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La seduta, sospesa alle 2,10 di venerdì 28 novembre 1997, è ripresa alle 3,10.
PRESIDENTE. Riprendiamo le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
PAOLO ARMAROLI. Per un brevissimo richiamo al regolamento, precisamente in ordine alla pubblicità dei nostri lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO ARMAROLI. Signor Presidente, non voglio riferirmi alla pubblicità ai sensi dell'articolo 63 del regolamento, ma alla pubblicità esterna.
PRESIDENTE. Onorevole Armaroli, questo tema non è pertinente al nostro regolamento.
PAOLO ARMAROLI. Certo, signor Presidente!
PRESIDENTE. ...ma solo della conduzione dei lavori dell'Assemblea.
PAOLO ARMAROLI. Gli altri due casi sono ancora più brevi.
PRESIDENTE. Concluda, la prego.
PAOLO ARMAROLI. Concludo, signor Presidente.
PRESIDENTE. Forse è meglio dire espellere!
PAOLO ARMAROLI. Il Presidente non identificato è il Presidente Acquarone, che non mi risulta sia un UFO! Tutto si può dire del Presidente Acquarone, tranne che sia un UFO!
PRESIDENTE. Riprendiamo le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
TEODORO BUONTEMPO. Credo che questo dibattito stia mettendo in evidenza un fatto estremamente importante, e cioè che abbiamo al Governo una sinistra del tutto intollerante alle regole della democrazia.
ITALO BOCCHINO. Chiedo di parlare per un richiamo all'articolo 8 del regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Come è accaduto anche la scorsa notte, se non erro durante il suo turno di Presidenza, fino a questo momento i segretari sono stati assenti. Solo adesso uno di essi è entrato in aula...
PRESIDENTE. I deputati segretari sono presenti, onorevole Bocchino.
ITALO BOCCHINO. Dal momento che l'onorevole Buontempo ha svolto il suo intervento in assenza dei segretari, anche a tutela dei diritti dei colleghi, sarebbe opportuno che i segretari fossero presenti durante i nostri interventi.
PRESIDENTE. Va bene, onorevole Bocchino.
ROSANNA MORONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROSANNA MORONI. Presidente, i deputati segretari di Presidenza si trovano qui a Montecitorio. Io sono presente in aula e l'onorevole Maiolo, dell'opposizione, è nel suo ufficio e basta chiamarla.
PRESIDENTE. La faremo chiamare.
GIORGIO REBUFFA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. L'ordine dei lavori è già stato stabilito, onorevole Rebuffa!
GIORGIO REBUFFA. Chiedo di parlare sul richiamo al regolamento svolto poc'anzi.
PRESIDENTE. È già stato esaurito, onorevole Rebuffa.
GIORGIO REBUFFA. Se io chiedo di parlare, non può non darmi la parola!
PRESIDENTE. Onorevole Sospiri, il tempo a sua disposizione è già cominciato.
NINO SOSPIRI. No, Presidente, non è ancora cominciato! Mi perdoni, ma il regolamento fa riferimento ai segretari e non al segretario.
PRESIDENTE. Infatti ho fatto chiamare anche l'altro segretario (Commenti del deputato Armaroli). Onorevole Armaroli, la seduta non può essere sospesa per la mancanza di un segretario! Questo non
NINO SOSPIRI. Non vogliamo che la seduta sia sospesa, ma vogliamo attendere che arrivi l'altro segretario.
PRESIDENTE. Onorevole Sospiri, il tempo a sua disposizione è iniziato. La prego quindi di svolgere il suo intervento.
NINO SOSPIRI. Presidente, la prego di essere meno arrogante, altrimenti il mio tempo finirà per protrarsi per ore! Ha inteso, Presidente?
PRESIDENTE. Non intendo intendere le sue minacce!
NINO SOSPIRI. Non intende intendere? Lei mi deve richiamare all'ordine, Presidente! Non lo fa? Allora non compie il suo dovere! Io invece compio il mio.
PAOLO ARMAROLI. Citato per danni!
NINO SOSPIRI. Esattamente. Danni al PDS e alla maggioranza di sinistra-centro!
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Sospiri.
NINO SOSPIRI. Sto concludendo, signor Presidente. E invece l'IRAP sarà superiore alla somma delle imposte che andrà a sostituire.
DANIELE FRANZ. Chiedo di parlare per un richiamo all'articolo 41 del regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE FRANZ. A proposito della vicenda riguardante i segretari, sulla quale non ritornerò, vorrei dire a titolo esemplificativo che lei non ha concesso la parola al collega onorevole Rebuffa. L'articolo 41 del regolamento prevede che «i richiami al regolamento» - cita poi altri casi - «hanno la precedenza sulla discussione principale». Fin qui, ci siamo. Continua poi: «In tali casi possono parlare dopo il proponente» - in questo caso, l'onorevole Bocchino - «soltanto un oratore contro e uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno». In questo caso credo che l'onorevole Rebuffa potesse intervenire a favore o contro.
PRESIDENTE. No, il Presidente ha già comunicato che d'ora in poi i richiami al regolamento e gli interventi sull'ordine dei lavori dovranno rigidamente essere tenuti entro le regole di cui al parere emesso dalla Giunta per il regolamento all'unanimità. Le regole stabiliscono che si possa discutere qualora il Presidente ritenga proponibile la questione all'Assemblea.
MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, colleghi, vi intratterrò su un fatto che mi ha sempre molto colpito e che si fonda sulla diversa interpretazione che dell'attività dell'opposizione viene data quando svolgo la mia attività di parlamentare nel collegio in cui sono stata eletta rispetto a quella che viene espressa dagli uomini della maggioranza in quest'aula.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fei. Ne ha facoltà.
SANDRA FEI. Il Presidente Prodi ha dichiarato, proprio ieri, perché ormai siamo intorno alle 4 del mattino, che
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fei.
VINCENZO ZACCHEO. Chiedo di parlare, signor Presidente.
PRESIDENTE. A quale titolo?
VINCENZO ZACCHEO. Per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. A quale articolo?
VINCENZO ZACCHEO. Articolo 8, commi 1 e 2.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VINCENZO ZACCHEO. Signor Presidente, l'articolo 8, commi 1 e 2, recita: «Il Presidente rappresenta la Camera. Assicura il buon andamento dei suoi lavori, facendo osservare il Regolamento, e dell'amministrazione interna...
PRESIDENTE. Non lo legga! Conosco l'argomento. Mi dica per quale motivo fa il richiamo a quest'articolo.
VINCENZO ZACCHEO. Evidentemente non lo conosce bene.
PRESIDENTE. Mi dica qual è il richiamo.
VINCENZO ZACCHEO. ...«Sovrintende a tal fine alle funzioni attribuite ai Questori e ai Segretari.
PRESIDENTE. Onorevole Zaccheo, non è pertinente!
VINCENZO FRAGALÀ. Signor Presidente, illustri colleghi, io intervengo in quest'aula alle 3,50 del mattino portando l'intento e rappresentando l'aspettativa di quegli italiani del sud, di quegli italiani della Sicilia, di quegli italiani di Palermo, che in questi giorni combattono una guerra di liberazione non soltanto per liberare l'Italia dal Governo delle sinistre, che in cinquecento giorni di vita ha procurato tanti danni all'economia, allo sviluppo ma soprattutto alla stessa speranza degli italiani, ma anche per liberare le maggiori città siciliane e per quanto riguarda la mia città, Palermo, per liberare la città da quel sindaco, il sindaco uscente, l'onorevole Orlando, che è stato un antesignano del Governo delle sinistre. Un antesignano perché a Palermo ha sviluppato quel sistema di Governo finto, di Governo che vuole rappresentare ai cittadini soltanto un aspetto esteriore, un belletto mentre la città, come sanno tutti gli italiani, crolla ogni giorno nei suoi edifici fatiscenti del centro storico e mentre la città «muore» per la disoccupazione, la mancanza di speranze e soprattutto per una condizione di avvilimento che ormai pervade tutti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franz. Ne ha facoltà.
DANIELE FRANZ. Signor Presidente, signor sottosegretario, è un po' che ci vediamo qui durante le sedute notturne e dopo tutto questo tempo comincio il mio intervento da dove ho terminato la mia precedente dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Deve concludere.
DANIELE FRANZ. ...la Commissione bicamerale ne è uno specchietto preciso, una cartina di tornasole: si finge in sede di Commissione bicamerale di essere tutti disposti a riformare quest'Italia, che di riforme ha bisogno come dell'aria, e poi il giorno dopo si cerca di disfare ciò che faticosamente si è raggiunto (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Franz.
GIOVANNI DELL'ELCE. Signor Presidente, le devo dire che assistere a quest'ora, sono le 4,10 del mattino, ad una Presidenza arrogante nei confronti di quei parlamentari che stanno svolgendo il loro lavoro con orgoglio, con rabbia ma con molto entusiasmo non è assolutamente bello (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia)! Spero di vedere nel prosieguo dei lavori un'altra Presidenza, che sia diversa, che abbia maggiore dialogo con un'opposizione che è ferma, che sta «battagliando» su problemi veri che interessano migliaia di persone, su problemi che interessano tante aziende, tanti piccoli imprenditori. Per questo la richiamo ad un comportamento più idoneo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crimi. Ne ha facoltà.
ROCCO CRIMI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto sull'IVA, componente la manovra di finanza pubblica per il 1998, costituisce l'ennesimo esempio di quello che non si dovrebbe fare per risanare i conti dello Stato. Dietro la nostra opposizione, dietro l'opposizione del Polo e della lega, c'è un problema vero, grave e pericoloso: la marginalizzazione del Parlamento rispetto alle grandi scelte della politica di bilancio; la marginalizzazione del Parlamento rispetto al tema delle imposte, sul quale da sempre si sono misurate le democrazie più evolute.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Errigo. Ne ha facoltà.
DEMETRIO ERRIGO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, sono un po' imbarazzato perché di solito non sono un «chiacchierone»; anzi, da filosofo della scienza e soprattutto da neurologo di robot, amo ascoltare e poi, magari con un po' di superbia, talvolta costruisco dei giudizi che subito, per mio timore o pudore innato o costruito, trattengo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maiolo. Ne ha facoltà.
TIZIANA MAIOLO. Presidente e signori deputati, prima di dichiarare il mio voto contrario al decreto che stiamo discutendo (che oggi è un voto quanto mai politico, direi che è qualcosa di più di un voto contro la conversione di un decreto-legge, oggi diventa un vero e proprio pollice verso, una vera sfiducia contro questo Governo), prima di dichiarare il mio voto e i motivi che lo sostengono, devo concludere un discorso che mi è stato interrotto nel mio intervento di due giorni fa dal Presidente di turno, onorevole Acquarone, che mi ha tolto improvvisamente la parola e subito dopo si è trasformato in un pentito, facendo una chiamata di correità nei confronti di un commesso, come se i commessi potessero autonomamente togliere la parola ai deputati. Quindi, assolvo il commesso e punto il dito contro il Presidente.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Maiolo.
TIZIANA MAIOLO. Ho concluso, signor Presidente, un secondo solo. La prego di non fare come il Presidente Acquarone.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccheo. Ne ha facoltà.
VINCENZO ZACCHEO. Signor Presidente, colleghi parlamentari, signor dormiente rappresentante del Governo...
PIERLUIGI CASTELLANI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Non dormo, sono sveglio!
VINCENZO ZACCHEO. ...la situazione che la collega Maiolo ha rappresentato non è certamente delle migliori. È una situazione apocalittica e quindi, cara collega Maiolo, non devi fare gli auguri per il prossimo Natale, ma devi augurare un buon 2 novembre al popolo italiano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martini. Ne ha facoltà.
LUIGI MARTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono anch'io mio malgrado costretto ad un'ora così insolita del mattino ad annoiarvi per illustrare questo decreto che modifica le aliquote IVA e che suscita almeno quattro ordini di critiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, certamente se c'è un modo per non risanare i conti dello Stato è proprio il decreto sull'IVA, che rappresenta certo una componente caratterizzante della manovra della finanza pubblica per il 1998.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nan. Ne ha facoltà.
ENRICO NAN. Presidente, onorevoli colleghi, nonostante il Governo abbia cercato con acrobazie tecnico-giuridiche di spiegare agli italiani che questo provvedimento si inserisce nel quadro di una legislazione europea e non comporta un aumento delle imposte, credo che nessuno questa volta l'abbia bevuta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà.
MARIO BACCINI. Signor Presidente, ho aspettato con grande passione di intervenire in questo dibattito perché è molto particolare. Credo sia un primato per un parlamentare della Repubblica riuscire a parlare alle 5,25 di mattina per testimoniare l'acredine nei confronti di questo Governo e di questa maggioranza,
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO BACCINI. Grazie, Presidente, per questa possibilità. Il gruppo del centro cristiano democratico continuerà la sua battaglia per questa libertà di informazione (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ostillio. Ne ha facoltà.
MASSIMO OSTILLIO. Consentitemi innanzitutto di augurarmi che la lettura che il rappresentante del Governo sta facendo di un certo volume da qualche decina di minuti sia almeno piacevole...
PIERLUIGI CASTELLANI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Senz'altro!
MASSIMO OSTILLIO. Questo, se non altro, ci ristora rispetto al lavoro che stiamo svolgendo che, per quanto possa esserne estraneo il rappresentante del Governo, appartiene alla nostra cultura di gruppi di opposizione in questa legislatura, gruppi che si impegnano in battaglie di libertà come queste.
CARLO CARLI. Ce ne sono anche altri.
MASSIMO OSTILLIO. In questo momento, onorevole Carli, sono fuori da quest'aula. Un confronto negato, sia nelle aule sia sui temi e sui contenuti del provvedimento, nel momento in cui il Governo ha scelto di procedere con un voto di fiducia, eliminando qualsiasi possibilità di limare e di migliorare il provvedimento stesso.
PRESIDENTE. Deve concludere.
MASSIMO OSTILLIO. Concludo dicendo che il gruppo del CCD e in particolare il sottoscritto voterà contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, la nostra giusta e legittima avversione a questa ennesima torchiatura fiscale è avvalorata dalla disperazione di tutto il popolo italiano: dalle Alpi alla Sicilia, il popolo italiano non ne può più di pagare tasse. La gente non ha più quattrini, non sa cosa fare, molti sono costretti, per pagare le varie imposte, a ricorrere a prestiti, addirittura all'usura.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rebuffa. Ne ha facoltà.
GIORGIO REBUFFA. Gentile signor Presidente, cari e stimatissimi colleghi, voglio cominciare con una notazione personale di apprezzamento, per la neutralità, per la capacità di lavoro e di assistenza all'Ufficio di Presidenza e a tutta la Camera, in queste giornate certamente difficoltose, nei confronti dei funzionari della Camera dei deputati. Ci tengo molto perché si tratta di un lavoro che, se non ha a che fare direttamente con la dialettica politica, è però un supporto indispensabile della dialettica politica stessa, senza il quale noi certamente non riusciremmo ad operare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nocera. Ne ha facoltà.
LUIGI NOCERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame viene presentato come un riordino urgente dei conti tributari di fronte al quale l'opposizione da alcuni giorni cerca, in modo civile e democratico, sulla base e con l'ausilio degli strumenti consentiti dal regolamento, di esercitare lo strumento
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fronzuti. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRONZUTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, in questa atmosfera surreale, in quest'aula quasi vuota, priva del solito chiaccherio e della solita animazione, mi accingo a prendere la parola per esprimere le mie osservazioni e le mie riflessioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manzione. Ne ha facoltà.
ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente, sento innanzitutto il dovere di ringraziare i funzionari ed il personale
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.
ETTORE PERETTI. Non è mia abitudine intervenire in circostanze come questa, nelle quali forse è più importante il tempo speso a parlare che la qualità di quello che si dice. E comunque il mio intervento non sarebbe tanto diverso da una normale dichiarazione di voto. Nonostante che le parole in politica siano come pietre, riconosco che in questo caso la battaglia ostruzionistica ha un valore profondo: politico in via generale, ma anche pratico per gli effetti che ne potrebbero derivare.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Peretti.
ETTORE PERETTI. Concludo subito, signor Presidente. Dicevo che la direttiva comunitaria prevede un regime transitorio con delle aliquote normali non inferiori al 15 per cento, una o due aliquote ridotte non inferiori al 5 per cento ed un regime definitivo con un'aliquote unica ordinaria non inferiore al 15 per cento (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fabris. Ne ha facoltà.
MAURO FABRIS. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, a me dispiace particolarmente dover utilizzare questo tempo prezioso in cui avrei dovuto illustrare le ragioni della nostra opposizione al decreto in esame per dover intervenire sui gravissimi fatti che sono capitati nella mia provincia, a pochissima distanza da dove risiedo, e che hanno coinvolto le forze dell'ordine e i produttori impegnati da più di un anno nella giusta lotta per ottenere ciò che a loro spetta. Mi dispiace che l'organizzazione coatta dei nostri lavori e l'insensibilità del Governo di fronte a fatti ed episodi gravissimi mi costringa a fare questo, ma non ho altra possibilità di esprimere ancora una volta l'indignazione e la condanna per ciò che è capitato.
PRESIDENTE. Onorevole Fabris, a norma dell'articolo 39, comma 3, del regolamento, lei non può discostarsi dal merito della questione. L'ho lasciata parlare perché i fatti sono senz'altro gravi e meritano una menzione, ma non vada oltre. Grazie.
MAURO FABRIS. Certo. Non voglio banalizzare rispondendole che poi avrei parlato dell'IVA sul latte. Le vorrei solo dire che ad un parlamentare che vive in quelle zone e che sa realmente cosa sta capitando non è data alcuna possibilità di esprimere la propria indignazione e di
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Follini. Ne ha facoltà.
MARCO FOLLINI. Presidente, colleghi, il nostro gruppo ha manifestato una forte contrarietà nei confronti di questo decreto-legge e del Governo, e credo che il dibattito di queste ore abbia posto in adeguata evidenza le ragioni della nostra opposizione.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Follini.
MARCO FOLLINI. Presidente, non ho tenuto il conto, ma non credo...
PRESIDENTE. Sono già passati venti secondi oltre il suo tempo.
VINCENZO BERARDINO ANGELONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quello su cui il Polo e la lega incalzano un Governo protervo, sorretto da una maggioranza sfilacciata, è uno di quei temi classici sui quali si misurano da tempo le democrazie nel bipolarismo, quello delle imposte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galati. Ne ha facoltà.
Io credo che sia lei sia noi stiamo facendo, giorno e notte, il nostro dovere. La stampa, invece, fa deformazioni incredibili. Le segnalo brevemente - in un minuto - tre casi che hanno ad oggetto il maggior quotidiano nazionale, il Corriere della sera di oggi. Sono tre perle gravissime.
La prima: «Saranno usate tutte le armi possibili, compresa la richiesta continua di verifica del numero legale». Evidentemente, siccome non si vota, non vi è verifica del numero legale.
Io non sono responsabile di quello che viene pubblicato dai giornali...
La seconda perla: «Domani sul problema delle sostituzioni deciderà la Conferenza dei capigruppo», anziché la Giunta per il regolamento.
La terza: «Un Presidente di turno non identificato ha minacciato di "espulgere" dall'aula un deputato».
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
La decisione delle forze di maggioranza e del Presidente del Consiglio di indire una manifestazione con lo scopo di accusare l'opposizione di svolgere un ostruzionismo parlamentare che non ha l'obiettivo di difendere gli interessi dei cittadini, ma piuttosto quello di fare opposizione, è sul serio pericolosa.
La sinistra, infatti, voleva con quella iniziativa rivolgere un messaggio agli italiani di assoluta intolleranza verso le regole della democrazia. Questa battaglia viene combattuta dall'opposizione per difendere gli interessi di categorie produttive messe a rischio dai provvedimenti del
Governo. Semmai c'è da chiedersi perché l'opposizione non abbia condotto prima, e su tutti i provvedimenti, un'analoga azione.
I partiti del Polo hanno dimostrato in più occasioni un alto senso di responsabilità e la sinistra, anziché ringraziarli per il modo responsabile in cui hanno fatto opposizione, ha ritenuto che in questo Parlamento non vi fosse più opposizione ed ha acquisito come diritto il fatto che essa fosse in alcuni casi debole, non adeguata al livello dello scontro che si svolge in Parlamento e nel paese.
Il fatto che l'opposizione abbia ritrovato grinta, capacità e determinazione per opporsi agli scellerati provvedimenti governativi avrebbe dovuto consigliare i partiti della maggioranza ed il Governo a trovare con essa un modo diverso di discutere e di confrontarsi. Invece abbiamo dovuto ascoltare l'intervento del capogruppo della sinistra democratica: un intervento carico di odio, di intolleranza e di faziosità. Sta riemergendo l'anima peggiore del comunismo italiano; sta riemergendo in queste ore ed in questi giorni una sinistra che è intollerante nel suo DNA. Non si tratta di una scelta tattica del momento: la sinistra non ammette l'opposizione, e quando essa c'è, anziché ritrovare le ragioni della governabilità del paese, cerca di mobilitare all'esterno un odio contro la stessa.
Ecco perché io credo che i partiti del Polo non si debbano limitare alla opposizione nei palazzi, alla Camera e al Senato, ma debbano portare lo sdegno verso il Governo e la sinistra all'esterno, nelle piazze, nelle fabbriche e nelle scuole, affinché si capisca che in Italia non è in gioco soltanto la sopravvivenza di alcune aziende, che verranno messe in ginocchio dalla scellerata politica fiscale di questo Governo, ma la libertà stessa.
Queste non sono parole retoriche o imputabili all'enfasi del dibattito parlamentare. Basta leggere i titoli dei giornali, basta ascoltare i resoconti delle radio, basta guardare i resoconti parlamentari mandati in onda dalla televisione di Stato per rendersi conto che la sinistra si sta preparando ad una ulteriore strozzatura della libertà.
