Seduta n. 277 del 26/11/1997


(continuata nelle giornate di giovedì 27, venerdì 28 e sabato 29 novembre 1997)
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2791 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti (approvato dal Senato) (4297) (ore 14,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato con votazione fiduciaria per appello nominale l'articolo unico del disegno di legge di conversione n.4297, nel testo della Commissione, identico a quello approvato del Senato, e si è passati all'esame degli ordini del giorno.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 4297)

(Per gli ordini del giorno vedi l'allegato A ai resoconti della seduta del 25 novembre 1997 sezione 1)

PRESIDENTE. Riprendiamo le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sospiri. Ne ha facoltà.

NINO SOSPIRI. Signor Presidente, questa mattina, fino quasi a toccare l'alba, noi deputati dell'opposizione siamo stati presenti in quest'aula, non perché siamo masochisti (non ci piace), né perché siamo sadici, né tanto meno ci piace sovraccaricare di lavoro il personale della Camera. Lo abbiamo fatto invece per due ragioni


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di sostanza. La prima è quella di sostenere le nostre tesi e di poterlo fare con argomentazioni puntuali, credibili. La seconda è quella di determinare, almeno potenzialmente, il miglioramento di questo provvedimento, considerato che stiamo intervenendo per dichiarazioni di voto non su emendamenti, ma su ordini del giorno, cioè su atti di indirizzo.
Vorremmo che se il nostro impegno fosse ben compreso, un impegno, signor Presidente, che adesso si sta inasprendo, come era logico che accadesse, perché è stata deliberata la seduta fiume, una notizia che in forma di ipotesi circolava già in nottata e che ha determinata l'iscrizione a parlare di oltre 200 deputati. Una seduta fiume però, signor Presidente, onorevoli colleghi, che sta per trasformarsi in una seduta «palude» per la maggioranza e per il Governo.
Le argomentazioni al riguardo svolte dallo stesso presidente Biasco stanno a dimostrare che maggioranza e Governo hanno operato una scelta scellerata e dannosa per la stessa maggioranza e per lo stesso Governo.
Fin dall'inizio abbiamo tentato di espletare un'azione costruttiva; di recente, qualche giorno fa, si è detto che l'opposizione non può essere solo distruttiva, anzi demolitrice (questo è il termine esatto), ma deve essere, in una sana democrazia, propositiva, cercare il confronto, una via, nessuno potrà negarlo, che seguiamo costantemente. Quando poi il nostro impegno è più evidente, perché più importanti sono le materie in trattazione, allora è la maggioranza a disertare l'aula, a rifiutare il confronto, ad arroccarsi, a negare quella dialettica che invece rappresenta, almeno a nostro giudizio, il lievito necessario a far crescere la democrazia.
Proprio rispetto a questo concetto, vorrei aggiungere una considerazione conclusiva, ricollegandomi a ciò che diceva ieri...

PRESIDENTE. Onorevole collega, il tempo a sua disposizione è terminato: mi rincresce, ma sarò rigidissimo.

NINO SOSPIRI. Ma Presidente, sto chiedendo trenta secondi... (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fino. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FINO. Signor Presidente, colleghi, signor ministro, dopo aver espresso il mio parere favorevole sugli ordini del giorno presentati dai colleghi dell'opposizione (cioè di alleanza nazionale, di forza Italia, del CCD, del CDU e della lega nord) voglio fare alcune riflessioni sul provvedimento in esame.
Si dice che il decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti, in fase di conversione, sia stato emanato per realizzare un più marcato allineamento con le direttive comunitarie. Ora, a parte la considerazione che al termine ultimo per tale allineamento manca ancora oltre un anno, riteniamo che tale provvedimento tenda non tanto all'allineamento alle normative comunitarie, quanto piuttosto a far fronte alla necessità di reperire maggiori entrate.
E allora il Governo e questa maggioranza dicano chiaramente che nominalmente si tratta di un provvedimento di allineamento alle normative comunitarie, ma che in realtà si tratta di una misura per far fronte alle esigenze di cassa, per reperire dalle tasche dei cittadini contribuenti ulteriori migliaia di miliardi. Così come abbiamo fatto finora, contestiamo questo provvedimento e la blindatura che ad esso il Governo ha inteso dare.
Come qualche collega che mi ha preceduto ha già detto, non ci si può venire a dire che la posizione della questione di fiducia sia stata una conseguenza dell'ostruzionismo; quest'ultimo è venuto dopo la fiducia ed infatti, in precedenza, non c'era stato ostruzionismo, si era cominciato a discutere e buona parte degli emendamenti erano stati ritirati. Quei pochi e qualificanti che erano rimasti erano in corso di esame e - come qualche collega ha già detto - venivano votati al ritmo di quattro minuti ciascuno.


