Seduta n. 299 del 20/1/1998

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(Esposizione ai campi elettromagnetici)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Siniscalchi n. 3-01207 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 6).
Il sottosegretario di Stato per l'ambiente ha facoltà di rispondere.

VALERIO CALZOLAIO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'onorevole Siniscalchi chiede di sapere quali siano gli interventi da adottare riguardo la possibile correlazione tra l'esposizione ai campi elettromagnetici generati dalle antenne radio base per la telefonia cellulare e dagli impianti e ripetitori delle emittenti radiofoniche e radiotelevisive, e l'insorgenza di gravi rischi per la salute dei residenti nelle loro vicinanze.
L'onorevole Siniscalchi fa riferimento alla installazione a Napoli di ripetitori per cellulari, prospettando tuttavia interrogativi sempre più frequenti e diffusi in tutto il paese.
La diffusione di tecnologie ha provocato una crescita significativa della densità delle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti nell'ambiente terrestre, in tutta la gamma delle frequenze: dalle radiofrequenze, telecomunicazioni, utilizzo delle microonde, schermi di visualizzazione, ai campi elettrici e magnetici degli elettrodotti.
La normativa attualmente in vigore in Italia regolamenta solo parzialmente e in modo inadeguato la materia. Con la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (legge n. 833 del 1978), all'articolo 4, al fine di rendere uniformi le condizioni di salute sul territorio nazionale viene stabilito che con legge dello Stato devono essere dettate norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi per tutto il territorio nazionale in materia di tutela della popolazione e dell'ambiente.
Lo stesso articolo 4 stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, sono fissati e periodicamente sottoposti a revisione i limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinamenti di natura chimica, fisica e biologica e - questo è il punto - delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell'ambiente esterno.
Successivamente con la legge istitutiva del Ministero dell'ambiente (la legge n. 349 del 1986), all'articolo 2, viene stabilito che le competenze individuate dalla citata norma del 1978 sono trasferite al Ministero dell'ambiente, il quale di concerto con il Ministero della sanità propone al Presidente del Consiglio dei ministri la fissazione dei limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e dei limiti massimi di esposizione relativi ad inquinanti di natura chimica, fisica e


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biologica e delle emissioni sonore relativamente all'ambiente esterno ed abitativo.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 1992, emanato ai sensi della citata norma del 1986, prende effettivamente in considerazione soltanto le esposizioni delle popolazioni ai campi elettrico e magnetico prodotti dalla trasmissione di energia elettrica alla frequenza industriale. Tale decreto fissa all'articolo 5 anche la distanza di rispetto degli edifici a permanenze continuative rispetto agli elettrodotti andando ad innovare un decreto ministeriale dei lavori pubblici del gennaio 1991.
Questo quadro normativo vigente è dunque parziale e poco aggiornato, tanto più che, negli anni recenti, la dimensione del problema è enormemente cresciuta.
I campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici sono una componente invisibile nel nostro ambiente quotidiano, un fattore silenzioso di cui però sempre meno solitamente ci accorgiamo. Le preoccupazioni dei cittadini sono comprensibili (penso, per fare un esempio vicino e recentissimo, alla vertenza dei genitori e dei bambini della scuola Leopardi di Roma, peraltro uguale alle decine e decine di altre vertenze in moltissimi luoghi, praticamente in tutte le regioni italiane) dal momento che essi vedono moltiplicarsi le installazioni di linee elettriche, stazioni di trasformazione, ripetitori radiotelevisivi, impianti di telefonia cellulare per vari bisogni di produzione e comunicazione.
Dunque come propone l'onorevole Siniscalchi, bisogna ora intervenire con chiarezza per informare e prevenire, ispirandosi al principio della cautela.
Vi sono due esigenze. La prima, inserire correttamente nel territorio nazionale tutti gli impianti tecnologici da cui derivano radiazioni elettromagnetiche; la seconda, conciliare gli aspetti di carattere economico-sociale connessi allo sviluppo delle strutture produttive di un moderno paese industrializzato con la necessità di salvaguardia della salute dei cittadini, del paesaggio e dell'ambiente.
L'incerto quadro normativo, la crescita esponenziale del fenomeno, le citate esigenze hanno indotto il Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministero della sanità, ad attivarsi innanzitutto per il principio fondamentale sancito dalla Costituzione all'articolo 32: il dovere della tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo.
Sei mesi fa i due ministeri citati, nell'ambito delle competenze previste, hanno firmato un decreto che istituisce un gruppo di lavoro sulla tutela dall'inquinamento elettromagnetico, con il compito di predisporre un testo normativo organico per la tutela dell'ambiente e della salute dall'inquinamento elettromagnetico in ambienti abitativi ed esterni. Del gruppo di lavoro, coordinato e presieduto dai sottosegretari, fanno parte esperti del Ministero dell'ambiente, del Ministero della sanità, del Ministero per le comunicazioni e del Ministero dell'industria. Sono inoltre rappresentati l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, l'ANPA, l'Istituto superiore di sanità, l'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro.
Il decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'8 agosto, stabiliva il termine di due mesi dalla data di insediamento del gruppo, che è effettivamente avvenuta il 1 ottobre, per la definizione di questa bozza di disegno di legge-quadro sull'inquinamento elettromagnetico per le alte e per le basse frequenze.
Il gruppo di lavoro ha concluso la prima parte dei propri lavori, quelli rivolti alla stesura della bozza di disegno di legge, già il 29 ottobre, vale a dire con un mese di anticipo rispetto ai tempi previsti nel decreto istitutivo.
La bozza di provvedimento governativo che abbiamo prodotto vuole promuovere una normativa per quanto possibile organica, facendo riferimento anche alle regioni, alcune delle quali - Abruzzo, Lazio, Piemonte, Puglia e Veneto - hanno già legiferato in materia, e alla ricerca scientifica, perché gli studi in materia sono recenti, non univoci e non definitivi.
Si possono regolamentare tutte le possibili sorgenti in un arco di frequenza tra 0 hertz e 300 gigahertz ed individuare i criteri validi per definire valori-limite e