Basta vedere l'atteggiamento che tiene in aula il Presidente Violante, il quale è ormai al servizio di un disegno preciso: ridurre gli spazi dell'opposizione. Io credo che per il Parlamento vi sia, tra le tante, l'emergenza Violante, il quale conduce i lavori dell'Assemblea e regola i rapporti tra i partiti come se si trovasse in un Parlamento comunista, come se presiedesse un Parlamento dove la ragione del partito-Stato è superiore alle ragioni dei cittadini.
Tra i provvedimenti che vengono adottati vi è un aumento dell'IVA dal 16 al 20 per cento per le attrezzature per la ricerca scientifica omologate dal Ministero della sanità. I cittadini non lo sanno, non ne sono informati perché la sinistra cerca di non far capire quali sono gli aumenti che ha introdotto e che si sta preparando ad introdurre nei prossimi mesi per mettere in ginocchio categorie che potenzialmente rappresentano un elettorato non conforme ai suoi disegni.
Nel nostro paese si cerca di piegare la ripresa economica delle piccole e medie imprese, dell'artigianato e del piccolo commercio. Questa sinistra ormai si è consegnata alle grandi famiglie, alle lobby affaristiche, al grande capitale. Si aumenta l'IVA per chi è impegnato nella produzione delle piccole imprese, ma ci si inginocchia davanti alla FIAT, alla quale si regalano la rottamazione e i sudori dei lavoratori con la cassa integrazione. Si è in ginocchio davanti alla FIAT perché essa, tra l'altro, regala giornali faziosi come La Stampa, che riporta resoconti faziosi sui lavori parlamentari, giornali come quelli romani, legati alle grandi imprese degli appalti edilizi, che ormai hanno incoronato la classe politica di sinistra perché regala loro i soldi della legge n.167 tramite la lega delle cooperative. È un modo di costruire ignobile: si costruiscono tipologie edilizie intensive con i soldi dello Stato! E il cittadino che invece la casa se la costruisce, se
la suda, se la paga viene messo in ginocchio da tasse odiose, a cominciare dall'ICI!
Mi auguro che i partiti del Polo durante l'esame della finanziaria portino avanti una durissima battaglia, come quella che stiamo conducendo contro gli aumenti dell'IVA, per togliere le tasse sulla prima casa, che non produce reddito. Non è demagogia, questa, perché per rimettere in moto il mercato dell'edilizia non c'è bisogno di finanziare la lega delle cooperative. Basta defiscalizzare la prima casa, perché essa rappresenta un bene sociale, di sicurezza, che non produce reddito.
Ecco perché è necessario che l'opposizione in Parlamento rafforzi la determinazione della contrapposizione, per recuperare il diritto di comunicare ai cittadini la realtà di un Parlamento che oggi rischia di essere soffocato dai partiti della sinistra, dai partiti del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sospiri. Ne ha facoltà.
Parli pure, onorevole Sospiri.
ha alcuna logica! Onorevole Sospiri, svolga il suo intervento: il suo tempo è iniziato.
Ormai ci avviamo, sia pure molto lentamente (e speriamo sempre più lentamente) verso l'epilogo di una vicenda parlamentare non esaltante per questa maggioranza e per questo Governo. Al di là delle interpretazioni diverse circa la data e l'ora di scadenza del decreto-legge in esame, credo che tutti, indistintamente, dobbiamo riconoscere che ciò che è accaduto negli ultimi giorni in quest'aula ha pochissimi precedenti.
Sono deputato da sei legislature e non ricordo nulla di simile, neppure rispetto alla conduzione dei lavori dell'Assemblea con riferimento all'atteggiamento che lei, Presidente, ha assunto poc'anzi. Voglio subito rivolgere un sentito ringraziamento all'onorevole Mussi che, dalla lettura delle bozze non corrette degli interventi sin qui svolti, risulta il più citato, il più stigmatizzato.
Mussi è stato il più colpevolizzato; io invece ritengo che egli abbia offerto grandi possibilità all'opposizione. Con quella sua presunzione, con quella sua arroganza, con quel suo modo di fare, con quei suoi atteggiamenti, con quelle sue pretese ha letteralmente «impaludato» la maggioranza ed il Governo!
La manovra di bilancio soffre, molti decreti sono pendenti e si avviano verso la scadenza; il Comitato dei trenta annaspa. Tutto questo lo si deve all'indiscutibile intelligenza e alla lungimiranza del capogruppo del partito democratico della sinistra, il quale peraltro ha soltanto fatto da capofila rispetto agli atteggiamenti che sono stati assunti anche da altri deputati del centro-sinistra. Mi chiedo come sia possibile tollerare che prima si chieda il voto di fiducia, poi si chieda la seduta notturna e infine si deliberi la seduta fiume, e, una volta colti questi obiettivi, si diserti letteralmente l'aula.
La maggioranza si sottrae al confronto con l'opposizione, fugge, tace, non vuole ragionare, impone decisioni - questo sì - che offendono la democrazia, quella della quale spesso parla ma a sproposito. Deve essere chiaro che se l'opposizione ha trasformato il suo impegno in battaglia ostruzionistica questa responsabilità va unicamente ascritta ai tentativi di prevaricazione posti in essere dalla maggioranza, la quale, peraltro, quanto più è debole, tanto più cerca di essere prepotente.
Tutto questo, onorevole Presidente, non è certamente in linea, non ha nulla a che fare, potrei aggiungere, con quel paese «normale» che le sinistre dicevano di voler costruire in caso di vittoria alle ultime elezioni politiche. Ricordiamo tutti il segretario della quercia lanciare il messaggio «vogliamo un paese normale». A noi non sembra proprio che, nel momento in cui si procede come si sta procedendo, si possa parlare di un paese normale, di un Parlamento normale e di una democrazia sana.
Noi, comunque, abbiamo compiuto e continuiamo a compiere il nostro dovere, credo di poter dire con qualche risultato.
Infatti, grazie al nostro impegno almeno gli italiani sapranno che questo Governo li sta rapinando di altri 6-7 mila miliardi. Se non ci fosse stata la nostra battaglia, ora divenuta ostruzionistica, queste misure sarebbero passate nel silenzio. Altro che provvedimento di razionalizzazione! Le aliquote IVA sono troppe, bisogna ridurle, bisogna accorparle, bisogna semplificare. Ma è uno strano modo di accorpare, di ridurre e di semplificare, considerato che questo intervento peserà sulle spalle del contribuente italiano per altri 6-7 mila miliardi. Diciamo la verità, è un imbroglio, è l'ennesimo imbroglio. Come l'IRAP, che dovrebbe sostituire altre imposte...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.
Quando torno nel mio collegio le persone che incontro mi chiedono dov'è l'opposizione, come mai non si sente la sua voce sui giornali, alle TV; quasi dubitano che l'opposizione esista. Quando sono in quest'aula sento e vivo invece in prima persona che l'opposizione esiste nonostante il tentativo della maggioranza di coartarla fino a sopprimerla. È pazzesco ed è anche doloroso per chi crede nei valori della democrazia constatare che a voi della maggioranza gli strumenti democratici sono serviti per insediarvi al Governo e per alterare dall'interno, con tracotanza, le regole democratiche. Tracotanza che questo Governo manifesta ogni qualvolta, di fronte alla sua evidente incapacità di governare, pretende di addebitare - e rappresentare al paese - la responsabilità all'opposizione. Tracotanza che si manifesta quando, come nel caso di specie, dopo aver provveduto con decreto-legge ad un collegato alla finanziaria e non averne neppure saputo preventivare i tempi, si pretende di far tacere l'opposizione con sedute notturne come quella in corso. Ebbene, noi siamo qui comunque, alle quattro di mattina, a manifestare il nostro voto contrario su un provvedimento
che indebolirà ulteriormente la nostra economia e creerà ulteriore disoccupazione.
Ci avete detto che questo provvedimento è indispensabile per entrare in Europa. Noi siamo qui a dirvi che vogliamo portare in Europa un paese vitale e competitivo mentre voi volete portare un cadavere. Il provvedimento in esame è contrario allo sviluppo in quanto l'aumento dell'IVA determinerà aumento dei costi e quindi contrazione dei consumi e conseguente recessione. Noi crediamo che solo dallo sviluppo si crei occupazione e benessere; voi state invece operando solo aumenti delle tasse. Così facendo distruggete l'economia ed impoverite le famiglie.
Voi state portando l'Italia in Europa con meri artifizi contabili e fingete di dimenticare che dopo occorrerà restarvi e che quindi servirà un'economia competitiva. Che cosa farete dopo per far restare l'Italia in Europa? Aumenterete ancora le tasse? Ma fino a quando pensate che il popolo italiano possa sopportare aumenti di tasse?
Ho già detto, intervenendo su questo provvedimento, come questo Governo abbia manifestato totale indifferenza, anzi peggio, volontà distruttiva nei confronti dell'agricoltura, che subirà l'aumento reale dell'11 per cento dell'IVA sul vino e l'ulteriore vessazione dell'IRAP. Voi avete dimostrato indifferenza verso questo mondo, dimenticando fra l'altro che i valori della ruralità sono i valori del dovere, della famiglia, della difesa del territorio in cui si vive e si opera. Avete dimostrato di ignorare o, peggio, di disattendere tutti questi valori, dei quali troppe volte avete detto di essere strenui tutori. In realtà voi non difendete questo mondo, voi difendete il grande capitale automobilistico, al quale avete regalato il provvedimento sulla rottamazione, e pretendete di dire che analogo provvedimento adotterete a favore dell'agricoltura.
Ma qualcuno di voi della maggioranza conosce il prezzo di un trattore? Sa qualcuno di voi che per acquistare un trattore chi lavora in agricoltura deve chiedere prestiti? No, non lo sa, oppure, sapendolo, ne è indifferente. Come potrebbe infatti, se fosse interessato al problema, introdurre l'IRAP e con essa l'indeducibilità degli interessi da corrispondere alle banche per l'acquisto dei beni strumentali? Come potrebbe pensare che la soluzione ai problemi dell'occupazione si ottenga con le 35 ore? Conosce qualcuno della maggioranza l'orario di lavoro che deve osservare chi opera in agricoltura (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)? Cosa fa questo Governo in sede europea? Sta scadendo l'esaennio con il 2000, quando andremo a riprogettare quanto l'Italia riuscirà ad ottenere dall'Europa come trasferimenti. Non una parola viene spesa sullo sviluppo rurale (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)! E noi abbiamo visto che la logica della perimetrazione delle aree di crisi nulla ha portato in Italia. È incapacità del ministro Pinto o incapacità di tutto quanto questo Governo? E qui stiamo parlando di una cosa che deve ancora venire. Indifferenza per l'agricoltura ma anche incapacità di progettare lo sviluppo rurale, che consentirebbe di trarre dall'Europa delle risorse sotto forma di trasferimenti.
Allora, continueremo a dirvi queste cose, continueremo a farlo nelle ore notturne, con i tempi che voi ci imponete. Continueremo a dire al paese che predicate in un modo e praticate in quello esattamente opposto. Ed è per questi motivi che ribadisco il nostro voto contrario su questo vostro provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
porre la fiducia su questo provvedimento, per quanto ci riguarda, vessatorio per i cittadini e l'economia portante del nostro paese, è - cito testualmente - un «dovere nei confronti del paese» e ha avuto la faccia tosta di aggiungere che è un provvedimento utile all'Italia. La mia domanda è: considera forse il Presidente che l'Italia si riduca soltanto agli uffici contabili del Tesoro e delle finanze?
Una fiducia ogni dodici giorni non mi sembra una maniera corretta di governare. Una fiducia ogni dodici giorni indebolisce ancora di più un Governo che non riesce a praticare ciò che dichiara, che non riesce a portare avanti una politica chiara, trasparente, leale, democratica nei confronti dei suoi cittadini. Una fiducia ogni dodici giorni impedisce ai rappresentanti dei cittadini di esercitare il proprio ruolo di tutela e di stimolo, quello stesso stimolo che, attraverso i giornali controllati dalla maggioranza, tanto dice di auspicare la coalizione di sinistra. Titoli dei giornali di pochi giorni fa, nei cui articoli si rimpiangeva la destra che non c'era, in un atto di lutto che assumeva toni di grande commozione.
Governare a colpi di fiducia, cari signori del Governo, vi sta conducendo alla sfiducia. Un'autodichiarazione di sfiducia vera e propria, visto che non siete in grado di far fronte ad un dibattito aperto, trasparente, leale, democratico con l'opposizione; una sfiducia di chi tra i cittadini aveva osato - e con quale coraggio! - affidarsi a voi.
Il Presidente Prodi ha anche dichiarato, con espressione contrita, da «tenerone» serio, che se questo provvedimento non viene approvato l'entrata dell'Italia nell'euro - anzi, ha detto molto scorrettamente che l'Italia non è in Europa ed è un'espressione scorretta - è a rischio. Un po' di serietà, chiediamo! Gli italiani non sono stupidi e ormai sono stati costretti ad imparare a fare i conti. Hanno dovuto fare sacrifici enormi che in soldoni, per i conti di questo Governo, si sono tradotti in centinaia di migliaia di miliardi, molti dei quali mettendo mano ai propri risparmi, ai propri miseri guadagni, ai soldi che non entrano in cassa e neanche in casa. I 5.000 miliardi in più di IVA previsti in questo provvedimento sono una sciocchezza per i conti richiesti dai parametri di Maastricht e quindi tutti si chiedono che significato abbia tutto ciò. Forse i giochini contabili non hanno dato i risultati desiderati? O forse i calcoli sono stati completamente sbagliati, come quello della previsione di crescita? O forse nell'Unione europea qualcuno sta scoprendo il trucco che non si vede?
È ora di smetterla di abusare dell'Europa e del suo importante significato, del suo progetto. È ora di smetterla di confondere le idee ai cittadini. È veramente giunta l'ora di smettere di fare di tutto per perdere immagine e credibilità in seno all'Unione europea e quindi forza contrattuale, correndo in Francia a parlare di 35 ore, per tenere in piedi una coalizione di maggioranza che tale non è, e poi appellarsi alla flessibilità o ricevere - come oggi, come ieri, scusate - il primo ministro olandese a Bologna, perché illustri il modello del suo paese, che è lungi dall'essere sulla via delle 35 ore né dall'assomigliare a concetti antiliberali, costrizionistici o vessatori. L'Europa è una cosa seria, così come serio è il compito che questo Governo si è assunto, quello di governare gli italiani.
Il Presidente Prodi aveva detto in campagna elettorale che non avrebbe aumentato la pressione fiscale, ma noi abbiamo sempre saputo che è un bugiardo. D'altronde, rivendichiamo i diritti d'autore di «Prodi-Pinocchio».
Il Presidente Prodi e i suoi ministri declamano la diminuzione dell'inflazione. Già, l'inflazione si è stabilizzata, ma per una crescita vergognosa e ben al di sotto delle aspettative, persino del Governo. E non è colpa degli italiani: la realtà è che nessuno spende più. Mancano i soldi e mancano i posti di lavoro. C'è paura, c'è tristezza e squallore tra i cittadini. C'è sfiducia e sapete bene, signori del Governo, quanto grave sia per un paese perdere la fiducia.
In tutto questo quadro, cosa fa il Governo? Aumenta dalla sera alla mattina
l'IVA. Tratta i cittadini da ignoranti, con frasi assurde, macchiando l'Europa di colpe che non ha, che sono vostre, signori del Governo. Sembra che non abbiate mai imparato a fare i conti e siete dei pessimi veggenti, oltre tutto, visto che vi affidate alle supposizioni. Ed è chiaro che non avete mai avuto il coraggio di affrontare con determinazione e chiarezza la riforma della pubblica amministrazione, che porterebbe ad un risparmio di spesa enorme e ormai indispensabile. Un risparmio che offrirebbe all'Italia l'unica vera grande possibilità di uscire dal pantano, quel pantano che oggi si sta trasformando in sabbie mobili.
Aumentate l'IVA e pretendete che il governatore Fazio, che qualche conticino lo sa fare, abbassi i tassi, nonostante il sicuro aumento dell'inflazione che il vostro provvedimento comporterà.
E poi un Governo di sinistra - di una sinistra che tanto si picca di essere portatrice di cultura, «della» cultura -, difensore dei beni culturali, che impone senza scrupoli in questo provvedimento un paragone, anzi una similitudine, tra scarpe e dischi, CD, videocassette e quant'altro attenga all'ordinamento dei diritti d'autore. Certo, in questo caso la sinistra, con la sua maggioranza, ha dimostrato coraggio con quell'indegno aumento dell'IVA su questi prodotti del 25 per cento! O forse anche qui possiamo parlare di faccia tosta? Vi è stato chiesto un impegno, che avete accolto, per una diminuzione che arrivi al 5 per cento, in Europa ed in Italia, sui prodotti che ho sopracitato. Ma intanto cosa faranno i nostri autori? Cosa ne sarà dei nostri beni culturali? E fino a quando dovranno scivolare gli autori nel precipizio senza possibilità di fermarsi? Volete forse costringerli a toccare il fondo?
Per tutte queste ragioni, signor Presidente, e per molte altre, comuni a tutti noi dell'opposizione, e che in dieci minuti, purtroppo, non possono essere citate al completo, con convinzione davvero profonda annuncio il mio voto contrario al provvedimento in questione (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
In applicazione delle norme del Regolamento, il Presidente dà la parola, dirige e modera la discussione, mantiene l'ordine, pone le questioni, stabilisce l'ordine delle votazioni, chiarisce il significato del voto e ne annunzia il risultato».
In quest'articolo, esattamente nei commi 1 e 2, non vi è scritto che il Presidente debba masticare la gomma americana. Quindi la pregherei di non masticare la gomma americana. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fragalà. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, è questo il motivo che ha determinato 300 deputati di quest'aula (ed io sono appena l'ottantasettesimo) a gridare e a rappresentare la volontà degli italiani dinnanzi al decreto che scandalosamente aumenta le aliquote dell'IVA e viene in modo truffaldino contrabbandato come decreto per il riordino delle aliquote dell'IVA. Intendiamo rappresentare in quest'aula quegli italiani che non hanno ritenuto e non riterranno mai di saltare sul carro dei vincitori, di fare quell'operazione trasformistica, di cui lei, signor Presidente, è un intenditore, che ha consentito in questi mesi di vedere e di assistere nel Parlamento e nel paese al tentativo di soffocare la voce dell'opposizione, cioè di soffocare la voce di quegli italiani che intendono costruire una società non soltanto libera ma anche liberale sul piano economico. Una società in cui al posto di aumentare una pressione fiscale ormai insopportabile, si pensi finalmente a tagliare quei privilegi che hanno costruito, per quarant'anni, le clientele ed hanno nutrito, a Palermo come a Roma, quel sistema assistenzialistico, quel sistema che doveva consentire al regime della prima Repubblica di non morire mai perché si riteneva che la maggioranza degli italiani potessero essere arruolati come clienti o la maggioranza dei parlamentari potessero essere costretti con il bavaglio a non far sentire la propria voce, ma soprattutto a non far sentire la voce degli italiani liberi.
Ebbene, noi gridiamo la nostra opposizione contro il sistema sovietico di conduzione dei lavori di quest'Assemblea, che ha tentato in ogni modo di impedire che l'opposizione desse voce dentro al Parlamento a quella che è ormai una protesta dilagante in tutto il paese e che ieri ha portato gli allevatori e i coltivatori della zona di Vicenza ad esprimere il massimo dell'indignazione contro un Governo della sinistra che si è saputo esprimere soltanto attraverso i manganelli e delle azioni di intimidazione (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia); ciò è avvenuto addirittura nei confronti dei bambini, dei minori, delle donne che erano accampate in quel campo di protesta soltanto per assistere, sul piano del vettovagliamento, coloro che protestavano contro un'ulteriore operazione incredibile, del Governo delle sinistre, del Governo della fame, del Governo delle tasse, per strangolare a Vicenza quei coltivatori e quegli allevatori, e a Palermo e in Sicilia il comparto del commercio, il comparto dei servizi.
Con l'aumento delle aliquote dell'IVA in settori importanti come quelli dell'abbigliamento, delle calzature e dell'edilizia, si vuole trasformare il nostro in un paese di stampo sovietico.
Un paese in cui la libera iniziativa, la libera intrapresa, le piccole aziende e le medie imprese sono costrette alla fine a
chiudere, perché è tale e tanta l'entità della pressione fiscale finalizzata a mantenere quei privilegi di cui parlavo poco fa che non si riesce a lavorare.
Allora, signor Presidente, per fortuna la maggioranza degli italiani non vuole saltare sul carro dei vincitori e per fortuna la gran parte dei parlamentari dell'opposizione, e credo anche una parte di quelli della maggioranza, non potranno essere ogni volta imbavagliati con il sistema della questione di fiducia che viene posta per impedire che vengano votati gli emendamenti migliorativi dell'opposizione. Si viene poi costretti nei propri collegi uninominali o nelle proprie zone di rappresentanza a spiegare agli elettori, ai coltivatori, agli agricoltori, agli imprenditori, ai professionisti e ai lavoratori autonomi per quale ragione non si sia ritenuto, per ordini di scuderia o di partito, di evitare che una ulteriore manovra fiscale strangolasse l'economia e la peggiorasse rendendola asfittica.
È scandaloso, signor Presidente, onorevoli colleghi, che il Governo per bocca del Presidente del Consiglio e degli esponenti della maggioranza abbia tentato di formulare un ricatto, dicendo che si interrompeva il cammino verso l'Europa e che l'esercizio dei diritti dell'opposizione avrebbe potuto arrestare tale cammino (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia - Congratulazioni).
Vorrei dire che la nostra posizione questa notte, come quella tenuta nelle notti precedenti, è certamente frutto di una volontà ostruzionistica, ma non di una volontà di chiusura indiscriminata e generalizzata nei confronti del Governo. La verità è che questo decreto a noi non piace non solo e non tanto perché lo avete scritto voi, anche se questo aiuta, ma perché lo consideriamo una vera e propria iattura per il sistema produttivo italiano, che a chiacchiere tutti vogliono difendere, mentre alla resa dei conti non tutti fanno seguire dei fatti concludenti alle chiacchiere sbandierate nella campagna elettorale, nei proclami sui giornali e nelle riunioni, che prima vengono annunciate in pompa magna e che poi vengono vieppiù ridotte fino a diventare un confronto fra i direttivi dei gruppi che hanno beneficiato del sommo onore di vedere partecipare ad un incontro teoricamente riservato anche il Presidente del Consiglio.