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Non vorrei - ma in realtà ne sono sicuro, come diceva poco fa il presidente Tatarella - che alcuni componenti della maggioranza avessero ed abbiano tuttora dubbi sull'equità di un tale provvedimento. Evidentemente però, di fronte ad una richiesta di fiducia del Governo, non potevano e non possono che mettersi in linea con le direttive impartite. Forse, come qualcuno diceva in occasione di altra fiducia, con la pistola alla tempia hanno dovuto votare la fiducia al Governo Prodi.
Venendo al merito degli ordini del giorno, signor Presidente, mi sento in particolare di sollecitare l'approvazione dell'ordine del giorno n.9/4297/32 a firma dei colleghi Fei e Contento, che peraltro ha ricevuto il parere favorevole del Governo, ma anche e soprattutto degli ordini del giorno...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Losurdo. Ne ha facoltà.

STEFANO LOSURDO. Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge che la Camera si accinge a convertire in legge e la massa di ordini del giorno sui quali in questo momento si rendono le dichiarazioni di voto, costituiscono una fotografia precisa, inequivocabile, dai contorni netti, delle situazioni politiche, delle posizioni politiche, anzi della politica oggi nel nostro paese. Da una parte c'è un decreto che si qualifica e si caratterizza come contenente la filosofia di questa composizione governativa, cioè la mortificazione continua, reiterata, proterva, attraverso l'inasprimento dell'imposta IVA, di tutto il mondo dell'imprenditorialità e della produzione italiana. Si contrappone a questo decreto la massa di ordini del giorno sui quali oggi si rendono le dichiarazioni di voto, presentati esclusivamente dagli schieramenti dell'opposizione, che si evidenziano plasticamente come gli unici veri mallevadori di tutto quel gran popolo delle partite IVA che in questo momento in Italia viene mortificato, viene subissato di tasse, e che solo se non oberato di tasse e di imposte varie potrebbe veramente scatenare quella ripresa della produzione e potrebbe provocare poi la risoluzione di problemi annosi, quali quello della disoccupazione.
Si tratta quindi di due filosofie a confronto, di due visioni della vita, in un quadro netto e chiaro. Se questo è vero, ed è incontrovertibile, perché si evidenzia chiaramente dagli atti parlamentari che oggi sono all'esame della Camera, si impone però una considerazione di carattere politico sulla schizofrenia del mondo politico italiano, anzi più correttamente del Governo italiano e dei suoi più autorevoli esponenti nella loro pratica politica. Questo decreto va ad inasprire in maniera disastrosa l'aliquota IVA sull'attività edilizia; nel contempo non possiamo non ricordare quante volte gli esponenti di questo Governo, da Prodi in giù, sono andati in giro ad auspicare la ripresa dell'attività edilizia in Italia. Come altra manifestazione di schizofrenia dei componenti del Governo, non possiamo non ricordare quante volte si è andati in giro magari dai massimi rappresentanti delle associazioni di categoria, ad esempio delle associazioni artigiane, ad auspicare una ripresa dell'attività artigiana nel nostro paese mentre oggi, in questo decreto, si va a mortificare l'attività artigiana attraverso un inasprimento dell'IVA per quanto riguarda la produzione dei beni e la cessione dei servizi.
Chissà quante volte il vicepresidente del Consiglio, l'onorevole Veltroni, è andato in giro ad auspicare una particolare attenzione verso il mondo della musica leggera, delle cosiddette canzonette - per dirla prosaicamente -, perché la ritiene una manifestazione qualificante della cultura di oggi. Ebbene, in questo decreto puntualmente si va ad inasprire la vessazione IVA su tutto il comparto della musica leggera (cassette, musicassette, dischi eccetera). Puntualmente questo avviene.
Chissà quante volte il Presidente Prodi, il ministro Pinto, tutti i componenti del Governo hanno auspicato una ripresa dell'agricoltura in Italia facendosene garanti.