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obiettivi di qualità comprensivi delle valutazioni sul breve e sul lungo periodo ed improntati al principio della massima cautela, tali quindi da garantire la tutela dell'ambiente, dei valori paesaggistici, della salute e l'incolumità della popolazione.
Il gruppo di lavoro, a fine ottobre, ha consegnato ai ministri la proposta di disegno di legge, subito inoltrata alla Presidenza del Consiglio per il successivo iter nel Consiglio dei ministri. Sono trascorsi quasi tre mesi e la proposta purtroppo non è ancora stata calendarizzata nell'ordine del giorno del Consiglio dei ministri.
Nel frattempo è continuato un confronto e sono emerse contrarietà da parte di soggetti direttamente coinvolti, in parte ingiustificate, in parte esagerate e comunque istituzionalmente discutibili. Ricordo che il Parlamento si è pronunciato chiaramente con una risoluzione dell'VIII Commissione ambiente del 17 gennaio 1995 e sono comunque depositate, sempre in Parlamento, altre proposte; inoltre l'iter approvativo consentirà l'audizione di tutte le forze interessate e l'acquisizione ulteriore di ricerche e studi.
A tale proposito, peraltro, il Ministero dell'ambiente insieme all'ANPA, su richiesta della provincia di Bergamo, ha deciso di promuovere una indagine epidemiologica volta a verificare l'esistenza di una possibile correlazione tra l'esposizione ai campi elettrici magnetici ed elettromagnetici e l'insorgenza di neoplasie. Tale attività rappresenta per il Ministero dell'ambiente una sorta di progetto pilota da riproporre in altre situazioni analoghe.
Ancora a metà settembre il Ministero dell'ambiente ha promosso un'altra iniziativa nei confronti dell'ENEL per una verifica della volontà politica di pervenire ad un protocollo di intesa tra Governo ed ENEL in materia di prevenzione dall'inquinamento derivante dai campi elettromagnetici. Ho scritto più volte al presidente dell'ENEL e un positivo incontro preliminare si è svolto il 17 settembre 1997, anche valorizzando analoghi protocolli sperimentali in altri paesi.
La risposta all'interrogazione dovrebbe chiudersi qui, ma non sarebbe completa se non aggiungessi, sia pur sinteticamente, l'approccio e gli obiettivi di un possibile intervento statale, innanzitutto normativo.
Poiché nel settore della protezione dei campi elettromagnetici non ionizzanti si riscontra talvolta un uso improprio dei termini interazione, effetto biologico ed effetto sanitario (danno), è utile chiarire alcuni punti fondamentali. Quando un organismo interagisce con un campo elettromagnetico, il suo equilibrio viene perturbato, ma ciò non si traduce automaticamente in un effetto biologico apprezzabile e in un effetto sanitario. Si può parlare di effetto biologico solo in presenza di variazioni morfologiche o funzionali a carico di strutture di livello superiore, dal punto di vista organizzativo, a quello molecolare. I rischi sanitari da analizzare ai fini della protezione comprendono sia quelli da esposizione di natura acuta, deterministica, per i quali è possibile individuare valori di soglia, sia i possibili effetti a lungo termine, in particolare la cancerogenesi (citata nell'interrogazione), la cui gestione deve realizzarsi con modalità diverse da quelle della definizione di limiti di esposizione.
Volendo formulare una normativa in materia di campi elettromagnetici, ci si trova di fatto a dover effettuare una scelta, adottando un sistema di valutazione del rischio finalizzato a trattare le situazioni nelle quali il nesso causale tra esposizione e malattia non sia stato stabilito con certezza. Alla base di questo sistema di valutazione vi è l'istanza di prestare attenzione a risultati anche parziali, accettandone il margine di incertezza e privilegiando la riproducibilità del dato sulla comprensione dei meccanismi biologici soggiacenti. In un approccio di questo tipo si persegue l'obiettivo di superare le situazioni nelle quali l'incertezza viene negata da chi voglia comunque agire ed amplificata da chi abbia interesse a dilazionare un'azione.
L'adozione di questo tipo di approccio comporta, inoltre, l'abbandono del limite di esposizione inteso come limite sanitario