La maggioranza quindi ha compiuto una spudorata operazione, e non mi riferisco certo all'arroganza del capogruppo del PDS, onorevole Mussi, ma a tutte quelle chiacchiere che evocano fantasmi di euroscettici, i fantasmi di chi non vuole andare in Europa. Insomma, si fa del terrorismo psicologico ai danni dell'elettorato italiano con la complicità, ma anche questo ci lascia quasi del tutto indifferenti, di giornali e di organi di stampa di giorno in giorno e di ora in ora sempre più compiacenti nei confronti dei nuovi potenti di questa Italia.
Possiamo anche arrivare a tollerare tutto ciò e, con uno sforzo morale ed umano, possiamo anche riuscire a comprenderlo, ma non possiamo accettare che ciò venga fatto a spese degli italiani, colpendo l'unico settore che ancora oggi può garantirci una possibilità di ripresa: quello della piccola e media impresa produttiva.
Questa maggioranza ci insegna come, da un punto di vista propagandistico, sia fondamentale essere addirittura opposizione a se stessa; ma anche questo è un film già visto e che comincia a diventare ripetitivo. Ricordo che, quando ci fu la manifestazione dei sindacati - chiedo scusa per l'inciso - contro il Governo, fra gli augusti partecipanti ci fu anche il segretario generale del PDS, onorevole D'Alema. Ricordo altresì che questa è una maggioranza che fa caricare gli allevatori
dalla polizia. Ebbene, credo che nessuno di noi, neanche per un attimo, abbia pensato di doversela prendere con qualche questore eccessivamente zelante o rampante, ma abbia subito capito, anche per la contestualità degli attacchi, che la regia non era stata fatta molto lontano da questo palazzo. Eppure oggi questa maggioranza riesce, guarda caso, sempre per bocca del segretario nazionale del PDS, onorevole D'Alema, a solidarizzare spudoratamente con gli allevatori e a denunciare i metodi repressivi della polizia.
Penso che la prossima volta l'onorevole D'Alema farà meglio a telefonare in via preventiva al compagno Napolitano, ricordandogli che non deve caricare gli allevatori e che, se non lo vuole fare per disciplina di Governo, non lo deve fare perlomeno per disciplina di partito. Ma questo non avviene, perché il vero nemico del Governo sta proprio in quel terziario, che non a caso l'esecutivo continua clamorosamente a bastonare.
La memoria molto spesso fa difetto in questi banchi, onorevoli colleghi, ma credo che nessuno di noi dimentichi le roboanti dichiarazioni del Presidente appena entrato in carica, Prodi, il quale, per la verità, aveva annunciato tutte queste cose con molta coerenza ed onestà. Era difficile coglierle, ma sono andato a rileggermi gli atti parlamentari di quei giorni e ho potuto vedere che, in mezzo allo sfavillio di strass, simili a diamanti, ma purtroppo solo strass, delle frasi propagandistiche pronunciate in quei giorni, tutte queste misure erano già state accennate. Prodi, infatti, aveva già parlato dell'IRAP addirittura durante la campagna elettorale; di ridiscutere l'assetto agricolo di questa nazione che, come tutti sanno, non è basato sulla grande proprietà, ma su quella piccola e media, Prodi aveva già parlato, anzi, per la verità, ne aveva parlato Pinto al posto di Prodi; così come aveva già parlato della famigerata e fantasiosa caccia all'evasore fiscale, che doveva essere necessariamente il barbiere di Napoli o il piccolo artigiano di Abbiategrasso e non invece qualche grosso industriale.
Tutto questo legiferare in materia fiscale altro non è, quindi, se non una logica conseguenza di una guerra dichiarata e ormai combattuta con una ferocia ed una spietatezza che solo la sinistra internazionale nel corso di questi quarantacinque anni ha insegnato al mondo intero. Si arriva addirittura all'apoteosi di questa guerra. Un Governo che non è nelle condizioni - e lo ha dichiarato più volte - di provvedere al rimborso IVA si permette di aumentare l'IVA stessa, andando incontro verosimilmente ad altri rimborsi che tra qualche anno non riuscirà a ripetere, il tutto per una volontà irremovibile di punire laddove si sarebbe dovuto sanare, di reprimere laddove invece si sarebbe dovuto lasciare le briglie sciolte, ovvero nell'unico comparto che è ancora nelle condizioni di crescere.
Sono orgoglioso di provenire da una regione come il Friuli Venezia-Giulia, che ha al suo interno - per ironia della sorte ora rientra nel mio collegio - il cosiddetto «triangolo della sedia». È un miracolo tutto italiano di 5.500 aziende che da sole producono il 75 per cento delle sedie nel mondo. Chiaramente, viste le ristrettezze del mercato italiano, si rivolgono tutte ad un mercato estero. Sono tutte aziende tarate sui quindici-venti dipendenti. Ebbene, ognuna di queste aziende di quindici-venti dipendenti vanta nei confronti del fisco italiano crediti che variano dai 750 milioni al miliardo e 200 milioni. Sono sei-sette-otto mesi, addirittura due anni che queste aziende aspettano che ciò che appartiene loro venga ad esse restituito. Ma l'opposizione capisce. L'opposizione non è nata per fare l'ostruzionismo e quindi ha proposto - nonostante non ne venga data notizia sulla stampa - soluzioni alternative.
Il Governo non può pagare, non dico «non vuole pagare»? Studiamo allora qualche altra forma, magari una forma di compensazione per cui tutti i crediti di imposta vengano defalcati dalle dichiarazioni. Neanche questo è stato possibile ottenere, signor sottosegretario, forse perché - mi consenta l'ardire - a questo Governo non interessa che le nostre imprese
crescano, ma interessa liquidità per millantare un credito che millanta all'interno per questioni propagandistiche e che vuole millantare anche all'esterno, facendo finta di essere nelle condizioni di far competere questa nostra sventurata Italia, ancorché adorabile, con colossi che hanno avuto la fortuna di non essere mai stati governati con tanta ottusità, come è successo a questa Italia da oltre cinquant'anni, con una brevissima parentesi - peraltro voluta a furor di popolo - e terminata per la mancanza di respiro e di capacità politica di pochi che sono tra quelli che oggi ci affiancano in questa doverosa battaglia contro l'aumento delle aliquote IVA.
Voi pensavate che di fronte all'ennesima dimostrazione di arroganza, che si chiama questione di fiducia, l'opposizione avrebbe dovuto tacere, avrebbe dovuto scodinzolare passiva dicendo magari: che scalogna, viva l'Italia? Altro che ricerca di un ruolo, come qualche arrogante Solone della maggioranza si è permesso di scrivere oggi sui giornali! L'opposizione non ha bisogno di vedersi riconoscere il ruolo con battaglie ostruzionistiche; l'opposizione ha un suo ruolo, ne è conscia e non ha sempre fatto ricorso all'ostruzionismo, sfido chiunque a dimostrare il contrario. Questa volta non c'era altra via perché l'esempio vivente e fulgido di questa maggioranza è l'onorevole Mussi ed esempio fulgido e vivente sono le innumerevoli questioni di fiducia poste che non hanno lasciato all'opposizione altra via che quella di lanciarsi in una disperata battaglia contro il tempo nel tentativo, ormai inevitabile, di far decadere questo decreto che inizialmente l'opposizione voleva solamente contribuire a modificare nelle parti più ingiuste e vergognose. Colleghi, ci avete costretti voi a questo, con la vostra incapacità di accettare il dialogo, di accettare il confronto, con la vostra incapacità di far seguire i fatti a roboanti dichiarazioni di apertura, di disponibilità. D'altro canto...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dell'Elce. Ne ha facoltà.
La nostra opposizione, che ha deluso chi l'aveva data per scomparsa, nasce da una constatazione precisa e preoccupata. Il Governo dell'Ulivo, che non sta portando il paese in Europa, che sta facendo pagare un prezzo carissimo per un risanamento che è soltanto apparente, che non trova nessuna corrispondenza nell'economia reale, che si basa su provvedimenti tampone, come il decreto sull'IVA che stiamo discutendo in quest'aula. Tutto questo forse - e dico «forse» - servirà per raggiungere sulla carta le condizioni per entrare nella moneta unica, che pagheremo a caro prezzo anche negli anni futuri.
Se non si è in grado (ed il Governo Prodi dimostra di non esserlo) di risolvere
i veri grandi nodi che gravano sul nostro sistema economico, se non si è in grado di proporre riforme strutturali, le tasse - IVA inclusa - non saranno soltanto inutili ma saranno anche dannose. Ottengono infatti il solo effetto di sottrarre risorse al risparmio e agli investimenti per trasferirle al sistema dei conti pubblici che continuano a divorare ricchezza. D'altra parte, un Governo che pretende di far convivere tecnocrati, come Ciampi e Dini, con un partito come quello di rifondazione comunista non può fare di più e di meglio.
Il fatto che oggi la grande stampa e molti autorevoli commentatori diano credito ai successi del Governo Prodi dimostra soltanto che conformismo e voglia di regime, tante volte denunciati, non sono frutto della nostra fantasia. Ogni italiano si rende conto tutti giorni quale sia la condizione dell'economia reale quando deve pagare le tasse, quando deve cercare un lavoro per i suoi figli, quando deve vendere - per le piccole aziende - beni e servizi a clienti che oggi, purtroppo grazie a questo Governo, non sono più in grado di pagare.
Un esempio di successo apparente di Prodi è proprio il livello dell'inflazione. Se quest'ultima si è ridotta perché i consumi sono strozzati, perché il denaro non circola, perché l'economia non funziona, il calo dell'inflazione non è un successo, è una sceneggiata. In questo contesto il Governo non trova di meglio che lanciare nuove imposte: oggi con l'aumento IVA, domani con l'IRAP, dopodomani con chissà quale altro balzello. Si colpiscono così le famiglie, chi crea ricchezza, chi crea lavoro; chi tenta di costruire qualcosa in Italia non viene premiato bensì punito dallo Stato.
Stiamo facendo dall'opposizione la nostra battaglia parlamentare per ottenere qualcosa di concreto. È del tutto evidente che questi provvedimenti aumentano l'area del sommerso, dell'elusione e dell'evasione. Esiste una soglia oltre la quale la pressione fiscale diventa intollerabile e rischia di non essere più sentita come lecita dai cittadini, anche perché lo Stato non si rende credibile quando deve dare, essendo invece molto rapace quando deve prendere.
Le vicende degli imprenditori alle prese con i rimborsi dell'IVA sono la migliore dimostrazione di quello che affermo. La nostra opposizione va contro una politica economica che va in un'altra direzione rispetto ai modelli europei. Per questo noi ci opponiamo ad un Governo che fa finta di operare risparmi ma non finge affatto di aumentare le imposte. Quando si parla di questi argomenti, si dimentica sullo sfondo un problema direttamente condizionato da questi provvedimenti, e cioè l'occupazione. In alcune aree del paese questa è una vera emergenza, perché questo paese sta bruciando un'intera generazione di giovani sull'altare di politiche economiche e sociali di conservazione acritica dell'esistente. L'occupazione non è una variabile indipendente dell'andamento economico del paese e, nonostante l'illusione della sinistra, non si risolve con politiche di sostegno che si traducono in sovvenzioni assistenziali che danno luogo a sprechi di risorse ai quali assistiamo ogni giorno e che ben conosciamo.
Per spezzare il circolo vizioso che fino ad oggi ha impedito di innestare un processo che favorisca la crescita del mercato, è necessario alleggerire il carico fiscale sulle attività produttive, per stimolare gli investimenti e quindi favorire la creazione di nuovi posti di lavoro. Si creerebbe così una nuova ricchezza, quindi un nuovo risparmio da destinare agli investimenti e nuovo gettito fiscale. Si dovrebbe quindi fare esattamente il contrario di quello che si ostina a proporre il Governo Prodi: l'aumento della pressione fiscale.
Esprimo queste preoccupazioni pensando al paese intero, ma anche alla regione che rappresento, l'Abruzzo, il cui tessuto produttivo è basato sulle piccole e medie aziende, sul terziario, sul turismo, che è stato un fattore di potente crescita della regione.
I provvedimenti che aumentano gli oneri fiscali colpiscono soprattutto questo
tipo di realtà produttiva e le piccole e medie aziende, che sono l'ossatura della nostra regione.
Mi sia qui consentito aggiungere che il 16 novembre gli abruzzesi chiamati alle urne hanno lanciato un segnale politico molto incoraggiante per il centro-destra e molto significativo per la sinistra che governa in quella regione grazie alle disavventure giudiziarie di precedenti amministratori, ingiustamente colpevolizzati e solo da pochi mesi affrancati dalla accuse loro mosse.
Parlo di sinistra o non di centro-sinistra, come la maggioranza ama definirsi, perché in Abruzzo, come in campo nazionale, le componenti del centro moderato, cattoliche e laiche che hanno partecipato all'Ulivo dimostrano di non essere in grado di condizionare i comportamenti e le scelte del Governo.
Richiamo a questo proposito i malumori per le frustrazioni dei popolari sul provvedimento che riguarda l'IRAP. Il Governo, che è chiamato ad effettuare difficilissime scelte di risanamento economico, dipende dall'unica forza politica in Europa che continua a definirsi comunista. I risultati sono chiaramente visibili: si tenta un risanamento fittizio dei conti pubblici, soffocando i settori produttivi con una fiscalità eccessiva e punitiva, diretta conseguenza di una politica economica dirigista, centralista, punitiva verso il mercato, l'impresa e il lavoro.
Al risanamento fittizio ed alle operazioni di cosmesi contabile si accompagnano con puntualità svizzera interventi correttivi dei conti pubblici, gabellati come tappe di avvicinamento all'Europa, Europa che diventa sempre più occasione per l'ennesimo balzello piuttosto che essere una grande opportunità storica del nostro continente, del nostro paese. L'appuntamento con l'Europa non è solo la capacità di trovare espedienti contabili per mettersi in linea con i parametri di Maastricht, è anche la capacità di rimanerci nel prosieguo, quando i nodi verranno al pettine.
In realtà, mancare l'obiettivo del risanamento o realizzarlo fittiziamente non è grave solo per l'Europa, ma perché significa uscire da una realtà economica che avevamo sognato. Questo è esattamente ciò che sta avvenendo. Eppure, come era facile prevedere, il Governo Prodi - anche ma non solo per colpa di rifondazione comunista - non è in grado di operare queste scelte.
Per tutte queste ragioni e per la rabbia che ho portato in quest'aula anche da parte della mia regione, voterò, come altri colleghi, contro il questo provvedimento.
L'esecutivo usa la fiducia come una clava e il regolamento come una ghigliottina e strepita contromanifestando al Capranica invece di stare al Parlamento. Dico «strepita» perché l'opposizione non ha il buon gusto né l'accortezza di essere come la maggioranza la vorrebbe: molle e cedevole come la marmellata. La stessa maggioranza, che fino a ieri ha sostenuto di sentirsi zoppa, senza avversari che le stimolassero i muscoli democratici, dovrebbe oggi esser contenta e non ricorrere a tutti i mezzi per negare all'opposizione gli spazi che dovrebbero esserle propri, innanzitutto il Parlamento.
La verità vera, onorevoli colleghi, è che questo Governo, fra solidarietà annunciate e servizi negati, vuole introitare circa 5.000 miliardi aumentando la pressione fiscale e pretendendo di usare l'IVA come un torchio per la spremitura. Siamo tutti
sotto schiaffo, consumatori finali e famiglie; sono sotto schiaffo le imprese, quel tessuto diffuso di piccole e medie aziende che finora ha assorbito a fatica i molti colpi della congiuntura; è sotto schiaffo tutto il ceto medio produttivo e professionale; è sotto schiaffo tutta l'Italia produttiva che fra qualche giorno, fra eurotassa e acconti di varia natura, toccherà ancora con mano l'oppressione fiscale, che si aggiunge, in un vortice distruttivo, alla caduta degli investimenti in quasi tutti i settori.
Il mio pensiero va, cari colleghi, agli allevatori esasperati dai mancati rimborsi per le quote latte ed ai 500 mila agricoltori che in questo momento invadono le strade e le piazze di molte città italiane. Attento, onorevole Prodi: quello degli allevatori è il primo sintomo manifesto di un malessere generale. Attento, onorevole Prodi: non protesti contro il Polo, che fa quello che deve fare, che fa un'opposizione seria, costruttiva, leale con gli elettori e con il paese, un'opposizione che dice sempre le cose come stanno, per esempio - ed è vero, non è un elogio - che voi della maggioranza siete bravissimi ad occupare tutti i posti di potere: 1.936 nomine in 500 giorni (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). State scientificamente occupando tutto il paese.
L'opposizione, allo stesso tempo, prende atto che siete la negazione dello sviluppo e dell'economia, e allora che fa? Fa le notti in Parlamento nella speranza di suggerirvi qualche ricetta. Quale ricetta? Per cominciare, meno tasse sull'impresa, sul lavoro, sugli utili da reinvestire. Se non l'avete ancora capito, meno tasse significa meno evasione; meno evasione significano più introiti per l'erario (ad aliquote giuste corrispondono contribuenti onesti); meno tasse significano anche più investimenti e più investimenti significano una maggiore competitività della nostra economia; una maggiore competitività significa più sviluppo e più occupazione; più sviluppo e più occupazione, ad aliquote giuste, significano maggiori entrate per l'erario. Questo è successo dovunque è stata seguita questa ricetta, nell'Inghilterra della signora Thatcher e nell'America del Presidente Reagan.
Maggiori entrate per l'erario significano maggiori possibilità di cambiare in meglio lo Stato sociale, che dovrà essere più equo e più amico, che non si dovrà occupare solo degli 800 mila dipendenti pubblici o degli 800 mila dipendenti della grande e media impresa, che non possono naturalmente mai essere licenziati, ma che pensi pure in eguale misura ai quasi 9 milioni di dipendenti di piccole e piccolissime imprese che invece rischiano di perdere il lavoro, soprattutto se le stesse sono costrette a chiudere.
Che pensi a chi prende di pensione soltanto 400 mila lire al mese, che è spesso l'unico introito della famiglia! Ma come si fa a vivere con 400 mila lire al mese? Il Governo, chiaramente, non può aumentare queste pensioni. Nega lo sviluppo, non fa le riforme; anzi, accetta i diktat di Bertinotti, prevedendo di abbassare a 35 ore l'orario di lavoro a parità di stipendio e di salario. Tutto questo che il Governo sta proponendo è un vero suicidio economico! Il conto, onorevoli colleghi, arriverà per tutti e quando questo accadrà non ci sarà possibilità di cambiare la situazione, anche quando si parlerà di quella solidarietà di cui questi signori della maggioranza si riempiono la bocca. La solidarietà vera, signori della maggioranza, si ottiene con più risorse. Questa è la ricetta di tutte le democrazie, di tutti gli Stati che vanno bene, che hanno molta meno disoccupazione di noi e che sviluppano il loro reddito nazionale tre volte il nostro: l'Inghilterra, ad esempio, ha uno sviluppo del 3,2 per cento. Nel 1996 noi ci siamo sviluppati dello 0,7 per cento; quest'anno non credo che raggiungeremo l'1 per cento.
Ricordo a questo Governo e a questa maggioranza che, quando il prodotto nazionale del paese si sviluppa sotto il 2 per cento, si perdono inesorabilmente posti di lavoro. Anche quest'anno, quindi, perderemo posti di lavoro!
Signori del Governo, non raccontate ai cittadini ciò che non corrisponde al vero.
Signori del Governo, sospendete questo «Aventino» alla rovescia e abbandonate il «Capranica», luogo notoriamente di spettacolo, e tornate in Parlamento.
Signori della maggioranza, non entrate ed uscite dal Parlamento come si entra e si esce dalla porta di servizio.
Signori della maggioranza, abbiate rispetto per questa alta istituzione.
Signori della maggioranza, non fateci pensare che questo sia un brutto segno di regime (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Vede, Presidente, la psicotronica è un'arte, paradossalmente tutta teorica, di ideare e simulare il «ciò che è» o, meglio, «ciò che sembra essere», paragonandolo costantemente ad un modello teorico del «dover essere» che, fortunatamente (ed insisto su questo termine), è solo ideale. Solitamente è un lavoro silenzioso, anche perché è un'arte particolare che incute appunto particolare rispetto da parte degli adepti.
Ecco perché questa notte sono un po' imbarazzato; ma lo sono anche per un altro motivo, magari assai ingenuo. Tra le varie cose che non ho studiato a fondo vi è il diritto costituzionale; quindi, il poco che so su questo tema, tuttora lo affido ad un ricordo non confuso ma certamente non esaustivo che mi deriva dalla educazione civica e da alcune letture di illuministi o preilluministi, e di alcuni altri. Però, anche se è passato molto tempo da allora, ricordo che la famosa distinzione dei ruoli e dei poteri mi ha sempre indotto la domanda sulla natura delle differenze sostanziali, al di là delle definizioni. Tanto per farle un esempio, così ci si capisce subito, io ho sempre pensato che fosse il Parlamento ad elaborare le leggi, soprattutto quelle di entrata e di spesa, stabilendone i criteri e che fosse poi compito del Governo indicare i modi ed i tempi della realizzazione, sullo spazio su cui insiste l'idea di Stato.
E tutto questo, in una visione strategica globale, quindi onnicomprensiva del futuro di una nazione, sotto la tutela della Costituzione che, per quanto stantia, è ancora quanto di meglio abbiamo, sotto la tutela della dottrina sociale della Chiesa, sotto la tutela di principi universali degni delle migliori democrazie, principi quali la libertà, l'uguaglianza, la fratellanza, l'equità e la tolleranza (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Il problema che mi sono sempre posto è stato quello di come poter realizzare un progetto che guarda avanti, non eliminando e neanche sottovalutando il fatto della necessità della gestione del potere, ma dando ad essa il vero significato di servizio. Il servizio che la classe politica e la burocrazia devono alla società civile che li ingloba e da cui essi derivano e che è la vera detentrice della sovranità. La società civile: il popolo, insomma; la gente comune e - perché no? - l'uomo qualunque.
