Seduta n. 301 del 22/1/1998

(continuata nella giornata di venerd́ 23 gennaio 1998)

Back Index Forward

Pag. 50


...
(Dichiarazioni di voto sugli ordini del giorno - A. C. 4454).

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone. Ne ha facoltà (Commenti dell'onorevole Vito). No, perché non stava tanto bene; se volete vi presento anche lo stato di famiglia (Commenti dell'onorevole Vito)!

GIUSEPPE DEL BARONE. Presidente, l'amico Vito è uomo di molto spirito, quindi facciamogli dire le sue battute; le ascolto sempre con piacere.
Signor Presidente, colleghi, ci troviamo dinnanzi alla solita situazione nella quale, grazie a questo Governo, si sostituisce al diritto e alla democrazia l'arbitrio e l'assenza di una pur minima disponibilità verso l'opposizione.
È vero, noi l'abbiamo sentita, signor ministro; io l'ho sentita con particolare attenzione. Quando qualche volta mi capita su sollecitazione di qualche amico medico di raccomandare il figlio ad un esame, sono abituato a sentirmi dire dal professore che accetta la raccomandazione se il ragazzo è preparato. Ebbene, signor ministro, lei ha accettato molte raccomandazioni; naturalmente, mi pongo l'interrogativo se poi il Governo sia preparato ad accettarle.


Pag. 51


Mi consenta questa battuta, perché è chiaro che le cose sono come il coraggio di don Abbondio: o sono o non sono. Lei ha aggirato con intelligenza - gliene diamo atto senz'altro - gli ordini del giorno, li ha tutti accettati con raccomandazione. Io, che più o meno da un paio di anni sto in questo Parlamento, ho sentito sempre parlare di raccomandazioni, ma non ne ho mai vista una evasa nel senso pieno della parola. Sarà una mia interpretazione, ma penso che questo sia un dato di fatto ben preciso.
Signor ministro, ieri aveva anticipato - e il modo ancor mi offende - la possibilità della posizione di una questione di fiducia sostitutiva della discussione sugli emendamenti, su cui vi era stata un'opportuna cura dimagrante. Il collega l'ha chiesto poc'anzi, vedremo a che livello questa cura dimagrante sarà stata; comunque, credo possa accettare la diminuzione piuttosto netta degli emendamenti senza turbative del nostro vecchio rapporto (siamo campani tutti e due). Nel concetto della diminuzione degli emendamenti c'era il nostro desiderio di poterli discutere, ma non ci siamo riusciti; d'accordo.
La cosa avrebbe potuto far modificare l'assurdo orientamento; invece, vi è stata la fiducia, il sì ad essa, in barba, per non dire alla faccia, delle risposte da dare agli agricoltori, alle loro ansie, alle loro speranze.
A Natale queste speranze, se mi è consentita la battuta, sembravano Salvi; poi, invece, tutto è tornato come prima, a dimostrazione non necessaria di come in un'Italia dove tutto va a ramengo - i disoccupati, gli studenti, i medici, gli avvocati che scioperano rallentando gioco forza una già lenta giustizia - sarebbe stato pazzesco aspettare una risoluzione dei problemi degli allevatori, del latte e degli agricoltori. Tali problemi, signor ministro, non si risolvono creando commissioni o sotto commissioni e offrendo mini proposte economiche a chi attende una positività concreta e non virtuale verso il suo lavoro. Il grido di dolore di questi lavoratori - me lo consentano gli amici della lega - parte parimenti dal nord, dal sud e dal centro dell'Italia; questi amici chiedono tutela dei loro diritti ed ottengono in risposta manganellate.
Aspettavano, questi amici, un atto di lealtà, non dico di amicizia: hanno ottenuto un «no» cattivo ed antidemocratico. Dio non paga sempre il sabato. Sarà il tempo - tempo vicino, me lo auguro di tutto cuore - che dirà forte che la ribellione sarà totale e convinta e che, forse, da questa situazione sorgerà quel capovolgimento di posizioni che darà ad altri elementi la guida di un'Italia ferita, sofferente, che non chiede altro che tornare quella che era e che, purtroppo, grazie a questo Governo, sicuramente non è. Vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Comino. Ne ha facoltà.

DOMENICO COMINO. Non intervengo, Presidente, per dare una indicazione di voto su una serie di ordini del giorno che rappresentano, come ha affermato un autorevole studioso di diritto parlamentare, una sorta di lettera morta al Governo, per parafrasare Luigi Einaudi, una sorta di predica inutile. È totalmente ininfluente l'esito della votazione di questi ordini del giorno sul divenire del comparto lattiero-caseario e, segnatamente, sul destino degli allevatori padani.
Approfitto, però, del tempo che mi è concesso per fare alcune riflessioni, che possono fornire taluni elementi di comprensione. Come lei ricorderà, onorevole Presidente, visto che ha potuto sperimentare gli anni della gioventù italiana del littorio - la sua età mi consente di affermarlo con sicurezza -...

PRESIDENTE. Non esageri tanto, mi sono fermato come balilla-moschettiere!

DOMENICO COMINO. ...all'epoca il consenso o, per lo meno, il controllo del


Pag. 52

consenso politico del comparto agricolo avveniva attraverso un unico sindacato, che era la corporazione fascista degli agricoltori. Da quel sindacato, all'indomani del passaggio repubblicano di questo paese, si enuclearono due sindacati: la confederazione italiana dei coltivatori diretti e la confederazione generale dell'agricoltura. Questi, in qualche misura, dovevano riflettere le due agricolture di questo paese, invece no. Invece si generò una sorta di divisione, soprattutto di risorse - visto poi, anche attraverso indagini giudiziarie, cosa si è potuto verificare - per ricondurre il tutto ad un unico problema agricolo nazionale. Sindacati che controllavano l'emotività e il consenso degli operatori agricoli. Riconducevano le istanze ad un punto centrale, che allora si chiamava Ministero dell'agricoltura ed oggi, dopo una serie di modificazioni, ha assunto il nome di Ministero delle politiche agricole, e, tutto sommato, strappavano labili concessioni, ma riuscivano a tenere a freno tutto il comparto, che in questo frangente non ha più potuto essere controllato dalle organizzazioni professionali tradizionali. Non dimentichiamo che ci sono stati anche degli sconvolgimenti interni.
Da qui tutta la gestione centralistica dell'agricoltura, anche, se vogliamo, con una limitazione di competenze. Ce lo dimostra l'attuale Governo, che manda il sottosegretario alla pubblica istruzione a presenziare al dibattito sul problema delle quote latte. E mi consenta di dire, onorevole senatore ministro, che anche lei come caratura professionale Io la rispetto per il suo ruolo istituzionale, ma un avvocato che si occupa di agricoltura è un po' come la Bindi che si occupa di sanità (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

MICHELE PINTO, Ministro per le politiche agricole. Che tristezza sentire queste cose.

DOMENICO COMINO. Il problema è che lo Stato ha commesso un errore, come quel rappresentante di una nota azienda di prodotti per capelli (Il ministro Pinto esce dall'aula)...

FRANCESCO FORMENTI. Dove va, ministro? (Proteste dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Dai banchi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania si grida: «Dimettiti! Faccia di bronzo»!).

DOMENICO COMINO. Lo Stato, che ha rinunciato a svolgere...

MARIO BORGHEZIO. Fuga da Alcatraz!

DOMENICO COMINO. Il problema è che lo Stato, che ha rinunciato a svolgere le due funzioni che doveva svolgere in questo frangente, e cioè lo Stato programmatore delle produzioni e lo Stato controllore, le ha disattese entrambe, la prima nel momento in cui ha accettato un quantitativo globale di produzione, per un vile ricatto, se vogliamo, e l'altra nel momento in cui non ha intrapreso azioni anche giudiziarie nei confronti dei dirigenti sia del Ministero sia dell'AIMA, che non hanno consentito ai produttori di avere una certezza su quanto potevano produrre. Lo Stato ha usato invece l'altra faccia della medaglia, quella dello Stato oppressore. Ma forse è giusto che questo sia avvenuto, perché alla fine l'opinione pubblica, e soprattutto i produttori, sulle cui spalle ricade la responsabilità della disefficienza di Stato, si accorgeranno che effettivamente questo Stato vuole colpire solo una categoria di produttori, e segnatamente quella che risiede in Padania. Grazie, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ricordo, per evitare di dover interrompere (cosa che mi dispiace molto), che i cinque minuti sono tassativi. Poco prima dello scadere del termine farò


Pag. 53

un leggero scampanellio, così la «frenata» potrà essere esercitata senza righe sulla strada.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alborghetti. Ne ha facoltà.

DIEGO ALBORGHETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il signor ministro purtroppo è andato via e chiedo al sottosegretario...

PRESIDENTE. È andato via per esigenze che capitano anche ai ministri.

DIEGO ALBORGHETTI. Chiedo al sottosegretario di comunicare al signor ministro che spero lo sia ancora per poco, per l'economia agricola italiana.
Intervengo sul complesso degli ordini del giorno del nostro gruppo, quello della lega nord per l'indipendenza della Padania, in sede di esame del decreto-legge del 1 dicembre 1997 n. 411 recante misure urgenti per gli accertamenti in materia di produzione lattiera. Tenuto conto che i produttori agricoli, oltre ad esprimere l'esigenza di assicurare la piena legalità nella gestione delle quote latte, sollecitano interventi pregnanti nel settore agricolo, ed evidenziato che il ministro delle risorse agricole ha ribadito al Senato che è imminente la presentazione dei progetti di riforma della legge sul settore lattiero-caseario, la n. 468 del 1992, nonché dell'AIMA, chiediamo che il Governo si impegni a presentare al Parlamento il progetto di riforma della legge n. 468 del 1992, come ha detto il collega entro e non oltre il mese di febbraio, permettendo così agli allevatori di programmare la propria produzione, in quanto finora non è mai stato possibile, dato che le quote assegnate venivano comunicate probabilmente a fine anno, e non so come avrebbero potuto fare a ridurle.
In questo modo si potrebbe favorire la produzione di qualità e la tipicità dei prodotti derivati, realizzare interventi di decentramento regionale e potenziare le politiche di esportazione. Occorrerebbe poi riformare completamente l'AIMA, un ente inutile sia per l'efficacia dei controlli sia per la qualità delle prestazioni pubbliche, anche per la necessità di svecchiare gli strumenti istituzionali in materia agricola.
Gli allevatori, con le loro manifestazioni chiedono, oltre alla restituzione della liquidità monetaria derivante dalle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare, anche il definitivo accertamento della produzione lattiera e il ripristino della piena legalità; in merito al comma 3, articolo 1, si evidenzia che l'innalzamento della quota di produzione individuale è solo per l'annata in corso e ai fini della trattenuta finanziaria da parte dell'acquirente introduce palesi elementi di disparità tra i produttori e tra le diverse annate. Nell'annata 1995-1996 la restituzione della liquidità discrimina i produttori a seconda del tipo di compensazione; in quella 1996-1997 sulla percentuale secca tra produzione e totale e quella posseduta; in quella 1997-1998 discrimina tra produzioni di quota B e di sola quota A. Perciò chiediamo che il Governo si impegni a predisporre interventi legislativi per eliminare le incongruità, ma soprattutto le disparità di trattamento nella restituzione della liquidità, in quanto si provvede per l'annata 1996-1997 e la si omette per l'anno precedente, anche alla luce dell'istituzione di una commissione di indagine, cui è stato demandato il compito di effettuare il controllo della quantità effettiva di produzione per le annate 1995-1996 e 1996-1997.
Visto il reale disagio dovuto al comportamento irresponsabile del Governo in materia di quote latte ed alla mancanza di una politica europea volta a garantire lo sviluppo del settore; vista la necessità di aggiornare le normative vigenti sulle quote latte, in particolare la legge n. 468 del 1992 e di riformare completamente l'AIMA sia per l'efficacia dei controlli sulle produzioni sia per la qualità delle prestazioni pubbliche, chiediamo al Governo che si impegni a predisporre degli interventi legislativi, una volta accertate le reali produzioni ed individuate le illegalità,


Pag. 54

volti ad eliminare il sostituto d'imposta ai primi acquirenti ed a prevedere il pagamento del superprelievo, dove è accertato, deve essere richiesto ed effettuato direttamente dalle regioni e dalla province autonome.
Con il successivo ordine del giorno, tenuto conto che con continue manifestazioni gli allevatori chiedono oltre che il ripristino della liquidità, anche la piena chiarezza della gestione delle quote latte, poniamo in luce che purtroppo vi sono discriminazioni tra popolazioni di uno stesso Stato e pensiamo che la nostra lotta per l'indipendenza della Padania sia effettivamente valida visto questo razzismo di Stato, perché si agevola il sud e si penalizza il nord produttivo. Viva la Gina (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

CESARE RIZZI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Signor Presidente, vista l'importanza di questo decreto, di cui si parla ormai da un anno, vorrei richiamare il comma 1 dell'articolo 37 del regolamento, in base al quale: «I rappresentanti del Governo, anche se non fanno parte della Camera, hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute dell'Assemblea e delle Commissioni». Purtroppo il ministro si è allontanato proprio nel momento in cui si stavano discutendo degli argomenti che penso lo interessino prettamente. Quindi, vorrei chiedere per quale motivo il ministro se ne sia andato.

PRESIDENTE. Non ho fatto un'indagine a questo proposito, ma il Governo è degnamente rappresentato dal sottosegretario di Stato, la signora Albertini Soliani e quindi il Governo nella sua impersonalità e nella sua funzionalità è rappresentato (Proteste dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Se vogliamo fare un giro d'opinioni su questo... ma il Governo è rappresentato.

CESARE RIZZI. Il comma 1 dell'articolo 37 recita «I rappresentanti», non «Il rappresentante» del Governo.

PRESIDENTE. Anche nell'articolo del codice penale che riguarda il reato d'omicidio è scritto «Chiunque provoca la morte di un uomo», e tuttavia è un reato anche se si ammazza una donna (Applausi - Si ride)! Comunque, lei ha fatto un'osservazione, io le ho risposto ed analoga risposta darei anche agli altri colleghi. Pertanto, pregherei di non dar vita a questo che definirei non ostruzionismo, ma «distruzionismo» del nostro tempo ed anche dell'importanza dell'argomento che state sostenendo; non c'è da divertirci, purtroppo vi è della gente che ha problemi, voi li state rappresentando, il Parlamento se ne fa carico e quindi cerchiamo di rimanere nell'ambito di una serietà che deve unirci, indipendentemente dalle opinioni.

ROBERTO MARONI. È il Governo a non essere serio!

LUIGINO VASCON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Non per mettere in dubbio - per carità! - le capacità politiche del sottosegretario presente, ma mi risulta che il ministro per le politiche agricole disponga di alcuni sottosegretari ed allora, se il ministro si deve assentare per problemi che tutti abbiamo capito, tanto varrebbe che mandasse i propri sottosegretari, pur con tutto il rispetto per il sottosegretario presente (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Dobbiamo dare atto al sottosegretario di aver lavorato fin qui con noi. Il Governo è una realtà istituzionale e funzionale complessiva e individuale; ognuno può esprimere la sua valutazione in chiave di opportunità - ed io rispetto le opinioni di tutti - ma come garante della correttezza dei lavori in aula ribadisco


Pag. 55

che il Governo è rappresentato ed aggiungo che è rappresentato degnamente. Vi pregherei anche di non fare dell'ironia, perché il Governo nella sua complessità e collegialità ha necessità di avvalersi talvolta di un sottosegretario, talvolta di un altro. Queste cose le sappiamo tutti benissimo perché lavoriamo in quest'aula ormai da parecchio tempo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anghinoni. Ne ha facoltà.

UBER ANGHINONI. Non voglio insistere sulla presenza del Governo, signor Presidente, certo, data la delicatezza del problema: è come se ci trovassimo di fronte ad un intervento chirurgico a cuore aperto e nel momento in cui il cuore sta palpitando visibilmente il chirurgo se ne andasse ed affidasse agli assistenti il seguito dell'intervento. Io cercherei un contatto telepatico con il ministro perché parlare a lei, che dirige l'Assemblea ma non ha il potere di entrare nel merito del decreto, o al sottosegretario, che ha potere tanto quanto lei, annulla la mia volontà di essere propositivo. Ma il ministro Pinto evidentemente non riveste il suo ruolo per svolgere un compito costruttivo ma semplicemente per attirarsi tutti i fulmini che in questo momento gli stanno cadendo addosso, dopodiché qualcuno gli regalerà una bella medaglia o un calcio nel sedere e chi si è visto si è visto.
Sperando che comunque queste parole arrivino a chi di competenza, vorrei richiamare l'attenzione sul contenuto del provvedimento perché il decreto contraddice se stesso. Il ministro Pinto un anno fa in quest'aula ha detto che gli agricoltori avevano intenzionalmente «splafonato», per cui era giusto che pagassero la multa. Allora perché il decreto-legge prevede la restituzione dell'80 per cento dell'annata 1996-1997? Se la multa è legittima, perché gliene restituiamo una parte? E perché solo per il 1996-1997 e non anche per l'annata 1995-1996, completamente cancellata dal decreto?
Evidentemente si brancola nel buio, o meglio si sta cercando di restituire qualcosa visto che non se ne può fare a meno, dato che in questo momento il ponte di Borgoforte in provincia di Mantova è bloccato dalla manifestazione degli agricoltori. Evidentemente il Governo non ne può fare a meno e cerca di dare un contentino, screditando oltre che contraddicendo se stesso e il suo operato. Se è giusto, come è giusto, restituire non l'80 ma il 100 per cento delle multe per il 1996-1997, altrettanto bisogna fare il 1995-1996 e per il 1997-1998 e non dare delle rate frutto evidentemente del rimorso Mi scuso, ci vuole una coscienza per provare rimorso e qui la coscienza non c'è! Allora c'è la paura di prenderle quando si va per strada e si dà un contentino, quello che meno nuoce alle casse dello Stato, perché questo Governo deve pagare le sue clientele, deve garantirsi la continuità per poter sviluppare la sua politica nel prossimo futuro. Non bisogna perdere tempo e, se le risorse sono poche, si vanno a prendere. Allora si danno queste famigerate multe, quando ancora oggi neppure voi siete in grado di stabilire quanto latte produca l'Italia. Non sapete quanto latte stiamo producendo, però avete dichiarato e sostenete con le vostre azioni che si è splafonato nella produzione, per cui occorre pagare una multa disconosciuta dalla stessa Unione europea, la quale ha richiamato il Governo italiano dicendo: «I vostri conti sono sbagliati; a noi non risulta che abbiate splafonato». E noi ligi: «Abbiamo splafonato».

PRESIDENTE. Lei sta «splafondando» sul tempo!

UBER ANGHINONI. Abbiamo splafonato perché dobbiamo coprire le quote di carta, le quote rubate al nord e regalate al sud, il latte in polvere trasformato per uso alimentare, dobbiamo coprire le tangenti che hanno alimentato le associazioni di categoria e che hanno pagato le campagne elettorali dei politici. Dobbiamo coprire tutto questo e allora per forza abbiamo splafonato, altrimenti non possiamo più restituire i soldi che abbiamo


Pag. 56

preso. Allora evidentemente dobbiamo sostenere la tesi dello splafonamento. Queste sono le ragioni per le quali hanno voluto il ministro Pinto e non persone magari tecnicamente più autorevoli; hanno voluto Pinto quale garante della continuità della vecchia politica (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Apolloni. Ne ha facoltà.

DANIELE APOLLONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, Radio radicale che ci ascolta ancora, intervengo sul complesso degli ordini del giorno, per quanto ha espresso il Governo in questi giorni e per il ventinovesimo voto di fiducia di questo malnato Governo.
Desidero riportare le recenti affermazioni del ministro Michele Pinto: «Non potendo accogliere ulteriori modifiche al testo, per ragioni legate alla ristrettezza dei tempi a disposizione e alle compatibilità alle quali non si può derogare, il Governo potrà essere indotto a chiedere la fiducia, se non verranno ritirati gli emendamenti presentati».
Signor ministro, lei è un mafioso; su di lei pendono accuse di aver ignorato la volontà del Parlamento...

PRESIDENTE. La devo richiamare perché il termine, oltre ad essere offensivo sul piano personale, è anche vilipendioso nei confronti del Governo. Lei ha certamente una più vasta aggettivazione cui far fondo.

DANIELE APOLLONI. Su di lei, ministro, pendono accuse di aver ignorato la volontà del Parlamento e di avere annunciato anzitempo di non gradire innovazioni al testo, considerandolo assolutamente blindato già da alcuni mesi. Queste sue dichiarazioni sono state ribadite alcuni giorni fa a Bruxelles.
Lei - insieme con il suo Governo - aveva già deciso che vi sarebbe stato solo un rimborso parziale delle multe. Si è trattato di una scelta vergognosa che limita la democrazia parlamentare e il diritto alla discussione di soli 41 emendamenti.
Manifesto il mio disgusto per il fatto di dover discutere sotto la minaccia della fiducia, che poi è stata regolarmente data. È altrettanto disgustoso ignorare il parere del Comitato per la legislazione, che aveva suggerito all'unanimità di apportare alcune modifiche al testo.
È da un anno, signor Presidente, che gli allevatori manifestano e protestano in tutta Italia chiedendo la restituzione di quanto trattenuto dalle industrie e dai caseifici a titolo di superprelievo. Non da meno la commissione presieduta da un generale, che ha ampiamente dimostrato che gli allevatori non hanno tutti i torti a chiedere la liquidità delle somme loro trattenute, visto che di irregolarità ne sono state commesse tante nelle ultime tre annate produttive da parte di funzionari dell'AIMA e di organizzazioni agricole.
Che con il decreto sulle quote latte il Governo peggiori ingiustizie ed errori passati, presenti e futuri, compiendo un'operazione contro le vigenti leggi italiane ed europee, lo hanno detto e dimostrato la commissione di inchiesta governativa, la Corte dei conti, la commissione antitrust; senza contare la disparità di trattamento tra le regioni del nord, del centro-sud e delle isole.
La verità, signor Presidente, è che la questione delle quote latte nasconde scandali di dimensioni tali che Tangentopoli a confronto fa ridere. Ci sono enormi responsabilità di enti statali, organizzazioni di categoria, sindacati, multinazionali, cooperative rosse e di gran parte degli uomini che in tredici anni hanno creato tutto ciò. Il dramma è che essi sono tuttavia al potere in questo stesso Governo.
È giusto che i padani sappiano che questa sera il Governo, ponendo la fiducia, ha di fatto sigillato la bocca ai parlamentari della lega nord per l'indipendenza della Padania e all'opposizione in genere, impedendo il confronto pubblico


Pag. 57

perché si sappia il meno possibile. Del resto, signor Presidente, signor sottosegretario, tutti gli allevatori di Vancimuglio e della Padania lottano contro questo regime, che vuole solo servi miserabili; sono invece lavoratori autonomi, proprietari di aziende e di terre che vivono solo del loro lavoro e possono fare a meno di pastoie politiche e sindacali. Grazie: viva la Gina (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bagliani. Ne ha facoltà.

LUCA BAGLIANI. Ricordo che all'inizio del 1997 le associazioni sindacali mafiose e non riconosciute ufficialmente dallo Stato, ma con l'uso prodigo di attenzione nei loro confronti per i bacini di voti che da cinquant'anni esse rappresentano, cercando di trarre in inganno ancora una volta gli allevatori, avevano accettato la proposta del ministro mafioso Pinto. Anzi, mi correggo: il ministro che non sa neppure leggere il numero degli emendamenti. Dovrebbe dimettersi; e, con il rispetto per l'età, gli consiglio una bella casa di ricovero, di riposo; magari la Baggina a Milano, che è tanto famosa. Mettete qualche ministro giovane a fare il proprio lavoro, non certa gente che non sa leggere e scrivere né parlare l'italiano, se proprio all'italiano tenete tanto!
Ebbene, pagare immediatamente una parte della multa e congelare il resto, le pendenze, in attesa dei risultati della commissione d'inchiesta: fortunatamente su un problema relativo ad un furto interlocutorio - tale era quel pagamento delle multe - non vi era la stessa convergenza espressa dai sindacati mafiosi.
Il problema è sempre quello. Si parlava di rateizzazioni, ma la questione non verteva sul come pagarle ma su chi lo doveva fare; un'esigenza di giustizia che non esiste più in questo Stato ladro e mafioso. È in questo senso che l'istituzione della commissione è solo uno dei trucchi per depredare ancora una volta gli allevatori padani e per non fare la dovuta chiarezza nei tempi stabiliti.
Il ricorso all'Unione europea e quindi alla Corte di giustizia europea per chiedere il pagamento dei danni per il Governo italiano è perciò un atto dovuto. Il presidente della commissione d'inchiesta è, guarda caso, Natalino Lecca, direttore del centro di repressione romano delle frodi comunitarie della Guardia di finanza, pure romana, altro organo repressivo di questo Stato ladro, corrotto e mafioso.
E sono sempre loro (Coldiretti, Confagricoltura, CIA) che dovrebbero difendere gli interessi dei lavoratori ed invece trattano con lo Stato mafioso; mafioso, lo ripeto, in quanto non in grado di combattere i fenomeni mafiosi e che quindi si può definire mafioso, corrotto. Ma ricordo le intense giornate trascorse con gli allevatori, con gli amici della lega nord per l'indipendenza della Padania, passate accanto ai trattori, di notte e di sera, pronti ad andare a bloccare strade ed aeroporti.
Ma ecco l'Alitalia, un altro covo di malandrini, ladri e mafiosi, corrotti, che presenta...

PRESIDENTE. Onorevole collega, non l'ho interrotta, ma lo Stato italiano di cui anche lei fa parte non è quello che lei definisce. Lei ha detto che è uno Stato di malandrini e io mi auguro...

LUCA BAGLIANI. Presidente, ho detto che lo definisco mafioso, perché non è in grado di combattere il fenomeno della mafia!

PRESIDENTE. Mi auguro che lei da parlamentare...

LUCA BAGLIANI. Io ho detto che non è in grado di combattere il fenomeno della mafia!

PRESIDENTE. Mi lasci parlare!

LUCA BAGLIANI. Allora lo chiamo camorrista, mafioso e corrotto! Va bene?


Pag. 58

PRESIDENTE. ...rappresenti la nazione senza vincolo di mandato, come prevede la Costituzione. La prego di attenersi al fatto che lei è un parlamentare della Repubblica italiana...

LUCA BAGLIANI. Benissimo, allora lei mi dimostri...

PRESIDENTE. ...cui deve rispetto. Il suo ruolo è quello di rappresentare il popolo senza offenderlo. Mi dispiace doverla richiamare.

LUCA BAGLIANI. Presidente, mi dimostri che questo Stato è in grado di combattere i fenomeni della malavita organizzata, me lo dimostri...

PRESIDENTE. Questa è un'accusa. Una valutazione legittima...

LUCA BAGLIANI. ...e allora io riconosco che lo Stato non è mafioso.

PRESIDENTE. Ma non può esprimere un giudizio così negativo verso tutti, perché non è giusto.

LUCA BAGLIANI. Non è giusto! L'ho definito...

PRESIDENTE. C'è chi compie il proprio dovere nelle forze dell'ordine, nella magistratura, in Parlamento.

LUCA BAGLIANI. Presidente, ho definito il significato, per me, del termine mafioso. Se lei intende che questo Stato è come i mafiosi, è una cosa; io ho detto che lo definisco mafioso perché non è in grado di combattere i fenomeni malavitosi, criminali!

PRESIDENTE. Una società colposa.

LUCA BAGLIANI. Esatto, una società colposa. Le chiedo se posso recuperare qualche minuto, visto che ho dovuto chiarire il significato ed il senso delle mie parole.

PRESIDENTE. Recuperi pure, siamo tutti ansiosi!

LUCA BAGLIANI. Come dicevo, con deficit spaventosi, viene presentato il conto ai produttori di latte, addirittura con esposto alla procura della Repubblica «italiota» di Milano, avanzando la pretesa di un risarcimento miliardario nei confronti degli allevatori. È un'ottima occasione per rimpinguare le casse, dal momento che l'Italia ha sempre bisogno degli interventi di sostegno dello Stato «italiota». Intanto Romano Prodi, il ministro delle «interiora», Giorgio Napolitano, fanno sapere di non tollerare i blocchi e fanno le prove di forza contro gli allevatori inermi. La verità è che essi non vogliono neppure che la società padana osi alzare la testa, perché essa e tutte le categorie politiche devono servire ad arricchire le loro già pingui tasche e a coprire le voragini create da questo Stato a causa dei continui ladrocini a danno delle forze produttive vere del paese. Si servono anche delle forze dell'ordine, cui viene comandato di manganellare la povera gente, privando peraltro le stesse forze dell'ordine dei vertici e di persone capaci.

PRESIDENTE. Il suo tempo è scaduto da circa un minuto.

MARIO BORGHEZIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

MARIO BORGHEZIO. Per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO BORGHEZIO. Vorrei informare l'aula, così vastamente rappresentata, e soprattutto porre all'attenzione ed alla sensibilità della Presidenza un problema che ritengo grave il quale sicuramente toccherà l'interesse dei colleghi di tutti i gruppi.


Pag. 59


I rappresentanti degli allevatori, che da tempo manifestano civilmente, democraticamente e correttamente davanti a questo palazzo, proprio sulle tematiche che l'Assemblea sta ora discutendo, mi hanno fatto presente e pregato di portare all'attenzione della Presidenza un problema molto grave, sorto in questi giorni, il quale minaccia di diventare addirittura ostativo alla libera prosecuzione della loro attività di lavoro.
Proprio invocando i principi della nostra Carta costituzionale, che tutelano il diritto al lavoro e la libertà di impresa, chiedo alla Presidenza di farsi carico di rappresentare all'autorità giudiziaria l'opportunità di non protrarre oltre il dovuto - credo che i termini siano stati ampiamente superati rispetto alla necessità di indagare su quei fatti, peraltro di lieve entità penale, a seguito dei quali è stato disposto il sequestro penale di ben oltre 120 trattori - il sequestro di tali trattori, utilizzati per una pacifica e civile manifestazione. Questi lavoratori della terra, allevatori, venuti da regioni lontane rispetto alla capitale, così chiusa e sorda alle loro richieste legittime, democratiche e civili, chiedono di poter avere la piena disponibilità dei loro mezzi che spesso rappresentano il motore principale della loro attività lavorativa, il sostegno loro, delle loro famiglie ed aziende.
Credo di interpretare i sentimenti di tutti i gruppi, non solo del mio, nel chiedere alla ben nota sensibilità del Presidente di farsi carico del problema (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. La sensibilità mi porta a dire che il suo intervento non è un richiamo al regolamento, bensì la segnalazione di una situazione importante e grave, che si proietterà nel futuro. La Presidenza ne prende atto e nel rispetto delle decisioni dell'autorità giudiziaria - la separazione dei poteri ci obbliga a considerare che la giustizia segue una propria linea, che non dovrebbe necessitare di interferenze - riferirò immediatamente al Presidente Violante. Una dichiarazione come la sua ha il dono di ribadire il rispetto che il cittadino dovrebbe sempre avere dell'ordine, nel quale l'esercizio dei propri diritti si esplica, e la tutela che le leggi danno a chi, rispettando l'ordine, ha anche dei doveri. Questo rappresenta uno dei motivi per i quali l'autorità giudiziaria valuterà, con rapidità mi auguro, una situazione così diversa da tante altre, anche di quelle in cui talvolta non si è registrato lo stesso rigore (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ballaman. Ne ha facoltà.

EDOUARD BALLAMAN. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, in questa saga delle bugie e delle falsità mi dispiace aver dovuto sentire che il Governo dava mille miliardi, successivamente saliti a 1.100. Non si è ricordato che questi soldi sono stati sottratti prima e bloccati poi agli allevatori che conferiscono il latte senza essere pagati. Anzi, si tratta di soldi per i quali - visto che non vige il principio della cassa, ma della competenza - gli agricoltori pagano le tasse senza usufruire dei frutti del proprio lavoro! Si dice che il Governo ha dato 1.100 miliardi, per far apparire questi lavoratori invisi a tutti gli altri, i quali non beneficiano di questi stessi fondi.
Questi 1.100 miliardi rappresentano somme che sono state trattenute, ma non costituiscono il 100 per cento in quanto di 2.300 miliardi il Governo ne avrebbe restituiti solo 1.100, trattenendo in tasca 1.200 miliardi! A fronte di che cosa? A fronte delle possibili, inique, perché dichiarate tali dalle stesse commissioni che hanno lavorato sul caso, multe date agli agricoltori. Multe che nella peggiore delle ipotesi ammontavano a 500 miliardi. Volendo essere estremamente cauti, avrebbero dovuto essere restituiti 1.800 miliardi, non 1.100, il che costituisce un vero esproprio. Non si tratta di altro!
Cosa dire del contenuto delle relazioni, secondo cui vi sarebbero 1.500 mucche in una stalla di piazza Navona! Paghino i ladri che hanno sfruttato la situazione! Si


Pag. 60

paghino queste colpe e ci si ricordi di quello che non ha scritto un leghista, ma Giovanni Falcone riferendosi alla vicenda delle arance. Guarda caso, per le quote latte si penalizzano gli allevatori, per le arance si pagano le sovrapproduzioni! Ebbene, si tratta di produzioni di arance che fra l'altro vengono poi calpestate dai trattori, per non arrivare ad una loro corretta quantificazione. Lo stesso Falcone diceva che la mafia da queste operazioni trae sensibili vantaggi e, proprio nel libro Cose di cosa nostra, parlava di due Italie: una europea ed una africana. E non era un leghista! Proprio oggi, invece, con riferimento ad un ordine del giorno, si continuano ad avere due pesi e due misure, ma per due Italie: per quanto riguarda le arance, si ragiona in una maniera; per quanto riguarda il latte, in un'altra (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Non siamo di certo per la violenza e per le bombe, però un po' di merda ci stava bene! Per sollevare questo problema ci stava bene: ed è ora che il ministro, chi ha gestito questa cosa, impari a nuotare, perché non basta nascondersi dietro un perbenismo che sicuramente farebbe di questo ministro un grande uomo dell'ottocento, perché i tempi sono cambiati. Mi auguro effettivamente che avremo un altro ministro, magari un altro Governo, quando ci troveremo a dover risolvere un altro problema, altrettanto grave, che guarda caso colpisce l'economia padana: l'allevamento dei maiali. Quando questo problema, che viene dalla cara Germania a noi vicina, e che tutti in questo Governo si ostinano a nascondere, dovrà essere affrontato, si capirà che è molto più grave di quello che stiamo esaminando. Spero quindi che allora si sappiano prendere efficaci provvedimenti, almeno per un senso di autodifesa (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Onorevole Ballaman, poco fa ha ricordato un uomo che ha onorato lo Stato e che ha lottato contro la mafia: questo fa giustizia di quello che poco fa ho sentito dire di chi la mafia la subirebbe. C'è anche chi è morto per avere combattuto contro la mafia, e credo che faccia piacere a tutti ricordare una persona che faceva della propria funzione un insegnamento per un'Italia unita nella diversità delle sue condizioni (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Balocchi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BALOCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, prima di alcune battute su questa storia che ha molto di triste e poco di intelligente, voglio fare un brevissimo riferimento al ministro Pinto che ha preferito allontanarsi, anche perché, non riuscendo a contare fra 41 e 63, ha pensato bene di lasciare il sottosegretario per la pubblica istruzione, che sicuramente è in grado di calcolare la differenza fra 41 e 63! Questa è una battuta, e sarebbe ogni tanto necessario sdrammatizzare così, se il Governo contribuisse a sdrammatizzare una situazione in cui tutto ha fatto tranne che capire le giuste esigenze di centinaia di allevatori che da mesi stanno manifestando. A loro si destina una parte dei soldi precedentemente trattenuti e rubati dal sistema e contro di loro si manda la polizia, a picchiare selvaggiamente, come abbiamo visto in televisione, il tutto perché lo Stato non è stato in grado di fare neanche quattro conti sulle eccedenze del latte.
Nel dubbio, allora, andiamo sotto, manganelliamo, in modo che si possa tranquillamente dire che lo Stato c'è, che lo Stato ha avuto la necessità di adempiere a quello che l'Unione europea gli richiede.
Ma ciò a cui abbiamo assistito ieri sera, con la ventinovesima richiesta di fiducia da parte del Governo, è veramente ridicolo. Si era parlato di ricorrere alla fiducia soltanto per stroncare le opposizioni che, attraverso centinaia e centinaia di emendamenti, impedivano la discussione regolare e il normale iter di approvazione delle leggi. Abbiamo assistito, ieri


Pag. 61

sera, alla richiesta del voto di fiducia, che rimanda di ventiquattro ore tutti i lavori parlamentari, per impedire che 41 emendamenti fossero discussi!
Allora, non sono gli emendamenti presentati in maniera enorme che contribuiscono a bloccare il Parlamento, ma la paura della maggioranza di discutere emendamenti che possono essere correttivi e che possono aiutare a rendere meno pesante un decreto che è stato presentato dal Governo perché all'interno della maggioranza c'è una profonda divisione. Ecco la motivazione. Non esiste nessun'altra motivazione perché il Governo presenti la fiducia di fronte alla discussione di 41 emendamenti!
Dai primi risultati della commissione presieduta dal generale Lecca, sono emersi dati allarmanti in merito alle truffe perpetrate dai falsi allevatori e dai detentori delle quote di carta in una misura pari a circa il 90 per cento dei contratti controllati. Perché il Governo, che ha speso centinaia di miliardi in precedenti controlli affidati all'AIMA, all'Unalat e a consorzi più o meno privati, ai quali hanno partecipato anche le organizzazioni professionali agricole, come la Coldiretti, la Confagricoltura, la Confederazione degli agricoltori, non mette ordine nel settore, punendo con tempestività coloro che hanno truffato? Perché non provvede a ripartire queste quote false a quei produttori ai quali, magari, è stato dato un finanziamento pubblico per la costruzione o l'ampliamento delle loro stalle?
Perché il ministro dell'agricoltura non ha esercitato i suoi legittimi e doverosi poteri di controllo e di verifica nel settore delle quote latte, ma ha preferito fare intervenire brutalmente la polizia contro gli allevatori che manifestavano la loro indignazione, rabbia e malcontento?
Perché il Governo ha voluto porre la fiducia su un esiguo numero di emendamenti che avrebbero certamente migliorato le brutture e gli sconci del decreto che questa maggioranza si accinge a votare?
Proprio per questi motivi, intervenendo sul complesso degli ordini del giorno, espongo i motivi del nostro voto a favore degli stessi. Con gli ordini del giorno presentati dai colleghi Dozzo, Anghinoni, Lembo e Vascon si vuole impegnare il Governo a predisporre interventi legislativi che modifichino le modalità di compensazione delle quote latte per l'annata 1995-1996, eliminando la disparità di trattamento che, con la conversione in legge del decreto-legge n. 411...

PRESIDENTE. Onorevole Balocchi, la invito a concludere perché ha superato di 45 secondi il suo tempo.

MAURIZIO BALOCCHI. Concludo subito, signor Presidente.
Con la conversione in legge del decreto-legge n. 411 del Governo viene a crearsi una disparità, in quanto la suddetta compensazione è prevista ai sensi della legge n. 596, che definisce i diversi livelli di compensazione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bampo. Ne ha facoltà.

PAOLO BAMPO. Qualche giorno fa, un collega, anzi, un compagno del PDS, Massimo D'Alema, definì ignobile il comportamento della lega nord per l'indipendenza della Padania. Ebbene, io credo che la vigliaccheria sia anche più ignobile di questo grave difetto. Quel compagno dovrebbe essere lì, su quei banchi, a spiegarci perché non si è permesso a questo Parlamento di dire quanto gli allevatori avevano diritto di sentire e, soprattutto, perché lui e i suoi compagni - ripeto, i suoi compagni - hanno votato la fiducia, su questo delicato tema, al Governo dell'Ulivo.
Si capisce sicuramente l'intento protezionistico (passatemi questo termine, colleghi) nei confronti della propria creatura. Ma questo non è sufficiente per giustificare una mancata risposta, ma soprattutto


Pag. 62

una risposta vergognosa, a quanto doveva essere invece concesso agli allevatori. Ebbene, si tratta di allevatori che sono stati qua fuori a dimostrare il loro malumore ma anche le loro aspettative. Allevatori che in tutta la giornata di oggi dalle tribune dell'aula di Montecitorio speravano di ascoltare in questa sede proprio alcune delle motivazioni che hanno portato le varie forze politiche ad esprimersi in maniera così distante l'una dall'altra; distante perché da una parte si cercava di tutelare gli interessi di parte, dall'altra si cercava di tutelare gli interessi della collettività.
Visto che l'Assemblea è stata messa nella condizione di non potersi esprimere, di non poter discutere su quanto tutti ci aspettavamo, visto che gli allevatori non hanno avuto chi dava risposte e chi dava loro la voce, credo che sia doveroso da parte mia, non solo per dare loro la voce, ma proprio affinché in quest'aula rimanga almeno traccia di quanto gli allevatori auspicavano, leggere (e nel caso in cui non riuscissi a fare in tempo a leggerlo chiederò a qualche collega che mi segue di completarne la lettura) il comunicato che il coordinamento dei comitati spontanei produttori del latte ha emanato nella giornata del 20 gennaio. Credo che, per quanto riguarda la questione delle quote latte, nulla di più certo resterà sui resoconti stenografici dell'Assemblea delle parole dei diretti interessati. Do quindi lettura del comunicato.
«Come avevamo preventivato, lo spazio per la discussione e quindi la modifica del decreto in discussione alla Camera dei deputati esiste concretamente» (non c'è più «vera verità» di questa, che è stata però vergognosamente disattesa). «Ne ha preso atto il Comitato per la legislazione, che ha espresso un parere favorevole condizionandolo ai punti chiari e fermi che i produttori hanno da sempre sostenuto. Evidenziata l'illeggibilità della norma, il Comitato ha anche rilevato come la stessa contenga elementi di disparità tra i produttori di latte sia in merito al ripristino della liquidità legata ad un solo anno che alla diversità tra i produttori, legata non al fatto sostanziale di avere o meno prodotto in più rispetto alla loro quota individuale, ma alla semplice collocazione geografica della loro sede sociale» (una vergogna). «Il Comitato evidenzia inoltre come la nuova commissione di garanzia del generale Lecca non abbia alcun potere e quindi induca aspettative di garanzia che non potranno mai essere realizzate e come il ruolo delle regioni, laddove inadempienti, determini ricadute negative sui produttori, che sono assolutamente impotenti di fronte a ciò. Merito al ruolo deciso e decisivo svolto dal relatore in Comitato, l'onorevole Lembo della lega nord, che non si è posto l'obiettivo, che altri stanno perseguendo, di usare la protesta del latte al solo scopo di mettere in difficoltà la parte che governa o il Presidente del Consiglio, ma costruttivamente ha evidenziato un percorso di proposta che ha trovato, sia come tale che nel merito delle competenze del Comitato, l'unanimità dei componenti il Comitato medesimo. In una corretta logica di servizio pare che questo comportamento sia in linea con gli intendimenti degli allevatori che stanno protestando non per contrapposizione con alcuno, ma solo per ottenere quelle garanzie di trasparenza e futuro che, assieme alla liquidità trattenuta, garantiscono all'azienda di essere, e non solo di apparire, con o senza telecamere. Siamo certi che l'esempio e l'indirizzo costruttivo sia seguito da tutti e porti a quelle soluzioni che non sono il futuro, ma che ne sono certamente alla base. Vedremo adesso il comportamento del Governo che deve decidere in merito alla fiducia. Di fiducia gli allevatori ne hanno già data tanta; vorrebbero adesso riceverla» - e come l'hanno ricevuta! - «avendo dimostrato in questo anno e mezzo di poterla concretamente meritare» (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ho lasciato che lei continuasse per un minuto e 43 secondi perché stava leggendo un documento, ma pregherei i colleghi di non mettere in imbarazzo la Presidenza. Purtroppo, sono


Pag. 63

abituato per natura ad una certa tolleranza; sono poco legato al cronometro, mi dà fastidio; tuttavia, ci troviamo in una fase in cui ciascuno di noi, avendo chiesto l'attuazione del regolamento, deve stare alle regole.
Cercate di non mettermi in imbarazzo; d'ora in avanti, allo scoccare dei cinque minuti sarò costretto, come farebbe il Presidente Violante e come è giusto che sia, a togliere la parola. Qualche volta essere comprensivi significa lasciare eludere una regola che vale per tutti. Dal mio punto di vista mi scuso, ma credo che rispettare il regolamento non richieda alcuna espressione di scusa, soltanto una corrispondenza di reciproci impegni.

GIANPAOLO DOZZO. Presidente, siamo dei cronometri svizzeri?

PRESIDENTE. A me dispiace togliere la parola, sapete come son fatto; ma non ne abusate!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gnaga. Ne ha facoltà.

SIMONE GNAGA. Signor Presidente, non si deve scusare; non è giusto che la tolleranza sia preceduta dal termine «purtroppo». Invece, la ringrazio; trovo che la tolleranza sia sempre una caratteristica positiva.

PRESIDENTE. Non quando si esercita una funzione che non è propria, diretta e personale. Si può essere tolleranti quando si è in proprio; quando si è alla Presidenza si deve essere corrispondenti ai doveri regolamentari. Alle volte non ce la faccio, lo riconosco.