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a favore dell'adozione di obiettivi di qualità, da raggiungere in un certo arco di tempo in modo differenziato per diversi scenari di esposizione.
In una comunità nella quale si sospetti un danno alla salute a causa di determinate esposizioni ambientali, il rapporto di fiducia con i tecnici potrà rompersi se l'incertezza sarà invocata per giustificare la mancanza di azioni a carattere preventivo. In campo ambientale infatti sono le regole, e non l'eccezione, le situazioni nelle quali i dati scientifici sono insufficienti per sostenere una conclusione definitiva, e nonostante questo una decisione va presa.
In altri campi abbiamo visto quanti «danni» (ambientali e sanitari, ma anche finanziari e culturali) provoca minimizzare e rinviare.
Penso al tabacco e all'effetto serra.
All'inizio si fronteggiano sempre due posizioni «politiche», che si richiamano alle divisioni e alle parzialità scientifiche (ovvie e benemerite), e due diversi principi, entrambi non isolabili, pena il «fondamentalismo»: il principio della certezza «scientifica», bandiera dei «liberisti» (dato il costo di eventuali interventi di salvaguardia, senza la certezza assoluta di un danno in atto, non ha senso prendere qualsiasi provvedimento) e quello della «precauzione», bandiera degli «interventisti» (pur mancando la certezza scientifica di danno nel lungo periodo, è opportuno muoversi per prevenire i possibili effetti).
Una normativa serve oggi perché può contemperare questi principi, regolando in modo diverso rischi a breve e a lungo termine e incentivando la ricerca scientifica pubblica e trasparente.
I limiti di esposizione dovranno essere stabiliti in modo da assicurare la protezione dagli effetti acuti oggi pienamente accertati, quali la stimolazione di muscoli e nervi periferici, le scosse e le ustioni derivanti dal contatto con conduttori e l'aumento della temperatura dei tessuti dovuto all'assorbimento di energia. Per quanto riguarda la protezione da possibili effetti a lungo termine, non raggiungibile attraverso l'adozione di limiti di esposizione, va differenziato il caso delle frequenze estremamente basse (50 hertz) da quello di radiofrequenze microonde, essendo molto diversa l'evidenza scientifica soggiacente.
Sulla base di questo approccio, cautelativo, possono essere comunque delineate strategie di abbattimento delle esposizioni che comportino costi accettabili dalla collettività, con particolare riguardo agli spazi destinati all'infanzia e alle strutture sanitarie, anche per mezzo della ricerca e l'applicazione di nuove tecnologie.
Il dato normativo, quindi, non può che rispecchiare coerentemente l'attuale quadro scientifico in tutta la sua problematicità, da considerarsi come il presupposto di fatto e di diritto che rende possibile aggiornamenti, modifiche ed integrazioni nel futuro.
Onorevoli colleghi, onorevole Siniscalchi, da quanto ho detto credo emerga in modo chiaro ed ufficiale quanto ritenga opportuno e urgente adottare i corretti interventi sollecitati nell'interrogazione.
Senza cedere ad inutili allarmismi, senza ipotizzare soluzioni certe per situazioni incerte, senza logiche punitive, ambiente e sviluppo possono essere compatibili e non contrastanti, «sin-cronici» e non «dia-cronici» (quando vengono fatti divergere, ci sono costi enormi per riparare i danni economico-sociali e limitare i danni sanitari-ecologici).
Ho cercato di motivare perché è indispensabile «normare» la tutela dall'inquinamento elettromagnetico e perché sarebbe utile anche una proposta governativa, avendo maturato definitivamente queste convinzioni proprio negli ultimi sei mesi, da quando il ministro mi ha delegato la materia.
La scorsa settimana, come sottosegretari dei tre ministeri da lei interrogati oggi, abbiamo scritto al Presidente del Consiglio per sollecitare il varo del disegno di legge governativo.
E comunque - come probabilmente saprà - la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera ha deciso di calendarizzare le proposte di

