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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti.
(Per gli ordini del giorno vedi l'allegato A ai resoconti della seduta del 25 novembre 1997 sezione 1)
PRESIDENTE. Riprendiamo le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno.
NINO SOSPIRI. Signor Presidente, questa mattina, fino quasi a toccare l'alba, noi deputati dell'opposizione siamo stati presenti in quest'aula, non perché siamo masochisti (non ci piace), né perché siamo sadici, né tanto meno ci piace sovraccaricare di lavoro il personale della Camera. Lo abbiamo fatto invece per due ragioni
PRESIDENTE. Onorevole collega, il tempo a sua disposizione è terminato: mi rincresce, ma sarò rigidissimo.
NINO SOSPIRI. Ma Presidente, sto chiedendo trenta secondi... (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fino. Ne ha facoltà.
FRANCESCO FINO. Signor Presidente, colleghi, signor ministro, dopo aver espresso il mio parere favorevole sugli ordini del giorno presentati dai colleghi dell'opposizione (cioè di alleanza nazionale, di forza Italia, del CCD, del CDU e della lega nord) voglio fare alcune riflessioni sul provvedimento in esame.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fino.
STEFANO LOSURDO. Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge che la Camera si accinge a convertire in legge e la massa di ordini del giorno sui quali in questo momento si rendono le dichiarazioni di voto, costituiscono una fotografia precisa, inequivocabile, dai contorni netti, delle situazioni politiche, delle posizioni politiche, anzi della politica oggi nel nostro paese. Da una parte c'è un decreto che si qualifica e si caratterizza come contenente la filosofia di questa composizione governativa, cioè la mortificazione continua, reiterata, proterva, attraverso l'inasprimento dell'imposta IVA, di tutto il mondo dell'imprenditorialità e della produzione italiana. Si contrappone a questo decreto la massa di ordini del giorno sui quali oggi si rendono le dichiarazioni di voto, presentati esclusivamente dagli schieramenti dell'opposizione, che si evidenziano plasticamente come gli unici veri mallevadori di tutto quel gran popolo delle partite IVA che in questo momento in Italia viene mortificato, viene subissato di tasse, e che solo se non oberato di tasse e di imposte varie potrebbe veramente scatenare quella ripresa della produzione e potrebbe provocare poi la risoluzione di problemi annosi, quali quello della disoccupazione.
PRESIDENTE. È forse buona cosa che, quando mancano trenta secondi alla conclusione del tempo a vostra disposizione, vi avverta con un primo segnale di campanello.
RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, colleghi, il gruppo di alleanza nazionale, insieme agli altri gruppi parlamentari di opposizione, sta dando vita ad un'iniziativa parlamentare di difesa della dignità del Parlamento. In queste ore noi non tanto stiamo dando vita ad una vera attività di ostruzionismo quanto rispondiamo, sul piano delle idee e delle valutazioni sul provvedimento oggetto della nostra attenzione, al vero e proprio ostruzionismo che il Governo e la maggioranza parlamentare stanno ponendo in essere nei confronti del Parlamento.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Migliori.
ALBERTO SIMEONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vado ad annunciare il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno, perché tutti finalizzati a contrastare ma, nello stesso tempo, a suggerire gli opportuni correttivi per rendere meno vessatoria, meno penalizzante la portata delle disposizioni tributarie urgenti contenute nel decreto-legge n.328 del 1997. Un provvedimento che cerca di trovare la sua ragion d'essere nel riordino delle aliquote IVA e nell'allineamento di dette aliquote a quelle europee, ma che finisce poi per esaurirsi amaramente in un aumento della pressione fiscale di circa 5 mila miliardi di lire l'anno. Un provvedimento, dunque, che va a posizionarsi su un piano di politica economica che tende ad annientare gli sforzi di tutto un paese, volto a far sì che gli aumenti delle entrate vengano fatti in maniera più razionale, quindi una politica economica che tende ad aumentare le entrate attraverso l'accrescimento della pressione fiscale ma senza, naturalmente, avere in sé i principi di un'altra politica economica, che sono appunto quelli del risanamento della spesa pubblica.
ALBERTO SIMEONE. Proprio il sud affida le sue speranze di sopravvivenza ad una manovra fiscale che sia meno oppressiva e vada anche ad esaltare certe realtà locali che, con il provvedimento ora richiamato, verrebbero ulteriormente penalizzate. L'inasprimento fiscale, che storicamente rappresenta l'oppressione più bieca dello Stato-padrone, va nella direzione opposta a quella che dovrebbe caratterizzare un Governo preoccupato delle sorti del paese e delle sue genti. Il comportamento del Governo va a connotarsi anche di un ulteriore elemento, quello dell'arroganza, in quanto assolutamente contrario all'articolo 53, secondo comma, della Costituzione, il quale stabilisce che il sistema tributario...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Simeone.
ADOLFO URSO. Grazie, signor Presidente. Ringrazio anche il signor Presidente del Consiglio il quale, in questo momento, ha interrotto una lunga conversazione con altri colleghi parlamentari, nel salotto creatosi in aula. La ringrazio per l'occasione offerta di denunciare quello che riteniamo un vero e proprio sopruso nei confronti della democrazia parlamentare, al quale siamo costretti a rispondere con l'arma surrettizia degli ordini del giorno. Dico surrettizia perché l'incidenza di questi strumenti purtroppo non è quella degli emendamenti; surrettizia perché siamo costretti a intervenire per difendere la dignità e le prerogative del Parlamento - e questa notte eravamo in tanti nell'aula -, di fronte ad una tenaglia simbolicamente rappresentata nell'intervento del collega Mussi. Egli, con il tono e il cipiglio che lo contraddistinguono, ci ha fatto capire che un braccio della tenaglia è la democrazia che potremmo definire fiduciaria, oligarchica, presidenzialista, che interviene per decreti-legge e vorrebbe che il Parlamento si limitasse a ratificarli. Se fosse soltanto questo, probabilmente avremmo la forza come opposizione di reagire e come Parlamento di rappresentare il nostro diritto-dovere, le nostre idee e la nostra contrarietà ad un provvedimento ritenuto iniquo e inutile.
PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è esaurito.
GENNARO MALGIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quello che è avvenuto in quest'aula ieri dà un'ulteriore prova della quantomeno curiosa concezione della democrazia di questa maggioranza e di questo Governo. Questa maggioranza e questo Governo, infatti, in circa 500 giorni non si sono peritati di espropriare per ben ventinove volte il Parlamento della sua prerogativa fondamentale, che è appunto quella di legiferare, ricorrendo alla decretazione e soprattutto al voto di fiducia su questi provvedimenti, che altrimenti non passerebbero. È una curiosa idea della democrazia, perché a fronte di un bisogno di dialogo, di colloquio tra le forze politiche in Parlamento e fuori, mi sembra che la maggioranza e il Governo tendano ad asserragliarsi intorno a loro pregiudizi pur di evitare il confronto, soprattutto nel merito.
GENNARO MALGIERI. Insomma, onorevoli colleghi, i settori portanti dell'economia di questo paese finiranno ancor di più per essere messi in ginocchio da questo provvedimento che innalza l'aliquota IVA al 20 per cento. Come se non bastasse, il provvedimento stesso è destinato a creare ulteriore disoccupazione nel paese: disincentivando gli investimenti, infatti, si produrranno conseguenze negative sull'occupazione, in particolare su quella giovanile. Non mi sembra, signori del Governo, che potrà essere un grande risultato quello che potrete vantare dopo aver approvato questo decreto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polizzi. Ne ha facoltà.
ROSARIO POLIZZI. Signor Presidente, signori del Governo, ci troviamo a discutere un provvedimento che, come è stato sottolineato da più parti, è altamente demolitivo delle istanze provenienti diffusamente dal territorio, indirizzate a creare le condizioni perché si possa realmente concretizzare quella rinascita, quella ripresa e quella vivificazione che erano state prospettate fin dal settembre scorso nei confronti del mondo del lavoro e dell'imprenditoria, in particolare del settore delle piccole e medie imprese.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Polizzi.
PAOLO COLOMBO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO COLOMBO. Visto che dobbiamo organizzare la nostra presenza in aula in questa seduta fiume, vorrei sapere quali saranno i periodi di sospensione tecnica.
PRESIDENTE. Per ora non sono previsti.
GAETANO RASI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la richiesta di fiducia ha fatto decadere emendamenti importanti. I colleghi nei loro interventi hanno fatto riferimento a varie considerazioni di carattere generale e particolare. Io vorrei richiamare l'attenzione sul danno che ne viene per quanto riguarda le attività produttive nel Piemonte. Come ognuno sa, le aziende piemontesi hanno subìto danni da una serie continua di alluvioni e di nubifragi che le hanno colpite negli ultimi anni, ovvero nell'autunno del 1993, a novembre del 1994 e poi ancora a settembre del 1995 e a luglio e a ottobre del 1996. Qualcosa il Governo ha tentato di fare per alleviare la situazione di queste attività produttive e delle popolazioni che sono state colpite. Ci troviamo adesso, a causa del mancato accoglimento di alcuni emendamenti che avrebbero migliorato il provvedimento di cui oggi trattiamo la conversione, di fronte ad un aspetto sottolineato da alcuni ordini del giorno che io sottoscrivo, così come sottoscrivo tutti gli ordini del giorno presentati dai deputati del gruppo di alleanza nazionale ed in genere del Polo. Mi riferisco, in particolare, a quello che prende in considerazione il decreto ministeriale del 26 giugno 1997, in base al quale il termine per la presentazione delle domande per l'erogazione del contributo compensativo dell'IVA pagata per rivalsa dai soggetti danneggiati dagli eventi alluvionali, scade il 30 giugno 1998. Ma, allo stesso tempo, tale decreto pone al 31 dicembre 1997 il termine per la concessione del contributo, previsto dallo stesso decreto, soltanto per le fatture emesse entro e non oltre la predetta scadenza del 31 dicembre 1997.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alemanno. Ne ha facoltà.
GIOVANNI ALEMANNO. Signor Presidente, siamo nell'ambito di una vicenda orwelliana che sta progressivamente avvolgendo la società italiana, e il Presidente del Consiglio, con la sua immagine buonista, ne fa in qualche modo da paravento, ricordando, appunto, l'immagine del grande fratello di orwelliana memoria. Ma dietro a questa immagine, a questa sorta di disponibilità apparente di questo Governo e di questo regime si muove una serie di procedure che colpiscono sempre le stesse realtà di questa nostra società e che usano sempre più gli stessi metodi. Abbiamo, in particolare, un Ministero delle finanze che sembra la clonazione di uno degli apparati sovietici e che ricorda, per il suo modo di fare totalitario e per la brutalità dei suoi interventi, proprio l'atteggiamento statalista, prepotente e burocratico di quegli apparati.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Alemanno.
GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, non ci piacciono le sedute fiume: affogano in un mare di parole, di giuste richieste, di rimostranze, di denunzie di distorsione dei provvedimenti, ma a questo siamo costretti dalla pervicace caparbietà, degna di cause migliori, con la quale il Governo persiste nel chiudere le porte ad ogni sereno dibattito.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.
PIETRO ARMANI. La questione di fiducia posta dal Governo sul decreto dell'IVA ha fatto cadere alcuni degli emendamenti presentati dal Polo e dalla lega nord proprio nell'ottica del miglioramento del provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa non è soltanto un'occasione perduta per il Governo di realizzare un possibile confronto sulle opposte filosofie di politica fiscale e, quindi, dell'intervento di tale politica su quella più vastamente produttiva ed economico-sociale. Già in altri due casi il Governo ha perduto un'occasione; una è stata sfruttata, ma si tratta di un'occasione brutta, perché il Governo ha proceduto ad un ulteriore giro di vite della pressione fiscale, continuando a «tosare» il contribuente che, nella sua media, salvo eccezioni in basso ed in alto, non ha più pelo. La seconda occasione buona è stata mancata dal Governo, perché non ha azionato la leva fiscale per determinare quei benefici mutamenti di tendenza nell'economia e nella produzione, cui da sempre tale leva è deputata ad attivare o per lo meno può contribuire a farlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzocchi. Ne ha facoltà.
ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le proposte di revisione delle aliquote IVA contenute in questo decreto-legge e la normativa fiscale presentata dal ministro delle finanze credo costituiscano una completa dimostrazione di quanto questo Governo di sinistra si sia completamente appiattito sulla linea di politica economica che a piccoli ma a veloci passi sta portando alla paralisi il ceto medio produttivo di questo nostro paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cardiello. Ne ha facoltà.