SIMONE GNAGA. Mi rivolgo al sottosegretario che non è competente del settore: non lo nascondo, io stesso sono assolutamente ignorante in questa materia, purtroppo. Mi trovo ad intervenire in merito ad un comparto che comunque è oggetto di una politica sbagliata - su questo non c'è dubbio - non soltanto da parte di questo Governo, il quale, a mio avviso, ha una responsabilità per una risposta politica mancata.
La politica in campo agricolo è sbagliata. Il nostro paese ha avuto uno sviluppo enorme: negli ultimi cento anni è passato da una struttura prevalentemente agricola ad una industriale, soprattutto nel dopoguerra, ma ciò non ha permesso un adeguamento culturale nei confronti del mondo dell'agricoltura. Questa è una grossa mancanza; volendo, anche al settore di cui lei, signor sottosegretario, è più direttamente responsabile dovrebbe essere permesso un approccio più positivo al mondo agricolo, a quella cultura nella quale in fondo sono le nostre radici, certamente non riconducibili al comparto industriale.
Pur essendo ignorante su questo argomento, intervengo con piacere, sia per l'attualità della tematica, sia perché mi è capitato di frequentare in una fase della mia vita persone che provenivano dal settore dell'agricoltura; ricordo che, in un momento molto duro del nostro impegno durante il servizio di leva, queste mi dicevano che la vita militare - quella che conducevamo era abbastanza dura - era per loro una «pacchia», essendo abituati in luglio ad alzarsi la mattina alle 3 per la raccolta delle patate andando avanti fino alle 17. Questo è stato il mio primo impatto, che mi ha colto piuttosto di sorpresa; chiedo scusa per la digressione, ma ho voluto raccontare questo mio contatto con il mondo dell'agricoltura. È un impatto che dovrebbe essere considerato maggiormente anche per quanto attiene alle ricadute sull'opinione pubblica.
Sappiamo che abitualmente la legittima protesta di qualsiasi categoria viene non solo tollerata, ma sfocia anche in un riconoscimento dei diritti lesi. In questo caso non si capisce perché la protesta legittima di altre categorie non sia stata tollerata, anche dalla stessa opinione pubblica, anche in ragione dell'informazione fatta dai mass media, ma sia stata addirittura repressa. Non intendo soffermarmi


Pag. 64

su vicende che sono note a tutti i cittadini perché fortunatamente sono state riprese dalla televisione.
Vorrei invece soffermarmi su quello che è divenuto una sorta di luogo comune per chi non conosce il settore dell'agricoltura. Il problema, infatti, viene affrontato con un senso di sufficienza; in altre parole si dice più o meno: lasciamo perdere, loro stanno soltanto dando fastidio ad altri settori, come quello dei trasporti od altro. Ebbene, un simile atteggiamento è sbagliato, perché la legittima protesta di qualsiasi categoria deve essere tenuta nella dovuta considerazione dall'esecutivo, che deve rispondere in modo adeguato alle richieste che vengono avanzate, cosa che non avviene.
Anche il ministro in precedenza ha mostrato una certa intolleranza. Ho partecipato e parteciperò ad altre forme di protesta che avranno luogo all'interno della Camera, però devo dire che non ho mai visto forme di intolleranza da parte di altri ministri, anche se hanno ricevuto critiche più pungenti di quelle ricevute dal ministro Pinto. Egli ha parlato poco tempo fa di istigazione e si è dichiarato costretto a porre la questione di fiducia per l'elevato numero di emendamenti presentati al provvedimento, senza soffermarsi sulla qualità degli stessi. In realtà, la fiducia non è stata posta a causa dell'elevato numero di emendamenti presentati, ma per altre ragioni. Infatti, c'era tutto il tempo per esaminare gli emendamenti e giungere alla conversione del decreto prima della scadenza dello stesso.
A parte ciò, la reazione del ministro, che ha parlato di provocazione e di istigazione, è assolutamente sbagliata. Ci mancherebbe altro! Certe cose fanno parte della dialettica politica, soprattutto in occasioni come questa. Ma cosa pensa? Crede davvero che rimanere in silenzio e dirsi continuamente d'accordo con la linea del Governo sia costruttivo? Le cose non stanno certo così.
Noi stiamo esponendo in questa sede, anche se non in modo del tutto adeguato, i problemi del paese. Non soltanto in piazza Montecitorio ma in varie parti di Italia, geograficamente lontane da Roma, alcuni cittadini sono attanagliati da gravi problemi.
Signor Presidente, non voglio approfittare della sua tolleranza, che continuo a considerare un fatto positivo, quindi concludo dicendo che, al di là delle questioni sollevate dalla posizione della questione di fiducia, mi auguro che venga data una risposta adeguata e rapida ai problemi del paese. Spero infatti che il provvedimento in esame produca comunque degli effetti positivi non per qualche soggetto politico, ma più in generale per chi opera nel settore dell'allevamento e dell'agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianchi Clerici. Ne ha facoltà.

GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Signor Presidente, ritengo che il comunicato letto dall'onorevole Bampo avesse un enorme significato politico, ma mi rendo conto del fatto che il collega, per leggerlo interamente, ha dovuto contravvenire ad una disposizione regolamentare, parlando oltre i cinque minuti previsti. Pertanto, se lei lo ritiene, mi può far parlare un minuto di meno, perché, come lei sa, noi siamo gente seria che rispetta le regole, magari lotta per cambiarle radicalmente, ma le rispetta. Se lei vuole, tolga pure del tempo a me (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Non c'è bisogno di fare questi calcoli algebrici. Ho fatto semplicemente presente al collega che avevo consentito la lettura integrale di un documento.
Prosegua pure.

GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Signor Presidente, devo confessare che la presenza in aula, in rappresentanza del Governo, della gentile sottosegretaria alla pubblica istruzione, con cui ho spesso modo di vedermi e di confrontarmi, in


Pag. 65

questa occasione mi potrebbe indurre a parlare magari di tematiche che mi sono più congeniali, come quelle del mondo scolastico. Potrei parlare delle ultime novità, soffermandomi ad esempio sul fatto che il Governo non ce la fa a licenziare i decreti di attuazione della legge Bassanini in tempo ed è quindi costretto a chiedere proroghe. Potrei inoltre soffermarmi sul fatto che il Governo è stato costretto a modificare in fretta e furia un articolo della famigerata legge di riforma degli esami di maturità. Oppure potrei spiegare - e forse la sottosegretaria è curiosa - come stiamo creando la scuola padana, che speriamo i figli degli allevatori seguano in gran numero, ricevendo in cambio una istruzione sicuramente migliore di quella che dà lo Stato italiano (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Tuttavia, ci stiamo occupando di quote latte, di un decreto che la categoria degli allevatori e degli agricoltori reputa inaccettabile. La lega nord ha cercato in tutti i modi di far sì che le aspettative degli allevatori venissero tenute nella dovuta considerazione. Reputo quindi più importante attenermi a tale tema, facendo preliminarmente rilevare, come hanno già fatto molti altri miei colleghi, che con il ricorso alla questione di fiducia si sono tentate di nascondere le ovvie differenze di vedute, che evidentemente sono presenti anche nella maggioranza. Le poche decine di emendamenti presentati avrebbero dovuto essere discusse e il Parlamento avrebbe dovuto assumersi la propria responsabilità di fronte ai cittadini. Ogni parlamentare avrebbe dovuto esprimere in piena libertà il suo voto. Questo purtroppo non è avvenuto, mentre fuori dell'aula si sono verificati episodi molto gravi; mi riferisco alle botte agli allevatori e all'atteggiamento tenuto dalla polizia che non si può non rimarcare, dal momento che questa è stata insolitamente severa con gli allevatori stessi. Ha infatti ritenuto di ricorrere alla violenza contro gente pacifica. Ha fatto ricorso alla violenza anche contro alcune donne, ci tengo a ricordarlo. Infatti, in uno dei tanti campi, sono state malmenate anche le donne che si trovavano nelle tende a cucinare il pasto per gli uomini che stavano facendo la dimostrazione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Questo
è un fatto gravissimo da parte di un Governo di sinistra! È veramente gravissimo!
In conclusione, vorrei leggere il dispositivo degli ordini del giorno non accolti dal Governo e che probabilmente domani verranno respinti dalla Camera, proprio perché, per conoscenza mia e del gentile sottosegretario che ha ascoltato il mio intervento, rimangano come monito questa notte per tutti quanti. L'ordine del giorno del collega Vascon impegna il Governo a predisporre interventi legislativi per eliminare le incongruità, ma soprattutto le disparità di trattamento nella restituzione della liquidità, in quanto si provvede per l'annata 1996-1997 e la si omette per l'anno precedente, anche alla luce della istituzione di una commissione di indagine a cui è stato demandato il compito di effettuare il controllo della effettiva quantità di produzione per le annate 1995-1996-1997.
Vorrei altresì ricordare l'ordine del giorno del collega Anghinoni che impegna il Governo a predisporre interventi legislativi, una volta accertate le reali produzioni ed individuate le illegalità, volti ad eliminare il sostituto di imposta ai primi acquirenti e a prevedere il pagamento del superprelievo, dove accertato, ed effettuato direttamente dalle regioni e dalle province autonome.
Infine, il collega Dozzo intende impegnare il Governo a predisporre interventi legislativi che modifichino le modalità di compensazione dell'annata 1995-1996, presente al comma 1 dell'articolo 3, del presente decreto, eliminando la disparità di trattamento tra produttori, ma essenzialmente, come è stato detto da altri, tra produttori della Padania e produttori di altre regioni (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

Pag. 66

ADRIANA POLI BORTONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADRIANA POLI BORTONE. Signor Presidente, mentre noi discutevamo, senza che alcuno di noi se ne accorgesse, si è verificato qui in aula un fatto di particolare gravità. Signor Presidente, non se ne è accorto neanche lei ed è per questo che glielo dico. Le assicuro che si tratta di un fatto molto grave.
Qualche collega della lega ha rilevato che il ministro Pinto si è allontanato dall'aula, il che, colleghi, non è particolarmente grave, perché, dopo essere stato presente per diverse ore, può anche assentarsi per qualche attimo, peraltro lasciando in aula altri colleghi del Governo a rappresentarlo, considerato che il Governo ha delle responsabilità collegiali, come abbiamo detto più volte e ribadiamo ancora oggi.
Il fatto grave è che il Presidente Prodi è lo stesso Presidente del Consiglio che ha nominato la commissione Lecca; una commissione che ha dimostrato una tale capacità investigativa da non riuscire a produrre alcunché in oltre un anno di lavoro. Infatti, oggi stiamo parlando del sesto o settimo decreto adottato dal Governo Prodi in poco più di un anno.
Il ministro Pinto aveva probabilmente da fare, e bene ha fatto ad allontanarsi qualche attimo e sono certa che ritornerà, ma il Presidente Prodi è altrettanto evidente che non doveva essere molto impegnato, tanto che non solo era qui fuori a passeggiare in Transatlantico ma si è affacciato, con la signora Flavia, dalle tribune per guardare lo spettacolo che stavamo dando noi poveretti, i «paria» del Parlamento che erano qui a chiacchierare di quote latte nella notte del 22 gennaio. Ci ha guardati con grande compiacenza, ci ha indicati, ha fatto vedere questi sciocchi di deputati che stavano qui a presidiare un Parlamento disinteressato al problema delle quote latte; ha indicato anche quei poveretti degli allevatori che sono lassù in tribuna, poveracci anche loro, in attesa di una risposta che Prodi ed il suo Governo non intendono minimamente dare.
Allora, signor Presidente, il ministro Pinto è impegnato, e sono certa che tornerà, ma la prego di invitare il Presidente del Consiglio Prodi, non a dare quella risposta che non è riuscito a fornire in oltre un anno, ma almeno ad avere l'accortezza e la sensibilità di venire qui in Parlamento per dimostrare che esiste non soltanto quando commissionava, a suo tempo, le indagini di altro genere sulle quote latte, ma che esiste anche oggi, non solo per indicare i «paria» del Parlamento o i poveri allevatori, ma anche come massima istituzione che non deve dare, a mio parere, un'immagine di sé poco consona al ruolo che ricopre (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Anche in questo caso l'ordine dei lavori non è stato turbato dalla presenza, sia pure in veste di spettatore, del Presidente del Consiglio che si è affacciato dalle tribune, come accade a molti di noi.

ROBERTO MARONI. È un insulto al Parlamento!

ADRIANA POLI BORTONE. Non siamo un circo!

PRESIDENTE. Non siamo qui per dare giudizi, ma soltanto per acquisire elementi. Lei ha detto quello che doveva dire e la Presidenza prende atto che esiste il Governo qui rappresentato da più di un suo componente. Il Presidente del Consiglio, se vorrà intervenire, lo farà, se i suoi impegni glielo consentiranno (e mi auguro che sia così), ma non siamo qui per dare pagelle comportamentali. Lei ha espresso il suo giudizio e la Presidenza non può far altro che tener conto che dal punto di vista del regolamento il rapporto tra Parlamento e Governo è completo e contiguo.


Pag. 67


Per la questione dei «paria» e dei poveracci, ritengo che i parlamentari rappresentino pro quota la sovranità popolare e nessuno di noi, individualmente considerato, vale più dell'altro, se non per le funzioni che talvolta capita a ciascuno di noi di vedersi riconoscere. Apprezzo i colleghi presenti, che svolgono il proprio dovere di maggioranza o di opposizione. Ogni parlamentare è libero, può essere presente o può non essere presente; guai se si desse al parlamentare una veste coatta amministrativa di presenza soltanto perché è meglio farsi vedere presenti. Nel concetto di libertà c'è anche la facoltà di poter essere presenti o assenti, mentre le valutazioni politiche appartengono ai gruppi e ai singoli, e infatti lei ha esercitato proprio questa facoltà. Più di questo credo di non poter osservare, perché il Governo si assume le sue responsabilità. Il Parlamento peraltro gli ha confermato poco fa la fiducia e ciò rappresenta una realtà di fronte alla quale dal punto di vista istituzionale c'è poco da dire.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghezio. Ne ha facoltà.

MARIO BORGHEZIO. Signor Presidente, anch'io dopo il precedente intervento ritengo doveroso sottoporre all'attenzione dell'Assemblea, ma anche della Presidenza, un fatto grave che si è verificato in quest'aula proprio in relazione alla discussione su questo provvedimento.
Nella seduta di ieri, come risulta dalle pagine 118 e seguenti del resoconto stenografico, abbiamo assistito ad uno scambio di accuse rivolte, in risposta ad alcune osservazioni espresse dal deputato del gruppo della lega Gianpaolo Dozzo, dal fantasmatico ministro dell'agricoltura il quale evidentemente era stato colpito nel vivo da alcune osservazioni del nostro collega. Quest'ultimo aveva riferito all'Assemblea che in una precedente seduta della Commissione agricoltura il ministro aveva candidamente confessato di non sapere assolutamente nulla della questione quote latte ed il ministro ha risposto (leggo testualmente): «Lei sta mentendo. Lei non ha il diritto di mentire» e ancora: «Lei sta mentendo!». Mentre l'onorevole Dozzo continuava ad insistere che quanto diceva era a verbale, ancora una volta Michele Pinto, ministro per le politiche agricole, diceva: «Lei sta mentendo! Presidente, lei non può consentire che io sia offeso!». Addirittura ha accusato l'onorevole Dozzo di aver scritto lui il verbale usando queste parole: «Un verbale personale, che ha scritto lei! Queste cretinate non le ho mai dette! Io dico cose serie, delle quali mi assumo per intero la responsabilità».
Avendo oggi assistito alle spiegazioni sussiegose e saccenti che il ministro ha dato sulla tematica in questione, ho pensato che l'onorevole Dozzo avesse esagerato o addirittura alterato la realtà dei fatti e quindi mi sono procurato il verbale di quella seduta di Commissione in riferimento alla quale il ministro Pinto ha dichiarato, nella seduta di ieri, che l'onorevole Dozzo mentiva, che non aveva detto quelle cose, che quel verbale non esisteva.
A pagina 108 del resoconto stenografico della seduta del 10 luglio 1996 della XIII Commissione agricoltura leggiamo le seguenti parole del ministro: «L'onorevole Dozzo ha fatto un riferimento che per la verità era contenuto anche nell'intervento da lui svolto in occasione del dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio. Egli ha parlato, oltre che del problema dell'IVA, anche delle quote latte, usando un'espressione rispetto alla quale desidero chiedergli qualche chiarimento. Egli ha affermato che sono state pagate multe salatissime. Avremmo dovuto pagare circa 6.000 miliardi ma siamo riusciti a ridurli a 3.600 per latte mai prodotto. Per il rispetto che devo all'autorevolezza di chi ha formulato quest'osservazione, vorrei chiedere un chiarimento:» - sono sempre le testuali dichiarazioni del ministro Pinto - «che significa multe pagate per latte mai prodotto? Si tratta di latte in polvere? Si tratta di latte che viene da qualche altro paese? Qual è il marchingegno?». Sembrano domande tipiche di un film del principe de Curtis, in arte Totò, interrogato


Pag. 68

improvvisamente sul problema delle quote latte (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Invece si tratta del ministro Pinto, come risulta dal resoconto del 10 luglio 1996.
Giustamente poco fa il Presidente Biondi ha rimproverato con il garbo ma anche con la fermezza che gli sono propri in certi momenti, il collega che incautamente ha utilizzato l'espressione «mafioso» nei confronti del ministro Pinto. Noi che abbiamo una lunga frequentazione della Commissione antimafia abbiamo imparato dai professionisti dell'antimafia, da coloro che sanno le cose, che alla mafia appartengono «superiori sconosciuti», «alte intelligenze», «menti raffinatissime» e quindi escludo che il ministro Pinto possa essere mafioso (Applausi dei deputati dei gruppi della lega nord per l'indipendenza della Padania e di alleanza nazionale). Carta canta, villan dorme! Il ministro Pinto non può essere mafioso. Fa testo l'autorevolezza dei professionisti dell'antimafia.
Il ministro prosegue ancora: «Pur conoscendo la materia» - dice il principe de Curtis-ministro Pinto - «confesso molto candidamente che su questo argomento non ho elementi e li chiedo per poter attivare le necessarie verifiche e proporre ogni opportuna modifica». Il ministro Pinto, come risulta dal verbale del 10 luglio 1996, confessava candidamente di non sapere un c... (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Se intervenivo qualche minuto prima, evitavamo la parte anatomica!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosco. Ne ha facoltà.

RINALDO BOSCO. Presidente colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, ormai il ministro ha ottenuto la fiducia dalla maggioranza di questa Assemblea; da una maggioranza - si badi bene - che non è più tale nelle piazze e ancor meno nelle campagne della Padania. Il Governo ha ricevuto il consenso a proseguire sulla strada che ha intrapreso; è una strada che porta dritto dritto verso la distruzione della nostra agricoltura, dei nostri allevatori, per favorire i truffaldini, i trafficanti di latte o, meglio, delle quote latte, quelle di carta, quelle che vengono prodotte negli «stalloni di piazza Navona»...
Ebbene, questo, signori rappresentanti del Governo, è uno sporco inganno a tutela delle mafiose manovre italiane contro i lavoratori, in particolar modo contro quelli padani che rappresentano la maggior parte della produzione lattiera di questo paese.
La battaglia degli allevatori è ormai una battaglia per il lavoro contro il cancro della furberia mafiosa e delinquenziale di questo paese. È la punta di un iceberg che vi porterà a fondo, come è accaduto al grande ed inaffondabile Titanic il 2 aprile del 1912.
Già nel passato, al fine di evitare i disastri prodotti dalla politica incapace e romana, con un referendum si era stabilito di chiudere il Ministero dell'agricoltura, perché non facesse più danni; lo avete invece mantenuto in vita chiamandolo con un altro nome: prima quello di Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali e, poi, delle politiche agricole. Lo avete tenuto in vita per mantenere l'apparato sindacale che vi ha procurato tanti consensi e coperto tutte le porcherie prodotte con la Federconsorzi, con la CIA, con la Coldiretti, con l'AIMA e con tutte le altre organizzazioni legate alle vostre posizioni, all'Ulivo! Con questo atto voi siete responsabili della distruzione degli allevamenti italiani e padani. Siete inoltre responsabili delle cariche di polizia, alle quali oggi i lavoratori hanno risposto con il lancio di liquami; ma un tempo le forze di polizia si dovevano difendere dalle bombe molotov che voi gli lanciavate, cari signori!
Non vorremmo che questo significasse che, per far rispettare i propri diritti, si debba ricorrere alla violenza, come quella esercitata dalle forze dell'ordine che qui nel Lazio hanno anche proceduto al sequestro dei trattori; dei quali noi chiediamo


Pag. 69

il «dissequestro politico» e non giudiziario. Politico, come è stato il loro fermo!
La mafia si sta servendo di questo Parlamento per difendere i propri interessi: è una vergogna, paghino i ladri! Viva gli allevatori (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lembo. Ne ha facoltà.

ALBERTO LEMBO. Presidente, mi rivolgo in particolare ai componenti del Governo per segnalare un fatto del quale, probabilmente, non sono a conoscenza.
Questo è il primo decreto-legge che viene in aula per la conversione in legge essendo corredato - come lo è stato anche nel passaggio in Commissione - da un parere emesso dal nuovo organismo previsto dall'articolo 116-bis del regolamento della Camera, cioè dal cosiddetto Comitato paritetico per la legislazione, il quale è abilitato ad esprimere pareri sulla qualità dei provvedimenti e a dare indirizzi alla Commissione e all'Assemblea; tant'è vero che il provvedimento viene accompagnato da un parere di questo Comitato.
Il testo di questo decreto-legge - ripeto - è stato esaminato da questo Comitato. Ricordo che tale organismo è un Comitato paritetico costituito da otto deputati, dei quali quattro scelti fra i membri della maggioranza e quattro fra quelli della minoranza (delle minoranze, o delle opposizioni). Esso è presieduto da un autorevole parlamentare che fa parte della maggioranza.
Tale organismo, dopo aver esaminato approfonditamente, dettagliatamente e scrupolosamente - come è stato riconosciuto anche dai Cobas con un loro comunicato - il testo del disegno di legge di conversione, ha espresso all'unanimità (quindi, signori del Governo, anche con il voto dei rappresentanti della maggioranza) una valutazione molto critica sullo stesso. Ha affermato che il provvedimento risultava essere molto carente per alcuni aspetti formali e per alcuni aspetti sostanziali; non solo, ma si condizionava l'espressione di un parere favorevole su di esso al fatto che la Commissione intervenisse per modificare alcune parti del testo e per ovviare ad alcune palesi carenze in esso contenute. Vi era poi una serie di considerazioni che bollavano tale testo come un provvedimento tampone, inefficace per affrontare l'emergenza non tanto del momento, ma l'emergenza del decorso del tempo. Vi era quindi la necessità di affrontare anche la riforma della legge n. 468, la normativa esistente in materia. Il provvedimento veniva inoltre giudicato molto carente perché si parlava di una commissione di garanzia, della quale però non venivano definiti i limiti, i poteri e la portata; non solo, ma non vi era la possibilità di effettuare effettivi controlli sull'AIMA, che sappiamo bene quale «carrozzone» sia.
Venivano poi evidenziati ulteriori aspetti di notevole importanza come la sperequazione del prelievo riferito alle diverse annate di produzione e veniva rilevato - ciò è scritto nella relazione - che questo provvedimento codifica sperequazioni fra gli allevatori e fra i produttori, motivate unicamente dall'appartenenza territoriale degli stessi. Quindi, si sfonda o non si sfonda o, meglio, si è chiamati o meno a rispondere con il superprelievo - in parole povere, con la multa - a seconda che un produttore appartenga ad una regione o ad un'altra. Tutto ciò rappresenta un palese ed evidentissimo vizio di costituzionalità.
Questo parere si articola in due pagine ed è sottoscritto - lo ripeto - anche da quattro parlamentari della maggioranza. Ciò nonostante esso è stato totalmente disatteso dai rappresentanti della maggioranza presenti in Commissione agricoltura, su un chiaro mandato politico. Guidata dal suo presidente, la maggioranza della Commissione ha preso una decisione politica: ha disatteso questo parere e la valutazione molto critica del provvedimento in esso contenuta; ed ha ritenuto di andare avanti nel suo esame.


Pag. 70


Non mi meraviglio quindi se poi il ministro Pinto si appigli ad una fantomatica presenza di un numero tale di emendamenti da impedire la conversione del decreto-legge o se venga a raccontare altre amenità del genere. La maggioranza ha deciso di procedere con questo provvedimento profondamente carente e ingiusto, nonché assolutamente inadatto a risolvere la questione. È peraltro un provvedimento che si sovrappone a tanti altri emessi da questo Governo e che non risolve assolutamente la questione.
Come vedete, colleghi, sto parlando di questioni molto serie: non sono intervenuto nella discussione soltanto per utilizzare il tempo che mi spetta.
Cosa dobbiamo fare noi? Cosa devono fare gli allevatori, dei quali è presente una rappresentanza anche qui, che sono mobilitati questa sera e questa notte in giro per tutte le regioni particolarmente colpite? Cosa devono fare a fronte di un Governo e di una maggioranza che non ascoltano neanche le indicazioni di saggezza provenienti da un organismo di controllo come quello?

PRESIDENTE. Onorevole Lembo...!

ALBERTO LEMBO. Certo, Presidente, ho finito il tempo, ma ho concluso anche il mio ragionamento.
Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo cacciare via il ministro Pinto, evidentemente, per assoluta incapacità e tentare di rovesciare questa maggioranza, trovando qualche altra risposta possibile perché, se vi è un barlume di saggezza all'interno delle file della maggioranza, la ragion politica, il diritto del più forte, il diritto della maggioranza stessa e del Governo, fanno tacere anche questa voce.
Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.

FABIO CALZAVARA. Siamo qui per contestare, in maniera piuttosto ferma e dura, questo provvedimento che castiga gli onesti e premia i disonesti. Siamo qui anche per esprimere solidarietà agli allevatori che sono mobilitati in questa battaglia e che ci auguriamo stiano ascoltando le nostre parole attraverso Radio radicale che, anche grazie alla pressione esercitata dalla lega e da alcune persone democratiche, è riuscita a riottenere la concessione di questa importante e fondamentale trasmissione in diretta dei lavori parlamentari. Speriamo che ci stiano seguendo anche attraverso Radio padania, che si occupa con molta attenzione dei problemi degli allevatori e di altre situazioni che affronteremo.
Il problema degli allevatori è molto grave e sta per essere risolto in modo grave. Ma presto saranno all'attenzione i problemi dei vignaioli; in proposito sappiamo che esistono porcherie ancora più grosse, anche collegate all'UTIF ed alla giacenza di alcoolici e derivati. Sarà veramente una miscela esplosiva.
Oltre al provvedimento, noi contestiamo anche le modalità e le losche finalità che hanno caratterizzato questo dibattito con la richiesta di fiducia. La questione di fiducia è stata giustificata con argomentazioni incredibili, veramente assurde. Fino a qualche tempo fa era considerata ostruzionismo la presentazione di seimila emendamenti; qualche decina di emendamenti di sostanza viene considerata una forma di ostruzione e viene indicata come motivazione (ridicola, peraltro) della posizione della questione di fiducia. In realtà è ormai evidente a tutti - se n'è parlato a sufficienza - che il problema non è questo: l'obiettivo è coprire gli scandali e le vere ragioni delle scelte che sono state effettuate. Evidentemente si ha paura del voto palese e del confronto in aula; si ha paura della verità, la quale tuttavia traspare egualmente.
La verità è che con questo atteggiamento, con queste soluzioni si penalizzano i veri produttori, le persone oneste. La verità è anche che si vuole tentare di coprire le malefatte, le convenienze e le connivenze delle associazioni sindacali, che sono state sempre protette (oltre che


Pag. 71

foraggiate) dalla democrazia cristiana. Quest'ultima in realtà è ancora qui, sia pure con nomi diversi, e continua a difendere l'indifendibile.
Indifendibili sono la posizione della Federconsorzi ed i comportamenti dell'AIMA, ma anche la Coldiretti, la CIA, l'Unalat e così via. Noi ci auguriamo che la magistratura faccia il suo dovere fino in fondo, a cominciare dai responsabili dei vertici, i responsabili di quella piramide mafiosa che ha condotto alla vergogna che abbiamo sotto gli occhi.
La soluzione che è stata adottata è anche di carattere politico: è stata posta in essere da un sistema politico che nasconde le truffe vere e che purtroppo si adopera in tutti i modi per rubare ai poveri lavoratori onesti dando ai ricchi, alle ricche finanziarie, alle ricche burocrazie, ai ricchi apparati dello Stato.

PRESIDENTE. Il tempo, onorevole Calzavara.

FABIO CALZAVARA. Concludo, Presidente.
La lega nord per l'indipendenza della Padania dimostra con la sua ferma condanna di essere una vera opposizione. Ma dimostra anche - se ce ne fosse ancora bisogno - che l'Italia è divisa. Prendiamone atto (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questa disastrosa situazione nella quale - giova ripeterlo - era ben evidente l'inadempienza dell'Italia nei confronti degli obblighi comunitari, l'attuale Governo non ha ritenuto di adottare alcun provvedimento che rompesse con il passato, ma - per contro - ha proseguito peggiorandola l'opera già disastrosa dei governi precedenti, riuscendo nell'incredibile impresa di determinare un'ulteriore significativa riduzione delle possibilità dell'Italia di riuscire a dare decorosa applicazione al regime comunitario delle quote latte.
Non si può infatti dimenticare che, se il problema delle quote latte è da un anno e mezzo all'attenzione di questo Parlamento ed alla ribalta delle cronache, lo si deve esclusivamente al fatto che questo Governo, appena insediato, anziché impegnarsi per rimuovere i problemi del passato, si è limitato a riprendere il testo del decreto-legge n. 124 del 1996 ed a riproporlo conservandone gli aspetti più discutibili, con in più alcune modifiche sicuramente peggiorative e portatrici di effetti devastanti.
Da allora tutte le disposizioni emanate dal Governo in materia di quote latte sono state esclusivamente costituite da decreti-legge volti a tamponare ed a prorogare gli effetti delle disposizioni introdotte, con la riproposizione - in versione peggiorativa - del decaduto decreto n. 124 del 1996.
Mi riferisco in particolare agli effetti prodotti dalla riproposizione del taglio retroattivo delle quote per la campagna 1995-96 ed all'introduzione di nuove norme in materia di compensazione nazionale, che di fatto hanno esonerato vaste schiere di agricoltori ed ampie aree territoriali dall'obbligo di applicare i regolamenti comunitari. A seguito dell'introduzione di queste norme, peraltro tenacemente difese dall'attuale Governo (il quale, per giungere alla loro definitiva approvazione, ha reiterato per ben tre volte il decreto che le conteneva), l'applicazione delle quote latte è stata limitata alle sole aree di pianura delle regioni della Padania, mentre tutto il resto del paese è stato trasformato in una sorta di zona franca, in cui il problema dell'applicazione del regime delle quote latte non è stato neanche posto.
Gli effetti delle nuove regole in materia di compensazione sono noti a tutti: su circa 40 mila allevatori che nel periodo 1995-96 risultavano aver prodotto oltre la quota loro assegnata, meno di 15 mila (tutti concentrati in Padania) sono stati coloro a cui è stato imposto il pagamento delle sanzioni comunitarie. È altrettanto


Pag. 72

noto che una situazione analoga a quella ora descritta si è riprodotta anche nella successiva campagna 1996-97.
Un aspetto sconcertante che ritengo utile sottolineare nell'operato dell'attuale Governo è certamente ravvisabile nel fatto che esso ha applicato sanzioni a carico di un generico ristretto numero di allevatori, fingendo di fatto di operare in un contesto di corretta applicazione dei regolamenti comunitari. In pratica è come se questo Governo attraverso l'imposizione di sanzioni ad un numero ristretto di allevatori avesse voluto dimostrare alle autorità comunitarie di essere stato in grado di superare in un colpo solo i problemi derivanti sia dall'esistenza di evidenti elementi di contrasto tra la legislazione nazionale e quella comunitaria sia dalle gravi distorsioni dovute all'applicazione della legge n. 468 del 1992. Il solito gioco delle tre tavolette.
Evidentemente questo Governo, al pari di tutti quelli che lo hanno preceduto, intende continuare a dichiarare una produzione nazionale più elevata di quella effettiva, per continuare a fornire copertura a tutti coloro che trafficano con le quote di carta, con il latte importato e con il latte in polvere. Tuttavia tra questo Governo e quelli che lo hanno preceduto esiste una sostanziale differenza, in peggio: i Governi precedenti all'attuale hanno tutti ammesso più o meno esplicitamente di non aver applicato il regime delle quote; l'attuale Governo, per contro, si picca di applicare correttamente il regime delle quote e cerca di dimostrarlo ponendo in essere un sistema di compensazioni che riduce al minimo le aree del paese da sottoporre al pagamento delle multe. Ciò consente, da un lato, di fornire l'immagine di un paese che sanziona i produttori fuori quota, dall'altro, di mantenere in piedi un complesso sistema di privilegi per tutti coloro che operano nelle aree esonerate dal rispetto degli obblighi comunitari (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cavaliere. Ne ha facoltà.

ENRICO CAVALIERE. Presidente, vorrei ringraziare gli allevatori che, in segno di solidarietà nei confronti della nostra maratona oratoria, stanno mantenendo attivi i presidi in tutto il territorio della Padania e, ad ogni nostro intervento, bloccano le strade.
Il ministro, ponendo la questione di fiducia sul decreto-legge in esame, ha preso una «bufala» gigantesca. D'altra parte, il ministro si intende più di bufale campane che di frisone padane. Il ministro infatti appartiene ad un'area meridionale del PPI, ex democrazia cristiana, il partito della Coldiretti, il partito complice della gestione clientelare dell'agricoltura dello Stato italiano. Ricordiamo bene il grande scambio a causa del quale lo Stato italiano svendette la sua agricoltura in sede europea in cambio dell'assegnazione di quote superiori nel campo dell'industria siderurgica. Il risultato di questo baratto scellerato è bene rappresentato dall'insediamento siderurgico di Bagnoli, in Campania - signor ministro che non c'è - fallito miseramente dopo aver prodotto una montagna di miliardi di debito, cassa integrazione a tempo indeterminato e pesanti danni all'ambiente. Abbiamo pagato, pochi mesi fa, altre centinaia di miliardi per il recupero di quell'area; abbiamo pagato noi padani per la seconda volta: prima per costruire, poi per smantellare e ripulire. La camorra ringrazia, i padani no; anche perché questo Stato ha sempre sostenuto le cosiddette produzioni mediterranee. Ma la maggior parte della nostra realtà agricola presenta caratteristiche continentali: mais, soia, riso, foraggio, grano tenero e latte di vacca - signor ministro che ancora non c'è - non di cammello; latte di alta qualità prodotto da capi altamente selezionati, allevati in strutture all'avanguardia, costati il sacrificio di intere generazioni e tanti soldi; il futuro per i figli della nostra terra. E, guarda caso, le multe vengono caricate solo sugli allevatori veneti, lombardi, furlani,


Pag. 73

piemontesi, emiliani, romagnoli; in definitiva, gli allevatori padani, signor ministro che non c'è. Gli amici del ministro della Campania non pagano una lira; le regioni del sud, isole comprese, sono totalmente esentate dal superprelievo. Eppure la nostra, anzi la vostra amata e sacra Costituzione ancora prima dell'indivisibilità sancisce l'uguaglianza dei diritti sociali di tutti i cittadini (articolo 3), padani compresi.
Belle parole, nobili principi! Eppure - chissà perché...! - quando abbiamo visto i manganelli calare su quei lavoratori, quando abbiamo visto danneggiare senza motivo quei mezzi meccanici con le grandi ruote - ai quali ci siamo tutti affezionati - abbiamo avuto la conferma di quanto affermiamo con convinzione: questo Stato è oppressore ed opera con la violenza e l'arroganza tipiche degli Stati che hanno dimenticato che la loro stessa esistenza proviene dal popolo, unico soggetto titolare della sovranità. Il popolo è quello sui trattori, ma anche quello che, quando passa davanti ai presidi, suona il clacson in segno di solidarietà.
Mi resterà sempre impressa l'immagine di quel funzionario di polizia, impeccabile nel suo impermeabile di marca, con tanto di fascia tricolore, che a Vancimuglio comandava i suoi uomini in divisa che puntavano i lancialacrimogeni ad altezza d'uomo. D'altra parte, il nemico, gli allevatori pericolosi al punto da schierare 500 uomini e 4 blindati, erano lì a contrastarli. Non siate ridicoli, non è con la forza che risolverete il problema. Se cominciate ad usare la forza in modo così manifestamente arbitrario, il popolo vi spazzerà via in un secondo, vecchi residuati della vecchia democrazia cristiana che temete che si alzi il coperchio e dunque sia visibile il fondo putrido nel quale i vecchi ma sempre presenti responsabili politici si sono spartiti, insieme alle associazioni sindacali, la torta agricola, alla faccia dei lavoratori della terra.
Tutti i nodi, comunque, vengono al pettine. Mi riferisco, per esempio, ai censimenti pagati fior di miliardi alle società dei soliti padroni dell'Italia, il signor FIAT come sempre in prima fila; hanno certificato stalle virtuali, abitate da mucche fantasma, che si sono viste assegnare quote di produzione da convertire subito in moneta sonante pagata da chi, trovandosi in possesso di mucche vere, doveva comprare il diritto di mungere.
Tutto ciò ricorda molto un'altra vicenda che colpisce i nostri agricoltori padani, quella della distillazione obbligatoria.
Avete posto la questione di fiducia perché vi è stato il ricatto del PPI, questa volta, come quello di rifondazione comunista in altre occasioni; ciò per impedire che i pochi, chiarissimi emendamenti presentati dal gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania fossero posti in votazione.
Vergognatevi! I cittadini hanno già sfiduciato questo ministro. La maggioranza dovrà segnare questa sconfitta che si sommerà a quelle passate ed a quelle future, che le verranno inflitte non tanto da questo Parlamento imbavagliato quanto dalla società, la società padana (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Presidente, l'aspetto più paradossale della situazione nella quale ci troviamo, nell'ambito di questo dibattito, consiste nell'essere qui per l'ennesima volta, effettivamente in un'aula vuota, a cercare di rintracciare nell'atteggiamento del Governo un senso. Infatti, sono evidenti a tutti i parlamentari ed a tutti i cittadini i motivi per i quali gli allevatori stanno protestando da mesi in maniera sacrosanta, e questa evidenza ha trovato una riprova nei risultati della commissione Lecca.
La commissione di indagine, pur convocata in due momenti successivi, forse nell'intento di addomesticarla in qualche modo, giacché nel nostro paese le cose hanno sempre funzionato così, tentando sempre di tenere buoni quanti potevano


Pag. 74

essere funzionali al potere; ebbene, nonostante tutti questi tentativi, che sono falliti, i dati evidenti della truffa sono ormai a conoscenza di tutti. Eppure, noi siamo in questa sede, a mezzanotte, per l'ennesima volta, a fare questa recita perché ci troviamo di fronte ad un Governo arrogante, rappresentato in questo caso da un ministro che appartiene al secolo scorso, che rappresenta una figura di aristocratico potente, arrogante e prepotente nei confronti dei cittadini; un ministro che ha la sfacciataggine ed il comportamento gattopardesco tipico di una classe politica che ha caratterizzato negativamente il governo del paese. Ebbene, egli ha la faccia tosta di presentarsi in televisione e di rivolgersi anche agli agricoltori promettendo a destra ed a sinistra, e poi, con veri e propri agguati, di portare avanti in Parlamento un provvedimento sul quale inoltre ha posto la questione di fiducia, mentre il Parlamento aveva tutto il diritto di discutere il decreto-legge. Infatti, quando l'azione del Governo non si limita a questioni di natura amministrativa o che appaiono urgenti, si deve passare la palla al Parlamento.
Qui si parla di principi sacrosanti, di giustizia, di correttezza nei confronti dei cittadini; e ciò è evidente a tutti. Allora, si è presa la scusa degli emendamenti, che non esistevano; si è presa la scusa del fatto che la Comunità europea ci chiamava ad adempiere a tale compito, quando ciò non è vero, considerato che la Comunità europea ci ha già richiamato per il nostro comportamento.
Si è addirittura rifiutata la valutazione compiuta dal Comitato per la legislazione, organismo nuovo, creato ad arte, ma che, come al solito, avrà come unico risultato quello di confondere ulteriormente le idee, di essere solo uno strumento formale che di fatto non viene poi rispettato. Ebbene, il Comitato aveva posto condizioni chiare e precise senza il rispetto delle quali il provvedimento in esame non avrebbe dovuto avere il via libera da parte del Parlamento.
Tutto ciò alla fine rappresenta solo una facciata, giacché qui si parla di forma, mentre le decisioni vengono prese fuori di quest'aula. E ciò - l'ho detto altre volte - è vergognoso, è l'aspetto più vergognoso che caratterizza la sopravvivenza penosa di questa democrazia.
Dunque, si è venuti qui a porre la questione di fiducia, evidentemente per ridurre al silenzio quelle persone che all'interno della maggioranza logicamente si rendono conto che questo è un grave affronto, una ferita difficile da rimarginare soprattutto nei confronti dei cittadini, che hanno sempre più presente la delegittimazione del Parlamento.
Allora, qual è il significato politico vero dell'atteggiamento del Governo e della maggioranza? È quello di rendere evidente a chiunque non l'avesse ancora capito appieno, una volta per tutte, che qui non si dà il buon esempio, non si parla di giustizia, non si esaminano i problemi nei loro veri contenuti, ma si vuole dare solo un segnale di forza che non tiene conto in alcun modo delle giuste aspirazioni e rivendicazioni dei cittadini.
Quello che sta facendo questo Governo è un braccio di ferro, specie nei confronti della Padania, che questi allevatori, in particolar modo, rappresentano.
È pertanto un segnale politico forte, al quale noi però risponderemo con forza ancora maggiore, agitando la folla e le piazze, facendo ancora più rumore di quello che abbiamo fatto fino ad oggi, perché su questo si gioca la partita. Se acconsentiamo a che il Governo travalichi questo ulteriore limite, che non è giustificato da alcuna motivazione concreta, non avremo più scampo, diventeremmo veramente degli schiavi e questo noi non lo vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, parto dalla considerazione che le


Pag. 75

cose sono come si vedono. Se allora le cose sono come si vedono, ricordo che nel 1997 sono andato a Torino e mi sono trovato di fronte alla polizia. Parlai con gli allevatori e qualche tempo dopo mi sono recato in un altro luogo, a Vancimuglio ad augurare buon Natale a persone che vedevo avere i calli sulle mani, che lavoravano sodo; magari ero lì con il marito mentre la moglie era nella stalla per fare il proprio dovere.
Ebbene, ritornando qui su Marte (mentre là ero in Padania), sentivo alcuni colleghi dirmi: «Sì, avranno anche ragione, ma avranno rubato anche loro». Queste espressioni mi hanno colpito, perché non potevo pensare che le persone che avevo visto e che avevo difeso fossero dei ladri.
Ho cominciato allora a guardarmi in giro, a riflettere e a domandarmi chi fosse che rubava effettivamente e dato che nella nebbia di questi palazzi le cose vengono dette sempre in una certa maniera, ho iniziato a pensare che forse proprio qui, in questo posto dove si commercia tutto quello che passa in questa Italia perduta, erano i grandi ladri.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 23,55)

GIACOMO CHIAPPORI. Mi sono chiesto allora che cosa ci stessero a fare l'Unalat, l'AIMA, la Coldiretti, la Confagricoltura, la CIA, chi aveva gestito nel passato, chi gestisce oggi e dà dei ladri a gente che lavora tutti i giorni per portare a casa la pagnotta e pagare i debiti che ha fatto perché qualcuno le ha detto che le quote erano giuste. Qualcuno aveva mandato a costoro dei bollettini e gli ha detto: «Lavora perché lavorando forse ne avrai un ritorno, potrai avere un beneficio. Dai, lavora!» Questo mentre i veri ladri erano coloro che mangiavano sulle spalle di questa gente.
Questa è la verità che ho sempre difeso nella mia vita. È per questo che sono incazzato. So, onorevole Nesi, che queste parole non suonano bene alle sue orecchie, ma è vero che è l'ora di finirla con l'ipocrisia, con il parlare bene per poi fare quello che si sta facendo, cioè contrastare persone che lavorano dalla mattina alla sera dicendo in queste aule che sono anche loro dei ladri. No, loro non sono dei ladri! I ladri sono quelli che hanno dato loro le quote sbagliate e che hanno mangiato sulla loro schiena: Confagricoltura, Coldiretti, funzionari che non hanno fatto il loro dovere e che oggi, per paura di pagare il conto per l'Europa, continuano a fare quello che è stato fatto in quest'aula, vengono qui e indicano a discarico emendamenti che non ci sono dicendo: «Non ce la facciamo, mancano i tempi».
Non è vero. Questo provvedimento poteva essere modificato da questa Camera, andare al Senato e ritornare qui in seconda lettura. I tempi c'erano. In questo Parlamento, infatti, signor ministro, si deve discutere sugli emendamenti e su questioni serie e lei non ha potuto farlo perché nei banchi della maggioranza, forse, non sono tutti legati al passato. Forse c'è qualcuno che del passato non ricorda niente perché non c'era ed avrebbe votato - perché è anche padano - contro questo decreto che avete formulato e che non ha alcun riscontro nella realtà. Allora, avreste dovuto votare a favore di emendamenti veri e questa sera abbiamo dei rappresentanti che poco tempo fa, ore, minuti fa, nei corridoi mi hanno detto: «È vero, hai ragione, sotto queste cose c'è ben altro».
Credo allora che dobbiamo ricordarci - forse non dovrei dirlo perché sono totalmente a difesa di quella parte dell'Italia che paga e non abbiatevene a male voi che venite dal sud - che le quote vengono pagate solo da una parte, mentre non si pagano dall'altra, così come è vero che ci sono prefetti, questori, segretari comunali che sono tutti di una parte e non dell'altra (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...


Pag. 76

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Chiappori.

