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PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Volonté n. 3-00866 e n. 3-01385 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 2).
LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Il tema sollevato dalle due interrogazioni è da tempo all'attenzione del Parlamento europeo, della Chiesa italiana e delle congregazioni religiose. Mi riferisco al fenomeno della tratta - così lo ha definito l'Unione europea - delle donne e comunque della tratta di tutti gli esseri umani, un fenomeno drammatico per la nostra società che coinvolge donne e bambini avviati alla prostituzione e per questo indotti in uno stato di vera e propria schiavitù nel quale ogni diritto viene negato.
PRESIDENTE. L'onorevole Volonté ha facoltà di replicare per le sue interrogazioni nn. 3-00866 e 3-01385.
LUCA VOLONTÈ. La ringrazio, signor Presidente e ringrazio anche il ministro.
PRESIDENTE. Onorevole Volonté, forse le è andata bene, vi sono documenti di sindacato ispettivo più lontani nel tempo!
MARIO TASSONE. Infatti questa sera festeggiamo...!
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, la verità è che si vuole eliminare anche questo strumento di potere ispettivo politico a disposizione dell'opposizione.
PRESIDENTE. Il problema del rapporto tra Governo e Parlamento, all'interno di quest'aula, si è intrecciato su se stesso, con ritardi lamentati da ogni parlamentare e, per una serie di ragioni, questi rilievi vengono esposti alla Presidenza.
Queste interrogazioni, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
Il ministro per la solidarietà sociale ha facoltà di rispondere.
Proprio a partire da una valutazione dell'allarme provocato da questi dati e perché sollecitata dall'Unione europea e soprattutto dalla Caritas, dalle suore italiane - le quali sono molto impegnate nella lotta contro questo fenomeno - nonché da associazioni di donne, lo scorso anno il mio Ministero decise di dedicare l'8 marzo a valutare, a studiare ed a sensibilizzare l'opinione pubblica su tale fenomeno.
Ho citato l'impegno della Comunità europea. La signora Anita Gradin, commissaria per la giustizia e gli affari interni, ha dedicato molto tempo all'analisi di questo fenomeno, chiedendo un impegno molto preciso al Consiglio d'Europa e l'adozione, da parte dei governi membri dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa, di precisi piani di azione per contrastare questo tremendo fenomeno, che punti sulla prevenzione, ma soprattutto sul recupero delle donne e dei minori coinvolti in questa vera e propria situazione di schiavitù.
Ricordo che proprio l'anno scorso nei giorni 10 e 11 giugno a Vienna la commissione europea promosse una conferenza sul traffico delle donne e degli esseri umani, ponendo questo tema tra quelli di maggiore interesse a livello internazionale. Le conclusioni della conferenza contenevano un appello a tutti gli Stati membri affinché attivassero al loro interno un gruppo di lavoro per individuare a livello nazionale le azioni maggiormente efficaci per combattere questo fenomeno. Analoga richiesta è stata peraltro formulata anche dalla Chiesa italiana: la Caritas, infatti, ha dedicato due convegni a questo tema, lo scorso anno e quest'anno.
Per dare seguito a queste raccomandazioni - anche se faccio presente che già nel passato, precedentemente all'assunzione dell'incarico governativo, mi ero occupata di questi temi - ho inteso promuovere l'attivazione di una commissione per monitorare il fenomeno a livello nazionale e soprattutto per individuare le azioni concrete da fare per contrastare questo fenomeno. Ancor prima della istituzione della commissione, nel giugno 1996, vi sono stati incontri con i rappresentanti delle associazioni del volontariato, della Caritas e con le suore, nonché con le associazioni di donne (che soprattutto a Roma, Bologna e a Torino si occupano di questo problema): da tali incontri sono derivate indicazioni concrete; il primo risultato di questo incontro è stato l'articolo 5, comma 9-ter, del decreto-legge n. 467 del 13 settembre 1996, ripreso con modifiche nel disegno di legge governativo sull'immigrazione relativo alla tutela delle donne vittime della tratta.
La commissione governativa è composta da rappresentanti di vari ministeri interessati a questo problema (quelli dell'interno, di grazia e giustizia, della sanità e per le pari opportunità). Nel frattempo, da quell'iniziativa dell'8 marzo, il Ministero per le pari opportunità si è particolarmente occupato - giustamente - di questo tema, seguendo direttamente l'evoluzione delle iniziative anche a livello comunitario dando un grande contributo dell'Italia per l'adozione di un programma da portare avanti a livello europeo e nei singoli paesi.
Voglio quindi segnalare che in questo momento la titolarità dell'iniziativa è più propria del Ministero per le pari opportunità, anche se essa era partita da un'iniziativa del Ministero per la solidarietà sociale. Insieme ai rappresentanti dei ministeri interessati, sono coinvolti i rappresentanti delle associazioni che si occupano di questo fenomeno e che sono
prima di tutto - le ho già citate - la Caritas, l'USMI e alcune associazioni di donne.
Non c'è un problema di finanziamenti per la commissione. Comunque, data la natura dell'organo (commissione di coordinamento e di lavoro), gli eventuali finanziamenti necessari possono essere reperiti attraverso i capitoli di bilancio destinati al dipartimento per il normale funzionamento di comitati e commissioni.