Quando si cerca di ideare un sistema nervoso artificiale si cerca di copiare dalla natura e quindi dalla gente comune, che non rappresenta l'idealità ma la norma. Allora, per esempio, si scopre che la negazione di un concetto non è solo il concetto negato, ma anche l'insieme di tutti gli altri. Per esempio, l'opposto del concetto dell'atto di votare non è solo il concetto dell'atto di non votare, ma anche, per esempio, il concetto dell'atto di andare al mare; ed allora, il concetto di non votare ne diventa solo una conseguenza. Come a dire che, ad una tesi non corrisponde una sola antitesi ma un insieme, si spera numerabile, di antitesi.
E quindi, quante sintesi abbiamo?
Ecco, per esempio, la gente comune ci insegna questo; e mi dispiace per il materialismo storico e per quello dialettico, ma è così!
E noi che siamo qui riuniti numerosi (si fa per dire!) e che dovremo portare avanti le istanze del popolo, ci troviamo invece a giocare con un veteromarxismo falsato alla base, non veritiero ed incapace, con il politichese ed il burocratichese e con le piccole bugie di un Governo - ahimé - nano, ma con il delirio di onnipotenza; un Governo che vive di alta finanza, di salotti, di giornali, di schiere di sindacalisti, di intellettuali e di opinionisti pronti comunque a calpestare il popolo in nome di ideali che fortunatamente almeno i robot - quelli che conosco io - non sono in grado di capire. I robot infatti sono ancora puri.
Insomma, è stato generato un sistema organizzato e coercitivo sul popolo, non solo su quello che lavora e che produce, ma su tutto: e questo sì che è grave! Un sistema basato sugli atti e sulle opinioni. Un sistema unidirezionato progressivo ed umiliante per gli spiriti nati liberi. Un sistema che alimenta l'odio di classe.
Ma perché chiamarle ancora classi? Questo termine è arcaico e riduttivo. Lo è anche perché pure i corpi dello Stato si stanno combattendo fra loro. Si tratta di un sistema che solo a parole ha rispetto del passato, l'anziano nel nostro presente, che solo a parole ha fiducia nel futuro, il giovane nel nostro presente, ma che nei fatti, nel presente, infanga fiscalmente ed in generale legislativamente, i diritti primi del popolo come la sanità, l'educazione e la sopravvivenza; ma soprattutto lo infanga in quello fondamentale che è il diritto alla felicità, con metodi ridicolmente dirigisti di infausta memoria, un sistema che ha trasformato uno Stato da entità astratta ad entità biologica, un sistema che alimenta l'istinto di sopravvivenza dei più forti. Marx a letto con Darwin: quale dolce connubio di fantascienza e di fantapolitica.
Io qui non vedo statisti, vedo politologi, vedo persone oneste, magari molte anche in buona fede, vedo buone intenzioni, ma non riesco a vedere futuro. E soprattutto, in queste condizioni di estrema difficoltà interpretativa, non riesco a vedere il nostro popolo in cammino.
E c'è ancora un'altra cosa. Vede, signor Presidente, la scienza ci ha insegnato che un sistema, cioè un insieme strutturato e quindi organizzato, può essere distrutto solo in due modi: o dall'esterno, ma rigorosamente dall'esterno, quindi senza alcun legame seppur remoto, o dall'interno. Le allora brigate rosse non ci sono riuscite, perché si erano sì poste all'esterno, ma di legami all'interno ne avevano e non erano neanche remoti. Diciamo che qualche terminale interno di quei legami c'è ancora, e magari anche ben posizionato. Ma l'esterno autentico è pericoloso, perché il vivere isolati porta inevitabilmente a costruirsi idealità avulse dalla società. Rimane l'interno, a mo' di cancro.
L'opposizione è tuttora ben radicata nell'interno del sistema e quindi dà molto fastidio. Da fastidio anche se non parla ma chiede solo che vengano seguite le regole. Dà fastidio se parla, e da allora la maggioranza vuole andare a piangere fuori ovvero cerca di barare, vedi i «pianisti» sul voto sugli ordini del giorno ed altre simpatiche quisquilie.
La maggioranza sa che non può asportarla chirurgicamente, anche se ci prova, vedi certa magistratura; allora ha pensato di costruire o di sfruttare anticorpi a fianco di quelle organizzazioni che ci supportano, vedi un mondo definito produttivo e certa informazione. Ma soprattutto creando un sistema antibiotico inserendo dappertutto uomini propri per gli anni presenti e futuri.
La prevenzione, la costituzione di un nuovo ordine, disordinatamente instabile. Ma se questo, al limite, è comprensibile, non sono giustificabili qualità negative quali la superbia, la supponenza, l'animata verbosità, l'arroganza, la preveggenza e il processo alle intenzioni come nel caso dell'ultimo ameno ricorso alla fiducia. Se assieme a tutte questa qualità e alla malcelata furbizia e alla distribuzione di privilegi ci fosse anche l'intelligenza
politica, direi che allora saremmo proprio vicini ad un comportamento individuale e collettivo che potrebbe sfiorare il codice penale.
Signor Presidente, io non per natura ma per mia cultura non sono solito andare spesso oltre i limiti che mi vengono fissati o che mi fisso. Per quanto è possibile, cioè, cerco di non barare, soprattutto nei soliloqui come questo. Desidero solo che l'Assemblea venga informata che, come ho votato a favore degli ordini del giorno dell'opposizione, mi opporrò anche alla manovra sull'IVA per tutti i motivi che le ho addotto e per molti altri che se avrà pazienza un'altra volta le esporrò.
Dicevo che stavo concludendo e mi mancava una sola parola, ed era la parola «debolezza». Stavo dicendo che questo Governo mostra ogni giorno di più la sua debolezza, perché è debole un Governo che ha bisogno continuamente di ricorrere allo strumento del decreto-legge e quindi dichiara di essere in emergenza permanente; è debole un Governo che, una volta emanati i propri decreti, non è in grado di farli convertire in legge, e quindi ha bisogno di ricorrere alla questione di fiducia per vederli convertiti. Anche questo vuol dire essere in emergenza permanente: qui non c'è più nulla di fisiologico, siamo alla patologia permanente.
È debole un Governo il cui Presidente del Consiglio ha fatto una campagna elettorale su e giù per l'Italia con un pullman, dicendo continuamente che mai avrebbe aumentato la pressione fiscale, e quando è stato nominato Presidente del Consiglio ha assunto un impegno formale. Qui non siamo di fronte soltanto ad un Pinocchio, siamo di fronte ad una persona che ha promesso sul suo onore e che ha disatteso questa parola d'onore.
È debole un Governo che ha bisogno continuo di ricorrere alle tasse e che si manifesta sempre di più come il Governo della disoccupazione, che non a caso è aumentata, e purtroppo anche della repressione, e questo forse i cittadini non se lo aspettavano, perché fa parte delle tante leggende il fatto che la sinistra sia di per sé più democratica, meno repressiva, anzi quella che solitamente ha combattuto contro la repressione. Io sono cresciuta sentendo parlare del ministro Scelba e del Governo Tambroni, e dei ragazzi con le magliette a strisce che scesero in piazza a Genova. Mi pare che abbiamo superato anche quei limiti. Questo Governo debolissimo ha bisogno di menare le mani per far vedere che esiste e per governare le piazze. Eppure, avevo l'impressione, cari colleghi della sinistra, che le piazze a voi piacessero moltissimo, soprattutto quando si trattava di riempire i pullman di poveri pensionati, di dar loro in mano quella che a Milano si chiama la schiscetta, cioè la merenda, di mandarli a protestare davanti a palazzo Chigi contro il Governo Berlusconi. Allora le piazze piacevano moltissimo, perché era molto utile riempirle contro il Governo avverso. Adesso, invece, c'è l'abitudine opposta: le piazze vanno riempite - e qui mi sembra di vedere un Governo peronista - di persone che devono manifestare a favore del Governo e osannare il suo leader.
Vorrei ricordare, visto che avete tanto manifestato contro la brevissima stagione del Governo Berlusconi, che il ministro dell'interno dell'epoca, onorevole Maroni, non ha mai mandato la sua polizia nelle piazze a picchiare nessuno. E quello a cui abbiamo assistito in questi giorni è qualcosa di più che scandaloso, è qualcosa di veramente preoccupante, perché in piazza sono andati dei lavoratori, ma poiché non sono iscritti alla CGIL-CISL-UIL, inquadrati in qualche fabbrica, allora non sono lavoratori, sono fascisti, sono persone da picchiare. Addirittura, un poliziotto è stato visto - ma forse più di uno - mentre puntava la pistola ed è stata picchiata una bambina. Tutto questo è legittimo.
Inoltre, i manifestanti subiscono l'offesa - perché è veramente offensivo - di sentire che l'onorevole D'Alema, leader del maggior partito che sostiene il Governo, afferma, ovviamente in un comizio elettorale (per chi ha fatto del togliattismo la propria ragione di vita le verità e i linguaggi sono sempre due, per cui in campagna elettorale si dice ciò che non si direbbe mai altrove e soprattutto quello che poi non si fa), che la polizia non doveva caricare. Ma allora, onorevole D'Alema, ci deve dire se toglie la fiducia al ministro dell'interno del Governo che sta sostenendo. Non sarà molto contento il ministro Napolitano di leggere le dichiarazioni dell'onorevole D'Alema, che naturalmente i giornali lacchè del regime hanno piazzato già a nove colonne.
Dicevo che è un Governo debole, perché ha bisogno di menare le mani per governare le sue piazze, un Governo che non sa affrontare la conflittualità sociale. Eppure, ricordo di aver studiato che la conflittualità sociale è il sale della democrazia, che non esiste società libera, che non esiste società liberale, non esiste società democratica che non abbia al suo interno la conflittualità. Soltanto le società totali, quindi quelle dei paesi totalitari o anche non totalitari ma di qualche regione rossa, comprendono nel proprio ventre anche la conflittualità.
Questo Governo è debole perché non tollera neppure che le minoranze diventino opposizione. Per questo Governo, per questa maggioranza, le minoranze sono minoranze e non opposizione, mentre tutti comprendono che i due concetti sono molto diversi. Quindi, dà fastidio anche quello che stiamo compiendo in quest'aula. Infatti, aleggia insofferenza, nervosismo, e troppo spesso vi è una conduzione autoritaria dell'Assemblea e ciò non è tollerabile. Ovviamente, chi è aduso allo sberleffo, al sarcasmo perché non ha l'intelligenza di usare l'ironia - anche qui i due concetti sono molto diversi - ci ha irriso fino all'altro giorno perché eravamo deboli, perché eravamo minoranza e non sapevamo farci opposizione. Quando poi diventiamo opposizione, allora siamo estremisti, facciamo ostruzionismo, l'Aventino. Guardate, signori della maggioranza, noi non abbiamo bisogno di queste lezioni, fate il vostro dovere di maggioranza ed i governanti facciano il loro dovere di governanti forti, perché il paese chiede un Governo autorevole e non debole com'è il Governo Prodi. Dunque, invece di dare lezioncine all'opposizione, cercate di fare il vostro dovere.
Ed allora, anche se con un po' di anticipo, faccio alcuni auguri di buon Natale: buon Natale a tutti i tartassati d'Italia, a quelli che si vedono aumentare l'IVA e poi leggono sui giornali che si tratta di una semplice regolamentazione, di un aggiustamento; a tutti gli artigiani, ai commercianti, ai piccoli e medi imprenditori che sono la spina dorsale del paese e che la sinistra troppo spesso con disprezzo chiama «bottegai» o «padroncini» e che massacra prima con l'eurotassa poi con l'IVA, con l'IRAP e via dicendo sempre per sigle; a tutti gli imprenditori che oggi sono incentivati ad investire altrove, perché con questo sistema fiscale vedono diminuire la loro capacità produttiva; ai produttori di latte che non riescono ad incassare il loro credito e che vengono manganellati ed insultati; ai lavoratori dipendenti, ai quali viene nascosto il fatto che l'occupazione è
diminuita; ai giovani ed ai disoccupati che saranno senza lavoro e senza pensione.
Buon Natale agli studenti che protestano contro il ministro Berlinguer ed a tutti i tartassati d'Italia, ai quali prometto che saremo cattivissimi. Al Governo do un solo consiglio: portate i libri in tribunale (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Vorrei ora entrare nel merito del decreto-legge perché, come ho cercato di chiarire nell'intervento che ho svolto per motivare il mio voto a favore degli ordini del giorno presentati dai colleghi dell'opposizione, il provvedimento su cui dobbiamo esprimere il voto non realizza affatto - a differenza di quanto era stato annunciato - un'armonizzazione del sistema fiscale con quello di altri paesi dell'Unione europea. Esso invece inasprisce il prelievo fiscale e rende ancora più vessatori gli adempimenti ai quali i produttori sono costretti. Già questa sarebbe una ragione sufficiente per un deputato eletto in una zona caratterizzata da un'economia fondata sulle attività agricole e su imprese artigiane e commerciali di piccole dimensioni, per avversare con vigore un provvedimento che mortifica l'imprenditoria minore, premia il commercio clandestino e punisce quello in regola con la legge e con il fisco. Dunque, basterebbe prendere in considerazione gli effetti negativi che il provvedimento arreca agli agricoltori - ai quali va tutta la mia solidarietà per la sacrosanta battaglia di tutela dei propri diritti che stanno conducendo - agli artigiani, ai commercianti, ai piccoli imprenditori specie del settore edile, agli operatori del settore turistico ed ai pubblici esercenti per giustificare la mia avversione al decreto.
Abbiamo tentato invano di far ragionare il Governo ed una maggioranza arrogante, sordi alle esigenze di chi lavora e produce a proprio rischio, anzi rischiando, oltre alle proprie risorse, anche il futuro delle proprie famiglie. Ma il Governo si è sottratto al confronto.
Il provvedimento in esame colpisce il ceto medio, quel ceto produttivo che è l'asse portante dell'economia nazionale. Tale ceto produttivo è reo, secondo l'Ulivo, di non essere asservito allo strisciante sistema neobolscevico. Il provvedimento colpisce gli agonizzanti enti locali che, già in «profondo rosso», rischiano il collasso finanziario. Ma, cosa più grave, esso colpisce le fasce sociali più deboli; per esempio colpisce la terza età, tant'è che non è stato accolto l'ordine del giorno n.9/4297/42 che impegnava il Governo ad emanare un provvedimento volto a far rientrare le prestazioni dei servizi relativi al trasporto di persone di età superiore ai sessantacinque anni tra quelle esenti dall'IVA.
L'unica sensibilità, se così si può dire, mostrata dal Governo, si è manifestata nei confronti dei portatori di handicap. Infatti, è stato accolto l'ordine del giorno n.9/4297/41 a firma dei deputati Marengo, Carlo Pace, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Giorgetti, Berselli e Contento.
Ebbene, colleghi parlamentari dell'Ulivo, dov'è andata a finire quell'anima solidale che avete strombazzato in campagna
elettorale e che è naufragata miseramente con l'adozione di questo decreto-legge? Quale difesa state effettuando nei confronti delle fasce sociali più deboli?
Questo provvedimento non va incontro alla gravissima emergenza del sud, cioè l'occupazione. Ma assai grave, in questi giorni, è stato il tentativo di strumentalizzare una seria opposizione indicandola come lesiva delle istituzioni democratiche. In poche parole, i rappresentanti del Governo e dell'Ulivo ambirebbero ad una minoranza imbavagliata, così com'è nel loro sistema naturale alla Ceausescu. Si è cercato addirittura di intimorire l'opposizione, che svolgeva in aula il suo ruolo istituzionale, tentando di organizzare una manifestazione - poi annullata - in un teatro adiacente la Camera. Ebbene, onorevoli colleghi, questo è un segnale allarmante e sono preoccupato pensando al momento in cui in Parlamento si svolgerà la battaglia di opposizione ai futuri provvedimenti finanziari che il Governo dovrà presentare. Ho infatti il timore che il Parlamento possa essere circondato dai carri armati. Non credo di fare affermazioni sopra le righe; intendo, tuttavia, contenere il mio intervento nell'ambito della materia in discussione, svolgendo una riflessione. Se ai guasti, che l'aumento dell'IVA arreca alle attività produttive ed all'occupazione, si aggiunge il fatto che con ciò si tolgono soldi alle famiglie, si riduce la loro capacità di acquisto, si assottigliano i già magri bilanci di tante famiglie, non si riesce a comprendere come una coalizione di Governo, che si era presentata agli elettori promettendo equità e richiamandosi all'armonizzazione ed all'armonia, possa avere il coraggio di muoverci accuse di ostruzionismo, senza sentire il dovere di confessare la sua inadeguatezza e le sue colpe. Gli eccessivi sacrifici che i nostri cittadini sostengono rischiano di portare in Europa un corpo sociale in coma, non in grado di rimanerci né di avvalersi delle possibilità di lavoro e di prosperità che la realizzazione dell'unione economica dovrebbe riservarci.
Per questi motivi dichiaro il mio voto contrario alla conversione del decreto-legge in esame.
La prima riguarda la scelta che è stata fatta tra le varie alternative possibili. Pregevoli studi mostrano che si sarebbero potute esercitare varie opzioni. Non posso scendere nel dettaglio per motivi di tempo, ma una prima possibilità poteva consistere nel semplice adeguamento alla direttiva europea, il che avrebbe generato un gettito fiscale aggiuntivo di 4.000 mila miliardi, con un aumento dell'indice dei prezzi solo dello 0,45 per cento.
Una seconda possibilità avrebbe potuto avere come obiettivo quello di annullare qualsiasi impatto inflazionistico. In questo caso si sarebbe ottenuto un aumento del gettito pari a 2.900 miliardi, il tutto senza inflazione.
La terza possibilità è quella purtroppo seguita dal Governo. Essa ottiene un gettito fiscale ancora più alto delle precedenti (circa 6.000 miliardi), naturalmente con un impatto inflazionistico a sua volta più alto. Non a caso il Governo ha scelto questa terza possibilità. Il nostro, infatti, è un esecutivo vorace che antepone l'aumento del prelievo fiscale ad ogni altra considerazione, ma gli effetti macroeconomici di questa opzione scelta dal Governo sono molto preoccupanti. Al riguardo il Governo prevede un aumento dell'inflazione relativamente contenuto. Secondo le nostre valutazioni, invece questa manovra IVA, aggiungendosi al trend, potrebbe spingere l'inflazione nel 1998 ad oltre il 3 per cento, creando non pochi problemi di compatibilità con il resto dell'Europa.
Inoltre non è facile valutare l'impatto sulla domanda dei beni in termini reali.
Sta di fatto che i rincari si registreranno proprio nei settori che hanno più sofferto della recente evoluzione congiunturale. Dunque, è probabile che l'aumento dei prezzi potrebbe riflettersi negativamente sulle quantità domandate dei beni e, quindi, sullo stesso sviluppo dell'economia.
La seconda valutazione negativa è correlata alla prima. Avremmo avuto maggiori margini di tempo per adeguarci alle direttive comunitarie ed invece avete anticipato i tempi realizzando l'adeguamento in un momento molto critico per la nostra economia. Perché l'avete fatto? La risposta è un'altra volta quella di assicurarvi altre entrate fiscali. Questo significa che l'adeguamento del bilancio pubblico al Trattato di Maastricht vi è apparso tuttora incerto e che comunque ad esso vengono sacrificate le prospettive di sviluppo e di stabilità monetaria della nostra economia.
La terza considerazione critica riguarda gli effetti sociali del vostro provvedimento. Avete detto che vi siete proposti di salvaguardare i consumi di natura prioritaria, ma avete colpito tra l'altro l'abbigliamento e le calzature; inoltre, con quei settori avete colpito produzioni che nel Mezzogiorno svolgono tuttora un ruolo importante in un panorama industriale già di per sé non certo rassicurante.
La quarta considerazione è che i 5.700 miliardi di maggior gettito si realizzeranno nel 1998, ma altri 1.900 miliardi dovrebbero conseguirsi nel 1997. Non è detto che queste previsioni si concretizzino. L'eventualità è incerta dati i contraccolpi negativi che si potrebbero avere sulla domanda e che ho già richiamato. Ammesso però che le previsioni si realizzino, il conto che avete preparato per le famiglie italiane è di 7.600 miliardi, quasi 400 mila lire per ogni famiglia. Un terzo di questo onere riguarderà l'abbigliamento e le calzature, un settore che dal 1992 ha già registrato una contrazione del 6,4 per cento. In altre parole, le imprese si troveranno di fronte ad una scelta di questo tipo: o tentare di trasferire sui prezzi l'intero incremento dell'IVA, con il rischio di registrare un'ulteriore flessione della domanda, o ridurre i prezzi dell'IVA, cioè contrarre i margini. Ecco la condizione alla quale l'impatto inflazionistico sarà più contenuto. In entrambi i casi, però, la produzione ne risentirà negativamente: in un caso, nell'immediato, data la minore domanda; nell'altro caso, nel medio periodo, dato che i minori margini significheranno minori investimenti e meno posti di lavoro. Poiché l'aumento dell'IVA già in atto non sembra essersi integralmente manifestato sui prezzi, è questo ciò che si sta verificando.
Questo insieme di effetti negativi mette in ancor maggior risalto l'errore di aver scelto tra le varie alternative possibili quella peggiore sotto il profilo sia della stabilità dei prezzi che dell'economia reale. La verità, dunque, sta nel fatto che il Governo ha problemi di cassa e vuole risolverli inseguendo le spese con l'aumento delle entrate fiscali, comunque individuabili. Il problema è che i 1.500 miliardi che si ricaveranno o che si intende ricavare da queste nuove entrate soltanto per l'ultimo trimestre del 1997 servono per tentare di raggiungere i 550 mila miliardi di entrate previste nel 1997. Siamo in deficit rispetto a questa previsione, se è vero che al 30 settembre le entrate realizzate sono state soltanto 370 mila miliardi.