FRANCO CARDIELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da un'analisi attenta dei 70 ordini del giorno è emerso in maniera chiara ed inequivoca che questo Governo di sinistra, che in un primo momento, in prima battuta, ha tentato di gettare le basi per le fasce meno abbienti, per gli handicappati, i disoccupati, le casalinghe, gli invalidi civili, oggi mostra il vero volto della politica ormai non più di centro-sinistra ma di estrema sinistra.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tatarella. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE TATARELLA. Presidente, intervenendo in fase di dichiarazione di voto sugli ordini del giorno proposti dai colleghi del Polo, a me preme rilevare in premessa che l'azione che spinge i parlamentari del Polo ad intervenire non può essere ostruzionistica, perché l'ostruzionismo con questo regolamento è felicemente scomparso; il regolamento dà invece la possibilità alle opposizioni di illustrare per il paese, per i cittadini, per l'esterno la giustezza delle proprie posizioni.
PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Se è attinente all'ordine dei lavori. Lei sa che abbiamo un regolamento...
PAOLO ARMAROLI. È un richiamo al regolamento ai sensi dell'articolo 41 con riferimento alla Giunta per il regolamento ed al nostro regolamento. Lei sa, signor Presidente, che proprio oggi - vedi caso - entra a regime il Premier question time, nel senso che dal regime provvisorio si passa al regime definitivo.
PRESIDENTE. Scusi, non è in discussione. Le tolgo la parola.
PAOLO ARMAROLI. No.
EUGENIO DUCA. È stato già discusso. Se stessi attento...!
PRESIDENTE. Si è deciso - perché vi è stata un'apposita riunione della Giunta per il regolamento - che quando vi sono sedute di questo genere non si può parlare che sull'argomento in oggetto.
PAOLO ARMAROLI. Chiedo allora la convocazione della Giunta per il regolamento.
PRESIDENTE. La proporrò al Presidente della Camera.
FEDELE PAMPO. La ringrazio, Presidente, ma la invito a correggere la tonalità del cognome, per non far confusione con l'altro onorevole, che è Bampo e non Pampo, con la lettera P.
PRESIDENTE. Le chiedo scusa, ma ognuno ha il tono di voce che ha. Non lo posso cambiare.
FEDELE PAMPO. È facile a confondersi, ma non è questo il punto.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pampo.
GIULIO CONTI. Signor Presidente, intendo fare un'osservazione quale premessa di un ragionamento concernente la materia in discussione. Mentre stavamo predisponendo una serie di emendamenti sulla legge finanziaria, un collega ha sottolineato l'inutilità di prepararli perché il Governo avrebbe posto la questione di fiducia. Lo stato d'animo che si va diffondendo tra i partiti dell'opposizione non credo sia buona cosa neppure per i partiti di Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pace. Ne ha facoltà.
CARLO PACE. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, con l'espediente della posizione della questione di fiducia il Governo e la maggioranza si sono sottratti ad ogni discussione ed hanno rifiutato di prendere in considerazione quelle modifiche e quegli aggiustamenti che il Polo della libertà e del buon governo e la lega avevano proposto. Adesso con l'espediente della seduta fiume - che in realtà poi fiume non è, mi pare più una seduta deserto, data l'assenza della maggioranza e la quasi assenza del Governo - si toglie un'altra possibilità, quella di prendere in considerazione con serietà gli aggiustamenti che non modificano il decreto-legge, che non lo fanno decadere, ma che tuttavia consentono di migliorarlo impegnando il Governo ad apportare le modifiche necessarie.
PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato, onorevole Pace.
CARLO PACE. Si tratta quindi di individuare un modo di procedere che possa risultare sostanzialmente corretto. (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Onorevole Tatarella, posso appellarmi alla sua cortesia ed al suo spirito di collaborazione per chiederle di invitare i tre colleghi che sono di fronte a lei ad avere un minimo di rispetto per la Presidenza?
GIUSEPPE TATARELLA. Non è colpa mia se, tra il guardare lei ed il parlare con me, una volta tanto scelgono me!
PRESIDENTE. Onorevole Tatarella, non mihi, sed Petro!
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Onorevole Presidente, onorevole rappresentante del Governo, esprimo anzitutto il mio consenso sul complesso degli ordini del giorno e mi permetto di sottolineare un primo profilo politico generale: l'atteggiamento cambogiano assunto dal Governo, con lo strozzamento improvviso...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Delmastro Delle Vedove. Onorevole Pace, la richiamo all'ordine.
CARLO PACE. Presidente, per una liquirizia?! Non posso accettarlo!
PRESIDENTE. Prosegua pure, onorevole Delmastro Delle Vedove.
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Dicevo che l'atteggiamento cambogiano assunto dal Governo, con lo strozzamento improvviso e proditorio dei diritti del Parlamento e la ormai constatata ed irrimediabile inaffidabilità del materiale umano della maggioranza, per usare la stessa spocchiosa terminologia utilizzata dall'onorevole Mussi, hanno costituito un insperato collante per tutte le forze di opposizione, unite nella difesa dei diritti del Parlamento.
PRESIDENTE. Onorevole Mazzocchi, la richiamo all'ordine.
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Ecco dunque che di fronte a tale barbarie costituzionale il fronte dell'opposizione non poteva che ricompattarsi e trovare la forza e la dignità di inchiodarvi su questi banchi per denunciare all'opinione pubblica queste prove di regime destinate ad avvelenare non già l'opposizione, ma la vita e il cammino del Governo e della maggioranza.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma non è colpa mia: è la buona educazione dei suoi colleghi di gruppo. Onorevole Caruso, la richiamo all'ordine.
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. ...impedendovi persino di esercitare la capacità di ragionare, di programmare, di intervenire con saggezza e con equilibrio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccheo. Ne ha facoltà.
VINCENZO ZACCHEO. Onorevoli colleghi, mi ha colpito molto l'analogia citata dal collega che mi ha preceduto, il quale ha parlato di un transatlantico affondato, il Titanic. Ebbene, noi ci troviamo in prossimità di un altro transatlantico che rischia di affondare.
PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, è così cortese da non dare le spalle alla Presidenza? Può parlare fuori.
VINCENZO ZACCHEO. E con esso affonda la democrazia parlamentare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.
CARLO PACE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ho dato la parola all'onorevole Mantovano. Poi la darò a lei. Prego, onorevole Mantovano.
ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, a sostegno degli ordini del giorno sui quali mi sono iscritto a parlare non posso non iniziare lamentando come, ancora una volta, il testo di un decreto-legge si presenti estremamente disordinato ed eterogeneo, e ciò nonostante le formali indicazioni del Parlamento tese a dare un carattere di coerenza alle norme contenute nello stesso testo di legge, e nonostante il fatto che in materia tributaria si viaggi da anni nell'incertezza interpretativa, derivante anche dalla confusione terminologica, dall'approssimazione tecnica, dal mettere insieme, sovrapponendole, materie che necessiterebbero di sedi legislative differenziate. Vi sono numerosi precedenti in questa legislatura, non soltanto in materia tributaria: il più autorevole è, senza dubbio, quello costituito dalla legge Bassanini, la quale si definisce per la semplificazione delle procedure amministrative, ma poi contiene articoli con più di cento commi. Il decreto-legge sul quale ieri è stata votata la fiducia, al quale si riferiscono gli ordini del giorno che stiamo discutendo, è esemplare in questa direzione: vi sono norme sulle aliquote IVA, disposizioni in materia di versamenti dell'imposta sulle assicurazioni, disposizioni in materia di tasse sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani,
PRESIDENTE. Grazie, onorevole collega.
CARLO PACE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO PACE. Signor Presidente, desidero interpellarla in ordine alla correlazione tra la regolamentazione peculiare della seduta fiume che è stata deliberata e gli articoli 42 e 43 del regolamento, onde sapere se, essendo stata intaccata la mia condotta, io debba sollevare la questione per fatto personale prima della sospensione tecnica della seduta che verrà decisa o alla fine della seduta fiume.
PRESIDENTE. Al termine della seduta, onorevole Pace.
PIETRO MITOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, la mia partecipazione al dibattito è dovuta non soltanto alla disciplina di gruppo, ma ad una convinta adesione sui motivi, sia giuridici sia politici generali, che hanno determinato l'atteggiamento del gruppo di alleanza nazionale.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega Mitolo. Onorevole Pace, senza che lei se ne abbia tanto a male con il suo omonimo, la prego di non dare le spalle alla Presidenza.
GIOVANNI PACE. Presidente, sono mortificato. La prego di scusarmi.
PIETRO MITOLO. La serietà e la dovizia di argomentazioni addotte a sostegno del nostro atteggiamento testimoniano - dicevo - anche dell'alto grado di sensibilità per gli interessi generali che noi abbiamo. A dispetto di quanto la maggioranza vorrebbe far pensare e rilevare, devo con mia grande soddisfazione sottolineare che proprio il comportamento dell'opposizione sta a testimoniare del valore e dell'importanza del dibattito politico, che può giungere anche a queste forme, chiamatele pure di ostruzionismo, ma che ostruzionismo in realtà non sono. Infatti, gli ordini del giorno sono la riprova che questo provvedimento andava discusso a fondo, che meritava non solo l'attenzione ma anche un miglioramento per l'incidenza profonda che avrà nella vita economica della nazione. Il nostro compito è quindi di sollevare l'attenzione non soltanto del Parlamento, che magari è distratto perché in gran parte i colleghi sono assenti, ma soprattutto dell'opinione pubblica.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mitolo.
ALESSANDRO GALEAZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, nel dichiarare il mio voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dall'opposizione, vorrei ricordare che durante la discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria (esattamente il secondo documento) affermai in quest'aula qualcosa che fece sorridere maggioranza e opposizione. Dissi con alcune doti di preveggenza che la sinistra, ed il Governo di sinistra, che si era presentata al popolo italiano come un donatore di sangue, si è trasformata repentinamente in un vampiro insaziabile. Non è importante che oggi nessuno sorrida
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Galeazzi.
ALBERTO GIORGETTI. Intendo preannunciare con il mio intervento il voto favorevole sul complesso degli ordini del giorno presentati dall'opposizione, in particolare dal Polo per le libertà, relativamente al provvedimento in esame che, come già sottolineato da parte dei colleghi che mi hanno adeguatamente preceduto, riteniamo assolutamente negativo. Si tratta
PRESIDENTE. Tenga conto che ha trenta secondi di tempo.
ALBERTO GIORGETTI. Vorrei rapidamente sottolineare che il Governo ha comunque attuato una revisione delle aliquote IVA improntata alla logica di aumentare la pressione fiscale, mentre aveva la possibilità di mantenerla invariata. Ancora una volta si colpisce la piccola e media impresa, che è la realtà vitale della nostra economia; non si danno segnali di disponibilità verso un settore che oggi è in grado comunque di garantire un futuro, la competizione sui mercati internazionali, nuovi posti di lavoro. Con questo intervento si avallano ancora una volta le logiche di supporto alla grande industria e si colpisce la realtà produttiva.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole collega.
ERMANNO IACOBELLIS. Il provvedimento in esame ha per oggetto la conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti per il riordino dell'IVA. Per la verità, sulla scia di quello che ormai è diventato il leit motiv della politica di questo Governo, il provvedimento in questione non fa altro che esasperare sempre di più la pressione fiscale, penalizzando oltre ogni misura proprio quei settori produttivi che costituiscono l'architrave del sistema economico del nostro paese.
PRESIDENTE. Onorevole collega, la devo avvertire che ha ancora venti secondi a disposizione.
ERMANNO IACOBELLIS. Ho finito, signor Presidente.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole collega.
ALTERO MATTEOLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALTERO MATTEOLI. Signor Presidente, ho provato ad insistere con lei - e non più di tanto, perché conosco la sua correttezza e non voglio metterla in imbarazzo -, ma mi si dice che lei mi abbia
PRESIDENTE. Quante sostituzioni ci sono state nel suo gruppo, onorevole Matteoli...
ALTERO MATTEOLI. Non lo metto in dubbio. Ieri il paese e la città di Roma sono stati semiparalizzati per una protesta degli agricoltori; coloro che lunedì mattina hanno avuto necessità di prendere un aereo sono rimasti fermi per ore negli aeroporti e si dice che in queste ore sia in corso un altro sciopero dei trasporti, questa volta nel settore ferroviario. In un momento come questo, in cui il Parlamento viene esautorato da un Governo che pone reiteratamente questioni di fiducia, senza consentire un dibattito sereno, penso che il Presidente di un'Assemblea come questa dovrebbe dare la possibilità di parlare a tutti i parlamentari che ne fanno richiesta, a prescindere dall'ordine cronologico o burocratico, nel momento in cui si presentano in aula.
