei diritti lesi. In questo caso non si capisce perché la protesta legittima di altre categorie non sia stata tollerata, anche dalla stessa opinione pubblica, anche in ragione dell'informazione fatta dai mass media, ma sia stata addirittura repressa. Non intendo soffermarmi
su vicende che sono note a tutti i cittadini perché fortunatamente sono state riprese dalla televisione.
Vorrei invece soffermarmi su quello che è divenuto una sorta di luogo comune per chi non conosce il settore dell'agricoltura. Il problema, infatti, viene affrontato con un senso di sufficienza; in altre parole si dice più o meno: lasciamo perdere, loro stanno soltanto dando fastidio ad altri settori, come quello dei trasporti od altro. Ebbene, un simile atteggiamento è sbagliato, perché la legittima protesta di qualsiasi categoria deve essere tenuta nella dovuta considerazione dall'esecutivo, che deve rispondere in modo adeguato alle richieste che vengono avanzate, cosa che non avviene.
Anche il ministro in precedenza ha mostrato una certa intolleranza. Ho partecipato e parteciperò ad altre forme di protesta che avranno luogo all'interno della Camera, però devo dire che non ho mai visto forme di intolleranza da parte di altri ministri, anche se hanno ricevuto critiche più pungenti di quelle ricevute dal ministro Pinto. Egli ha parlato poco tempo fa di istigazione e si è dichiarato costretto a porre la questione di fiducia per l'elevato numero di emendamenti presentati al provvedimento, senza soffermarsi sulla qualità degli stessi. In realtà, la fiducia non è stata posta a causa dell'elevato numero di emendamenti presentati, ma per altre ragioni. Infatti, c'era tutto il tempo per esaminare gli emendamenti e giungere alla conversione del decreto prima della scadenza dello stesso.
A parte ciò, la reazione del ministro, che ha parlato di provocazione e di istigazione, è assolutamente sbagliata. Ci mancherebbe altro! Certe cose fanno parte della dialettica politica, soprattutto in occasioni come questa. Ma cosa pensa? Crede davvero che rimanere in silenzio e dirsi continuamente d'accordo con la linea del Governo sia costruttivo? Le cose non stanno certo così.
Noi stiamo esponendo in questa sede, anche se non in modo del tutto adeguato, i problemi del paese. Non soltanto in piazza Montecitorio ma in varie parti di Italia, geograficamente lontane da Roma, alcuni cittadini sono attanagliati da gravi problemi.
Signor Presidente, non voglio approfittare della sua tolleranza, che continuo a considerare un fatto positivo, quindi concludo dicendo che, al di là delle questioni sollevate dalla posizione della questione di fiducia, mi auguro che venga data una risposta adeguata e rapida ai problemi del paese. Spero infatti che il provvedimento in esame produca comunque degli effetti positivi non per qualche soggetto politico, ma più in generale per chi opera nel settore dell'allevamento e dell'agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Prosegua pure.
questa occasione mi potrebbe indurre a parlare magari di tematiche che mi sono più congeniali, come quelle del mondo scolastico. Potrei parlare delle ultime novità, soffermandomi ad esempio sul fatto che il Governo non ce la fa a licenziare i decreti di attuazione della legge Bassanini in tempo ed è quindi costretto a chiedere proroghe. Potrei inoltre soffermarmi sul fatto che il Governo è stato costretto a modificare in fretta e furia un articolo della famigerata legge di riforma degli esami di maturità. Oppure potrei spiegare - e forse la sottosegretaria è curiosa - come stiamo creando la scuola padana, che speriamo i figli degli allevatori seguano in gran numero, ricevendo in cambio una istruzione sicuramente migliore di quella che dà lo Stato italiano (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Tuttavia, ci stiamo occupando di quote latte, di un decreto che la categoria degli allevatori e degli agricoltori reputa inaccettabile. La lega nord ha cercato in tutti i modi di far sì che le aspettative degli allevatori venissero tenute nella dovuta considerazione. Reputo quindi più importante attenermi a tale tema, facendo preliminarmente rilevare, come hanno già fatto molti altri miei colleghi, che con il ricorso alla questione di fiducia si sono tentate di nascondere le ovvie differenze di vedute, che evidentemente sono presenti anche nella maggioranza. Le poche decine di emendamenti presentati avrebbero dovuto essere discusse e il Parlamento avrebbe dovuto assumersi la propria responsabilità di fronte ai cittadini. Ogni parlamentare avrebbe dovuto esprimere in piena libertà il suo voto. Questo purtroppo non è avvenuto, mentre fuori dell'aula si sono verificati episodi molto gravi; mi riferisco alle botte agli allevatori e all'atteggiamento tenuto dalla polizia che non si può non rimarcare, dal momento che questa è stata insolitamente severa con gli allevatori stessi. Ha infatti ritenuto di ricorrere alla violenza contro gente pacifica. Ha fatto ricorso alla violenza anche contro alcune donne, ci tengo a ricordarlo. Infatti, in uno dei tanti campi, sono state malmenate anche le donne che si trovavano nelle tende a cucinare il pasto per gli uomini che stavano facendo la dimostrazione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Questo
è un fatto gravissimo da parte di un Governo di sinistra! È veramente gravissimo!
In conclusione, vorrei leggere il dispositivo degli ordini del giorno non accolti dal Governo e che probabilmente domani verranno respinti dalla Camera, proprio perché, per conoscenza mia e del gentile sottosegretario che ha ascoltato il mio intervento, rimangano come monito questa notte per tutti quanti. L'ordine del giorno del collega Vascon impegna il Governo a predisporre interventi legislativi per eliminare le incongruità, ma soprattutto le disparità di trattamento nella restituzione della liquidità, in quanto si provvede per l'annata 1996-1997 e la si omette per l'anno precedente, anche alla luce della istituzione di una commissione di indagine a cui è stato demandato il compito di effettuare il controllo della effettiva quantità di produzione per le annate 1995-1996-1997.
Vorrei altresì ricordare l'ordine del giorno del collega Anghinoni che impegna il Governo a predisporre interventi legislativi, una volta accertate le reali produzioni ed individuate le illegalità, volti ad eliminare il sostituto di imposta ai primi acquirenti e a prevedere il pagamento del superprelievo, dove accertato, ed effettuato direttamente dalle regioni e dalle province autonome.