Il Governo sostiene che nell'ultimo trimestre di quest'anno riuscirà ad incassare i 180 mila miliardi che mancano per garantire l'intero gettito previsto, ma su questo abbiamo forti perplessità, perché sappiamo che la media del gettito tributario è di 30-35 miliardi al mese, né è pensabile che l'incremento fisiologico che si realizza in dicembre garantisca da solo 100 mila miliardi. Altro, quindi, che armonia tra imposizione diretta ed indiretta. Rincorriamo le carenze di previsione con l'aumento delle imposte e certamente non è questa la filosofia dell'armonizzazione.
Ci è stata mossa anche l'accusa di non voler entrare in Europa affossando questo decreto. È vero, non vogliamo entrare in Europa con un paese morto, in cui tutti i cittadini perbene, che hanno voglia di
lavorare siano già scappati in altri paesi, né vogliamo che il nostro paese risulti desertificato in termini produttivi come già avviene da due o tre anni. Chi ha occhi per vedere può constatare infatti che nell'area produttiva del nostro paese stanno già delocalizzando le loro fabbriche. A maggior ragione in futuro tutti gli imprenditori troveranno altre sedi amministrative in paesi europei in cui le aliquote fiscali siano meno oppressive. Pertanto, il nostro diventerà un paese legato unicamente al consumo; un paese in cui probabilmente anche la libertà già così incrinata potrà venire ulteriormente meno.
Quella che stiamo conducendo è una battaglia di libertà che stiamo combattendo per consentire a tutti i cittadini che vogliono continuare ad intraprendere liberamente ed individualmente in questa società delle attività produttive possano continuare a farlo. Ci pare che oggi ciò possa avvenire solo se si accetta di accorrere attorno al tavolo dei potenti, di raccogliere qualche briciola avanzata da quel tavolo e di entrare in quel sistema di cooperative economiche nella speranza che a queste arrivi qualcosa.
Ciò è facilmente dimostrabile proprio se si prendono in considerazione alcuni dei provvedimenti del Governo negli ultimi due anni come la linea telefonica 117, uno strumento per gli spioni ed i delatori istituito contro coloro che vogliono intraprendere delle attività produttive, che vengono spiati e sui quali vengono diffuse notizie spesso false e tendenziose: l'IRAP ed il redditometro.
Vogliamo anche dare libertà e prospettive a chi spera di entrare nel mondo del lavoro. Infatti, non si entra in quel mondo con delle carte o con dei decreti. Non è con la formalizzazione di un ente dello Stato che si creano posti di lavoro. Non è lo Stato che deve impiegare i nuovi posti di lavoro.
Vogliamo libertà per un paese in cui ci siano ancora prospettive di benessere ed in cui ci sia capacità competitiva in un mercato veramente paritario.
È per questi motivi che voterò contro il decreto-legge.
Questo Governo, nonostante i gravi segnali che vengono dal Mezzogiorno ed in particolare dalla Sicilia, dove la disoccupazione ha raggiunto limiti insopportabili, insiste nel percorrere fino alle estreme conseguenze la strada dell'aumento della pressione fiscale, essendo ormai chiara a tutti la sua incapacità di contenere in misura permanente e significativa la dinamica della spesa pubblica.
Forza Italia chiede da sempre interventi strutturali di razionalizzazione della spesa pubblica e non i soliti, semplici palliativi.
Questo Governo non ha voluto operare le necessarie modifiche strutturali nel perseguire l'obiettivo del risanamento della finanza pubblica. Questo Governo ha voluto, ancora una volta, assicurare solo nuove entrate, certe ed indispensabili per garantire la presenza del paese sul palcoscenico dell'Europa attraverso un costante e più che mai deleterio inasprimento della pressione fiscale.
Ma se è vero ed auspicabile che riusciremo ad entrare in Europa con questi provvedimenti, riusciremo anche a restarci? Se sì, per quanto tempo?
La direttiva CEE 77/92 aveva disposto l'avvicinamento delle aliquote previste nei diversi paesi in maniera tale da ridurre le stesse a tre soltanto: una ordinaria e due ridotte. Vi era, naturalmente, la possibilità di mantenere un regime diverso sino al 1998 in relazione alle norme transitorie di cui all'articolo 1, perciò non vi sarebbe stata assolutamente nessuna necessità, cari colleghi, di un intervento in materia
di aliquote IVA. Evidentemente, se lo si è fatto, il Governo Prodi si è accorto di aver sbagliato i conti e, come al solito, continua a spremere gli italiani.
Colleghi, la cosa più grave è che i provvedimenti di cui stiamo discutendo, così come quella follia che si chiama IRAP, colpiscono soprattutto settori che in Sicilia sono trainanti per l'economia. Bene ha fatto il presidente della regione siciliana, forte dei poteri dello statuto speciale della Sicilia, a fare un ricorso alla Corte costituzionale contro questa tassa che i siciliani non applicheranno se avranno ragione.
Si colpiscono in maniera forte le regioni meridionali. Questo provvedimento attua un aumento della pressione fiscale in barba alle direttive comunitarie che suggeriscono, invece, un livellamento ed un abbassamento delle aliquote.
Il meridione, e in particolare la Sicilia, vive di agricoltura, di piccolo commercio, di artigianato, di piccola e media industria: settori che costituiscono l'asse portante residuo di una economia già in grandissima sofferenza. Il Governo delle sinistre con questo ulteriore provvedimento sta affondando una Sicilia che stentatamente stava riprendendosi.
Poi, signori colleghi, è importante essere chiari. Non crediate che la gente non comprenda: non si può, con la scusa di dover riordinare le aliquote IVA ed il loro allineamento alle aliquote europee, nascondere un'ulteriore manovra finanziaria per produrre un aumento complessivo della pressione fiscale di ben 5.100 miliardi all'anno.
E non appena noi tentiamo di esercitare correttamente, concretamente e costruttivamente il nostro diritto all'opposizione, giù con la mannaia della fiducia! Credo sia stata richiesta forse per mantenere la media mensile: non credo vi fossero altri legittimi motivi per farlo. Gli emendamenti si sarebbero potuti trattare: d'altra parte l'assenteismo dei parlamentari della maggioranza, impegnati in campagna elettorale, era sostanzialmente compensato dalla presenza dei parlamentari dell'opposizione, che responsabilmente continuavano a garantire il numero legale. Eppure non lo si è fatto e si è ritenuto di dover soffocare il corretto dibattito democratico. Perché?
Io credo, cari colleghi, che la motivazione non sia il timore che il provvedimento potesse decadere. Credo invece che si volesse evitare che noi dell'opposizione esponessimo le nostre ragioni critiche all'opinione pubblica. Credo si sia voluto evitare che attraverso i nostri emendamenti si tutelassero le categorie maggiormente colpite da questo vostro provvedimento: come ho detto, le piccole e medie imprese, gli agricoltori ed i commercianti.
Il Governo dell'Ulivo sta tutelando gli interessi dei grandi gruppi finanziari di questo paese, in stretta collaborazione, peraltro, con le forze sindacali tradizionali della triplice (la CISL, la CGIL e la UIL): ma in questo paese, come in nessuna parte del mondo era mai capitato che le forze sindacali abbiano curato gli interessi di un Governo ottuso con i bisogni del paese e della gente. Una forza sindacale che si rispetti non dovrebbe occuparsi solamente di chi lavora, dovrebbe anche e con maggiore spinta occuparsi di chi non lavora e di chi presto non lavorerà grazie alla grande politica dell'Ulivo, che vuole ad ogni costo portarci in un'Europa dove difficilmente potremo rimanere.
Presidente, cari colleghi, purtroppo il più grosso sindacato in Sicilia è il sindacato dei disoccupati, i cui interessi oggi sono difesi solo da noi del Polo per le libertà.
In occasione della campagna elettorale che si sta svolgendo in Sicilia, i sindaci dell'Ulivo - Bianco a Catania e Orlando a Palermo - vanno avanti con dispendiosi cocktail nei palazzi gentilizi delle due grandi città, incontrando quei poteri economici che tanti affari hanno fatto con la prima Repubblica, mentre i candidati del Polo - Miccichè a Palermo e Paolone a Catania - con vera passione politica camminano nei quartieri popolari tra la gente, tra i bisogni della gente.
Quante cose sono cambiate, quante ne cambieranno ancora! Ma la gente sta
cominciando a comprendere da quale parte sta la verità. Gli agricoltori, i commercianti, i titolari di piccole imprese, i disoccupati, i settori più deboli del nostro paese stanno cominciano a capire. I giovani disoccupati, vero, grande potenziale della nostra società, hanno compreso da che parte sta la verità: basta guardare con attenzione le promesse fatte in campagna elettorale dall'onorevole Prodi e dall'Ulivo, vedere i risultati e tirare le somme.
In ultimo, signor Presidente, vorrei comprendere quanto gli italiani debbano ancora pagare per andare in Europa: prima la tassa - o, meglio, la tangente - per l'Europa, ora la demagogica affermazione che il Polo con la sua posizione sta strappando il passaporto per l'Europa. Cosa significa? In quest'aula da un po' di tempo tutto ciò che fa la maggioranza è per andare in Europa e tutto ciò che fa l'opposizione è perché in Europa non vuole andare. Credete forse che gli italiani siano stupidi o disattenti? No, cari colleghi della maggioranza, non è assolutamente così. La verità è che gli italiani non vogliono andare in Europa attraverso trucchi o artifizi contabili.
Come giustamente ha detto l'onorevole Marzano nella sua dichiarazione di voto martedì, non è così che gli italiani guardano l'Europa: essi la considerano un'opportunità di sviluppo, di occupazione e di benessere. Voi l'avete trasformata in una falsa occasione di sfruttamento fiscale, di impoverimento e di disoccupazione.
È da ormai un paio d'anni, dal Governo Dini in poi, che ci vengono dette certe cose ma poi i risultati sono diversi. Credo che ormai il cittadino abbia aperto gli occhi e abbia capito che troppo spesso, così come è avvenuto con il provvedimento in esame, il Governo dice delle cose e poi ne fa delle altre.
Credo allora che veramente questa sia un'occasione per fare il punto della situazione sotto il profilo politico. Lascia perplessi lo sdegno che si è manifestato in più occasioni sfruttando i mass media, i giornali, le televisioni, in relazione, una volta tanto, all'apertura di un legittimo e democratico dibattito che la minoranza ha preteso ed ha finalmente portato in quest'aula. Non ci si è rassegnati fino ad oggi sulle trenta deleghe; il Governo non disdegna di predisporre provvedimenti che con le deleghe e le richieste di fiducia esautorano il dibattito parlamentare. Credo che oggi, con questo provvedimento, si sia raggiunta quella punta dell'iceberg che consente di fare il punto della situazione sotto il profilo tecnico-giuridico e sotto quello politico.
Ci troviamo in sostanza all'epilogo di una serie di bugie elettorali che si sono di fatto concretizzate in provvedimenti che vanno in una direzione diversa da quella che era stata promessa, una direzione politica certamente non liberale, accentratrice, statalista, che non risolve i problemi dello sviluppo ma impoverisce il portafoglio dei cittadini. Siamo di fronte ad una serie di provvedimenti in cui si dicono alcune cose e se ne fanno delle altre. Per quanto riguarda la scuola, per esempio, si parla di parità tra scuola pubblica e privata; sappiamo invece che la scuola privata è stata sempre più prevaricata. Si parla di una legge che regola l'immigrazione in Italia, ma sappiamo che ben difficilmente poteva essere concepita una legge così contraria ai principi europei. Si parla di una legge Bassanini che va nella direzione del federalismo, ma sappiamo bene che i problemi del federalismo sono tutt'altra cosa, perché investono l'imposizione fiscale a livello locale senza lasciare quella centralizzata, come invece accade.
Ora viene predisposto un provvedimento che si muove ancora nella direzione di un aumento fiscale. Si tratta,
come dicevo, di un disegno ben preciso, che rientra in una logica politica marcatamente di sinistra. Dini ha iniziato ad aumentare le imposte dirette; la finanziaria dello scorso anno ha aumentato ulteriormente le imposte, quest'anno abbiamo l'IRAP ed ora l'IVA, che rappresenta un meccanismo iniquo di aumento delle imposte fiscali che grava soprattutto sul ceto medio. L'IVA è un provvedimento iniquo dal punto di vista sia formale sia sostanziale.
È iniquo dal punto di vista formale per il metodo con cui si è proceduto: un decreto che improvvisamente ribalta le procedure fiscali che tutti i commercianti, gli artigiani ed i professionisti devono affrontare quotidianamente. Ma è un provvedimento iniquo anche dal punto di vista del contenuto, perché colpisce soprattutto i ceti medi, la classe più produttiva in Italia, cioè quei privati che non possono scaricare l'IVA. Si tratta di un provvedimento che sicuramente non colpisce le grandi fabbriche come la FIAT né i grandi interessi bancari; esso non va certamente contro la volontà dei sindacati, ma colpisce soprattutto i lavoratori autonomi, quei commercianti, quegli artigiani, quei liberi professionisti che oggi sono quelli che lavorano di più. È ora di finirla col dire che solo le tute blu lavorano! Chi rischia in proprio, oggi, sono in misura maggiore i lavoratori autonomi.
Il Governo, ormai succube di rifondazione comunista, ha calato un ulteriore velo, ha dimostrato ancora una volta che non ha interesse a tutelare i nostri cittadini che, per esempio, nel mondo dell'agricoltura sono già da troppo tempo penalizzati in Europa con le quote latte, con una iniqua tassa sul gasolio che li rende non competitivi rispetto agli altri paesi europei. Viene aumentata l'IVA e così si colpisce ulteriormente un settore, quello del mondo agricolo, che avrebbe dovuto essere tutelato più degli altri.
La risposta data da Massimo D'Alema alla Coldiretti è che il problema va affrontato a livello di Governo e che egli ha chiesto di aprire un tavolo delle trattative. Questo atteggiamento è quello di manifestare contro se stessi, di fare delle politiche di facciata e poi, dal punto di vista concreto, seguire strade e logiche diverse. Siamo di fronte ormai alla logica dell'aumento indiscriminato dell'imposizione fiscale. La prossima legge finanziaria andrà addirittura a colpire maggiormente i contratti di locazione, danneggiando quindi i proprietari, gli inquilini, il turismo, il commercio. Provvedimenti come quello che aggrava il costo dei contratti di locazione sono certamente contrari alla logica dello sviluppo. Mi auguro che su questo punto vi sia un ripensamento da parte del Governo.
Il fatto più negativo che si registra con questo provvedimento è che, aumentando l'IVA, che non viene scaricata dai privati, si va nella direzione dell'aumento dell'inflazione. È ovvio infatti che il professionista, che può aumentare le parcelle, sarà costretto, per sopperire ad un maggior costo dell'IVA, ad aumentare le proprie prestazioni professionali, con una conseguente ricaduta sull'utente e sull'inflazione, nonché con un aumento dei costi. A fronte di questo, il Governo risponde affermando che, se non si approverà il provvedimento in esame, non entreremo in Europa, come se, per entrare in Europa, l'unico stratagemma fosse quello di far pagare l'eurotassa ai cittadini e di far gravare su di essi il maggiore costo dell'IVA.
Dico a questo Governo: un po' di fantasia per entrare in Europa! Chi non sarebbe capace di trovare una soluzione economica che fa gravare le imposte sul portafoglio dei cittadini?
che non sono in grado di governare il paese e di gestire i problemi che essi stessi stanno aprendo.
Ci siamo avvicinati alla stagione delle riforme, abbiamo visto con quanta attenzione si è tentato di dimostrare che le riforme potevano essere la soluzione, ma abbiamo scoperto che anche quello è stato solo il palcoscenico per la pubblicità di qualche politico più o meno di rango di questo Parlamento. Alla luce di queste considerazioni e dell'atteggiamento del Governo che intende impedire all'opposizione di intervenire sui provvedimenti per migliorarli, soprattutto nel caso di inasprimenti fiscali, il gruppo del centro cristiano democratico vuole testimoniare la propria ferma difesa di quei valori che riteniamo essere il fondamento di una Repubblica democratica. Proprio perché queste fondamenta vengono minate da un simile atteggiamento questa mattina, assieme agli altri colleghi dei gruppi del Polo, vogliamo alzare la bandiera della protesta, una protesta vibrata, una protesta forte che si unisce a quelle di queste ore degli allevatori, dei produttori di latte, degli studenti, di tutti coloro che non si ritrovano in una cultura che è al di fuori delle regole del gioco democratico. Vogliamo riportare il dibattito in Parlamento perché qui, in assenza completa di qualsiasi forma di dialogo e di una cultura di Governo, vogliamo portare il nostro contributo di democrazia per evitare che il dibattito si svolga fuori dalle mura di un Parlamento democraticamente eletto.
L'ostinazione a chiedere il voto di fiducia sui provvedimenti nasce dalla paura del confronto, dalla paura che ogni parlamentare eletto, indipendentemente dal fatto che appartenga all'opposizione o alla maggioranza, possa esprimere il proprio consenso o dissenso, possa presentare emendamenti e contribuire alla stesura di una legge. Tutto questo viene negato soprattutto per l'arroganza del potere; il potere, infatti, in questo anno di Governo, ha dato alla testa al Presidente del Consiglio e ai suoi ministri.
Vogliamo dire all'intero paese che la nostra non è un'opposizione sterile. Siamo qui a difendere i diritti dei cittadini e la rappresentanza del popolo italiano. Quando si parla di IVA, di prelievi, di Europa, non comprendiamo. In Europa ci vogliono andare tutti, ma la strada tracciata dal Governo va al di là del nostro pensiero ed anche quando si chiedono prelievi fiscali ai cittadini italiani con interventi che vengono spacciati per grande ingegneria politica, dubitiamo. La nostra Europa non è l'Europa delle banche, l'Europa dell'alta finanza, magari assistita. Vogliamo l'Europa della solidarietà, l'Europa dei popoli, l'Europa della politica. Questa è l'Europa alla quale noi del centro-destra ci riferiamo affinché non si predispongano provvedimenti capestro, ma si parli anche dell'infanzia, di quale tipo di cultura dare alle future generazioni. Se invece la cultura che volete è questa, scenderemo in campo con forza perché si sta stravolgendo tutto, dalla riforma della scuola alla riforma dello Stato anagrafico. State tentando di sconvolgere le radici di questo paese sulla base di un modello che noi contestiamo. È questo uno dei motivi di fondo della diversità che c'è tra noi e voi della sinistra.
Signori del Governo, signor Presidente, la nostra posizione deve essere compresa fino in fondo e, visto l'ostracismo presente nei nostri confronti per far giungere il segnale delle differenze che ci contraddistinguono, utilizzeremo ogni strumento, per evitare che nel paese vi sia ancora gente che pensi che tanto siamo tutti uguali. No, non siamo uguali. Siamo diversi per impostazione culturale. Vogliamo confrontarci e voi ce lo impedite; vogliamo far comprendere le differenze per poi far scegliere democraticamente alla gente, ma voi ce lo impedite; vogliamo portare su questi banchi la nostra cultura, il nostro modello di vita per le future generazioni e voi ce lo state impedendo. Questa non è democrazia. Ci stiamo avvicinando ad un sistema totalitario che non consente la libera espressione delle voci, non consente di manifestare i propri pensieri, non consente di ragionare sulle cose concrete.
Voglio ricordare, tra tante citazioni che vengono fatte in questo Parlamento, un poeta che tanto amo ma che la critica contemporanea non tiene nella dovuta considerazione. Ci ricordava Eliot che esiste solo la lotta per riconquistare ciò che si è perduto, trovato e riperduto senza fine. Oggi le condizioni non sembrano a noi favorevoli. Forse non ci guadagneremo né ci perderemo, ma a noi non resta che tentare, il resto non ci riguarda. Con queste citazioni vogliamo far capire che le differenze sono profonde e voi tentate di coprirle con il gioco dell'alta finanza, con i decreti sulla rottamazione. La differenza che c'è tra il popolo e le istituzioni è sempre più ampia, è una differenza che vogliamo colmare con il consenso della gente. Vogliamo colmare il solco che state aprendo con questi provvedimenti, con gli inasprimenti fiscali, con gli stravolgimenti del nostro sistema politico, democratico e sociale facendo solo del becero clientelismo e fornendo solo contributi di Stato a tutti coloro che chiedono. E poi, il voto di scambio presente nel volontariato, in tutto l'associazionismo. Su queste basi vi combatteremo. Vi combatteremo perché vogliamo il diritto di parlare e staremo qui non solo questa sera ma anche domani e dopodomani, nei giorni che verranno. Vogliamo far capire a chi ci ascolta questa sera che la nostra non è una voce nel vuoto ma una voce di libertà; la libertà, che voi volete sottrarci, di parlare a testa alta in un Parlamento democratico. Vi sfidiamo a dimostrare che esiste una cultura vera, di Governo, in questa maggioranza, che non sia di occupazione del potere. La vostra corsa è solo all'occupazione del potere, degli spazi di potere per gestirlo e non per fornire un servizio alla collettività.
Amici della maggioranza, perché non vi confrontate sui provvedimenti? Perché non accettate gli emendamenti? Perché non cercate di batterci sugli aspetti concreti e di indirizzo? Non lo fate perché siete deboli, perché la vostra maggioranza è tutto e il contrario di tutto, è il grande mercato degli affari che avete costruito con l'ingegneria di D'Alema, il grande scienziato di questo Parlamento che ha costruito la destra e la sinistra che non ha posto in essere il bipolarismo. Per bipolarismo lui intende quello che, nell'Ulivo, va da rifondazione al partito di Dini. È questo un bipolarismo falsato.
Concludo lasciando la nostra testimonianza agli atti perché riteniamo che il futuro sarà un futuro migliore.