PRESIDENTE. Onorevole Matteoli, al di là della personale amicizia e stima che io ho nei suoi confronti, debbo dirle che sarebbe stato sufficiente che, come è avvenuto in altri casi, avesse operato uno scambio; infatti, lo scambio tra i deputati del proprio gruppo è ammesso.
FRANCESCO STORACE. Posso parlare in sostituzione?
PRESIDENTE. No, nessuno ha chiesto l'inversione. Qui ho una serie di inversioni.
FRANCESCO STORACE. Ho comunicato all'Assemblea di voler parlare in sostituzione dell'onorevole Martini.
PRESIDENTE. Non mi risulta la sua richiesta. Onorevole Storace, lei ha già parlato.
FRANCESCO STORACE. È su un ulteriore ordine del giorno.
PRESIDENTE. Onorevole Storace, non può sostituire nessuno, le chiedo scusa.
FRANCESCO STORACE. Ci abbiamo provato!
PRESIDENTE. Constato l'assenza dei deputati Gissi e Fei, che avevano chiesto di parlare; si intende che vi abbiano rinunciato.
GUSTAVO SELVA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa?
GUSTAVO SELVA. Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUSTAVO SELVA. Noto che alla sua destra non c'è il segretario verbalizzante. Come mai?
PRESIDENTE. È andata alla...
GUSTAVO SELVA. Sospenda la seduta!
PRESIDENTE. No, non è indispensabile. Il Presidente se ne assume la responsabilità.
GUSTAVO SELVA. L'Ufficio di Presidenza...
PRESIDENTE. Onorevole Selva, per piacere, sa meglio di me che queste storie non sono vere.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato con votazione fiduciaria per appello nominale l'articolo unico del disegno di legge di conversione n.4297, nel testo della Commissione, identico a quello approvato del Senato, e si è passati all'esame degli ordini del giorno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sospiri. Ne ha facoltà.
di sostanza. La prima è quella di sostenere le nostre tesi e di poterlo fare con argomentazioni puntuali, credibili. La seconda è quella di determinare, almeno potenzialmente, il miglioramento di questo provvedimento, considerato che stiamo intervenendo per dichiarazioni di voto non su emendamenti, ma su ordini del giorno, cioè su atti di indirizzo.
Vorremmo che se il nostro impegno fosse ben compreso, un impegno, signor Presidente, che adesso si sta inasprendo, come era logico che accadesse, perché è stata deliberata la seduta fiume, una notizia che in forma di ipotesi circolava già in nottata e che ha determinata l'iscrizione a parlare di oltre 200 deputati. Una seduta fiume però, signor Presidente, onorevoli colleghi, che sta per trasformarsi in una seduta «palude» per la maggioranza e per il Governo.
Le argomentazioni al riguardo svolte dallo stesso presidente Biasco stanno a dimostrare che maggioranza e Governo hanno operato una scelta scellerata e dannosa per la stessa maggioranza e per lo stesso Governo.
Fin dall'inizio abbiamo tentato di espletare un'azione costruttiva; di recente, qualche giorno fa, si è detto che l'opposizione non può essere solo distruttiva, anzi demolitrice (questo è il termine esatto), ma deve essere, in una sana democrazia, propositiva, cercare il confronto, una via, nessuno potrà negarlo, che seguiamo costantemente. Quando poi il nostro impegno è più evidente, perché più importanti sono le materie in trattazione, allora è la maggioranza a disertare l'aula, a rifiutare il confronto, ad arroccarsi, a negare quella dialettica che invece rappresenta, almeno a nostro giudizio, il lievito necessario a far crescere la democrazia.
Proprio rispetto a questo concetto, vorrei aggiungere una considerazione conclusiva, ricollegandomi a ciò che diceva ieri...
Si dice che il decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti, in fase di conversione, sia stato emanato per realizzare un più marcato allineamento con le direttive comunitarie. Ora, a parte la considerazione che al termine ultimo per tale allineamento manca ancora oltre un anno, riteniamo che tale provvedimento tenda non tanto all'allineamento alle normative comunitarie, quanto piuttosto a far fronte alla necessità di reperire maggiori entrate.
E allora il Governo e questa maggioranza dicano chiaramente che nominalmente si tratta di un provvedimento di allineamento alle normative comunitarie, ma che in realtà si tratta di una misura per far fronte alle esigenze di cassa, per reperire dalle tasche dei cittadini contribuenti ulteriori migliaia di miliardi. Così come abbiamo fatto finora, contestiamo questo provvedimento e la blindatura che ad esso il Governo ha inteso dare.
Come qualche collega che mi ha preceduto ha già detto, non ci si può venire a dire che la posizione della questione di fiducia sia stata una conseguenza dell'ostruzionismo; quest'ultimo è venuto dopo la fiducia ed infatti, in precedenza, non c'era stato ostruzionismo, si era cominciato a discutere e buona parte degli emendamenti erano stati ritirati. Quei pochi e qualificanti che erano rimasti erano in corso di esame e - come qualche collega ha già detto - venivano votati al ritmo di quattro minuti ciascuno.
Non vorrei - ma in realtà ne sono sicuro, come diceva poco fa il presidente Tatarella - che alcuni componenti della maggioranza avessero ed abbiano tuttora dubbi sull'equità di un tale provvedimento. Evidentemente però, di fronte ad una richiesta di fiducia del Governo, non potevano e non possono che mettersi in linea con le direttive impartite. Forse, come qualcuno diceva in occasione di altra fiducia, con la pistola alla tempia hanno dovuto votare la fiducia al Governo Prodi.
Venendo al merito degli ordini del giorno, signor Presidente, mi sento in particolare di sollecitare l'approvazione dell'ordine del giorno n.9/4297/32 a firma dei colleghi Fei e Contento, che peraltro ha ricevuto il parere favorevole del Governo, ma anche e soprattutto degli ordini del giorno...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.
Si tratta quindi di due filosofie a confronto, di due visioni della vita, in un quadro netto e chiaro. Se questo è vero, ed è incontrovertibile, perché si evidenzia chiaramente dagli atti parlamentari che oggi sono all'esame della Camera, si impone però una considerazione di carattere politico sulla schizofrenia del mondo politico italiano, anzi più correttamente del Governo italiano e dei suoi più autorevoli esponenti nella loro pratica politica. Questo decreto va ad inasprire in maniera disastrosa l'aliquota IVA sull'attività edilizia; nel contempo non possiamo non ricordare quante volte gli esponenti di questo Governo, da Prodi in giù, sono andati in giro ad auspicare la ripresa dell'attività edilizia in Italia. Come altra manifestazione di schizofrenia dei componenti del Governo, non possiamo non ricordare quante volte si è andati in giro magari dai massimi rappresentanti delle associazioni di categoria, ad esempio delle associazioni artigiane, ad auspicare una ripresa dell'attività artigiana nel nostro paese mentre oggi, in questo decreto, si va a mortificare l'attività artigiana attraverso un inasprimento dell'IVA per quanto riguarda la produzione dei beni e la cessione dei servizi.
Chissà quante volte il vicepresidente del Consiglio, l'onorevole Veltroni, è andato in giro ad auspicare una particolare attenzione verso il mondo della musica leggera, delle cosiddette canzonette - per dirla prosaicamente -, perché la ritiene una manifestazione qualificante della cultura di oggi. Ebbene, in questo decreto puntualmente si va ad inasprire la vessazione IVA su tutto il comparto della musica leggera (cassette, musicassette, dischi eccetera). Puntualmente questo avviene.
Chissà quante volte il Presidente Prodi, il ministro Pinto, tutti i componenti del Governo hanno auspicato una ripresa dell'agricoltura in Italia facendosene garanti.
Ed ecco puntualmente che in questo decreto si evidenzia in maniera terribile per il mondo agricolo italiano l'inasprimento dell'imposta IVA su alcune produzioni qualificanti quali il foraggio e soprattutto il comparto vitivinicolo.
Non solo, ma proprio a dimostrazione della schizofrenia e del cinismo di tutta la classe politica di vertice di questa maggioranza, ieri abbiamo assistito ad una processione di qualificati esponenti, soprattutto del partito popolare, verso la sede della Coldiretti, che giustamente protestava per l'endemica crisi in cui versa l'agricoltura italiana.
Si è assistito a quella che io ritengo la corsa dei piromani nel tentativo di andare a spegnere l'incendio (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.
Siamo di fronte ad una tipica concezione del voto di fiducia, che da strumento straordinario di verifica della fiducia che il Parlamento accorda al Governo sta di fatto divenendo uno strumento ordinario per concludere nel più breve tempo possibile, evitando il vero confronto parlamentare, l'iter dei provvedimenti. Stiamo denunciando con forza soprattutto un tentativo smaccato, che ieri è emerso dalle parole che in quest'aula abbiamo ascoltato da parte dei presidenti Mattarella e Mussi, di considerare il confronto dialettico parlamentare in qualche misura offensivo per la maggioranza, avendo tratteggiato nei loro interventi un concetto dell'opposizione di fatto a sovranità limitata.
Siamo qui a dire alto e forte, con i nostri interventi, che i gruppi dell'opposizione del Parlamento italiano non si considerano a sovranità limitata; siamo qui a dire con forza che non possiamo accettare di dover autoridurre il numero degli ordini del giorno da sottoporre alla discussione parlamentare e tanto meno di delegare la maggioranza a stabilire in quale misura e in quale tempo dobbiamo esprimere il nostro dissenso e il nostro ruolo di opposizione.
Tra l'altro, nel corso di questi interventi noi, con grande serietà - io ritengo - e dignità, abbiamo sottolineato le ragioni forti e politicamente e programmaticamente attrezzate del nostro dissenso rispetto al provvedimento alla nostra attenzione. Abbiamo cominciato a farlo la settimana scorsa, quando abbiamo posto una grande questione di costituzionalità circa i requisiti di necessità e di urgenza del provvedimento. Lo abbiamo fatto illustrando un ordine del giorno che individuava limiti di costituzionalità precisi nel provvedimento laddove nullificava e svuotava di fatto gli elementi costituzionalmente protetti della libera iniziativa. Lo abbiamo fatto poi in queste ultime ore illustrando emendamenti e ordini del giorno che, svariando da questioni territoriali a questioni di carattere settoriale, come gli interventi per esempio a supporto del turismo e in favore di autentiche semplificazioni fiscali, ponevano questo primo passaggio della manovra finanziaria complessivamente intesa in una luce di oggettiva valutazione, come spetta ad ogni opposizione in ogni Parlamento democratico nell'ambito del quale evidentemente non si può svolgere, come vorrebbe la maggioranza, un ruolo predeterminato e
precostituito, in una logica - essa sì - poco europea di condizionamento forte da parte di chi è numericamente più forte nei confronti dell'opposizione.
Tra l'altro - e già molti miei colleghi lo hanno opportunamente rilevato - vi è, tra gli ordini del giorno che il nostro gruppo ha presentato, quello che la collega Fei ed il collega Contento hanno predisposto e sul quale vi è stata, se vi fosse sui banchi del Governo...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simeone. Ne ha facoltà.
Tutti gli ordini del giorno, alcuni dei quali formulati in maniera sublime, sono volti proprio a rendere meno pesante la pressione fiscale in alcuni settori, quali ad esempio quello calzaturiero o quello dell'abbigliamento; noi non possiamo penalizzare settori così particolari ma anche così importanti, così vitali per l'economia, settori legati a griffe che fanno del made in Italy il fiore all'occhiello della nostra capacità imprenditoriale, in grado quindi di occupare posizioni di autentico privilegio e, in tanti casi, anche di assoluta priorità rispetto ad altri sui mercati non solo europei ma mondiali. Sono settori legati alla piccola e media impresa, settori che costituiscono il tessuto connettivo dell'economia italiana, specie in certe zone del nostro paese che in tanti casi non conoscono, e certamente non hanno conosciuto, quei processi di industrializzazione lata che, invece, qualche altra parte del paese ha conosciuto. Il sud, in modo particolare, non ha conosciuto né civiltà industriale né civiltà post-industriale, ma ha conosciuto, invece, la realtà di piccole e medie imprese che hanno rappresentato veramente l'unica speranza in un territorio in cui la presenza dello Stato è stata sempre assai rara.