Infine, il collega Dozzo intende impegnare il Governo a predisporre interventi legislativi che modifichino le modalità di compensazione dell'annata 1995-1996, presente al comma 1 dell'articolo 3, del presente decreto, eliminando la disparità di trattamento tra produttori, ma essenzialmente, come è stato detto da altri, tra produttori della Padania e produttori di altre regioni (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Qualche collega della lega ha rilevato che il ministro Pinto si è allontanato dall'aula, il che, colleghi, non è particolarmente grave, perché, dopo essere stato presente per diverse ore, può anche assentarsi per qualche attimo, peraltro lasciando in aula altri colleghi del Governo a rappresentarlo, considerato che il Governo ha delle responsabilità collegiali, come abbiamo detto più volte e ribadiamo ancora oggi.
Il fatto grave è che il Presidente Prodi è lo stesso Presidente del Consiglio che ha nominato la commissione Lecca; una commissione che ha dimostrato una tale capacità investigativa da non riuscire a produrre alcunché in oltre un anno di lavoro. Infatti, oggi stiamo parlando del sesto o settimo decreto adottato dal Governo Prodi in poco più di un anno.
Il ministro Pinto aveva probabilmente da fare, e bene ha fatto ad allontanarsi qualche attimo e sono certa che ritornerà, ma il Presidente Prodi è altrettanto evidente che non doveva essere molto impegnato, tanto che non solo era qui fuori a passeggiare in Transatlantico ma si è affacciato, con la signora Flavia, dalle tribune per guardare lo spettacolo che stavamo dando noi poveretti, i «paria» del Parlamento che erano qui a chiacchierare di quote latte nella notte del 22 gennaio. Ci ha guardati con grande compiacenza, ci ha indicati, ha fatto vedere questi sciocchi di deputati che stavano qui a presidiare un Parlamento disinteressato al problema delle quote latte; ha indicato anche quei poveretti degli allevatori che sono lassù in tribuna, poveracci anche loro, in attesa di una risposta che Prodi ed il suo Governo non intendono minimamente dare.
Allora, signor Presidente, il ministro Pinto è impegnato, e sono certa che tornerà, ma la prego di invitare il Presidente del Consiglio Prodi, non a dare quella risposta che non è riuscito a fornire in oltre un anno, ma almeno ad avere l'accortezza e la sensibilità di venire qui in Parlamento per dimostrare che esiste non soltanto quando commissionava, a suo tempo, le indagini di altro genere sulle quote latte, ma che esiste anche oggi, non solo per indicare i «paria» del Parlamento o i poveri allevatori, ma anche come massima istituzione che non deve dare, a mio parere, un'immagine di sé poco consona al ruolo che ricopre (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Per la questione dei «paria» e dei poveracci, ritengo che i parlamentari rappresentino pro quota la sovranità popolare e nessuno di noi, individualmente considerato, vale più dell'altro, se non per le funzioni che talvolta capita a ciascuno di noi di vedersi riconoscere. Apprezzo i colleghi presenti, che svolgono il proprio dovere di maggioranza o di opposizione. Ogni parlamentare è libero, può essere presente o può non essere presente; guai se si desse al parlamentare una veste coatta amministrativa di presenza soltanto perché è meglio farsi vedere presenti. Nel concetto di libertà c'è anche la facoltà di poter essere presenti o assenti, mentre le valutazioni politiche appartengono ai gruppi e ai singoli, e infatti lei ha esercitato proprio questa facoltà. Più di questo credo di non poter osservare, perché il Governo si assume le sue responsabilità. Il Parlamento peraltro gli ha confermato poco fa la fiducia e ciò rappresenta una realtà di fronte alla quale dal punto di vista istituzionale c'è poco da dire.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghezio. Ne ha facoltà.
Nella seduta di ieri, come risulta dalle pagine 118 e seguenti del resoconto stenografico, abbiamo assistito ad uno scambio di accuse rivolte, in risposta ad alcune osservazioni espresse dal deputato del gruppo della lega Gianpaolo Dozzo, dal fantasmatico ministro dell'agricoltura il quale evidentemente era stato colpito nel vivo da alcune osservazioni del nostro collega. Quest'ultimo aveva riferito all'Assemblea che in una precedente seduta della Commissione agricoltura il ministro aveva candidamente confessato di non sapere assolutamente nulla della questione quote latte ed il ministro ha risposto (leggo testualmente): «Lei sta mentendo. Lei non ha il diritto di mentire» e ancora: «Lei sta mentendo!». Mentre l'onorevole Dozzo continuava ad insistere che quanto diceva era a verbale, ancora una volta Michele Pinto, ministro per le politiche agricole, diceva: «Lei sta mentendo! Presidente, lei non può consentire che io sia offeso!». Addirittura ha accusato l'onorevole Dozzo di aver scritto lui il verbale usando queste parole: «Un verbale personale, che ha scritto lei! Queste cretinate non le ho mai dette! Io dico cose serie, delle quali mi assumo per intero la responsabilità».
Avendo oggi assistito alle spiegazioni sussiegose e saccenti che il ministro ha dato sulla tematica in questione, ho pensato che l'onorevole Dozzo avesse esagerato o addirittura alterato la realtà dei fatti e quindi mi sono procurato il verbale di quella seduta di Commissione in riferimento alla quale il ministro Pinto ha dichiarato, nella seduta di ieri, che l'onorevole Dozzo mentiva, che non aveva detto quelle cose, che quel verbale non esisteva.
A pagina 108 del resoconto stenografico della seduta del 10 luglio 1996 della XIII Commissione agricoltura leggiamo le seguenti parole del ministro: «L'onorevole Dozzo ha fatto un riferimento che per la verità era contenuto anche nell'intervento da lui svolto in occasione del dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio. Egli ha parlato, oltre che del problema dell'IVA, anche delle quote latte, usando un'espressione rispetto alla quale desidero chiedergli qualche chiarimento. Egli ha affermato che sono state pagate multe salatissime. Avremmo dovuto pagare circa 6.000 miliardi ma siamo riusciti a ridurli a 3.600 per latte mai prodotto. Per il rispetto che devo all'autorevolezza di chi ha formulato quest'osservazione, vorrei chiedere un chiarimento:» - sono sempre le testuali dichiarazioni del ministro Pinto - «che significa multe pagate per latte mai prodotto? Si tratta di latte in polvere? Si tratta di latte che viene da qualche altro paese? Qual è il marchingegno?». Sembrano domande tipiche di un film del principe de Curtis, in arte Totò, interrogato
improvvisamente sul problema delle quote latte (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Invece si tratta del ministro Pinto, come risulta dal resoconto del 10 luglio 1996.