GIACOMO CHIAPPORI. ...come è vero che ci sono insegnanti tutti di una parte e non dell'altra. È vero anche questo.
Voi, allora, non dovete offendervi quando diciamo che questo Stato, questo Governo, paga...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro (per la verità non posso rivolgermi al ministro, perché è presente solo un sottosegretario per i lavori pubblici, che penso non abbia nulla a che fare con le quote latte; visto però che questo Governo ne combina di tutti i colori, accettiamolo!) da oltre un anno si sta combattendo fino alla nausea in quest'aula la lunga battaglia contro il decreto sulle quote latte, che fa riferimento al lontano 1993, anno in cui la Comunità europea stabilisce appunto il regime delle quote latte, e l'Italia opta per il regime individuale per l'attribuzione delle quote stesse.
Nel 1985 il ministro dell'agricoltura commissiona all'AIMA il compito di gestire la produzione lattiera. Dopo due anni arrivano i dati: costo 16 miliardi. Siamo nel 1987 e qui cominciano le comiche. Viene stipulata una convezione Unalat-AIMA per attribuire altri controlli nel settore della produzione lattiero-casearia, con un costo di 20 miliardi, i cui dati, però, non sono mai stati resi pubblici.
Accenno alle comiche per non meglio spiegare. Iniziano le truffe, le ruberie, le punizioni per le categorie che lavorano. Si prendono in giro i produttori. Il ministro si rifiuta categoricamente di accettare un dialogo per salvaguardare il mondo agricolo, nonché di accogliere emendamenti presentati dalla lega nord; si rifiuta inoltre di trattare con gli allevatori. In parole povere, il ministro se ne frega degli allevatori, di tutto il mondo agricolo, dei danni che il nostro paese può subire.
Come vede, signor ministro, non è che me la prenda con lei, ma è ovvio che sono direttive truffaldine quelle che le vengono impartite. Lei è il primo attore di una compagnia che ogni qualvolta si esibisce commette delle gaffe o, per meglio dire, delle truffe ai danni dei lavoratori e degli onesti agricoltori.
Come lei sa, signor ministro, però, in tutte le compagnie teatrali quando non si ha il coraggio e non si è all'altezza di recitare una commedia con dignità, di solito, chi fallisce in prima persona, il primo attore viene licenziato, viene annientato. Bisogna avere il coraggio e la forza di dare le dimissioni. Nelle aziende private, nelle ditte serie, quando si commettono delle truffe, dei madornali errori voluti, il responsabile dà le dimissioni o si licenzia.
Lei, signor ministro, che a mio avviso non è in grado di dirci quanto costa un litro di latte, visto che è in un'azienda privata e non in un carrozzone di attori impazziti che si permettono di prendere per i fondelli gli allevatori che lavorano, la prego, vada a fare il ministro in un paese del terzo mondo, dove si troverà a suo agio e dove troverà un lavoro degno del suo mandato. Vada tranquillo, signor ministro: per un crimine come quello connesso ai danni degli allevatori padani, si vedrebbe costretto a correre nudo nella savana rincorso da cannibali che le farebbero volentieri la festa, cercando di mungerla per vendicare le vacche padane (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciapusci. Ne ha facoltà.

ELENA CIAPUSCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pochi vista l'ora...

NICOLA BONO. Ma buoni!

PRESIDENTE. Si accontenti, onorevole Ciapusci!


Pag. 77

ELENA CIAPUSCI. ...onorevole sottosegretario Albertini - ma adesso è giunto anche un suo collega -, nel vostro errare non sapevate dove andare e vi hanno detto di venire in aula e di degnarci della vostra comprensione nella vostra incompetenza ed ignoranza nel settore.
Sono state fatte indagini che hanno accertato responsabilità e connivenze, oltre ad una cattiva gestione delle politiche comunitarie, ad opera dei precedenti governi. Il decreto n. 411 del 1997, recante misure urgenti per gli accertamenti in materia di produzione lattiera, a detta della maggioranza rappresenta un valido passo in avanti, che comporta un rimborso pari a circa 1.100 miliardi di lire a fronte dei 3 mila 620 miliardi che gli agricoltori sono chiamati per colpa del nostro Governo a pagare.
Sappiamo tutti che questa cifra non sana tutte le esigenze e le richieste degli agricoltori per le quote latte. Si crede che, zittendo qualcuno o distribuendo qualche briciola, si possa far rientrare la protesta che gli allevatori stanno giustamente portando avanti da un anno.
Vorrei ricordare un altro provvedimento approvato da quest'Assemblea e, soprattutto, dalla maggioranza. Mi riferisco a quello che ha soccorso la Sicilcassa: allora i miliardi erano parecchi di più. Avete regalato ad un istituto di credito migliaia di miliardi e tutti sappiamo che quegli istituti non ne hanno bisogno, perché godono di una legislazione già abbastanza favorevole, che assicura una posizione di monopolio.
In quella occasione si disse che occorreva evitare il rischio del licenziamento dei dipendenti dell'istituto. Uno sconcio analogo favorì anche il Banco di Napoli, ma mi pare che allora i miliardi invece di 9 mila furono 12 mila.
A parte il fatto che si sono regalati ai soliti mafiosi i miliardi dei contribuenti padani, voglio evidenziare soprattutto agli agricoltori il metodo e l'impostazione di questo Governo, sostenuto da una maggioranza comunista: i dipendenti delle banche sono lavoratori, voi agricoltori no!
La chiusura delle aziende agricole creerà una disoccupazione ben maggiore di quella di qualche istituto bancario, ma gli agricoltori, così come i commercianti e gli artigiani, lavorano in proprio e non dipendono dalle fabbriche, quindi non hanno diritti. Soprattutto non hanno più i sindacati di riferimento, gestibili dalla triplice e quindi da questa maggioranza, da questo Governo.
Ecco perché in Italia si fanno pagare gli errori dei dirigenti degli istituti bancari ai contribuenti padani, che sono gli unici che pagano le tasse! Gli sbagli dei governanti vengono fatti pagare adesso agli agricoltori e in seguito anche alle altre categorie.
La Coldiretti viene invitata a parlamentare con il PPI, mentre i Cobas si massacrano nelle loro tende e vengono accusati di blocchi stradali a Roma, che invece sono imputabili alle Forze di polizia! Sulla scorta di ordinanze «notturne» di cui nessuno è a conoscenza vengono sequestrati i trattori che sono per loro uno strumento di lavoro!
Adesso è il momento degli agricoltori per le quote latte, poi sarà il turno degli autotrasportatori perché l'illecito del bonus fiscale - commesso anch'esso da questo Governo - verrà penalizzato dall'Unione europea fra pochi giorni.
La lotta che gli agricoltori stanno conducendo non è loro personale, è di più: è lotta per la loro sopravvivenza ed è per tutti la chiave di lettura delle posizioni di questo Governo e di questa maggioranza e della considerazione che hanno per i cittadini lavoratori autonomi di questo paese.
Ve la siete presa prima con gli agricoltori ed i commercianti, poi ve la prenderete pure con gli artigiani! Non voglio togliere nulla agli operai delle fabbriche che ingenuamente si trovano imbavagliati, inconsciamente convinti...

PRESIDENTE. Onorevole Ciapusci, il tempo a sua disposizione è terminato.


Pag. 78

ELENA CIAPUSCI. Concludo, Presidente.
Convinti che i soldi trattenuti dalle loro paghe servano per difendere i loro interessi: assurdità!
Questo Governo è sicuro che basteranno i voti degli operai ignari ed ingannati a mantenerlo al potere (che non sa gestire). La sua incapacità sfocia in mancanza di democrazia: quindi usa il manganello tricolore contro i lavoratori autonomi e distrugge le loro capacità economiche!
Onorevole Prodi, pare di capire che il suo Governo è orientato a seguire i passi di Fidel Castro...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ciapusci.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Presidente, mi corre l'obbligo di sottolineare che il mio collegio elettorale è - guarda caso - proprio quello di Vancimuglio: ne vado fiero e saluto quanti mi stanno ascoltando dalla diretta di Radio radicale.
Ricollegandomi al passaggio del collega Gnaga, che come sempre ha esposto in maniera precisa le proprie ragioni, ricordo che noi della lega siamo popolani e popolari (s'intenda bene il senso di popolari!): facciamo tutti parte della gente comune e ne andiamo fieri. Cerchiamo in quest'aula di rappresentarla nella maniera più dignitosa possibile, anche se nella foga talora ci si lascia prendere la mano.
Tornando all'argomento per il quale ho preso la parola...
Presidente, capisco che la conversazione con la persona che le è a fianco è più interessante. È tardi anche per noi, Presidente!

PRESIDENTE. Era per l'Ufficio di Presidenza, onorevole Vascon. Comunque l'ascolto: l'ascoltano i suoi elettori di là dal suo paese, immagini se non l'ascolto io!

LUIGINO VASCON. Allora sarei andato a parlare sul posto! Io però sono abituato a fare una cosa per volta, signor Presidente! Abbia la compiacenza di ascoltare anche questi padani con le scarpe infangate!
Se si parla di fiducia, le ricordo la pubblicità di un formaggio: la fiducia è una cosa seria! Ferrari, tu e la tua bella Coldiretti! È una cosa seria la fiducia: ridi, ridi!
Con la posizione della questione di fiducia, si è resa evidente la mancanza di volontà politica di giungere ad un confronto democratico nel corso del dibattito parlamentare.
Il ricorso al voto di fiducia dimostra che in quest'aula aleggia una grande paura, diciamocelo senza tanto balbettare, la paura che si rompa il giocattolo dell'Ulivo nella maggioranza! Questa è la verità, altro che gli emendamenti! Non erano 6 mila o 65 mila, erano appena 31 o 41!
Una simile posizione politica dimostra un intento di coercizione nei confronti dei singoli parlamentari, ai quali si limita l'esercizio del mandato che è stato loro conferito. Qui si impone la ragione di Stato! Per quale motivo? È evidente: per coprire le malefatte del Governo, proprio in appoggio alle associazioni di categoria.
Il Governo, attuando una politica di facciata, ha dato vita alla giostra delle comparse. Addirittura a Natale qualcuno è andato nei presidi dei Cobas in pellegrinaggio: sembravano i re magi, ma non portavano doni, solo promesse a vuoto! Sempre questo Governo, attraverso i suoi rappresentanti, ha ricevuto a palazzo gli agricoltori, in lunghe audizioni, che io definisco perditempo, e quindi li ha presi in giro ancora una volta. Ritengo personalmente, ma credo che ciò sia condiviso da parecchi colleghi, che questa sia una forma di irresponsabilità nei confronti dei lavoratori autonomi, produttori di un genere di consumo insostituibile, per qualità, genuinità, sussistenza primaria e secondaria medesima.
Comunque, anche questo comparto, come tanti altri, entrerà in Europa purtroppo dalla porta di servizio, con il


Pag. 79

cappello in mano; non solo questo, anche altri, ma questo è il primo della fila.
Così facendo è palese la volontà totale di copertura da parte di questo Governo di tutto il pregresso e delle persone coinvolte, guarda caso molte delle quali stanno sedute proprio tra i banchi di questo Parlamento, belli abbronzati, che ridono e sorridono.
Avrei piacere che tutta la gente - con tutta intendo dal Brennero a Pantelleria - sappia che proprio in questi giorni in Italia si sta sempre più sviluppando e coprendo una Tangentopoli, o meglio la Tangentopoli del latte; questo Governo, come gli altri che lo hanno preceduto...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Vascon.

LUIGINO VASCON. Non ha avuto il coraggio di scoperchiare la pentola. E se anche questa malefatta resterà impunita, il Governo Prodi...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Copercini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI COPERCINI. Signor Presidente, nel breve lasso di tempo a mia disposizione non vorrei esprimere delle considerazioni prettamente tecniche o di settore, sulle quali penso si sia già parlato per lungo tempo da parte di persone più autorevoli e preparate. Da quando calco queste aule parlamentari, l'argomento delle quote latte e del riassetto del settore lattiero-caseario è stato affrontato un numero di volte tale che, giocoforza, anche una persona con scarsa propensione e preparazione in materia ha dovuto apprenderlo.
Il senatore Pinto, che ora occupa lo scanno di un Ministero che non dovrebbe più esistere, penso abbia più esperienza di me e se non altro il suo comportamento a livello governativo al giorno d'oggi manifesta un nervosismo che risulta crescente ogni qualvolta il provvedimento passa da queste parti, un nervosismo che sente perché probabilmente anche lui si è accorto che il problema non è in grado di risolverlo, né il Governo e la maggioranza intendono risolverlo.
Nel 1994 - il sottosegretario Vigevani si ricorderà - il problema era arcinoto, ancora prima che il nostro coraggioso Primo ministro ordinasse (coraggiosamente, appunto) l'inchiesta Lecca, che ha messo in luce delle cose che noi sapevamo benissimo e proprio noi della lega nord per l'indipendenza della Padania avevamo fatto in modo che venisse istituita la Commissione parlamentare sull'AIMA e avevamo presentato delle denunce circostanziate anche riguardo alla vicenda Federconsorzi. Con queste denunce e grazie alla Commissione che fu istituita fu svelato ai più, a tutti, una commistione tra apparati dello Stato, ministeri ed associazioni professionali; era stato reso evidente questo connubio che tutt'oggi non si vuole dare in pasto alla pubblica opinione. Infatti, ancora adesso i tabulati che or ora il nostro collega Ferrari stava esaminando non sono noti agli allevatori che si trovano nei presidi lungo le nostre strade e ferrovie del nord; nonostante una mia precisa richiesta al Presidente Violante, questi documenti risultano ancora segretati, con una dubbia interpretazione della legge sulla privacy, mentre in un qualsiasi altro paese del mondo essi sarebbero stati forniti, acciocché si potesse vedere come questo connubio tra alta burocrazia dello Stato ed associazioni di categoria abbia colpito un settore tanto da portarlo all'orlo del tracollo. Eppure, questi elenchi di aziende inesistenti, di aziende che passavano le famose quote di carta e quant'altro, erano a conoscenza - ripeto, già nel 1994 - di vari nuclei della Guardia di finanza, erano in possesso dei ministeri; in qualche commissione d'inchiesta, non in quella specifica, essi giravano per questioni collaterali. Non dimentichiamoci che il quarto produttore di latte in Italia (ho compiuto una ricerca personale in questi giorni) è un finanziatore...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pirovano. Ne ha facoltà.


Pag. 80

ETTORE PIROVANO. Signor Presidente, signori colleghi, rappresentati del Governo, signor ministro dell'agricoltura del sud (assente), penso che ormai tutte le persone che hanno un quoziente intellettivo almeno uguale a quello di una vacca abbiano capito che la questione quote latte è una gigantesca truffa...

PRESIDENTE. Il problema è vedere chi stabilisce questo quoziente!

ETTORE PIROVANO. ...di migliaia di miliardi ai danni degli agricoltori padani. I truffatori, riuniti in associazione a delinquere, sono sul punto di essere definitivamente smascherati; dico definitivamente perché, sebbene identificati alla luce di fatti inequivocabili o di omissioni gravissime, ad oggi una completa ed ufficiale ricostruzione non esiste.
Da quattordici anni i regimi che hanno condizionato questa penisola...

PRESIDENTE. Onorevole collega, lei è seduto o è in piedi? Se è seduto, cortesemente si alzi; se è in piedi, vuol dire che io ho una dimensione un po' bislacca di come...

ETTORE PIROVANO. La ringrazio, signor Presidente.

GIANPAOLO DOZZO. Questa è una cattiveria (Si ride)!

PRESIDENTE. Non è una cattiveria. Davvero penso sia seduto sullo scanno; glielo chiedo, per correttezza. Se non è così, non c'è problema. Le chiedo scusa.
Bene, prosegua pure.

ETTORE PIROVANO. La ringrazio, è veramente una persona squisita. Comunque, ho fatto il corso ufficiali, signor Presidente (Applausi).

PRESIDENTE. Ci sono tanti gradi, dalla cavalleria a tanto altro!
Comunque, vada avanti. Grazie.

ETTORE PIROVANO. L'altezza deve essere sempre superiore a quella del re (Applausi - Si ride)!

PRESIDENTE. Per fortuna siamo in un'epoca repubblicana.

ETTORE PIROVANO. Ma questa regola è tuttora in vigore.
Da quattordici anni i regimi che hanno condizionato questa penisola hanno creato o consentito che nascesse una sequela di enti ed associazioni a presunta tutela dell'agricoltura e quindi dei produttori di latte: presidenti, vicepresidenti, segretari, vicesegretari, consigli di amministrazione, tesseramenti di decine di migliaia di agricoltori, in larga maggioranza in buona fede, e lavoratori veri; miliardi a camionate, gestiti dalla politica più lercia ed opportunista.
Chi ruba soldi altrui è ladro, chi ruba la fiducia di chi rappresenta è marcio; chi ruba l'una e l'altra cosa non è degno della razza umana, ma chi, investito dalla sua gente a rappresentarla qui in Parlamento, tace o subisce vigliaccamente le logiche democristiane trasferite nell'Ulivo è molto peggio oppure è cretino.
In entrambe le opzioni i suoi elettori dovrebbero lapidarlo, ma poiché è illegale, almeno bandirlo e umiliarlo. In quest'aula il 20 gennaio 1998, Presidente di turno l'onorevole Acquarone, che ha brillato per la sua assenza istituzionale, un deputato di alleanza nazionale, commentando l'intervento del collega onorevole Calzavara ha potuto affermare, senza essere ripreso dall'onorevole Acquarone: «L'onorevole Calzavara dice bestemmie e bestialità», aggiungendo «Sei un imbecille». Acquisendo come precedente di riferimento questo fatto mi sento in diritto di affermare che mantenere in essere il principio di sostituto di imposta, che consente di privare liberi imprenditori agricoli dei loro capitali, lecitamente acquisiti producendo latte, è una bestemmia contro la libertà ed una bestialità che nemmeno Lenin avrebbe concepito. Aggiungo anche che dare dell'imbecille a coloro che consentono a tutto ciò di continuare impunemente è troppo poco.


Pag. 81


Questa è mafia, è sputare in faccia a chi lavora e mantiene questo Stato fallimentare. Tutto ciò è indegno, e lo sapete colleghi della maggioranza. L'unica soddisfazione è costituita dalla presa di coscienza degli agricoltori, che vi sfuggono dalle mani ad ogni tessera Coldiretti stracciata. Non riuscirete più a plagiarli. La svolta è irreversibile e le segrete promesse di candidature politiche ai capi dei Cobas potrebbero al massimo procurarvi qualche getto di letame. La gente del nord è viva e se ne sta rendendo conto sempre di più. Si sta svegliando e state attenti perché i contadini, magari molto lentamente, quando capiscono da dove tira il vento non li smuove più nessuno. E dietro di loro c'è tutto il nord. L'ho già detto in quest'aula, ma voglio ancora riferirvi un motto dei contadini della mia terra: si può imbrogliare tanta gente per poco tempo, si può imbrogliare poca gente per tanto tempo, ma non si può imbrogliare tanta gente per tanto tempo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dalla Rosa. Ne ha facoltà.

FIORENZO DALLA ROSA. Signor Presidente, signori colleghi, questa vicenda delle quote latte, se non fosse per la drammaticità nella quale possono piombare migliaia di famiglie di allevatori, si potrebbe definire la classica commedia all'italiana. Anzi, potrebbe essere definita una tragica commedia napoletana. Su questa storia, che risale al lontano 1984, pesanti sono le responsabilità storiche che ricadono sulla democrazia cristiana che ha sempre mal gestito l'agricoltura italiana. Anche quest'ultimo Governo, retto e diretto da un democristiano non si è smentito, affidando ancora una volta le sorti dell'agricoltura ad un altro democristiano. Perché chiedere la fiducia su questo provvedimento? Sappiamo tutti che questa è stata una decisione assolutamente ingiustificata. Fino ad oggi Prodi ed i suoi accoliti hanno sempre cercato di giustificare il ricorso alla fiducia, chiesta ormai decine di volte in questa legislatura, con il fatto che le opposizioni presentavano troppi emendamenti. Ma come la mettiamo oggi, colleghi, rispetto al fatto che proprio su questo provvedimento le opposizioni si sono comportate in maniera propositiva, limitando al massimo gli emendamenti? Certo, fa molto pensare il fatto che ieri sera il ministro Pinto non sapesse nemmeno quanti fossero in realtà gli emendamenti rimasti dopo che la maggior parte di essi era stata ritirata proprio per non prestare il fianco a banalità varie che potessero in qualche modo giustificare il ricorso al voto di fiducia da parte del Governo. Ma, come si è visto, tutto ciò non è servito a nulla, se non a far cadere la maschera dietro alla quale si è finora nascosto questo Governo.
La volontà di Prodi è quella di bloccare qualsiasi tentativo di miglioramento del provvedimento e di strangolare gli allevatori. È evidente che ciò è anche servito a nascondere quello che ormai tutti sanno e cioè che la fiducia serve solo a nascondere le crepe sempre più vistose che emergono dalle varie anime dell'Ulivo. Quindi anche in questo caso, con un cinismo senza pari, si è voluto anteporre basse manovre politiche alle legittime esigenze degli allevatori. È questa una colossale vergogna, una pagina nefanda di questo Parlamento. Questi allevatori sono stati prima manganellati dalla polizia mandata da Napolitano ed ora sono stati bastonati per l'ennesima volta dalla coppia Prodi-Pinto.
Quelle che restano da fare a questo Governo sono solo due cose: restituire tutti i soldi degli allevatori agli allevatori e dimettere immediatamente il ministro Pinto.
Ma, dovendo fare la mia dichiarazione di voto sugli ordini del giorno presentati, non posso che esprimere un parere favorevole laddove in essi si chiede l'impegno del Governo a presentare al Parlamento il progetto di riforma della legge n. 468 del 1992 entro e non oltre il mese di febbraio, permettendo così agli allevatori di programmare la propria produzione; laddove si impegna il Governo a riformare completamente


Pag. 82

l'AIMA, sia per l'efficacia dei controlli, sia per la qualità delle prestazioni pubbliche, sia per la necessità di svecchiare gli strumenti istituzionali in materia agroalimentare (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, non c'è il ministro Pinto, ma considerata la querelle di ieri sera tra me e il ministro per quanto riguarda il numero degli emendamenti (fino a poche ore fa il ministro ancora non sapeva di preciso quanti fossero gli emendamenti rimasti ed ha fornito per l'ennesima volta un dato sbagliato), vorrei ricordare che il totale degli emendamenti rimasti era 31. Probabilmente il ministro Pinto non sa ancora - eppure sono parecchi anni che calca le aule parlamentari - che gli emendamenti con l'asterisco sono identici e che quindi sono posti in votazione insieme. Purtroppo questo il ministro ancora non lo sa e figuriamoci cosa possa sapere questo ministro - che non conosce neppure i regolamenti parlamentari - delle quote latte.
Per quanto riguarda il complesso degli ordini del giorno, poiché il ministro Pinto ha espresso parere favorevole sull'ordine del giorno Caveri e Brugger, vorrei chiedere al sottosegretario Vita cosa si intenda con le parole «elaborare i dati produttivi tenendo conto della razza allevata, della zona altimetrica degli allevamenti e della pratica dell'alpeggio solo per la regione Valle d'Aosta e per le province di Trento e Bolzano». Signor sottosegretario, non so se lei sappia qualcosa delle quote latte; molto probabilmente al suo posto il sottosegretario per l'agricoltura Borroni avrebbe tentato di rispondermi, anche perché è molto difficile prevedere una norma solo per tre zone del paese. E gli altri? Non è che sulle altre regioni vi sia un'unica razza di vacche da latte. Non capisco dunque questa disparità di trattamento tra i produttori della Valle d'Aosta, di Trento e di Bolzano e quelli delle altre regioni. Eppure il ministro Pinto, da par suo, ha espresso un parere favorevole.
Si sta realizzando la riforma della legge n. 468 ed il ministro Pinto impegna il Governo per far sì che vi siano ancora disparità di trattamento tra i vari allevatori. Non ha voluto tenere conto delle indicazioni contenute nei nostri ordini del giorno, che andavano verso un chiarimento delle attuali normative del settore lattiero-caseario. Mi chiedo allora perché il ministro Pinto - e naturalmente i suoi uffici legislativi - continuino a perseverare su questa via. Hanno iniziato ad agosto 1996 con il decreto-legge n. 440 per poi proseguire con i decreti nn. 552, 642, 11 del 1997 e via discorrendo (non ricordo più quanti decreti abbia varato questo Governo sulle quote latte). Ebbene, in ognuno di questi decreti vi era qualche proposta, qualche iniziativa in più per complicare il settore lattiero-caseario. Mi chiedo perché non si voglia effettivamente porre fine a tutta questa vicenda, che ha sollevato le proteste - non solo in quest'anno ma da parecchi anni - dei veri produttori (e sappiamo tutti quanti le conseguenze che questi produttori hanno subito). Mi chiedo perché si voglia continuare a perseverare su questa strada. Tutti dicono che c'è la volontà di risolvere il problema, che però rimane ancora lì. Ancora a tutt'oggi non sappiamo - torno a ripeterlo per la centesima volta in quest'aula - quanta sia la reale produzione, perché è il dato oggettivo da cui partire, in quanto se dobbiamo imputare delle multe dobbiamo conoscerne i motivi. Certi tipi di compensazioni sono stati eliminati da alcuni decreti ed altri tipi di compensazione sono stati aggiunti da altri decreti. Fatto sta che a tutt'oggi, al 23 gennaio, ci ritroviamo ancora con i problemi irrisolti.
Mi chiedo allora perché il ministro Pinto abbia ancora una volta respinto tutte le nostre richieste, o meglio, anche rispetto agli ordini del giorno presentati da colleghi di altri gruppi, abbia tentato di proporre diverse formulazioni ...


Pag. 83

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, dovrebbe concludere.

GIANPAOLO DOZZO. Termino subito, mi lasci finire il discorso.

PRESIDENTE. Non dipende da me, se ognuno volesse finire il discorso ...

GUIDO DUSSIN. Gli cedo un minuto!

PRESIDENTE. Va bene, onorevole Guido Dussin. Prosegua pure onorevole Dozzo.

GIANPAOLO DOZZO. Ringrazio il collega. Mi chiedo perché il ministro Pinto abbia chiesto di modificare le parole di alcuni ordini del giorno: per esempio, sostituendo l'espressione «con il massimo rigore» con le parole «la dovuta attenzione». Qui siamo all'esasperazione del ministro Pinto nei nostri confronti.
Signor Presidente, ancora una volta in quest'aula si è perpetrato un delitto: un delitto contro l'agricoltura, contro i produttori e in special modo contro i produttori padani (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Oggi si restituiscono alcuni dei soldi sottratti in queste annate agli agricoltori; soldi che sono stati momentaneamente espropriati dal Governo dell'Ulivo, dal Governo della sinistra. Questo Governo ha sottratto dei soldi agli agricoltori, che in questo periodo hanno sofferto sia fisicamente soprattutto economicamente. Queste aziende non hanno avuto la possibilità di onorare gli impegni, i contratti con i fornitori delle stalle, che avrebbero dovuto essere sistemate in questo periodo.
La domanda che avrei voluto fare al ministro Pinto - che non c'è e che comunque è stato assente in questi due anni - per quanto riguarda il provvedimento è la seguente: chi risarcirà i danni subiti dalle aziende in questo periodo? Mancano dei soldi, che sono stati sottratti per un certo periodo. Chi restituirà il valore del tempo perso da parte di quegli agricoltori che sono stati costretti a scendere nelle piazze? Gente che non è mai stata abituata ...

LUIGI OCCHIONERO. Si sono riposati!

GUIDO DUSSIN. Tu dici che si sono riposati, ma andiamo a dirlo a casa, tu che sei dell'Ulivo! Certe battute potete risparmiarvele! Te lo dico francamente perché l'anno scorso tutti quanti noi eravamo assieme agli agricoltori sul Brennero a protestare contro l'invasione del latte che proveniva dall'Europa; quel latte che, ad esempio, non si vuole colorare se è in polvere, quel latte del quale dalle nostre parti non è mai stata accertata la produzione. Eravamo presenti negli aeroporti e nelle città. Quest'anno abbiamo visto il comportamento dell'apparato repressivo governativo, da poco trasformatosi in filocomunista, della polizia agire nelle città e in particolar modo nei presidi. Quest'anno ero presente quando il vicequestore di Treviso ha sottratto il portafoglio ad un agricoltore inerme che non aveva commesso nulla contro l'ordine pubblico; tutto questo dopo un duplice tentativo, con aggressione da parte dello stesso vicequestore. Io l'ho visto ed è stato rappresentato benissimo in quel telegiornale molto obiettivo che è Striscia la notizia (forse è rimasto l'unico obiettivo in questo paese). Ero presente e sarò testimone qualora vi siano procedimenti penali. Ho visto benissimo quel vicequestore; ero a pochi centimetri e in quei momenti concitati l'ho denunciato ad un carabiniere che era lì di fronte. Sono quindi testimone di questa e di altre simili aggressioni compiute di fronte agli aeroporti oppure nei presidi della Padania.
Nessun accertamento per quanto riguarda la vera produzione: questo è il punto centrale della situazione agricola. Non si è mai voluto fare alcun accertamento,


Pag. 84

perché altrimenti si sarebbero scoperte le malefatte e molto probabilmente qualcuno tra i funzionari e i politici di questo Governo sarebbe rimasto coinvolto.
Nulla è stato fatto per l'agricoltura da parte dei vari ministeri democristiani succedutisi negli anni. Pinto, che non sapeva cosa fossero le quote latte, non potrà far di meglio dei suoi colleghi della prima Repubblica. Lo abbiamo sentito prima e lo abbiamo letto in quel resoconto stenografico della Commissione.

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

GUIDO DUSSIN. La fiducia questa volta è stata imposta dalle componenti minoritarie di questa maggioranza, al fine di non creare una cessazione del potere ...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Guido Dussin (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Posso esordire in questo modo: visto che è uscito il signor Pinto, mi sento molto più tranquillo, perché mi sarei trovato in difficoltà a discutere degli ordini del giorno che il nostro gruppo ha presentato avendo di fronte un ministro che non dovrebbe esistere per volontà popolare. Sappiamo quale esito ha avuto il referendum abrogativo del Ministero dell'agricoltura; di conseguenza, il signor Pinto - per quanto riguarda il sottoscritto, ma soprattutto i milioni di cittadini che si erano espressi a suo tempo per l'abolizione di quel Ministero - dovrebbe essere un fantasma, una figura che non esiste e che non dovrebbe esistere, ma purtroppo c'è. Siamo in presenza di un fatto molto anomalo e molto strano: siamo in presenza di un fantasma che comunque riesce ad affamare centinaia di migliaia di contadini, di agricoltori. Questa è un'anomalia tutta italiana che noi continuiamo a denunciare e denunceremo sempre, anche domani fino a tarda serata, mi auguro.
La storia di quel Ministero la conosciamo; cambia solo nome, ma rimane di fatto. Perché? Perché lo Stato ignora il suo popolo. Il popolo non si riconosce nello Stato, ma non riesce a tirarselo fuori dalle scatole e di conseguenza rimane il Ministero dell'agricoltura, con un fantasma.
Ma al di là del referendum va anche sottolineato e denunciato il fatto che si ignora volutamente la Costituzione italiana. Infatti, ricordo sempre che il primo articolo della Costituzione stabilisce che la Repubblica è fondata sul lavoro; non sono cose che ho inventato io, ma sono scritte da cinquant'anni. Ebbene, chi lavora adesso paga le multe, si vede costretto a non dare quella sicurezza che dovrebbe dare ai propri figli, proprio per colpa di chi insiste a dire che questa è la migliore delle Costituzioni possibili.
Il terzo articolo della Costituzione stabilisce il dovere della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale; è invece qui si chiudono le stalle e si pestano a sangue i lavoratori. È questa la Costituzione che noi volevamo cambiare e che l'attuale Governo e maggioranza vogliono continuare a mantenere in piedi.
C'è un altro articolo della Costituzione in cui si dice che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effettivo questo diritto; abbiamo però visto la storia di questi giorni. Potrei continuare ancora, ma lo farò domani visto che questa sera abbiamo poco tempo.
Mi dà estremamente fastidio che da parte del Governo e della maggioranza si continui a dire che siamo obbligati a farlo per il rispetto dell'Unione europea. Anche questo non è vero. Lo sanno - e me lo hanno detto - gli stessi agricoltori che si trovano nei presidi. Ricordo che la stessa Unione europea non era d'accordo sui salvataggi dell'Alitalia, del Banco di Napoli, della Sicilcassa (quest'ultima si è «mangiata» migliaia di miliardi, finiti in


Pag. 85

mano alla malavita)! Tutto ciò per loro è stato fatto, mentre per gli agricoltori no. Manca il rispetto per i nostri agricoltori. Cari signori, i miliardi ci sono e li abbiamo visti girare in questi mesi: 600 miliardi sono stati stanziati dopo il terremoto del Belice; ora si parla di 500 miliardi per risistemare Pompei e di 250 miliardi per costruire l'auditorium nel quartiere Flaminio per permettere a qualche amante romano della musica sinfonica di dilettarsi, mentre questa povera gente sta vivendo nelle tende, ad una temperatura al di sotto dello zero, per rivendicare i loro diritti.
Potrei ricordare poi altre migliaia e migliaia di miliardi che stanno finendo verso... il Giubileo. Già un'altra volta ho avuto modo di ricordare la sentenza-scandalo emessa dal tribunale di Bologna, relativa alla morte del figlio di un contadino a seguito di un incidente stradale verificatosi nell'agosto del 1996. Secondo tale sentenza la vita del ragazzo valeva un milione! La motivazione era che il ragazzo avrebbe prodotto redditi irrilevanti. E noi sappiamo il perché. Perché hanno barattato l'agricoltura padana per pagare i debiti italiani all'estero (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Luciano Dussin.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Faustinelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO FAUSTINELLI. Signor Presidente, la situazione attuale si presenta assai complessa. Con la fiducia posta sul decreto-legge concernente i fondi AIMA e le quote latte, lo scenario istituzionale non è cambiato.
Con questo provvedimento oltre a dare i soldi all'AIMA per pagare le multe sul latte, già trattenute dalla Comunità, e per sbloccare i fondi del capitolo 311, per il comparto lattiero non è stata varata alcuna riforma strutturale, per cui sembra di essere ritornati esattamente alla situazione dell'anno scorso, proprio quando, in questo periodo, sono partite le proteste dei Cobas del latte.
Il problema è irrisolto e verrà a galla nei prossimi mesi quando ci sarà da affrontare la situazione dell'annata 1997-1998 della quale non si fa assolutamente riferimento nel decreto.
Il solo provvedimento importante che verrà approvato, sarà quello della restituzione delle multe (in ragione del 40 per cento per il 1995-1996 e dell'80 per cento per il 1996-1997). Ciò darà soltanto una boccata d'ossigeno alle scarse casse degli allevatori ma non risolverà assolutamente il problema.
Anche la task force ministeriale non darà alcun frutto; anzi è già certo il tentativo di insabbiamento delle carte, in quanto hanno già dichiarato che i loro dati non saranno resi pubblici. In proposito ricordo che avevamo presentato un ordine del giorno per poter accedere a questi dati, ma esso è stato bocciato dal Senato con la scusa della legge sulla privacy.
Non si capisce inoltre come la task force abbia potuto indagare fino in fondo quando il relativo mandato è scaduto il 31 ottobre mentre i dati richiesti possono pervenire all'AIMA sino al 15 novembre. Appare ovvio l'intento truffaldino!
Nel decreto è più facile trovare ciò che non è scritto; non è stata accettata la nostra proposta di abrogare il sostituto d'imposta; non è stata data la possibilità a chi ha acquistato o affittato regolarmente quote di metterle subito in produzione; non è stato fatto alcun riferimento all'annata 1997-1998.
In Commissione ci è stato risposto che queste tematiche devono essere discusse in sede di riforma della legge n. 468; quindi è molto probabile che, visti i tempi di discussione, si ritorni di nuovo a Linate. In pratica il Governo si è infilato in un vicolo cieco. Gli unici risultati dell'operazione a Linate sono stati le centinaia di avvisi di garanzia inviati ai possessori dei trattori; sul fronte truffatori, invece, la magistratura non ha fatto alcunché e pare latitare.


Pag. 86


Come è ormai noto, l'aver voluto sovrapporre il diritto alla produzione con la produzione effettiva ha creato enormi distorsioni del sistema, che hanno poi evidenziato il problema delle famose quote di carta. Per ovviare a tale situazione, oltre a modificare l'annata di riferimento occorre unificare la quota A con la quota B, permettendo ai produttori che hanno acquistato o affittato quote nell'ultima campagna di metterle in produzione subito.
La Comunità europea impone di legare la quota al terreno aziendale, eccetto alcuni casi particolari; la lega nord propone che la titolarità della quota sia di colui che effettivamente la produce, proprietario o non del fondo su cui ricade la stessa.
Questo provvedimento consentirebbe all'affittuario del terreno di potersi trasferire in altra azienda senza perdere la propria quota, ma nello stesso tempo si lascerebbe la possibilità al proprietario del terreno di accedere, secondo una serie di priorità, ad un particolare fondo quote, creato ad hoc, per ottenere anch'esso il diritto a produrre.
Secondo il nostro progetto, come primo passo per dare agli operatori del settore una capacità gestionale del sistema, abbiamo ritenuto valido, in primo grado, affidare lo strumento della compensazione direttamente all'acquirente, con priorità per le cooperative dei produttori; successivamente potranno intervenire prima le regioni e poi le province autonome, alla fine l'AIMA.
Attualmente gli ultimi provvedimenti governativi hanno soppresso la compensazione di base portandola esclusivamente nelle mani dei burocrati ministeriali. Una volta assegnate le quote ai veri produttori, la compensazione assumerà un'importanza marginale.
Appare del tutto chiaro, quindi, come la burocrazia italiana abbia generato nel sistema un estremo stato di confusione. La centralizzazione esasperata dei servizi AIMA e delle politiche di settore non ha certo contribuito ad instaurare tra gli operatori quel grado di fiducia, nei confronti degli amministratori, che rappresenta il presupposto iniziale di una seria riforma.
La lega nord ritiene che il livello decisionale, sia amministrativo che gestionale, debba essere portato più vicino ai produttori al fine di salvaguardare con maggiore attenzione la vocazionalità delle zone tipiche di produzione ed il relativo indotto.
È quanto mai urgente individuare quindi le linee generali per la definizione di un piano di ristrutturazione del settore, che tenga conto di determinati elementi (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Faustinelli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fongaro. Ne ha facoltà.

CARLO FONGARO. Signor Presidente, colleghi, un anno fa i produttori di latte con le loro manifestazioni, per la prima volta diverse da quelle a cui si era abituati ad assistere in Italia, occuparono gli aeroporti di Italia, in particolare quello di Linate e quello di Venezia.
Il risultato di quella lotta, per la prima volta diretta senza cioè la mediazione di sindacati o di altre categorie, fu l'istituzione di una commissione. Sembra quasi che non sia accaduto nulla; siamo qui ancora con gli stessi problemi e con gli stessi discorsi che un anno fa portarono gli allevatori a protestare. Ed invece no! Sono accadute tantissime cose.
Anzitutto la commissione ha dimostrato quello che sostenevano gli allevatori, ossia che le multe comminate ai produttori di latte erano ingiuste perché si basavano su truffe ed imbrogli. Il che è stato accertato dalla commissione; quest'ultima, lo ripeto, ha accertato gravissime responsabilità da parte dell'AIMA, da parte della Coldiretti, da parte degli altri sindacati e da parte anche di organismi ministeriali dell'agricoltura. Perché si continua a fare finta di nulla? Perché si chiede una fiducia immotivata? Erano stati presentati poco più di venti emendamenti,


Pag. 87

che sarebbero stati rapidamente votati con la Presidenza di Violante, che è abituato a far votare 3-400 emendamenti in un pomeriggio. Infatti Violante è uno stakanovista, d'altronde Stakanov era russo e quindi si intendono molto bene.
Perché allora si chiede la fiducia? Probabilmente perché non si vuole chiarire cosa è successo con le quote latte, si vuole chiudere un capitolo e passare a qualcos'altro. Forse si vogliono tacitare i dissensi che ci sono all'interno della maggioranza stessa. I colleghi eletti nel nord sono veramente patetici. Sappiamo benissimo, infatti, che nell'ambito dell'Ulivo non sono certo loro a comandare. All'interno dell'Ulivo e di qualsiasi altro schieramento comandano i romani, non quelli di nascita, ma quelli romanizzati, quelli che hanno accettato il sistema romanocentrico e il centralismo.
Inoltre si vuole lanciare un segnale chiaro: mai ribellarsi a Roma, perché per chi si ribella a Roma c'è il manganello. Perciò questa è una lotta coraggiosa; è una lotta coraggiosa che gli allevatori hanno cominciato l'anno scorso e che continuano a portare avanti. È una lotta diretta, priva di mediazione. Gli allevatori si sono confrontati e scontrati direttamente con lo Stato che ha mostrato la sua faccia e ha fatto vedere come sa reprimere, con il manganello. Forse non ha neanche alternative perché, se cedesse con gli allevatori, quante altre categorie di lavoratori avrebbero a che dire nei confronti di questo Stato? Se gli allevatori vincessero, probabilmente si ribellerebbero anche i commercianti, gli artigiani, i piccoli industriali e chissà quanti altri. Anche gli stessi lavoratori dipendenti, che per il momento sono tenuti al guinzaglio e all'oscuro di tutto dai sindacati confederali, farebbero sentire la loro voce.
Lo Stato ha fatto ricorso ad ogni mezzo contro gli allevatori, persino al trucco vergognoso e un po' mafioso dell'istituzione dei sostituti di imposta con i primi acquirenti. È un sistema che lega totalmente le mani. Gli allevatori vengono privati della possibilità di scelta circa il fatto di pagare o no delle multe assolutamente ingiuste.
Gli allevatori hanno chiesto più volte di eliminare almeno il sostituto d'imposta, che allo Stato non costerebbe una lira. Infatti, se invece di essere garanti i primi acquirenti, lo diventassero le aziende di proprietà degli allevatori, ciò allo Stato non costerebbe assolutamente nulla. Invece nemmeno questa richiesta è stata accolta.
È quindi evidente la voglia di punire e di dare un esempio, una volta per tutte, a coloro che si ribellano allo Stato.
Ero presente a Vancimuglio il 20 novembre scorso. È stata una lotta durissima. Anche quella del 27 novembre è stata una lotta molto coraggiosa; il comportamento di tutti gli allevatori è encomiabile perché non hanno avuto in alcun modo paura. Purtroppo poi gli allevatori sono caduti nell'ennesimo tranello teso dagli emissari di questa maggioranza...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontan. Ne ha facoltà.

ROLANDO FONTAN. Signor Presidente...

PAOLO MAMMOLA. Gli leva la parola così, Presidente? Non ha neanche scampanellato! Deve scampanellare prima di togliere la parola, Presidente! Lo dice il regolamento!

ROLANDO FONTAN. Signor Presidente, mi pare che questa notte sia da ricordare. Vogliamo manifestare la nostra solidarietà nei confronti degli allevatori, in particolare a quelli dei Cobas.
Questa notte stiamo portando avanti una battaglia per cercare di spiegare le ragioni degli allevatori, in particolare di quelli del nord, per difendere i loro diritti anche all'interno delle sorde istituzioni romane.
Non posso non ricordare che ieri sera, in piena notte, abbiamo reso visita agli allevatori che stazionavano davanti a


Pag. 88

Montecitorio, dormendo per terra nei sacchi a pelo. Ho fatto allora una riflessione e mi sono chiesto perché mai questa gente tranquilla, abituata a lavorare nella sua terra, che di solito non rompe le scatole ad alcuno, si trovi in questa situazione.
Infatti, se c'è una categoria che non pesa sulla società, che non rompe le palle alle istituzioni è quella degli agricoltori, quella dei contadini, come viene chiamata in gergo popolare. Perché mai questa gente parte da lontano, arriva a Roma e dorme nel sacco a pelo? Perché deve difendere i suoi diritti, perché è esasperata e perché si trova costretta a tutelare il proprio futuro e quanto ha fatto in passato. Quindi, la lega nord per l'indipendenza della Padania dichiara la sua grande solidarietà nei confronti dei Cobas.
Grande deve essere invece la vergogna dei sindacati, della Coldiretti, che da sempre gestiscono come braccio più o meno armato il consenso elettorale prima della democrazia cristiana ed oggi del partito popolare. Non è un caso che il partito popolare faccia quadrato intorno ad un ministro che non si intende di agricoltura. L'importante infatti è difendere questa struttura. Ma i vertici dei sindacati nazionali hanno tradito i veri agricoltori perché non hanno fatto niente per questi a parte uscire sui giornali, mentre davanti ad una situazione del genere avrebbero dovuto mettere in campo tutte le loro forze.
È tempo allora che i Cobas e i veri agricoltori, soprattutto quelli padani, prendano le distanze da questi sindacati e fondino, come pare che stia accadendo - cosa che auspichiamo - un nuovo vero sindacato che tuteli i lavoratori.
Il Governo si è servito della polizia contro questi bravi lavoratori e, quando la polizia si muove, non c'è dubbio che lo fa su input del Ministero dell'interno. Infatti, la polizia e i questori non si muovono mai se non vi è un preventivo input del Ministero. Quindi, vi è la chiara volontà politica di bastonare e di dimostrare che lo Stato è forte. Ma lo Stato non è forte perché deve accettare quanto è successo, deve prendere atto della forza degli agricoltori.
Mi viene in mente l'immagine del letame lanciato sulla polizia. Certo, la polizia fa il suo dovere. Risponde a degli input politici, ma fa il suo dovere. È quindi il potere politico quello da condannare, non i poliziotti. Però, mi immagino quella scena che al nord, non so al sud, ma sicuramente in Padania è stata ben vista dalla gente perché è stata vista come una prima rivincita del popolo del nord contro Roma. Al di là della questione degli agricoltori e delle quote latte, questa è l'essenza del problema.
Quella drammatica scena rappresenta una prima rivincita, una prima presa di coscienza delle genti del nord nei confronti di questo Stato che vuole uccidere il nord incominciando dagli agricoltori. E io sono convinto che, dietro alla questione dell'agricoltura, ci sia la volontà di attaccare i valori del nord: il lavoro, la terra, la gente che chiede autonomia, che vuole stare per conto suo. Sono questi i valori del nord che lavora e della Padania...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Fontan.

ROLANDO FONTAN. Ma la Padania ha incominciato a ribellarsi (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

ITALO BOCCHINO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, noto che in aula non sono presenti due deputati segretari come prevede il regolamento. Le sarei grato pertanto se sospendesse la seduta in attesa che un secondo segretario raggiunga l'aula.