Informo, in relazione alle questioni poste dall'onorevole Pisanu e da altri
colleghi, che i termini assegnati dalla Presidenza per l'esame nelle Commissioni dei documenti di bilancio erano i seguenti: Commissioni di merito, sabato 29 novembre; relazione della Commissione bilancio, domenica 7 dicembre; termine per gli emendamenti presso la Commissione bilancio, sabato 29 novembre ore 18. Valutate le osservazioni fondate poste da molti colleghi circa l'impossibilità di seguire contemporaneamente i lavori dell'Assemblea in seduta fiume e quelli delle Commissioni per i pareri - tanto più che, come ha osservato il collega Giorgetti, il decreto-legge in discussione è collegato alla manovra di bilancio - la Presidenza accoglie le richieste, revoca la seduta delle Commissioni durante la seduta fiume e fissa questi nuovi termini: parere delle Commissioni di merito, lunedì 1 dicembre; relazione della Commissione bilancio, lunedì 8 dicembre. Eventualmente, se il presidente della Commissione lo ritenesse necessario, il termine per gli emendamenti in Commissione bilancio potrebbe essere fissato a lunedì 1 dicembre, alle ore 18, ma questo rientra nella sua discrezionalità. Discussione in Assemblea da mercoledì 10 dicembre a domenica 21 dicembre. Queste sono le conseguenze della revoca dell'autorizzazione alle Commissioni.
Presidente Biasco, ho preso contatto con il Governo e il ministro Visco per quanto riguarda le questioni da lei segnalate. Il ministro Visco suggerisce che il parere sull'IRAP sia espresso entro il 9 dicembre 1997, quindi vi è tutto il tempo; per il resto non insiste sui termini già stabiliti, ma previo contatto tra la Commissione e il Governo potranno essere stabiliti termini tali che consentiranno a voi di esprimere il parere e al Governo e alla Presidenza della Repubblica di avere il tempo sufficiente per analizzare il parere stesso e il decreto successivo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Urso. Ne ha facoltà.
Purtroppo c'è un altro braccio della tenaglia, quello della democrazia plebiscitaria: da una parte Mussi e Prodi, dall'altra Di Pietro. Gli uni si appellano ad una violenza fiduciaria, l'altro si vorrebbe appellare ad una violenza popolare. Entrambi stringono d'assedio il Parlamento, gli uni dall'alto, l'altro dal basso e noi abbiamo il dovere di rappresentare i diritti e i doveri di una democrazia parlamentare che si trova soffocata.
A livello sociale e popolare questo Governo rappresenta un'altra tenaglia: da un lato le grandi famiglie finanziarie del nord che utilizzano l'arma della rottamazione, delle clientele, i provvedimenti ad hoc che permettono loro di avere il più lauto guadagno da quarant'anni a questa parte; dall'altro i sindacati. Questa tenaglia sta soffocando dall'alto, dalla cupola finanziaria, al basso, alla cupola sindacale, il ceto produttivo, la gran parte del ceto medio, quella democrazia produttiva che
in questo paese comunque esiste. In difesa di tale ceto produttivo abbiamo presentato questi ordini del giorno nella consapevolezza che un decreto-legge - credo sia il ventinovesimo: abbiamo sforato ogni limite, ogni record - in materia fiscale è già qualcosa di abnorme; tale materia, infatti, dovrebbe essere regolata altrimenti, essere oggetto di un ampio dibattito. Pensiamo soltanto che la Costituzione non prevede per essa referendum abrogativi, a dimostrazione di quanto l'argomento in questione sia specifico. Non dovrebbe essere consentito il decreto-legge, che è espressione di una democrazia fiduciaria, così come il referendum è espressione di una democrazia plebiscitaria; anche in questo caso c'è una tenaglia chiara, significativa.
Ebbene questo decreto-legge in realtà non semplifica, ma estende i provvedimenti fiscali; è abnorme vedere come una legittima aspettativa del paese, la semplificazione delle aliquote e delle procedure fiscali, venga utilizzata strumentalmente non per semplificare, ma per aumentare la pressione fiscale, in una sorta di eterogenesi dei fini che in questo Parlamento dobbiamo necessariamente denunziare, dato che in questo momento siamo - ne siamo orgogliosi - coloro che difendono le prerogative della democrazia parlamentare di fronte ad una tenaglia che muove dall'alto come democrazia fiduciaria, come esproprio del Parlamento da parte del potere... (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Malgieri. Ne ha facoltà.
Ciò detto, annuncio il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno che, come ha rilevato il collega Urso, sono unicamente un'arma per farci sentire, per far sentire la voce delle libere opposizioni al di fuori di questo Parlamento, il quale, diversamente, si mostra ancora poco incline alla tutela soprattutto delle minoranze e delle opposizioni.
Con gli ordini del giorno, che naturalmente speriamo vengano approvati, vogliamo eliminare o comunque limitare gli effetti dell'inasprimento fiscale contenuto in questo iniquo provvedimento. È un inasprimento fiscale insopportabile perché si aggiunge a molti altri intervenuti nei primi 500 giorni del Governo presieduto dall'onorevole Prodi. L'onorevole Prodi si fa vanto, in qualche misura, di avere rimesso a posto i conti dello Stato. Mi chiedo: come si fa, con manovre di questo genere, il cui ammontare complessivo dovrebbe corrispondere a circa 5.100 miliardi, a non mettere a posto i conti dello Stato? Mi chiedo altresì se, insieme a quelli dello Stato, si riescano a mettere a posto i conti delle aziende, delle famiglie e dei singoli. Da questo punto di vista, onorevole Prodi, credo che non ci siamo.
In questi mesi l'Italia registra, sotto il suo Governo, un impoverimento generalizzato, che colpisce soprattutto le categorie meno protette, certo non quelle che beneficiano di provvide rottamazioni. Si tratta, in particolare, delle categorie dei calzaturieri, degli operatori turistici, degli agricoltori. In queste ore gli agricoltori sono in lotta - anzi, posso dire che sono
in rivolta - e sicuramente avranno ulteriori motivi per trovarsi in dissenso nei confronti di questo Governo nel momento in cui il provvedimento che stiamo esaminando sarà approvato.
L'economia italiana non è quel giardino fiorito che talvolta l'onorevole Prodi vorrebbe farci credere che sia. Il nostro paese, inoltre, non è neppure, dal punto di vista sociale, migliorato di un ette rispetto ad un anno e mezzo fa: questo paese ha gravi problemi che voi, con la vostra irresponsabilità, signori del Governo, con questo tipo di manovre, con questo modo di operare che genera depressione e sfiducia nei settori maggiormente produttivi nel nostro paese, state acuendo. State facendo di tutto per negare ai cittadini italiani quella fiducia nell'avvenire che un paese, per poter prosperare, deve necessariamente nutrire.
È per questo che noi continueremo la nostra battaglia in Parlamento, soprattutto affinché la nostra voce possa arrivare ai cittadini ed alle categorie produttive, espropriate della possibilità di far valere i più elementari diritti di libertà e di autodifesa nei confronti di un fisco sempre più vessatorio (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).
Un'IVA a questi livelli, a mio avviso, produce una prima disincentivazione in quella che da più parti è riconosciuta come la reale struttura portante di un paese e di una nazione qual è l'Italia.
Sottolineiamo questa prospettiva negativa specie in un momento nel quale usciamo, da pochi giorni, da una fase nella quale si è fatta una diffusione capillare di alcuni provvedimenti affannosamente condotti in porto; mi riferisco agli incentivi all'occupazione, che hanno rappresentato la grande battaglia di questo Governo e che, per potersi concretizzare, hanno avuto bisogno del supporto di questa opposizione, con l'obiettivo di consentire ai destinatari dei provvedimenti di rientrare in qualche modo nel mondo del lavoro ed alle aziende di attivare meccanismi interni idonei a ricondurre il tasso di occupazione a livelli sopportabili.
Viaggiamo, in particolare nel Mezzogiorno, su livelli di disoccupazione notevolissimi e nel momento in cui si ha la fotografia di questa situazione si chiede alle piccole imprese di intervenire. Si sono stabiliti finanziamenti e programmi, si sono date indicazioni: ebbene, proprio nel momento in cui queste indicazioni, questi programmi e questi finanziamenti dovevano essere realizzati, si dà il colpo finale, disincentivando così queste strutture, questi tessuti e questi operatori.
Il danno si avrà in tutti i settori, anche in quello più importante, il turismo, dove
la piccola e media impresa garantisce un collegamento tra le istituzioni, le regioni e il territorio. Non parliamo poi dell'agricoltura già in crisi per una serie di motivi che riguardano la parte legislativa e quella programmatica, cioè i progetti di formazione che sono ancora in una fase di elaborazione piuttosto ritardata. Anche qui abbiamo problemi di affidamento alla solita piccola e media impresa che non riuscirà in alcun modo ad attivare i meccanismi necessari per invertire il trend negativo che sta attraversando attualmente l'agricoltura, in particolare quella meridionale.
A nostro avviso si scatenerà un dramma attorno al settore della sanità. Infatti accanto ai problemi che si stanno agitando nel mondo sanitario, ed in particolare nel settore medico, avremo ripercussioni negative, perché anche qui la piccola e media impresa, per la parte che interessa le attrezzature e l'ingegneria sanitaria, dovrà affrontare problemi di sopravvivenza. Si tratta di piccole aziende che consentono lo svolgimento di attività altamente qualificate.
In questo scenario, l'avvicinarsi dei problemi connessi con la legge finanziaria...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rasi. Ne ha facoltà.
Oggi è in corso la ricostruzione delle opere ed il ripristino delle attività, sia dei privati sia delle aziende, danneggiate da quegli eventi e i lavori continueranno per tutto il 1998. Ciò che si chiedeva, in un emendamento che è stato fatto decadere con la posizione della questione di fiducia, è una proroga delle citate disposizioni per il recupero dell'IVA, al fine di consentire alle aziende e ai privati che hanno subito dei danni il recupero anche sulle fatture emesse dopo il 31 dicembre 1997. Quindi, si chiedeva una proroga fino al 30 giugno
1998. Vi è un ordine del giorno in questo senso, ed io invito i colleghi ed il Governo ad accoglierlo e a farlo proprio, perché si tratta di una richiesta estremamente costruttiva per la ripresa delle attività produttive in Piemonte.
Credo dunque vi rendiate conto, signor Presidente ed egregi colleghi, del fatto che l'apporto dell'opposizione non consisteva semplicemente in atteggiamenti meramente ostruzionistici, in quanto era ed è tutt'ora un apporto costruttivo nell'interesse generale. Questo interesse generale, signor Presidente, onorevoli colleghi, fa riferimento ad un indebitamento che nel Piemonte - parlo della zona su cui ho richiamato l'attenzione - assomma a ben mille miliardi, e gli interessi su questa somma continueranno a gravare se non sarà modificata la nuova imposizione dell'IRAP (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Questo ministero è diventato il braccio armato del Governo ed agisce, con gli atteggiamenti più diversi e le scuse più varie, per reperire risorse di bilancio e raccogliere risparmi che lo stesso Governo non ha il coraggio di ottenere con un altro genere di riforme e con una politica di ben altro respiro e spessore. Di questo tipo di logica, che potrà sembrare forzata ma corrisponde purtroppo all'amara realtà, questo decreto-legge è l'esatta riproposizione: di fronte ad una richiesta crescente di delegificazione e contemporaneamente di pertinenza nell'uso della leva fiscale, abbiamo un decreto complicato, carico di norme che potevano tranquillamente essere scaricate sul livello regolamentare senza essere portate al rango di legge dello Stato. Nel far ciò, inoltre, si taglia con un colpo di accetta quello che dovrebbe essere uno dei dibattiti fondamentali per il cambiamento dell'ordinamento di questo Stato: la leva fiscale, infatti, è e rimane, nell'economia sociale di mercato, l'arma principale con cui lo Stato può intervenire per orientare in senso di equità e di sviluppo i processi economici.
Di fronte a necessità di questo genere, ad un decreto che su altre basi poteva diventare una riforma importante, ad una blanda capacità di intervento da parte dell'opposizione attraverso una serie di proposte costruttive limitate nel tempo, ben lontane da qualsiasi forma ostruzionistica (a cui oggi, come opposizione, abbiamo deciso di ricorrere), di fronte a tutto ciò, cosa fa questo Governo? Copre questo provvedimento complicato, incomprensibile, medioevale nella sua logica, con l'ennesimo ricorso alla votazione di fiducia: ebbene, crediamo che sia dovere di un'opposizione democratica utilizzare tutte le forme regolamentari per impedire questo tipo di atteggiamento! Non si può scaricare sull'opposizione una colpa del Governo e della maggioranza, l'incapacità di andare in profondità sulle questioni strutturali del paese.