Giustamente poco fa il Presidente Biondi ha rimproverato con il garbo ma anche con la fermezza che gli sono propri in certi momenti, il collega che incautamente ha utilizzato l'espressione «mafioso» nei confronti del ministro Pinto. Noi che abbiamo una lunga frequentazione della Commissione antimafia abbiamo imparato dai professionisti dell'antimafia, da coloro che sanno le cose, che alla mafia appartengono «superiori sconosciuti», «alte intelligenze», «menti raffinatissime» e quindi escludo che il ministro Pinto possa essere mafioso (Applausi dei deputati dei gruppi della lega nord per l'indipendenza della Padania e di alleanza nazionale). Carta canta, villan dorme! Il ministro Pinto non può essere mafioso. Fa testo l'autorevolezza dei professionisti dell'antimafia.
Il ministro prosegue ancora: «Pur conoscendo la materia» - dice il principe de Curtis-ministro Pinto - «confesso molto candidamente che su questo argomento non ho elementi e li chiedo per poter attivare le necessarie verifiche e proporre ogni opportuna modifica». Il ministro Pinto, come risulta dal verbale del 10 luglio 1996, confessava candidamente di non sapere un c... (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosco. Ne ha facoltà.
Ebbene, questo, signori rappresentanti del Governo, è uno sporco inganno a tutela delle mafiose manovre italiane contro i lavoratori, in particolar modo contro quelli padani che rappresentano la maggior parte della produzione lattiera di questo paese.
La battaglia degli allevatori è ormai una battaglia per il lavoro contro il cancro della furberia mafiosa e delinquenziale di questo paese. È la punta di un iceberg che vi porterà a fondo, come è accaduto al grande ed inaffondabile Titanic il 2 aprile del 1912.
Già nel passato, al fine di evitare i disastri prodotti dalla politica incapace e romana, con un referendum si era stabilito di chiudere il Ministero dell'agricoltura, perché non facesse più danni; lo avete invece mantenuto in vita chiamandolo con un altro nome: prima quello di Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e, poi, delle politiche agricole. Lo avete tenuto in vita per mantenere l'apparato sindacale che vi ha procurato tanti consensi e coperto tutte le porcherie prodotte con la Federconsorzi, con la CIA, con la Coldiretti, con l'AIMA e con tutte le altre organizzazioni legate alle vostre posizioni, all'Ulivo! Con questo atto voi siete responsabili della distruzione degli allevamenti italiani e padani. Siete inoltre responsabili delle cariche di polizia, alle quali oggi i lavoratori hanno risposto con il lancio di liquami; ma un tempo le forze di polizia si dovevano difendere dalle bombe molotov che voi gli lanciavate, cari signori!
Non vorremmo che questo significasse che, per far rispettare i propri diritti, si debba ricorrere alla violenza, come quella esercitata dalle forze dell'ordine che qui nel Lazio hanno anche proceduto al sequestro dei trattori; dei quali noi chiediamo
il «dissequestro politico» e non giudiziario. Politico, come è stato il loro fermo!
La mafia si sta servendo di questo Parlamento per difendere i propri interessi: è una vergogna, paghino i ladri! Viva gli allevatori (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Questo è il primo decreto-legge che viene in aula per la conversione in legge essendo corredato - come lo è stato anche nel passaggio in Commissione - da un parere emesso dal nuovo organismo previsto dall'articolo 116-bis del regolamento della Camera, cioè dal cosiddetto Comitato paritetico per la legislazione, il quale è abilitato ad esprimere pareri sulla qualità dei provvedimenti e a dare indirizzi alla Commissione e all'Assemblea; tant'è vero che il provvedimento viene accompagnato da un parere di questo Comitato.
Il testo di questo decreto-legge - ripeto - è stato esaminato da questo Comitato. Ricordo che tale organismo è un Comitato paritetico costituito da otto deputati, dei quali quattro scelti fra i membri della maggioranza e quattro fra quelli della minoranza (delle minoranze, o delle opposizioni). Esso è presieduto da un autorevole parlamentare che fa parte della maggioranza.
Tale organismo, dopo aver esaminato approfonditamente, dettagliatamente e scrupolosamente - come è stato riconosciuto anche dai Cobas con un loro comunicato - il testo del disegno di legge di conversione, ha espresso all'unanimità (quindi, signori del Governo, anche con il voto dei rappresentanti della maggioranza) una valutazione molto critica sullo stesso. Ha affermato che il provvedimento risultava essere molto carente per alcuni aspetti formali e per alcuni aspetti sostanziali; non solo, ma si condizionava l'espressione di un parere favorevole su di esso al fatto che la Commissione intervenisse per modificare alcune parti del testo e per ovviare ad alcune palesi carenze in esso contenute. Vi era poi una serie di considerazioni che bollavano tale testo come un provvedimento tampone, inefficace per affrontare l'emergenza non tanto del momento, ma l'emergenza del decorso del tempo. Vi era quindi la necessità di affrontare anche la riforma della legge n. 468, la normativa esistente in materia. Il provvedimento veniva inoltre giudicato molto carente perché si parlava di una commissione di garanzia, della quale però non venivano definiti i limiti, i poteri e la portata; non solo, ma non vi era la possibilità di effettuare effettivi controlli sull'AIMA, che sappiamo bene quale «carrozzone» sia.
Venivano poi evidenziati ulteriori aspetti di notevole importanza come la sperequazione del prelievo riferito alle diverse annate di produzione e veniva rilevato - ciò è scritto nella relazione - che questo provvedimento codifica sperequazioni fra gli allevatori e fra i produttori, motivate unicamente dall'appartenenza territoriale degli stessi. Quindi, si sfonda o non si sfonda o, meglio, si è chiamati o meno a rispondere con il superprelievo - in parole povere, con la multa - a seconda che un produttore appartenga ad una regione o ad un'altra. Tutto ciò rappresenta un palese ed evidentissimo vizio di costituzionalità.