PRESIDENTE. Proseguiamo i nostri lavori e provvediamo al riguardo.


Pag. 89

ITALO BOCCHINO. Sospendiamo la seduta! Il regolamento va rispettato!

PRESIDENTE. Non c'è obbligo di sospensione. Vediamo di far venire in aula il deputato segretario che manca.

NICOLA BONO, Segretario. Me ne vado anch'io.

CARLO PACE. L'onorevole Bono era distratto; leggeva il giornale!

NICOLA BONO, Segretario. È arrivata la collega De Simone quindi ci siamo tutti e due.

PRESIDENTE. Prego i deputati segretari di rimanere al loro posto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, questa sembra la serata delle curiosità: prima infatti il ministro dell'agricoltura ha abbandonato l'aula e poi ha lasciato che il Governo fosse rappresentato da un sottosegretario per la pubblica istruzione. Ancora una volta sottolineo l'arroganza del Governo, che ha chiesto il voto di fiducia per non discutere su un argomento delicatissimo e sul quale il paese chiede di conoscere l'opinione delle forze politiche. Mi riferisco in particolare alla gente del nord che nei vari presidi ha denunciato una situazione di malgoverno tipico di questo paese e che aspettava, soprattutto dalle forze di maggioranza, qualcosa di più di un trincerarsi dietro un voto di fiducia che ha chiuso il confronto. Peraltro si tratta di un confronto che i partiti della sinistra hanno sempre rivendicato all'interno delle aule parlamentari e che invece non si fa più perché il voto di fiducia impedisce alle forze dell'opposizione e della stessa maggioranza di migliorare un decreto che non è in grado di dare le risposte che gli allevatori attendono.
È un fatto molto grave, a dimostrazione che nel paese stanno cambiando le regole della democrazia. Eppure sono proprio le forze della sinistra, quelle che per anni sono state i numi tutelari della democrazia, ad innestare un pericoloso cambio di marcia a causa del quale chi protesta viene perseguitato dalle forze di polizia. Non solo, ma la polizia sequestra anche i mezzi agricoli utilizzati lungo le strade padane per una nuova forma di protesta. C'è da chiedersi perché la polizia non sia intervenuta quando hanno protestato altre categorie, come quelle dei camionisti, i quali in forma democratica hanno rivendicato i diritti per la loro categoria, o dei ferrovieri o dei dipendenti dell'Alitalia, che facevano manifestazioni per sottolineare disfunzioni presenti all'interno delle rispettive aziende. In quei casi le camionette o i mezzi blindati non sono intervenuti, non hanno posto sotto sequestro alcunché, come invece è stato fatto con i trattori di proprietà degli allevatori.
È questo un elemento di novità che va sottolineato: questo è un Governo di sinistra che colpisce coloro che in forma democratica manifestano a favore della propria categoria, e li colpisce duramente. Si tratta di fatti sui quali la sinistra, in questo momento assente in aula, dovrebbe riflettere.
Questa sera siamo qui a illustrare alcuni ordini del giorno con la speranza che vengano attuati, anche se sappiamo che resteranno lettera morta. Domani mattina gli ordini del giorno saranno posti in votazione, il rito verrà celebrato: noi voteremo a favore mentre l'opposizione voterà contro e tutto resterà come prima. Resteranno come prima le disfunzioni all'interno di questo settore e tutti gli scandali che si sono verificati nel tempo, come i modelli non firmati dagli acquirenti o dai produttori, come le firme apocrife, come i modelli privi dell'indicazione dei capi bovini o contenenti la denuncia di stalle che si trovano a due passi dal Palazzo, come quella di Piazza Navona, in pieno centro storico di Roma. Penso anche ai codici fiscali errati o alle partite IVA inesistenti, ad aziende agricole titolari di quote ma senza mucche: questo


Pag. 90

è il malgoverno italiano, questa è la situazione che dobbiamo affrontare e che voi cercate di nascondere e sulla quale, anzi, non volete che si faccia piena luce.
Signor Presidente, lei che è un uomo del sud, che conosce la realtà meridionale e sa quale sia l'opinione della gente del sud sul decreto, il quale ripartisce i livelli di compensazione in base alla collocazione geografica, lei beneficerà di queste agevolazioni perché risiede in una provincia che godrà di questi benefici. Invece chi risiede al nord non ne godrà, perché si trova in una posizione geografica diversa. Questo la dice lunga...

PRESIDENTE. Vediamoci in provincia, che vuole che le dica, se era rivolto a me...

PIETRO FONTANINI. Lei è un uomo che è stato sempre fortunato sotto questo aspetto.

PRESIDENTE. Allora faccio un po' di scongiuri!

PIETRO FONTANINI. Non abbiamo bisogno di scongiuri perché crediamo a cose molto più concrete. Ci sono stati uomini ai massimi livelli istituzionali di questo paese che facevano scongiuri, e abbiamo visto che fine abbiano fatto (è stato Presidente della Repubblica).
Nel nostro paese l'agricoltura è divisa: c'è un'agricoltura del nord ed una del sud, un'agricoltura padana e un'agricoltura meridionale. Ciò significa che vi sono grossissime differenze in questo settore primario, differenze che la classe politica non vuole riconoscere né accettare. Negli anni avete mercanteggiato a livello di Comunità economica europea l'agricoltura del sud a scapito di quella del nord, avete difeso l'olio di oliva, gli agrumi, i pomodori e avete denunciato fatti truffaldini come quelli in certe zone del sud d'Italia. Voi non avete però mai difeso, e non lo state facendo, neanche ora l'agricoltura padana. Saranno gli agricoltori del nord a difenderla autonomamente (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Formenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORMENTI. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune osservazioni sulle modalità di discussione in aula di questo provvedimento. Anziché favorire un libero dibattito su un settore importantissimo come quello dell'agricoltura, soprattutto nel comparto lattiero-caseario, il Governo si è sottratto alle proprie responsabilità e, ponendo il voto di fiducia, ha esautorato il Parlamento di quel dibattito utile e necessario soprattutto per fare chiarezza su tante questioni e per evidenziare i danni prodotti in tanti anni di malgoverno. Il voto di fiducia ci ha impedito di discutere ed è per questo che siamo qui a illustrare i nostri ordini del giorno, i quali rivestono una certa importanza.
Ho seguito attentamente le parole del ministro allorché ha espresso il parere sugli ordini del giorno e, non a caso, il parere è stato favorevole solo rispetto a due ordini del giorno, parzialmente favorevole in riferimento ad un terzo ordine del giorno e contrario a tutti gli altri. Il primo ordine del giorno accettato è della S\)dtiroler Volkspartei che impegna il Governo a «definire per la provincia di Bolzano le modalità affinché le comunicazioni fra i produttori locali avvengano in lingua tedesca». Non mi pare che questo ordine del giorno sia impegnativo su qualcosa di concreto.
L'ordine del giorno Lembo n. 9/4454/2 è stato accolto a condizione di sopprimere il secondo capoverso, proprio quello che tocca gli aspetti determinanti di tutta la vicenda delle quote latte. Anche se tutti sappiamo che gli ordini del giorno lasciano il tempo che trovano (personalmente reputo che siano acqua fresca sulla fronte di chi vuole dissetarsi a questa fonte), il ministro ha chiesto al collega Lembo di sopprimere dal suo ordine del giorno il seguente capoverso: «tenuto conto che le recenti manifestazioni dei produttori agricoli, oltre ad esprimere l'esigenza di assicurare la piena legalità


Pag. 91

nella gestione delle quote latte, sollecitano interventi pregnanti nel settore agricole».
Di fronte alle richieste del Governo, non posso fare a meno di pensare che il ministro Pinto voglia prendere in giro per l'ennesima volta un settore strategico per l'economia italiana perché, se si sopprime questo capoverso, la restante parte dell'ordine del giorno non ha significato pregnante.
Il Governo ha espresso parere contrario anche sugli ordini del giorno Vascon n. 9/4454/3, Anghinoni n. 9/4454/4 e Dozzo n. 9/4454/5. Nella parte dispositiva del primo ordine del giorno che ho richiamato si impegna il Governo «a predisporre interventi legislativi per eliminare le incongruità (...) nella restituzione della liquidità» totale.
È chiaro che la restituzione dell'80 per cento degli importi dovuti ai produttori - come prevede l'articolo 1 del decreto-legge - non soddisfa noi sia come rappresentanti della lega nord per l'indipendenza della Padania sia come difensori di una categoria che nei nostri territori dà un contributo economico di notevole importanza.
Molto probabilmente, la lettura di questa legge la possiamo ricavare dall'ultimo ordine del giorno sul quale il Governo ha espresso parere favorevole. Mi riferisco all'ordine del giorno Malentacchi e Muzio n. 9/4454/6, nel quale si afferma che bisogna coinvolgere anche la produzione di altri tipi di prodotti agricoli, cominciando dalle arance per arrivare alle olive. La parte in cui si impegna il Governo così recita testualmente: «a ricollocare le quote assegnate a produttori (...) che operano nelle aree montane, a giovani (...)». Non si capisce il significato della parola «giovani» e cosa voglia rappresentare nel campo agricolo, soprattutto nel mondo meridionale, come prevede questo...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Formenti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santandrea. Ne ha facoltà.

DANIELA SANTANDREA. Presidente, noi della lega nord per l'indipendenza della Padania siamo qui per l'ennesima volta a contrastare le prove di forza che questo Governo, questa maggioranza e questo regime mostrano nei confronti del nord, dei lavoratori, nonché dei contribuenti del nord e delle genti padane, perché quest'ennesimo voto di fiducia è stato imposto per una ragione politica all'interno della maggioranza e per evitare quindi un serio e democratico confronto sulle richieste di una categoria di lavoratori del nord e lo Stato italiano.
Sulla vicenda delle cosiddette quote latte sono stati scritti fiumi di parole per screditare agli occhi della pubblica opinione la protesta di chi ne ha piene le scatole di questi metodi truffaldini, consociativi e mafiosi. Gli allevatori padani chiedono di fare chiarezza: chiarezza per definire una volta per tutte chi deve pagare per servigi e privilegi ottenuti da coloro i quali hanno gestito il Ministero dell'agricoltura dall'istituzione del regime delle quote latte in poi, dall'AIMA, con la complicità delle organizzazioni sindacali di categoria.
Gli allevatori, ma anche l'opinione pubblica, vogliono e debbono sapere perché il ministro (che non c'è!) dell'agricoltura Michele Pinto non abbia esercitato i suoi legittimi e doverosi poteri di controllo e di verifica nel settore delle quote latte; ma abbia preferito far intervenire la polizia contro gli allevatori che manifestavano la loro rabbia e il loro malcontento.
Sappiamo tutti ormai che la commissione di indagine presieduta dal generale Lecca ha, per esempio, stabilito che ben 2.482 aziende possiedono quote, ma non hanno nemmeno una vacca. Perché è facile intuire che vi è gente - e sappiamo bene, come dicevo prima, che sono i soliti «amici degli amici» - che guadagna solo per il fatto di avere in mano queste «vacche di carta», cioè le quote che possono essere vendute di anno in anno ad altri che le vacche le hanno davvero; oppure, questi possessori anomali fanno degli accordi per cui si fanno pagare da


Pag. 92

chi produce in eccesso rispetto alle quote detenute un tanto per ogni litro di latte, guadagnando senza muovere un dito. Ecco perché la produzione di latte in Italia nel periodo 1995-1996 è risultata di gran lunga superiore alle quote assegnateci dall'Europa. È sulla base di questi dati dichiarati da Roma all'Unione europea, e non rispondenti alla realtà, che sono poi state fissate le multe per un totale di 770 miliardi.
Sappiamo bene, poi, come sono andate le cose: come sempre, all'italiana! Solo i produttori della Padania hanno pagato le multe; cioè coloro che da soli producono il 60 per cento del latte italiano e rappresentano una vera e propria avanguardia a livello europeo.
La beffa della restituzione delle multe, o meglio del superprelievo che è stato trattenuto dalle industrie per la lavorazione del latte, è all'origine della protesta degli allevatori padani; una protesta esplosa in queste ultime settimane, anche a causa delle ventilate promesse del ministro Pinto nel mese di ottobre volte a restituire il prelievo supplementare per una percentuale pari al 70 per cento. Quest'ultima è purtroppo scesa nel novembre al 40 per cento; mentre, ora, nel gennaio 1998, il signor ministro (che non c'è!) afferma di non poter più procedere a questa restituzione. È per questo che gli ordini del giorno presentati dal gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania erano finalizzati, tenuto conto delle legittime proteste degli allevatori padani, ad impegnare il Governo a presentare un progetto di riforma della legge n. 468 del 1992 entro il mese di febbraio, a riformare l'AIMA, a predisporre interventi per eliminare le disparità di trattamento nella restituzione della liquidità e a predisporre interventi legislativi - una volta accertate le reali produzioni e individuate le illegalità - volti a eliminare il sostituto d'imposta. Tutto questo servirà a ristabilire finalmente quella legalità che permetterà agli operatori onesti di svolgere il proprio lavoro, seriamente ed onestamente, e per dare il giusto riconoscimento agli allevatori padani, forti della loro professionalità.
Sappiamo però che il ministro ha espresso parere contrario sui nostri ordini del giorno (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Credo che occorra fare comunque un'introduzione per spiegare quanto è successo questa sera, per l'ennesima volta, con la posizione della questione di fiducia da parte del Governo e del ministro. Si è già fatto in precedenza il discorso sul numero degli emendamenti presentati, spiegando come stia effettivamente la situazione.
Non mi resta che rilevare ora che è veramente vergognoso che per l'ennesima volta si sia voluto evitare di dare al paese una spiegazione su quanto sta succedendo. È chiaro che con il numero limitato di emendamenti presentati vi sarebbe stato tutto il tempo necessario per discuterli e votarli: probabilmente, a quest'ora avremmo già concluso l'intero iter legislativo e probabilmente, nelle 24 ore che si sono perse tra l'annuncio della posizione della questione di fiducia e la ripartenza dei lavori parlamentari, qualcuno tra gli osservatori e i radioascoltati avrebbe avuto la possibilità di capire qualcosa di più. Qualcosa di più perché, in effetti, penso che non siano molti gli italiani che abbiano chiara la situazione: è una situazione che parte da molto lontano e che è tipica del nostro paese. Ebbe inizio molti anni fa quando, probabilmente, di Padania si parlava ancora poco; ma sicuramente, nella mente dei politici del tempo, era comunque ben chiaro che la politica che si doveva fare era in ogni caso contraria a questa parte del nostro territorio; tant'è che quindici anni fa, quando in sede comunitaria si è cominciato a parlare di questi problemi, si è trattato di tutto, meno che dei prodotti tipici padani.


Pag. 93

Si sono barattate le quote di olio di oliva, di pomodoro o di altri prodotti mediterranei in cambio della riduzione della produzione dell'acciaio nel nord del paese. Preciso che non credo che i prodotti mediterranei valgano meno o che abbiano meno dignità di quelli padani: ci mancherebbe altro! La fatica degli agricoltori è uguale in tutto il paese e in tutto il mondo: lavorare la terra è sempre un lavoro difficile ed estremamente faticoso. È comunque certo che un'attenzione diversa in quegli anni avrebbe evitato di arrivare alla situazione che oggi invece dobbiamo affrontare.
Nonostante questo, poi vi sono stati dieci anni nei quali si è ulteriormente complicata la situazione non riuscendo mai a fare chiarezza sui numeri; nonostante le decine o forse centinaia di miliardi spesi in queste ricerche, non si è riusciti ad avere il quadro esatto della situazione dei numeri e della produzione nel nostro paese.
Una cosa comunque è sicura: il nostro paese importa il 40 per cento del latte consumato. È semplicemente scandaloso che si perda un anno, un anno e mezzo per cercare di mettere a posto una situazione che si è sedimentata negli anni, continuando però a non affrontare il problema vero che è comunque quello di rivedere quella quota globale. Gli allevatori padani e anche quelli delle altre zone d'Italia, infatti, hanno la potenzialità e la possibilità di produrre più latte; ma è un discorso che pare a questo Governo non interessi minimamente.
Si cerca in sostanza di rimediare in qualche modo agli errori compiuti in passato, intervenendo con provvedimenti tampone. Ma vedo che nessuno mette il minimo impegno per affrontare il discorso di fondo nella sede opportuna.
Ciò non deve meravigliare. Già qualche anno fa si era chiesto con un referendum popolare di sopprimere il Ministero dell'agricoltura. Non era certo un capriccio di coloro che proponevano la consultazione popolare: è evidente, infatti, che in un paese le cui diverse aree hanno caratteristiche così differenti la gestione di un comparto così importante come l'agricoltura non può essere centralizzato. Infatti, al di là della notevole diversità di una zona dall'altra, si è visto che in Italia quando qualcosa viene centralizzato o statalizzato i risultati sono garantiti (li abbiamo sotto gli occhi in questi giorni). Con un ministero non centralizzato ed un'amministrazione distribuita sul territorio (erano state previste agenzie regionali) oggi probabilmente avremmo evitato di affidare tutta la faccenda ad un avvocato napoletano (con tutto il rispetto per la categoria degli avvocati e per l'origine napoletana) che mi pare capisca veramente poco di agricoltura.
La situazione è veramente vergognosa. Qualche settimana fa abbiamo impegnato 1.000 miliardi del bilancio nazionale per salvare qualcosa come 1.000-1.200 posti di lavoro della Sicilcassa; oggi si rifiuta di spendere una cifra della stessa consistenza per risparmiare 40-50 mila posti di lavoro (sono tanti gli operatori che fanno capo agli 11 mila allevamenti interessati al provvedimento in esame).

PRESIDENTE. Il suo tempo è scaduto, onorevole Galli. La prego di concludere.

DARIO GALLI. Oggi con questa legge si va a colpire una importantissima categoria economica della Padania, gli allevatori. Ma questo Governo delle sinistre - nato, almeno negli intenti, per difendere gli operai (ammesso che ne abbiano mai visto uno) - probabilmente con i prossimi interventi colpirà anche gli operai e gli impiegati...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Galli.

DARIO GALLI. Non so cosa ci si aspetti. Una volta che saranno stati colpiti tutti...

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Gambato, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.


Pag. 94


Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, onorevoli sottosegretari, credo sia abbastanza umiliante intervenire su ordini del giorno: di fatto ormai in questo Parlamento si può discutere e votare unicamente ordini del giorno, evidentemente con tutte le implicazioni di carattere giuridico che sono connesse (si vota per la gloria, non tanto per ottenere risultati concreti...).
Saluto il sottosegretario Vita, evidentemente non preoccupato delle vicende della RAI, che ha deciso di seguire per conto del Governo a quest'ora anche le questioni agricole...

VINCENZO MARIA VITA, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Non meno preoccupanti!

GIANCARLO GIORGETTI. Astraendosi dalle questioni tecniche connesse alle quote latte si può cercare di desumere dalla vicenda particolare qualche riflessione di ordine generale.
La prima considerazione di carattere generale è la seguente: abbiamo visto per la prima volta in modo compiuto le prove tecniche di regime. Con un'intimidazione di carattere fisico e giudiziario nei confronti di questi allevatori si è coniugata una sapiente regia e censura sugli organi di informazione: l'argomento è piano piano scivolato fuori dalle prime pagine dei giornali e dai telegiornali; di conseguenza la questione è stata privata del contenuto esplosivo che aveva acquisito nelle prime fasi.
La seconda considerazione di carattere generale è che cominciamo tutti a capire cosa significhi l'Europa. Il Governo si pavoneggia, ma in realtà sembra gareggiare in una partita più grande di lui. L'Italia, questo paese, se esiste Abbiamo visto come la questione europea venga gestita. Alcuni ministri, come Ciampi, sono molto bravi e riescono a far digerire scelte veramente indigeribili come i salvataggi dell'IRI (24 mila miliardi), dell'Alitalia (2.700 miliardi), del Banco di Napoli (12.500 miliardi). Altri ministri, come Pinto, non riescono invece a chiudere la partita delle quote latte e causano grandissimi problemi di ordine sociale. Anche da questo nasce la mozione di sfiducia - se volete - del nostro gruppo, sottoscritta anche da altri deputati, nei confronti del ministro Pinto. Perché lui non è capace a fare quello che riesce al ministro Ciampi?
Terza considerazione di carattere generale. Credo che l'argomento sul quale oggi ci confrontiamo dimostri cos'è la Padania. Esiste, in sostanza, una Padania reale, indipendentemente dalle istituzioni padane che si stanno creando. Esiste, per esempio, un'agricoltura padana distinta dall'agricoltura mediterranea. Dirò di più: la discriminazione che si opera con legge e la repressione posta in essere attraverso le forze di polizia non uccidono né appannano il sentimento di identità e di radicamento; al contrario, più si usa la discriminazione e la repressione più crescono il radicamento e l'identità padana. Il 3 dicembre su la Repubblica Furio Colombo ha detto - rispondendo ad un mio precedente intervento - che tutto ciò è qualcosa di virtuale, non legato a cambiamenti culturali e sociali. Al contrario, il fenomeno è legato ad un cambiamento culturale e sociale veramente pregnante: la nascita e la crescita di un'identità padana.
Quarta questione di carattere generale. Il passato ritorna, tornano gli scheletri negli armadi. Prodi e Pinto credo abbiano vissuto la grande epoca, la belle epoque della DC. Credo che ancora oggi la Federconsorzi evochi scenari per così dire poco gradevoli. In questi giorni il caso Previti ha richiamato alla memoria la vicenda IMI-SIR. Quando si aprono gli armadi, escono gli scheletri...
Qui si è molto discusso sulla falsa stalla di piazza Navona. Ma credo che di quote fasulle se ne sarebbero trovate molte di più se si fosse indagato a piazza del Gesù!


Pag. 95

PRESIDENTE. Il tempo, onorevole Giorgetti.

GIANCARLO GIORGETTI. Concludo, Presidente.
Mi domando, ed è l'ultima considerazione di carattere generale: perché in questo caso la ragione deve avere torto? Tutti sappiamo (è stato detto concordemente, anche dai colleghi della maggioranza, è stato confermato dalla stessa commissione d'inchiesta governativa presieduta dal generale Lecca) che questi allevatori hanno ragione... (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giorgetti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barral. Ne ha facoltà.

MARIO LUCIO BARRAL. Signor Presidente, vorrei preliminarmente ringraziare gli allevatori presenti, che seguono questo dibattito e condividono insieme con noi il tremendo epilogo della tragedia in atto. Un epilogo voluto da un Governo e da una maggioranza sordi alle vere esigenze dei produttori di latte.
Naturalmente il «dipinto» ministro non può che essere «di parte-nopeo» Di conseguenza il suo comportamento (e quello degli uffici del Ministero) non poteva essere diverso da quello che è stato. D'altra parte per cinquant'anni il monopolio dell'agricoltura è sempre rimasto nelle mani della democrazia cristiana e delle sue conferitarie (Coldiretti, AIMA, Unalat...). Per i meccanismi di spartizione il partito ha avuto la possibilità di designare presidenti e vicepresidenti, che per cinquant'anni hanno fatto da ladroni. Era inevitabile che nascesse il problema di oggi: è stato il risultato finale.
Cinquant'anni di politica scellerata. Naturalmente negli ultimi due anni sono emersi questi gravi problemi. Un autorevole quotidiano uscirà domani con il seguente titolo: «Tredici anni di truffe ed inadempienze». Dal 1984, cioè quando si cominciò a discutere di quote latte, la democrazia cristiana, con i suoi ministri autorevoli, andò in Europa e svendette l'agricoltura soprattutto quella padana, a favore dell'industria siderurgica. Il risultato finale lo vediamo oggi; vediamo infatti quale sia stata la fine della siderurgia: non esiste politica industriale e per quanto riguarda Bagnoli gli italiani soprattutto i padani hanno dovuto impegnare risorse; e non c'è solo Bagnoli, ma anche Taranto ed altri posti in cui la siderurgia è stata considerata preminente rispetto all'agricoltura, quando sappiamo che in Italia l'agricoltura è l'industria più importante.
A questo punto mi sorge un dubbio: se siano più le vacche quelle munte o quelle che mungono gli allevatori, depredandoli del proprio lavoro, dei propri denari e della dignità.
Spero che il dibattito in corso porti comunque lumi a questa maggioranza ed al Governo, che mi auguro non sia sordo e non continui imperterrito a seguire le linee già tracciate, tarpando le ali all'opposizione, un'opposizione che, solo per essere tale, non deve essere considerata priva di buone idee che possano comunque offrire un contributo alla soluzione del problema.
Sono convinto del fatto che gli allevatori non accetteranno certe condizioni. Quindi, se pensate che sui territori, soprattutto della Padania, in cui i presidi hanno fatto paura al Governo, gli agricoltori si ritirino in buon ordine, vi sbagliate. Sono convinto che gli allevatori, e giustamente, continueranno la loro battaglia, probabilmente con nuovi strumenti, al fine di far sentire la loro voce non solo in Italia ma anche in Europa: se il Presidente Prodi e, ancor più, l'uomo del Colle, con la loro autorevolezza, non risolveranno questo problema, speriamo che almeno l'Unione europea riesca a farlo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).


Pag. 96

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Grugnetti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.

GIANCARLO PAGLIARINI. Dovremo votare i venti ordini del giorno presentati; si tratta di documenti seri che sollevano problemi gravi. L'unico neo - a mio avviso - sta nella premessa dell'ordine del giorno che reca la firma dei colleghi Malentacchi e Muzio, in cui è scritto che il decreto-legge n. 411 rappresenta un valido passo avanti, con il rimborso di circa 1.100 miliardi. Ma quale passo avanti? A me sembra che il decreto-legge n. 411 non rappresenti affatto un passo avanti, ma un'occasione persa ed una vera e propria rapina a mano armata ai danni degli allevatori onesti. Tale decreto non dovrebbe essere chiamato decreto-legge n. 411 e dovrebbe invece passare alla storia con il nome di «decreto-rapina». È vero che in Italia le rapine, anche quelle a mano armata, non sono considerate dei peccati; anzi coloro che le compiono non vanno in galera e viene addirittura garantito loro il paradiso senza nemmeno passare dal purgatorio. Questa almeno sembra essere la posizione di un noto ed ascoltato rappresentante della Chiesa romana, come risulta da un articolo di Stella pubblicato la settimana scorsa sul Corriere della Sera a proposito di un giovane che purtroppo ha perso la vita entrando a mano armata, con una Smith & Wesson calibro 38, in una filiale della Cariplo alla periferia di Roma.
Questo tipo di cultura, però, non appartiene a noi padani e quindi non me la sento proprio di affermare, come hanno fatto i colleghi, che questo decreto-rapina rappresenti un valido passo avanti.
Gli ordini del giorno, sui quali dovremo votare, sollevano problemi molto seri; vediamone qualcuno. Innanzitutto viene sottolineata l'esigenza di assicurare la piena legalità nella gestione delle quote blatte. È una richiesta assolutamente legittima, considerato che la situazione è di macroscopica illegalità.
In secondo luogo, viene richiamata l'esigenza di restituire agli allevatori i quattrini illegalmente trattenuti dagli acquirenti. Questi quattrini sono degli allevatori onesti e devono essere restituiti agli allevatori onesti. Paghi chi ha imbrogliato oppure quelli che hanno combinato tutto questo disordine mediterraneo. Propongo che lo stipendio ed il patrimonio di Pinto e dei ministri dell'agricoltura dal 1983 ad oggi siano requisiti e messi a garanzia del pagamento delle multe che devono essere a carico di coloro i quali hanno imbrogliato. Le multe devono essere pagate da quei titolari di quote latte che sulla carta posseggono attici nel centro di Roma, a piazza Navona, all'interno dei quali ci sono anche mucche a quattro zampe. Pinto, invece di rapinare gli allevatori padani e di porre la questione di fiducia, sarebbe dovuto venire qui a dirci chi ha rubato e quando questi signori andranno in galera. Siur ministro Pinto, che non c'è, renda i soldi agli allevatori onesti e tiri fuori i nomi di quelli che hanno imbrogliato. Cosa aspetta?
Negli ordini del giorno viene evidenziato il comportamento responsabile del Governo in materia di quote latte. È giusto! Evidenziamolo!
Viene poi evidenziata la mancanza di una politica europea volta a garantire lo sviluppo del settore; si chiede l'eliminazione del sostituto d'imposta; si chiede di realizzare interventi di decentramento regionale e di realizzare certezze produttive e programmazione; si chiede inoltre di eliminare la disparità di trattamento tra i produttori, in quanto la compensazione viene eseguita ai sensi della legge n. 552 del 1996, che definisce diversi livelli di compensazione in base alla collocazione geografica dell'azienda produttrice. Capite quanto ciò sia assurdo? Questo è vero e proprio razzismo. Si chiede, ancora, di ricollocare le quote che sono state assegnate ai produttori in maniera illecita. Te credo, tutti sperano che i ladri vadano in galera; solo il ministro Pinto - mi pare - li vuole a piede libero, altrimenti avrebbe


Pag. 97

agito diversamente ed avrebbe chiesto al Parlamento di approvare un decreto molto diverso da quello in esame. Le quote assegnate in maniera illecita vanno ricollocate anche perché ai galeotti - che io sappia - le quote latte non dovrebbero servire. Si chiede ancora di identificare i poteri della commissione di garanzia prevista dal decreto-rapina, perché, senza una puntuale identificazione dei poteri della commissione, vi saranno i soliti problemi per svolgere i controlli; controlli che è facilissimo effettuare ma che poi alla fin dela fiera non sono mai stati fatti, anche se i contribuenti hanno pagato fior di miliardi per questi controlli fantasma: 16 miliardi nel 1987, 20 miliardi nel 1990, 32 miliardi nel 1992. E nessuno sa niente, i risultati sono nulli.
Presidente, ho già concluso il tempo?
Bene, chiudo dicendo tre cose molto importanti. Prima: viva gli allevatori padani; seconda: coraggio, tenete duro; terza: viva la Padania libera (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Martinelli e Michielon che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. Presidente, devo dire che anche in questa nottata non vi è da meravigliarsi poiché sembra di ripercorrere, al contrario, le stesse situazioni già vissute in occasione del decreto sul Banco di Napoli, del provvedimento sulla Sicilcassa o di quello sull'aumento dell'IVA. Si tratta di interventi che il Governo meridionale e meridionalista - mi dispiace per te, caro Borroni - gestisce, come al solito, con i soldi della Padania e con provvedimenti di affari o affaristici.
Il Governo sa bene che la gente padana e, in questo caso particolare, gli allevatori padani, chiedono esclusivamente di poter lavorare senza ostacoli, senza che lo Stato si metta di traverso ad impedire un onesto lavoro nelle proprie aziende, soprattutto senza essere presi in giro.
I nostri allevatori non chiedono altro che di poter continuare a seguire le proprie stalle, lavorando e raccogliendo il giusto guadagno per sé e per la propria famiglia, non per quelle dei soliti furbi, casualmente concentrati al sud ed in tutte le clientele democristiane della Coldiretti (vero, caro Ferrari? Ne sappiamo qualcosa?).
Non pensate allora che gli allevatori siano scesi nelle strade, si siano presentati sulle ferrovie, siano venuti fino a Roma se non per una legittima difesa delle proprie aziende e, in definitiva, del proprio lavoro, delle proprie famiglie, del futuro dei propri figli.
Qualcuno non ha creduto a questo ed ha pensato di avere a che fare con delle bande di delinquenti. La polizia di regime non ha mai trattato in questo modo neanche gli extracomunitari abusivi o coloro che si sono resi colpevoli di crimini o di ruberie. Contro la gente onesta, però, i manganelli vanno bene, soprattutto contro la gente che lavora, che è stata perfino costretta a difendersi con gli spargiletame.
A proposito di letame, il ministro Pinto ha proprio una bella faccia di bronzo a chiedere la fiducia sul provvedimento adducendo scuse assolutamente fuori luogo, che nessuno può condividere. È chiaro che le sue scuse sui tempi dell'approvazione dei provvedimenti istituzionali, del gran numero di emendamenti sono tutte bambinate. Ha ragione il collega Borghezio a dire che abbiamo a che fare con qualcuno che, evidentemente, non ha quelle capacità che gli si vogliono attribuire.
Questo è un provvedimento su cui il Governo si è rifiutato di discutere, ma non fa altro che scrivere a chiare lettere che la secessione è qualcosa che è già stata realizzata nel provvedimento in esame da questo Stato e da questo Governo, così come è stata fatta in altre situazioni, basti ricordare le questioni del gas metano, con una sorta di doppio binario, perché si ha una diversa imposizione - ovviamente più pesante - al nord rispetto al sud.


Pag. 98


Si sono avute situazioni diverse per quanto riguarda le aziende. L'importante è che la Padania paghi - perché, alla fine, l'obiettivo è quello - e che le clientele possono continuare sotto le più diverse e mostruose forme: Sicilcassa, Banco di Napoli, Alitalia eccetera.
Viva la Padania!

FRANCESCO FERRARI. Viva la Repubblica!

ALFREDO BIONDI. Chiedo di parlare per fornire un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO BIONDI. Signor Presidente, intervengo per dire che ho il piacere di comunicare all'Assemblea che l'autorità giudiziaria ha disposto il dissequestro di tutti i mezzi che erano stati sequestrati (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania). Poiché la Presidenza era stata interessata a questa questione, debbo dire che non c'è nesso di casualità con l'intervento, eventuale e possibile, della Presidenza stessa, nel quadro delle sue responsabilità così differenti, ma non certamente divergenti rispetto ai fini che la giustizia si propone nel nostro paese.
Come ha ricordato il collega Borghezio, sarebbe stata importante una decisione che avesse avuto il significato dell'immediatezza, della corrispondenza alle funzioni che degli strumenti di lavoro hanno per la vita della gente. Sono pertanto contento di poter riferire - avendolo ascoltato poco fa alla televisione - che l'autorità giudiziaria ha disposto il dissequestro di cui dicevo. È un gesto che significa parecchie cose; significa che ci si può agitare, ma ricevere la comprensione di chi deve giudicare e che molte volte gran parte delle polemiche sulla funzione giudiziaria devono essere attutite. Dobbiamo alzare il livello e abbassare il tono della contestazione.
Credo faccia piacere, anche a quest'ora di notte, a chiunque abbia interesse in questo momento a che in Italia si abbassi il livello dello scontro, che l'autorità giudiziaria, secondo il criterio della proporzione e dell'adeguatezza, abbia preso una decisione che corrisponde non ad un interesse di parte, ma alle esigenze dei cittadini quando dalle proteste vedono scaturire anche un effetto negativo.
Poiché presiedevo la seduta quando il collega Borghezio ha fatto la sua richiesta, sono molto contento di poter dire, approfittando di una pausa e della comprensione della Presidenza, che in quanto dicevo trovo una motivazione in più perché ciascuno di noi, nelle differenti posizioni, possa continuare a credere, come è doveroso fare, nello Stato, nei suoi diritti e nelle sue possibilità di attuarli (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio per la notizia fornitaci e siamo lieti che la conclusione della vicenda sia stata quella cui lei, onorevole Biondi, ha fatto riferimento.
Constato l'assenza degli onorevoli Maroni e Parolo, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Covre. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE COVRE. Signor Presidente, eviterò i preamboli per passare subito a leggere un'intervista che è apparsa il 27 dicembre scorso su un quotidiano locale della mia provincia, La Tribuna di Treviso.
In questi mesi se ne sono sentite di tutti i colori sulle quote latte, ma l'intervista che mi accingo a leggere ha la caratteristica di essere stata fatta ad un tale avvocato Roberto Corradi di Parma, il quale faceva parte della commissione governativa di indagine. In tale intervista si leggono affermazioni assolutamente interessanti che non ho visto riportate da altri quotidiani nazionali più importanti.
Una delle domande con cui inizia l'intervista è la seguente: «Di quali frodi si tratta e cosa rischiano gli autori?» La risposta: «Si tratta di truffa aggravata ai danni dello Stato (articolo 640-bis del codice penale); si rischiano da uno a sei


Pag. 99

mesi». Domanda: «Chi sono gli indiziati e chi farà i processi?» «La procura di Roma ha messo sotto inchiesta tutti i ministri dell'agricoltura dal 1984 al 1993, da Pandolfi a Lucchetti, esclusi solo i due nel frattempo defunti, i vertici dell'Unalat pro tempore, i dirigenti del Ministero dell'agricoltura e quelli dell'AIMA. Ci sono poi le singole procure che possono indagare su truffe locali. Mi risulta quella di Mantova, ma anche altre». Ed inoltre: «C'è un'altra indagine della Corte dei conti solo nei confronti degli ex ministri per danno erariale pari a 2.200 miliardi dal 1989 al 1993. Questo denaro è una parte della multa di 3.200 miliardi che l'Italia sta ancora pagando all'Unione europea».
«Perché solo una parte?» Continua l'avvocato Corradi, membro della commissione governativa: «Perché di quei 3.200 miliardi di multa ben 2.200 si riferiscono a latte mai prodotto, dunque non avrebbero mai dovuto essere pagati». Questi sono dati che abbiamo letto anche da altre parti, ma che a riferirli sia un commissario nominato dal Governo, dal mio punto di vista, è interessante.
Domanda: «Allora ha ragione il ministro Pinto a dire che ogni cittadino italiano paga 72 mila lire a testa per le quote latte?» La risposta del commissario: «Pinto si dimentica di aggiungere che due terzi o addirittura tre quarti di quelle 72 mila lire si riferiscono a latte mai prodotto, dunque sono prodotti per incapacità gestionale dei suoi predecessori». Ecco un'accusa gravissima nei confronti dei vari ministri che si sono succeduti al dicastero dell'agricoltura.
Un'altra domanda interessante: «E chi è che non ha collaborato?» «Il Ministero della sanità» - risponde il commissario - «Riceveva 4 miliardi da quello dell'agricoltura per pagare i veterinari, affinché dessero questi dati. Il compito dei veterinari era solo quello di segnare una crocetta su un modulo prestampato alle caselle 'sì' e 'no' delle seguenti domande: l'azienda era in attività negli anni 1994, 1995, 1996 e 1997? Aveva vacche da latte? Quali erano e quante erano? Poi dovevano aggiungere la firma ed il codice fiscale. Qui è scoppiata la rivoluzione». Domanda: «Perché?» «Il codice fiscale consentiva di mettere sotto controllo i veterinari. Naturalmente non lo hanno messo e dunque non si può risalire a chi lo ha compilato.
La parte più interessante dell'intervista, comunque, signor Presidente ed onorevoli colleghi che mi ascoltate, è quella finale. Si domanda: «Dunque, il censimento delle vacche è fallito per il rifiuto dei veterinari di collaborare?». La risposta del commissario è: «È stato il disastro dei veterinari. Oggi mancano ancora 6-7 mila schede corrispondenti ad altrettante aziende». Immagino che i rispettivi veterinari come pubblici ufficiali avranno qualche problema per il falso in atto pubblico, ma se non hanno indicato il codice fiscale, è evidente che sarà difficile risalire a loro.
D'altra parte sono in atto grandissimi acquisti di bovini da latte da parte di mediatori che non badano tanto alla qualità. È un'autentica migrazione di vacche dal nord al sud dell'Italia: ritengo che vada a coprire buchi di quote latte.
Un'altra domanda: «I veterinari sono vittime o collusi delle truffe?». La risposta: «Diciamo che il disastro dei veterinari è equamente distribuito nella penisola, ma ha la tendenza a concentrarsi nelle regioni a criminalità organizzata. D'altra parte c'erano veterinari che telefonavano direttamente al presidente della commissione, dicendogli: generale» - si trattava di un generale della Guardia di finanza - «lei mi vuole morto?».
Ultima domanda (forse la più interessante): «A quanto ammonta il latte di carta prodotto senza vacche?» La risposta è veramente interessante (per fortuna viene verbalizzata): «Sono circa 6 mila i produttori che hanno dichiarato zero vacche nelle annate 1995-1996 e 1996-1997 e ciò nonostante hanno fatturato 2 milioni 50 mila quintali di latte. Questa, praticamente, è l'intera multa comunitaria. Abbiamo trovato una multinazionale, di cui non dirò mai il nome» - un commissario

Pag. 100

governativo che fa questa dichiarazione! - «che ha fatturato latte a carico di un produttore all'oscuro di tutto».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pittino. Ne ha facoltà.

DOMENICO PITTINO. Data l'ora tarda, non vorrei tediare gli ascoltatori su un argomento che ormai è stato discusso ed approfondito ampiamente. Vorrei solo fare alcune riflessioni che mi sembrano giuste, prendendo come esempio la vicenda al nostro esame che, secondo me, è simbolica: dimostra che l'unità d'Italia è, dal punto di vista economico, uno sfacelo.
Infatti, voler considerare complessivamente i problemi della penisola è un grave errore, sia dal punto di vista logico che da quello dei sentimenti.
Credo che la vicenda delle quote latte si possa definire una tragedia kafkiana, perché mi sembra sia il tempio dell'assurdo. Tutti sappiamo che i padri costituenti hanno stabilito che la Repubblica è fondata sul lavoro: ebbene, siamo di fronte ad un assurdo, poiché c'è gente che viene multata perché ha lavorato troppo! È proprio il tempio dell'assurdo e mi pare anche un segnale del punto in cui siamo giunti.
Vorrei aggiungere un'altra riflessione: il Governo ha posto la fiducia dichiarando che non vi è tempo perché l'Europa ci pressa. Sono alla prima legislatura ed ho cominciato a muovere i miei primi passi in Commissione agricoltura. Non sapevo nulla della materia, ma mi è bastato leggere alcune carte per capire che quella delle quote latte più che un problema era una tragedia, che provocava avvilimento.
Vedo che sono passati quasi due anni, ma siamo sempre allo stesso punto. Se due anni fa il Governo poteva dire che il problema non gli poteva essere imputato, credo che adesso non possa più sostenerlo: sono già passati quasi due anni e siamo sempre nella stessa situazione. Come si spiega? Evidentemente dipende dalle gravi difficoltà che questo Governo incontra nell'individuare la politica giusta. Non si può trovare una soluzione, perché altrimenti si solleverebbe il coperchio sulle malefatte precedenti. Il Governo, però, che si dice nuovo e riformista, è sempre quello di prima sotto falso nome: se smascherasse la situazione, si intrometterebbe in fatti che lo danneggerebbero. Ciò mi sembra emblematico delle difficoltà che l'esecutivo incontra nel risolvere questo problema che, in sé, è di facilissima soluzione.
Vorrei poi far riflettere sull'attacco del Presidente della Repubblica contro i Cobas del latte. Questi allevatori, che erano iscritti alla Coldiretti, rendendosi conto che essa non faceva i loro interessi, ma solo quelli di una ristretta oligarchia, si sono dovuti difendere da soli: mi sembra legittimo. Il Presidente della Repubblica, che ha militato in un partito per il quale la Coldiretti è stato un grande serbatoio di voti, li ha duramente attaccati: ma dove era lui quando i contrabbandieri di Napoli (che mi pare siano fuori legge) protestavano per le strade della loro città...

PRESIDENTE. Onorevole Pittino, la prego di concludere.

DOMENICO PITTINO. ...quando i cassintegrati napoletani bruciavano gli autobus pubblici, quando i lavoratori del sud bloccavano le linee ferroviarie sulla Salerno-Reggio Calabria, senza che mai intervenisse qualcuno? Dov'era il Presidente della Repubblica quando succedevano queste cose (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)?

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Chincarini, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.

FLAVIO RODEGHIERO. Grazie, signor Presidente, e grazie a questo Governo di sinistra ed al Presidente della Camera che, invece di farci esaminare e votare gli


Pag. 101

emendamenti, ci ha concesso l'elemosina di intervenire sugli ordini del giorno: impegni che chiediamo a questo Governo sul tema delle quote latte e che già sono stati bocciati per bocca del ministro.
Questa sera non manifestiamo per una politica a favore di una categoria, ma per una politica a favore del lavoro e di chi lavora, per una politica a favore di tanti giovani che nell'agricoltura hanno investito per il proprio futuro. Non manifestiamo per un sostegno a pochi privilegiati, ma per un sostegno a favore di un settore trainante di tanta parte del nostro territorio.
Non ci facciamo smuovere dall'emotività, pur ragionevole di fronte a certe scene di pestaggi, ma dall'analisi opportuna e chiara di un provvedimento di politica economica.
Esprimiamo solidarietà civile - perché ogni cittadino possa liberamente esprimere la propria protesta - economica - perché preoccupati per un settore trainante dell'economia - e politica, perché finalmente l'agricoltura sia di competenza delle regioni e si aprano a Bruxelles due tavoli, uno per l'agricoltura a vocazione continentale con la produzione di latte tipica del centro-nord ed uno per l'agricoltura a vocazione mediterranea con la produzione di agrumi e di olive tipica del sud.
C'è da dire di più in questa analisi del provvedimento in esame, degli ordini del giorno ad essi presentati e dei fatti che ne sono all'origine. Mercoledì della settimana scorsa la moglie di un allevatore della provincia di Padova mi ha telefonato al mattino presto esponendomi, concitata e preoccupata, il fatto che il marito era stato posto in stato di fermo presso la scuola di polizia alle porte di Roma, mentre democraticamente scendeva con il suo trattore dal nord verso la capitale a manifestare con gli altri suoi colleghi il disagio e la pesante problematica del settore lattiero.
Ho capito subito che si stava attuando un tentativo di creare sudditanza psicologica in una popolazione da sempre pronta al sacrificio e al senso del dovere, rispettosa della legalità e delle istituzioni. Ma soprattutto che si trattava della violazione di quei valori che fanno la nobile tradizione del nord, dove la norma non è formalità, il dovere non è recitazione, la legge non è apparenza, il lavoro non è il posto, il sacrificio non è arrangiarsi.
Con questo provvedimento sulle quote latte il Governo ha fatto un'operazione politica ed un'operazione contabile: ha ritenuto che i voti degli allevatori non vadano all'Ulivo, e quindi tanto valeva castigarli in una presupposta politica di rigore nel settore; ha ritenuto opportuno inoltre scaricare su tutti gli allevatori una politica di rigore piuttosto che applicare, come chiedono gli allevatori stessi, che protestano, le conclusioni raggiunte dalla commissione d'inchiesta, e cioè le responsabilità di tanti ministri, del Ministero, dell'AIMA, delle associazioni di categoria e di alcuni precisi soggetti, industrie alimentari e singoli allevatori già individuati.
Dove sono i verdi e i popolari, che tante promesse hanno fatto? Hanno accettato il diktat del PDS, pur di coprire responsabilità ben precise ed individuate di amici vecchi e nuovi. Ma questo Governo, in tutte le sue componenti (rifondazione, PDS, socialisti, popolari, verdi, pattisti), ha commesso un errore molto più grosso con la scelta di accettare il voto di fiducia su questo provvedimento; si è tradito, cosa peraltro già avvenuta molte volte, il principio che questa Repubblica è fondata sul lavoro, e si è affermato invece il principio della furbizia e dell'opportunismo, in sintesi il principio della mafia italiota, per la quale il Governo è debole con i forti ed è forte con i deboli.
Non vi siete accorti che con questa scelta, con la scelta di questo provvedimento, che fa pagare anche agli onesti le ruberie altrui, è stato tradito il cuore dei giusti, la fiducia nel lavoro, nella giustizia e nell'onestà. Questo Governo non ha capito che l'incrinatura che ha causato oggi nelle coscienze degli onesti farà un giorno crollare questa casa chiamata Italia sulle teste dei filistei odierni; la mafia è infiltrata nelle istituzioni, nei partiti, nel paese tutto.