Non accettiamo la soluzione di regime nella gestione della crisi e della transizione in questo paese e, come parlamentari, abbiamo il dovere di rispondere a questi atteggiamenti. Il decreto-legge al nostro esame si muove sempre con la stessa scusa, quella dei dettami provenienti
da Bruxelles; siamo di fronte sempre alla stessa scusa, l'approdo in Europa come estrema ratio, come estrema riva di salvezza per tutta l'opera di questo Governo. Ebbene, non è vero: in realtà, se consideriamo attentamente le direttive di Bruxelles, ci rendiamo conto che vi era il tempo ed il modo, per questo Parlamento, di applicarle con ben altra visione e con ben altra capacità di approfondimento. Le direttive di Bruxelles sono state ancora una volta l'alibi per mantenere un regime commissariale nei confronti del Parlamento: i nostri ordini del giorno, che certo oggi solo una pratica ostruzionistica, ma fondata su un ostruzionismo democratico... (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.
Non basta il savoir faire per nascondere l'arroganza, quando l'arroganza è nei fatti. Non dirò, come tutti sanno, che l'aumento di un'imposta indiretta provoca l'aumento dei prezzi e conseguentemente l'inflazione; nemmeno ripeterò quanto è stato già osservato rispetto ad un Governo che prosegue con disinvolta, imperturbabile improntitudine a venir meno alle sue promesse elettorali: la chiusura del carico fiscale, l'alleggerimento del carico fiscale, con promesse sempre rimandate quali quella che lo sforzo da poco compiuto sarà l'ultimo richiesto al popolo italiano.
Voglio limitarmi ad una osservazione banale ed elementare, benché inascoltata. Il settore dell'edilizia è sempre stato ed è per tutte le economie, ed in particolare per l'economia italiana, uno dei settori portanti ed importanti. Gli ordini del giorno che sono stati presentati tendono ad alleggerire il carico fiscale da questo settore che tanta occupazione procura e che tanti addetti ha nel lavoro indotto. E anche qui il Governo con la sua imperturbabilità, pur dicendo di occuparsi dello sviluppo economico e dell'uscita dell'Italia dalla crisi, guardando molto all'estero ma pochissimo all'Italia, infligge al settore dell'edilizia un duro colpo.
L'aumento dell'IVA in questo settore, o più esattamente la mancata riduzione delle aliquote IVA che dovrebbe essere operata in questo settore, provocherà un ristagno dell'occupazione, la perdita di posti di lavoro e una riduzione dello sviluppo.
Può darsi che tutto questo si avverta poco nelle regioni più ricche alle quali l'attenzione di questo Governo è sempre stata rivolta, ma certamente si avverte nelle regioni nelle quali i settori portanti dell'economia sono pochissimi, nelle quali l'edilizia appunto è uno degli sfoghi per lo sviluppo.
So che il Governo non presterà orecchie alle nostre richieste, ma certamente non potrà non rendersi conto del grave colpo che ha inflitto allo sviluppo e che con questo infligge all'economia.
In particolare, uno degli obiettivi amplificati dal ministro delle finanze era quello della semplificazione, consistente nel passaggio da quattro a tre aliquote. Ebbene, la semplificazione è stata realizzata in questo modo: passando molti beni ad aliquota 4 per cento all'aliquota del 10 per cento, facendo sparire l'aliquota del 16 per cento, ma passando tutti o quasi tutti i beni di tale aliquota a quella del 20
per cento, essendo appunto aumentata l'aliquota massima dal 19 al 20 per cento.
Se questa è semplificazione, amici e colleghi, essa sarà pagata molto cara quando, dopo il maggio 1998, si dovrà via via avvicinarsi all'aliquota suggerita dalla Commissione europea, che è il 15 per cento. E allora che cosa si farà? Per poter mantenere la parità di gettito si eleveranno progressivamente le aliquote del 4 e del 10 verso il 15 per cento, facendo scendere l'aliquota del 20 al 15? Questo effetto, poiché i beni collocati nell'aliquota del 4 per cento sono quelli previsti in particolare nell'indice ISTAT per il costo della vita, provocherà come riflesso un aumento del costo della vita. Questa è la semplificazione promossa nell'ambito dell'IVA dal ministro delle finanze. Ecco perché battersi perché vengano approvati i 72 ordini del giorno presentati dalla lega e dal Polo è molto importante per dare al Governo una indicazione alla quale sia vincolato per il futuro. A fronte di un sistema come quello europeo in cui vi sono paesi che hanno livelli di aliquote IVA molto più bassi del nostro, in Italia vi sono 5 milioni di partite IVA a dimostrazione che la presenza della imprenditorialità piccola e media porta ad una diffusione del meccanismo attraverso il quale si calcola tale imposta, la si scomputa e la si trasferisce nei beni finali a carico dei consumatori terminali. In tale realtà, è molto importante la scelta delle aliquote: ebbene, colleghi, il ministro delle finanze, è caduto nell'illusione di aumentare il gettito. Voglio vedere infatti quando faremo i conti alla fine del 1997 se i 1.500 miliardi degli ultimi tre mesi, poiché il decreto-legge decorre dal 1 ottobre, saranno effettivamente incassati. Voglio vedere se alla fine del 1998 disporremo dei 6 mila miliardi e oltre previsti dalla legge finanziaria. Certamente tutto questo è l'auspicio del Governo, ma poiché l'IVA, si dà il caso, sia l'imposta più sensibile alla congiuntura, non è affatto detto a priori che tale gettito sia assicurato, visto che tutto dipende dal ciclo economico. Le vicende ed i segnali pericolosi che provengono in questi giorni, dai mercati asiatici possono anche far ipotizzare che quel 2,5 per cento, cui si arrampica il ministro Ciampi per le prospettive di aumento del PIL nel 1998, potrebbe non essere realizzato e, a questo punto, non verrebbe realizzato nemmeno il gettito IVA atteso.
Il fatto di avere insistito fino a porre la questione di fiducia, in modo da far decadere quelle poche decine di emendamenti ancora in discussione e che avrebbero migliorato il decreto-legge sull'IVA, è stata una politica miope da parte del Governo e della maggioranza, perché tutto questo si ritorcerà in modo negativo certamente sulla maggioranza (e ciò potrebbe essere un invito a nozze), ma - ahimè - anche sul paese (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Non è un mistero che altri paesi stiano studiando ed ormai concretamente attuando misure di riequilibrio, anche territoriale. In termini molto concreti e pratici, intendo dire che alcuni paesi stanno esaminando forme di esenzione o
di alleviamento della pressione fiscale, agendo anche sull'IVA, oltre che sul grande comparto dell'imposizione diretta. Ciò al fine di garantire situazioni di riequilibrio in quei territori ed aree, a quelle fasce altimetriche in cui l'insediamento antropico è più disagiato e dove si pone il problema di attivare meccanismi produttivi, economici e sociali per propiziare il popolamento di quei territori. Dunque, si tratta di un'occasione buona ed importante, ma purtroppo perduta deliberatamente dal Governo a favore di un'occasione negativa, pessima, che invece ha utilizzato per proseguire la tradizionale politica di torchio e di spremitura del contribuente.
Voglio far osservare che negli ordini del giorno sono rappresentate alcune istanze che con tutta razionalità e ragionevolezza avrebbero potuto essere prese in serissima considerazione.
Non si tratta soltanto della disciplina più organica ed armonica e di una codificazione seria il cui auspicio è presente in alcuni ordini del giorno; non si tratta soltanto di alcune misure di razionalizzazione, come quella sui tempi relativi all'obbligo di emissione delle fatturazioni e sulla messa in regola delle società, di cui si chiede ad esempio il necessario slittamento di un anno del relativo termine; a parte tutte le proposte più forti (come l'agevolazione per tutto il comparto agricolo e zootecnico, già duramente penalizzato dall'aumento degli estimi catastali), concernenti interi settori come quelli dell'edilizia, dell'abbigliamento, di servizi particolari o della cultura e dei mezzi di informazione, un ordine del giorno chiedeva in particolare che anche ai fini dell'IVA - così come per le imposte dirette - per le spese per autotrazione, locomozione, autovetture, eccetera, potesse essere riconosciuta una detraibilità del 50 per cento (come avviene nelle contabilità IRPEF degli studi professionali, delle aziende, e così via).
Questo è lo strano paese del tartassamento fiscale, in cui ciò che è vero agli effetti civili non lo è a quelli fiscali. Perfino nell'ambito di ciò che è vero agli effetti fiscali, quello che è valido per l'imposta diretta IRPEF non lo è per l'IVA. Ecco alcune delle assurdità che coloro che hanno la possibilità di ascoltarci nell'opinione pubblica e nei ceti produttivi possono giudicare per chiedersi se questi sono gli argomenti di un'opposizione che tende a perdere tempo o a boicottare i lavori parlamentari o se sono le argomentazioni molto concrete di un'opposizione che cerca di ritagliare spazi di sopravvivenza e di sviluppo a ceti produttivi e professionali che sono i più duramente colpiti da questa manovra di ulteriore spremitura fiscale (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Il provvedimento sull'IVA, la riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali richiesta da Bertinotti e gli incentivi alla rottamazione hanno in pochi mesi portato la nostra economia ad un punto critico, il cosiddetto stand still, ovvero all'inerzia immobile. Non si spende, non si investe, non si rischia, non si cresce, specialmente nel sud.
Quando, come in questo provvedimento, si aumenta la pressione fiscale ben sapendo che la crescita del reddito disponibile è zero, come zero è la crescita dell'occupazione, non ci si deve poi stupire della mancanza di investimenti. Le imprese non investono più, né l'export contribuisce più di tanto, vista la continua perdita di competitività. Basterebbe pensare al settore tessile, signor Presidente, e
a quello calzaturiero, ben sapendo che essi, nel nostro paese, sono già in crisi: si ricordi il meno 40 per cento del 1996. Questo Governo ha voluto dargli il cosiddetto colpo di grazia elevando l'IVA dal 16 al 20 per cento.
A nulla sono valse le giuste e legittime proteste degli operatori del settore del legno e dell'arredo, un comparto economico tra i più importanti del nostro paese. Basterebbe pensare che questo settore rappresenta il 17 per cento del totale delle unità produttive di tutto il comparto manifatturiero, con un complesso di 428 mila addetti, per renderci conto di come esso, se incentivato, potrebbe creare più produzione, più occupazione, più ricchezza. Il Governo invece, di fronte ad un settore che versa in una momentanea crisi, con l'aumento dell'IVA e l'applicazione del decreto Ronchi dà ad esso un altro colpo mortale, e insieme con esso all'intera economia italiana.
Se il tempo non fosse così avaro, potremmo elencare molti altri aspetti negativi di questo provvedimento per dimostrare come il Governo sia completamente chiuso nei confronti delle piccole e medie imprese, dei consorzi, dell'artigianato, del terziario in genere. Fra pochi giorni in quest'aula dibatteremo sulla finanziaria ed anche in quell'occasione vi chiederemo il motivo di una vostra scelta politica vessatoria nei confronti delle piccole e medie imprese. Vi chiederemo il perché dei trasferimenti dello Stato, sempre inversamente proporzionali al prodotto interno lordo. Ma soprattutto da oggi, con questa nostra opposizione anche ostruzionistica, vogliamo lanciare un appello al ceto medio produttivo, affinché in maniera democratica si mobiliti scendendo in piazza per far comprendere a questo Governo che la ripresa dell'economia italiana non passa attraverso le 35 ore lavorative di Bertinotti, non passa attraverso gli incentivi alla FIAT, ma passa attraverso la ripresa del ceto medio produttivo. E la maggioranza sappia, signor Presidente, onorevoli colleghi, che alleanza nazionale sarà in piazza insieme alle confederazioni dei commercianti, degli artigiani, dei lavoratori autonomi per dire «no» a questa politica economica, ma soprattutto per dire «no» a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Ebbene, con questo decreto certamente non si risolvono i problemi del Mezzogiorno d'Italia, delle categorie produttive, dei ceti artigiani, dei lavoratori autonomi, anzi, si butta del fango su queste categorie e non si dà un aiuto serio a coloro i quali in questo Stato, in questa nazione, quotidianamente vengono tartassati da un Governo che altro non sa fare - come il ragioniere quando si pagano le tasse - che aumentare i tributi con semplici calcoli, aiutando quelli che ormai sono già ricchi; basti pensare al decreto sulla rottamazione, che ieri è stato definitivamente approvato al Senato.