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Ed ecco puntualmente che in questo decreto si evidenzia in maniera terribile per il mondo agricolo italiano l'inasprimento dell'imposta IVA su alcune produzioni qualificanti quali il foraggio e soprattutto il comparto vitivinicolo.
Non solo, ma proprio a dimostrazione della schizofrenia e del cinismo di tutta la classe politica di vertice di questa maggioranza, ieri abbiamo assistito ad una processione di qualificati esponenti, soprattutto del partito popolare, verso la sede della Coldiretti, che giustamente protestava per l'endemica crisi in cui versa l'agricoltura italiana.
Si è assistito a quella che io ritengo la corsa dei piromani nel tentativo di andare a spegnere l'incendio (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)...

PRESIDENTE. È forse buona cosa che, quando mancano trenta secondi alla conclusione del tempo a vostra disposizione, vi avverta con un primo segnale di campanello.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, colleghi, il gruppo di alleanza nazionale, insieme agli altri gruppi parlamentari di opposizione, sta dando vita ad un'iniziativa parlamentare di difesa della dignità del Parlamento. In queste ore noi non tanto stiamo dando vita ad una vera attività di ostruzionismo quanto rispondiamo, sul piano delle idee e delle valutazioni sul provvedimento oggetto della nostra attenzione, al vero e proprio ostruzionismo che il Governo e la maggioranza parlamentare stanno ponendo in essere nei confronti del Parlamento.
Siamo di fronte ad una tipica concezione del voto di fiducia, che da strumento straordinario di verifica della fiducia che il Parlamento accorda al Governo sta di fatto divenendo uno strumento ordinario per concludere nel più breve tempo possibile, evitando il vero confronto parlamentare, l'iter dei provvedimenti. Stiamo denunciando con forza soprattutto un tentativo smaccato, che ieri è emerso dalle parole che in quest'aula abbiamo ascoltato da parte dei presidenti Mattarella e Mussi, di considerare il confronto dialettico parlamentare in qualche misura offensivo per la maggioranza, avendo tratteggiato nei loro interventi un concetto dell'opposizione di fatto a sovranità limitata.
Siamo qui a dire alto e forte, con i nostri interventi, che i gruppi dell'opposizione del Parlamento italiano non si considerano a sovranità limitata; siamo qui a dire con forza che non possiamo accettare di dover autoridurre il numero degli ordini del giorno da sottoporre alla discussione parlamentare e tanto meno di delegare la maggioranza a stabilire in quale misura e in quale tempo dobbiamo esprimere il nostro dissenso e il nostro ruolo di opposizione.
Tra l'altro, nel corso di questi interventi noi, con grande serietà - io ritengo - e dignità, abbiamo sottolineato le ragioni forti e politicamente e programmaticamente attrezzate del nostro dissenso rispetto al provvedimento alla nostra attenzione. Abbiamo cominciato a farlo la settimana scorsa, quando abbiamo posto una grande questione di costituzionalità circa i requisiti di necessità e di urgenza del provvedimento. Lo abbiamo fatto illustrando un ordine del giorno che individuava limiti di costituzionalità precisi nel provvedimento laddove nullificava e svuotava di fatto gli elementi costituzionalmente protetti della libera iniziativa. Lo abbiamo fatto poi in queste ultime ore illustrando emendamenti e ordini del giorno che, svariando da questioni territoriali a questioni di carattere settoriale, come gli interventi per esempio a supporto del turismo e in favore di autentiche semplificazioni fiscali, ponevano questo primo passaggio della manovra finanziaria complessivamente intesa in una luce di oggettiva valutazione, come spetta ad ogni opposizione in ogni Parlamento democratico nell'ambito del quale evidentemente non si può svolgere, come vorrebbe la maggioranza, un ruolo predeterminato e


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precostituito, in una logica - essa sì - poco europea di condizionamento forte da parte di chi è numericamente più forte nei confronti dell'opposizione.
Tra l'altro - e già molti miei colleghi lo hanno opportunamente rilevato - vi è, tra gli ordini del giorno che il nostro gruppo ha presentato, quello che la collega Fei ed il collega Contento hanno predisposto e sul quale vi è stata, se vi fosse sui banchi del Governo...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Migliori.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simeone. Ne ha facoltà.