Pag. 102

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, la vicenda della conversione di questo decreto-legge sembra per il momento mettere la parola fine o far calare il sipario su una vicenda che ha dimostrato più di una cosa. La prima è che uno Stato inefficiente, uno Stato che alimenta la protesta e l'inefficienza di organismi dell'amministrazione pubblica, come l'AIMA, e l'incapacità di altri organismi di accertare per tempo, con i dovuti controlli, le responsabilità, non poteva che condurre ad iniziative e, purtroppo, in alcuni casi anche a conseguenze che sicuramente nessuno avrebbe voluto e che molti avrebbero preferito evitare.
Proprio dall'inefficienza è maturata anche l'ingiustizia, e io sarei curioso di rivolgere una domanda al ministro competente, chiedendo a lui se, dopo che uno Stato inefficiente ha dato la stura a queste situazioni, vi possa essere uno Stato indifferente di fronte alla giustizia. E quando quel decreto-legge prevede la restituzione degli importi relativi ai prelievi supplementari nella misura dell'80 per cento, credo sia normale chiedersi se vi possano essere persone non responsabili nella misura dell'80 per cento o, se il ministro preferisce, se vi possano essere colpevoli nella misura del 20 per cento.
Non è questa la dimostrazione nei fatti, codificata nel decreto, di come questo Stato, oltre che inefficiente, si stia rivelando anche indifferente ai temi della giustizia? E questa intera vicenda ha purtroppo finito anche per dimostrare come ulteriori aspetti al nostro esame lascino un'immagine negativa della pubblica amministrazione, rappresentata purtroppo dal ministro competente. È quella dello Stato diffidente, dello Stato che, proprio perché non si fida del suo cittadino e proprio perché non ritiene che il cittadino sia tale, deve introdurre un meccanismo e mantenerlo che prevede che il pagamento non sia in capo diretto all'interessato, cioè all'allevatore, ma che sia in capo all'acquirente, che trattiene somme d'altri. È l'immagine - tanto per colorirla con un esempio facile da comprendere - della pattuglia dei carabinieri o della polizia, che in alcuni casi, magari per disposizioni superiori, deve mettersi ai bordi della strada e attendere che qualcuno passi. È purtroppo l'immagine di uno Stato - non per colpa di questi servitori - che ha reso il rapporto con i cittadini un rapporto che non vede quest'ultimo sotto il profilo delle sue libertà, ma che lo vede purtroppo sotto un profilo estremamente negativo, quasi fosse un nemico.
E allora, quando non si è in grado di accertare al cento per cento chi siano i responsabili all'interno degli allevatori, si trovino essi nella cosiddetta Padania o, come diciamo noi di alleanza nazionale, in tutta Italia, individuandoli e punendoli come meritano, non ci si può lamentare se anche le rappresentanze ufficiali di certe categorie vengono sorpassate dalla protesta di chi si sente tradito da uno Stato che difficilmente può rappresentarlo.
Vi è, in tutta questa vicenda, l'amarezza proprio per l'immagine della pubblica amministrazione, che ancora una volta esce sconfitta in un confronto che non ha restituito dignità a chi la stava chiedendo, che non ha restituito giustizia a chi la reclamava e che non ha distribuito parità di trattamenti di fronte ad altri atteggiamenti, tenuti sempre da uffici pubblici, non escluso quello della magistratura. Quell'operazione che si è consolidata con il prelievo - uso un termine che richiama il decreto-legge - e con il sequestro dei trattori, restituiti oggi grazie anche all'intervento di alleanza nazionale, che predispose 135 dichiarazioni per quegli allevatori con la richiesta di restituzione, ha sequestrato non solo i trattori, ha sequestrato purtroppo una protesta.
Rimane il dubbio, caro sottosegretario, che in realtà l'operazione sia stata purtroppo congegnata in maniera millimetrica e da uno Stato indifferente non solo verso i diritti relativi alla questione delle quote latte, ma anche nei confronti dei


Pag. 103

diritti di libertà dei cittadini, violati a parer nostro anche in quell'occasione. Ecco perché alleanza nazionale non può stare da nessuna parte, perché sta dalla parte dei diritti di libertà, che in questa vicenda sono stati violati (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oreste Rossi. Ne ha facoltà.

ORESTE ROSSI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ricollegarmi all'intervento dell'onorevole Pittino, purtroppo interrotto per i tempi brevissimi concessi, il quale segnalava i differenti trattamenti fra diverse categorie di lavoratori attuati da questo Governo e dalle forze di polizia.
È vero. Noi abbiamo assistito negli anni a scioperi selvaggi dei lavoratori dell'Italsider di Genova e di Taranto e della Novi di Novi Ligure: mai si è assistito ad interventi di forza e di violenza da parte di corpi della Polizia di Stato. Con gli agricoltori e gli allevatori è stato diverso, pur trattandosi di persone che difendevano semplicemente il diritto a lavorare, a produrre qualcosa di caratteristico del nostro paese.
Sia chiaro: il latte che viene prodotto in Italia copre il 60 per cento del fabbisogno nazionale; il resto lo importiamo. Persone che tutelavano semplicemente un loro diritto sono state caricate e manganellate dalla polizia: sinceramente è inaccettabile, anche perché tutto ciò è accaduto con il beneplacito del Capo dello Stato, che invece doveva tutelare una categoria di lavoratori, quella degli allevatori, che appartiene a quella degli agricoltori, coloro che da sempre si è detto che devono morire con la zappa in spalla per poter vivere. Sembra una cosa strana, ma ancora oggi l'agricoltore, quando va in pensione, per questo Stato e per questo Governo deve essere in grado di vivere con poco più di 600 mila lire al mese, una somma che non permette loro probabilmente neanche di pagarsi l'affitto della casa in cui dovrebbero vivere.
Voglio fare un altro paragone. Queste multe sulle quote latte ricordano il superprelievo sui cereali che è stato applicato fino a qualche anno fa. Un superprelievo che, di fatto, era una tassa supplementare che veniva applicata a quelle aziende agricole, a quei produttori che superavano la produzione annua di cereali di 250 quintali. Un'azienda agricola media di 5 ettari (quindi piccola, che sicuramente non permette ad un agricoltore di vivere giacché occorrono circa 15-20 ettari) produce circa 100 quintali per ettaro di mais per un totale di almeno 500 quintali. Oltre i 250 quintali veniva applicata una multa che si chiamava superprelievo sui cereali. Dall'altra parte si permetteva ai furboni di importare soia dall'estero (autotreni e autotreni di soia), rivenderla come prodotto proprio ed ottenere circa 30 mila lire a quintale di regalo da parte della Comunità.
Stiamo discutendo di ordini del giorno e voglio segnalarne in particolare uno che ritengo importantissimo e che mi auguro che questo Governo, che non ci ha permesso neanche di fare un dibattito chiaro, aperto, pulito, da vero Parlamento su una questione nazionale, accetti. È quello del collega Lembo, che impegna il Governo a presentare al Parlamento il progetto di riforma della legge n. 468 del 1992 entro e non oltre il mese di febbraio, permettendo così agli allevatori di programmare la propria produzione, di favorire la produzione di qualità e la tipicità dei prodotti derivati, di realizzare interventi di decentramento regionale e di potenziare le politiche di esportazione; a riformare completamente l'AIMA, sia per l'efficacia dei controlli, sia per la qualità delle prestazioni pubbliche, sia per la necessità di svecchiare gli strumenti istituzionali in materia agroalimentare. Voglio anche ricordare un'altra cosa. Quando noi impediamo di fatto la produzione di latte permettiamo anche l'importazione di sostanze alimentari derivate dal latte o latte in polvere che non hanno passato determinati controlli di qualità. In questo modo rischiamo anche di danneggiare


Pag. 104

la salute non solo dei nostri cittadini ma in particolare dei bambini, che sono i principali consumatori di latte.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Frosio Roncalli, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Signorini. Ne ha facoltà.

STEFANO SIGNORINI. La vicenda delle quote latte per chi non è testimone dei fatti rasenta l'incredibile. Storie che potrebbero avvenire in qualche paese sudamericano, in paesi poco o niente democratici, governati da militari o comunisti dove le regole sono un optional e non una costante come dovrebbe essere in un paese civile e democratico. Invece accade in Italia, un paese in cui la sinistra si vanta di volere un paese normale ma che i fatti dimostrano voler essere normalizzato. Un paese di furbi, di ruberie, di regole infrante costantemente, di truffe, di imbrogli, di manganellate. Sì, perché il Governo della sinistra, per rispondere alla protesta sacrosanta di allevatori risponde con il bastone. Manca l'olio, poi si potrebbe dire che siamo ritornati indietro nel tempo. Sì, perché i Governi cambiano, si va dalla destra alla sinistra, ma i metodi di repressione, alla fine, rimangono sempre uguali.
Quello che tutti i padani, gli italiani, hanno visto dalle immagini televisive ha dato l'esatta dimensione del problema, l'esatto comportamento - in quanto le immagini non potevano essere addomesticate -; il modo in cui questo Governo intende agire per risolvere lo spinoso problema delle quote latte. Abbiamo visto come i manganelli della polizia si abbattevano sugli allevatori in maniera del tutto gratuita, come la televisione di regime dava informazioni. Per fortuna altre televisioni hanno mostrato la nuda e cruda realtà fatta di violenza e di sopraffazioni. Tale atteggiamento arrogante del potere è stato poi mantenuto - e questo fa più male di qualche manganellata - nell'approvazione del decreto-legge 1 dicembre 1997, n. 411; un decreto che non rispetta il lavoro onesto di quanti hanno seguito le direttive che venivano date, che penalizza i produttori padani, che non tiene conto della realtà. Intere aziende sull'orlo del fallimento perché non hanno la possibilità di avere quanto spetta loro dalla produzione di latte. Un comparto produttivo che il Governo definisce italiano ma che in realtà è solamente padano.
Se si ripercorrono le tappe di queste vergognose vicende sulle quote latte ci si rende conto che non vi è mai stata la volontà di sistemare la situazione quando era possibile farlo, senza arrivare al momento attuale in cui a dover pagare gli errori altrui sono i nostri allevatori. Il problema affonda le sue radici nella volontà politica che ha portato il problema solo al nord, essendo stato ridotto a 14 mila aziende che avevano splafonato (guarda caso, sono tutte in Padania visto che qui si produce l'80 per cento del latte). Una volta circoscritto il problema avete pensato di risolverlo perseguendo una politica di punizione nei confronti degli allevatori senza essere in grado di provare la colpa, con molte magistrature che si son espresse per la non responsabilità degli allevatori. Se è vero che qualche furbo c'è stato - e c'è stato - colpitelo, in modo che sia lui a pagare e non chi si è comportato onestamente, ossia la stragrande maggioranza.
La commissione Lecca è riuscita a formare un elenco di chi si è comportato correttamente, quindi la possibilità di colpire i disonesti c'era restituendo il maltolto agli onesti. Ecco quindi le ragioni della protesta, ecco la rabbia di chi ha lavorato per poi vedersi ridicolizzato dalla prepotenza di un Governo che invece di ammettere gli errori fatti e cercare di risolverli vuole andare fino in fondo. Forse il Governo spera che con il tempo tutto si aggiusti e tutti si dimentichino di quanto avvenuto. I sondaggi che vengono pubblicati sui giornali la dicono lunga sulla disaffezione dei cittadini verso questo Stato. Oltre il 40 per cento in Veneto non ne vuole più sapere. Le iniziative


Pag. 105

assunte da questo Governo non fanno altro che far aumentare questo sentimento. Porre la questione di fiducia è un atto che dimostra la debolezza di questo esecutivo e non accettare un dibattito costruttivo discutendo quei pochi emendamenti presentati non è altro che continuare l'atto di violenza nei confronti dei cittadini. Si è solo spostato il campo di azione. Prima eravamo a Vancimuglio, adesso siamo in Parlamento.
Che con il decreto sulle quote latte il Governo peggiori gli errori e le ingiustizie passate, presenti e future è evidente. Siamo di fronte ad un'operazione contro le vigenti leggi italiane ed europee, come ha dimostrato la commissione di inchiesta governativa: una situazione di truffe che il decreto rinfocola ed una disparità di trattamento nord-sud. Il Comitato paritetico di 8 parlamentari di maggioranza e minoranza, relatore Lembo della lega nord per l'indipendenza della Padania, lo ha fatto. Il Comitato ha analizzato negli ultimi giorni la legittimità del decreto e di fatto lo ha bocciato; tuttavia il Governo è andato avanti come un bulldozer, alla disperata, contro tutto e tutti. Oggi tocca alle quote latte, domani al vino. Vi sono enormi responsabilità di enti statali, organizzazioni di categoria, sindacati, cooperative e grave è che tuttora sono ancora in carica al potere sempre le stesse persone. La costanza è che nessuno ha mai nessuna responsabilità ed a pagare sono sempre gli stessi: la gente onesta. Il peso delle multe ricade solo sulle regioni del nord, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana e non sulle isole e sul centro-sud dove si accentra la maggior parte delle truffe. La commissione d'indagine del generale Lecca in pochi mesi ha scoperto cose che in tredici anni nessuno aveva scoperchiato. Giri di fatture false, stalle senza vacche, traffici di latte in polvere, nessun controllo. Cose su cui il Governo, ponendo la fiducia, benché non forzato da ostruzionismi, ha messo il silenziatore impedendo il controllo pubblico, in modo che se ne sappia il meno possibile.
Forse il Governo intende venire meno e darà la conferma di questi atteggiamenti che sono deleteri. Quindi, avanti caro ministro, distrugga pure le aziende padane. Ogni cosa ha il suo tempo. C'è un tempo per parlare e un tempo per tacere; domani parleranno le coscienze dei padani contro uno Stato che ormai non ci rappresenta più (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Stefani, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Volevo salutare il ministro dell'agricoltura o per meglio dire, con termini dotti, il ministro delle risorse agricole e forestali, però come spesso accade è assente. Di solito, anche quando è presente fisicamente è assente mentalmente perché non riesce a recepire quanto viene detto dai suoi interlocutori, non riesce a recepire le esigenze del settore di cui dovrebbe occuparsi (lo fa da perfetto incompetente). Probabilmente al ministro dell'agricoltura o delle risorse agricole italiane interessa molto di più occuparsi dell'olio d'oliva pugliese o della mozzarella di bufala o delle arance siciliane, piuttosto che delle questioni relative agli allevatori padani. Gente che chiede solo di poter lavorare, che si sta giocando il proprio futuro per colpa di un Governo sordo, cieco, che non vuole capire le esigenze che queste persone pongono manifestando democraticamente e pacificamente, fino a quando il manganello di Stato non è intervenuto per provocare e per sconsigliare queste persone dal proseguire nella loro lotta, nelle loro legittime rivendicazioni (ed a loro va tutta la nostra solidarietà).
Questa sera ci troviamo nuovamente a discutere di quote latte. Si tratta di una questione annosa, aperta; un anno fa eravamo nelle stesse condizioni, però il Governo non è stato in grado di formulare


Pag. 106

una proposta decente. È un Governo che si dovrebbe vergognare di quello che sta facendo, di come sta trattando cittadini che lavorano duramente, sicuramente molto più duramente di voi ministri, che tanto parlate e nulla fate! Sicuramente nessuno di voi si è mai alzato alle quattro di mattina per mungere una vacca e sicuramente nessuno di voi ha lavorato a Natale, a Capodanno, a Pasqua o il giorno del suo compleanno e in tutte le festività, perché in certi lavori non c'è festività, non c'è la possibilità di prendersi un giorno di ferie!
Però, il ministro dell'agricoltura italiana - spero ancora per poco, fino a quando ci sarà la Padania libera ed indipendente - non può esimersi dall'ascoltare le esigenze degli allevatori padani, dei produttori di latte. Questo ministro che si nasconde, che non si fa vedere, che non adotta provvedimenti adeguati alla situazione attuale del mondo lattiero-caseario dovrebbe fare un gesto di coraggio: dimettersi, lasciare il suo incarico. Ricordo che in un'altra occasione il ministro Pinto, rivolgendosi a me con un moto di stizza, disse: «Va bene, allora a questo punto vieni tu al mio posto!». No, caro ministro, io ho l'umiltà di dire che di questo settore non sono un esperto conoscitore; però, mi sono informato, ho capito quali sono le esigenze e ho capito che sono esigenze giuste, che devono essere accolte. Allora, se ci troviamo di fronte ad una persona di questo tipo, è giusto che se ne vada a casa ed è giusto che si trovi un esperto vero, non un avvocato che nella vita si è occupato di tutt'altro.
La questione che stiamo analizzando è frutto di cinquant'anni di malgoverno; in particolare, per le quote latte, di vent'anni di ruberie, di provvedimenti adottati da Governi - si diceva allora - ladri, mafiosi, collusi (e poi qualcuno in galera in effetti ci è andato; quindi vuol dire che quelle non erano solamente voci, ma c'erano le prove). Non resto meravigliato del fatto che questi «romanofili» che ancora oggi ci governano proseguano sulla stessa linea, perché Roma è padrona, è colonialista e quindi la linea è sempre quella: manganellare le persone che si ribellano in nome di ideali, di proposte giuste, solo perché lo Stato non può perdere il controllo e non può ammettere di avere commesso degli errori, soprattutto quando si tratta di organi di Governo. Ma la storia di solito fa giustizia, il tempo dà ragione a chi porta avanti tesi vere, giuste. Quindi, non mi preoccuperei più di tanto, nel senso che comunque poi i veri responsabili verranno trovati e dovranno pagare, se si vuole agire in una logica di Stato di diritto.
Però, come dicevo prima, garantire continuamente l'immunità a queste persone vuol dire procedere nella logica che ha creato questo problema e se non si è seri, onesti, se non si vuole risolvere finalmente dalla radice tale problema, è inutile portare questo tipo di provvedimenti in aula: non portate niente, è meglio, salvate almeno la faccia! Non venite a raccontarci barzellette! Fate cose serie! Andate a lavorare, che forse fate meglio. Forse producete e, se siete in grado, fate qualcosa di buono per il vostro Stato.
La questione è veramente drammatica; non siete in grado di produrre qualcosa di efficace e di efficiente; non siete in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini. A questo punto, non si dimetta solo il ministro, ma tutto il Governo che ha approvato il decreto-legge, perché sicuramente questo provvedimento non è l'optimum, ma un palliativo.
Venendo ai contenuti, si concretizza il tutto in un furto ai danni di chi lavora e che, per legittima difesa, per il proprio futuro, sta protestando. Si riduce il tutto nella tutela, nella garanzia di non incorrere in possibili azioni legali nei confronti del marciume della Coldiretti, dell'AIMA, dell'Unalat, della Federconsorzi, di queste associazioni che tanto male hanno fatto al settore lattiero-caseario italiano, ma soprattutto padano.
A questo punto, signori miei, se si vuole davvero cercare...

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere!


Pag. 107

GIACOMO STUCCHI. Concludo con un saluto ai lavoratori che ci stanno ascoltando...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Stucchi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Terzi. Ne ha facoltà.

SILVESTRO TERZI. Cosa dire dopo le riflessioni che sono state già fatte più che abbondantemente, riflessioni che sono state ovviamente frutto di un'analisi nel merito del decreto-legge sulle quote latte.
Forse però è utile ricordare, in particolare lo scempio della legge n. 46 del 1995. Per meglio illustrare la parte sulle quote latte contenuta in quella legge fu emanata una circolare, poi prontamente annullata dalla stessa Corte costituzionale, perché essa creava più disguidi rispetto a quanti ne avesse creati la legge n. 46 del 1995. Passa ancora un po' di tempo e la trovata dell'allora Governo viene concretizzata con la legge n. 124 del 1996. Fra un insieme di clamorose violazioni di diritti, si arriva alla conclusione della XII legislatura, che avvenne all'insegna di molte promesse circa la soluzione del problema delle quote latte. La nuova legislatura si è aperta con le dichiarazioni programmatiche del ministro, nel corso delle quali egli ha affermato che avrebbe preso in considerazione i gravi problemi dell'agricoltura, non trascurando quello in esame, perché «ha raggiunto ormai un'importanza rilevante e non più procrastinabile». Questo per lo meno è quel che viene detto.
Proprio nel periodo in cui viene costituito questo Governo - per la precisione, il 20 maggio - la Commissione europea emana un parere nel quale si afferma l'inadempienza dell'Italia proprio in merito alla trattazione delle quote latte. Si susseguono ulteriori decreti, che hanno una durata minima e che non risolvono assolutamente questo problema, che noi oggi ci trasciniamo.
Si parla del superamento delle quote latte, ma questo discorso non approda assolutamente a nulla. Anzi, già nella scorsa legislatura, proprio per iniziativa del senatore della lega Robusti, viene istituita al Senato una Commissione d'inchiesta sull'AIMA, con la quale si comincia a cercare di entrare nel vivo della situazione delle quote latte, dei capitali che rimangono fermi. Poi, con lo scioglimento della scorsa legislatura, tutto sembra sopito.
Sopito in realtà non lo è, mentre sopite sono forse le coscienze di quelle forze politiche che in questa legislatura sbandierano come risolti problemi che in realtà non lo sono; anzi la situazione si è ulteriormente aggravata. Prima infatti si parla in modo indiscriminato di quote latte non rispettate e poi si accusano indistintamente tutti gli allevatori come se fossero semplicemente delle persone poco raccomandabili. Si dimostra una prosopopea e si rimproverano gli allevatori per ciò che fanno in merito alle quote latte, permettondosi persino di andare in piazza e cominciando a disturbare la quiete di chi probabilmente, seduto negli scranni del Governo, teme per l'incolumità pubblica...

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Terzi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Paolo Colombo. Ne ha facoltà.

PAOLO COLOMBO. Colleghi, Presidente, tocca a me l'onore di chiudere gli interventi del gruppo della lega relativamente alla fase delle dichiarazioni di voto sugli ordini del giorno.
È questa l'occasione per fare un sunto politico degli interventi precedenti su una serie di aspetti che sono stati considerati, ma che ritengo debbano essere ulteriormente sottolineati.
In premessa credo che occorra analizzare come si sia giunti questa situazione ormai disperata, in cui il Governo chiede una fiducia senza alcuna plausibile ragione. Non vi sono problemi di ostruzionismo; non c'è un problema di tempi per l'approvazione del provvedimento; non c'è un problema, almeno così sembra, di rischi evidenziati e di sfiducia per il


Pag. 108

Governo da parte della sua maggioranza. Ebbene, nonostante ciò si è arrivati ad una situazione in cui si cerca di imbavagliare il dibattito in Parlamento e di evitare in aula il confronto sui contenuti del decreto. E questo perché evidentemente ci sono questioni talmente scottanti e rilevanti che non possono essere messe in luce.
Molti miei colleghi hanno evidenziato diverse questioni; in particolare hanno ricordato gli scandali che da anni vengono procrastinati; scandali che possono essere paragonati a quelli della peggiore gestione mafiosa di uno Stato, come quello italiano, dove sono ammessi certi scandali.
Intendo riferirmi anzitutto alla nascita del problema delle quote latte, del vizio d'origine, ossia del peccato originale di questo problema: la svendita dell'agricoltura e dell'allevamento padano in cambio della siderurgia dell'Italia meridionale, ad opera dei Governi democristiani mafiosi che nel corso dei decenni precedenti hanno governato lo Stato italiano.
Il fatto di aver sottostimato la produzione lattiera italiana per privilegiare con un meccanismo di scambio l'acciaio di Bagnoli ha prodotto un disastro economico che è oggi sotto gli occhi di tutti e che viene confermato da questa situazione veramente indecente della quale sono gli allevatori padani a fare le spese.
A fronte di questo scandalo c'è poi una serie di ulteriori truffe, di situazioni di malaffare, sostenute da quelle organizzazioni che avrebbero dovuto rappresentare gli interessi dei lavoratori padani; organizzazioni controllate, asservite al potere democristiano e colluse con il potere mafioso, le quali - lo ripeto - non hanno in alcun modo tutelato il settore lattiero padano.
C'è poi lo scandalo dell'AIMA, un'associazione, questa, che con la distribuzione e il meccanismo della suddivisione delle quote di produzione ha vissuto e ha permesso di arricchirsi a qualche mafioso, a qualche truffatore, a qualche furfante italiano mentre ha condannato molti produttori, che effettivamente hanno lavorato e prodotto in modo onesto e senza volontà di truffare, a subire dei costi che hanno messo e mettono oggi a rischio la sopravvivenza delle imprese e di un tessuto economico-sociale che deve essere difeso e tutelato perché può veramente mettere in crisi un'intera società.
Ed allora qual è l'analisi politica? Che a fronte dell'evidenziazione di questo malaffare e di questo malcostume, lo Stato italiano non permette nemmeno un dibattito, non permette cioè che il Parlamento, il quale dovrebbe legiferare, sostenere e dare voce agli interessi e ai diritti dei popoli dello Stato italiano e dei suoi cittadini, parli ed esprima opinioni.
Speriamo che agli atti di questo dibattito restino le nostre voci di dissenso.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Paolo Colombo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fronzuti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRONZUTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, in una atmosfera surreale e in un momento particolarmente surriscaldato all'interno e all'esterno di quest'aula, siamo costretti a svolgere, nostro malgrado, un'azione di filibustering per dimostrare al Governo prima, e al paese poi, che le forze di opposizione non si piegano ad una politica intrisa di arroganza e di prepotenza, che mira a mettere il Parlamento nell'assoluta impossibilità di svolgere il suo ruolo e ad affermare le speculari prerogative che pure gli appartengono.
È da anni che ci trasciniamo dietro questo problema che è esploso in questi ultimi tempi perché più palesi e più macroscopiche sono apparse le ingiustizie accumulate dalle categorie dei produttori e dall'intero comparto lattiero caseario.
Scarsi, tardivi e spesso inutili sono stati gli interventi del Governo, che si è trovato a gestire un problema ed un malessere che ha radici e cause lontane; l'inadeguatezza della normativa e l'insufficiente azione di controllo da parte del Ministero, attraverso le sue istituzioni centrali e


Pag. 109

periferiche, hanno consentito il prolungarsi di una crisi che ha raggiunto momenti di forte tensione e di contrasti drammatici, fino all'insolita e sotto certi aspetti inaccettabile durezza delle forze dell'ordine pur a fronte di una situazione divenuta incandescente.
Noi deputati dell'opposizione non respingiamo, non rifiutiamo il decreto del Governo quale strumento per l'attuazione di provvedimenti che obbediscano alla logica della necessità e dell'urgenza, ma ci dimostriamo preoccupati ed indignati per la volontà prevaricatrice di evitare un confronto libero, propositivo e capace di produrre effetti emendativi positivi, anche con eventuali trasversalismi, che avrebbero potuto apportare concretamente benefici e correzioni tanto auspicate e attese dalle categorie interessate.
Ci sarebbe piaciuto intervenire per concorrere a definire e a delineare le competenze e le funzioni dell'AIMA, anche sotto l'aspetto commissariale, che avrebbe dovuto esaltare e privilegiare la specificità degli addetti ai lavori.
Certe inadempienze si sarebbero potute colmare se si fossero coinvolte e corresponsabilizzate anche le organizzazioni professionali di categoria, che non hanno potuto svolgere un ruolo di coordinamento e di collaborazione per snidare le sacche di profittatori disonesti che hanno inquinato e messo in grave sofferenza l'intero comparto.
A noi parlamentari è stato impedito di portare un contributo minimo per migliorare ed emendare un provvedimento che di per sé è del tutto insufficiente a risolvere i problemi del mondo agricolo e che non fa chiarezza nei rapporti su questo punto anche a livello comunitario.
Per concludere, noi del CCD siamo presenti in aula per testimoniare la nostra volontà ed il nostro impegno a favore di un settore che, secondo noi, non ha ricevuto abbastanza attenzione dalle autorità di Governo. Soprattutto esprimiamo in Parlamento la nostra insoddisfazione per il fatto di non aver visto tutelati tanti allevatori onesti, che sono stati penalizzati e mortificati da una politica che ha inteso privilegiare operatori senza scrupoli e dediti alla ricerca di immorale profitto (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, insieme con gli altri colleghi del centro cristiano democratico manifestiamo la nostra solidarietà agli allevatori che rappresentano le loro speranze ad un Governo che rimane sordo ad ogni richiesta e che non accetta nemmeno la dialettica parlamentare. Parliamo a nome dei produttori di latte che in questo momento si trovano sulle strade d'Italia e che legittimamente difendono gli interessi delle loro famiglie. La sordità del Parlamento non consente la tutela del minimo principio democratico: prendere visione dei problemi esistenti e correggere un decreto che probabilmente non contiene nulla di buono per una categoria che soffre per l'assenza di una valida politica governativa.
Manifestando la nostra solidarietà, noi non vogliamo esprimere soltanto una posizione politica, ma vogliamo anche dare voce a tutte le persone che in questi mesi hanno posto alla ribalta uno dei problemi più grandi del paese, quello dell'assenza di una politica dell'agricoltura.
Parlando del problema delle quote latte e dell'incapacità del Governo e del suo ministro di portare avanti una politica nel settore agricolo, spiegando quali siano i problemi inerenti alle quote latte e alle cosiddette quote di carta, rendendo nota la vicenda del latte in polvere che veniva spacciato per fresco, chiedendo che venga posto un freno alle multe ed alla repressione nei confronti degli allevatori, siamo convinti di essere nel giusto, di rappresentare un problema reale, un problema che probabilmente avrebbe dovuto essere affrontato con maggiore oculatezza politica dal Governo, senza tentare di percorrere la strada dell'inganno che invece la sinistra sta cercando di perpetrare in diversi settori.


Pag. 110


La libertà di protesta, la libertà di manifestare non è garantita perché le forze dell'ordine, non per colpa loro, ma su ordine del ministro dell'interno hanno tentato di soffocare la voce di chi non è solito protestare perché è abituato a lavorare. È la voce di coloro che, proveniendo da tutte le parti d'Italia, manifestano a Roma il loro dissenso dalla politica governativa e dichiarano ad alta voce la loro volontà di lavorare.
Per questa ragione siamo qui in aula alle 3 di mattina per tutelare gli interessi degli allevatori. Siamo dalla parte di coloro che maggiormente soffrono della politica aberrante e sovietizzante del Governo. È la cultura di sinistra che si manifesta in tutti i suoi aspetti in questo Parlamento, privando i cittadini della loro voce e del loro lavoro.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, con forza e con acredine questa mattina ci schieriamo a fianco di questi lavoratori. Quello dei lavoratori è un nome che è stato usato per anni nelle battaglie della sinistra, invece oggi queste persone non sono più dei lavoratori per voi. Mi rivolgo al Governo, alla coalizione di maggioranza di centro-sinistra. Gli agricoltori non sono più lavoratori - un nome a voi tanto caro - ma sono persone da combattere, persone i cui interessi devono essere soffocati, magari per privilegiare i gruppi imprenditoriali nel settore lattiero, i gruppi che stanno monopolizzando il mercato, coloro che vogliono importare in Italia il latte a scapito della produzione di latte fresco.
Signor Presidente, ci schieriamo a fianco della gente che in questo momento staziona a Torre in Pietra con centinaia e centinaia di trattori. Sono persone che attendono una voce di speranza e che sono mortificate da un modo di far politica che non tiene conto dei problemi della gente, di chi intende ancora lavorare.
Non voglio solo manifestare solidarietà a queste persone, ma voglio dire anche che a nostro avviso questa vicenda determinerà l'apertura di una grande vertenza sui problemi dell'agricoltura e della produzione di latte perché riteniamo che l'atteggiamento non solo del Governo, ma anche del presidente della Commissione agricoltura della Camera dei deputati, sia prevaricatore.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Baccini.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, è l'atteggiamento di chi non ha a cuore i problemi del settore (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche se il ministro ha accolto il nostro ordine del giorno n. 13 e ne ha accolto un altro come raccomandazione, siamo ben lungi dall'essere soddisfatti del modo in cui si sta concludendo la vicenda delle quote latte. Innanzitutto non è stato accolto proprio il nostro ordine del giorno che cercava di fare chiarezza su un punto fondamentale della questione delle quote latte. Volevamo capire se vadano privilegiati coloro che effettivamente sono produttori, che effettivamente lavorano nelle stalle e che realmente producono latte e se la produzione lattiera italiana debba essere commisurata sulla produzione reale di chi munge le vacche o se invece debba essere calcolata sulla base di artifizi cartacei, di contratti, di truffe, della importazione di latte dall'estero. In questo modo, infatti, si è coperta una situazione che, anche da un punto di vista numerico, della quantificazione del latte prodotto in Italia, non è rispondente alla realtà. Questa è la fotografia della situazione che abbiamo davanti.
Il nostro ordine del giorno chiedeva la sostituzione del meccanismo delle quote con un meccanismo basato sul numero reale di vacche allevate in base al calcolo dei certificati sanitari e dei capi bovini già disponibili presso il Ministero per le politiche agricole.


Pag. 111


Perché il Governo non ha accolto questo ordine del giorno? Perché il Governo non vuole misurare la nostra produzione lattiera partendo dal numero dei capi bovini che servono per la produzione di latte? Perché ha detto di no all'abolizione del sostituto d'imposta presso il primo acquirente anche nella prospettiva di una revisione legislativa?
Si vuole allora perpetuare il sistema che ha favorito le truffe ai danni dei produttori ma anche dei cittadini italiani, i quali hanno dovuto pagare somme ingentissime per multe che forse non corrispondono ad uno splafonamento della nostra produzione nazionale di latte, bensì alla copertura di quegli artifizi attraverso i quali non è stata effettuata la produzione, ma è stato importato latte dall'estero, mistificando così i dati relativi al reale produzione lattiero-casearia.
Davanti a dati di questo genere, come ho già avuto modo di dichiarare, non si comprende l'inerzia del Governo. Stigmatizziamo il comportamento del ministro Pinto, ma ancora di più quello del Presidente del Consiglio, perché quello di cui ci stiamo occupando è una questione di livello nazionale. Purtroppo mi sembra che il Presidente Prodi non si sia «scaldato» molto né in sede nazionale né in sede comunitaria; sono certo che egli ha parlato di tutto con i partner comunitari, meno che di questa questione, perché egli si è sempre disinteressato dell'agricoltura. Se poi dovessimo attenerci al suo rapporto Nomisma, non esisterebbe nemmeno la proprietà contadina e non esisterebbero neppure i produttori, perché fin dal 1945 si sarebbe dovuto puntare sulla grande azienda imprenditoriale capitalistica. Ma ve lo immaginate, nel 1945, in Italia, in una situazione prerivoluzionaria? Non è stato mai un amico dei produttori agricoli, ma in questo caso lo è stato ancora meno perché non ha impegnato il Governo in un'azione comunitaria che avrebbe potuto portare a risultati positivi. I produttori sono stati abbandonati, non hanno ricevuto l'appoggio del Governo.
Per fortuna pochi minuti fa abbiamo avuto notizia dell'avvenuto dissequestro dei trattori. Purtroppo ad un problema economico è stata data una risposta di tipo poliziesco, con interventi repressivi di una durezza inusitata nei confronti di lavoratori che liberamente manifestavano un loro disagio rispetto a determinate situazioni. Sono stati realmente usati i manganelli, si è fatto uso della violenza verso chi manifestava.
E oggi siamo qui a dare una testimonianza, con un collegamento ideale con chi in questi mesi ha portato avanti questa lotta per la sopravvivenza delle aziende agricole e zootecniche, che però non ha potuto confrontarsi, attraverso appositi emendamenti, con il provvedimento del Governo. L'Assemblea non è stata chiamata a pronunciarsi se le richieste dei produttori - tradotte in emendamenti - fossero ragionevoli perché il Governo, con la richiesta della fiducia, ha troncato questa possibilità.
La fiducia nelle istituzioni si ha anche quando i cittadini verificano che il Parlamento ha un ruolo. In questo caso il Governo ha tradito la fiducia dei cittadini perché ha anche tradito la possibilità per il Parlamento di approvare un provvedimento a favore degli allevatori e della zootecnia italiana (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Annuncio che la sospensione della seduta per la pausa tecnica sarà dalle 4 alle 5,15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, gli agricoltori sono arrabbiati, ed hanno ragione, perché sulla loro pelle si stanno consumando le cose più assurde. Sono stati accusati di essere ricchi possessori di beni accumulati con artifizi ed inganni, con false dichiarazioni di quote; sono stati posti in contraddizione allo Stato e costretti allo scontro con una categoria, quella delle forze di polizia, che certamente non sta meglio di loro. Sono stati anche sequestrati i loro trattori (e


Pag. 112

prendiamo atto con soddisfazione che sono stati restituiti) quando l'unico modo per destare l'attenzione era quello di marciare con i propri mezzi agricoli; sono stati illusi di poter ricevere aiuto. E per concludere, quando ormai speravano di aver raggiunto la possibilità di ottenere qualche risultato, il Governo ha posto la fiducia con un atto che si può definire un vero e proprio scandalo.
Gli allevatori chiedono molto semplicemente maggiore chiarezza; vogliono sapere come mai singoli allevatori proprietari di poche vacche sforino il tetto previsto dalle quote latte; vogliono sapere se sia vero che quote latte sono in possesso di persone che non possiedono neppure una vacca. Vogliono sapere se sia vero che i sindacati di categoria hanno commesso truffe, gestendo le stesse quote e manipolando i vari documenti cartacei in loro possesso. Ma non hanno ricevuto le risposte che aspettavano: la commissione nominata ad hoc ancora non ha ultimato il proprio lavoro, anche se alcuni aspetti sono già emersi e fanno capire che è stata perpetrata una vera e propria truffa ai danni degli allevatori onesti che non hanno mai chiesto sconti a nessuno. Infatti alcuni di quelli di Mancimuglio pochi giorni fa hanno asserito che, se fossero state riscontrate le irregolarità nei confronti di allevatori del luogo (quelli onesti quelli che ogni giorno si recano nelle stalle a mungere le proprie vacche) avrebbero pagato immediatamente, considerato anche che i soldi li avevano già in mano con le garanzie fideiussorie.
Gli allevatori chiedono giustizia, chiedono che coloro i quali hanno commesso reati paghino per questo. Occorre mandare in galera chi ha truffato, chi ha ricevuto quote latte senza averne diritto e chi, facendo parte dei sindacati, ha indotto in errore onesti lavoratori o, peggio, ha avallato queste irregolarità.
Una volta dalle nostre parti c'erano quegli allevatori che mungevano gli animali e c'erano coloro che andavamo a prendere il latte ogni mattina. Una volta c'era anche qualcuno che faceva le canzoni su questo; oggi come potrebbe Morandi scrivere una canzone come quella che ha scritto tanti anni fa? Sicuramente: «Fatti mandare alla Coldiretti a prendere le quote» che noi oggi potremmo trasformare così: «Vieni alla Coldiretti perché mandiamo in galera questi signori che ti hanno truffato» (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fabris. Ne ha facoltà.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo ed eroici colleghi che mi state ascoltando a quest'ora e state portando avanti questa giusta azione a difesa degli interessi dei produttori onesti, stiamo promuovendo quest'azione perché riteniamo giusto ribadire, come abbiamo fatto nel poco spazio concesso, che la battaglia portata avanti è assolutamente corretta e giusta, poiché tende a mettere al centro dell'attenzione politica la possibilità di difendere le cose che contano.
I deputati del CCD hanno più volte spiegato le ragioni delle loro azioni, i motivi a sostegno degli emendamenti prima e degli ordini del giorno poi, quegli stessi ordini del giorno che illustriamo al termine di una vicenda che è stata molto malamente condotta. Essa è stata giocata sul piano di quella malapolitica che abbiamo più volte denunciato e che ha cercato di mettere una cappa anche sulle aperture che si erano manifestate all'interno della maggioranza.
Molti colleghi, specialmente quelli che vivono nelle regioni più interessate a questa vicenda, avevano testimoniato nel territorio la loro disponibilità a sostenere, almeno in parte, le rivendicazioni dei produttori. Noi abbiamo invece constatato che ciò non è stato possibile a causa delle paure che animavano il Governo.
Ciò che voglio sottolineare in questo intervento, per non ripetere affermazioni già fatte nei precedenti, è che mi ha colpito particolarmente la posizione assunta in questa vicenda dal partito di cui fa parte il ministro dell'agricoltura. È una


Pag. 113

posizione francamente miope, almeno dal mio punto di vista. Lo è comunque da un punto di vista che vede oggi il partito popolare al centro di una grande contestazione da parte dei produttori, delle forze politiche e di tutto quel tessuto sociale che attorno alla lotta dei produttori in molte regioni si è coagulato. Colleghi del partito popolare, francamente non capisco la posizione che avete assunto in questa vicenda. Non la capisco, al di là del fatto di voler difendere, appunto, un vostro collega di partito che avete mandato a dirigere il Ministero dell'agricoltura.
Nello stendere il bilancio di questa vicenda, devo constatare come il partito popolare sia sostanzialmente caduto in un abile tranello tesogli in modo particolare dal partito democratico della sinistra. È un tranello che ha visto gli esponenti del PDS presentarsi negli ultimi 40 giorni presso i presidi dei produttori di latte presenti nel paese a garantire loro - attraverso numerosi suoi membri, i mezzi di informazione ed i propri rappresentanti al Senato - la propria disponibilità a modificare il testo del decreto-legge. È lo stesso partito democratico della sinistra che però poi inviava i propri esponenti nel territorio per dire ai produttori che, alla fin fine, tutto ciò non si poteva fare perché questo avrebbe comportato la caduta del ministro, la crisi di Governo e difficoltà all'interno della maggioranza.
Oggi vediamo che le sedi del partito popolare vengono assediate; ascoltiamo critiche pesanti e constatiamo la presenza di alcune crepe all'interno dello stesso partito! Nella mia provincia il segretario provinciale del partito popolare ha più volte richiesto le dimissioni del ministro Pinto e ieri pomeriggio per difendere la sede - perché di questo si è trattato - dagli assalti dei produttori, ha ancora una volta ribadito che il partito popolare (almeno quello vicentino) è dalla parte dei produttori e contro il ministro, chiedendo più volte al segretario Marini la sostituzione dello stesso.
Non so che vantaggio abbia portato questa posizione al partito popolare, posto anche il fatto che l'organizzazione sindacale, che pensano di dover in qualche maniera ancora tutelare, versa oggi in una crisi particolarmente grave: è stata infatti ferita in modo mortale.
Ho inteso fare questa sottolineatura non per entrare nel merito delle vicende e delle difficoltà di altri partiti ma solo per invitare quei colleghi parlamentari, che hanno più volte dichiarato la propria disponibilità rispetto alle richieste dei produttori, a sostenere con il loro voto - visto che non l'hanno potuto fare in sede di discussione del decreto - gli ordini del giorno da noi presentati (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Follini. Ne ha facoltà.

MARCO FOLLINI. Signor Presidente, cercavo di ricordare quante volte in questa legislatura il Governo abbia già posto la questione di fiducia, con una singolare coazione a ripetere i propri errori e a forzare il rapporto con il Parlamento, con l'opposizione e con la sua stessa maggioranza. D'altra parte, basta rilevare i dissidi che hanno attraversato questa maggioranza negli ultimi giorni (dalla giustizia alle questioni radiotelevisive e all'agricoltura) per convincersi che il disegno dell'Ulivo - che ci era stato presentato trionfalisticamente all'indomani delle elezioni dell'aprile 1996 - mostra segni di logoramento e di sfilacciamento; mentre si evidenzia una certa divisione all'interno dello stesso schieramento di maggioranza che sostiene il Governo.
Questa vicenda, naturalmente, deteriora i rapporti con il Parlamento e con l'opposizione, costringendoci a questa maratona notturna che tutti noi, parlamentari del Polo e della lega, portiamo avanti nella convinzione di dare un segnale all'opinione pubblica, anche attraverso la collaborazione di Radio radicale.
In questa vicenda ci colpisce particolarmente il fatto di dover constatare l'assenza del ministro delle risorse agricole a questo dibattito, che pure offre - credo - qualche spunto di interesse.