In che modo si vuole aiutare il Mezzogiorno d'Italia, affogato dalla disoccupazione? Chiedo a questo Governo in che modo si vogliano aiutare i ceti produttivi, l'artigianato, il rilancio dell'economia soprattutto nel Mezzogiorno, il volano principale rappresentato dal turismo e dall'edilizia. Con questo decreto certamente non si aiuta il turismo, anzi si aggrava ancora di più il problema, e l'edilizia viene bloccata, perché si aumentano in maniera strumentale le tasse che si debbono pagare.
Come ha osservato il collega che mi ha preceduto, in questa battaglia alleanza
nazionale dà l'input necessario affinché ci sia una vera opposizione, un'opposizione incisiva, anche quella di piazza. E se oggi siamo qui in aula a fare il cosiddetto ostruzionismo, questo deve servire a coloro i quali in passato lo hanno fatto ed oggi con il voto di fiducia cercano di mascherare il vero programma dell'Ulivo: anziché il rilancio economico delle fasce produttive, si cerca di distruggere quel poco che già esiste. Basti pensare che in questi giorni gli allevatori e gli agricoltori sono scesi nelle piazze di tutta Italia per protestare contro le quote latte e per rivendicare i loro diritti in materia agricola. Ebbene, lo Stato è sordo, fa finta di non sentire. Ecco che allora si inasprisce la diatriba tra lo Stato centrale e gli enti locali, dando forza alle spinte secessionistiche, caro Presidente e onorevoli colleghi, perché in questo modo non si fa ragionare l'elettore, il cittadino medio, il cittadino che vuole ragionare e confrontarsi con lo Stato.
In quest'aula il confronto della dialettica politica manca quotidianamente. Basti pensare alle ventotto questioni di fiducia che avete posto senza tener conto delle reali esigenze dell'opposizione, quell'opposizione che in passato è stata sempre disponibile a dialogare con voi, la stessa opposizione che spesso vi ha garantito il numero legale, l'opposizione che ha dato il via definitivo a riforme importantissime: basti pensare al dialogo che è nato nella commissione bicamerale.
Oggi, caro Presidente, onorevoli colleghi (mi rivolgo soprattutto a quelli dell'opposizione), è venuto a mancare il fulcro principale della dialettica democratica in quest'aula. E quando si fanno passare decreti-legge con i voti di fiducia manca quella che è la spinta necessaria a dialogare anche per il futuro.
Alleanza nazionale, non solo dall'aula ma anche dalle piazze, con i ceti medi, con i ceti meno abbienti (disoccupati, disabili, casalinghe), farà il suo dovere, perché non manca a noi, cari colleghi dell'opposizione, la volontà di portare nelle piazze la vera protesta.
Con questo decreto-legge andrete ad aggravare ulteriormente il deficit delle famiglie, delle aziende agricole (soprattutto nel Mezzogiorno, già penalizzato), il deficit delle centinaia di migliaia di giovani che a Napoli, a Salerno, a Reggio Calabria, a Lamezia Terme aspettano un futuro certo. E non è con queste misure che si dà un futuro certo ai giovani disoccupati; un futuro certo lo si dà...
Noi che abbiamo contribuito a non fare del regolamento un'arma permanentemente ostruzionistica non vogliamo rinunziare alla possibilità di considerare il Parlamento il luogo della mediazione politica in favore delle categorie, il microfono degli eletti verso gli elettori. Purtroppo questo non accade, signor Presidente. Prendiamo l'esempio della mediazione fra gli interessi della società e il Governo e il Parlamento: chi è tutelato con questa formula di Governo che utilizza il regolamento non per fini antiostruzionistici, ma per fini propri, di tutela della sua azione politica? È tutelata la FIAT; è tutelata, signor Presidente (ultimo recente caso), la Philip Morris.
Faccio un esempio: noi consideriamo il Parlamento e le Commissioni strumenti utili per il dialogo. Signor Presidente, quando in Commissione o in Assemblea (il caso della Philip Morris è in Commissione) si trova in minoranza rispetto ad un provvedimento perché liberamente deputati della maggioranza o di opposizione,
agendo senza vincolo di mandato (che la Costituzione vieta), si mettono d'accordo su un emendamento, il Governo sposta l'oggetto della legge dalla Commissione, dall'aula parlamentare ad un provvedimento collegato alla finanziaria, e annulla il libero voto, come è accaduto per una convergenza fra un deputato della maggioranza (l'onorevole Sbarbati) e i deputati del Polo su un provvedimento dannoso per la Philip Morris. Il Governo, attraverso il ministro Visco, è intervenuto a tutela della Philip Morris.
Allora, signor Presidente, la nostra azione, che non è ostruzionistica ma è uno strumento di colloquio, viene a scontrarsi con una maggioranza che ricorre in modo perpetuo e permanente al voto di fiducia, che adesso comincia ad utilizzare lo strumento della seduta fiume, che quando vede in Assemblea o in Commissione crearsi liberamente una maggioranza la annulla con un provvedimento successivo. Dov'è il dialogo, dov'è la democrazia parlamentare? Ecco perché stiamo conducendo questa battaglia, che non è di ostruzionismo ma di verità, in difesa del ceto medio. Il bipolarismo, infatti, sta nascendo nella vita sociale del paese; c'è un blocco sociale: il ceto medio è colpito da questa maggioranza, non ha strumenti di difesa. Il ceto medio non ha il sindacato, non ha le tute blu, non può scendere in piazza, non può fare i treni popolari, è un altro mondo, un'altra tradizione, un'altra cultura, nasce in altro modo. Allora, il sindacato, la rappresentanza di questo blocco sociale è il Polo delle libertà, che utilizza gli strumenti di concretezza e correttezza parlamentare per far sentire la sua voce. Bloccare questa voce significa togliere uno strumento anche al ceto medio, che si sente tartassato.
Voglio fare una considerazione, Presidente, e concludo proprio a questo punto: il Parlamento è nato nella storia delle democrazie come istituto per difendere i cittadini dal fisco, invece oggi è utilizzato dal Governo come strumento per il fisco di Governo contro i cittadini. Per questo - ed ho veramente concluso - voglio terminare citando le parole del Presidente della Camera il quale, attaccando il mondo universitario con argomenti concreti, moderni, di attualità, ha detto: gli atenei non devono ridursi a fattoria di esami e di diplomi. Noi ci auguriamo, signor Presidente, mutuando questa definizione, che le Camere non si riducano a fattoria di voti e di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pampo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pampo. Ne ha facoltà.
Intervengo, Presidente, sul complesso degli ordini del giorno per sostenere con forza che il decreto-legge che reca disposizioni tributarie urgenti non semplifica il nostro sistema fiscale riferito alle aliquote IVA, non armonizza per nulla il nostro sistema a quello europeo e finisce, al contrario, per danneggiare l'economia italiana e strozzare ancor più gli elementi di sviluppo che il Mezzogiorno, in questa fase, sta registrando.
I mali che questo decreto arreca al paese, l'arroganza del Governo e le infauste scelte delle forze politiche di maggioranza in tema di politica fiscale rappresentano elementi forti che pongono alleanza nazionale, le forze del Polo e l'intera opposizione nelle condizioni di usare tutti gli strumenti regolamentari per evitare che il Governo arrechi ulteriori danni all'Italia e agli italiani.
Questo Governo, signor Presidente e onorevole sottosegretario, si presta alle considerazioni politiche, economiche e sociali più vaste, ma ci porta anche a registrare la volontà continua, prevaricatrice del Governo.
L'utilizzazione della decretazione d'urgenza per regolamentare una parte significativa della manovra finanziaria costituisce, infatti, una novità assoluta per il Parlamento italiano, il che non ci stupisce più di tanto, ma ci preoccupa. E soprattutto ci preoccupa il silenzio delle autorità preposte alla garanzia delle prerogative del Parlamento e della stessa democrazia. Questa preoccupazione non ci pone e non ci ha posto, signor Presidente, nelle condizioni di esercitare la pur legittima e regolamentare azione ostruzionistica: al contrario. Siamo qui, come affermava l'onorevole Tatarella, per ampliare e amplificare il contenuto, le voci, le ansie, le aspettative, i tormenti della gente; siamo qui per contribuire a dare dignità al Parlamento e soprattutto a portare in quest'aula la voce vera, autentica delle forze che lavorano e che producono ricchezza. Quella stessa ricchezza, signor Presidente, continuamente depauperata e distrutta da una classe dirigente che, guarda caso, è la stessa che ha governato il paese per cinquant'anni!
Registriamo, perché il decreto in esame ce ne offre la possibilità, che la più pesante delle manovre di politica economica, quella del Governo Prodi sostenuto dalle sinistre, è stata complessivamente pari a 100 mila miliardi; è la più pesante che si sia registrata in Italia e le valutazioni espresse a sostegno di quella manovra non hanno determinato gli effetti sperati, dato che il decreto al nostro esame mira a conseguire il saldo della manovra finanziaria per il 1997, perché ulteriori buchi non rimangono coperti.
Il non aver affrontato i temi di politica economica non ci stupisce più di tanto, signor Presidente! È sufficiente dare uno sguardo alle finanziarie che si sono succedute dal 1988 ad oggi per avere la conferma che nelle stime tendenziali non si sono mai registrate parità, tant'è che le relazioni trimestrali di cassa hanno sempre evidenziato un peggioramento dei conti. Tutto ciò, signor Presidente, ha comportato la lievitazione del debito pubblico che, per memoria storica, è passato da 1.055.044 miliardi del 1988 a più del doppio, ossia a 2.352.229 miliardi del 1997 secondo le stime tendenziali.
Il decreto-legge che contrastiamo conferma in maniera inequivocabile che l'attuale Governo persegue l'obiettivo del risanamento finanziario non già attraverso misure strutturali di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica bensì esclusivamente mediante l'inasprimento fiscale, sempre più mirato a colpire la parte produttiva più seria, quella che da sempre ha pagato le tasse in Italia.
La filosofia ispiratrice è la stessa, signor Presidente, quella cioè che ha portato il nostro paese a soffrire più di ogni altro la crisi economica e sociale che molte zone pesantemente registrano. Questo decreto-legge conferma la volontà del Governo e delle forze politiche che lo sostengono di continuare a drogare l'economia del paese; le ragioni ispiratrici del decreto-legge al nostro esame sono le stesse, sono sempre identiche, sono quelle che non producono sviluppo né ricchezze.
È iscritto a parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.
Passando al merito della questione, a nome di alleanza nazionale denuncio una situazione che il Governo elude, non vuole affrontare: mi riferisco alle difficoltà che affliggono la piccola e media imprenditoria, in particolare il mercato della subfornitura e le piccole e medie attività industriali delle calzature e dell'abbigliamento. Come saprà, in assenza di una specifica disciplina legislativa capace di garantire il buon funzionamento del mercato della subfornitura, si sta producendo un forte squilibrio a vantaggio delle imprese committenti, siano esse grandi o piccole, oltre a punti di frizione, se non di scontro.
Lei sa che con il recente aumento dal 16 al 20 per cento dell'aliquota IVA previsto da questo decreto-legge per i settori tessile, dell'abbigliamento e delle calzature, la situazione delle aziende contoterziste in questi comparti si aggrava ulteriormente. Dobbiamo inoltre rilevare che i settori in cui queste operano sono già di per sé in crisi; mi riferisco in particolare a quello calzaturiero e all'industria dell'abbigliamento.
Tutti hanno denunciato - voglio sottolinearlo anch'io - il ritardo dello Stato nei confronti delle aziende che debbono ricevere il rimborso dell'IVA, ritardo che spesso è di anni. In realtà i subfornitori sono tenuti a versare l'IVA allo Stato prima ancora di avere avuto indietro il pagamento della fatturazione; è un fatto grave, se aggiunto al ritardo del rimborso dell'IVA. Era quindi indispensabile che nel testo del decreto-legge in discussione fosse stabilita l'obbligatorietà del versamento dell'IVA allo Stato da parte delle aziende subfornitrici solo dopo l'avvenuto pagamento della fattura medesima. È un vecchio discorso che è stato sempre rinviato; ritengo che questa fosse l'occasione buona per risolvere il problema.
Come detto prima da altri colleghi del mio gruppo, l'Unione europea prima o poi dovrà intervenire in merito a questa problematica. Ebbene, in seguito alle pressioni di alcune organizzazioni di categoria, è già intervenuta attraverso una lettera ufficiale di un componente della Commissione europea, il quale si è impegnato affinché al più presto la UE dia direttive volte a riportare l'IVA alla media europea. Mi sembra contraddittorio che l'Italia, in nome dell'ingresso nell'Unione, deliberi in senso contrario alle sue direttive.