ALBERTO SIMEONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vado ad annunciare il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno, perché tutti finalizzati a contrastare ma, nello stesso tempo, a suggerire gli opportuni correttivi per rendere meno vessatoria, meno penalizzante la portata delle disposizioni tributarie urgenti contenute nel decreto-legge n.328 del 1997. Un provvedimento che cerca di trovare la sua ragion d'essere nel riordino delle aliquote IVA e nell'allineamento di dette aliquote a quelle europee, ma che finisce poi per esaurirsi amaramente in un aumento della pressione fiscale di circa 5 mila miliardi di lire l'anno. Un provvedimento, dunque, che va a posizionarsi su un piano di politica economica che tende ad annientare gli sforzi di tutto un paese, volto a far sì che gli aumenti delle entrate vengano fatti in maniera più razionale, quindi una politica economica che tende ad aumentare le entrate attraverso l'accrescimento della pressione fiscale ma senza, naturalmente, avere in sé i principi di un'altra politica economica, che sono appunto quelli del risanamento della spesa pubblica.
Tutti gli ordini del giorno, alcuni dei quali formulati in maniera sublime, sono volti proprio a rendere meno pesante la pressione fiscale in alcuni settori, quali ad esempio quello calzaturiero o quello dell'abbigliamento; noi non possiamo penalizzare settori così particolari ma anche così importanti, così vitali per l'economia, settori legati a griffe che fanno del made in Italy il fiore all'occhiello della nostra capacità imprenditoriale, in grado quindi di occupare posizioni di autentico privilegio e, in tanti casi, anche di assoluta priorità rispetto ad altri sui mercati non solo europei ma mondiali. Sono settori legati alla piccola e media impresa, settori che costituiscono il tessuto connettivo dell'economia italiana, specie in certe zone del nostro paese che in tanti casi non conoscono, e certamente non hanno conosciuto, quei processi di industrializzazione lata che, invece, qualche altra parte del paese ha conosciuto. Il sud, in modo particolare, non ha conosciuto né civiltà industriale né civiltà post-industriale, ma ha conosciuto, invece, la realtà di piccole e medie imprese che hanno rappresentato veramente l'unica speranza in un territorio in cui la presenza dello Stato è stata sempre assai rara.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 14,55)

ALBERTO SIMEONE. Proprio il sud affida le sue speranze di sopravvivenza ad una manovra fiscale che sia meno oppressiva e vada anche ad esaltare certe realtà locali che, con il provvedimento ora richiamato, verrebbero ulteriormente penalizzate. L'inasprimento fiscale, che storicamente rappresenta l'oppressione più bieca dello Stato-padrone, va nella direzione opposta a quella che dovrebbe caratterizzare un Governo preoccupato delle sorti del paese e delle sue genti. Il comportamento del Governo va a connotarsi anche di un ulteriore elemento, quello dell'arroganza, in quanto assolutamente contrario all'articolo 53, secondo comma, della Costituzione, il quale stabilisce che il sistema tributario...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Simeone.
Informo, in relazione alle questioni poste dall'onorevole Pisanu e da altri