Pag. 114


Mi pare che il Governo e la maggioranza siano prigionieri di una politica sociale che porta a scegliere alcuni segmenti sociali, quelli elettoralmente più vicini e convenienti, escludendo dal «circuito magico» della concertazione tutte le categorie e i ceti sociali che non sono iscritti d'ufficio al partito dell'Ulivo. Ne sono esclusi il ceto medio, i produttori di latte ed intere regioni del paese, se consideriamo che questo tipo di politica economica e sociale taglia fuori contemporaneamente il Mezzogiorno, al quale non offre una via d'uscita rispetto al dramma della disoccupazione, ed al nord-est del paese, a cui non offre un ripensamento dei servizi e dei rapporti con lo Stato tale da mantenere il passo accelerato del sistema della piccola e della media impresa.
Vi è poi da registrare l'esistenza di una sorta di «doppiopesismo» sociale, perché noi avvertiamo come quella parte di ambienti che rientrano in quel «cerchio magico» della concertazione siano trattati con ogni riguardo e come le loro rivendicazioni, le loro attese e le loro esigenze siano considerate con straordinaria attenzione - direi quasi con «delicatezza» - negli ambienti governativi; e quelle categorie, come ad esempio quella dei produttori che sono al di fuori da questa sorta di «salotto sociale», vengono facilmente demonizzate o seguite con assai poca attenzione. Questo spiega le ragioni per cui, anche in Parlamento, si giunga ad una inedita convergenza tra le posizioni del Polo e quelle della lega.
Nel dibattito di queste ore ho sentito esprimere critiche molto pungenti da parte dei colleghi della lega nei confronti della politica agricola seguita dai Governi democristiani: rispetto a ciò, colpisce particolarmente che il ministro Pinto non abbia avuto l'occasione né di ascoltare, né di replicare a tali accuse.
La nostra posizione si sostanziava in pochi emendamenti sui quali è però calata la ghigliottina del voto di fiducia. La linea di ripiego che abbiamo seguito è consistita nella individuazione di alcuni ordini del giorno che gli amici Peretti, Giovanardi ed altri hanno presentato, naturalmente, con la consapevolezza che per quanto alcuni di questi siano stati accolti dal Governo, la sorte che l'esecutivo solitamente riserva a tali strumenti è quella di una certa disattenzione. Tuttavia, con molta tenacia noi manterremo il punto e cercheremo di far valere, attraverso il sostegno a questi ordini del giorno, un indirizzo di politica agricola alternativo a quello di questo Governo e del suo ministro delle risorse agricole (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta il Governo ha ritenuto di chiedere la fiducia su di un decreto-legge per stroncare il dibattito e disarmare l'opposizione. Con questo Governo sembra che sia stata riformata la Costituzione, prima che noi affrontiamo la questione in aula la prossima settimana; infatti, il decreto-legge e la questione di fiducia rappresentano ormai un binomio inscindibile. Questo del voto di fiducia è un atto che si deve considerare violento, poiché stronca ogni libertà di pensiero e di espressione.
Pertanto, non ci resta altro da fare che intervenire in sede di illustrazione degli ordini del giorno, così come prevede il regolamento, per fare sentire la nostra voce in quest'aula. Noi speriamo che la nostra voce venga ascoltata e che venga posta la dovuta attenzione agli ordini del giorno presentati.
Noi vogliamo pertanto che, attraverso l'approvazione degli ordini del giorno, il Governo si impegni ad attuare una più incisiva politica agricola europea volta a garantire non solo lo sviluppo di questo settore lattiero-caseario, ma anche di altri settori dell'agricoltura come l'agrumicoltura, l'olivocoltura e la viticoltura.
Infatti non vogliamo che siano importati da paesi terzi l'olio d'oliva, le arance, il vino; non vogliamo accordi come quello


Pag. 115

stipulato con il Marocco per le arance (accordo barattato con i prodotti della FIAT); non vogliamo l'importazione di olio dalla Tunisia né che il vino del sud America venga importato in Italia attraverso la Spagna e sbarcato nei porti siciliani (sta avvenendo a Castellammare del Golfo, con grave danno al mercato vinicolo della Sicilia e del meridione).
Noi vogliamo impegnare il Governo a presentare al Parlamento nel più breve tempo possibile una proposta di riforma della legge n. 468 del 1992, che metta ordine nel settore lattiero-caseario. È anche necessaria una riforma dell'AIMA: bisogna mettervi mano affinché i controlli siano efficaci e le prestazioni pubbliche siano di alta qualità.
In definitiva, si impone uno svecchiamento degli strumenti istituzionali in materia agroalimentare. I nuovi strumenti legislativi dovranno eliminare le incongruenze e soprattutto le disparità di trattamento nella restituzione della liquidità; dovranno realizzare interventi di decentramento regionale per dare certezza e serie possibilità di programmazione ai produttori; dovranno eliminare i sostituti d'imposta ai primi acquirenti e prevedere il pagamento del superprelievo - quando accertato - direttamente alle regioni ed alle province autonome.
Nel settore agricolo le proteste stanno allargandosi a tutto il territorio del paese. Dopo la protesta dei produttori di latte, nella Sicilia e nel meridione sta prendendo piede la protesta dei produttori di vino; ad Alcamo i viticoltori, dopo aver occupato per diversi giorni le piazze, sono in stato di agitazione. Ma in questi giorni va montando anche la protesta dei produttori di agrumi, che a Catania hanno marciato con il sindaco e con l'arcivescovo. Va citata infine (ma non come ultima) la protesta dei produttori di olio di Castelvetrano (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manzione. Ne ha facoltà.

ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, devo onestamente confessare di essere rimasto sconcertato per tutto ciò che è accaduto in aula negli ultimi due giorni sul disegno di legge di conversione del quale ci stiamo occupando.
Per alcuni mesi abbiamo impegnato i lavori della Camera per giungere ad una modifica del regolamento che ci consentisse di prevedere tempi certi per i provvedimenti. Per tutta risposta il Governo pone la fiducia su una normativa che avrebbe potuto e dovuto essere modificata per la sua importanza e per le sue implicazioni. Il nuovo regolamento, infatti, consente anche al Governo di intervenire nella programmazione dei lavori dell'Assemblea al fine di evitare che importanti provvedimenti possano essere caducati da interventi ostruzionistici.
Se questo è il quadro normativo reale nel quale ci muoviamo, dobbiamo contestare con forza al Governo ogni valutazione surrettizia ed infondata circa la necessità di porre la questione di fiducia per contrastare presunti atteggiamenti ostruzionistici dell'opposizione. Non c'è stato alcun ostruzionismo: la verità è che rispetto ai pochi emendamenti presentati (ne erano rimasti tre, signor sottosegretario) il Governo ha temuto che la stessa maggioranza si sarebbe dissolta. Infatti il Governo non era e non è in grado di spiegare alla sua stessa maggioranza perché continui ad escludere dall'applicazione dell'articolo 1 (ripristino della liquidità) il periodo di produzione lattiera relativo agli anni 1995-96; non è in grado di spiegarci perché ritiene giusto che le somme trattenute dai caseifici e dagli industriali a titolo di prelievo supplementare debbano rimanere nelle tasche dei cosiddetti primi acquirenti, i quali lucrano interessi non legittimi, mentre dovrebbero essere restituite ai produttori che hanno offerto ampia garanzia di provvedere al pagamento del prelievo supplementare nel caso in cui risultasse effettivamente dovuto dopo l'effettuazione della compensazione nazionale.


Pag. 116


E non ci si venga a dire che i dati relativi alla produzione lattiera 1996-97 sono ancora parziali, in quanto non definitivamente comunicati all'Unione europea, e che pertanto rispetto a quell'annata è possibile la restituzione, mentre così non è per il precedente periodo 1995-96 (già oggetto di comunicazione formale e definitiva). Questa insostenibile motivazione - peraltro più volte ribadita - non può che risultare inconsistente ed inadeguata se solo si consideri che con gli articoli 2 e 3 dello stesso decreto si provvede a richiedere l'accertamento della produzione lattiera (e quindi la sua rideterminazione anche ai fini della ridefinizione della compensazione nazionale) per entrambi i periodi (1995-96 e 1996-97), ammettendosi così espressamente anche nei confronti dell'Unione europea che i dati forniti come definitivi per il periodo 1995-96 sono inattendibili o addirittura falsi.
La verità è che con la fiducia si evita di dare riscontro ed ottemperanza alle condizioni ed osservazioni formulate dal Comitato per la legislazione, nuovo organismo entrato in vigore dallo scorso 1 gennaio e composto da deputati di tutti i gruppi. Si tratta di indicazioni che sono state offerte in modo unanime e che hanno sottolineato al Governo che il provvedimento non era chiaro, che non si comprendevano i compiti della commissione di garanzia prevista dall'articolo 4-bis (compiti che peraltro avrebbero potuto entrare in conflitto con le funzioni affidate al ministro per le politiche agricole ed all'AIMA). Il Comitato, inoltre, ha sottolineato il rischio di introdurre incongrue disparità di trattamento nel caso della omessa restituzione delle liquidità per il 1995-96.
La verità - l'ho detto - è che non si intende affatto fare chiarezza. La verità la si legge nella relazione riservata del procuratore generale presso la Corte dei conti, Pasquale Di Domenico, che ha evidenziato chiare responsabilità degli amministratori regionali, dei ministri pro tempore e dei responsabili dell'AIMA, che avrebbero determinato ingenti danni erariali. Anziché intervenire a carico dei responsabili il Governo vuole ancora una volta mortificare quei produttori di latte che si vedono esposti - per responsabilità non proprie - al probabile fallimento. Se non c'è stata chiarezza nell'assegnazione delle quote, se non c'è stata capacità di accertare le effettive produzioni di latte, se non c'è stata la volontà di intervenire sul regime delle compensazioni, non è giusto imporre che il prezzo delle inefficienze sia pagato dai produttori.
Per evitare che tutto ciò fosse discusso è stata posta una questione di fiducia che vuole coprire non gli occhi dei parlamentari, ma quelli dell'opinione pubblica, che nulla deve sapere. Che poi il prezzo di tali coperture venga pagato dai produttori, per questo Governo non ha alcuna importanza (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.

ETTORE PERETTI. Signor Presidente, siamo qui soprattutto per un gesto di solidarietà visto che - come è noto - la maggioranza ed il Governo, essendo stata posta la questione di fiducia, hanno evitato un dibattito che avrebbe potuto essere compromettente. Oggi non è più possibile modificare il decreto, ma noi non crediamo nemmeno che il Governo possa rispettare gli impegni assunti accettando gli ordini del giorno. In sostanza siamo qui soprattutto per un atto di rispetto ed anche per un gesto di riconoscenza.
La nostra posizione è nota ed avremo modo di ribadirla successivamente; penso infatti che la questione non possa considerarsi chiusa: credo e spero che, comunque vada a finire, la battaglia sia servita a qualcosa.
Si è creata una situazione paradossale. Da una parte il Governo e la maggioranza riconoscono, almeno a parole, l'importanza strategica dell'agricoltura; dall'altra, la gestione amministrativa finisce soltanto per penalizzare gli imprenditori agricoli


Pag. 117

onesti. Da questo punto di vista la vicenda delle quote latte è esemplare: un tetto produttivo insufficiente; una gestione che finora ci è costata più di 3.600 miliardi, mentre alla fine ha penalizzato - a causa degli stringenti parametri di Maastricht - il settore agricolo per mancati investimenti; una palese incapacità di intervenire con equità e chiarezza (l'aspetto più negativo ed inquietante di tutta la vicenda).
Oggi non è passato il principio secondo cui sarebbe stato necessario far precedere l'accertamento delle responsabilità al pagamento delle multe. È un precedente molto grave. Ma l'esito della vicenda ha mostrato anche che i canali tradizionali della rappresentanza sindacale (un problema sul quale si sono soffermati diversi colleghi) non sono più in grado di incalzare la politica con quelle scelte utili per dare a questo paese una vera politica economica ed agricola.
Abbiamo sostanzialmente perso l'occasione di fare della vicenda delle quote latte - considerato appunto che non siamo riusciti a risolvere i problemi degli allevatori - la questione sulla base della quale far tornare l'agricoltura centrale nella politica italiana.
Abbiamo ottenuto l'attenzione dell'opinione pubblica; siamo riusciti a ricavare spazi nell'attività parlamentare: di ciò siamo grati ai Cobas perché finalmente, dopo tanto tempo, i problemi dell'agricoltura sono entrati nella testa della gente. Tuttavia è mancato il coraggio. Infatti, avremmo potuto lasciarci definitivamente alle spalle un periodo di irresponsabilità, di vuoto politico, di scarsa iniziativa politica. Soprattutto avremmo potuto lasciarci alle spalle un periodo in cui non siamo riusciti a comprendere come nel tempo l'agricoltura sia stata paralizzata ed aggredita dalla burocrazia, che ha finito per metterla nelle mani di speculatori, sottraendo risorse prodotte legittimamente.
Penso che, se la vicenda delle quote latte finirà in questa maniera, purtroppo anche tutte le altre questioni aperte nel settore agricolo subiranno la stessa sorte. Avevamo chiesto la restituzione del cento per cento del prelievo, trattenuto dai primi acquirenti, per le annate 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998 nonché l'abolizione del sostituto d'imposta. Abbiamo comunque chiesto, anche con gli ordini del giorno, il superamento dell'attuale normativa, della legge n. 468, giungendo al più presto a gestire le quote latte esclusivamente sulla base del numero delle vacche allevate; com'è noto, tale numero viene calcolato attraverso la certificazione sanitaria e quindi non ha significato economico e proprio per questo può essere considerato più attendibile.
Vorrei concludere facendo riferimento alla raccolta di firme operata dai colleghi della lega, per presentare una mozione di sfiducia nei confronti del ministro Pinto. Noi non siamo d'accordo non tanto perché il ministro dell'agricoltura non debba essere cacciato, ma perché riteniamo che la speculazione politica all'interno dell'Ulivo finisca per accordargli un'altra ennesima fiducia. Ebbene, penso che ciò sarebbe inaccettabile, poiché, dopo il danno, vi sarebbe anche la beffa ed è meglio risparmiarcela (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole de Ghislanzioni Cardoli. Ne ha facoltà.

GIACOMO de GHISLANZONI CARDOLI. Presidente, penso che a questo punto, non so se della notte o del mattino, riesca difficile non essere ripetitivi rispetto agli argomenti che i colleghi che mi hanno preceduto hanno evidenziato. Penso comunque che si debba affrontare questo problema serio della nostra agricoltura anche sotto un'altra ottica.
La nostra agricoltura sta attraversando un momento di evoluzione e di trasformazione veramente epocale. Noi ci stiamo confrontando con la liberalizzazione o globalizzazione dei mercati, ci stiamo confrontando, a viso aperto, con gli altri mercati e con gli altri imprenditori agricoli non solo europei ma mondiali. Allora, riesce difficile pensare che i nostri bravi agricoltori, i nostri bravi allevatori possano


Pag. 118

confrontarsi, in un settore in così forte evoluzione, senza certezze.
In un precedente intervento ho rimarcato il fatto che in Italia manca una legge programmatoria da ben dodici anni e che non vi è una legge pluriennale di spesa che vada ad individuare i settori da finanziare. In questo momento, dunque, stiamo navigando a vista.
Ritengo che il settore lattiero-caseario sia solo la punta di un iceberg di un generale malessere che si sta evidenziando quotidianamente non solo in questo settore ma anche nei comparti degli agrumi, della risicoltura, della cerealicoltura in generale. Non dobbiamo, pertanto, lasciarci andare a quell'aspetto tante volte idealizzato, bucolico dell'agricoltore come viene tratteggiato nel film di Olmi L'albero degli zoccoli. Dobbiamo guardare a questi agricoltori, a questi imprenditori come a soggetti in grado non solo di presiedere ai fattori di produzione della loro attività, ma anche di essere fautori del loro futuro. In questo momento devono essere in grado di prevedere quale possa essere il futuro della propria azienda. Si tratta di aziende - lo voglio ricordare - che hanno affrontato in questi anni notevoli sacrifici per ammodernarsi. Vi sono in Italia stalle che fanno invidia al mondo intero. I nostri allevatori sono stati capaci, attraverso il miglioramento genetico che tutti invocavamo e che essi sono stati in grado di attuare, di portare la produzione lattiero-casearia del nostro paese ai livelli di quella olandese e tedesca. Forse, una delle cause dello sforamento della famosa quota nazionale deriva proprio dal fatto che le vacche italiane si sono adeguate alle capacità produttive delle consorelle degli altri paesi. A questa gente dobbiamo essere in grado di dare certezze. Quindi, invocare il ritorno della liquidità nelle tasche degli allevatori significa prima di tutto consentire la sopravvivenza degli allevamenti di una categoria che, signor Presidente, vorrei ricordarlo, si sacrifica per 365 giorni l'anno per tutti gli anni della vita. Ieri e oggi ho trascorso molte ore qui davanti a parlare con questi allevatori e ciascuno di essi mi ricordava la propria situazione ed il proprio caso umano. Infatti, si tratta proprio di casi umani di persone che hanno dedicato tutta l'esistenza alla propria azienda, spesso sacrificando anche gli affetti familiari pur di vederla crescere. Ebbene, a questa gente non possiamo rispondere con un voto di fiducia che blinda un decreto-legge che è talmente farraginoso e difficile da comprendere che ancora una volta farà la fortuna degli azzeccagarbugli che anche nel nostro settore si precipitano come avvoltoi tutte le volte in cui vedono la possibilità di incassare una parcella. Invece, noi volevamo dare a queste persone, con il ripristino della liquidità, la possibilità di provvedere alle esigenze che in questo momento si fanno sempre più impellenti.
Il settore agricolo, signor Presidente, in questi anni, si è indebitato in misura enorme, spropositata. Le sofferenze di tale comparto sono arrivate a livelli insopportabili. Abbiamo bisogno che questa gente abbia l'opportunità di non indebitarsi ulteriormente (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aloi. Ne ha facoltà.

FORTUNATO ALOI. Signor Presidente, torniamo ancora una volta ad affrontare la questione della conversione in legge del decreto-legge n. 411 concernente le quote latte.
Abbiamo evidenziato, già in precedenti interventi, tutta una serie di rilievi che tra l'altro sono contenuti anche nel parere espresso dal Comitato per la legislazione.
Avevamo, signor Presidente, presentato emendamenti nei quali erano contenuti alcuni dati importanti che - se accolti - avrebbero consentito di migliorare il testo del provvedimento e di dare una risposta alle attese degli allevatori.
Ora ci troviamo a dover parlare dei nostri ordini del giorno, ricordando alcuni punti di grande rilievo sui quali tali documenti sono incentrati. Mi riferisco per esempio alla restituzione immediata


Pag. 119

del superprelievo per quanto riguarda l'annata 1995-1996, alla liberazione delle garanzie fideiussorie, al trasferimento del sostituto d'imposta sul produttore. Abbiamo inoltre ritenuto che gran parte dei mali che riguardano tale settore concernono alcune leggi in riferimento alle quali è stato assunto l'impegno per una riforma o, meglio ancora, per l'abrogazione, come per la legge n. 468, quella del 1992 e la legge n. 46 del 1995. Queste leggi hanno la responsabilità di aver reso ingestibile - come diciamo nei nostri due ordini del giorno - l'applicazione del regime delle quote latte in Italia, determinando una situazione di truffe ai danni dell'Unione europea, dei produttori di latte italiani e della comunità nazionale tutta, che ovviamente è costretta a pagare per l'inefficienza del sistema e per la responsabilità del Governo.
Perché tutto questo, onorevole Presidente? Perché rileviamo che alla luce di quanto è emerso ed anche delle legittime reazioni degli allevatori, non possiamo limitarci a convertire un decreto-legge che, tra l'altro, ripropone, con qualche modifica solo di ordine finanziario (ma è cosa molto relativa) gli stessi limiti ed errori di decreti precedenti. Ecco perché c'è questa presa di posizione da parte di alleanza nazionale che ha ritenuto e ritiene che questo decreto-legge, se convertito così com'è, rappresenti un altro grave errore che peserà non solo sulle quote latte in sé stesse ma anche, per gli sviluppi devastanti e negativi che esso verrà ad avere, su tutto il comparto agricolo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, la vicenda delle quote latte, sulla quale stiamo discutendo, è l'ennesima dimostrazione dell'inefficienza della politica agricola italiana nei confronti dell'Unione europea.
Nel momento in cui stiamo discutendo ed il Governo blinda il decreto-legge, la Comunità europea ha già aperto un'altra procedura di infrazione. Quindi, nel momento in cui accanto alle quote latte si contesta la politica che riguarda l'agrumicoltura, la risicoltura ed altri settori dell'agricoltura italiana, occorre fare una riflessione su quella che è stata la nostra politica nei confronti dell'Unione europea.
Signor Presidente, per anni e per decenni (essendo tra l'altro il Ministero dell'agricoltura gestito, quasi «a monocoltura» da esponenti della ex democrazia cristiana) abbiamo sostanzialmente condotto il settore agricolo come la Cenerentola dei comparti produttivi italiani.
Se ci fosse stato il problema dell'abbattimento delle tariffe protezionistiche del settore delle auto rispetto alle importazioni di veicoli dal Giappone o dalla Corea del sud, certamente il Parlamento, la maggioranza ed il Governo si sarebbero mobilitati molto più efficacemente ed aggressivamente di quanto non avviene con il decreto in oggetto, che gli esperti mi dicono essere soltanto un «pannicello caldo» che non risolve il problema.
Dobbiamo allora ricordare l'inefficienza dei ministri dell'agricoltura che ci hanno portato ad accettare le quote latte. Gli italiani dimenticano che Filippo Maria Pandolfi è stato il primo responsabile per aver accettato questo sistema e non essersi battuto fin dall'inizio perché esso non fosse penalizzante nei confronti dell'Italia. Ricordiamo che invece la nostra Adriana Poli Bortone, quando era ministro dell'agricoltura è stata l'unica che è riuscita ad aumentare le quote latte.
Al di là di questi episodi storici dobbiamo soprattutto riflettere sul fatto che l'agricoltura è un settore strategico. Nel momento in cui la grande industria entra in crisi dobbiamo pensare che l'agricoltura diventerà sempre più importante. Probabilmente, il mondo globalizzato del terzo millennio sarà fatto di terziario e di agricoltura, soprattutto nel collegamento fra produzione agricola e trasformazione dei prodotti.
Occorre che il nostro paese riporti l'agricoltura al centro dell'attenzione e la maratona odierna in Assemblea è un po'


Pag. 120

la dimostrazione anche di questo sforzo che facciamo per segnalare l'esigenza di riportare l'agricoltura al centro dell'attenzione del paese, perché non possiamo permetterci, anche nei confronti dell'Unione europea, di non battere i pugni sul tavolo quando è necessario.
Non è vero che con l'avvento dell'Euro finiscono gli Stati nazione. La Germania seguiterà a difendere i propri interessi; l'Olanda - lo abbiamo visto poco fa - continua a farlo. Dobbiamo anche noi imparare a difendere i nostri interessi, in particolare nel settore agricolo.
Credo quindi che la testimonianza corale dell'opposizione, in solidarietà con i produttori del latte, debba essere un giro di boa; quel giro di boa che purtroppo questo decreto non determina. Noi però pensiamo (ed i nostri due ordini del giorno lo dimostrano) che questa debba essere l'inizio di una revisione complessiva della legislazione nel settore lattiero-caseario affinché tale settore venga rilanciato e rispettato come merita.

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Amoruso e Benedetti Valentini, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carlesi. Ne ha facoltà.

NICOLA CARLESI. Signor Presidente, è veramente difficile riuscire a spiegare a chiunque - ma soprattutto a sé stessi - il motivo per il quale ci troviamo a quest'ora di notte in un'aula da diverse ore praticamente vuota a sostenere ordini del giorno che sappiamo tutti benissimo non essere sicuramente utili a soddisfare le richieste e le esigenze degli allevatori e degli operatori del settore agricolo.
Eppure siamo rimasti qui ed abbiamo sentito la necessità di parlare comunque, anche per pochi minuti, per due motivi fondamentali, che ci confortano nella scelta che abbiamo fatto e che sono sicuro riusciranno a far capire anche agli italiani le ragioni per le quali siamo rimasti. Il primo è quello di restituire dignità politica a questo Parlamento, che ancora una volta è stato mortificato dall'arroganza del Governo e del ministro Pinto; da questo esecutivo che, ancora una volta, senza alcun valido motivo di ordine procedurale e sicuramente senza dover porre riparo ad atteggiamenti di tipo ostruzionistico dell'opposizione, ha impedito con il voto di fiducia il confronto parlamentare, la possibilità di migliorare il decreto, in sostanza mettendo il bavaglio all'opposizione e, di fatto, inibendo l'esercizio democratico e la dialettica del Parlamento.
Il secondo motivo è di ordine morale, ossia l'esigenza di esprimere solidarietà agli allevatori che da mesi sono in lotta, chiedendo al Governo giustizia sul problema delle quote latte; solidarietà nei confronti di allevatori onesti, di lavoratori - colleghi della maggioranza, dove siete? - come tanti altri, i quali hanno pagato e stanno pagando la disonestà di altri, le incongruenze e l'incapacità di questo esecutivo, nonché gli errori e l'incapacità di altri Governi precedenti, le negligenze, che pure sono state denunciate in questi giorni da parte della Commissione europea - anche di questo dobbiamo dire -, le truffe di cui si sono resi responsabili funzionari dell'AIMA, dell'Unalat e di altri organismi professionali.
Questi sono i motivi - esposti sinteticamente nei pochi minuti a nostra disposizione - per i quali siamo rimasti qui questa notte. Questi sono i motivi per i quali denunciamo agli italiani, ai lavoratori e agli allevatori un altro aspetto: quale credibilità può avere il Governo nei confronti di lavoratori che vengono massacrati da balzelli e tasse continue e che, nel momento in cui sollevano un problema relativo alla politica comunitaria, vengono abbandonati a loro stessi, invece di essere sostenuti? Nessuna!
Ci chiediamo anche quale credibilità abbia l'Italia nei confronti dei partner europei, se non è in grado di risolvere un problema che si trascina da anni ed anni. Anche con il decreto-legge al nostro esame non si troverà una soluzione adeguata, perché manca la capacità di gestire la politica economica di questo settore, i


Pag. 121

cui lavoratori non possono sentirsi gratificati, avendo bisogno di norme chiare, applicabili e attuate nella loro interezza.

PRESIDENTE. Onorevole Carlesi, la prego di concludere.

NICOLA CARLESI. Cari colleghi, questo è il motivo per il quale siamo stati insieme questa notte e credo che la nostra battaglia politica sia servita sicuramente a qualcosa (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Nuccio Carrara, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caruso. Ne ha facoltà.

ENZO CARUSO. Signor Presidente, signor sottosegretario di turno, la nostra decisione di condurre questa battaglia è stata determinata dalle cose gravi che si sono verificate avant'ieri in quest'aula, cose che non pensavamo potessero succedere.
Mai come in questa occasione il Governo non ha avuto alcuna giustificazione per porre la questione di fiducia, se non quella di ricompattare la maggioranza che lo sostiene. Non vi era stato ostruzionismo perché avevamo potuto esaminare il provvedimento in Commissione solo per un'ora, un'ora e mezza e gli emendamenti, nonostante quello che testardamente sosteneva il ministro in aula, erano stati ridotti all'osso.
Se ci fossimo avviati lungo la strada normale dell'esame e della votazione degli emendamenti, sicuramente avremmo potuto approvare il provvedimento già ieri a mezzogiorno. È evidente, però, che certi personaggi non si sarebbero potuti giustificare di fronte agli allevatori e ai componenti della Commissione agricoltura, visto che non hanno saputo svolgere con dignità il grande ruolo istituzionale che avrebbero dovuto svolgere. Mi riferisco segnatamente al presidente della Commissione agricoltura, che aveva promesso a Vancimuglio e negli altri presidi che avrebbe presentato emendamenti che sarebbero andati in una certa direzione, ma poi ha invitato - anzi ha intimato - il Governo a porre la questione di fiducia.
Per questo stiamo raccogliendo firme su questo presidente che non rappresenta l'agricoltura, né i componenti della XIII Commissione. È un presidente che perde il suo tempo ad apparire in televisione o a fare riunioni nella sua stanza, senza neanche avvertire i componenti della Commissione!
Nonostante il Parlamento si sia dato un nuovo regolamento per rendere la legislazione più leggibile, chiara e semplice e nonostante il comitato per la legislazione abbia previsto delle eccezioni, ciò non è stato tenuto in alcuna considerazione. Sapete perché? Perché la legislazione in tema di quote latte è volutamente astrusa, difficile ed ingarbugliata: il contadino, l'allevatore, il produttore non devono capirci niente e devono ricorrere a quegli organismi che sulla loro intermediazione hanno edificato la loro fortuna.
Quando è stata approvata la legge n. 468 si sono create le quote di carta. Infatti a seguito della sua approvazione il 26 novembre 1992 non sono state censite le mucche ed i capi bovini; si è invece chiesta la documentazione fiscalmente valida relativa agli anni 1988 e 1989. Quindi le quote sono state assegnate sulla carta! Poi all'annata 1991-1992 si è aggiunta la quota B e si è continuato ad andare in tale direzione.
Voi pensate che gli allevatori stipulassero tra di loro i contratti anomali, le soccide, i comodati di stalla o gli affitti di quindici giorni o di un mese? No, gli allevatori andavano dalle associazioni, dai sindacati, che consigliavano loro quei contratti! Poi le stesse associazioni e gli stessi sindacati facevano i consorzi di controllo con il compito di verificare i capi bovini presenti nelle stalle. Prendevano miliardi, decine e centinaia di miliardi!
Noi crediamo che vi sia stata nel settore lattiero-caseario una grossa tangentopoli e vogliamo che l'agricoltura...


Pag. 122

PRESIDENTE. Onorevole Caruso, la prego di concludere.

ENZO CARUSO. ...torni ad avere un ruolo centrale! Il Parlamento non si deve riunire solo per discutere venti decreti-legge in un anno e mezzo, ma deve fare una riflessione...

PRESIDENTE. Mi dispiace, onorevole Caruso, ma devo toglierle la parola per rispetto dei colleghi che dovranno intervenire successivamente. Tanto alle 4 dovremo comunque sospendere la seduta!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colucci. Ne ha facoltà.

GAETANO COLUCCI. Presidente, dia un minuto in meno a me!
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sull'argomento sono intervenuti molti deputati in modo esaustivo e certamente egregio. Una riprova è rappresentata dall'intervento appassionato, oltre che tecnicamente valido, del collega Enzo Caruso che mi ha preceduto.
Consentitemi, quindi, anche in considerazione del tempo a mia disposizione, di svolgere qualche argomentazione marginale su una vicenda che ha coinvolto l'intera opinione pubblica a seguito delle incisive manifestazioni degli allevatori e dei produttori di latte, che - a nostro giudizio giustamente - si ritengono penalizzati dagli interventi normativi del Governo e non solo da oggi.
Il decreto-legge n. 411, infatti, rappresenta, a nostro avviso, signor Presidente ed onorevoli colleghi, un duplice e illecito atto punitivo del Governo nei confronti degli allevatori onesti ed è - cosa ancora più grave - un atto punitivo per la democrazia parlamentare.
È fortemente punitivo nei confronti della democrazia parlamentare; infatti, se è vero che il Governo, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, può adottare provvedimenti con forza di legge, è pur vero che tali provvedimenti perdono efficacia se non convertiti in legge dal Parlamento, da tutto il Parlamento, con l'approvazione del disegno di legge di conversione. Dicevo, da tutto il Parlamento e non certamente da una sua parte predeterminata, che non costituisce maggioranza (perché non può costituire maggioranza senza un dibattito ed un confronto), ma costituisce soltanto quantità.
Quindi, è un vulnus della democrazia parlamentare la richiesta di questo ennesimo voto di fiducia, che rappresenta più una ratifica che la conversione in legge di un provvedimento con carattere di efficacia temporanea, così come voluto dalla Carta costituzionale. Costituisce anche una forte penalizzazione per i produttori e gli allevatori onesti; infatti, come è noto, la commissione Lecca ha evidenziato, nei suoi primi atti (sono in corso, se non sbaglio, ulteriori accertamenti), una serie di rilevanti irregolarità, concernenti la cessione di quote, l'attribuzione - come diceva il collega Caruso - di quote di carta, contratti di soccida inesistenti o illegittimi, false fatturazioni per miliardi da parte di allevatori senza possesso di un solo capo bovino.
È pur vero che questi rilievi, penalmente rilevanti e quindi certamente sanzionabili, sono stati «attenzionati» con la trasmissione degli atti alla magistratura, quindi sono all'esame di quest'ultima, senza ancora l'individuazione dei soggetti da penalizzare; però risultano penalizzati tutti gli allevatori, anche quelli onesti.
Concludo brevemente con una considerazione: non è possibile riconoscere diritti parziali. Se gli allevatori sono disonesti, non deve essere restituito loro l'80 per cento delle multe; se sono onesti, hanno diritto alla restituzione del 100 per cento (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.

ENZO CARUSO. Signor Presidente, la pausa non poteva essere fatta più tardi, come le altre volte?

PRESIDENTE. Andiamo avanti.
Prego, onorevole Conti.


Pag. 123

GIULIO CONTI. Signor Presidente, colleghi, credo che la nostra battaglia sia un segno concreto, di natura ovviamente politica, di solidarietà nei confronti di tutti i produttori di latte, in questo caso, una battaglia politica che si sta estendendo in tutta Italia e che vede molte categorie in rivolta. Non per niente noi abbiamo fatto analoghe battaglie in difesa del mondo della scuola, come la facciamo oggi per il mondo dell'agricoltura e come la faremo fra qualche giorno in difesa del mondo dei commercianti. È questa certamente una politica che porta le categorie a chiudersi in se stesse, con un Governo che rischia che il collegamento tra le categorie in rivolta diventi reale, configurando così l'immagine di un'Italia che potrebbe protestare tutta insieme, con conseguenze difficilmente prevedibili.
Ciò per dire come l'azione del Governo sia improvvida, basata sulla politica del giorno dopo e soprattutto su un criterio di amministrazione della cosa pubblica basato sulla violenza, in questo caso sulla violenza del voto, perché viene posta forzatamente, con motivi artificiosi e non veri, la questione di fiducia, per non esaminare gli emendamenti (che fra l'altro erano pochi, sebbene sostanziosi) presentati dall'opposizione. Si tratta di una tecnica che si è ripetuta per circa 30 volte su altrettanti argomenti importanti; è un modo di governare che sta distruggendo il dialogo ed il dibattito politico all'interno della nostra nazione. È questa una grave responsabilità del Governo, è questo lo spettacolo che stiamo facendo vedere all'Europa.
Per quel che riguarda gli agricoltori, non credo sia un caso che il settore si trovi in queste condizioni; in realtà, la linea politica di trenta o quarant'anni fa è stata quella di favorire il mondo dell'industria rispetto a quello dell'agricoltura, privilegiando una produzione artificiosa di seconda categoria (acquistando materia prime per poi rilavorarle in Italia) nei confronti di quella che doveva essere la prima fonte di ricchezza nazionale, vale a dire la produzione derivante dalla nostra stessa nazione.
È stata una scelta precipitosa, spesso voluta con la forza dal mondo dell'industria, anche con la costrizione e con la corruttela, che hanno determinato una situazione per la quale si pagano queste conseguenze, unitamente agli errori, spesso per faciloneria, per assenza, per incompetenza, qualche volta per la corruzione di vari ministri che ci hanno rappresentato in Europa, quando le quote del latte, del vino, dell'olio e di tutti i prodotti agricoli venivano vendute o svendute per scambi di natura qualche volta politica ma soprattutto clientelare.
Oggi noi chiediamo alcune soluzioni dal punto di vista politico e invitiamo il Governo - invece di far caricare gli agricoltori e di mandare i poliziotti allo sbando per rompere i vetri dei trattori, come abbiamo visto persino in trasmissioni televisive in diretta - ad impegnarsi politicamente per rinegoziare le quote, per restituire le multe - come diceva prima l'onorevole Colucci - con giustizia e con equità, identificando i responsabili politici di questa situazione affinché si faccia chiarezza e si restituisca fiducia al mondo della produzione agricola, facendo in modo che dall'agricoltura non nasca un'altra sorgente di disoccupazione.
È questo l'appello di alleanza nazionale; mi auguro che venga compreso e seguito, affinché episodi analoghi non si ripetano (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fei. Ne ha facoltà.

SANDRA FEI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo tema che ormai stiamo dibattendo da varie ore mi fa riflettere su quanto tra l'altro è stato in discussione in sede di Commissione per le politiche dell'Unione europea; la questione è il potere contrattuale, che l'Italia non ha e non riesce ad avere, in seno all'Unione europea.
È accaduto non molto tempo fa che su una questione il Governo, pressato dalle nostre domande su un tema sempre concernente


Pag. 124

l'Unione europea, abbia alzato le braccia dicendo: di fatto, noi questo potere contrattuale non ce l'abbiamo. Naturalmente la nostra risposta è stata che il potere contrattuale si costruisce, quando non lo si ha. Ma è la triste storia dell'Italia, soprattutto - devo dire - è la triste storia di questo Governo, che ha parlato tanto di Europa in Italia, costringendo gli italiani ad enormi sacrifici, ma non ha mai saputo sviluppare una vera politica in seno all'Unione europea, di qualunque tema si trattasse.
Quindi nessun potere contrattuale in seno all'Europa. Eppure, quando mi sono presentata ad assistere ad una seduta della commissione parlamentare per le politiche dell'Unione europea del Parlamento olandese in cui si discuteva di Schengen e dell'entrata dell'Italia (alla quale, naturalmente, tutti i parlamentari olandesi si opponevano fortemente per la questione dell'immigrazione clandestina non gestita bene dal nostro paese) il ministro olandese presente ha alzato le braccia affermando che occorreva essere un po' più cauti altrimenti li avremmo ricattati sulle quote latte. Il mio primo pensiero è stato: magari, magari lo facessimo, una volta tanto! Magari imponessimo qualcosa, magari riuscissimo a contrattare nel vero senso della parola. In fondo con questo Governo non vi è mai stata una politica di aiuto vero agli allevatori, soprattutto in seno all'Unione europea ma neppure sul territorio. Non li abbiamo aiutati a salvare la produzione italiana, non li abbiamo aiutati con le facilitazioni. Naturalmente il Governo ha dimenticato che un posto di lavoro fra gli allevatori costa infinitamente meno di un posto nell'industria o in un'azienda. Ma aiuti di questo genere, per facilitare, non vi sono stati. Abbiamo il latte più caro d'Europa e questo non è certo un caso, è sicuramente una volontà del Governo quella di mantenere le cose in questo modo.
Allo stesso tempo importiamo il latte per fare il parmigiano reggiano, quel formaggio buono e nostrano che è degno di un vero e proprio marchio, unico al mondo e che tutti ci invidiano.
In Europa negli ultimi mesi abbiamo accumulato una serie di procedure di infrazione assolutamente impressionante, soprattutto su temi importanti. Si parla, certo, di quella per le quote latte, molto di meno si è parlato di quella - ahimè molto più grave - per la mancata comunicazione da parte del Governo della produzione italiana di latte in seno all'Unione europea. Mi chiedo quale fiducia possa ispirare ai cittadini un simile comportamento irresponsabile da parte del nostro Governo, quale credibilità possa esso avere se non riesce a muoversi a favore del paese, se non riesce ad avere potere contrattuale, se accumula, quasi volesse vincere un primato ed entrare nel libro dei Guinness, procedure di infrazione a iosa su qualunque procedimento e, fatto grave, su questioni importanti come questa delle quote latte.
Come si fa a pensare, in una situazione di questo genere, che l'esasperazione non monti tra gli allevatori come conseguenza del comportamento del Governo. Un Governo...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Fei.

SANDRA FEI. Sto concludendo. Un Governo che fa confiscare i trattori per distrarre l'attenzione con un assurdo e inconcreto braccio di ferro, direttamente proporzionale alla lunga coda di paglia che ha, che chissà gli allevatori non riescano finalmente ad incendiare come hanno fatto ieri da qualche parte su nel nord. Perché un braccio di ferro? Perché...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fei. Sospendo la seduta...

ENZO SAVARESE. Presidente, chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. ...fino alle 5,15. Mi spiace, onorevole Savarese.


Pag. 125

La seduta, sospesa alle 4 di venerdì 23 gennaio 1998, è ripresa alle 5,15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI PETRINI

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, assente rappresentante del Governo...

DANIELE FRANZ. Non si può iniziare!

TOMMASO FOTI. Se poteste svegliarlo, perché forse è su qualche poltrona a dormire.

PRESIDENTE. Lo chiamiamo subito.

MAURO GUERRA. È arrivato!

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Foti.

TOMMASO FOTI. Questa maratona oratoria non ha un fine ostruzionistico in senso tecnico, poiché sappiamo perfettamente che il decreto-legge verrà convertito a tutti gli effetti. Quindi, la posizione che il gruppo di alleanza nazionale ha assunto vuole testimoniare innanzitutto solidarietà a quegli allevatori che, non da un giorno ma ormai da oltre un anno, si battono e si sono battuti per una causa che noi riteniamo giusta e largamente condivisibile.
Penso di poter dire che questa vicenda ha dimostrato come il Governo più volte abbia giocato sulla pelle degli allevatori, promettendo, non mantenendo, comunque illudendoli, senza mai fino in fondo dimostrare il coraggio di volerne condividere quella che era una causa meritoria.
Spiace che oltre al Governo si sia unito a questa presa in giro colossale anche il presidente della Commissione agricoltura della Camera. Pare evidente che, il giorno in cui il «salto della quaglia» dovesse entrare a far parte delle discipline sportive, l'onorevole Pecoraro Scanio con il suo comportamento avrebbe acquisito titoli e meriti per diventare un olimpionico. Abbiamo visto fin troppo bene il presidente Pecoraro Scanio andare sui luoghi ove abitualmente si riunivano i rappresentanti dei Cobas e lì assicurare il suo personale impegno a che il decreto-legge oggi in fase di conversione venisse, su sua sollecitazione, modificato. Quando ieri il ministro Pinto - non so da che cosa «s-pinto» - ha chiesto la fiducia, noi abbiamo sentito l'onorevole Pecoraro giustificare il suo atteggiamento di totale remissione alla volontà del Governo, dicendo che in fin dei conti tutte le possibili modifiche erano già state introdotte e quindi non si poteva andare oltre.
Ebbene, noi riteniamo che questo atteggiamento sia stato profondamente ingiusto e ingiustificato, anche perché nessuno aveva chiesto al signor presidente della Commissione agricoltura di andare ad illudere gli allevatori, ma una volta che il presidente così aveva fatto, un principio elementare di coerenza avrebbe dovuto imporre allo stesso di mantenere fede alla parola data.
Questa mattina il ministro Pinto, nell'esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati, ha ammesso che nella seduta di avant'ieri aveva dato i numeri in modo errato; aveva «dato i numeri» relativamente alla presentazione di emendamenti da parte dell'opposizione. Io penso che questo non sia stato l'unico errore commesso dal ministro Pinto, perché questo Governo sulle quote latte i numeri li dà quanto meno da un anno a questa parte; li dà in modo sbagliato e difforme. Inizialmente, si diceva che gli allevatori non avessero alcuna ragione di protestare. Poi, pian piano ci si è accorti, anche dopo le commissioni d'inchiesta nominate, che probabilmente gli unici a non avere i dati in ordine erano proprio quegli enti, quelle associazioni, quegli organi preposti al controllo e che in realtà mai hanno controllato in questi anni ciò che era stato loro affidato.


Pag. 126

PRESIDENTE. La ringrazio...

TOMMASO FOTI. Concludo dicendo che il voto del gruppo di alleanza nazionale a favore ...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Foti (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franz. Ne ha facoltà.