Battaglie di libertà per quanto attiene alla forma, con il filibustering che stiamo attuando, ma che ci serve per ricordare in quest'aula e al paese i contenuti di un provvedimento che riteniamo altamente lesivo degli interessi economici di ampie categorie di cittadini e che riteniamo lesivo anche per l'economia di tante famiglie italiane. È una battaglia di libertà in cui ci viene negato - e lo dimostra la
presenza del solo collega Carli sui banchi dell'opposizione - persino il confronto sulle tesi.
È d'altra parte anche una battaglia di libertà, perché riteniamo che il paese debba poter apprezzare, debba poter valutare il lavoro che si svolge in Parlamento, perché crediamo che in questa società della comunicazione anche dall'immagine di ciò che avviene in quest'aula, anche dall'immagine che deriva dai programmi politici e dalle proposte che i partiti svolgono in Parlamento non possa che trarre beneficio chi ritiene, come noi, partiti dell'opposizione, di svolgere una battaglia su temi giusti, che riteniamo colgano in pieno le attese della nostra gente.
Su alcuni giornali - non so più se quelli di ieri o di oggi, perché a quest'ora del mattino si affastellano anche i ricordi di quanto si è letto durante la notte in attesa dell'intervento - ho notato una preoccupazione da parte di ambienti della maggioranza e da parte dello stesso Presidente del Consiglio sul fatto che ci possa essere in questo confronto tra maggioranza e opposizione una vittima illustre, che è la finanziaria. Non ho colto, non sono riuscito a capire se la preoccupazione del Governo e della maggioranza dell'Ulivo sia quella di portare a casa la finanziaria entro il termine del 31 dicembre oppure se vittima illustre, più che la finanziaria entro il 31 dicembre, possa essere invece il dibattito, che come al solito anche in quell'occasione mancherà in quest'aula e quindi non si riuscirà a fare quel dovuto approfondimento di tematiche pure tanto importanti quali sono quelle riportate nella finanziaria e nella legge di accompagnamento.
Mi sembra che altro tema preoccupante per tutti noi possa essere quello relativo agli ordini del giorno, che pure spesso raccolgono una larga maggioranza (mi pare che su alcuni ordini del giorno ciò sia accaduto anche nelle votazioni che abbiamo tenuto ieri). Ebbene, spesso e volentieri il Governo non tiene da conto neppure quanto viene previsto negli ordini del giorno pure approvati dall'Assemblea o accolti dal Governo stesso. Credo che tutto ciò sia quanto meno preoccupante per quel che attiene alla democrazia nel nostro paese, ove per democrazia si intenda uno scambio di opinioni libero e franco che possa portare ad un miglioramento dei provvedimenti all'esame del Parlamento.
In questo caso, sul provvedimento recante disposizioni tributarie urgenti, i segnali che abbiamo colto nel corso del dibattito che si è svolto - dibattito con le categorie sociali e non, come ho detto prima, in quest'aula - su parecchi di questi argomenti sono gravi, pericolosi, negativi, soprattutto per il sud del paese. Mentre tentiamo disperatamente di pensare a un ingresso in Europa - che è sempre più vicino, ma atterrisce sempre di più, se si pensa a quanti problemi rimarranno irrisolti pur con l'ingresso in Europa - i problemi che abbiamo nel nostro paese, soprattutto per quanto riguarda il tessuto economico, sono ancora molti e irrisolti. E il Governo non pensa altro che a tartassare le categorie produttive con una serie di provvedimenti, come questo, quello sulla semplificazione e diminuzione delle aliquote fiscali (che poi di fatto si traducono in aumento del prelievo fiscale), oppure come l'IRAP, che è stata introdotta e sulla quale ci aspettiamo e speriamo che il Governo riveda in parte le sue posizioni. Credo che tutto questo non vada certo in direzione della auspicata e adeguata semplificazione fiscale, che noi avremmo voluto e che avrebbe dovuto fare il pari con un freno sensibile alla spesa pubblica, con la sua razionalizzazione. Invece, come ho detto poc'anzi, ci
troviamo di fronte a riduzioni di aliquote che però nascondono un vero e proprio aumento del prelievo. Insomma, quella intrapresa dal Governo è una strada opposta a quanto pure aveva promesso in campagna elettorale e durante i primi mesi del Governo Prodi.
Con questo provvedimento si arriva sostanzialmente a un drenaggio di 5.700 miliardi di lire: tutte le famiglie italiane saranno più povere con questo provvedimento, perché imposte di questo genere non colpiscono solo alcune fasce sociali e non altre, ma indistintamente tutti. Ho provato a fare un elenco di tutto ciò che viene ad essere colpito in negativo da questo provvedimento. Vi è il trasporto pubblico urbano, addirittura gli scuola-bus ed anche quanto attiene al trasporto dei disabili. Vengono poi colpite le subforniture, il settore edilizio, il settore calzaturiero. A questo proposito, vorrei ricordare a me stesso e a quest'aula il fatto che proprio in Puglia, nel nostro Mezzogiorno, nella mia zona di origine, vi sono importanti nodi calzaturieri, nel sud e nel nord di quella regione, che saranno certamente colpiti da questo aggravio dell'IVA e tale provvedimento certamente non fa il bene né del meridione né dello stesso settore calzaturiero.
Sul materiale edile c'è da dire che l'aumento dell'IVA va in controtendenza rispetto pure a quanto il Governo aveva immaginato di poter fare a favore di questo importante settore. Mentre il Governo immagina di poter alleviare con sgravi questo settore e quanti intraprendono un'opera edilizia in termini di manutenzione e ristrutturazione, dall'altra parte drena ulteriore denaro attraverso l'aumento dell'IVA sul materiale edile.
Vi è poi un aggravio sensibile sulle tariffe di gestione dei rifiuti urbani.
Credo che invece sarebbe stato più opportuno rispetto a tutto questo operare nel campo della repressione dei fenomeni di elusione dell'IVA e intervenire sui tanti settori che oggi sfuggono al controllo delle strutture pubbliche per quanto attiene, appunto, il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto.
Ritengo che tutto questo dimostri quanto sia pericoloso il cammino che ha intrapreso il Governo. Questo percorso non ci porterà lontano e non ve lo dice solo un parlamentare dell'opposizione, ma su Il Messaggero di oggi c'è la notizia di uno scontro molto forte fra Visco e i commercialisti. Si parla di una polemica dai toni insolitamente aspri sulla semplificazione tributaria - dice questo il giornale, ma a me sembra che semplificazione tributaria proprio non sia - e sul peso della nuova tassazione delle auto: «Per i commercialisti la semplificazione promessa da Visco resta sulla carta e a farne le spese sono soprattutto i ceti medi. Con la denuncia viene lanciato un information point per aiutare operatori e imprese a districarsi in questa vera e propria giungla dell'Italia».
Ecco, credo di aver introdotto qualche ulteriore tema...
In nessun paese del mondo si è tartassati come in Italia; non è più possibile mantenere alcuna attività, poiché il peso fiscale è avvilente. Questa è la vera tragedia che stiamo vivendo nel nostro tempo.
Questa nostra giusta posizione di avversione a questo decreto ed alla fiscalità del Governo è condivisa dalla stragrande maggioranza del popolo italiano e noi tuteliamo con la nostra battaglia anche gli interessi di tanta gente, anche di quella che, sbagliando, ha votato per l'Ulivo.
Voi sapete che la gente ha paura di investire per le tasse, che nessuno vuole iniziare un'attività perché gli piovono addosso, subito, richieste di soldi a non finire. Infatti, molte attività commerciali, artigianali, medie e piccole imprese hanno chiuso i battenti negli ultimi anni, specie nel sud ed in Sicilia ed è aumentata la disoccupazione; è aumentata la percentuale dei giovani che non lavorano; è aumentata la gente che emigra dal sud verso il nord lasciando le famiglie al sud.
Con l'entrata in vigore dell'IRAP, che è una tassa che va a colpire il lavoro, ci saranno altre imprese che chiuderanno ed altri disoccupati si aggiungeranno a quelli già esistenti; altri emigranti saranno costretti a lasciare le famiglie al sud per andare a lavorare al nord.
La regione siciliana ha impugnato l'IRAP e bene ha fatto a non applicarla, perché questa famigerata IRAP non consente di investire, non consente cioè che i capitali vengano investiti nel sud, soprattutto in Sicilia.
Per acquistare una casa si pagano imposte dell'ordine del 10 per cento; trattasi di milioni che bisogna sborsare subito; molti hanno dovuto sottoscrivere elevati mutui bancari anche per far fronte a queste spese. Ma com'è pensabile aumentare l'IVA sui prodotti di largo consumo quando già nelle famiglie vi è il problema di come comprare un paio di scarpe, un vestito o una camicia ai figli?
Certo, voi del Governo dispensate miliardi ai vostri manager pubblici e non potete capire cosa significhi vivere con un reddito familiare di un milione e mezzo al mese. A voi interessano i grandi industriali, i grossi finanzieri e vi accanite contro il piccolo imprenditore, il piccolo esercente, il modesto professionista, il lavoratore autonomo, l'agricoltore e il coltivatore diretto.
Questo Governo con la sua continua ed aberrante politica fiscale ha portato avvilimento e sconforto nelle famiglie, ha fatto fuggire i sani investitori (infatti questi non chiedono contributi statali per rottamazione!).
Ormai vi è la legittima paura del «mostro tasse», dell'aberrante imposizione, della persecuzione di un fisco famelico e diabolico. Siamo tornati ai tempi dell'imposta sul macinato! Signori governanti, tassate tutto, anche l'aria che si respira (che tra l'altro non è più pura ma insalubre per l'inquinamento costante).
Questo Governo non ha avuto e non ha il coraggio di procedere a tagli seri alla spesa pubblica ed allora torchia questo popolo. Non si vogliono eliminare le spese improduttive, i contributi a pioggia, l'erogazione di denari ad apparati vari. Ed allora si ha bisogno sempre di soldi, ed ecco la «macchina mostro» del fisco famelico che entra nelle case e turba la serenità delle famiglie.
In tante famiglie vi è disperazione; vi sono pensionati che non riescono a pagare l'ICI ed hanno posto in vendita la propria casa, frutto di sacrifici e di privazioni (mentre i grossi enti forniscono e danno case in affitto a poco prezzo a grossi esponenti di regime che non conoscono cosa sia l'imposta sulla casa).
I piccoli esercenti di negozi vengono costantemente perseguitati da questo fisco che vuole soldi anche da chi ha grossi debiti e non riesce ad ottenere un utile. La forte imposizione degli oneri sociali scoraggia l'assunzione di nuove leve, così i giovani rimangono a spasso senza lavoro, senza avvenire e senza speranza.
La macrocriminalità, la mafia, la microcriminalità imperversano nelle nostre contrade del sud, con atti vandalici, bruciando le macchine e le abitazioni dei cittadini, bruciando i magazzini delle imprese artigiane, commerciali ed industriali, rubando i trattori e gli attrezzi agricoli agli agricoltori.
In proposito ho presentato diverse interrogazioni, diversi atti parlamentari ma
non ho avuto risposta; il Governo è assente e lo è soprattutto al sud dove imperversa la malavita organizzata.
Malgrado le vostre statistiche, alle quali noi non crediamo, i consumi reali sono diminuiti; vi è poco denaro in giro, mentre è abbondante quello dei vostri manager e degli addetti ai vostri apparati.
L'inflazione diminuisce perché non si consuma o si consuma poco; la gente consuma talmente poco che sembra che anche i rifiuti solidi urbani siano diminuiti. Mi viene in mente quel tizio che voleva abituare il suo asino a stare digiuno, ma quando quest'ultimo si era abituato poi morì. Voi volete che i cittadini vadano a morire, questi infatti tartassati dalle tasse non possono sopravvivere.
Questo non è il modo per entrare in Europa; in Europa non si può entrare tramortiti, sarebbe come fare entrare l'asino per la coda mentre sappiamo che l'asino entra per la testa!
Bisogna quindi che il Governo intervenga in modo serio e concreto, soprattutto ponendo mano a tre importanti emergenze: l'emergenza lavoro per i giovani; l'emergenza ordine pubblico; l'emergenza fisco e la revisione di tutte le leggi di spesa. Il Governo deve concretamente intervenire con un progetto di immediata applicazione.
In ordine alla prima emergenza, bisogna dare lavoro a tutti i giovani con il part time, anche stabilendo una remunerazione minima per alcuni anni. Il collocamento dovrebbe avvenire presso i privati, con contributo dello Stato per gli oneri sociali ed altre forme di agevolazione fiscale, e nel settore pubblico, ove vi è necessità, soprattutto nei servizi. Non bisogna intervenire con dei palliativi, con i lavori socialmente utili, con i lavori di pubblica utilità, con le borse di lavoro o con i piani di inserimento! Questi infatti sono tutti palliativi che prendono in giro i nostri giovani.
Si è parlato dei patti territoriali. Questi dovrebbero essere una cosa seria ma ci sono molte lungaggini burocratiche, molte complicazioni che non consentono di portare a termine questo progetto che è stato strombazzato in lungo ed in largo.
Relativamente alla seconda emergenza, bisogna intervenire drasticamente per dare tranquillità ai cittadini con la mobilitazione di tutte le forze dell'ordine, con il controllo costante del territorio, con la lotta assidua alla criminalità e alla microcriminalità; bisogna revisionare gli organici delle forze dell'ordine ed assicurare una presenza dello Stato sul territorio, come ho detto poc'anzi.
Quanto alla terza emergenza, è necessario un abbattimento delle aliquote fiscali, abolire le imposte della casa in cui si abita (ossia della prima casa); occorre fare poi un'accurata revisione di tutte le leggi di spesa, abolire i contributi ad associazioni ed enti vari, cancellare la cassa integrazione, vietare il lavoro straordinario ed eliminare le consulenze nella pubblica amministrazione. Occorre inoltre dimezzare le spese nelle ambasciate e negli istituti di cultura all'estero con diminuzione anche del personale.
È necessario poi che il servizio di leva venga svolto solo da 50 mila volontari e questo per diminuire le spese inutili; bisogna vendere le caserme site nei centri delle grandi città, al fine di recuperare denaro fresco; bisogna poi bloccare gli arredi per uffici nella pubblica amministrazione, abolire le auto di servizio che ancora scorazzano (che sono al servizio dei vari capi ripartizione, dei vari dirigenti dei ministeri), lasciandole solo per i ministri, per il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, per i dirigenti di partito e per i presidenti di regione. Per tutti gli altri, lo ripeto, occorre togliere le macchine di servizio.
Occorre poi una revisione seria della giungla retributiva ed un'eliminazione dei superstipendi e delle superliquidazioni, un dimezzamento delle retribuzioni ai manager di enti e società pubblici.
Per tutti questi motivi siamo contrari a tale decreto e voteremo contro, perché con esso - lo ripetiamo - non si entra in Europa. In Europa bisogna entrarci con la
piena coscienza di poter affrontare il futuro e con piena tranquillità per i nostri cittadini.
Nella mia dichiarazione di voto vorrei illustrare le ragioni di merito e politiche per le quali questa maggioranza non merita che si voti a favore della conversione in legge del decreto-legge. Questa è stata da molti punti di vista una settimana-chiave per la politica italiana. Forse non sono completamente visibili i fattori decisivi di questa settimana e vorrei cercare, naturalmente con la pochezza di mezzi di cui dispongo, di illustrarli.
Il primo fattore è rappresentato dalla trentesima fiducia. Sia chiaro, io penso che il ricorso al voto di fiducia non sia soltanto una manifestazione di arroganza, che è senza dubbio un termine metaforico, ma sia anche la manifestazione di una difficoltà politica ed istituzionale connessa ad un mutamento. È certamente vero che il ricorso al voto di fiducia è determinato dalla nota sentenza della Corte costituzionale che impedisce la reiterazione dei decreti-legge e che, quindi, mette la maggioranza e il Governo di fronte alla necessità di fare delle scelte che abbreviano i tempi della tradizionale dialettica politica che questo Parlamento e questo sistema politico hanno conosciuto. Quindi, la trentesima fiducia chiesta dal Governo è il sintomo di una difficoltà.
In questa settimana-chiave si è avuta una serie di fenomeni parlamentari che sono stati descritti come una violazione delle regole. Mi limito ad elencarli. Il primo fenomeno è stato rilevato dal collega Vito in uno degli interventi di questi giorni ed io vorrei richiamarlo per ricordare quanto sia stato importante. Noi abbiamo introdotto il cosiddetto Premier question time, vale a dire un istituto che mette il Presidente del Consiglio di fronte alle interrogazioni parlamentari in modo immediato e senza rete. Ebbene, la prima volta che questo istituto doveva essere sperimentato, lo abbiamo evitato. Si faccia attenzione, la seduta fiume non giustifica questa scelta, perché il question time rivolto al Presidente del Consiglio ha una funzione parlamentare che è certamente più rilevante della seduta fiume. Quindi, ci siamo trovati di fronte ad una prima violazione delle regole.
La seconda violazione delle regole si è avuta ieri. Mi riferisco al tentativo un po' maldestro e un po' goffo, e alla fine censurato da uno stesso esponente della maggioranza, con il solito imbarazzo che prende il collega Mussi quando non si ricorda più se ha torto o ha ragione, di cambiare le regole del gioco dell'ostruzionismo - chiamiamolo così - in corso d'opera. Non so quali origini abbia avuto questo tentativo, probabilmente ha avuto la stessa origine di quell'altra violazione delle regole tentata - la triste disavventura rientrata anche quella - ieri pomeriggio con questa grande assemblea della maggioranza che, per ragioni tecniche, si sarebbe dovuta svolgere in una sede esterna al Parlamento. Questa vicenda mi ha fatto venire in mente quello che era accaduto alcuni mesi fa, quando un illustre personaggio della politica internazionale, il Presidente della Bielorussia, mi pare, ha chiuso il Parlamento di quel paese per effettuare dei lavori di ristrutturazione nel palazzo in cui esso aveva sede. Lo dico perché il povero Presidente della Bielorussia era un personaggio simpatico e decisionista e forse non si era accorto di quello che stava combinando.
Un'ulteriore violazione delle regole è rappresentata da questo ritorno davvero curioso di un certo uso dell'ordine pubblico nei confronti di manifestazioni di piazza. A tale riguardo i giornali di oggi contengono dettagliate descrizioni. Il collega Guerra probabilmente ha il cuore che sanguina, perché si sente dall'altra parte di una barricata dietro la quale si è trovato per tanti anni. Ed io, pensando che il collega Guerra ha il cuore che sanguina, sono contento e quindi non faccio nient'altro se non ricordargli che si trova nella medesima posizione di quelle persone che - immagino - lui ha tante volte stigmatizzato e contro le quali ha protestato.
La cosa grave è però la mancata presenza del ministro dell'interno per spiegare in Parlamento quanto è accaduto a Vicenza. Sono rimasto stupito, anzi addolorato, nel vedere che i giornali di oggi riportano dichiarazioni del ministro dell'interno relative a valutazioni su quegli avvenimenti. Ma come? I giornali riportano le opinioni del ministro dell'interno e le sue valutazioni ed io, povero parlamentare, insieme a voi, altrettanto poveri parlamentari, non ho ricevuto alcuna comunicazione al riguardo, anzi mi è stato detto che non si poteva avere il piacere di sentire il ministro dell'interno? È un fatto di estrema gravità, perché riferire su fatti che turbano l'opinione pubblica è uno dei doveri principali di una compagine ministeriale ed è uno dei compiti principali di un Parlamento. Il fatto che ciò non sia avvenuto è l'elemento di maggiore preoccupazione che, alla fine di questa giornata, nutro.
Si è trattato, quindi, di un insieme di violazioni delle regole che, siccome non penso mai che qualcuno violi le regole intenzionalmente, ma ritengo che ciò avvenga perché si viene trascinati, disegna un quadro della maggioranza che, senza essere né drammatico né retorico, vorrei chiamare di dissoluzione. Di solito il termine dissoluzione ha un significato negativo, ma io cercherò di dargli il semplice significato descrittivo. Non mi riferisco al fatto fisico dell'inesistenza della maggioranza, perché sono comprensivo verso le esigenze notturne delle maggioranze di Governo e di tutto il paese, ma parlo del fatto politico.
Torno quindi alla posizione della questione di fiducia. Questa non è stata posta perché c'era l'ostruzionismo preconcetto dell'opposizione, perché sappiamo tutti che non è vero. Non è stata posta perché bisognava assolutamente convertire il decreto nei termini prescritti dalla Costituzione, perché abbiamo perso più tempo. È ovvio invece, almeno per me, che la questione di fiducia è stata posta perché molto probabilmente alcune componenti della maggioranza avrebbero concordato con l'opposizione delle modifiche a quel decreto che ad altre componenti della maggioranza non erano gradite. Questa è stata probabilmente la ragione della posizione della questione di fiducia. Ed è bastata la paura che ciò avvenisse. Se le cose stanno così, lo stesso Presidente del Consiglio, in un intervento che ho sentito alla radio, ha disegnato il quadro di una maggioranza virtuale. Più volte, infatti, nel suo intervento all'assemblea dei gruppi della maggioranza ha detto: stiamo costruendo la maggioranza. Questa espressione del Presidente del Consiglio, che è certo un uomo intelligente, mi ha colpito. Se il Presidente del Consiglio dice: stiamo costruendo la maggioranza, vuol dire che la maggioranza che regge questo Governo è una maggioranza virtuale. E la ragione per cui svolgiamo il lavoro che stiamo facendo è diretto a portare la virtualità alla realtà (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e del CCD).
dell'ostruzionismo, secondo la pratica in vigore in tutte le democrazie occidentali.
In una agenzia di oggi il Vicepresidente del Consiglio afferma, invece, che l'ostruzionismo deve essere utilizzato solo in circostanze drammatiche. Desta stupore il fatto che tali affermazioni provengano da chi, per decenni, ha utilizzato il sistema ostruzionistico in moltissime occasioni e per vicende meno drammatiche di questa e sicuramente più legate agli interessi prima del partito comunista italiano e poi del PDS.