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colleghi, che i termini assegnati dalla Presidenza per l'esame nelle Commissioni dei documenti di bilancio erano i seguenti: Commissioni di merito, sabato 29 novembre; relazione della Commissione bilancio, domenica 7 dicembre; termine per gli emendamenti presso la Commissione bilancio, sabato 29 novembre ore 18. Valutate le osservazioni fondate poste da molti colleghi circa l'impossibilità di seguire contemporaneamente i lavori dell'Assemblea in seduta fiume e quelli delle Commissioni per i pareri - tanto più che, come ha osservato il collega Giorgetti, il decreto-legge in discussione è collegato alla manovra di bilancio - la Presidenza accoglie le richieste, revoca la seduta delle Commissioni durante la seduta fiume e fissa questi nuovi termini: parere delle Commissioni di merito, lunedì 1 dicembre; relazione della Commissione bilancio, lunedì 8 dicembre. Eventualmente, se il presidente della Commissione lo ritenesse necessario, il termine per gli emendamenti in Commissione bilancio potrebbe essere fissato a lunedì 1 dicembre, alle ore 18, ma questo rientra nella sua discrezionalità. Discussione in Assemblea da mercoledì 10 dicembre a domenica 21 dicembre. Queste sono le conseguenze della revoca dell'autorizzazione alle Commissioni.
Presidente Biasco, ho preso contatto con il Governo e il ministro Visco per quanto riguarda le questioni da lei segnalate. Il ministro Visco suggerisce che il parere sull'IRAP sia espresso entro il 9 dicembre 1997, quindi vi è tutto il tempo; per il resto non insiste sui termini già stabiliti, ma previo contatto tra la Commissione e il Governo potranno essere stabiliti termini tali che consentiranno a voi di esprimere il parere e al Governo e alla Presidenza della Repubblica di avere il tempo sufficiente per analizzare il parere stesso e il decreto successivo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Urso. Ne ha facoltà.

ADOLFO URSO. Grazie, signor Presidente. Ringrazio anche il signor Presidente del Consiglio il quale, in questo momento, ha interrotto una lunga conversazione con altri colleghi parlamentari, nel salotto creatosi in aula. La ringrazio per l'occasione offerta di denunciare quello che riteniamo un vero e proprio sopruso nei confronti della democrazia parlamentare, al quale siamo costretti a rispondere con l'arma surrettizia degli ordini del giorno. Dico surrettizia perché l'incidenza di questi strumenti purtroppo non è quella degli emendamenti; surrettizia perché siamo costretti a intervenire per difendere la dignità e le prerogative del Parlamento - e questa notte eravamo in tanti nell'aula -, di fronte ad una tenaglia simbolicamente rappresentata nell'intervento del collega Mussi. Egli, con il tono e il cipiglio che lo contraddistinguono, ci ha fatto capire che un braccio della tenaglia è la democrazia che potremmo definire fiduciaria, oligarchica, presidenzialista, che interviene per decreti-legge e vorrebbe che il Parlamento si limitasse a ratificarli. Se fosse soltanto questo, probabilmente avremmo la forza come opposizione di reagire e come Parlamento di rappresentare il nostro diritto-dovere, le nostre idee e la nostra contrarietà ad un provvedimento ritenuto iniquo e inutile.
Purtroppo c'è un altro braccio della tenaglia, quello della democrazia plebiscitaria: da una parte Mussi e Prodi, dall'altra Di Pietro. Gli uni si appellano ad una violenza fiduciaria, l'altro si vorrebbe appellare ad una violenza popolare. Entrambi stringono d'assedio il Parlamento, gli uni dall'alto, l'altro dal basso e noi abbiamo il dovere di rappresentare i diritti e i doveri di una democrazia parlamentare che si trova soffocata.
A livello sociale e popolare questo Governo rappresenta un'altra tenaglia: da un lato le grandi famiglie finanziarie del nord che utilizzano l'arma della rottamazione, delle clientele, i provvedimenti ad hoc che permettono loro di avere il più lauto guadagno da quarant'anni a questa parte; dall'altro i sindacati. Questa tenaglia sta soffocando dall'alto, dalla cupola finanziaria, al basso, alla cupola sindacale, il ceto produttivo, la gran parte del ceto medio, quella democrazia produttiva che