Questo parere si articola in due pagine ed è sottoscritto - lo ripeto - anche da quattro parlamentari della maggioranza. Ciò nonostante esso è stato totalmente disatteso dai rappresentanti della maggioranza presenti in Commissione agricoltura, su un chiaro mandato politico. Guidata dal suo presidente, la maggioranza della Commissione ha preso una decisione politica: ha disatteso questo parere e la valutazione molto critica del provvedimento in esso contenuta; ed ha ritenuto di andare avanti nel suo esame.
Non mi meraviglio quindi se poi il ministro Pinto si appigli ad una fantomatica presenza di un numero tale di emendamenti da impedire la conversione del decreto-legge o se venga a raccontare altre amenità del genere. La maggioranza ha deciso di procedere con questo provvedimento profondamente carente e ingiusto, nonché assolutamente inadatto a risolvere la questione. È peraltro un provvedimento che si sovrappone a tanti altri emessi da questo Governo e che non risolve assolutamente la questione.
Come vedete, colleghi, sto parlando di questioni molto serie: non sono intervenuto nella discussione soltanto per utilizzare il tempo che mi spetta.
Cosa dobbiamo fare noi? Cosa devono fare gli allevatori, dei quali è presente una rappresentanza anche qui, che sono mobilitati questa sera e questa notte in giro per tutte le regioni particolarmente colpite? Cosa devono fare a fronte di un Governo e di una maggioranza che non ascoltano neanche le indicazioni di saggezza provenienti da un organismo di controllo come quello?
Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo cacciare via il ministro Pinto, evidentemente, per assoluta incapacità e tentare di rovesciare questa maggioranza, trovando qualche altra risposta possibile perché, se vi è un barlume di saggezza all'interno delle file della maggioranza, la ragion politica, il diritto del più forte, il diritto della maggioranza stessa e del Governo, fanno tacere anche questa voce.
Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Il problema degli allevatori è molto grave e sta per essere risolto in modo grave. Ma presto saranno all'attenzione i problemi dei vignaioli; in proposito sappiamo che esistono porcherie ancora più grosse, anche collegate all'UTIF ed alla giacenza di alcoolici e derivati. Sarà veramente una miscela esplosiva.
Oltre al provvedimento, noi contestiamo anche le modalità e le losche finalità che hanno caratterizzato questo dibattito con la richiesta di fiducia. La questione di fiducia è stata giustificata con argomentazioni incredibili, veramente assurde. Fino a qualche tempo fa era considerata ostruzionismo la presentazione di seimila emendamenti; qualche decina di emendamenti di sostanza viene considerata una forma di ostruzione e viene indicata come motivazione (ridicola, peraltro) della posizione della questione di fiducia. In realtà è ormai evidente a tutti - se n'è parlato a sufficienza - che il problema non è questo: l'obiettivo è coprire gli scandali e le vere ragioni delle scelte che sono state effettuate. Evidentemente si ha paura del voto palese e del confronto in aula; si ha paura della verità, la quale tuttavia traspare egualmente.
La verità è che con questo atteggiamento, con queste soluzioni si penalizzano i veri produttori, le persone oneste. La verità è anche che si vuole tentare di coprire le malefatte, le convenienze e le connivenze delle associazioni sindacali, che sono state sempre protette (oltre che
foraggiate) dalla democrazia cristiana. Quest'ultima in realtà è ancora qui, sia pure con nomi diversi, e continua a difendere l'indifendibile.
Indifendibili sono la posizione della Federconsorzi ed i comportamenti dell'AIMA, ma anche la Coldiretti, la CIA, l'Unalat e così via. Noi ci auguriamo che la magistratura faccia il suo dovere fino in fondo, a cominciare dai responsabili dei vertici, i responsabili di quella piramide mafiosa che ha condotto alla vergogna che abbiamo sotto gli occhi.
La soluzione che è stata adottata è anche di carattere politico: è stata posta in essere da un sistema politico che nasconde le truffe vere e che purtroppo si adopera in tutti i modi per rubare ai poveri lavoratori onesti dando ai ricchi, alle ricche finanziarie, alle ricche burocrazie, ai ricchi apparati dello Stato.
La lega nord per l'indipendenza della Padania dimostra con la sua ferma condanna di essere una vera opposizione. Ma dimostra anche - se ce ne fosse ancora bisogno - che l'Italia è divisa. Prendiamone atto (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Non si può infatti dimenticare che, se il problema delle quote latte è da un anno e mezzo all'attenzione di questo Parlamento ed alla ribalta delle cronache, lo si deve esclusivamente al fatto che questo Governo, appena insediato, anziché impegnarsi per rimuovere i problemi del passato, si è limitato a riprendere il testo del decreto-legge n. 124 del 1996 ed a riproporlo conservandone gli aspetti più discutibili, con in più alcune modifiche sicuramente peggiorative e portatrici di effetti devastanti.
Da allora tutte le disposizioni emanate dal Governo in materia di quote latte sono state esclusivamente costituite da decreti-legge volti a tamponare ed a prorogare gli effetti delle disposizioni introdotte, con la riproposizione - in versione peggiorativa - del decaduto decreto n. 124 del 1996.
Mi riferisco in particolare agli effetti prodotti dalla riproposizione del taglio retroattivo delle quote per la campagna 1995-96 ed all'introduzione di nuove norme in materia di compensazione nazionale, che di fatto hanno esonerato vaste schiere di agricoltori ed ampie aree territoriali dall'obbligo di applicare i regolamenti comunitari. A seguito dell'introduzione di queste norme, peraltro tenacemente difese dall'attuale Governo (il quale, per giungere alla loro definitiva approvazione, ha reiterato per ben tre volte il decreto che le conteneva), l'applicazione delle quote latte è stata limitata alle sole aree di pianura delle regioni della Padania, mentre tutto il resto del paese è stato trasformato in una sorta di zona franca, in cui il problema dell'applicazione del regime delle quote latte non è stato neanche posto.
Gli effetti delle nuove regole in materia di compensazione sono noti a tutti: su circa 40 mila allevatori che nel periodo 1995-96 risultavano aver prodotto oltre la quota loro assegnata, meno di 15 mila (tutti concentrati in Padania) sono stati coloro a cui è stato imposto il pagamento delle sanzioni comunitarie. È altrettanto
noto che una situazione analoga a quella ora descritta si è riprodotta anche nella successiva campagna 1996-97.