Aggiungo che nello scorso mese di aprile il dipartimento ha presentato un progetto alla Commissione europea all'interno del programma «Stop», sulla tratta delle donne e degli esseri umani, istituito nell'ambito della Commissione giustizia ed affari interni a seguito della Conferenza di Vienna. Il progetto non è stato accettato dalla Commissione perché ritenuto troppo costoso in rapporto ai fondi complessivamente disponibili; è stato tuttavia suggerito di ripresentarlo con alcune modifiche, cosa che abbiamo fatto.
Il compito della commissione sarà soprattutto garantire il coordinamento fra le attività dei vari ministeri ed ascoltare i suggerimenti delle associazioni. Non c'è dubbio, però (e vengo così alla risposta all'interrogazione Volonté n. 3-01385), che il più importante punto di iniziativa del Governo è stato introdurre nel disegno di legge sull'immigrazione (già approvato dalla Camera ed attualmente in discussione in Senato) una specifica previsione: il capo III, articolo 16, contiene una norma volta a regolamentare i soggiorni per motivi di protezione sociale.
La norma prevede che, qualora nel corso di operazioni di polizia o di indagini per reati connessi all'esercizio della prostituzione o nel corso di interventi dei servizi sociali siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità come diretta conseguenza della sua collaborazione alle indagini, lo straniero non venga espulso e possa al contrario ottenere un permesso di soggiorno che gli consenta di sottrarsi ai suoi sfruttatori e di seguire un programma di ricostruzione della personalità e di integrazione sociale. Di tale proposta, valida ovviamente per tutti gli stranieri, è presumibile che possano usufruire soprattutto le donne, vittime più dirette del traffico di esseri umani per sfruttamento sessuale. Lo ripeto: la norma ci è stata sollecitata da coloro che lavorano su questo tema; faccio un nome per tutti, quello di don Benzi. Evitare l'espulsione delle persone coinvolte (in gran parte clandestine, venute nel nostro paese non per scelta) è una misura importante per sottrarle al ricatto del circuito nel quale sono coinvolte. Come ho già detto, la norma era già stata fatta propria dal Governo con l'articolo 5, comma 9-ter, del decreto-legge n. 467 del 1996, recante disposizioni urgenti in materia di politica per l'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini di paesi non appartenenti all'Unione europea.
Questa norma, se da un lato aveva offerto risultati positivi, non facendo registrare abusi, aveva d'altro canto evidenziato alcune lacune circa la sua piena applicazione e l'adeguatezza delle strutture.
Parte integrante delle disposizioni introdotte con il disegno di legge sull'immigrazione è il programma di assistenza ed integrazione sociale delle vittime. Il permesso di soggiorno ottenuto dallo straniero che versi nella particolare situazione sopra descritta consente esplicitamente l'accesso ai servizi assistenziali, lo studio, l'iscrizione alle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato.
La proposizione contenuta nel disegno di legge sull'immigrazione - che, lo ripeto, è già stato votato da questo ramo del Parlamento - persegue quindi il fine di un'applicazione più corretta e completa della norma che era stata anticipata nel decreto governativo. Non ha certo lo spirito di premiare chi ha trasgredito la legge, ma piuttosto tende ad offrire la possibilità di un ritorno ad una vita normale per chi è stato privato della propria libertà e dignità con la violenza.
Il traffico per sfruttamento sessuale rappresenta una gravissima violazione dei
diritti fondamentali della persona, che un paese come l'Italia ha il preciso dovere di combattere. Ribadisco che in tale direzione si sta muovendo anche la Commissione europea. Ho tra l'altro già detto dell'impegno della signora Gradin nella conferenza di Vienna. Infatti, la signora Gradin, all'apertura di quella conferenza, ha auspicato che il dibattito sul tema in argomento si concentri su misure specifiche, volte a combattere tale moderna forma di traffico degli schiavi, piuttosto che sulla prostituzione quale fenomeno in sé. La conferenza deve dunque costituire il punto di partenza - così si è espressa la signora Gradin - per azioni a livello nazionale, europeo ed internazionale.
Nel novembre dello scorso anno, sempre la Commissione europea ha promosso un piano di azione sul traffico delle donne per sfruttamento sessuale che investe vari aspetti, da quello connesso alle politiche migratorie, a quello giudiziario, di polizia e sociale.
La tutela delle vittime non risolve certamente alla radice il problema dello sfruttamento sessuale delle donne e dei minori stranieri, ma costituisce una valida opportunità concessa alle vittime stesse ed un utile strumento di lotta ai trafficanti. Con tale norma, prevista nella legge sull'immigrazione (articolo 16), già approvata da un ramo del Parlamento, l'Italia è uno dei paesi che applica disposizioni previste in sede di Commissione europea.