Il sottoscritto può affermare con certezza che l'approvazione di questo decreto porterà effetti dannosi all'economia nazionale e ad un generale impoverimento del ceto medio e alla compressione di tutte le attività produttive ed imprenditoriali che rappresentano la forza viva del nostro paese. Se il Vicepresidente del Consiglio, l'onorevole Veltroni, considera questo ennesimo provvedimento di inasprimento fiscale alla stregua di un evento non drammatico, vuol dire che ci troviamo in un paese non più democratico e nemmeno normale, come vorrebbe far credere il segretario del PDS, onorevole Massimo D'Alema. Mi limito perciò a compiere alcune brevi osservazioni sugli effetti disastrosi che l'approvazione di questo decreto provocherà.
In primo luogo nel settore dell'edilizia, che è sempre stato uno dei settori portanti della nostra economia, l'aumento dell'IVA ovvero la mancata riduzione delle aliquote che il Governo vorrebbe operare provocherà un ulteriore blocco della già drammatica situazione occupazionale e conseguentemente una riduzione di posti di lavoro e dello sviluppo economico. Tale problematica certamente non interessa questo Governo e soprattutto non sembra interessare i tanti colleghi meridionali della maggioranza che hanno votato ciecamente, e che voteranno ciecamente, ma anche irresponsabilmente, la fiducia su questo provvedimento, senza considerare minimamente che con questa scellerata iniziativa non si fa altro che colpire, ancora una volta, in modo particolare proprio il meridione d'Italia, che finisce sempre per pagare in prima battuta sotto il profilo sociale, prima che economico, il prezzo degli inasprimenti fiscali.
Passo alla seconda osservazione. La filosofia politica ed economica di questa maggioranza mortifica, attraverso l'inasprimento dell'imposta dell'IVA, tutto il mondo dell'imprenditorialità e della produzione italiana, una politica economica sventatamente antieconomica che colpisce duramente anche il mondo dell'agricoltura italiana. A questo proposito non dobbiamo dimenticare che tale settore si colloca, nonostante questo Governo e i ministri Ciampi e Pinto, al primo posto in Europa.
L'agricoltura italiana ha saputo esprimere comunque, contro tutto e tutti, la vitalità e l'impegno degli investimenti nella produzione e nella qualità che la collocano in posizione di tutto rispetto nello scenario internazionale. Non accenna però ad essere superato il contrasto tra il valore dimostrato dal settore agricolo e le prospettive non entusiasmanti del mercato, perché l'impegno degli agricoltori, la loro dedizione e le loro capacità non bastano per superare le situazioni di difficoltà e le risposte negative che puntualmente arrivano dal Governo, come dimostrano le tensioni e gli incidenti di queste ore tra i produttori di latte e le forze dell'ordine. Vediamo un Governo incapace di ascoltare e di affrontare le vere problematiche, che preferisce piuttosto «manganellare» i pacifici manifestanti e mettere a tacere qualsiasi voce che non canti nel coro dell'esaltazione dell'Ulivo.
Terza osservazione: questo decreto colpisce il settore del tessile e delle calzature che rappresenta una realtà importante e trainante dell'economia italiana. L'aumento dell'IVA determinerà un aumento dei prezzi al consumo che, come conseguenza, porterà immancabilmente alla diminuzione del potere d'acquisto e a un forte fenomeno di recessione economica. Unico effetto prevedibile, anzi certo, è la chiusura di tante altre migliaia di piccole imprese che non reggeranno il carico di questo nuovo, inopinato peso fiscale. Tutto ciò comporterà la diminuzione del
lavoro, anziché il suo rilancio, con la scusa risibile della necessità di questo provvedimento per poter entrare in Europa. Con esso il Governo dimostra di muoversi sul piano economico senza conoscere effettivamente la realtà economica italiana: non capisce infatti ciò che è evidente a tutti, anche ad ampi strati della stessa maggioranza, che tacciono però per quieto vivere, se non per viltà. Questo provvedimento non sosterrà lo sviluppo e l'occupazione - è chiaro - ma il Governo insiste nel percorrere la strada dell'aumento della pressione fiscale, dimostrandosi però incapace di contenere la dinamica della spesa pubblica. Con questo modo di agire deprimerà la domanda interna e allontanerà sempre di più la ripresa produttiva ed occupazionale.
Ricordo all'onorevole Prodi e a questa maggioranza l'impegno assunto davanti agli elettori italiani, un impegno preciso e chiaro sulla base del quale hanno raccolto voti e consensi: in caso di vittoria elettorale assicuravano che non avrebbero inasprito la pressione fiscale e avrebbero allo stesso tempo favorito la ripresa e l'occupazione. Queste sono state fino ad ora promesse da marinaio, inganni puri e semplici dei quali i cittadini devono conoscere l'imbarazzante grandezza. Se ne sono già accorte le nostre imprese, sempre più gravate da oneri fiscali di gran lunga superiori a quelli degli altri paesi europei, e per tale motivo si trovano sempre più in difficoltà nel fronteggiare la concorrenza estera, con l'effetto di dover far fronte anche ad un altro imbarazzante fenomeno, quello della delocalizzazione degli stabilimenti italiani in paesi esteri che hanno, al contrario del nostro, sistemi fiscali sopportabili.
Il Governo Prodi ha deciso, con questa manovra, di sacrificare ancora una volta lo sviluppo del paese e dell'occupazione. Il sistema fiscale non può essere utilizzato per opprimere, non può essere usato per stroncare la produttività del paese; deve essere bensì usato per sostenere, non per vessare le categorie interessate ponendo fine alla chiusura di tante piccole e medie imprese che costituiscono l'orgoglio e l'ossatura del nostro sistema produttivo.
Onorevole Presidente del Consiglio, parlo a nome di tanti giovani disoccupati e di tanti operatori economici del meridione, nonché di tutti i cittadini italiani che si auguravano una condizione migliore, in un paese normale, secondo il «D'Alema pensiero», dove vivere nella speranza di migliorare le proprie condizioni socio-economiche senza avere, come unica alternativa quella di espatriare o di chiudere bottega. Con questo provvedimento lei, signor Presidente, toglie anche la speranza a questo paese con l'alibi di offrirgli il biglietto per l'Europa; stacca invece il tagliando per il crack economico. È per queste condizioni, che determinano soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia poche speranze di ripresa, è per questo che, insieme a milioni di italiani delusi e incattiviti per essere stati presi in giro da un Governo insensibile ai veri problemi della società civile, esprimo il mio voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Quanto sta accadendo in quest'aula e, con le sue amplificazioni, nel paese, sta generando una sorta di falso allarme e preoccupazione tra i cittadini. Si sta tentando addirittura di fare del terrorismo politico, avvelenando la pubblica opinione e riversando sulle forze di opposizione responsabilità e colpe solo perché ci si ribella, in modo civile e democratico, ad un progetto governativo che se passerà, e noi speriamo di no, produrrà ulteriori danni all'economia e allo sviluppo produttivo del paese.
Il Governo, preoccupato di portare avanti una linea di politica dirigista e sordo ad ogni sollecitazione e suggerimento del Polo e della lega nord, sta per varare un provvedimento che scipperà altri 5.000 miliardi dalle tasche degli italiani. Siamo in trincea per tutelare, difendere e garantire non solo quella parte del paese che lavora e produce, ma soprattutto le fasce deboli della popolazione, che inevitabilmente pagheranno il più alto prezzo per questo tipo di operazioni che, alla lunga, produrranno danni ed effetti contrari a quelli desiderati.
È totalmente inaccettabile che questo Governo rifiuti il confronto, il dialogo con il Parlamento e voglia far assumere a quest'ultimo le funzioni di notaio delle sue arroganti scelte. Da queste nostre ferme, decise e determinate lotte speriamo di promuovere un cambiamento di atteggiamento della maggioranza, che non può, così come sta facendo, che condurci ad una specie di regime in cui le decisioni vengono prese e imposte dall'alto senza quel necessario e proficuo dibattito che è l'essenza della democrazia. Siamo molto inclini ad assumere comportamenti critici e censori nei confronti di altri paesi quando questi, ancorché retti da giovani democrazie, danno talvolta esempio di decisioni etichettate come autoritarie e dispotiche.
A questo punto è d'obbligo interrogarsi: possiamo seriamente proporci come esempio del modello di democrazia se in questa occasione, come in tante altre, la maggioranza blocca, strozza e mortifica il libero confronto con le forze dell'opposizione? Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest'aula chiede di riappropriarsi del ruolo e delle funzioni che spettano ad un libero Parlamento, altrimenti finiremo un giorno per essere additati come un Parlamento ingessato ed imbavagliato.
Stiamo vivendo un momento veramente drammatico della nostra democrazia. Le sinistre, che per decenni in quest'aula hanno combattuto e condannato Governi adusi a ricorrere a metodi poco ortodossi secondo i loro punti di vista, per la velocità e snellezza che davano al proprio lavoro, con il ricorso continuo alla decretazione d'urgenza creano le medesime situazioni. Ora che si trovano dall'altra parte della barricata, immemori della loro storia e della loro origine politica, ripetono senza scrupoli quei comportamenti da loro sempre biasimati.
Noi lottiamo con accanimento e con passione questa battaglia, perché desideriamo far giungere questo grido di allarme e di denuncia anche fuori dal Parlamento, al fine di evidenziare le macroscopiche contraddizioni di questo Governo che, impegnato com'è a potenziare e a conservare il monopolio del potere, non riesce ad aprire un pur minimo dialogo con le opposizioni per la ricerca e l'accettazione di quel contributo propositivo e migliorativo, attraverso la formulazione di emendamenti e di richieste aggiuntive per rendere il testo in esame sempre più aderente ai bisogni dei cittadini.
Noi del Polo facciamo quadrato e ci compiaciamo di essere insieme ai colleghi deputati della lega nord per portare avanti questa sfida al potere centrale nel nome di quel grande e insostituibile bene che è la libertà. Siamo consapevoli che il provvedimento in discussione ha obiettivi e finalità di cui non disconosciamo l'importanza. Non riusciamo però a comprendere il rifiuto di ogni contributo dialettico che proviene dai banchi dell'opposizione. Non ci preoccupa il coro di critiche e di condanne che i partiti della maggioranza non si stancano di elevare contro di noi, ma siamo responsabilmente attenti a non tradire le ragioni e le aspettative di tanti cittadini, operatori commerciali, piccoli imprenditori, artigiani, coltivatori diretti, che con queste proposte di prelievo selvaggio vedono vanificati tanti loro disegni, tanti loro progetti (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza Italia).
tutto dell'aula e del palazzo per la grandissima professionalità dimostrata. Un grazie va a loro, perché l'opposizione ha bisogno di muoversi e di esistere comunque, grazie agli strumenti che loro continuano a fornirci.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, riprende una traccia già parzialmente svolta il 26 novembre, anche al fine di lasciare agli atti una memoria storica indelebile delle motivazioni, politiche e di merito, che hanno indotto l'opposizione tutta a decidere di reagire all'ennesima violenta provocazione messa in atto da un Governo e da una maggioranza, peraltro chiaramente sfilacciata, arrogante ed inutilmente muscolare. Con il mio intervento, voglio cercare di illustrare all'opinione pubblica e ai tanti e attenti cittadini che, grazie a Radio radicale, ci ascoltano, le motivazioni reali che ci hanno indotto ad avversare il provvedimento attualmente all'esame - e mi auguro che l'esame continui ancora a lungo - dell'Assemblea.
Ho già detto nell'intervento dell'altro giorno che il Governo, contrabbandando la necessità di recepire nell'ordinamento interno talune disposizioni della normativa comunitaria, ha voluto invece mettere in essere una vera e propria manovra che, per l'ultimo trimestre del corrente anno, è stata qualificata in 1.500 miliardi. È bene dirlo con vigore, affinché l'opinione pubblica prenda coscienza dei comportamenti di un Governo che continua in una politica tesa al risanamento dei conti dello Stato soltanto inasprendo al pressione fiscale; e tanto accade benché il Presidente del Consiglio Prodi abbia più volte dichiarato di volere contenere la pressione fiscale.
Quando nell'immaginario collettivo e nella satira più benevola il Presidente del Consiglio veniva paragonato a Pinocchio, probabilmente si determinava una semplificazione impropria. Ormai non esistono più le bugie benevole, ma esiste la falsificazione della realtà, una mistificazione quotidiana che vuole impedire alla gente di comprendere nell'immediato quello che realmente accade.
La gente invece, purtroppo, comprenderà benissimo il senso delle scelte economico-finanziarie del Governo quando, fra qualche mese, potrà collegare a questo provvedimento, e ad altri quali quello sull'IRAP e la legge finanziaria che tra qualche giorno arriverà in aula, l'innegabile effetto inflazionistico congiunturale che verrà prodotto.
Anziché intervenire in maniera strutturale con misure di razionalizzazione sella spesa pubblica - come più volte chiesto anche dal centro cristiano-democratico - questo Governo continua a determinare pesanti incrementi degli oneri fiscali e parafiscali, già assolutamente insostenibili, vanificando ancora di più ogni ipotesi di ripresa occupazionale e produttiva.
Quella che viene fatta passare come una riduzione fiscale da realizzarsi con la riduzione delle aliquote IVA (che passano da quattro a tre), nasconde invece un subdolo inasprimento di imposta su alcuni generi che determinerà una ulteriore flessione del PIL. In particolare molti beni, già rientranti nell'aliquota del 16 per cento, passeranno a quella del 20 per cento: mi riferisco alle calzature, ai prodotti tessili, all'abbigliamento, ai materiali dell'edilizia, al legno, ai saponi comuni ed alle apparecchiature scientifiche. Altre prestazioni invece (mi riferisco ad esempio al trasporto pubblico urbano) passeranno dal regime di esenzione all'aliquota del 10 per cento; se si considera poi che l'aliquota del 19 per cento passa al 20 per cento per moltissimi beni, si comprenderà facilmente quali potranno essere gli effetti reali del provvedimento, si comprenderà che, in poche parole, verrà determinato un corposo aumento del costo della vita.
E questa scelta di politica fiscale è ancora più grave se adottata in un paese come l'Italia, dove esistono 5 milioni di partite IVA, quale testimonianza inconfutabile di una massiccia presenza di una imprenditorialità piccola e media che verrà ancora una volta penalizzata da un inasprimento fiscale che non potrà non essere poi trasferito sui beni finali con un aggravio tutto a carico dei consumatori.
Ed in questa logica, con questo genere di provvedimenti, ancora facciamo finta di meravigliarci se molti imprenditori preferiscono delocalizzare gli insediamenti produttivi e trasferirsi all'estero?
Ed ancora: il Governo è veramente convinto che questa mistificata semplificazione delle aliquote fiscali comporterà maggiori entrate di circa 1.500 miliardi nel 1997 e di quasi 6 mila miliardi nel 1998, o non considera invece che la conseguente stretta congiunturale, riducendo il ciclo economico e quindi i consumi, ridurrà automaticamente il gettito?
Ci sarebbe tanto da dire sul provvedimento in esame ma non ne avrò il tempo, voglio però evidenziare, a vantaggio dei tanti colleghi della maggioranza che provengono dalle regioni a statuto speciale o dalle province autonome, che l'articolo 7 del provvedimento prevede, tra l'altro, una riserva assoluta in favore dell'erario di tutte le maggiori entrate derivanti dalle disposizioni contenute nel decreto-legge in esame.
Alle regioni a statuto speciale e alle province autonome spettano, infatti - sulla scorta di quanto stabilito dagli statuti -, l'intero gettito o quota parte di essa rispetto alle entrate riscosse sul rispettivo territorio.
Questo Governo, in barba ad ogni federalismo fiscale, ed in aperta violazione delle disposizioni statutarie, con la disposizione di legge sopra menzionata intende assicurarsi l'intero gettito.
Sono consapevoli di questo i parlamentari dell'Ulivo?
E cosa risponderanno quando nelle sedi locali questa abnorme prevaricazione verrà loro contestata?
Contro questa protervia, contro questa falsità, contro questa mistificazione noi ci battiamo; ed è per questo che faremo tutto ciò che possiamo per impedire che il decreto-legge possa essere tempestivamente convertito in legge.
Proprio in merito a questo ultimo aspetto e, cioè, proprio quello della tempestività della conversione in legge, intendo spendere due parole, le ultime che mi auguro mi voglia consentire in questa occasione un Presidente non tiranno.
Non sono un costituzionalista - e lo dichiaro subito - però non posso condividere semplicisticamente l'opinione di quanti (compresa l'informazione di regime) ritengono con una certezza proterva che il decreto possa essere convertito in legge entro le ore 24 di sabato prossimo.
Il precetto costituzionale, consacrato nell'articolo 77, terzo comma, prevede che ogni decreto-legge perde efficacia se non convertito entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. Essendo stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 1997, al fine di stabilire il termine ultimo utile per la conversione, è stato sostenuto da alcuni che occorra fare riferimento alla disciplina civilistica ricavabile dal combinato disposto degli articoli 2963 del codice civile e 155 del codice di procedura civile, con la logica conseguenza che, applicando così il principio del dies a quo non computatur in termino, non dovrebbe essere conteggiato il giorno di pubblicazione e quindi la conversione sarebbe possibile fino alle ore 24 di sabato 29 novembre.
La mia modestissima opinione, invece, è che il dubbio appaia legittimo e che occorra riflettere se conteggiare anche il giorno di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Se si aderisse alla tesi propugnata dagli autorevoli professori dell'Ulivo, infatti, ci troveremmo di fronte ad un provvedimento che dispiegherebbe la sua efficacia fino al 28 novembre (l'articolo 8 del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 settembre specifica, infatti, che «il presente decreto entra in vigore» - e dispiega quindi la sua efficacia - «il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale»); mentre ai fini della conversione in legge il termine ultimo - applicando appunto il principio del dies a quo - sarebbe di sessantuno giorni e cadrebbe il 29 novembre. Essendo però il precetto costituzionale espressamente collegato all'efficacia del decreto (decadenza), appare inimmaginabile prevedere un termine
di conversione non coincidente con quello proprio di sopravvivenza dell'atto normativo. Come dicevo, quindi, il dubbio è legittimo!
Ed allora, ecco perché noi continuiamo questa nostra staffetta per la libertà del contribuente italiano, consapevoli che, se scambiandoci il testimone, riusciremo a tagliare il traguardo ideale delle ore 24 di oggi, venerdì 28 novembre, avremo reso un servizio utile alla nazione.
Ed ecco perché io, a nome del mio gruppo, annuncio il mio voto contrario sul provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza Italia).
Non so se al termine di questa maratona, di questa seduta fiume, saremo riusciti a far decadere il decreto-legge in esame. Non sono particolarmente appassionato alla diatriba sulla effettiva data di scadenza di questo decreto-legge; anche se un giorno in più o in meno di pagamento delle tasse - soprattutto se queste sono ingiuste - per noi fa grande differenza.
Quello che invece mi sembra importante è che questo decreto-legge debba decadere proprio per le ragioni per le quali la maggioranza chiede che venga assolutamente approvato. Mi spiego: alcuni esponenti della maggioranza hanno affermato che la mancata approvazione di questo decreto-legge metterebbe a rischio la possibilità per l'Italia di partecipare alla moneta unica fin dall'inizio; con ciò sottolineando l'irresponsabilità dell'opposizione nel provocare tutto questo. Ora, poiché questo decreto-legge prevede un aumento delle entrate IVA stimate in 1.500 miliardi di lire per il 1997 (anno sul quale viene valutato il rispetto o meno del requisito del 3 per cento del rapporto tra deficit e PIL, fondamentale per entrare nella moneta unica) significa che l'entrata nella moneta unica dipende - almeno da ciò che dice la maggioranza - da questi 1.500 miliardi; su un totale del bilancio dello Stato che si aggira attorno ai 700 mila miliardi. E tutto questo quando il requisito del 3 per cento è minacciato dalla presenza nel bilancio dello Stato di quasi 300 mila miliardi di lire di residui passivi, cioè di somme stanziate nel bilancio che hanno già dato origine a decisioni politiche di spesa, non ancora effettivamente spese e che potrebbero essere spese in qualsiasi momento. È una valanga che potrebbe abbattersi in qualsiasi momento e travolgere il fragile argine del fatidico rapporto del 3 per cento.
Penso quindi che l'irresponsabilità stia tutta in questo Governo che non ha la maggioranza per rimuovere, con misure strutturali, questa bomba potenziale che potrebbe fare esplodere i conti pubblici.
Ecco, la mancata conversione in legge di questo decreto-legge, permetterebbe di far venire allo scoperto questa situazione, che è tenuta invece coperta fino a questo momento dalla volontà pervicace del ministro Ciampi di restringere i cordoni della borsa. Ciò permetterebbe di evitare che, una volta entrati nella moneta unica, il prezzo pagato per restarci diventi insopportabile.
Ma la mancata conversione di questo provvedimento, permette anche di mettere a nudo il grande tentativo di mistificazione della realtà portato avanti dal Governo Prodi, che cerca di occultare, complice un sistema dell'informazione compiacente, la vera natura degli atti legislativi che porta.
Faccio alcuni esempi. Le quote latte. Al di là del vergognoso atteggiamento del Governo sul fronte dell'ordine pubblico, il problema delle quote latte è, per questo
Governo, a leggere il decreto-legge ritirato dal ministro Pinto la scorsa settimana, un problema di ripristino di liquidità, quando invece sappiamo che quel decreto-legge tratta della restituzione di somme indebitamente percepite dallo Stato, che ha comminato agli allevatori delle multe per infrazioni che non hanno commesso.