Un aspetto sconcertante che ritengo utile sottolineare nell'operato dell'attuale Governo è certamente ravvisabile nel fatto che esso ha applicato sanzioni a carico di un generico ristretto numero di allevatori, fingendo di fatto di operare in un contesto di corretta applicazione dei regolamenti comunitari. In pratica è come se questo Governo attraverso l'imposizione di sanzioni ad un numero ristretto di allevatori avesse voluto dimostrare alle autorità comunitarie di essere stato in grado di superare in un colpo solo i problemi derivanti sia dall'esistenza di evidenti elementi di contrasto tra la legislazione nazionale e quella comunitaria sia dalle gravi distorsioni dovute all'applicazione della legge n. 468 del 1992. Il solito gioco delle tre tavolette.
Evidentemente questo Governo, al pari di tutti quelli che lo hanno preceduto, intende continuare a dichiarare una produzione nazionale più elevata di quella effettiva, per continuare a fornire copertura a tutti coloro che trafficano con le quote di carta, con il latte importato e con il latte in polvere. Tuttavia tra questo Governo e quelli che lo hanno preceduto esiste una sostanziale differenza, in peggio: i Governi precedenti all'attuale hanno tutti ammesso più o meno esplicitamente di non aver applicato il regime delle quote; l'attuale Governo, per contro, si picca di applicare correttamente il regime delle quote e cerca di dimostrarlo ponendo in essere un sistema di compensazioni che riduce al minimo le aree del paese da sottoporre al pagamento delle multe. Ciò consente, da un lato, di fornire l'immagine di un paese che sanziona i produttori fuori quota, dall'altro, di mantenere in piedi un complesso sistema di privilegi per tutti coloro che operano nelle aree esonerate dal rispetto degli obblighi comunitari (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Il ministro, ponendo la questione di fiducia sul decreto-legge in esame, ha preso una «bufala» gigantesca. D'altra parte, il ministro si intende più di bufale campane che di frisone padane. Il ministro infatti appartiene ad un'area meridionale del PPI, ex democrazia cristiana, il partito della Coldiretti, il partito complice della gestione clientelare dell'agricoltura dello Stato italiano. Ricordiamo bene il grande scambio a causa del quale lo Stato italiano svendette la sua agricoltura in sede europea in cambio dell'assegnazione di quote superiori nel campo dell'industria siderurgica. Il risultato di questo baratto scellerato è bene rappresentato dall'insediamento siderurgico di Bagnoli, in Campania - signor ministro che non c'è - fallito miseramente dopo aver prodotto una montagna di miliardi di debito, cassa integrazione a tempo indeterminato e pesanti danni all'ambiente. Abbiamo pagato, pochi mesi fa, altre centinaia di miliardi per il recupero di quell'area; abbiamo pagato noi padani per la seconda volta: prima per costruire, poi per smantellare e ripulire. La camorra ringrazia, i padani no; anche perché questo Stato ha sempre sostenuto le cosiddette produzioni mediterranee. Ma la maggior parte della nostra realtà agricola presenta caratteristiche continentali: mais, soia, riso, foraggio, grano tenero e latte di vacca - signor ministro che ancora non c'è - non di cammello; latte di alta qualità prodotto da capi altamente selezionati, allevati in strutture all'avanguardia, costati il sacrificio di intere generazioni e tanti soldi; il futuro per i figli della nostra terra. E, guarda caso, le multe vengono caricate solo sugli allevatori veneti, lombardi, furlani,
piemontesi, emiliani, romagnoli; in definitiva, gli allevatori padani, signor ministro che non c'è. Gli amici del ministro della Campania non pagano una lira; le regioni del sud, isole comprese, sono totalmente esentate dal superprelievo. Eppure la nostra, anzi la vostra amata e sacra Costituzione ancora prima dell'indivisibilità sancisce l'uguaglianza dei diritti sociali di tutti i cittadini (articolo 3), padani compresi.
Belle parole, nobili principi! Eppure - chissà perché...! - quando abbiamo visto i manganelli calare su quei lavoratori, quando abbiamo visto danneggiare senza motivo quei mezzi meccanici con le grandi ruote - ai quali ci siamo tutti affezionati - abbiamo avuto la conferma di quanto affermiamo con convinzione: questo Stato è oppressore ed opera con la violenza e l'arroganza tipiche degli Stati che hanno dimenticato che la loro stessa esistenza proviene dal popolo, unico soggetto titolare della sovranità. Il popolo è quello sui trattori, ma anche quello che, quando passa davanti ai presidi, suona il clacson in segno di solidarietà.
Mi resterà sempre impressa l'immagine di quel funzionario di polizia, impeccabile nel suo impermeabile di marca, con tanto di fascia tricolore, che a Vancimuglio comandava i suoi uomini in divisa che puntavano i lancialacrimogeni ad altezza d'uomo. D'altra parte, il nemico, gli allevatori pericolosi al punto da schierare 500 uomini e 4 blindati, erano lì a contrastarli. Non siate ridicoli, non è con la forza che risolverete il problema. Se cominciate ad usare la forza in modo così manifestamente arbitrario, il popolo vi spazzerà via in un secondo, vecchi residuati della vecchia democrazia cristiana che temete che si alzi il coperchio e dunque sia visibile il fondo putrido nel quale i vecchi ma sempre presenti responsabili politici si sono spartiti, insieme alle associazioni sindacali, la torta agricola, alla faccia dei lavoratori della terra.
Tutti i nodi, comunque, vengono al pettine. Mi riferisco, per esempio, ai censimenti pagati fior di miliardi alle società dei soliti padroni dell'Italia, il signor FIAT come sempre in prima fila; hanno certificato stalle virtuali, abitate da mucche fantasma, che si sono viste assegnare quote di produzione da convertire subito in moneta sonante pagata da chi, trovandosi in possesso di mucche vere, doveva comprare il diritto di mungere.
Tutto ciò ricorda molto un'altra vicenda che colpisce i nostri agricoltori padani, quella della distillazione obbligatoria.
Avete posto la questione di fiducia perché vi è stato il ricatto del PPI, questa volta, come quello di rifondazione comunista in altre occasioni; ciò per impedire che i pochi, chiarissimi emendamenti presentati dal gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania fossero posti in votazione.