Vorrei poi far presente, per completare il quadro relativo ai provvedimenti assunti e considerato che l'interrogante ha posto in particolare il tema dell'Albania, che il Governo, insieme alle associazioni di volontariato, ha destinato una parte dei venti miliardi previsti dal disegno di legge per la ricostruzione in Albania (si trattava di un decreto-legge poi convertito in legge concernente appunto l'aiuto e la cooperazione in Albania), rivolti in particolare ad interventi umanitari soprattutto per quanto riguarda la ricostruzione del tessuto sociale albanese - non a caso su indicazione del governo albanese ed in accordo con le associazioni di volontariato italiane ed albanesi - al finanziamento di progetti che puntano proprio alla prevenzione del fenomeno della tratta delle donne e degli esseri umani. Si è infatti predisposto un programma di informazione mirato alle donne di alcune zone dell'Albania, soprattutto di quelle rurali e più povere del paese, più esposte al ricatto ed al messaggio che anche i nostri media possono mandare, dunque, più attratte da un'idea facile dell'ingresso in Italia, proprio per far presente loro i pericoli che si incontrano e dunque per dissuaderle dall'immigrazione clandestina. Questo è l'altro programma che il Governo sta portando avanti.
Sarei tentato di prendere umoristicamente le sue risposte, caro ministro, per molte ragioni. Innanzitutto perché mi sento offeso - ed invito il Presidente dell'Assemblea a tener conto di tale mia osservazione - nella mia qualità di componente del Parlamento, per il fatto che ad un'interrogazione datata 11 marzo 1997 si risponda oggi. Dico questo non solo perché sono un parlamentare dell'opposizione, ma per il fatto che voglio ricordarle, caro ministro Turco, che non siamo in un regime come la Turchia...
È chiaro, signor ministro, che le ho rivolto domande concernenti l'Albania perché nel marzo e nel luglio dello scorso anno questo era il tema all'ordine del
giorno e non altri. A meno che, come lei non ha voluto sottolineare, non volessimo parlare della prostituzione delle donne dei paesi slavi in Italia - problema che lei conoscerà sicuramente avendo avuto rapporti con la Comunità europea e con le associazioni di volontariato cattoliche italiane - o della prostituzione di donne latino-americane - fenomeno di cui certamente conoscerà l'entità e la qualità anche nel nostro paese -; invece abbiamo affrontato quell'argomento a proposito del quale le avevamo rivolto alcune domande specifiche. Le abbiamo chiesto quali siano i criteri per nominare la commissione di cui all'interrogazione e lei non ce li ha indicati; le abbiamo chiesto inoltre se lei, in quella famosa intervista al New York Times avesse rilasciato alcune dichiarazioni e neanche su questo ci ha fornito alcuna risposta.
La prima ragione di insoddisfazione è che quando si ricorre a questo strumento ispettivo si pone un interrogativo e si ritiene sia dovere del Governo, se ha un minimo di rispetto nei confronti dell'opposizione, rispondere. Se poi a rappresentare l'esecutivo è il ministro della solidarietà sociale, quest'ultimo è gravato dal suo incarico da una responsabilità ancora maggiore, in termini di solidarietà anche nei confronti dell'opposizione, di rispondere almeno a quello che stiamo chiedendo.
Oltre a questa ragione, è anche un motivo di carattere morale a dirmi che questo Governo prende con molta superficialità il problema in questione. Caro ministro, mentre parliamo di quello che ha fatto il Governo italiano, non può citarmi l'impegno della Comunità europea, quello della Caritas, delle comunità e delle suore (non solo di queste ultime) nei confronti del grave fenomeno della tratta delle donne albanesi, ma anche della prostituzione. Il problema, infatti, non è solo questo, ma è anche quello di cosa abbia fatto l'esecutivo. Il problema è che si risponde ad interrogazioni datate 1996 in cui chiedevamo come la parte della legge Merlin che prevede quanto lei sta dicendo (cioè di aiutare le donne a reinserirsi attraverso degli istituti) sia stata applicata.
Lei non può fingere e rispondere a quello che vuole, perché non è interessante ed è un insulto nei confronti del sottoscritto e del Parlamento.
Ed allora l'inadeguatezza sua e dei burocrati che le preparano queste risposte è evidente davanti a tutta l'aula, ancorché vuota. Le due ragioni che mi spingono a dire di essere insoddisfatto, infatti, sono incontestabili.
Lei mi dice che l'unico progetto proposto dal Governo, che si chiama «Stop», ha avuto uno stop della Comunità europea? Ne sono felice, perché se dopo due anni che aspettiamo risposte ad interrogazioni lo stop è intervenuto da parte della Comunità europea devo prenderla a ridere, caro ministro e le ricordo - lo ripeto anche per invitare il Presidente della Camera a far presente al Governo che non è questo il modo, né sono questi i tempi per venire incontro e fare discorsi seri su alcuni temi importanti - che avere maggiore rispetto per il Parlamento ed anche per i singoli parlamentari è, da parte del ministro della solidarietà sociale, un impegno in più nei confronti nostri ed anche del suo Governo.
Per la verità, questo problema non dipende dal singolo ministro e, quindi, come deputato, esprimo nei riguardi del ministro Turco stima per il suo lavoro e per il suo impegno. Diverso è il rapporto che intercorre nel dialogo tra il Parlamento ed il Governo nella loro interezza.