Seconda mistificazione. Il provvedimento collegato porta un titolo suggestivo: misure per la stabilizzazione della finanza pubblica. In realtà, a leggerlo bene articolo per articolo, si scopre che per metà tratta di argomenti che nulla hanno a che vedere con la legge finanziaria e che non hanno effetto sui saldi, come anche il Presidente Violante ha ritenuto di sottolineare. In secondo luogo, secondo autorevoli centri di studi economici vicini alla sinistra come il CER, si manifestano perplessità sull'effettiva capacità di queste misure di produrre gli effetti sperati. Sarebbe cioè un provvedimento non in grado di far conseguire l'obiettivo del contenimento del deficit nella cifra preventivata nel documento di programmazione economico finanziaria. Quindi, se di stabilizzazione si tratta, è soltanto quella della maggioranza di Governo, che ancora una volta ha allontanato il momento delle scelte difficili, scelte sulle quali la maggioranza uscirebbe completamente a pezzi, visto che risulta irrimediabilmente divisa su tutte le grandi questioni sociali ed economiche, come il lavoro, l'occupazione, il risanamento, la riforma dello Stato sociale e via di seguito.
Terza mistificazione. Nel provvedimento collegato sono sbandierate misure di incentivo e di promozione dell'economia: andiamo a vedere, per esempio, l'articolo 13, che ha un titolo accattivante come «promozione del turismo». La norma prevede il trasferimento all'ENIT di somme non utilizzate pari a 10 miliardi nel triennio. Avete capito bene, 10 miliardi nel triennio, per un settore che da solo contribuisce al saldo della bilancia commerciale per decine e decine di migliaia di miliardi.
Ma c'è una quarta mistificazione, più subdola ed ancora meno accettabile. Il Governo decide quanto togliere, lo raddoppia, finge la concertazione per ammorbidirlo e poi presenta la misura finale come il successo della concertazione e del buon senso. In realtà, il prodotto finale è uguale alla decisione iniziale. Questo è successo sulla riforma delle pensioni per gli autonomi, ma anche sull'introduzione dell'IRAP e sulla modifica delle aliquote IRPEF. Su queste ultime c'è anche una variante in più, che è poi la finta disposizione di qualche partito della maggioranza; ad esempio, il partito popolare sembra aver preso le distanze sia dall'IRAP sia dall'IRPEF. È troppo comodo essere nella maggioranza e far credere di fare opposizione dopo aver capito il tenore della protesta e la giusta critica sui provvedimenti sbagliati. Però questo è uno sport molto in voga nell'Ulivo.
Ricordo che l'onorevole D'Alema, leader del maggior partito della maggioranza di Governo, è andato a marciare a fianco degli operai nella manifestazione che denunciava l'inerzia e l'inefficienza del Governo sul tema dell'occupazione. Non so se questo possa essere considerato un sintomo della volontà di creare un regime. È senz'altro un segno di rozza arroganza, di una presa in giro dei cittadini elettori portata con freddo cinismo. Un vero leader che ha la propria forza politica con responsabilità di Governo non ostenta marce di protesta contro il Governo, ma espone le sue ricette per risolvere i problemi. La realtà è che questa maggioranza ha una politica economica impresentabile. Ciampi l'ha definita una stupidaggine economica, perché è una sciocchezza irresponsabile ricomporre una crisi di Governo con l'accordo sulle 35 ore e spostare 500 miliardi togliendoli dalla riforma del sistema previdenziale per aggiungerli alla lotta all'evasione.
L'accordo di maggioranza è fondato sulla stupidaggine economica. Questo Governo ha una politica economica impresentabile, e poiché questa è anche una politica di rassegnazione e di rinunzia ad una nuova stagione di sviluppo economico, diventa impresentabile anche la sua politica sociale, che finora è riuscita solo
a tutelare, con provvedimenti corporativi, parte del lavoro dipendente ed il grande capitalismo finanziario. Questo, signor Presidente, è il contesto politico in cui si svolge la discussione della legge finanziaria per il 1998 ed in particolare anche di questo decreto-legge di presunto riordino delle aliquote IVA, che è collegato anch'esso alla finanziaria.
È un provvedimento che è stato presentato come la norma di armonizzazione ad una direttiva economica dell'Unione europea...
Proprio perché vivo nella zona dove c'è questo presidio forte, organizzato, di produttori, fin dal primo momento non solo ho espresso solidarietà alle giuste ragioni della lotta di quelle persone, ma ho anche detto che non si doveva cedere né da una parte né dall'altra. Per questo ho evitato, a differenza di qualche altro collega, di strumentalizzare la protesta di questi produttori. Però non si possono tacere le cose gravi che sono capitate e le responsabilità evidenti, determinanti, negli accadimenti che poi si sono succeduti, del Ministero dell'interno, di chi ha coordinato le forze dell'ordine da una settimana a questa parte lungo l'autostrada Serenissima.
Non si possono tacere perché è stato proprio questo tipo di comportamento a generare non solo la violenza gratuita, stupida, cieca delle forze dell'ordine contro i produttori che protestavano e anche le persone di passaggio; il ferimento di una donna e del suo bambino accaduto ieri, come so per conoscenza diretta, perché persone a me vicine che erano presenti mi hanno riferito quanto stava accadendo, dimostra che si è colpito in maniera cieca, violenta, senza alcuna ragione, anche chi non aveva alcuna responsabilità in episodi che io per primo avevo denunciato, cioè episodi che limitano la libertà di altre persone quando si interrompe la circolazione, quando si interrompe l'autostrada, quando si rallenta il traffico nelle arterie di scorrimento attorno all'autostrada stessa. Ma la cosa grave non è tanto e solo questa, e non è nemmeno l'insipienza del ministro Pinto.
portare a conoscenza della Camera vicende che essa purtroppo non può conoscere, perché non ci sarà modo, sino a sabato prossimo, di sapere cosa sta capitando in questo paese. Poiché è stata messa la museruola ad un certo tipo di informazione, anche se fortunatamente esistono almeno le immagini che hanno fatto emergere le responsabilità di qualche membro della maggioranza, di tali vicende non si può tacere.
Ciò detto, signor Presidente, giacché da parte mia e del mio gruppo vi è sempre il rispetto delle leggi e delle norme che regolano la civile convivenza, entrerò nel merito del tema oggetto del nostro dibattito, non senza aver prima ricordato che abbiamo chiesto le dimissioni del ministro dell'interno. Esiste infatti da tempo in Veneto una strategia pericolosa ed inquietante che - secondo noi - vede complice il Ministero dell'interno.
Come ho detto all'inizio del mio intervento, mi è dispiaciuto perdere qualche minuto prezioso e sottrarre tempo alle riflessioni sul contenuto del decreto-legge. Avrei infatti voluto poter parlare delle inique proposte oggi al nostro esame. Si tratta di iniquità, perché non vi è alcuna selezione nelle proposte di aumento delle aliquote IVA effettuato con il provvedimento. Eppure, sarebbe stato necessario farlo, poiché non è possibile, solo per esigenze di cassa, solo per raggranellare alcune risorse, colpire indiscriminatamente settori produttivi e di servizi che avrebbero invece bisogno di un sostegno.
Ricordo al sottosegretario, che è sempre molto attento e responsabile nei suoi interventi, che vi è una sorta di schizofrenia nella politica del Governo. Mi riferisco per esempio all'edilizia residenziale, settore verso il quale da mesi il Governo sbandiera questioni concernenti le abitazioni con espressioni del tipo «rottamiamo le case» ed «imbianchiamo l'Italia». Ciò è, infatti, quanto da mesi state promettendo al paese. Poi invece aumentate l'IVA sui materiali edili, senza dire una parola sul fatto che dal 1 gennaio si applicherà l'aliquota del 20 per cento sulle manutenzioni straordinarie. Avete promesso, in maniera demagogica e propagandistica, che con il prossimo anno il cittadino potrà detrarre il 41 per cento delle spese per la manutenzione straordinaria dalla denuncia dei redditi. Avete però dimenticato di contenere il ritorno dell'IVA al 20 per cento, senza contare appunto che tale aumento riguarda anche i materiali edili.
Tutto ciò, signor sottosegretario, significa che quel provvedimento, che condividiamo nelle sue finalità, non potrà raggiungere i suoi scopi. Siamo ancora una volta di fronte alla politica dell'annuncio, delle aspettative, che è la cosa peggiore per settori strategici del nostro paese. L'economia vive di aspettative; ma se voi create false possibilità, la gente non potrà più fidarsi ad investire in certi comparti (ho fatto l'esempio delle abitazioni), non avrà più certezze.
Le ricordo inoltre, signor sottosegretario, affinché lo segnali al ministro Costa, che il 31 gennaio prossimo scade l'ennesima proroga degli sfratti. Pertanto, ci troveremo ancora una volta a dover affrontare un'emergenza in cui tante famiglie si trovano. Il ministro aveva promesso una legge dal lontano giugno 1996; invece, ci troviamo ancora con le proroghe. Le segnalo tale fatto, perché poi verrete in Assemblea a dirci che vi è la scadenza e che, quindi, bisognerà necessariamente operare un'altra proroga oppure accontentarsi delle poche lire che avete previsto nella legge finanziaria per il sostegno ai ceti meno abbienti, per il rilancio - il mitico progetto del quale parlate da mesi - delle abitazioni del nostro paese.
Sono tutti fattori che un'opposizione responsabile deve indicare al paese e, se è possibile, se avrete la bontà di ascoltarci, anche al Governo. Lo facciamo nell'interesse non di una parte, ma in vista di quegli obiettivi che voi per primi dichiarate di voler perseguire. Su questa strada non si crea nulla, si determinano solo aspettative tra loro contrastanti.
Potrei continuare con altri esempi relativi ai settori toccati dal provvedimento. Tuttavia la questione dell'edilizia, dal mio punto di vista, è la più emblematica,
perché viene penalizzato un settore che, in questi anni, ha perso decine di migliaia di posti di lavoro, un settore in cui non riuscite a far emergere tutto quel sommerso che colpisce l'economia sana e le casse dello Stato. Questo è l'altro aspetto, che non avete compreso, della nostra protesta. Non siamo contrari al fatto che ciascuno paghi in rapporto alle proprie disponibilità. Questo è un discorso che ci viene continuamente contestato dalla sinistra. Non si tratta di questo; non comprendete che più l'inasprimento fiscale è iniquo e non consente di aumentare la produzione e la ricchezza del nostro paese, più l'Italia rischierà di impoverirsi e di non disporre delle risorse che servono non solo per sostenere le spese dello Stato, ma anche per tutelare le fasce più deboli della popolazione (il cosiddetto Stato sociale). Quando voi aumentate l'IVA in molti settori che non lo meriterebbero, non facilitate - è sempre il caso del comparto edile - la riemersione di quei redditi che volete recuperare.
Queste sono le ragioni per cui personalmente ed a nome del mio gruppo esprimerò un voto contrario sul provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza Italia).
Prima di entrare nel merito di tali motivazioni, vorrei cercare di sciogliere due nodi che minacciano di soffocare il nostro dibattito. Il primo riguarda la natura del Governo; il secondo concerne il rapporto con l'opposizione, che si è rivelato, in questo frangente, assai difficile e, per qualche verso, tempestoso.
La natura del Governo - com'è stato rilevato da molti osservatori - è quella di esprimere una vocazione onnicomprensiva. La cronaca della vita politica di questi mesi ha messo in luce la propensione del Governo ad occupare tutti gli spazi, a recitare tutte le parti. Credo che alcuni aspetti della sua politica economica, sociale e fiscale rientrino in tale disegno.
L'onorevole Giovanardi, presidente del nostro gruppo parlamentare, ricorda spesso l'intervento con cui il Presidente del Consiglio presentò alla Camera il suo Governo. Si trattò di una rappresentazione, molto ottimistica, indulgente e generosa con se stesso, con cui il Presidente Prodi volle descrivere la maggioranza, ma sarebbe meglio dire una sorta di arca di Noè, nella quale avevano trovato posto tutte le specie della politica italiana e nella quale si radunava il meglio - così affermò allora il Presidente del Consiglio - della tradizione cattolico-democratica, repubblicana, riformatrice e chi più ne ha più ne metta. Sembrava quasi che fuori dal cerchio magico di questa maggioranza ci fossero i barbari (che poi saremmo noi), costretti all'opposizione.
A partire da quel discorso, abbiamo visto progredire tale singolare teoria politica. Abbiamo visto il partito della sinistra, che nelle condizioni normali - uso l'aggettivo che piace tanto al segretario del PDS - dovrebbe svolgere un ruolo socialdemocratico, assumere invece vesti del tutto diverse. Abbiamo assistito ad una singolare campagna acquisti ed all'approdo di Di Pietro nella maggioranza. Insomma, per dirla con le parole del senatore Cossiga, abbiamo visto costituirsi una coalizione di sinistra-centro-destra che tutto è fuorché normale.
Mentre però questa vocazione politica ad essere onnicomprensivi ha fatto qualche progresso in questi mesi, credo che se noi analizziamo i dati della politica economica e sociale balza all'occhio come questo Governo, questa maggioranza sia una coalizione di parte, che organizza e tutela alcuni interessi, alcuni segmenti della società e li organizza e li tutela contro altri interessi ed altri segmenti della società.
Questo è un Governo singolarmente sollecito verso le grandi confederazioni sindacali, fino quasi all'ossequio verso alcuni settori industriali; è un Governo disattento verso chiunque si trovi all'esterno di questo cerchio magico della concertazione, che sembra un po' la bandiera laburista del Governo dell'Ulivo.
Voglio ricordare - ma questo dibattito lo ha messo sufficientemente in risalto - che fuori da questo cerchio magico si trovano i ceti medi, si trova il popolo delle partite IVA, quelle 5 milioni di attività e di persone cui faceva riferimento poco fa l'onorevole Manzione; fuori da questo cerchio magico si trova la piccola e media impresa che sarà esposta sempre più al vento gelido di una concorrenza che nei prossimi anni dovrà affrontare senza la risorsa di un rapporto di cambio favorevole; soprattutto fuori da questo cerchio magico si trovano tutti coloro che non sono garantiti dal patto sociale che si è stretto intorno al Governo. Credo che l'immagine di una sinistra-centro-destra che abbraccia un po' tutti viene dissolta non appena si passa ad esaminare la politica fiscale e le proposte del Governo sullo Stato sociale ed assistenziale, sulla rigidità del lavoro, su tutto quello che scava una differenza forte tra il Governo stesso e l'opposizione.
Il secondo nodo è appunto quello dei rapporti tra questo Governo, questa maggioranza, questo Parlamento e, per quanto ci riguarda, questa opposizione.
Abbiamo visto affiorare pericolosamente in queste ore una concezione sbrigativa, insofferente e decisionista da parte del Governo. La sola idea che si potessero radunare i parlamentari amici in un cinema della capitale nelle stesse ore in cui l'Assemblea era impegnata a discutere in tempi forzati un decreto di questa portata dà l'idea di un conto che non torna nel rapporto tra l'esecutivo e il Parlamento.
Sono tra quelli che considerano con qualche perplessità la scelta che un anno fa ci trovammo costretti a prendere e che fu, con qualche forzatura del linguaggio, ribattezzata una scelta aventiniana sulla finanziaria. Ma se quello fu un errore - diciamo un errore umano per stare al proverbio - credo che 30 fiducie una sull'altra chieste al Parlamento siano una perseveratio diabolica e che l'Aventino della maggioranza - se di questo si tratta - rappresenta un ulteriore strumento del diavolo.
Siamo impegnati per la nostra parte a sostenere un dialogo istituzionale, ma lo vediamo vanificato in passaggi come questi, perché ci sembra che la vera competizione che avviene in queste ore in Parlamento sia quella tra due forme diverse e diversamente legittime di ostruzionismo. C'è un ostruzionismo del Governo contro il Parlamento e la richiesta di fiducia è in primo luogo un'arma puntata contro il dissenso che può nascere all'interno della maggioranza. C'è poi una forma di ostruzionismo che assomiglia per qualche verso ad una legittima difesa dell'opposizione contro il Governo. Credo ci sia un forte sapore di integralismo in questa posizione del Governo, nella sua propensione a farsi potere e a celebrarsi e a venire celebrato come verità. La nostra battaglia parlamentare vuole anche togliere di mezzo questa propensione che è gravida di rischi.
A chi nei giorni scorsi si interrogava sulla sorte dell'opposizione abbiamo cercato di offrire l'esempio di una battaglia limpida e severa, che crediamo valga a fugare il dubbio su un'opposizione a corto di idee e di argomenti e priva di forza e di convinzione.
Debbo dire che le ragioni che il Governo ha portato a sostegno di questo decreto non ci hanno convinto. Il Governo afferma che questo provvedimento sull'IVA è l'adeguamento ad una normativa fiscale ed europea. Ricordo qui le considerazioni che su questo tema hanno svolto nel dibattito generale, prima che si passasse all'esame degli ordini del giorno, alcuni amici dei nostri gruppi, in particolare gli onorevoli Peretti e Volonté. Si è ricordato che la sfida europea è stata addotta per introdurre 18 provvedimenti delegati che riformano globalmente il sistema fiscale italiano con il fine non
dichiarato di attuare un'ulteriore manovra finanziaria. Il Governo batte cassa e l'unico modo per garantirsi introiti sicuri è quello di aumentare le tasse. Il provvedimento aumenta le aliquote con la scusa di ridurne il numero producendo un effetto duplice: da un lato quello di colpire i beni di largo consumo; dall'altro quello di accrescere la sperequazione tra imposizione diretta ed indiretta a danno di quest'ultima (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza Italia).
Grazie, onorevole Follini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angeloni. Ne ha facoltà.
L'esecutivo, tra solidarietà annunciate e servizi negati, con questo decreto vuole di nuovo, in un paese esausto, aumentare la pressione fiscale di 5 mila miliardi e pretende di usare lo strumento dell'IVA come un torchio per la spremitura. Siamo tutti sotto schiaffo: consumatori finali e famiglie.
Il nuovo contesto tributario minaccia le imprese e, soprattutto, quel tessuto di piccole e medie aziende che fino ad ora hanno assorbito i molti colpi della congiuntura; minaccia l'Italia urbana, quella rurale, quella marinara e quella montana; tema forte questo che salda oggettivamente gli umori dei ceti medi e del mondo produttivo all'unica opposizione esistente.
C'è un vasto settore del paese che è stanco di subire, di essere spremuto a favore della rottamazione e di altro e c'è un solo schieramento politico che lo rappresenta validamente, cioè il Polo per le libertà e la lega nord per l'indipendenza della Padania. Offendendo noi per il tipo di opposizione che stiamo facendo, voi colleghi dell'Ulivo, voi del Governo, offendete quella maggioranza numerica che ha votato il 21 aprile e che per una strampalata legge elettorale voi oggi governate.
L'opposizione dà battaglia al Governo, cerca di contrastare il sistematico ricorso al voto di fiducia (per l'appunto la trentesima); lo fa il Parlamento con un'energia che stupisce tutti gli illustri clinici che già ci davano per spacciati.
Il Polo e la lega hanno infatti deciso di coalizzarsi contro l'arroganza dell'esecutivo. Stiamo cercando di far decadere il decreto sull'IVA, che per rimanere in vigore deve essere assolutamente approvato entro la mezzanotte del giorno che fa comodo al Governo.
Abbiamo detto, signor Presidente, che non abbiamo mai creduto all'affermazione del Governo secondo la quale questo provvedimento tende a realizzare un più marcato allineamento alle direttive comunitarie. Certo, esiste una direttiva europea ed è altrettanto certo che ad essa, come a tutte le altre ci dobbiamo adeguare. Siamo europeisti convinti; lo abbiamo detto e lo abbiamo dimostrato più volte qui in aula con il nostro atteggiamento. Ricordiamo che nel regime transitorio l'aliquota IVA normale non deve essere inferiore al 15 per cento. Questo è un dato di fatto, ma nessuno ha detto che debba necessariamente ed obbligatoriamente attestarsi al 20 per cento. Così facendo l'Italia si pone, rispetto agli altri paesi comunitari, tra i più esosi in materia di IVA. Per impedire questo la nostra azione si protrarrà fino all'ultimo secondo utile per far decadere il decreto.
Il signor Presidente del Consiglio si dice preoccupato per il nostro atteggiamento ed agita lo spauracchio dell'ingresso in Europa, dicendo che la mancata approvazione del decreto farebbe saltare
tutti i conti del Governo, che sarebbe costretto a rinunciare a più di 5 mila miliardi di entrate.
Non condividiamo tale preoccupazione e poi le diciamo, signor Presidente del Consiglio, che se si preoccupa di perdere tale entrata, dovrebbe a maggior ragione preoccuparsi per il mancato introito fiscale dovuto dalla Philip Morris, pari a 22 mila miliardi che, sommati agli interessi e alle multe, diventano circa 60 mila miliardi, un'intera manovra finanziaria.
Se ella ed il suo ministro vi foste preoccupati di accelerare i tempi di recupero di tale evasione fiscale a danno dello Stato, oggi noi dell'opposizione non staremmo qui a quest'ora per impedire un nuovo inasprimento fiscale contro tutto il tessuto produttivo, ma ringrazieremmo lei ed il suo ministro per aver recuperato quel denaro che non avrebbe fatto pesare sulle spalle degli italiani onesti questo nuovo inasprimento fiscale.
La maggioranza dovrebbe essere felice, dato che fino a ieri ci ha sfinito sostenendo che si sentiva zoppa, perché senza avversari che la stimolassero. Ora che è il momento del confronto in aula loro, gli unti del Signore, non esultano, anzi se ne vanno in un cinema per criticare l'opposizione.
Cari colleghi dell'Ulivo, ricorrete a tutti i mezzi per negare a noi dell'opposizione ogni diritto, ma questo non ci stupisce, perché sappiamo bene che nella cultura politica delle sinistre le opposizioni, quando ne permettete l'esistenza, devono pensarla sempre come la maggioranza.
L'esecutivo usa la fiducia come un clava e strepita quando l'opposizione non ha la finezza, la delicatezza di essere come lui la vuole.
Quindi siamo ancora in quest'aula per difendere tutti quegli italiani che non possono reagire, in quanto abbandonati anche dai sindacati che una volta erano controllori degli atti governativi ed oggi sono i notai della logica di questo regime. Siamo qui soprattutto per dimostrare che l'opposizione c'è, si vede ed è viva (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza Italia).