Vergognatevi! I cittadini hanno già sfiduciato questo ministro. La maggioranza dovrà segnare questa sconfitta che si sommerà a quelle passate ed a quelle future, che le verranno inflitte non tanto da questo Parlamento imbavagliato quanto dalla società, la società padana (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
La commissione di indagine, pur convocata in due momenti successivi, forse nell'intento di addomesticarla in qualche modo, giacché nel nostro paese le cose hanno sempre funzionato così, tentando sempre di tenere buoni quanti potevano
essere funzionali al potere; ebbene, nonostante tutti questi tentativi, che sono falliti, i dati evidenti della truffa sono ormai a conoscenza di tutti. Eppure, noi siamo in questa sede, a mezzanotte, per l'ennesima volta, a fare questa recita perché ci troviamo di fronte ad un Governo arrogante, rappresentato in questo caso da un ministro che appartiene al secolo scorso, che rappresenta una figura di aristocratico potente, arrogante e prepotente nei confronti dei cittadini; un ministro che ha la sfacciataggine ed il comportamento gattopardesco tipico di una classe politica che ha caratterizzato negativamente il governo del paese. Ebbene, egli ha la faccia tosta di presentarsi in televisione e di rivolgersi anche agli agricoltori promettendo a destra ed a sinistra, e poi, con veri e propri agguati, di portare avanti in Parlamento un provvedimento sul quale inoltre ha posto la questione di fiducia, mentre il Parlamento aveva tutto il diritto di discutere il decreto-legge. Infatti, quando l'azione del Governo non si limita a questioni di natura amministrativa o che appaiono urgenti, si deve passare la palla al Parlamento.
Qui si parla di principi sacrosanti, di giustizia, di correttezza nei confronti dei cittadini; e ciò è evidente a tutti. Allora, si è presa la scusa degli emendamenti, che non esistevano; si è presa la scusa del fatto che la Comunità europea ci chiamava ad adempiere a tale compito, quando ciò non è vero, considerato che la Comunità europea ci ha già richiamato per il nostro comportamento.
Si è addirittura rifiutata la valutazione compiuta dal Comitato per la legislazione, organismo nuovo, creato ad arte, ma che, come al solito, avrà come unico risultato quello di confondere ulteriormente le idee, di essere solo uno strumento formale che di fatto non viene poi rispettato. Ebbene, il Comitato aveva posto condizioni chiare e precise senza il rispetto delle quali il provvedimento in esame non avrebbe dovuto avere il via libera da parte del Parlamento.
Tutto ciò alla fine rappresenta solo una facciata, giacché qui si parla di forma, mentre le decisioni vengono prese fuori di quest'aula. E ciò - l'ho detto altre volte - è vergognoso, è l'aspetto più vergognoso che caratterizza la sopravvivenza penosa di questa democrazia.
Dunque, si è venuti qui a porre la questione di fiducia, evidentemente per ridurre al silenzio quelle persone che all'interno della maggioranza logicamente si rendono conto che questo è un grave affronto, una ferita difficile da rimarginare soprattutto nei confronti dei cittadini, che hanno sempre più presente la delegittimazione del Parlamento.
Allora, qual è il significato politico vero dell'atteggiamento del Governo e della maggioranza? È quello di rendere evidente a chiunque non l'avesse ancora capito appieno, una volta per tutte, che qui non si dà il buon esempio, non si parla di giustizia, non si esaminano i problemi nei loro veri contenuti, ma si vuole dare solo un segnale di forza che non tiene conto in alcun modo delle giuste aspirazioni e rivendicazioni dei cittadini.
Quello che sta facendo questo Governo è un braccio di ferro, specie nei confronti della Padania, che questi allevatori, in particolar modo, rappresentano.
È pertanto un segnale politico forte, al quale noi però risponderemo con forza ancora maggiore, agitando la folla e le piazze, facendo ancora più rumore di quello che abbiamo fatto fino ad oggi, perché su questo si gioca la partita. Se acconsentiamo a che il Governo travalichi questo ulteriore limite, che non è giustificato da alcuna motivazione concreta, non avremo più scampo, diventeremmo veramente degli schiavi e questo noi non lo vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
cose sono come si vedono. Se allora le cose sono come si vedono, ricordo che nel 1997 sono andato a Torino e mi sono trovato di fronte alla polizia. Parlai con gli allevatori e qualche tempo dopo mi sono recato in un altro luogo, a Vancimuglio ad augurare buon Natale a persone che vedevo avere i calli sulle mani, che lavoravano sodo; magari ero lì con il marito mentre la moglie era nella stalla per fare il proprio dovere.
Ebbene, ritornando qui su Marte (mentre là ero in Padania), sentivo alcuni colleghi dirmi: «Sì, avranno anche ragione, ma avranno rubato anche loro». Queste espressioni mi hanno colpito, perché non potevo pensare che le persone che avevo visto e che avevo difeso fossero dei ladri.
Ho cominciato allora a guardarmi in giro, a riflettere e a domandarmi chi fosse che rubava effettivamente e dato che nella nebbia di questi palazzi le cose vengono dette sempre in una certa maniera, ho iniziato a pensare che forse proprio qui, in questo posto dove si commercia tutto quello che passa in questa Italia perduta, erano i grandi ladri.
MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 23,55)
Questa è la verità che ho sempre difeso nella mia vita. È per questo che sono incazzato. So, onorevole Nesi, che queste parole non suonano bene alle sue orecchie, ma è vero che è l'ora di finirla con l'ipocrisia, con il parlare bene per poi fare quello che si sta facendo, cioè contrastare persone che lavorano dalla mattina alla sera dicendo in queste aule che sono anche loro dei ladri. No, loro non sono dei ladri! I ladri sono quelli che hanno dato loro le quote sbagliate e che hanno mangiato sulla loro schiena: Confagricoltura, Coldiretti, funzionari che non hanno fatto il loro dovere e che oggi, per paura di pagare il conto per l'Europa, continuano a fare quello che è stato fatto in quest'aula, vengono qui e indicano a discarico emendamenti che non ci sono dicendo: «Non ce la facciamo, mancano i tempi».