DANIELE FRANZ. Signor Presidente, terminato l'entusiasmo per il brillante intervento del collega Foti, vorrei entrare subito «a bomba» sull'argomento che per l'ennesima volta ci troviamo qui a discutere, peraltro vanamente.
Probabilmente, discutiamo invano perché il Governo - qui così meritoriamente rappresentato dal sottosegretario Borroni - è un Governo distratto da problemi importanti e fondamentali, tanto per me quanto per il sottosegretario di Stato, onorevole Borroni, visto che siamo due «famosi» calciatori. Il Governo Prodi è distratto perché in questo momento il Presidente del Consiglio è impegnato a cercare di dipanare la spinosa vicenda del caso Baggio. Con una brillante intervista su Tuttosport si è schierato clamorosamente a favore di Ulivieri, richiamando Baggio alla logica della squadra (Si ride).
Quindi, è comprensibile che su questa lunghezza d'onda anche il ministro Pinto, per spirito di gruppo, sia un ministro distratto. Tanto distratto da aver espresso un parere favorevole sull'ordine del giorno Caveri ed altri n. 9/4454/1, che al secondo punto impegna il Governo a distribuire ai produttori che vivono nelle vallate del bolzanese i comunicati in lingua tedesca. Preciso: non «anche» in lingua tedesca, ma «esclusivamente» in lingua tedesca. E questo già di per sé è abbastanza originale, ma è nulla rispetto alla prima parte dispositiva di questo ordine del giorno, laddove si dice che il Governo deve valutare, esclusivamente per le zone dell'Alto Adige e della Valle d'Aosta, la razza allevata, l'altimetria della zona e la pratica dell'alpeggio. Io non so come diavolo il ministro Pinto potrà legiferare tenendo conto di queste tre cose.
Ma tutto sommato anche queste sono bazzecole, tanto rispetto al caso Baggio quanto rispetto a quel che è successo da quando questo tormentone delle quote latte è venuto ad occupare cronache di giornale, cronache di attività parlamentari, senza che poco o nulla succedesse. Gli ordini del giorno presentati da alleanza nazionale in questo sono sconsolanti, perché ripropongono ancora una volta - presumo sia la decima o la quindicesima che questo accade; non ricordo esattamente quanti decreti ormai si sono susseguiti sulla materia - null'altro che l'ovvio, il buon senso, cose che dovrebbero essere alla base dell'operare e del fare di ogni uomo che decide, folgorato sulla via di Damasco, di dedicarsi alle cose pubbliche. Eppure anche su questo, su richieste del tutto ragionevoli e praticabili, non siamo ancora riusciti a trovare un punto d'incontro con questo Governo. Ed allora delle due l'una: o questo Governo (che oggi riesce a farsi forte anche di modifiche regolamentari e di una loro interpretazione che rende già vane quelle modifiche apparentemente fatte per creare una sorta di pace sociale e di buonismo permanente all'interno di questa Assemblea) non ne vuole sapere di ascoltare ciò che dice l'opposizione, oppure - semplicemente - non capisce assolutamente nulla di quote latte.
Non per fare sfoggio di faziosità, preferisco pensare che sia la seconda strada quella da percorrere perché difficilmente si sarebbe potuto trovare un ministro tanto incompetente quanto l'indubbio gentiluomo ministro Pinto.
Spero che il ministro Pinto non si dimetta (così come hanno chiesto alcuni colleghi di altri gruppi), perché sono convinto che continuando ad operare in questo modo porterà progressivamente i voti degli allevatori e degli agricoltori in generale sempre più verso il centro destra, facendoli pentire quotidianamente in maniera


Pag. 127

estremamente amara di aver votato, una volta in più nella loro vita, per questa coalizione di Governo.
Vorrei togliermi la soddisfazione di vederlo «cadere» in aula a seguito di un'eventuale mozione di sfiducia, per vedere se effettivamente... (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Franz, il suo tempo è scaduto.
Constato l'assenza dell'onorevole Gramazio che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto Alberto Giorgietti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, desidero innanzitutto rivolgere un particolare ringraziamento a tutti gli amici e colleghi di alleanza nazionale che hanno condiviso con me questa nottata che naturalmente proseguirà con la nostra presenza di opposizione. Ritengo infatti che questo sia un momento particolarmente importante per la nostra battaglia di opposizione; un'opposizione parlamentare che sta portando avanti in queste ore quella che consideriamo essere una battaglia di libertà, di verità ed anche di giustizia. Naturalmente questa è una situazione che ci riempie di determinazione ma anche di orgoglio nel far valere le nostre ragioni, le ragioni di una categoria che (è l'ennesimo atto in questo settore: l'ennesimo di un Governo poco attento ai problemi dell'agricoltura, ai problemi degli allevatori), purtroppo è stata già tante volte tartassata.
Parlavo prima di libertà, di verità e di giustizia; potrebbe sembrare paradossale utilizzare termini tanto importanti, ma purtroppo questo provvedimento rappresenta, come dicevo prima, il seguito di oltre un anno di interventi governativi che sono stati assolutamente errati, frutto purtroppo di una palese incompetenza, e purtroppo gravemente discriminanti e discriminatori nei confronti della categoria dei produttori. Ciò non ci consente, naturalmente, di utilizzare termini meno forti. Andiamo avanti denunciando questa situazione senza sconti nei confronti del Governo. È nostro dovere informare l'intero paese su quanto sta accadendo in quest'aula e di ciò che accadrà nel comparto in oggetto, nei prossimi giorni, nel prossimo anno, nella prospettiva di una competizione europea che si presenta sempre più difficile per la categoria. Purtroppo, grazie ad una condotta assolutamente dissennata da parte del Governo, tale categoria viene ad essere depotenziata clamorosamente nella possibilità di andare a competere nei confronti di altre realtà e nazioni che stanno difendendo questo comparto in maniera decisamente più efficace.
Se partiamo da quello che è stato un po' il percorso seguito, è evidente che emanare provvedimenti retroattivi, modificando le regole del gioco a partita conclusa risulta essere inaccettabile, in particolar modo se tale condotta ha costituito l'elemento principale con cui il ministro Pinto ha portato avanti la sua parvenza di strategia. Una strategia che non si capisce quale sia, a meno che non voglia essere quella di distruggere definitivamente il comparto. Tutto ciò è ancor più grave se tale atteggiamento viene strumentalmente giustificato di volta in volta portando attestazione di necessità addirittura sovranazionali, come sempre è stato fatto scorrettamente e spesso con false informazioni da parte del Governo Prodi che, nel suo complesso, è responsabile di questa situazione.
Parlavo di attestazioni di necessità che fanno sempre riferimento all'Unione europea; è sufficiente pensare che il decreto n. 440 è stato giustificato dal ministro facendo riferimento alla necessità imposta dall'Unione europea di cambiare la compensazione. Tale legittimazione è stata via via smentita dalle varie sentenze dei tribunali, dei tribunali amministrativi regionali, della Corte costituzionale. Eppure si è proseguito in questa strada assurda di conflittualità forte tra il Governo e i produttori di latte. Un conflitto che è


Pag. 128

diventato addirittura quasi una questione di vita o di morte per la credibilità del ministro Pinto.
Credo che da questo confronto, in realtà, il ministro Pinto sia uscito fortemente delegittimato. Se è vero che gli allevatori forse non otterranno i risultati che speravano di raggiungere, è altrettanto vero che comunque ciò che hanno portato a livello di sensibilizzazione nazionale ha indubbiamente rappresentato una scossa fortissima, che fa capire quanto ancora sia inadeguata la politica del Governo.
La sensazione è che durante tutti questi mesi gli allevatori siano stati trattati come una realtà che comunque non è funzionale al progetto dell'Ulivo. La sensazione è che questi allevatori siano stati considerati...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Alberto Giorgietti.

ALBERTO GIORGETTI. Troppo gentile (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.

STEFANO LOSURDO. Signor Presidente, colleghi non numerosi in queste prime ore della mattina...

ENZO SAVARESE. Ma qualificati!

STEFANO LOSURDO. ... a nome del gruppo di alleanza nazionale continuo, diciamo così, in questa impostazione ostruzionistica dell'azione dell'opposizione, che però mi fa capire quello che Gide definiva l'atto gratuito nell'azione dell'uomo. Stiamo facendo un ostruzionismo per la fiducia posta dal Governo; esso non sortirà alcun effetto pratico e concreto a favore degli allevatori, tuttavia andava fatto per testimoniare quello che è un impegno di giustizia e di verità che alleanza nazionale sta assolvendo con costanza e coerenza da tempo a favore dei diritti e degli interessi degli allevatori italiani.
Ciò che in questa tornata ostruzionistica notturna mi ha colpito è stata anche la gratuità dell'impostazione scioccamente, noiosamente antimeridionalistica degli interventi dei rappresentanti della lega in quest'aula. È un'impostazione sciocca, stupida, gratuita perché nel meridione praticamente non c'è una produzione di latte apprezzabile e perché tutto il comparto lattiero-caseario è concentrato nella pianura padana. Se la legge n. 46 ha ingiustamente punito tutto il comparto dell'allevamento del nord Italia, di ciò i leghisti dovrebbero ringraziare il loro massimo rappresentante nella politica agricola: l'ex senatore Robusti che votò quella legge.
Mi ha colpito questa impostazione stolida perché essa dimostra che ai colleghi della lega ha interessato di più speculare politicamente, in un momento in cui bisognava essere esclusivamente, sinceramente, motivatamente e comprovatamente a favore degli allevatori.
L'altra costante dei discorsi dei colleghi della lega è stata la critica al malcostume che, ad avviso loro ed anche nostro, ha imperato ed impera nella politica italiana. Essi hanno ripetuto che il malcostume, che riguarderebbe anche la politica italiana, avrebbe rappresentato la causa originaria di tutti i problemi in cui versa l'agricoltura italiana in generale ed il comparto lattiero-caseario in particolare.
Essi hanno posto sul banco degli accusati la Coldiretti, l'unione agricoltori, l'Unalat, e via dicendo, additati al disprezzo e al pubblico ludibrio. Essi sostengono che in Italia non sarebbe cambiato nulla e che bisognerebbe mobilitarsi contro tutto ciò.
Ebbene, sarebbe bastato che la lega si fosse ricordata di queste giustissime cose due anni fa, quando ha fatto cadere il Governo Berlusconi, e senza dubbio gli allevatori italiani non si sarebbero trovati nei problemi in cui versano oggi. Gli allevatori italiani, infatti, non sono stupidi e sono convinto che stiano tutti pensando che, con un altro Governo, con una


Pag. 129

filosofia di governo completamente diversa verso il mondo imprenditoriale in generale e verso quello dell'agricoltura in particolare, sicuramente non sarebbero stati costretti a bivaccare in decine di campi in tutto il nord Italia e per giorni a Torrinpietra o qui davanti a Montecitorio.
Noi di alleanza nazionale abbiamo presentato degli ordini del giorno che si contraddistinguono perché riguardano questioni nodali. Chiediamo in primo luogo la restituzione immediata dell'intero importo delle multe (che non sono tali, perché non vi è stata alcuna infrazione) per il periodo 1995-1996; inoltre chiediamo che il sostituto d'imposta sia posto direttamente in capo ai produttori. Su questi due punti abbiamo incentrato la nostra attenzione... (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Malgieri, Martinat, Messa, Napoli e Carlo Pace, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanni Pace. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PACE. Signor Presidente, stiamo parlando da svariate ore ed è difficile non ripetere quanto è già stato detto sul decreto-legge n. 411 del 1997 e sul problema delle quote latte. Ci stiamo occupando di quel mondo di lavoratori e di produttori che segnano le cadenze ed i tempi del loro lavoro non ad ore ma sugli accadimenti naturali del sole che sorge e tramonta, del freddo, del caldo, delle gelate, delle piogge, della neve, della siccità. Per tale ragione alla fine i loro conti si chiudono non alla luce della mera valutazione del rapporto fra ricavi e costi, ma tenendo conto anche degli effetti delle intemperie.
Oggi i conti economici di alcune categorie di agricoltori e di numerosissime aziende devono tenere in considerazione anche il comportamento di un Governo che appare insensibile ad alcune problematiche che si presentano in termini di forte drammaticità.
La discussione odierna sugli ordini del giorno si sarebbe potuta evitare se il Governo avesse capito, almeno in questa occasione, il ruolo dell'opposizione in un sistema che, sia pure faticosamente, si avvia ad essere bipolare e dell'alternanza. Infatti, il Governo deve governare, mentre l'opposizione deve controllare. E il controllo si effettua efficacemente non in sede di consuntivo, perché in quella sede si esprimono giudizi politici - alla fine, se volete, si può «piangere sul latte versato» - ma nel momento della gestione, quando si formano le leggi, quando c'è il confronto delle idee, delle posizioni e delle proposte.
L'opposizione sa che dalla attività della commissione di inchiesta del generale Lecca è risultato che vi sono stati contratti illegali e che le aziende non ricevono alcuna liquidità perché viene trattenuta dai primi acquirenti. L'opposizione e gli agricoltori conoscono la situazione che si è venuta a creare a causa della confusione normativa in rapporto all'applicazione delle quote latte; inoltre sanno che la terza relazione Lecca esiste, ma che non è stata ancora messa a disposizione del Parlamento.
L'opposizione sa anche che il decreto-legge n. 411 sostituisce il provvedimento n. 305, che conteneva norme sicuramente più utili al mondo cui si rivolgeva, ma che è stato posto in secondo piano per motivi che il ministro Pinto ha cercato di spiegare senza che riuscissimo a comprenderli. Sicuramente la colpa è nostra, ma stiamo parlando di una storia di un'«efficienza» infinita. Infatti, ci troviamo di fronte all'inefficienza di un Governo che non riesce a comprendere che, in una situazione già ampiamente illustrata nei vari interventi, bisogna dare fiducia al produttore e all'allevatore, bisogna togliere i pesi e le fideiussioni che gravano sulle aziende e sulle stalle per portare avanti l'attività di pulizia e di trasparenza.
Stiamo parlando di una storia di verifiche che hanno evidenziato come vi siano persone che si sono ben comportate


Pag. 130

e che quindi non possono essere penalizzate da provvedimenti governativi, sia pure correlati a normative europee mal interpretate. Vi sono state anche persone che, di contro, hanno scelto la via della furbizia ed hanno cercato delle scorciatoie e che perciò devono pagare. Stiamo parlando di un Governo che non si è reso conto del fatto che, attraverso i pochi controlli effettuati, si sono scoperti 7 mila contratti anormali, per i quali sono stati richiesti i documenti. Solo in 3.417 casi sono state date risposte e su 2.400 risposte esaminate sono stati scoperti 2.019 contratti illegali, cioè contratti di soccida illegale, contratti di affitto di stalla inferiori a 6 mesi. Alcuni contratti di affitto erano relativi ad un periodo di soltanto 15 giorni. Sono stati addirittura riscontrati 680 contratti di affitto con una durata inferiore a 15 giorni.
Qualche volta si tratta di errori di produttori, ma per lo più si tratta di inefficienze e di errori di uffici e di istituzioni pubbliche dall'AIMA all'Unalat.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Migliori, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, stiamo parlando da diverse ore di quote latte e i colleghi che mi hanno preceduto hanno già evidenziato prima di me il non corretto modo di agire del Governo.
Intervengo a sostegno degli ordini del giorno sottoscritti dall'opposizione, in particolare dal gruppo di alleanza nazionale. Sono ordini del giorno che, se verranno approvati dalla Camera, impegneranno il Governo a provvedere alla restituzione immediata della totalità del superprelievo 1995-1996, illegalmente trattenuto, a procedere alla liberazione dalle garanzie fideiussorie ed al trasferimento del sostenuto di imposta sul produttore. Questi ordini del giorno, se la Camera li approverà, impegneranno altresì il Governo a predisporre entro 60 giorni una normativa che abbia il carattere della chiarezza e dell'efficacia in tema di quote latte; chiarezza che il decreto in esame certamente non ha, perché non è in grado di risolvere la problematica che da tempo è sul tappeto. E vorrei ricordare che questo è il sesto decreto-legge in materia.
Si tratta di un decreto-legge che non abbiamo potuto migliorare perché ancora una volta il Governo è ricorso alla posizione della questione di fiducia. Eppure avremmo avuto tutto il tempo per discutere dei pochi emendamenti presentati ed anche per procedere ad una ulteriore lettura al Senato.
Ancora una volta il Governo, blindandosi, ha espropriato il Parlamento della sua facoltà di legiferare e di migliorare un decreto poco leggibile e disastroso che scontenta gli allevatori e gli agricoltori tutti, un decreto certamente poco chiaro. Il precedente decreto n. 305 conteneva norme più favorevoli per gli allevatori, compresa la possibilità della restituzione del 40 per cento della quota 1995-96, ma questo Governo lo ha ritirato per un motivo che ancora non conosciamo. Il decreto n. 411, di cui ci occupiamo oggi, è poco leggibile, contiene una serie di disposizioni espresse con complessi rinvii alla legislazione vigente (come evidenzia chiaramente la documentazione predisposta dagli uffici della Camera) per cui i poveri allevatori avranno, oltre il danno, anche la beffa di dover interpretare un testo poco leggibile.
Il Governo avrebbe dovuto avere maggiore fiducia negli allevatori e l'importo delle supermulte sarebbe dovuto rimanere nelle casse delle aziende degli allevatori in attesa degli accertamenti di rito, in modo da consentire investimenti nelle aziende stesse. Non va dimenticato che, di fronte ad un eventuale errore di un allevatore, vi sono centinaia di errori dell'AIMA e di enti pubblici, per cui non è giusto far pagare solo agli allevatori il peso di tutto ciò. Questa purtroppo è la politica dell'Ulivo che non ha rispetto per il mondo agricolo e per gli allevatori. Questi ultimi,


Pag. 131

dopo essere stati puniti con il sequestro dei trattori (il cui dissequestro è avvenuto solo poche ore fa), dopo essere stati puniti dal Governo che non ha mantenuto gli impegni assunti, si trovano davanti ad un decreto illeggibile che non è possibile in alcun modo migliorare a causa del comportamento del Governo.
Colleghi, pochi mesi fa abbiamo approvato il nuovo regolamento della Camera il cui nuovo articolo 16-bis prevede l'istituzione di un Comitato per la legislazione deputato ad esprimere pareri sulla qualità dei testi, anche con riferimento alla loro chiarezza, semplicità ed omogeneità. Questo Comitato ha espresso all'unanimità un parere favorevole, condizionandolo su alcuni punti e facendo numerose osservazioni che qui tralascio per economia di tempo. In particolare il Comitato ha chiesto che venissero chiariti la portata del primo comma dell'articolo 3 ed il significato dell'articolo 4-bis nonché i poteri della commissione di garanzia, i cui compiti non sono chiari, soprattutto in rapporto all'AIMA. L'unica cosa chiara è la durata della commissione, che non è a carattere permanente bensì transitorio. Ci chiediamo perciò come sia possibile collegare l'articolo 4-bis con il secondo comma dell'articolo 2 del decreto che invece prevede che le regioni competenti possano procedere alla revoca del riconoscimento previsto dall'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 569, sentita la commissione di garanzia. È una norma a carattere permanente che confligge con l'articolo 4-bis, che ha carattere meramente transitorio (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzoli. Ne ha facoltà.

MARIO PEZZOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta questo Governo su un importante provvedimento che interviene per sanare un problema che tanta parte ha avuto nel dibattito politico degli ultimi mesi, creando un clima di incertezza politica e di tensione sociale, ha posto la questione di fiducia. Può sembrare l'ennesimo colpo di mano di un esecutivo, di un regime forte, saldo sulle proprie convinzioni e posizioni, forte dell'incrollabile fede nei propri provvedimenti, rappresentato dalla calma quasi serafica del proprio ministro delle risorse agricole. Questa è la realtà che appare a chi non si è posto correttamente ed attentamente nei confronti di questo decreto-legge e del relativo dibattito. Questo è un Governo che nella sede propria, cioè il Parlamento, non vuole assumersi le proprie responsabilità, blindando il provvedimento, affossando il dibattito tra i gruppi in aula e la democratica emendabilità del provvedimento per la paura che la propria maggioranza si «squagli» sulle poche proposte di buon senso che vengono dalle opposizioni. Questo Governo dimostra tutta la propria debolezza politica e democratica. Parlo di debolezza politica in quanto la discussione e l'eventuale approvazione di alcuni emendamenti di buon senso delle opposizioni sul provvedimento avrebbero consentito al Governo di uscire anche dignitosamente da una vicenda nella quale sia il Governo sia la maggioranza non hanno ben figurato. Ovviamente mi riferisco alla possibilità di comprendere i problemi dei piccoli allevatori che rischiano di veder vanificati il lavoro e le economie di tanti anni e di tante generazioni.
Per il Governo e la maggioranza continuano a esistere cittadini di serie A e di serie B: i primi da tutelare a volte oltre modo, i secondi da punire pesantemente. Chi davvero lavora, chi realmente produce, chi concretamente crea occupazione e sano benessere per sé e per gli altri viene punito con il provvedimento attualmente in discussione ed è già stato punito con l'approvazione della legge finanziaria che ha indebolito chi in questo paese lavora e produce (mi riferisco alla piccola e media impresa).
Ho parlato di debolezza democratica che si è manifestata nel momento in cui il Governo ha pensato di affrontare la protesta civile non violenta dei Cobas del


Pag. 132

latte con le cariche di polizia, con i manganelli, con gli arresti ed i sequestri. È un'aria strana quella che si sta respirando con questo Governo in questo paese. Un Governo che non vuole avere problemi. È un pericoloso clima di regime per l'assetto democratico del paese sia nelle sedi istituzionali sia nelle piazze.
Un Governo serio, di fronte all'attività di indagine sui fatti che si sono succeduti negli ultimi anni nel settore lattiero-caseario, tenendo conto delle gravi difficoltà di liquidità che interessano soprattutto i piccoli produttori, avrebbe dovuto responsabilmente restituire in toto gli importi trattenuti. Avremmo potuto così, alla luce dei pochi emendamenti delle opposizioni, fornire le risposte adeguate in questo senso, poiché sarebbe stato il Parlamento ad assumersi la responsabilità di scelte che il Governo non ha avuto il coraggio di fare. Avremmo potuto, davanti al paese ed ai veri produttori, dimostrare concretamente la volontà di aver concorso tutti insieme alla soluzione sia pure parziale del problema.
Voi del Governo avete posto la fiducia e altalenato le vostre dichiarazioni insieme ad esponenti della maggioranza perché siete in difficoltà ed avete avuto timore che su emendamenti di consenso venisse meno la tenuta della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Poli Bortone. Ne ha facoltà.

ADRIANA POLI BORTONE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, in rapporto a questo decreto si può parlare di danno e di beffa agli agricoltori, perché i produttori di latte, per un escamotage voluto esclusivamente dall'Italia, hanno affidato le loro sorti alle organizzazioni professionali che a suo tempo si unirono nell'Unalat e che contemporaneamente si raggrupparono in società che gestivano il sistema informatico dell'AIMA. Sicché, ad un tempo, erano i soggetti che in quanto rappresentanti dell'Unalat gestivano il regime lattiero-caseario - e dunque il sistema delle compensazioni - e, in quanto rappresentanti di società informatiche, gestivano il sistema dei controlli dell'AIMA. È stato questo il pasticcio di fondo che ha generato il «pasticciaccio» delle quote latte, per cui oggi quegli allevatori e produttori che si erano iscritti alle associazioni di prodotto per essere tutelati pagano per i danni procurati da quelle associazioni di prodotto, le quali sono esonerate da qualunque onere di carattere fiscale, perché il decreto in esame sancisce esattamente questo. Ma la cosa più grave è che la sancisce nel momento in cui, in data 29 dicembre, l'antitrust ha presentato un documento, di particolare rilievo, che fa riferimento alla normativa italiana che è del tutto inadeguata rispetto anche alla normativa europea, essenzialmente per due aspetti: per gli ambiti di tempo e per gli ambiti di luogo con i quali viene gestito il regime delle quote latte. Ciò comporta che solo l'Italia ha deciso di fare le compensazioni a livello regionale e soltanto in un determinato momento; ma anche con limiti temporali di passaggio, di affitto di quote latte, senza cessione dell'azienda: cosa che, invece, l'antitrust ritiene che possa esser fatta anche e persino nel corso della campagna produttiva.
Mi chiedo, allora, come si possa essere così ostinati nel non voler restituire le somme che gli agricoltori aspettano da tanto tempo, nel non voler fare una normativa che sia, non fortemente innovativa, ma in grado di adeguarsi semplicemente a ciò che l'autorità italiana antitrust ha detto e che si continui a presentare un decreto del genere, che questa volta, sì, il Governo avrebbe dovuto ritirare, proprio per adeguarsi ad una normativa più efficace, più adatta e più omogenea persino rispetto a quelle europee.
La realtà è però che gli allevatori ed i produttori sono stati abbandonati a sé stessi! Essi, infatti, hanno avuto la possibilità di riunirsi esclusivamente nei Cobas, che hanno inventato abbandonando quelle organizzazioni professionali che nel


Pag. 133

tempo non li hanno difesi e che oggi si sono guardate bene dal venire nelle piazze a difenderli in un momento nel quale i produttori di latte italiani avevano maggiormente bisogno di essere difesi. Quella che è emersa dalla vicenda di questi ultimi mesi delle quote latte è una grossa crisi sindacale. È una vicenda che sottolinea come, in tema di riforme istituzionali e costituzionali, si debba anche intervenire sulla rappresentanza sindacale. È infatti inconcepibile che oggi esistano ancora, alle soglie del 2000 e in presenza di un sistema bipolare, delle organizzazioni professionali che non hanno radici nelle categorie e che non hanno più alcun senso non avendo più dietro i partiti di riferimento che avevano nella prima Repubblica. Ciò comporta che oggi la categoria degli agricoltori è completamente priva di tutela sotto il profilo sindacale. Ed è per questo che ha inventato i Cobas e che cerca di trovare forme di rappresentanza che siano fortemente diverse dal passato e che possano creare una sorta di nuovo «ombrello» rispetto a ciò che oggi non hanno e a ciò che oggi la Costituzione italiana non gli consente di avere, a differenza della Francia che ha compreso che occorrono le associazioni di prodotto.
Quest'ultimo è un tema sul quale torneremo quando, forse, si svolgerà quella sessione alla quale il ministro ha accettato di partecipare (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.

CARMELO PORCU. Presidente, sta diventando quasi una simpatica consuetudine che lei mi dia la parola in ore non precisamente «parlamentari», affinché io porti il mio contributo alle battaglie che l'opposizione politica porta avanti in questo Parlamento. Ed è un altrettanto simpatica casualità che, l'ultima volta in cui ci siamo intrattenuti con la sua benevola attenzione, è stato quando ci siamo soffermati sui problemi del vino, per il quale il Governo aveva deciso infaustamente per le qualità che il vino ha e per il fatto che più se ne beve e più si sta meglio (come sanno bene anche numerosi colleghi di quest'Assemblea). Adesso, invece, interveniamo sulla questione del latte.
Devo dire che io mi intendo sia di vino sia di latte, nel senso che sono un consumatore dell'uno e dell'altro. L'unica cosa è che il latte, magari, si dovrebbe bere a queste ore del mattino ed il vino un pochettino più tardi. In ogni caso, sono due bevande che vengono dalla natura, che sono apprezzate molto dagli italiani e che dovrebbero essere tutelate molto di più da questo Governo. Questo è però un Governo che non è «né latte, né vino», che è approssimativo al massimo e che applica la par condicio nel penalizzare tutti i settori e comparti dell'agricoltura nazionale.
Questa è la ragione per cui, cari amici, siamo qua a difendere, in ore che dovrebbero essere dedicate ai lavori agricoli, le ragioni forti dell'agricoltura nazionale dei produttori di latte; anche in questo caso con una simpatica coincidenza di orari.
In questo momento in Italia centinaia di migliaia di italiani in tutte le regioni del paese si stanno recando nelle proprie aziende: i più fortunati si recano in aziende moderne e tecnologicamente avanzate; e i meno fortunati - ma non per questo meno dignitosi - vanno a lavorare nei propri campi del sud (anche negli ovili della mia Sardegna). Ebbene, a questi lavoratori della terra va tutta la nostra solidarietà, sia a quelli che possono vantare un reddito alto sia a quelli che invece tirano la carretta giornalmente per portare a casa qualche cosa che sia il più possibile aderente alle sempre più alte necessità della vita moderna. In questo senso, credo che il Polo per le libertà, alleanza di centro-destra, come tutte le opposizioni presenti in quest'aula, faccia bene ad elevare, alta e forte, una protesta per la tangibile insensibilità del Governo nei confronti di questi problemi e per la sua incapacità ad affrontarli in maniera radicale e positiva.


Pag. 134


Avviandomi alla conclusione del mio intervento, devo dire che non mi associo al coro di sorpresa che si è levato in quest'aula per l'atteggiamento di sensibilità dimostrata dal presidente della Commissione agricoltura, Pecoraro Scanio, nei confronti di questi problemi. Egli in realtà, anche a causa del suo nome (lo dico io che me ne intendo...), dovrebbe essere maggiormente vicino ai problemi degli allevatori.

RAFFAELE COSTA. Nomen omen!

CARMELO PORCU. Onorevole Costa, questo è vero: speriamo che non valga per me il suo riferimento (Si ride). Però, insomma, uno che si chiama Pecoraro non può volere molto bene ai produttori di latte vaccino: è una questione di poca simpatia tra animali. In questo caso le pecore hanno avuto il premio sulle mucche: e l'agricoltura italiana certamente non se ne giova, come pure il Parlamento, forse (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Porcu. L'ascolto sempre volentieri, ma spero di poterlo fare la prossima volta in un orario più consono...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Savarese. Ne ha facoltà.

ENZO SAVARESE. Signor Presidente, credo che quest'aula debba un ringraziamento ai poveri ed intrepidi spettatori che ci stanno ascoltando: immagino facciano parte della categoria tartassata dal Governo. Quest'ultimo dovrebbe rendersi conto che evidentemente ha preso una grossa «cantonata» (sia nel merito sia nelle procedure) se delle persone dopo otto ore, alle 6,10 di mattina ancora ritengono di ascoltare il dibattito in corso.
Per quanto riguarda il merito, come hanno già fatto notare tutti i colleghi di alleanza nazionale che mi hanno preceduto (ed in maniera eloquente l'ex ministro Adriana Poli Bortone), si fanno pagare ad una categoria le responsabilità di classi politiche precedenti: una cogestione in peggio (si può dire che al peggio non vi è mai limite, ma nel caso dell'agricoltura italiana questo limite è stato superato ampiamente), dopo la quale si è ritenuto di attuare una politica di pubblica sicurezza che non è mai stata applicata nemmeno dove ve ne erano effettivamente gli estremi. Il Governo non ha avuto il coraggio di sgomberare le scuole occupate (parliamo di gente che non lavora, che ha distrutto istituti scolastici, che ha fatto danni e vandalismo) però ha il coraggio di prendersela con chi difende il proprio lavoro.
Sulle procedure devo dire che il Governo non trova niente di meglio che chiedere all'opposizione di rinunciare a fare il suo dovere. Ogni volta che proviamo a fare il nostro dovere ci si dice che non lo facciamo oppure che lo facciamo troppo bene; nel secondo caso il Governo interviene con la richiesta di voti di fiducia e ci costringe a queste maratone, che vorremmo evitare (anche per il sottosegretario che ci ascolta...). Il ministro Pinto, invece, ha sgradevolmente lasciato l'aula alle 21 di ieri sera. Credo comunque che questo metodo di governare alla lunga non sarà pagante. Le richieste di fiducia sono arrivate a 29 o 30: direi che non si contano, ma a questo punto il numero è abbastanza influente.
Il problema è tutto politico. Il Governo non vuole accettare il confronto con l'opposizione e soprattutto non vuole accettare il dialogo con la gente, con le istanze provenienti dalla società civile, dagli elettori (mi auguro non saranno elettori dell'Ulivo, se mai lo fossero stati...). Non vorrei, inoltre, vi fosse una volontà punitiva verso gente che si è fatta da sola e che ha difeso i propri interessi; gente che, così facendo, ha difeso anche gli interessi nazionali. Non dimentichiamo infatti che l'agricoltura è la prima fonte di ricchezza di ogni paese. Gli Stati Uniti d'America - che ammiriamo dal punto di vista dello sviluppo industriale, finanziario ed economico - basano la loro ricchezza di fondo sull'agricoltura, sui granai del Midwest, sulle mucche, sulle vacche così


Pag. 135

derise in questi giorni. Il nostro Governo, invece, è del tutto disattento alla politica agricola.
L'esecutivo ha voluto rifiutare anche i nostri ordini del giorno. Da una parte la questione lascia il tempo che trova, perché sappiamo benissimo che i governi hanno l'abitudine di fare carta straccia di questi indirizzi. Fatto sta che l'attuale Governo dimostra una insipienza ed una volontà di inasprire il dialogo che ci porta alle conseguenze che abbiamo sotto gli occhi. Oggi siamo qui, ma saremo qui anche domani e la settimana prossima: ogni volta in cui si tratterà di difendere la libertà minacciata da quello che sta diventando sempre di più un regime oppressivo. Deve essere chiaro una volta per tutte: non possiamo tollerare che le proteste vengano criminalizzate. Ieri sera intorno alle 22,30 il collega Biondi ci ricordava che è stato revocato l'ordine di sequestro: ma è mai possibile che uno Stato debba agire con mezzi che non sarebbero stati utilizzati nei confronti dei lavoratori e degli imprenditori nemmeno nel Cile di Pinochet? È possibile che il Governo costringa le opposizioni a questo tipo di maratona per non voler discutere venti emendamenti? È possibile, poi, che ci irrida proponendoci - come ha fatto il ministro Pinto - l'accettazione di un ordine del giorno purché lo si riformuli in altro senso (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)?

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Selva, Valensise e Carmelo Carrara, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Teresio Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la vicenda delle quote latte non può non essere ricordata per il metodo con cui il Governo l'ha affrontata, basandosi su un approccio muscolare senza alcuna disponibilità ad approfondire e ad analizzare i termini veri della questione al di fuori di ogni pregiudizio. Noi, invece, siamo stati fin dall'inizio su una posizione ragionevole, mirata ad affermare le ragioni del dialogo, della comprensione e della moderazione.
Il Governo e la maggioranza (e ci riferiamo proprio agli interventi svolti in quest'aula) hanno tentato di sacralizzare alcuni riferimenti europei senza aver compreso fino in fondo le ragioni portate avanti dai produttori. È così stata affermata, anzi imposta, la pretesa del Governo di far pagare i produttori in un quadro di assoluta confusione, di mancanza di qualsiasi certezza sulla reale quantità di latte prodotto, di errori rilevanti (a volte macroscopici) circa le quote assegnate dall'AIMA ai vari produttori, di truffe evidenziate dalle stesse commissioni d'indagine all'uopo costituite dal Governo nel corso degli ultimi due anni.
In sostanza è stato messo in evidenza che la richiesta di sospensione e di restituzione degli importi dei superprelievi era pienamente fondata. Occorreva infatti andare a verificare veramente fino in fondo quale era la situazione.
Questo elemento ha reso giuste e sacrosante le proteste dei produttori ed ha giustamente portato sulle strade i loro presidi. La stessa reazione a questo disagio sociale è stata una risposta violenta, un atteggiamento assolutamente ingiustificato del Governo, il quale vuole caratterizzarsi come portatore di una ventata nuova di democrazia e di riforma nei rapporti sociali. Ho sentito tante affermazioni sul passato della nostra cosiddetta prima Repubblica. Ma la tolleranza che si è registrata in passato rispetto a manifestazioni sindacali o di protesta sociale è stata di un livello molto più alto e significativo rispetto ad oggi, con un'attenzione molto maggiore rispetto alla protesta sociale che si andava manifestando. Così non è stato ed anche questo bolla in modo assolutamente negativo, signor sottosegretario, la risposta del Governo.
Sono queste le ragioni che ci avevano indotto - e concludo, signor Presidente - a presentare ordini del giorno che recepivano proprio le motivazioni vere e


Pag. 136

fondate. Su ciò speriamo ancora che si possa, in breve tempo, trovare una modalità di composizione equa e giusta per tutti.

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Grillo, Marinacci, Panetta, Sanza, Tassone e Volonté, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giannattasio. Ne ha facoltà.

PIETRO GIANNATTASIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta ci troviamo a dover ricorrere a tutti i mezzi che il regolamento della Camera consente all'opposizione per tutelare gli interessi delle categorie di coloro che, lavorando in proprio, non solo rischiano i loro soldi ma si vedono tartassati da un Governo sordo, cieco ed inadempiente.
La successione degli avvenimenti che si sono svolti nel pomeriggio di mercoledì dimostra, in modo più che evidente, quanto tenace, determinata e caparbia sia la volontà del Governo di non voler esaminare gli emendamenti presentati a questo decreto.
Per la trentunesima volta si ricorre alla fiducia; diciannove mesi di Governo, poco più di cinquecento giorni, una fiducia ogni sedici giorni di calendario solare; una fiducia ogni 2,6 sedute lavorative della Camera e tutto ciò perché il ministro Pinto ha mostrato all'Assemblea un fascicolo contenente seicento emendamenti che, con dichiarazioni pubbliche di vari parlamentari intervenuti in sede di discussione del provvedimento, erano stati ridotti a meno di trenta.
Ministro Pinto, questo attaccamento agli aspetti formali denota solo la paura di affrontare la realtà dei fatti; la paura di misurarsi in una pubblica discussione sui provvedimenti che interessano una massa di cittadini che opera onestamente e che è destinata a soffrire per questo rifiuto. È la paura di dover ammettere e riconoscere la propria incapacità di gestire un problema nazionale con risvolti internazionali vergognosi e squalificanti. Nascondersi dietro un dito, il dito delle formalità, denota anche - ahimè per l'Italia - la situazione di inaffidabilità di questa classe dirigente e l'orizzonte fosco di un futuro che non sarà di rinnovamento ma di pedissequa ripetizione dei danni provocati dai politicanti della prima Repubblica. Il potere per il potere, l'affermazione del potere innanzitutto, anche se la mannaia cade sulle spalle degli allevatori onesti, anche se i soldi vengono sottratti dalle tasche dei lavoratori onesti, mentre oltre 2.000 accertamenti, effettuati dal generale Lecca, confermano le disonestà compiute nel settore e mentre tante altre truffe affiorano in superficie. Tuttavia nulla può fermare la dimostrazione di forza del Governo. Questo è rambismo politico, è sadismo politico. Questo, colleghi deputati, è l'espressione del più duro regime che attinge le sue ragioni storiche nel comunismo sovietico, che distrusse, annientò generazioni intere di kulaki. Complimenti, ministro Pinto. Complimenti, Presidente Prodi. Dagli anni trenta e dalle vicende della Russia bolscevica, sono passati oltre dieci lustri; cinquant'anni e l'Ulivo, questo simbolo di pace strumentalizzato per carpire voti, ha bisogno, per sopravvivere, del sangue degli allevatori, presi a manganellate dalla polizia di Stato.

ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Vorrei capire, signor Presidente, se non sia il caso di «richiamare all'ordine» - lo dico tra virgolette - i membri della Commissione, il suo presidente, quel Pecoraro Scanio che ha preso determinate posizioni e che ci ha indotto a questo tipo di azione parlamentare. Vediamo il banco della Commissione completamente vuoto. Dov'é il relatore Tattarini? Possibile che dobbiamo procedere in questo modo?
La sollecito, Presidente, affidandomi anche alla sua sensibilità - ben nota a tutti noi, siamo in tanti -, a far venire in


Pag. 137

Assemblea i componenti della Commissione agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

ELIO VITO. Sospendiamo!

PRESIDENTE. Onorevole Leone, avviseremo senz'altro i componenti della Commissione della sua richiesta non infondata. Peraltro, stiamo trattando gli ordini del giorno per i quali il parere è del Governo e quindi, in tale situazione, nel frattempo possiamo proseguire i nostri lavori.

ELIO VITO. Sospendiamo cinque minuti.

PRESIDENTE. No, onorevole Vito.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.

PAOLO ROMANI. Buongiorno.
Presidente, onorevoli colleghi, numerosi in questo importante dibattito, si ribadisce in questa occasione la posizione assunta da forza Italia, che il nostro gruppo ha tenuto, fin dall'inizio, su questa vicenda. Finché non ci sarà certezza dei dati produttivi nazionali del latte e quindi dei dati produttivi relativi ai singoli produttori, non è possibile continuare a trattenere presso i primi acquirenti o presso il Tesoro i soldi dei produttori di latte.
Il Governo - come sappiamo - ha istituito, più di un anno fa, prorogandone i lavori, una commissione di indagine che ha cercato di accertare le responsabilità dell'attuale caos. Sono state scritte due relazioni, una nel maggio 1997 ed una nel settembre del 1997, che hanno indicato, anche se in maniera approssimativa, le cause che hanno determinato la totale ingestibilità del sistema delle quote latte, senza che però si riuscissero ad individuare le responsabilità dei singoli.
Oggi la commissione, che è stata presieduta dal generale Lecca, ha finalmente cominciato a evidenziare ed a denunciare che vi sono situazioni truffaldine, che sono state portate alla luce dopo aver accertato oltre 2.000 casi nei quali i meccanismi di aggiramento della normativa comunitaria sono stati attivati al fine di produrre quote latte superiori a quelle determinate.
Se una commissione di indagine del Governo, ufficiale, ha certificato che diversi allevatori e caseifici hanno aggirato in maniera truffaldina il sistema, non è possibile, è inammissibile, che altri allevatori onesti, che forse hanno prodotto di più ma alla luce del sole, paghino le conseguenze negative di tali comportamenti truffaldini. Non è più opportuno e forse legittimo - ci chiediamo - restituire integralmente i fondi delle tre annate, compresa quella 1995-1996, per poi ricalcolare complessivamente la compensazione nazionale su dati certi? Poi, in una situazione di certezza del diritto, si potrebbe far pagare ai furbi, ai furbacchioni, a coloro che hanno truffato in maniera consapevole; insomma, ai reali splafonatori di professione, come vengono chiamati nel gergo del settore.
D'altra parte non possiamo nemmeno dimenticare che questo Governo con il famigerato decreto nell'agosto 1996 ha cambiato in corsa le regole del gioco sulla compensazione, perché lo ha fatto nel momento in cui l'annata 1995-1996 era chiusa da sei mesi e quella successiva, 1996-1997, era invece nel mezzo del suo svolgimento. Già in quell'occasione denunciammo con forza che questo intervento era inopportuno ed insieme l'anomalia di prevedere priorità di compensazione a favore di alcuni produttori che operavano in aree determinate del paese (nelle zone di montagna e nelle regioni del Mezzogiorno), aree che sicuramente sono da tutelare, ma specificando anche i limiti di operatività di quelle aree stesse. Oggi invece accade che i produttori che sono localizzati in questa zone, in assoluta assenza di regole e di controlli, in sostanza in assoluta assenza di diritto, producono anche dieci volte la loro quota con la certezza di non pagare nemmeno una lira di superprelievo.


Pag. 138


Chiediamo quindi che il Governo butti nel cestino la compensazione 1995-1996 basata su dati fasulli e restituisca...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Romani.

PAOLO ROMANI. ... restituisca i soldi che sono dei produttori e completi l'opera di chiarezza facendo pagare chi deve effettivamente pagare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Possa. Ne ha facoltà.

GUIDO POSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui alle 6,30 del mattino dopo una notte passata a testimoniare la nostra solidarietà agli agricoltori che le notti le passano al freddo e non nella comodità di quest'aula, in fin dei conti riscaldata e con vicini tanti servizi, come la buvette. Non è il primo giorno né la prima settimana e nemmeno il primo anno che trascorrono le notti al freddo per rendere una testimonianza difficilissima di un loro disagio. Noi siamo qua ad esprimere la nostra piena solidarietà nei confronti di questa categoria di lavoratori in proprio che, per ciò stesso, sono visti con sospetto da questo Governo.
Siamo qui anche per protestare con queste modalità, per cui ciascuno di noi parla per cinque minuti a favore di due ordini del giorno (questo è tutto lo spazio che c'è rimasto per esprimere la nostra opposizione), contro l'atteggiamento del Governo che ha evitato una discussione che forse si sarebbe già conclusa. Gli emendamenti che ci stavano a cuore erano sette. Il ministro Pinto, però, ha sventolato 600 emendamenti che non stavano assolutamente né in cielo né in terra - a noi, come dicevo, bastava discuterne sette - e ci ha bloccato con la richiesta di fiducia.
È questo un atteggiamento che con il nuovo regolamento della Camera con le tante, troppe facilitazioni concesse al Governo per approvare in tempi utili i propri provvedimenti di legge, non possiamo assolutamente accettare.
Mi si lascino dire poche parole su una vicenda drammatica ed emblematica. Una vicenda drammatica anche se impatta su una categoria limitata, ma importantissima, di nostri concittadini; emblematica perché il disagio che si riversa su questa categoria esprime in molti modi le nostre incapacità di Governo e da lungo tempo.
All'origine di questa incredibile vicenda, che dimostra un'ennesima volta come la realtà possa superare la più sfrenata delle fantasie, c'è uno sconsiderato accordo firmato dal ministro Pandolfi a Bruxelles, con cui ci siamo impegnati - unico paese in Europa - a produrre il 60 per cento della quota di latte del nostro consumo. Come mai si sia arrivati a firmare un accordo di questo genere, così inaudito, non si sa assolutamente. Sappiamo che ci sono i fatti e le intenzioni - come dicono i filosofi - sono molto più difficili da accertare dei fatti e molte volte non lo sono per niente. In quel caso, c'è tutto un gioco. C'è chi dice che non avevamo statistiche adeguate sulla nostra produzione, fatto gravissimo. Come si può arrivare ad un accordo senza avere la certezza delle statistiche di produzione? C'è chi, molto peggio, sospetta un do ut des nell'ambito dell'agricoltura (si veda la soia), o - peggio ancora - nell'ambito della siderurgia. Quindi, si farebbe carico in questo caso sugli allevatori che producono latte di oneri assolutamente impropri. Questi oneri impropri comunque ci sono o per ignoranza delle quote di produzione o per il do ut des di cui dicevo e gravano sulla categoria.
La vicenda è emblematica per un altro ordine di idee, non solo per questo passato da prima Repubblica che si fa presente; come sappiamo, il presente è figlio del passato. Noi ci illudiamo di poterlo separare, ma anche in questo caso verifichiamo che questa separazione non è possibile.
Ebbene, perché c'è quest'altro aspetto singolare e drammatico? La iperlegificazione è una delle nostre malattie...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Possa.


Pag. 139

GUIDO POSSA. Il Governo con il decreto-legge che si accinge a far passare con il voto di fiducia non può altro che portare caos e confusione in una situazione già drammaticamente confusa e tutto a carico (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Possa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Presidente, le chiedo la cortesia di scampanellare più piano, perché prima ha svegliato il sottosegretario in una maniera troppo violenta.
Siamo alle solite. Il Governo ormai è abituato, ogni ministro ha un jolly da spendere, una sua fiducia da chiedere ed ora è toccato al ministro delle risorse agricole.
Per la verità va sottolineato come la vicenda appaia anche ridicola alla luce dell'atteggiamento assunto dal presidente della Commissione agricoltura Pecoraro Scanio, il quale addirittura ha messo in evidenza, in barba ad ogni principio di natura giuridica, di etica e di democrazia, come un Governo possa arrivare a porre la fiducia perché spinto dalla necessità di non mutare il provvedimento che porta all'attenzione dell'Assemblea. È assurdo. Credo che neanche in Katanga si possa arrivare a dire una cosa del genere. Scivola tutto su questa maggioranza, le dichiarazioni più assurde del presidente di una Commissione che è assente, che ha prodotto una serie di emendamenti per salvare la faccia - l'onorevole Vito mi suggerisce per salvare qualcos'altro - e che poi incita il ministro a chiedere la fiducia.
Una cosa assurda! Poi li ha trasformati in un mezzo ordine del giorno, peraltro da lui sottoscritto a metà. Questo è il presidente della Commissione agricoltura, che non perde occasione per comparire sui giornali, per manifestare un populismo da piazza, invece di aggredire il Governo per le responsabilità relative a questa vicenda che - guardate - è il campanello d'allarme della situazione che si verrà a creare in un'Italia che, come tutti sappiamo, ha un'economia assistita e non è preparata per entrare in Europa, in un mercato globale, per affrontare una concorrenza liberale. Non siamo competitivi ed abbiamo una pressione fiscale tale che impedisce ai nostri produttori di esserlo sul mercato europeo (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Le quote latte sono il campanello d'allarme, poi verranno gli agrumi, l'olio, i carciofi: i prodotti agricoli che hanno fatto finora dell'Italia un paese all'avanguardia e che il Governo sta calpestando con la nefasta azione intrapresa in questi due nefasti anni.
Forza Italia tenta di introdurre qualche miglioramento in un provvedimento che penalizza questa povera gente, che è stata accomunata ai truffatori che il Governo non ha voluto smascherare, creando commissioni e sottocommissioni, senza approdare a nulla. In quella occasione avrebbe dovuto far pagare ai furbi quello che illegittimamente si sono messi in tasca: non lo si è voluto fare e si è blindato il decreto. L'opposizione, allora, è stata costretta ad assumere questo atteggiamento nel tentativo di migliorare il testo, anche se il Governo, come diceva prima un collega, è sordo, muto e cieco (e adesso dorme anche...).
Lo sforzo del nostro gruppo è allora quello di protestare vibratamente al fine di vedere accogliere gli ordini del giorno che forse potranno migliorare il testo di un provvedimento nefasto (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paròli. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Pàroli! Ormai siamo qui da due anni!