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in questo paese comunque esiste. In difesa di tale ceto produttivo abbiamo presentato questi ordini del giorno nella consapevolezza che un decreto-legge - credo sia il ventinovesimo: abbiamo sforato ogni limite, ogni record - in materia fiscale è già qualcosa di abnorme; tale materia, infatti, dovrebbe essere regolata altrimenti, essere oggetto di un ampio dibattito. Pensiamo soltanto che la Costituzione non prevede per essa referendum abrogativi, a dimostrazione di quanto l'argomento in questione sia specifico. Non dovrebbe essere consentito il decreto-legge, che è espressione di una democrazia fiduciaria, così come il referendum è espressione di una democrazia plebiscitaria; anche in questo caso c'è una tenaglia chiara, significativa.
Ebbene questo decreto-legge in realtà non semplifica, ma estende i provvedimenti fiscali; è abnorme vedere come una legittima aspettativa del paese, la semplificazione delle aliquote e delle procedure fiscali, venga utilizzata strumentalmente non per semplificare, ma per aumentare la pressione fiscale, in una sorta di eterogenesi dei fini che in questo Parlamento dobbiamo necessariamente denunziare, dato che in questo momento siamo - ne siamo orgogliosi - coloro che difendono le prerogative della democrazia parlamentare di fronte ad una tenaglia che muove dall'alto come democrazia fiduciaria, come esproprio del Parlamento da parte del potere... (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è esaurito.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Malgieri. Ne ha facoltà.

GENNARO MALGIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quello che è avvenuto in quest'aula ieri dà un'ulteriore prova della quantomeno curiosa concezione della democrazia di questa maggioranza e di questo Governo. Questa maggioranza e questo Governo, infatti, in circa 500 giorni non si sono peritati di espropriare per ben ventinove volte il Parlamento della sua prerogativa fondamentale, che è appunto quella di legiferare, ricorrendo alla decretazione e soprattutto al voto di fiducia su questi provvedimenti, che altrimenti non passerebbero. È una curiosa idea della democrazia, perché a fronte di un bisogno di dialogo, di colloquio tra le forze politiche in Parlamento e fuori, mi sembra che la maggioranza e il Governo tendano ad asserragliarsi intorno a loro pregiudizi pur di evitare il confronto, soprattutto nel merito.
Ciò detto, annuncio il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno che, come ha rilevato il collega Urso, sono unicamente un'arma per farci sentire, per far sentire la voce delle libere opposizioni al di fuori di questo Parlamento, il quale, diversamente, si mostra ancora poco incline alla tutela soprattutto delle minoranze e delle opposizioni.
Con gli ordini del giorno, che naturalmente speriamo vengano approvati, vogliamo eliminare o comunque limitare gli effetti dell'inasprimento fiscale contenuto in questo iniquo provvedimento. È un inasprimento fiscale insopportabile perché si aggiunge a molti altri intervenuti nei primi 500 giorni del Governo presieduto dall'onorevole Prodi. L'onorevole Prodi si fa vanto, in qualche misura, di avere rimesso a posto i conti dello Stato. Mi chiedo: come si fa, con manovre di questo genere, il cui ammontare complessivo dovrebbe corrispondere a circa 5.100 miliardi, a non mettere a posto i conti dello Stato? Mi chiedo altresì se, insieme a quelli dello Stato, si riescano a mettere a posto i conti delle aziende, delle famiglie e dei singoli. Da questo punto di vista, onorevole Prodi, credo che non ci siamo.
In questi mesi l'Italia registra, sotto il suo Governo, un impoverimento generalizzato, che colpisce soprattutto le categorie meno protette, certo non quelle che beneficiano di provvide rottamazioni. Si tratta, in particolare, delle categorie dei calzaturieri, degli operatori turistici, degli agricoltori. In queste ore gli agricoltori sono in lotta - anzi, posso dire che sono


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in rivolta - e sicuramente avranno ulteriori motivi per trovarsi in dissenso nei confronti di questo Governo nel momento in cui il provvedimento che stiamo esaminando sarà approvato.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 15,10)