Non è vero. Questo provvedimento poteva essere modificato da questa Camera, andare al Senato e ritornare qui in seconda lettura. I tempi c'erano. In questo Parlamento, infatti, signor ministro, si deve discutere sugli emendamenti e su questioni serie e lei non ha potuto farlo perché nei banchi della maggioranza, forse, non sono tutti legati al passato. Forse c'è qualcuno che del passato non ricorda niente perché non c'era ed avrebbe votato - perché è anche padano - contro questo decreto che avete formulato e che non ha alcun riscontro nella realtà. Allora, avreste dovuto votare a favore di emendamenti veri e questa sera abbiamo dei rappresentanti che poco tempo fa, ore, minuti fa, nei corridoi mi hanno detto: «È vero, hai ragione, sotto queste cose c'è ben altro».
Credo allora che dobbiamo ricordarci - forse non dovrei dirlo perché sono totalmente a difesa di quella parte dell'Italia che paga e non abbiatevene a male voi che venite dal sud - che le quote vengono pagate solo da una parte, mentre non si pagano dall'altra, così come è vero che ci sono prefetti, questori, segretari comunali che sono tutti di una parte e non dell'altra (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...
Voi, allora, non dovete offendervi quando diciamo che questo Stato, questo Governo, paga...
Nel 1985 il ministro dell'agricoltura commissiona all'AIMA il compito di gestire la produzione lattiera. Dopo due anni arrivano i dati: costo 16 miliardi. Siamo nel 1987 e qui cominciano le comiche. Viene stipulata una convezione Unalat-AIMA per attribuire altri controlli nel settore della produzione lattiero-casearia, con un costo di 20 miliardi, i cui dati, però, non sono mai stati resi pubblici.
Accenno alle comiche per non meglio spiegare. Iniziano le truffe, le ruberie, le punizioni per le categorie che lavorano. Si prendono in giro i produttori. Il ministro si rifiuta categoricamente di accettare un dialogo per salvaguardare il mondo agricolo, nonché di accogliere emendamenti presentati dalla lega nord; si rifiuta inoltre di trattare con gli allevatori. In parole povere, il ministro se ne frega degli allevatori, di tutto il mondo agricolo, dei danni che il nostro paese può subire.
Come vede, signor ministro, non è che me la prenda con lei, ma è ovvio che sono direttive truffaldine quelle che le vengono impartite. Lei è il primo attore di una compagnia che ogni qualvolta si esibisce commette delle gaffe o, per meglio dire, delle truffe ai danni dei lavoratori e degli onesti agricoltori.
Come lei sa, signor ministro, però, in tutte le compagnie teatrali quando non si ha il coraggio e non si è all'altezza di recitare una commedia con dignità, di solito, chi fallisce in prima persona, il primo attore viene licenziato, viene annientato. Bisogna avere il coraggio e la forza di dare le dimissioni. Nelle aziende private, nelle ditte serie, quando si commettono delle truffe, dei madornali errori voluti, il responsabile dà le dimissioni o si licenzia.
Lei, signor ministro, che a mio avviso non è in grado di dirci quanto costa un litro di latte, visto che è in un'azienda privata e non in un carrozzone di attori impazziti che si permettono di prendere per i fondelli gli allevatori che lavorano, la prego, vada a fare il ministro in un paese del terzo mondo, dove si troverà a suo agio e dove troverà un lavoro degno del suo mandato. Vada tranquillo, signor ministro: per un crimine come quello connesso ai danni degli allevatori padani, si vedrebbe costretto a correre nudo nella savana rincorso da cannibali che le farebbero volentieri la festa, cercando di mungerla per vendicare le vacche padane (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Sono state fatte indagini che hanno accertato responsabilità e connivenze, oltre ad una cattiva gestione delle politiche comunitarie, ad opera dei precedenti governi. Il decreto n. 411 del 1997, recante misure urgenti per gli accertamenti in materia di produzione lattiera, a detta della maggioranza rappresenta un valido passo in avanti, che comporta un rimborso pari a circa 1.100 miliardi di lire a fronte dei 3 mila 620 miliardi che gli agricoltori sono chiamati per colpa del nostro Governo a pagare.
Sappiamo tutti che questa cifra non sana tutte le esigenze e le richieste degli agricoltori per le quote latte. Si crede che, zittendo qualcuno o distribuendo qualche briciola, si possa far rientrare la protesta che gli allevatori stanno giustamente portando avanti da un anno.
Vorrei ricordare un altro provvedimento approvato da quest'Assemblea e, soprattutto, dalla maggioranza. Mi riferisco a quello che ha soccorso la Sicilcassa: allora i miliardi erano parecchi di più. Avete regalato ad un istituto di credito migliaia di miliardi e tutti sappiamo che quegli istituti non ne hanno bisogno, perché godono di una legislazione già abbastanza favorevole, che assicura una posizione di monopolio.
In quella occasione si disse che occorreva evitare il rischio del licenziamento dei dipendenti dell'istituto. Uno sconcio analogo favorì anche il Banco di Napoli, ma mi pare che allora i miliardi invece di 9 mila furono 12 mila.
A parte il fatto che si sono regalati ai soliti mafiosi i miliardi dei contribuenti padani, voglio evidenziare soprattutto agli agricoltori il metodo e l'impostazione di questo Governo, sostenuto da una maggioranza comunista: i dipendenti delle banche sono lavoratori, voi agricoltori no!
La chiusura delle aziende agricole creerà una disoccupazione ben maggiore di quella di qualche istituto bancario, ma gli agricoltori, così come i commercianti e gli artigiani, lavorano in proprio e non dipendono dalle fabbriche, quindi non hanno diritti. Soprattutto non hanno più i sindacati di riferimento, gestibili dalla triplice e quindi da questa maggioranza, da questo Governo.
Ecco perché in Italia si fanno pagare gli errori dei dirigenti degli istituti bancari ai contribuenti padani, che sono gli unici che pagano le tasse! Gli sbagli dei governanti vengono fatti pagare adesso agli agricoltori e in seguito anche alle altre categorie.
La Coldiretti viene invitata a parlamentare con il PPI, mentre i Cobas si massacrano nelle loro tende e vengono accusati di blocchi stradali a Roma, che invece sono imputabili alle Forze di polizia! Sulla scorta di ordinanze «notturne» di cui nessuno è a conoscenza vengono sequestrati i trattori che sono per loro uno strumento di lavoro!
Adesso è il momento degli agricoltori per le quote latte, poi sarà il turno degli autotrasportatori perché l'illecito del bonus fiscale - commesso anch'esso da questo Governo - verrà penalizzato dall'Unione europea fra pochi giorni.