Ritengo debba essere sottolineato un altro aspetto. La gravità della situazione è denunciata non solo dai partiti dell'opposizione, ma anche da un dossier elaborato da una commissione di studio insediata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in particolare il Dipartimento per la funzione pubblica, in cui si evidenzia come il fenomeno del ritardato pagamento dell'IVA dia luogo a problemi di corruzione, arrecando danni gravi anche alla pubblica amministrazione.
Credo che questi problemi sarebbero stati meglio affrontati se l'opposizione non fosse stata costretta a rinunciare a tutti i suoi emendamenti attraverso il solito marchingegno del voto di fiducia. Ritengo che
questo aspetto debba essere rilevato dal Governo, che se ne debba tener conto per salvare il salvabile, soprattutto per salvare l'unica possibilità di creare posti di lavoro, quella connessa alla soluzione dei problemi della piccola e media impresa (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Che queste modifiche siano necessarie ed opportune il ministro Visco non è riuscito a nasconderlo, almeno per quanto riguarda uno degli aspetti, quello dell'edilizia. A questo proposito, signor Presidente, desidero far rilevare che certamente sul piano formale non intendo minimamente porre in discussione la correttezza della decisione del Presidente Violante, il quale ha considerato collegato alla finanziaria un decreto che è stato pubblicato prima che la finanziaria fosse partorita. La decisione formale è stata questa ed io l'accetto, non solo e non tanto per il fatto che il Presidente della Camera gode di alta autorità ma in particolare per l'autorevolezza che gli riconosco. Se così è, se questo è un provvedimento collegato alla finanziaria, vi è però un vizio di carattere non formale ma sostanziale, che non posso non denunciare. Mi riferisco alla contraddizione tra il contenuto di questo provvedimento ed il contenuto della finanziaria. Nel campo dell'edilizia, la finanziaria ed il provvedimento ad essa collegato introducono palliativi mentre con questo provvedimento si creano guasti. Il ministro Visco ha dichiarato che cercherà di fare qualcosa a livello di Comunità europea per ridurre un'aliquota che, altrimenti, sarebbe insopportabile e spegnerebbe un'attività fondamentale della nostra economia. Se il ministro fosse stato veramente convinto, avrebbe dovuto accogliere l'ordine del giorno come raccomandazione, ma invece si è astenuto dal farlo.
Desidero segnalare all'attenzione dei colleghi altre due questioni, anche per spiegare perché il nostro giudizio sugli ordini del giorno sia positivo e perché alleanza nazionale voterà a favore. Anzitutto, vorrei ricordare la vessazione che si realizza nei confronti dell'artigianato mediante l'elevazione dell'aliquota IVA e mediante l'anticipo degli adempimenti.
La seconda questione è sicuramente più grave e concerne gli adempimenti impossibili (alla faccia delle semplificazioni!). Noi abbiamo denunciato un adempimento impossibile da adempiere e, ciononostante richiesto dal provvedimento, nel momento in cui prevede che le pene pecuniarie siano corrisposte contestualmente alle imposte. Come è noto a tutti, l'imposta si paga in banca, con delega bancaria; le pene pecuniarie, come è noto a molti - quanto meno a coloro che hanno dovuto pagarle o a coloro che si intendono della materia: spero che il Governo se ne intenda, perché di pene ne dovrebbe subire parecchie! - non si possono pagare con delega bancaria. E allora, mi si spieghi con quale contestualità è possibile pagare le pene pecuniarie e l'imposta! Se fosse stata prevista una coincidenza di ordine temporale, nel senso di individuare uno stesso termine, così come noi proponevamo, si sarebbe trattato di un adempimento possibile, ma la contestualità è impossibile, è vietata dalle
leggi attuali! Questi sono gravi errori nell'attività legislativa, sono complicazioni che si impongono ai contribuenti ed anche ai professionisti, che non sapranno a quale Santo votarsi...
È iscritto a parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.
Il comportamento del Governo costituisce un vero e proprio assalto alla correttezza interpretativa dell'ordine costituzionale che vuole che risieda nelle due Camere la sovranità popolare e che esige una presenza rispettosa del Governo, che deve procedere all'esecuzione del proprio programma, consentendone tuttavia la verifica ampia e puntuale da parte degli eletti dal popolo.
Impostare un rapporto in base al quale la centralità democratica è costituita dall'azione di Governo, relegando il Parlamento ad un ruolo notarile, significa porre in essere un vero e proprio colpo di Stato. Anche Ceaucescu e Pol Pot governavano con questa visione del diritto costituzionale.
Non si vuole cadere, come dice la maggioranza, nelle secche dell'ostruzionismo dell'opposizione: si recuperi allora da parte della maggioranza la capacità di fare leggi e non decreti-legge, uscendo dello schema ormai quotidiano e mortificante del decreto-legge.
Credo dunque che l'opposizione abbia trovato un motivo forte per lottare finalmente
senza quartiere contro un Governo che proprio con il provvedimento sul quale ha per l'ennesima volta posto la questione di fiducia ha mostrato il suo vero volto e la sua più profonda natura antipopolare, neocapitalistica e mortalmente avversa ai ceti medi produttivi.
Gli ordini del giorno che sono stati presentati attengono alla filosofia complessiva di provvedimenti che non hanno la dignità di manovre economiche ancorché incondivisibili in quanto la vostra attività è ormai regolata da esigenze di cassa, impedendovi persino di ragionare...
Noi denunciamo questa drammatica situazione che ricorda da vicino la serenità dei passeggeri del Titanic che ballavano e suonavano mentre la rotta del transatlantico lo portava verso l'iceberg fatale e mortale. Basti un fatto significativo e delittuoso: mentre il Presidente del Consiglio con la sua beata e ilare visione ottimistica sogna il trionfale ingresso nell'Europa monetaria, con la stessa vanità personale che poteva essere di personaggi come l'imperatore Bokassa, il Tesoro non versa alle regioni i denari che devono essere trasferiti alle aziende regionali sanitarie, obbligandole ad onerose anticipazioni di cassa per poter pagare dipendenti e fornitori. È con un Governo di tale irresponsabilità che abbiamo a che fare ed è contro un Governo così pericoloso per le sorti dell'economia che intendiamo ingaggiare una lotta senza quartiere, dopo aver verificato sul campo la mortificazione che esso infligge ai diritti del Parlamento.
È importante che i produttori sentano queste nostre parole. Ecco perché abbiamo il dovere di ringraziare la maggioranza per questa opportunità che ci sta offrendo. Non a caso uso la parola «produttori» - tanto cara alla tradizione politica di alleanza nazionale, perché essa esclude i ceti parassitari - i ceti che dopo un anno e mezzo di Governo hanno subìto soltanto vessazioni, mentre solo le grandi famiglie industriali e la grande finanza hanno avuto enormi vantaggi.
Nell'annunciare il voto favorevole sugli ordini del giorno, con questo mio breve intervento non intendo entrare nel merito delle valutazioni tecnico-giuridiche, che sono state già egregiamente trattate dai colleghi di alleanza nazionale, del Polo, della lega e di tutte le opposizioni. I colleghi intervenuti prima di me - ne cito alcuni: il professor Carlo Pace, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Manlio Contento - sono stati in grado di delucidare i contenuti di questo provvedimento legislativo. Io intendo quindi intervenire sulla iniquità e farraginosità che deriverà dall'applicazione del suddetto decreto-legge e sulle scuse addette dalla maggioranza sul voto di fiducia, il quale, paradossalmente, evidenzia un ostruzionismo nei confronti dell'opposizione ed è servito a tenere coesa la maggioranza stessa; diversamente, su qualche emendamento si sarebbe sfaldata. Si tratta di un ostruzionismo che mortifica la democrazia parlamentare, la dignità e le prerogative di tutto il Parlamento. Si inaugura, cari
colleghi, uno strisciante sistema bolscevico che mina la democrazia parlamentare.
Intendo però evidenziare come questo decreto-legge colpisca l'agonizzante agricoltura italiana, la piccola e media impresa, gli artigiani, i liberi professionisti, tutto quel ceto medio individuato da questo neobolscevismo come nemico perché non asservito al sistema. Intendo evidenziare come, per esempio con il mancato accoglimento dell'ordine del giorno 9/4297/40, a firma dei colleghi Contento, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Carlo Pace, Marengo, Alberto Giorgetti e Berselli, si colpiscano gli enti locali, le cui finanze già versano in profondo rosso, tant'è che molti di essi già rischiano il dissesto finanziario grazie alle allegre gestioni della prima Repubblica. Intendo evidenziare come questo provvedimento colpisca le fasce sociali più deboli, per cui è una fortuna che il Governo abbia accolto l'ordine del giorno, anch'esso a firma dei colleghi Marengo, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Carlo Pace, Contento, Alberto Giorgetti e Berselli, che lo impegna ad emanare un provvedimento che prevede le prestazioni e i servizi relativi al trasporto dei portatori di handicap. Se così non fosse stato, questo Governo, solidale a chiacchiere e a parole solo ed esclusivamente in campagna elettorale, per carpire il consenso degli elettori italiani (Applausi del deputato Carlo Pace), avrebbe colpito persino i portatori di handicap!
Dunque, noi non facciamo ostruzionismo: stiamo portando avanti una seria, dignitosa battaglia di libertà del Parlamento in difesa dei cittadini italiani e, specialmente, delle categorie più deboli.
Ricordo anche il mancato accoglimento di un altro ordine del giorno, che riguarda sempre il sociale, più esattamente la terza età - mi riferisco all'ordine del giorno n.9/4297/42 - che impegna il Governo ad emanare un provvedimento che preveda che le prestazioni di servizi relativi al trasporto di persone di età superiore agli anni 65 rientrino tra le prestazioni esenti da IVA. Anche in questo caso, l'ordine del giorno era firmato dai colleghi Alberto Giorgetti, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Carlo Pace, Contento, Marengo e Berselli, i quali sono stati i moschettieri di alleanza nazionale nel portare avanti una battaglia di dignità, di libertà del Parlamento e del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
l'articolo 6-bis contiene sanzioni relative alle procedure concorsuali, l'articolo 6-ter parla del termine per la notifica degli avvisi di liquidazione relativa all'imposta comunale sugli immobili, l'articolo 6-quater - siamo perfettamente in tema, in totale omogeneità e coerenza con le materie indicate prima - tratta delle disposizioni relative alla tassa sull'occupazione del suolo pubblico, ancora l'articolo 7 reca norme per la devoluzione delle entrate a variazioni di bilancio.
Quanta fatica ulteriore si scaricherà sugli addetti ai lavori, quale incremento di pendenze per il contenzioso tributario, quante energie in più da impiegare per i dipendenti degli uffici pubblici, in particolare degli uffici imposte, che dovranno verificare l'esatto adempimento di queste norme, certamente in modo contraddittorio, considerata tale eterogeneità e con disagi tecnici tra un ufficio e l'altro. Ma ad una pessima forma corrisponde una pessima sostanza: questo è un decreto-legge che richiederebbe le cure di uno psichiatra perché è tecnicamente schizofrenico. Ho nelle mani la relazione licenziata dalla XII Commissione sulla chiusura degli ospedali psichiatrici ed osservo che manca un capitolo: quello dedicato a dove dovranno risiedere i componenti del Governo Prodi.
Come si fa ad introdurre, da un lato, delle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione delle abitazioni e ad imporre, dall'altro, l'elevazione delle aliquote IVA anche sulle materie prime e sui semilavorati per l'edilizia? Perché chi costruisce una nuova casa deve essere ulteriormente penalizzato e chi invece opta per la ristrutturazione riceve un incentivo? Qual è la ragione, se ve n'è una, di questo diverso trattamento? Nel settore automobilistico, finora, si è seguita la logica opposta, eppure è lo stesso Governo che l'ha imposta, per la gioia, si fa per dire, dei riparatori di autovetture: si è infatti incentivata la demolizione e la rottamazione, quindi l'acquisto del nuovo e con ciò si è dissuaso dal rimettere in sesto le vecchie vetture.
Queste schizofrenie non sono soltanto illogiche, sono anche dannose: la gran parte delle aziende edili operanti al sud, quelle che ancora sopravvivono nonostante la pluridecennale persecuzione fiscale e contributiva a cui sono state e sono sottoposte, sono impegnate soprattutto nella costruzione di nuovi alloggi, non nelle ristrutturazioni. Questo decreto-legge aggraverà i loro problemi e farà crescere il livello della disoccupazione. Ancora, le esigenze delle giovani coppie, quelle che ancora osano sposarsi nonostante la politica antifamiliare dei governi di centro-sinistra e di sinistra-centro...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mitolo. Ne ha facoltà.