ANTONIO LEONE. La volta scorsa si è offeso!

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pàroli, ma siccome vi è un suo collega della lega che si chiama Paròlo...


Pag. 140

ANTONIO LEONE. Quello è uno...

PRESIDENTE. ...ho fatto confusione. Del resto, lei sa che in italiano non esiste l'accento tonico e non esistono nemmeno regole certe sull'accentazione dei cognomi. Comunque le chiedo scusa.

ADRIANO PAROLI. È da tempo che succede, Presidente, e speravo che prima o poi si potesse «azzeccare» l'accento: forse in futuro!
Questa mattina però abbiamo cose ben più importanti di cui occuparci, cose gravi che sono accadute e continuano ad accadere, in quest'aula e fuori di essa.
Non si può prendere la parola se non con qualche imbarazzo su un provvedimento di questo tipo, che per i suoi contenuti non può che lasciare tutti noi e le categorie produttive esterrefatti. Diceva bene il collega Leone, quando coglieva in questo provvedimento e nel comportamento tenuto dalla maggioranza e dal Governo su di esso un campanello d'allarme per le categorie produttive.
È stata grave e dissennata la decisione di troncare qualsiasi discussione in quest'aula con una richiesta di fiducia, che ci pare grave, inaudita, ingiustificata, anche per le modalità con cui è stata posta.
Si è cercato di far tacere qualsiasi voce di dissenso nella maggioranza e nell'opposizione. Se quest'ultima ha deciso di dimostrare nei modi consentiti il proprio dissenso, nella maggioranza ha ancora una volta funzionato la voce del padrone: il Governo ordina, il Parlamento obbedisce! Questo è accaduto ieri con uno svilimento della dignità di tutti i parlamentari, della democrazia e della serietà nell'approccio a problemi così importanti.
Allora o i tanti deputati dissenzienti all'interno della maggioranza hanno mentito fino ad oggi, affermando di difendere i sacrosanti diritti dei lavoratori, oppure oggi vengono meno a questo loro impegno, inchinandosi al voto di fiducia senza alcuna dignità.
Cosa chiedono gli allevatori che questo Governo combatte con i manganelli? Possibile che persone che per anni hanno lavorato in silenzio ed in tranquillità oggi possano scegliere insensatamente ed ingiustificatamente la strada di una protesta così dura? Il Governo non si interroga sulle ragioni di tutto ciò: può rimanere sordo?
Signor Presidente, ho potuto conoscere da vicino la gente che ha dato vita alla protesta nella mia città, Brescia. Da mesi i Cobas del latte stanno combattendo la loro battaglia impegnati nel presidio di Ciliverghe, dove traspare una umanità che conferma le ragioni di questa protesta (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia), le ragioni anche umane di famiglie di lavoratori che per tutta la vita hanno dato al paese e che l'unica volta che chiedono un segnale al Governo ricevono in risposta picche, i manganelli, la posizione della questione di fiducia.
Si è rifiutata - ed è questo che è più grave - l'idea che il provvedimento potesse essere migliorato: in quest'aula si sarebbero potute conoscere le posizioni di tutti, quelle dei tanti che stanno combattendo questa battaglia insieme agli allevatori e quelle di quanti cercano di fare di tale battaglia una lotta di parte, mentre essa coinvolge tutta la società italiana.
È vero che questo caso non può che essere preso come un campanello d'allarme...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Paroli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tòrtoli. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Tortòli!

ROBERTO TORTOLI. Il problema delle quote latte è stato uno dei tanti che l'attuale Governo ha dovuto affrontare, ma è emblematico perché rispecchia e sintetizza, nel modo in cui è stato risolto - si fa per dire -, l'atteggiamento di questa maggioranza, che è sempre lo stesso ormai da troppi mesi: non accetta il dialogo, né fuori del Parlamento né - ciò che è ancora più grave - al suo interno.


Pag. 141


Abbiamo provato questa volta a ridurre a pochi, pochissimi gli emendamenti al decreto, ma a dimostrazione di quanto andavamo dicendo non si è voluto ugualmente affrontare il dibattito, non si è voluta dare la possibilità a chi - in questo caso all'opposizione - voleva difendere i legittimi interessi degli allevatori, non dando loro l'opportunità di intervenire, portando la voce di una categoria meno forte di altre, rappresentata bene ad esempio dalla «triplice».
Questo è un Governo che non vuole sentirsi dire la verità, è un Governo che vuole mascherare la verità, tutto teso com'è a mostrarsi bello nei confronti dell'Europa; ed allora, per nascondere le proprie colpe ed inadempienze, per non fare venire a galla l'inefficienza di enti tenuti in piedi da sempre da chi è al Governo, oggi come ieri, si incolpano gli allevatori nella totale generalità, prima ancora di accertare e denunciare truffe precise e singole, che, se ci sono state - e ci saranno state - sono da imputare prima di tutto al caos legislativo e amministrativo in atto in questa materia e probabilmente anche alla connivenza di qualche ufficio.
Gli allevatori che stanno seguitando a protestare e a manifestare nelle piazze a giochi ormai fatti e chiusi sono allevatori veri, che vivono nelle valli del nostro paese e che combattono tutti i giorni con la dura realtà della terra: gli allevatori della val Padana, della val Brembana o della val di Chiana non hanno nulla a che fare con l'allevatore di piazza Navona, che forse è un funzionario del Ministero o un sindacalista, che probabilmente non si è mai piegato verso la terra.
Questo Governo deve prima pensare agli allevatori veri, deve prima ridare a questi ultimi i loro soldi, deve ripristinare totalmente la liquidità dei produttori di latte. Si sarebbe dovuto avere, perlomeno in questo caso, da parte del Governo e di questa maggioranza, un atteggiamento garantista nei confronti di operatori seri, di un lavoro fatto di sacrifici, svolgendo prima le indagini fino in fondo, denunciando i veri colpevoli, facendo pagare solo questi e non tutti in modo indiscriminato. Si sarebbe dovuto ultimare il lavoro di accertamento delle reali produzioni, evidenziando le personali responsabilità, e solo successivamente, attraverso una compensazione basata su dati certi, stabilire chi dovesse pagare e quanto.
Ma ormai i giochi sono fatti e i buoi sono scappati dalle stalle. Adesso si dovrà però mettere mano immediatamente alla riforma della legge n. 468 del 1992, al fine di dare un quadro normativo certo agli operatori del settore, riformando la pubblica amministrazione del comparto perché possa operare in maniera efficiente e trasparente. Almeno su questo invitiamo il ministro a non fare il «Pinto tonto» (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piva. Ne ha facoltà.

ANTONIO PIVA. Signor Presidente, colleghi, ancora una volta l'opposizione deve effettuare una battaglia ostruzionistica, per contrastare una decisione governativa in ordine al voto di fiducia. Quando una maggioranza non si sente sicura di tutte le sue componenti e quindi teme di porre in superficie i problemi, si blinda e pone tutto il Parlamento - maggioranza e minoranza - nella condizione del «prendere o lasciare».
È la trentesima volta in meno di due anni che questo accade, e probabilmente non sarà l'ultima, almeno fino a quando durerà questa coalizione. Ebbene, dopo anni di interventi legislativi e regolamentari sulla materia delle quote latte, pervenendo ad una totale confusione ed impraticabilità reale di ogni normativa succedutasi nel tempo, oggi il Governo decide di fare la voce grossa e pone il mondo dei produttori di fronte ad un fatto compiuto: il decreto sulle quote diventa legge e non si discute; poi, nel prossimo futuro ci occuperemo delle verifiche e della riforma della legge n. 468 e sistemeremo il comparto. È un modo inaccettabile di procedere, perché di fatto


Pag. 142

rovescia sui produttori gli effetti nefasti di più di un decennio di disordine legislativo, organizzativo ed associazionistico in materia di produzione lattiera.
Dopo che la commissione Lecca aveva iniziato ad individuare le numerose irregolarità che hanno caratterizzato il comparto, era assolutamente necessario assumere due ovvie decisioni: completare l'indagine senza riguardo per nessuno, portando alla luce le irregolarità, restituire tutta la liquidità alle aziende e successivamente, attraverso una nuova compensazione basata su dati certi, stabilire chi debba effettivamente pagare e quanto.
Al riguardo possiamo anche ricordare al Governo che la categoria degli allevatori, avendo «i beni al sole» (come si dice), è comunque sempre solvibile, a meno che, con queste politiche, non li roviniamo definitivamente. Ebbene, la questione di fiducia ha impedito che l'emendamento proponente la restituzione di tutta la liquidità alle aziende anche per l'annata 1995-1996 venisse all'esame del Parlamento, dove probabilmente sarebbe stato approvato. Almeno, questo è stato il timore del Governo, e perciò si è adottata la soluzione di mantenere applicata la trattenuta, cioè la pena, e dopo approfondire i casi alla ricerca delle irregolarità.
Questa vicenda (che - ricordiamo bene - è ben lungi dall'essere conclusa con questo provvedimento) trova le sue radici nell'inadeguata politica agraria nel nostro paese negli ultimi decenni, nel tracollo per corruzione o per incapacità delle tradizionali burocrazie agricole, nell'incapacità del Ministero di svolgere il ruolo di forte rappresentanza degli interessi agricoli nazionali in sede CEE. Chi si occupa anche per professione di problemi agricoli o zootecnici conosce bene queste situazioni.
Signor Presidente, colleghi, quello agricolo non è stato mai storicamente un mondo da piazza; è fuori dalla sua cultura, dalle sue tradizioni, dal suo proverbiale riserbo. Se oggi arriva a questo, vuole dire che sente una cappa pesante sopra la testa, vuole dire che non vede futuro per la propria azienda e per la propria famiglia: noi non dobbiamo punirlo, dobbiamo stargli vicino, indirizzarlo, aiutarlo nell'impegnativo trapasso dall'agricoltura assistita a quella competitiva che ci attende nel prossimo futuro. Quei provvedimenti vanno nella direzione contraria: facciamo in modo che non se ne verifichino più (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Presidenti, onorevoli colleghi, siamo qui questa mattina per testimoniare la nostra vicinanza a chi da mesi protesta per questi provvedimenti che hanno messo in ginocchio l'allevamento e la produzione lattiera in Italia. Per la verità, tutto il comparto agricolo si trova a vivere un momento particolare, perché a quella della produzione lattiera seguirà probabilmente una crisi nel settore dell'olivicoltura e poi in quello delle arance.
Infine ci aspettiamo un ulteriore disagio per i produttori del tabacco, un settore sempre dimenticato ma che ha una sua rilevanza e problematiche piuttosto simili.
Questo Governo aveva promesso con la commissione Lecca di risolvere molto presto i problemi che si erano andati delineando e di mettere la parola fine ad una querelle che ha riguardato la produzione del 1995 e del 1996, la campagna del 1996-1997, quella in corso e quella che verrà. Le richieste del Polo sono molto chiare: sono le richieste che avanzano ormai da mesi gli allevatori e cioè un rimborso totale dei superprelievi effettutati. Un rimborso che era stato richiesto anche al Senato per la campagna 1995-1996 e che il Governo ha inteso ridurre all'80 per cento per le campagne successive, parlando addirittura di un provvedimento a favore degli allevatori. Abbiamo registrato la chiusura dimostrata dal Governo a venire incontro alle legittime richieste degli allevatori, i quali hanno lamentato una crisi di liquidità che è ormai nota e che ha costretto i produttori


Pag. 143

a scendere in piazza per dimostrare in questi lunghi mesi le loro giuste ragioni; un Governo che si è dimostrato sordo ed ha continuato a fare promesse che lo avrebbero portato a presentare in Parlamento la riforma dell'AIMA ed un risultato definitivo del lavoro di questa Commissione infinita che non riesce a concludere un'indagine che, tutto sommato, non deve essere così difficile.
Sappiamo tutti - lo sappiamo per certo - che ci sono stati abusi da parte di alcuni produttori, ma ci troviamo di fronte ad una questione vecchia, quella delle quote, che per varie ragioni, anche per l'insufficienza di una politica agricola italiana, ha portato, guarda caso nel latte, ad una situazione assurda. Siamo l'unico paese in Europa che produce ed abbia limiti di produzione rispetto al consumo; il rapporto di copertura del consumo nazionale è del 60 per cento e siamo costretti a produrre meno di altri paesi che hanno quote latte sicuramente superiori.
Se questa è la politica di questo Governo, se questo Governo intende proseguire su questa linea, non difendendo così come deve l'agricoltura nel nostro paese, che è ormai diventata una sorta di succedaneo a tutta la produzione; se questo Governo non intende aiutare gli allevatori ad uscire fuori da questo impasse, non intende sostenerli per un rilancio del settore, ebbene io credo che dovremmo abbandonare ogni discorso sulla politica agricola. Di politica agricola si è parlato anche in occasione dei referendum per la regionalizzazione delle politiche agricole, ma mi sembra che non vi siano le idee chiare su cosa significhi difendere questo contatto. Voglio ribadire che quest'oggi siamo qui a sostenere una battaglia che è stata fatta nelle piazze, lungo le strade; noi la conduciamo qui quest'oggi e speriamo che ce ne possa essere dato il giusto merito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, colleghi, questo Governo reiterando una sua tipica politica non ha affrontato il problema della riforma della normativa sulle quote latte, non ha affrontato il problema della riforma della pubblica amministrazione delegata alla gestione del sistema delle quote latte ed invece ha irrogato una sazione. Prima dell'accertamento dei fatti, prima di stabilire dove e di chi fossero le responsabilità, pure in presenza di una situazione grave, a proposito della quale sono stati accertati molti casi di comportamenti truffaldini; ebbene, pure in questo caso il Governo anziché fare quello che dovrebbe uno Stato che pretende di avere il riconoscimento dei cittadini (e dal quale i cittadini pretendono di essere garantiti) ha trattenuto quanto dovuto agli allevatori, ha determinato una crisi grave di liquidità, ma non solo perché verosimilmente in molti casi ciò avrà anche conseguenze diverse e più pesanti, in taluni addirittura di cessazione dell'attività.
Questo ha fatto il Governo in un settore già pesantemente colpito. Si tratta di un ulteriore attacco al mondo dell'agricoltura, un mondo che - bisogna ricordarlo - è fatto di valori, è fatto di un lavoro faticoso e non è mai stato un mondo di lotte di piazza. Eppure, guarda caso, quando le proteste di soggetti e di categorie contro l'attività di un Governo hanno avuto come manifestazione persino il lancio di bulloni nelle piazze esse avvenivano con il sostegno dell'opinione pubblica, con il sostegno della stampa e dei mezzi di informazione. Questi erano gli eroi. Noi abbiamo assistito durante questa legislatura a numerose proteste degli allevatori. Non hanno lanciato bulloni e quando hanno manifestato con i trattori si sono visti sequestrare i mezzi.
Perché il mondo dell'agricoltura è in fermento? È in fermento (ed è persino inutile dirlo stante l'assenza di volontà di sentirne le ragioni) per provvedimenti gravemente discriminatori nei confronti del settore. L'IRAP, che colpisce il settore dell'agricoltura assai più degli altri settori; l'IVA, che nel caso del vino determina un


Pag. 144

aumento sostanziale dell'11 per cento in luogo di quello formale indicato. E tutto ciò, tutte queste proteste civili sono avvenute nell'indifferenza e nel disprezzo di questo Governo che ha reiteratamente condotto una politica contro l'agricoltura. Ma non solo ha condotto una politica contro l'agricoltura sul piano nazionale: nulla sta operando sul piano comunitario in relazione alla rimappatura per l'esaennio 2000-2005 dei fondi comunitari; nulla di concreto, di utile per l'agricoltura sta chiedendo e trattando per l'Italia in relazione all'Agenda 2000.
Questa la posizione del Governo. Queste le ragioni per le quali non voteremo questo provvedimento e non daremo corso allo scempio di un Governo che punisce senza l'accertamento delle responsabilità.

PAOLO ROMANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO ROMANI. Mi dispiace di dover rilevare che adesso, uscendo dall'aula per andare a prendere un caffè, ho trovato la buvette chiusa. Francamente, mi sembra che questo non sia avvenuto in altre occasioni. Mi sembrava di ricordare che la chiusura della buvette coincidesse sostanzialmente con la interruzione dei lavori per motivi tecnici. Francamente, questo mi sembra un atto inopinato e grave. Pregherei la Presidenza di verificare come mai sia stato deciso di chiuderla, anche perché questo potrebbe provocare un disagio ai colleghi parlamentari che qua si stanno battendo per una battaglia che ritengono legittima.

PRESIDENTE. Onorevole Romani, non credo che l'atto sia inopinato né grave, comunque è dovuto alle necessità di rifornimento e di pulizia del locale. Riaprirà fra non molto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mammola. Ne ha facoltà.

PAOLO MAMMOLA. Non so sinceramente che cosa si possa dare ancora come contributo e che cosa si possa dire ancora sull'atteggiamento del Governo relativamente al problema che stiamo affrontando: l'ennesimo atto di forza, l'ennesimo atto di inciviltà nei confronti delle categorie produttive di questo paese.
Noi siamo qua a condurre un'altra maratona parlamentare, ma ormai ci siamo abituati e temo che con questo Governo ci dovremo abituare a questo tipo di proteste, che rimangono l'unica forma che viene lasciata alle opposizioni in Parlamento, a quelle forze politiche che intendono rappresentare - io ritengo - le voci delle categorie produttive che una dopo l'altra si trovano a dover contestare l'azione di questo Governo.
Ricordo che nella fase della campagna elettorale abbiamo assistito alle grandi promesse di Romano Prodi, che, secondo il Vangelo dell'Ulivo, assicurava ai cittadini una sostanziale invarianza della pressione fiscale con il suo Governo e che quindi non avrebbe più imposto nuove tasse, ulteriori balzelli e quindi gravami per le categorie produttive. Tutti ricordano che, non appena insediato, il Governo dell'Ulivo mise in piedi prima una finanziaria e poi una manovra di correzione di bilancio successiva e gli italiani si trovarono a pagare qualcosa come 90-100 mila miliardi in più di nuove imposizioni fiscali.
Poi, «Robin Hood» Prodi ci disse: «signori, io toglierò ai ricchi e darò ai poveri» e successivamente a questa dichiarazione noi assistemmo alla riforma delle aliquote IRPEF, per la quale - guarda caso - chi veniva penalizzato erano le categorie produttive, cioè i ceti medi produttivi, quelli che hanno redditi medi, mentre chi aveva redditi alti si trovava inopinatamente a vedersi ridotte le proprie aliquote fiscali e quindi a pagare meno tasse.
Ma questo non bastava e allora ci siamo trovati di fronte a ulteriori provvedimenti, che noi abbiamo osteggiato. Vi è stata una sostanziale modifica delle aliquote IVA, che già toccarono il settore dell'agricoltura, gravando ulteriormente soprattutto sui prodotti agricoli di questo


Pag. 145

paese e quindi danneggiando ulteriormente la categoria degli allevatori, dei produttori, tutto il comparto del lavoro della terra e dell'agricoltura.
Per arrivare infine alle ultime vicende, quando abbiamo visto il Governo tenere in ballo per un anno, su questa annosa vicenda delle quote latte, le categorie produttive degli allevatori. Come in una danza, abbiamo assistito al tentativo da parte del Governo, per 40, 50, 60 giorni, di soffocare con promesse, con tentativi di imbonimento coloro i quali giustamente per strada manifestavano tutta la loro insoddisfazione. Alla fine si è arrivati ad un voto di fiducia su un provvedimento sul quale avremmo voluto poter discutere solo pochi emendamenti che erano volti a dare soddisfazione alle giuste rimostranze avanzate dalla categoria. Nonostante si sia ridotto il numero degli emendamenti, proprio per dare spazio al Parlamento per poter dibattere con il Governo questi argomenti, è arrivata la posizione dell'ennesimo voto di fiducia. È un voto di fiducia per l'ennesima volta non dovuto ad una impossibilità da parte del Governo di discutere in aula con le opposizioni che attuavano forme di ostruzionismo, ma dovuto esclusivamente al fatto che anche la maggioranza che sostiene questo Governo non è più unita sui temi che il Governo stesso porta avanti.

PRESIDENTE. Onorevole Mammola, dovrebbe concludere.

PAOLO MAMMOLA. Concludo, Presidente. Sembra che in questo paese chi lavora, chi produce debba essere continuamente tassato e tartassato. Abbiamo saputo da interventi di tanti colleghi che anche le mucche del nostro paese producono più latte, ma questo evidentemente è un danno ...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mammola (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, credo che, prima di fare alcune brevi considerazioni sulle condizioni nelle quali è stata posta la questione di fiducia e si sta svolgendo questo breve dibattito, vada fatta una considerazione in merito alla vicenda delle quote latte, alle manifestazioni di protesta e alle reazioni che ad esse ci sono state e anche alla posizione del gruppo di forza Italia e del Polo.
Innanzitutto, noi non intendiamo minimamente mettere in discussione gli impegni comunitari assunti dal nostro paese e riteniamo che il sostegno che da parte nostra vi è nei confronti delle manifestazioni che sono messe in atto da parte dei produttori vada inteso semplicemente non come volontà di non far aderire il nostro paese agli impegni comunitari, ma come la volontà di fare in modo che l'adempimento a questi impegni comunitari, signor Presidente, avvenga secondo criteri di equità e di giustizia, che sinora non sono stati mai rispettati.
Quel che è particolarmente grave di questo decreto e delle ultime vicende riguardo a questo tema è che il Governo ha accertato, per via di una commissione, l'esistenza di circa due mila casi che hanno determinato una ingiusta ripartizione delle multe. Quello che quindi risulta francamente inaccettabile agli allevatori e che risulta francamente inaccettabile anche alle forze di opposizione nel Parlamento è che, nonostante l'accertamento di irregolarità, le compensazioni per l'annata in discussione siano state ugualmente fatte senza tener conto delle irregolarità che una stessa commissione governativa ha accertato. Questo mi pare il punto centrale di questa vicenda.
Un'altra considerazione che mi pare si possa fare concerne il modo con il quale la sinistra, per la prima volta ufficialmente al Governo, ha reagito a manifestazioni di piazza nei confronti di iniziative del Governo di sinistra. Quella sinistra che è sempre ricorsa alle manifestazioni operaie, sindacali, di piazza per contrastare le volontà dei governi e che ha sempre rappresentato queste manifestazioni


Pag. 146

come un momento di esaltazione della democrazia popolare. La reazione che c'è stata rispetto a queste manifestazioni di piazza testimonia l'insofferenza che questo Governo di centro-sinistra e che la classe dirigente di sinistra hanno rispetto a qualsiasi tipo di critica, di opposizione politica, ma anche di opposizione sociale, viene loro rivolta, come se non solo l'unica politica e l'unica cultura possibile in questo paese fosse quella della sinistra, ma anche l'unica opposizione sociale legittima e riconosciuta non potesse che essere quella delle manifestazioni ufficiali della sinistra stessa.
La sinistra, naturalmente, essendo oggi al potere le ha abolite e quindi le ritiene illegali, illegittime e da rappresentare agli occhi dell'opinione pubblica (noi comunque non condividiamo gli eccessi che ci sono stati) in maniera negativa perché appunto non appartengono al mondo del sindacato ufficiale, delle manifestazioni di piazza ufficiali e della sinistra. È una constatazione, questa, che facciamo con una profonda preoccupazione proprio perché pare che in tutto il mondo (anche nella lontana Cuba) vengano alla luce le grandi contraddizioni dei regimi a cultura comunista; ci rendiamo conto delle grandi contraddizioni che vigono nel nostro paese in una situazione di regime ulivista.
Per quanto riguarda la questione di fiducia, credo che sia anche abbastanza offensiva questa trattativa alla quale il ministro Pinto ha inteso portare il Parlamento sulla riduzione del numero degli emendamenti, su un «tetto» di emendamenti accettati dal Governo in sede di discussione e votazione. Sappiamo che ciò è offensivo ed anche profondamente ingiusto e falso. Sono certo che se anche vi fosse stato un solo emendamento da votare il Governo avrebbe posto la questione di fiducia. Il Governo infatti la ha posta su richiesta di alcuni parlamentari della maggioranza e del presidente della Commissione, dopo aver preso degli impegni con gli allevatori volti a modificare il testo del decreto. Ma sapeva già che non avrebbero potuto mantenere questi impegni; in aula hanno poi fatto la farsa di presentare emendamenti ed ordini del giorno sapendo che, grazie alla posizione della questione di fiducia, non sarebbero stati votati.
Si tratta dunque di una situazione offensiva nei confronti del Parlamento rispetto alla quale noi abbiamo risposto con l'iniziativa di illustrare gli ordini del giorno; un'iniziativa minima di tutela e di difesa delle prerogative del Parlamento.
Ci spiace che questa iniziativa minima sia l'unica che venga fatta da parte delle opposizioni, mentre altre «reazioni» non vengono da parte della maggioranza e dello stesso Governo a difesa delle prerogative di tutto il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Luca. Ne ha facoltà.

ALBERTO DI LUCA. Signor Presidente, buongiorno! Sono le 7,20 di questo venerdì 23 gennaio. È tutta la notte che noi del Polo testimoniamo una volontà nel voler difendere dei contenuti espressi in questi pochi ordini del giorno, per difendere dei principi, dei diritti di una categoria. Una categoria - è ormai evidente anche a molti italiani - che è stata abbandonata da questo Governo ed è stata abbandonata dalla sinistra-maggioranza che sostiene questo Governo.
Ma è stata abbandonata (e questa è una notizia che mi rattrista parecchio, proprio oggi venerdì 23 gennaio, ore 7,20 di mattina) anche dai giornali. Praticamente su tutti i giornali brilla l'assenza totale della posizione presa dal Polo e dalla lega per volere sostenere dei diritti di una categoria che ormai, come dicevo prima, avete deciso di massacrare.
Noi siamo qui e proviamo con questo estremo tentativo, con questo forse pallido tentativo degli ordini del giorno! D'altro canto, come forza Italia, abbiamo presentato sette emendamenti. Chiedevamo un sereno confronto su questi pochi emendamenti; oltretutto ci sarebbe stato anche il tempo per farlo, perché il decreto non scade né oggi né domani. In altri termini,


Pag. 147

avremmo avuto il tempo e il modo per affrontare questo discorso.
Ma come giustamente ha detto prima il collega Elio Vito, in realtà anche se noi avessimo presentato un solo emendamento, voi - Governo - avreste comunque posto la fiducia. Perché? È semplice! Per sottrarvi al dibattito, ma soprattutto per nascondervi dietro un dito.
A questo punto capisco anche un aspetto legato all'informazione; capisco perché voi - Governo - in realtà cercate anche di mettere i bastoni tra le ruote a Radio radicale (che spero sia ancora collegata con quest'aula), la quale rimane l'unico mezzo di informazione a disposizione degli italiani per sapere in maniera obiettiva e serena che cosa accade in quest'aula.
Noi, con i nostri pochi emendamenti (soltanto sette) volevamo almeno che questo decreto venisse tradotto dal burocratese governativo, che lo rende incomprensibile alla lettura dei più, in un italiano accessibile soprattutto a coloro che debbono capirne i vantaggi, e gli svantaggi. Ma per fortuna questo lo hanno capito subito.
Chiedevamo che non venissero comminate multe o sanzioni prima della dovuta chiarezza. Una chiarezza che è attesa non più solamente da una categoria o da noi politici, ma anche dall'opinione pubblica. Ha sicuramente suscitato scalpore sentir parlare di 1.500 mucche in un attico a piazza Navona!
Ci troviamo dinanzi a degli allevatori che subiscono danni reali, in assenza però di dati reali concernenti la loro produzione negli anni precedenti. Il tutto in uno scenario di grandissima incertezza ove l'unica evidente certezza sono le difficoltà che vengono create ad una categoria che ha voluto manifestare sempre in modo pacifico ma forte e determinato.
Appellandomi sempre alla speranza che vi siano ascoltatori di Radio radicale che possano sentire, ricordo che rappresentanti della categoria sono rimasti qui tutta la notte negli spazi riservati al pubblico, per ascoltare quello che dicevamo noi. Da qui un invito ad applaudirli perché hanno dimostrato, ancora una volta, di avere coraggio e dignità (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia), cosa che evidentemente è mancata nella maggioranza la quale, nella migliore delle ipotesi, è stata rappresentata qui da due o tre persone. Ma questo fa parte di quello che noi crediamo significhi ormai un regime.
Governo, sinistra, vi rivolgo un appello. Provate a smetterla di «mungere» gli italiani, di mungerli con le tasse, con i balzelli, con le gabelle e lasciate che gli allevatori possano fare un lavoro che conoscono bene (quello di mungere) perché voi - Governo - non siete neanche capaci di mungere bene (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Di Luca.
Constato l'assenza dell'onorevole Armaroli che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno.
Secondo quanto stabilito dal Presidente Violante non si sarebbe proceduto al voto prima delle 10 del mattino...

ELIO VITO. No, Presidente!

PRESIDENTE. C'è scritto nel resoconto.

ELIO VITO. Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Presidente, siamo in seduta fiume. Quella del Presidente Violante è stata una previsione; è stato anche osservato che qualora si fosse votato prima e si fosse verificata la mancanza del numero legale, la seduta sarebbe stata aggiornata alle ore 10. Ma questa era una previsione, altrimenti che seduta fiume é?
Noi abbiamo il diritto di far «decadere», di far rinunciare i nostri iscritti a parlare, dopodiché si vota.


Pag. 148


In ogni caso, per parte nostra, Presidente, al fine di non ostacolare, diciamo così, il buon andamento della seduta, rinunciamo a chiedere il voto nominale elettronico sugli ordini del giorno. Ci auguriamo che da parte dei componenti della maggioranza non vi sia una ulteriore prova di arroganza di chiedere la votazione nominale elettronica per far mancare il numero legale. Evidentemente verrebbero posti in votazione gli ordini del giorno dei gruppi presenti in aula (quindi quelli dell'opposizione e non della maggioranza). Si tratta di ordini del giorno che, come ha detto lo stesso ministro Pinto, non sono «traumatici» rispetto all'impostazione del provvedimento fatta dal Governo.
Presidente, riteniamo che dopo una notte di ostruzionismo le opposizioni possano magari avere anche il diritto e il riconoscimento di veder votati ed approvati i propri ordini del giorno. Se la maggioranza ha interessi a respingerli può anche garantire in aula la presenza di venti o trenta deputati invece di due o tre!
Da parte nostra - lo ripeto - chiediamo che gli ordini del giorno siano posti in votazione; rinunciamo a chiedere la votazione nominale elettronica e auspichiamo che da parte della maggioranza possa essere consentita la votazione sugli ordini del giorno per alzata di mano.
Esaurita questa fase si potrà passare a quelle successive. Se poi nel corso di votazioni nominali elettroniche si verificherà la mancanza del numero legale la seduta potrà giustamente essere aggiornata alle ore 10.
Questo era il senso della comunicazione del Presidente Violante. Diversamente non saremmo in seduta fiume.

MAURO GUERRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO GUERRA. Signor Presidente, nel caso si intendesse procedere alla votazione degli ordini del giorno, chiediamo la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Onorevole Vito, non è un atto di arroganza, ma di serietà!

ELIO VITO. Ma come di serietà? Allora portate le persone in aula!

MAURO GUERRA. Perché con dieci deputati...

ELIO VITO. Ne basterebbero undici!

MAURO GUERRA. ... dell'opposizione presenti in aula, considerato che non sono presenti nemmeno tutti i firmatari degli ordini del giorno, su questioni così serie è bene che l'Assemblea esprima il proprio voto con una presenza significativa di deputati.

ANTONIO LEONE. Così si arriva a domenica!

MAURO GUERRA. Se in quelle condizioni gli ordini del giorno proposti dalle opposizioni saranno approvati, saranno ordini del giorno approvati seriamente dalla Camera. In questo momento non mi pare ve ne siano le condizioni.

ELIO VITO. Non siete seri!

ANTONIO LEONE. Non siete seri!

PRESIDENTE. Onorevole Vito, come ha sentito, è stata confermata la richiesta di votazione nominale mediante procedimento elettronico, ma questo è un aspetto secondario, perché dal resoconto stenografico risulta quanto dichiarato dal Presidente Violante, vale a dire che non si sarebbe proceduto al voto prima delle 10 di oggi.

ELIO VITO. Era una previsione!

PRESIDENTE. No, non era una previsione, ma era una rassicurazione che il Presidente Violante aveva dato a fronte di un'esplicita richiesta che gli era stata rivolta.


Pag. 149

ELIO VITO. Era una previsione fatta in base al numero degli iscritti!

ALBERTO DI LUCA. Vogliamo leggere il resoconto stenografico! È disponibile lo stenografico!

PRESIDENTE. Onorevole Vito, quando lei parla, io la ascolto...

ELIO VITO. La ringrazio.

PRESIDENTE. La ascolto sempre in silenzio, senza interromperla. Invece lei, tutte le volte che io parlo, si ritiene in diritto di contraddirmi, di sovrapporre i suoi commenti a quello che sto dicendo, e questo non è un comportamento giusto anche perché tutti riconosciamo la sua serietà, la sua competenza, la sua capacità.

ELIO VITO. La ringrazio. Chiedo scusa, d'accordo.

PRESIDENTE. È un peccato che lei rovini queste sue qualità con questi comportamenti.
A questo punto, onorevole Vito, il Presidente si trova di fronte ad un'alternativa: può passare ad una votazione, ma si determinerebbe la mancanza del numero legale, il che comporterebbe la riconvocazione alle ore 10. Tuttavia, questa non mi sembra una soluzione seria perché tutti i nostri colleghi erano stati avvertiti che non si sarebbe proceduto al voto. Per tale ragione ritengo di sospendere la seduta e di riconvocarla per le 10.

ELIO VITO. È un precedente singolare con la seduta fiume. Che seduta fiume è allora?

PRESIDENTE. La decisione è questa.

ALBERTO DI LUCA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO DI LUCA. Signor Presidente, lei ha detto che dal resoconto stenografico di ieri risultava la volontà manifestata dal Presidente Violante. Ebbene, avendo letto quanto riportato dal resoconto stenografico, mi sento di ribadire quanto tutti noi abbiamo capito. Infatti, al collega Campatelli che chiedeva verso che ora si sarebbe votato, il Presidente ha risposto testualmente: «... posso dire che prima delle 10 di domani non si procederà al voto». Ebbene, questa non è altro che una opinione ed è ben diverso dal dire che la seduta verrà sospesa al termine delle dichiarazioni di voto e ripresa alle ore 10 come normalmente troviamo scritto su qualsiasi altro resoconto stenografico in cui si impegni l'aula per un orario preciso. Questa è un'opinione espressa in risposta ad una domanda precisa posta dal collega Campatelli.
Quindi, insisto nel ribadire che dobbiamo votare e nel far presente che quello che abbiamo capito noi è esattamente riportato da questo resoconto stenografico.

MARIA TERESA ARMOSINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, esprimo la mia più viva e formale indignazione. Mi chiedo sulla base di quale norma regolamentare sia possibile, nel corso di una seduta fiume, stabilire quale sarà l'ora della votazione. Stiamo fissando dei principi pericolosissimi per questa democrazia, perché dall'interno di queste aule parlamentari si attaccano le istituzioni per distruggerle.
Sulla base del regolamento, chi presiede quest'aula non ha la possibilità né il diritto di stabilire a quale ora si voterà in presenza di una seduta fiume. Questo significa che la maggioranza, che ci costringe a fare opposizione a fronte della trentunesima posizione della questione di fiducia, pretende anche di non garantire, come dovrebbe invece fare, la presenza del numero legale in aula e chiede a noi


Pag. 150

dell'opposizione di far fronte alla sua incapacità di consentire un corretto svolgimento dei nostri lavori.

TERESIO DELFINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, su tale questione do la parola ad un deputato per gruppo. Pertanto, per il gruppo di forza Italia si è già espressa l'onorevole Armosino, mentre per il CDU interviene l'onorevole Delfino e successivamente interverranno l'onorevole Guerra per la sinistra democratica-l'Ulivo e l'onorevole Bono per alleanza nazionale. Quindi considereremo chiusa la questione.
Onorevole Delfino, ha facoltà di parlare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, condivido i rilievi che l'onorevole Vito ha fatto circa le modalità di svolgimento dei nostri lavori. Noi abbiamo sempre sostenuto la necessità di essere rigorosamente ancorati alla norma regolamentare, pertanto non credo si possa violare con una decisione quello che è scritto nella norma.
Credo che l'onorevole Guerra possa confermare che, nel dibattito svolto per definire le modalità di svolgimento della seduta fiume, era apparso chiaramente, anche dall'atteggiamento tenuto dal Presidente dell'Assemblea, che si trattava di una previsione fatta sulla base del numero degli iscritti a parlare e non di una decisione volta ad impedire il voto al termine degli interventi. Essendo stato presente a questa fase del dibattito, ritengo di poter fare questa affermazione in piena coscienza. E mi pare singolare che ella, che pure è così attento, come doverosamente deve essere, alle questioni regolamentari, voglia mettere in discussione quella che è una unanime interpretazione di quanto abbiamo avuto modo di cogliere nell'atteggiamento del Presidente.
È necessario quindi rispettare il regolamento, perché diversamente non ci sarebbe più certezza del diritto e ci sarebbe un uso discrezionale delle norme regolamentari, il che andrebbe a scapito del funzionamento delle istituzioni e delle opposizioni, che almeno su questo hanno pieno diritto a far valere quanto il regolamento stesso prevede (Applausi dei deputati del gruppo misto-CDU e di forza Italia).

MAURO GUERRA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO GUERRA. Signor Presidente, vorrei in primo luogo rilevare che mi sembrano assolutamente fuori luogo le accuse rivolte alla maggioranza circa l'incapacità di garantire il numero legale. Tutti vediamo quale sia la presenza di deputati in aula, anche sui banchi dell'opposizione, a quest'ora del mattino!
La maggioranza, quando si è trattato di affrontare passaggi rilevanti, è stata in grado di assicurare il mantenimento del numero legale in quest'aula, anche se ritengo di dover ribadire in questa occasione che l'onere del mantenimento del numero legale dovrebbe ricadere pure sulle opposizioni, ma ciò è oggetto di valutazioni che legittimamente possono essere diverse.
Signor Presidente, avevo chiesto la votazione nominale mediante procedimento elettronico qualora si fosse proceduto ad una votazione. Mi rifaccio alle sue considerazioni per quello che riguarda l'orario delle votazioni, che dovrebbero aver luogo alle 10 di questa mattina.
Credo che dovrebbe essere nell'interesse dell'opposizione e della maggioranza avere la possibilità di far esprimere l'Assemblea nelle migliori condizioni di informazione e partecipazione su argomenti importanti come quello di cui ci stiamo occupando, consentendo a tutti o alla maggior parte dei deputati di votare. Essendo stato ritenuto, suppongo da parte di molti deputati che hanno ascoltato ieri sera l'indicazione del Presidente, che il voto non sarebbe avvenuto prima delle 10 di questa mattina, credo che tale indicazione dovrebbe essere rispettata per la


Pag. 151

serietà e l'importanza della questione. Mi sembra che questo sia nell'interesse comune.

ANTONIO LEONE. Era stata votata la seduta fiume!

ELIO VITO. Per questo chiedi il numero legale, ma tutte e due le cose...

MAURO GUERRA. Credo che in queste condizioni si possa arrivare al voto per le 10.

GUIDO POSSA. Era una previsione!

ANTONIO LEONE. Ma che seduta fiume è? Il regolamento viene messo sotto i piedi!

TERESIO DELFINO. Accetta almeno la verità.

NICOLA BONO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Mi chiedevo come mai l'onorevole Guerra, che è così certo del percorso che finora ha descritto, sia rimasto qui tutta la notte a presidiare, in nome e per conto della maggioranza, l'andamento dei lavori. Perché evidentemente non è come dice lei, onorevole Guerra, perché se così fosse...

MAURO GUERRA. È compito nostro restare in aula.

ANTONIO LEONE. Sciupone!

NICOLA BONO. Ciò è smentito dal fatto che poco fa ha chiesto il voto elettronico. A volte non riesco a spiegarmi (sto parlando come segretario di Presidenza e non come semplice rappresentante di alleanza nazionale) perché in determinati momenti da parte della Presidenza si manifesti il desiderio di provocare l'Assemblea e di determinare situazioni che sono ai limiti della corretta deontologia dei rapporti tra una carica istituzionale e tutte le componenti dell'Assemblea. Non stiamo pensando di fare un golpe in aula, non stiamo ponendo in discussione la volontà prevaricatrice dell'opposizione che con venti deputati presenti vorrebbe imporre alla maggioranza chissà quali percorsi; stiamo semplicemente chiedendo il rispetto delle regole, rifacendoci a quanto dichiarato dallo stesso Presidente Violante, oltre che a quanto è normale e logico che venga attuato.
A lei non può infatti sfuggire cosa significhi seduta fiume: il fiume è un elemento geografico di cui potremmo descrivere tutti i particolari e quindi le sedute fiume sono quelle iniziative parlamentari che, come il fiume, non hanno contenimento, scorrono fino alla fine. A quel punto però si arriva alla conclusione del dibattito e si vota.
Chi vieta ad un'opposizione, dopo aver iscritto a parlare cento deputati, di farne parlare tre e di chiedere immediatamente la votazione? Glielo vieta il Presidente?

ANTONIO LEONE. O di non iscriverli affatto. E se non li avesse iscritti?

NICOLA BONO. Siccome il Presidente Violante è attento a queste cose, come risulta dal resoconto, ha fatto riferimento ad un'ipotesi di lavoro su una ragionevole previsione su un numero degli iscritti e al tempo necessario per farli parlare. Anche se così non fosse, il dato oggettivo è che il dibattito si è concluso perché sono stati dichiarati decaduti una serie di deputati che erano assenti e noi chiediamo che si voti subito. Lei, signor Presidente, non ha uno strumento regolamentare per vietare all'Assemblea di votare. A cosa ricorre per farlo? La sua decisione è davvero prevaricatrice perché non tiene conto del corretto andamento dei lavori che rischia di creare un precedente inaccettabile e pericoloso o comunque di alimentare un clima di tensione nei rapporti tra la sua carica istituzionale ed il Parlamento.
Le chiedo quindi di rivedere la sua posizione, di consentire di passare alla


Pag. 152

votazione elettronica, secondo la richiesta dell'onorevole Guerra, in modo che così non vi siano problemi; nell'ipotesi che fuori della porta non vi siano 250 deputati che stanno aspettando che lei indica la votazione per precipitarsi in aula a votare, la invitiamo a prendere atto che è mancato il numero legale e a rinviare quindi alle 10. Solo così potremo arrivare all'ora prevista sulla base di un fatto normale e secondo un iter corretto dei nostri lavori (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e misto-CDU).

PRESIDENTE. Onorevole Bono, lei ha messo in evidenza molto bene il fatto che ai fini pratici non vi è alcuna differenza fra l'una e l'altra soluzione.

GUIDO POSSA. Un quarto d'ora di differenza!

PRESIDENTE. E pertanto, proprio perché non vi è differenza, lei deve riconoscere che la mia decisione, che peraltro spetta alla mia responsabilità...

GUIDO POSSA. Esco per protesta!

PRESIDENTE. Prego, se non vuole ascoltare, può uscire! No? Allora rimanga.
Dicevo che poiché si tratta di una scelta che spetta alla mia specifica responsabilità, ritengo di non poter in questo momento dare luogo a votazione, e le spiego il perché. È prassi assolutamente consolidata che nell'organizzazione dei lavori venga chiesto al Presidente, da più parti politiche e non necessariamente dalla maggioranza e quindi spesso anche dall'opposizione...

ELIO VITO. È contrario al concetto stesso di seduta fiume!

PRESIDENTE. Dicevo che è prassi che si stabiliscano le probabili tappe e scadenze orarie dei lavori. Quando il Presidente fissa queste scadenze orarie, naturalmente ne informa tutti i parlamentari, i quali si adeguano, adeguando il proprio assoluto diritto di partecipare alle varie fasi di lavoro parlamentare, che possono essere quelle della discussione e della deliberazione.
Poiché il Presidente Violante ieri ha chiaramente stabilito che non vi sarebbe stata votazione prima delle 10 del mattino...

GUIDO POSSA. Non è vero!

ALBERTO DI LUCA. È falso! Ci fai o ci sei, Petrini?

PRESIDENTE. ...questo può essere ritenuto non un'opinione del Presidente, ma un dettato del Presidente.

ALBERTO DI LUCA. Forse c'è!

PRESIDENTE. Per rispetto delle parole del Presidente, al quale in quella situazione, onorevole Bono, non è stata opposta nessuna rimostranza...

ELIO VITO. Cosa dovevamo opporre? Era una previsione!

PRESIDENTE. ...non posso fare altro (anche se, come abbiamo detto all'inizio, il risultato sarebbe sempre comunque lo stesso) che sospendere la seduta...

ELIO VITO. È una vergogna.

GUIDO POSSA. Guerra, diglielo tu!

MARIA TERESA ARMOSINO. È una vergogna.

PRESIDENTE. ...fino alle ore 10.
Pertanto la seduta è sospesa.

Back Index Forward