La lotta che gli agricoltori stanno conducendo non è loro personale, è di più: è lotta per la loro sopravvivenza ed è per tutti la chiave di lettura delle posizioni di questo Governo e di questa maggioranza e della considerazione che hanno per i cittadini lavoratori autonomi di questo paese.
Ve la siete presa prima con gli agricoltori ed i commercianti, poi ve la prenderete pure con gli artigiani! Non voglio togliere nulla agli operai delle fabbriche che ingenuamente si trovano imbavagliati, inconsciamente convinti...
Convinti che i soldi trattenuti dalle loro paghe servano per difendere i loro interessi: assurdità!
Questo Governo è sicuro che basteranno i voti degli operai ignari ed ingannati a mantenerlo al potere (che non sa gestire). La sua incapacità sfocia in mancanza di democrazia: quindi usa il manganello tricolore contro i lavoratori autonomi e distrugge le loro capacità economiche!
Onorevole Prodi, pare di capire che il suo Governo è orientato a seguire i passi di Fidel Castro...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.
Ricollegandomi al passaggio del collega Gnaga, che come sempre ha esposto in maniera precisa le proprie ragioni, ricordo che noi della lega siamo popolani e popolari (s'intenda bene il senso di popolari!): facciamo tutti parte della gente comune e ne andiamo fieri. Cerchiamo in quest'aula di rappresentarla nella maniera più dignitosa possibile, anche se nella foga talora ci si lascia prendere la mano.
Tornando all'argomento per il quale ho preso la parola...
Presidente, capisco che la conversazione con la persona che le è a fianco è più interessante. È tardi anche per noi, Presidente!
Se si parla di fiducia, le ricordo la pubblicità di un formaggio: la fiducia è una cosa seria! Ferrari, tu e la tua bella Coldiretti! È una cosa seria la fiducia: ridi, ridi!
Con la posizione della questione di fiducia, si è resa evidente la mancanza di volontà politica di giungere ad un confronto democratico nel corso del dibattito parlamentare.
Il ricorso al voto di fiducia dimostra che in quest'aula aleggia una grande paura, diciamocelo senza tanto balbettare, la paura che si rompa il giocattolo dell'Ulivo nella maggioranza! Questa è la verità, altro che gli emendamenti! Non erano 6 mila o 65 mila, erano appena 31 o 41!
Una simile posizione politica dimostra un intento di coercizione nei confronti dei singoli parlamentari, ai quali si limita l'esercizio del mandato che è stato loro conferito. Qui si impone la ragione di Stato! Per quale motivo? È evidente: per coprire le malefatte del Governo, proprio in appoggio alle associazioni di categoria.
Il Governo, attuando una politica di facciata, ha dato vita alla giostra delle comparse. Addirittura a Natale qualcuno è andato nei presidi dei Cobas in pellegrinaggio: sembravano i re magi, ma non portavano doni, solo promesse a vuoto! Sempre questo Governo, attraverso i suoi rappresentanti, ha ricevuto a palazzo gli agricoltori, in lunghe audizioni, che io definisco perditempo, e quindi li ha presi in giro ancora una volta. Ritengo personalmente, ma credo che ciò sia condiviso da parecchi colleghi, che questa sia una forma di irresponsabilità nei confronti dei lavoratori autonomi, produttori di un genere di consumo insostituibile, per qualità, genuinità, sussistenza primaria e secondaria medesima.
Comunque, anche questo comparto, come tanti altri, entrerà in Europa purtroppo dalla porta di servizio, con il
cappello in mano; non solo questo, anche altri, ma questo è il primo della fila.
Così facendo è palese la volontà totale di copertura da parte di questo Governo di tutto il pregresso e delle persone coinvolte, guarda caso molte delle quali stanno sedute proprio tra i banchi di questo Parlamento, belli abbronzati, che ridono e sorridono.
Avrei piacere che tutta la gente - con tutta intendo dal Brennero a Pantelleria - sappia che proprio in questi giorni in Italia si sta sempre più sviluppando e coprendo una Tangentopoli, o meglio la Tangentopoli del latte; questo Governo, come gli altri che lo hanno preceduto...
Il senatore Pinto, che ora occupa lo scanno di un Ministero che non dovrebbe più esistere, penso abbia più esperienza di me e se non altro il suo comportamento a livello governativo al giorno d'oggi manifesta un nervosismo che risulta crescente ogni qualvolta il provvedimento passa da queste parti, un nervosismo che sente perché probabilmente anche lui si è accorto che il problema non è in grado di risolverlo, né il Governo e la maggioranza intendono risolverlo.
Nel 1994 - il sottosegretario Vigevani si ricorderà - il problema era arcinoto, ancora prima che il nostro coraggioso Primo ministro ordinasse (coraggiosamente, appunto) l'inchiesta Lecca, che ha messo in luce delle cose che noi sapevamo benissimo e proprio noi della lega nord per l'indipendenza della Padania avevamo fatto in modo che venisse istituita la Commissione parlamentare sull'AIMA e avevamo presentato delle denunce circostanziate anche riguardo alla vicenda Federconsorzi. Con queste denunce e grazie alla Commissione che fu istituita fu svelato ai più, a tutti, una commistione tra apparati dello Stato, ministeri ed associazioni professionali; era stato reso evidente questo connubio che tutt'oggi non si vuole dare in pasto alla pubblica opinione. Infatti, ancora adesso i tabulati che or ora il nostro collega Ferrari stava esaminando non sono noti agli allevatori che si trovano nei presidi lungo le nostre strade e ferrovie del nord; nonostante una mia precisa richiesta al Presidente Violante, questi documenti risultano ancora segretati, con una dubbia interpretazione della legge sulla privacy, mentre in un qualsiasi altro paese del mondo essi sarebbero stati forniti, acciocché si potesse vedere come questo connubio tra alta burocrazia dello Stato ed associazioni di categoria abbia colpito un settore tanto da portarlo all'orlo del tracollo. Eppure, questi elenchi di aziende inesistenti, di aziende che passavano le famose quote di carta e quant'altro, erano a conoscenza - ripeto, già nel 1994 - di vari nuclei della Guardia di finanza, erano in possesso dei ministeri; in qualche commissione d'inchiesta, non in quella specifica, essi giravano per questioni collaterali. Non dimentichiamoci che il quarto produttore di latte in Italia (ho compiuto una ricerca personale in questi giorni) è un finanziatore...