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legge in materia nella settimana dal 9 al 13 febbraio. Il Ministero dell'ambiente darà il proprio contributo per un esame spedito e rigoroso della legge, che considero una delle più importanti in materia della XIII legislatura e l'innovazione normativa di settore più rilevante oggi in campo ambientale.

PRESIDENTE. L'onorevole Siniscalchi ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-01207.

VINCENZO SINISCALCHI. Ringrazio l'onorevole sottosegretario Calzolaio per questa risposta esauriente e carica di elementi ulteriori rispetto al contenuto della mia interrogazione. Nell'ascoltare la risposta, così articolata in tutte le direzioni, forse io stesso non mi rendevo conto di avere sollevato un problema che va oltre gli stessi limiti della mia interrogazione. Credo che questa volta, come parlamentare e come interrogante, ho il dovere di esprimere anche una particolare solidarietà nei confronti dell'onorevole Calzolaio, che nella sua risposta ha espresso pure una sua forma di impegno diretto, encomiabile, di cultura e di proposizione legislativa, della quale si è fatto carico. È certamente triste dover fare, alle soglie del 2000, constatazioni del tipo di quelle che abbiamo ascoltato in quest'aula, che hanno anche ad oggetto riferimenti a ritardi, ad inadempienze, quando non a diserzioni che - lo si legge pure tra le righe di qualche riferimento - debbono contemperare spesso interessi conflittuali che in questa materia dovrebbero essere ridotti ad una unità sinergica, ad un elemento di sinergia progressiva e propositiva e che invece rivelano spesso il confliggere anche di elementi di carattere economico e strutturale di un tipo di società.
Apprezzo anche che le proposte sono in campo solo ed essenzialmente sotto il profilo tecnico, essendo «materiate» però non di ideologismi astratti ma di una precisa scelta culturale, che si avverte nella impostazione dei lavori dei comitati e nella ricerca - finalmente - di una normativa che non sia destinata soltanto - come spesso accade nei lavori della legislazione - a soddisfare o a regolare l'esistente, ma che intenda definire un problema di compatibilità tecnica e radioattiva con un problema primario come quello della salute previsto dalla norma costituzionale, soprattutto delle fasce più esposte e più deboli.
Credo che da questa interrogazione, che illustra in gran parte lo sforzo propositivo compiuto dal Ministero e al tempo stesso denunzia implicitamente i ritardi che l'intera struttura governativa ancora presenta nei confronti quantomeno della soluzione del problema legislativo, si debba andare oltre. E per la parte che riguarda il compito dell'interrogante e la responsabilità parlamentare, intendo diffondere, in termini molto precisi nei settori tecnici, sanitari e sociali in genere la preoccupazione sostanziale che è fatta propria dall'onorevole rappresentante del Governo, per far sì che questo riferimento odierno possa diventare oggetto di un dibattito più attento anche nella sede parlamentare, che forse avrebbe potuto dedicare o dovrà dedicare una sessione speciale di stimolo, di riflessione e di proposizione nei confronti delle iniziative che il Ministero ed il sottosegretario fino a questo momento hanno assunto.
Ritengo quindi che l'espressione di soddisfazione nei confronti dell'intervento del sottosegretario non rappresenti soltanto una manifestazione gratificante circa l'ampiezza e l'articolazione della risposta, ma voglia anche esprimere la volontà di un impegno che dovrebbe essere esteso a tutta l'Assemblea: è necessario il massimo coinvolgimento su un problema primario della società tecnologica ed anche della collettività umana (in Italia in modo particolare). Occorre un'attenzione più pertinente e più penetrante, che si trasformi in un movimento di forza nei confronti di eventuali lobby stratificate che possano resistere ad un punto di progresso così importante come quello


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contenuto nella risposta che ci è stata così puntualmente fornita dal sottosegretario Calzolaio.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni e delle interpellanze all'ordine del giorno.

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