Ho ascoltato gran parte degli interventi e ne ho tratto il convincimento non solo della giustezza della causa, ma anche della serietà degli intendimenti, del senso di responsabilità, e soprattutto del dovere che il nostro gruppo parlamentare sente
nel difendere le categorie che ci sembra vengano mal tutelate dal provvedimento del Governo, anzi messe in difficoltà.
Vi sono settori trainanti dell'attività economica della nazione che vengono duramente colpiti: il settore dell'edilizia, come si accennava, il settore calzaturiero, il settore vitivinicolo, e così via. Credo che le argomentazioni addotte dai colleghi che mi hanno preceduto possano essere testimonianza valida della serietà con cui il nostro gruppo ha affrontato il dibattito e ha tentato, per quanto possibile, di migliorare il provvedimento in discussione che - come poc'anzi ben rilevava il collega Mantovano - si presenta addirittura in forma schizofrenica.
Riteniamo doverosa la partecipazione al miglioramento dei provvedimenti di legge presentati, proprio per rispondere al nostro compito di parlamentari e in particolare di esponenti dell'opposizione: non con ciance vane, Presidente, non con argomentazioni di poco conto ma - come anche lei credo abbia potuto constatare - con dovizia di argomenti, serietà ed acutezza di rilievi e di analisi non solo politica ma anche socio-economica.
Certo, per chi interviene a questo punto è difficile...
Per la verità, come si è lamentato all'inizio di seduta, non è che la stampa abbia dato grande rilievo a questa nostra manifestazione di carattere seriamente democratico. Anche attraverso questi interventi intendiamo dunque richiamare l'attenzione dei cittadini tutti e soprattutto delle categorie che sono profondamente toccate dal provvedimento in discussione: gli artigiani, gli imprenditori, i liberi professionisti e - per aggiungere una particolare constatazione - certi settori di attività che riguardano in particolare regioni che hanno una loro caratteristica specifica (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galeazzi. Ne ha facoltà.
più in quest'aula, ma è molto importante che milioni di cittadini stiano impallidendo rispetto a tali scellerate riforme.
Per entrare nel merito degli aspetti più propriamente tecnici, vorrei riferirmi al padre di queste scellerate e medievali riforme, che è il decreto di attuazione della legge delega previsto nel provvedimento collegato alla legge finanziaria del 1997, il quale avrebbe la pretesa di allineare alle previsioni europee il trattamento delle imposte indirette nell'ordinamento dello Stato italiano.
L'utopia del destino delle povere imposte indirette (povere si fa per dire) viene vanificata qualora si riesca ad approfondire l'obiettivo della riforma, sia nella sostanza sia nella sua profondità. Sin dalla riorganizzazione delle aliquote IVA si è manifestato uno squilibrio che colpisce indiscriminatamente le varie classi sociali. Per esempio, i vari accorpamenti delle aliquote di imposta hanno causato l'aumento dei prezzi di alcuni beni di largo consumo (abbigliamento, calzature). Inoltre, l'aumento delle aliquote sui compact disc e sulle videocassette (che, per natura, possono contenere e contengono sicuramente canzonette, ma possono anche riguardare materiale enciclopedico, medico e scolastico), dimostra che l'Italia, anziché correre al passo con i tempi, regredisce ed incentiva l'utilizzo di vecchi strumenti didattici, quali per esempio il pallottoliere, e che fino ad oggi non mi risulta abbia subito nessun aumento e nessuna tassazione.
Nel dettaglio del provvedimento collegato, le mire di detta riforma sono sostanzialmente sempre restrittive e dirette in modo esclusivo ad aumentare il gettito dell'imposta. Infatti, nel decreto legislativo n.313, all'articolo 4, si estende la soggettività passiva anche a quelle attività che, pur non rientrando nella tassativa previsione di cui all'articolo 2195 del codice penale, sono organizzate in forma di impresa. Inoltre, l'articolo 19, esempio di indiscriminata attuazione, stabilisce il divieto di detrazione per tutte le operazioni che non hanno rilevanza ai fini dell'imposta, tali da collegare l'operatività al gettito. Pertanto, in questo modo si fissa un nuovo criterio di ripartizione tra l'imposta detraibile e quella indetraibile. Per meglio chiarire questo concetto, il nuovo criterio di ripartizione tiene conto direttamente degli acquisti in funzione del loro utilizzo. Sempre l'articolo 19, dispone la non detraibilità dell'imposta relativa all'acquisto di alimenti, di bevande e di tutte le spese di rappresentanza fiscalmente sempre più colpite, quasi ad impedire le attività di incentivazione, attraverso le pubbliche relazioni, della propria attività.
Tale dispositivo di difficile attuazione risulta in contrasto con quanto previsto dallo stesso Governo e porterà ad una incentivazione del contenzioso tributario, essendo la norma atta a varie interpretazioni in sede di applicazione pratica. Ritengo che questa norma avrebbe dovuto essere abrogata fin dall'inizio.
Signor Presidente, senza entrare ulteriormente nel dettaglio, voglio sottolineare che sono stati riformati settori dell'agricoltura con regimi di esonero scaglionati, ma ciò anziché incentivare l'attività agricola la deprime, poiché ci si pone come scopo esclusivo l'antielusione, invece di porsi come obiettivo principale la produzione, la produttività, l'incremento e lo sviluppo.
Nell'editoria si registra la stessa cosa (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.
infatti di un provvedimento che presenta aspetti di incostituzionalità, come è stato già osservato in altra seduta, ma non mi sembra che vi siano state risposte adeguate da parte del Governo.
Intendo riallacciarmi, in questo breve intervento, a quanto sostenuto prima dal collega Zaccheo, partendo da un ordine del giorno di cui sono primo firmatario e che, al di là delle posizioni politiche e delle possibili strumentalizzazioni che a volte fanno parte del dialogo tra maggioranza e opposizione, sembrava basato su una caratteristica fondamentale: il buon senso. Mi sembra che il Governo e la maggioranza, sotto il profilo dell'approccio a questa sede parlamentare ed al dialogo con l'opposizione, abbiano completamente perduto per strada il buon senso medesimo.
Come diceva prima l'onorevole Zaccheo, questo ordine del giorno impegnava il Governo ad emanare un provvedimento che prevedesse che le prestazioni di servizi relativi al trasporto di persone di età superiore ad anni 65 rientrino tra le prestazioni esenti da IVA. È evidente che un impegno del genere doveva essere tranquillamente accolto dal Governo, alla luce del fatto che precedentemente era stato accolto un ordine del giorno in cui si prevedeva un impegno per il Governo ad esentare dall'IVA i trasporti per i soggetti purtroppo colpiti da handicap.
Il Governo dimostra ancora una volta, in questa situazione, di essere preso da una schizofrenia assolutamente inspiegabile, la quale però segue una logica perversa, dimostrata in ogni passaggio dal Governo, a testimonianza della mancanza di volontà di portare avanti un dialogo con l'opposizione. Tale dialogo spesso non entra nelle valutazioni di merito sul decreto, un piano su cui l'opposizione ha fatto evidentemente la sua parte in maniera estremamente responsabile; c'è stata da parte nostra un'attenzione particolare nel tentativo di migliorare un provvedimento assolutamente negativo, che non accettiamo e che riteniamo assolutamente pericoloso per le sorti dell'economia nazionale.
Dicevamo che c'è stato un atteggiamento di completa chiusura, inspiegabile: a fronte di qualche emendamento, non si è voluto comunque dialogare. Non lo si è fatto in Commissione, non lo si è fatto in Assemblea, ed ancora una volta si è assistito all'utilizzo di uno strumento (la questione di fiducia) su un provvedimento che poteva essere tranquillamente discusso con l'opposizione.
È un atteggiamento che si ripete nel tempo: sono ormai trenta le questioni di fiducia poste da questo Governo, una ogni quindici giorni. Ciò dimostra come il Governo stesso sia in grave difficoltà nell'affrontare il dialogo in Assemblea e nel rispettare le prerogative dei singoli parlamentari e dell'Assemblea stessa. È proprio il Governo che si riempie la bocca con i comportamenti democratici e con il richiamare il dialogo propositivo con l'opposizione che dimostra in questi passaggi, in modo estremamente chiaro, come esso sia orientato in una logica assolutamente autoritaria e non sia disponibile al confronto.
Entrando nel merito del provvedimento, vorrei fare alcune brevi considerazioni.
Constato l'assenza dell'onorevole Matteoli che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iacobellis. Ne ha facoltà.
Gli emendamenti presentati dall'opposizione erano tutti volti a rendere non dico più equa, ma almeno più accettabile la manovra, mediante correttivi orientati alla saggezza, al buon senso ed alla razionalità. Ma ciò non è stato possibile a causa di un atteggiamento irresponsabile e odioso del Governo, che ha posto la questione di fiducia in un momento in cui, in maniera del tutto pacata e democratica, si svolgeva in aula un civile dibattito, teso a migliorare il livello tecnico e di merito del provvedimento. E ciò per interesse non solo della collettività ma anche della stessa maggioranza o, per meglio dire, di alcuni settori della maggioranza, mortificati dalla bruttezza ed iniquità del decreto de quo.
Pertanto l'atteggiamento del Governo, signor Presidente, ci preoccupa, perché non si riesce a cogliere la ratio politica di un colpo di testa, di un cupio dissolvi tanto improvviso quanto inopportuno. Ci preoccupa non poco perché potrebbe essere il sintomo, il segnale dello stato confusionale e di profonda isteria collettiva in cui versa la maggioranza, entrata ormai nel pallone e come tale non più in grado di reggere il timone dell'azione di Governo. O forse, signor Presidente, è il sintomo di qualcosa di più grave e di più profondo; forse è il sintomo di una insofferenza da parte della maggioranza nei confronti di una opposizione che disprezza solo perché non è la loro maggioranza. Infatti una cosa è certa: a questo Governo, a questa maggioranza nulla sta bene. Non le sta bene l'ostruzionismo, non apprezza il pacato confronto, non accetta la disponibilità ad una collaborazione fattiva e sostanziale (che non è l'inciucio) nell'interesse del paese.
Insomma, si ha l'impressione - e questo è veramente grave - che alla maggioranza, così tronfia ed altezzosa, dia fastidio la nostra sola presenza fisica, una presenza per loro inutile, una pura perdita di tempo nel glorioso cammino della loro pseudo grandezza e della loro pseudo onnipotenza. In definitiva, signor Presidente, si ha l'impressione che l'anelito freudiano, il sogno inconfessato di questa maggioranza sia quello di vedere splendere un giorno sul tabellone delle votazioni un tutto verde o un tutto rosso, meglio se tutto rosso.
Fatte queste premesse...
Fatte queste premesse, dichiaro di votare a favore di tutti gli ordini del giorno, nessuno escluso, presentati dai colleghi del Polo e della lega. In particolare, il voto favorevole...
dichiarato decaduto. Non è mai accaduto - abbiamo entrambi una lunga esperienza parlamentare - che di fronte ad un dibattito di questo tipo si sia dichiarato qualcuno decaduto. Ci sono le sostituzioni: uno parla al posto di un altro, e l'altro si mette in coda.
Mi meraviglia che ciò avvenga da parte di un Presidente come lei, che ha lunga esperienza parlamentare e di cui riconosco la correttezza. Certamente non posso dire che il Presidente che attualmente presiede la Camera sia persona faziosa; tutt'altro. Oltre tutto, i nostri rapporti sono più che buoni, e mi dispiace anche intervenire in questi termini, ma io insisto che in un dibattito come questo non si può dichiarare decaduto un parlamentare. Pertanto, le chiedo ufficialmente di poter svolgere il mio intervento, come hanno già fatto tanti altri miei colleghi. Grazie.
Mi trovo in una situazione di imbarazzo, mi creda, perché da un punto di vista sostanziale vorrei aderire alla sua proposta, ma da un punto di vista formale il regolamento me lo preclude. Mi consenta, onorevole Matteoli, di consultare meglio il regolamento e, se troverò uno spiraglio, le darò la parola ben volentieri.
Constato l'assenza del deputato Landolfi, che aveva chiesto di parlare; si intende che vi abbia rinunciato.
Capisce perché il problema dell'ammissione diventa delicato?
Constato l'assenza dei deputati Lo Porto, Lo Presti, Fini, Marino e Martini, che avevano chiesto di parlare; si intende che vi abbiano rinunciato.