GENNARO MALGIERI. Insomma, onorevoli colleghi, i settori portanti dell'economia di questo paese finiranno ancor di più per essere messi in ginocchio da questo provvedimento che innalza l'aliquota IVA al 20 per cento. Come se non bastasse, il provvedimento stesso è destinato a creare ulteriore disoccupazione nel paese: disincentivando gli investimenti, infatti, si produrranno conseguenze negative sull'occupazione, in particolare su quella giovanile. Non mi sembra, signori del Governo, che potrà essere un grande risultato quello che potrete vantare dopo aver approvato questo decreto.
L'economia italiana non è quel giardino fiorito che talvolta l'onorevole Prodi vorrebbe farci credere che sia. Il nostro paese, inoltre, non è neppure, dal punto di vista sociale, migliorato di un ette rispetto ad un anno e mezzo fa: questo paese ha gravi problemi che voi, con la vostra irresponsabilità, signori del Governo, con questo tipo di manovre, con questo modo di operare che genera depressione e sfiducia nei settori maggiormente produttivi nel nostro paese, state acuendo. State facendo di tutto per negare ai cittadini italiani quella fiducia nell'avvenire che un paese, per poter prosperare, deve necessariamente nutrire.
È per questo che noi continueremo la nostra battaglia in Parlamento, soprattutto affinché la nostra voce possa arrivare ai cittadini ed alle categorie produttive, espropriate della possibilità di far valere i più elementari diritti di libertà e di autodifesa nei confronti di un fisco sempre più vessatorio (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polizzi. Ne ha facoltà.

ROSARIO POLIZZI. Signor Presidente, signori del Governo, ci troviamo a discutere un provvedimento che, come è stato sottolineato da più parti, è altamente demolitivo delle istanze provenienti diffusamente dal territorio, indirizzate a creare le condizioni perché si possa realmente concretizzare quella rinascita, quella ripresa e quella vivificazione che erano state prospettate fin dal settembre scorso nei confronti del mondo del lavoro e dell'imprenditoria, in particolare del settore delle piccole e medie imprese.
Un'IVA a questi livelli, a mio avviso, produce una prima disincentivazione in quella che da più parti è riconosciuta come la reale struttura portante di un paese e di una nazione qual è l'Italia.
Sottolineiamo questa prospettiva negativa specie in un momento nel quale usciamo, da pochi giorni, da una fase nella quale si è fatta una diffusione capillare di alcuni provvedimenti affannosamente condotti in porto; mi riferisco agli incentivi all'occupazione, che hanno rappresentato la grande battaglia di questo Governo e che, per potersi concretizzare, hanno avuto bisogno del supporto di questa opposizione, con l'obiettivo di consentire ai destinatari dei provvedimenti di rientrare in qualche modo nel mondo del lavoro ed alle aziende di attivare meccanismi interni idonei a ricondurre il tasso di occupazione a livelli sopportabili.
Viaggiamo, in particolare nel Mezzogiorno, su livelli di disoccupazione notevolissimi e nel momento in cui si ha la fotografia di questa situazione si chiede alle piccole imprese di intervenire. Si sono stabiliti finanziamenti e programmi, si sono date indicazioni: ebbene, proprio nel momento in cui queste indicazioni, questi programmi e questi finanziamenti dovevano essere realizzati, si dà il colpo finale, disincentivando così queste strutture, questi tessuti e questi operatori.
Il danno si avrà in tutti i settori, anche in quello più importante, il turismo, dove


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la piccola e media impresa garantisce un collegamento tra le istituzioni, le regioni e il territorio. Non parliamo poi dell'agricoltura già in crisi per una serie di motivi che riguardano la parte legislativa e quella programmatica, cioè i progetti di formazione che sono ancora in una fase di elaborazione piuttosto ritardata. Anche qui abbiamo problemi di affidamento alla solita piccola e media impresa che non riuscirà in alcun modo ad attivare i meccanismi necessari per invertire il trend negativo che sta attraversando attualmente l'agricoltura, in particolare quella meridionale.
A nostro avviso si scatenerà un dramma attorno al settore della sanità. Infatti accanto ai problemi che si stanno agitando nel mondo sanitario, ed in particolare nel settore medico, avremo ripercussioni negative, perché anche qui la piccola e media impresa, per la parte che interessa le attrezzature e l'ingegneria sanitaria, dovrà affrontare problemi di sopravvivenza. Si tratta di piccole aziende che consentono lo svolgimento di attività altamente qualificate.
In questo scenario, l'avvicinarsi dei problemi connessi con la legge finanziaria...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Polizzi.

PAOLO COLOMBO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO COLOMBO. Visto che dobbiamo organizzare la nostra presenza in aula in questa seduta fiume, vorrei sapere quali saranno i periodi di sospensione tecnica.

PRESIDENTE. Per ora non sono previsti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rasi. Ne ha facoltà.

GAETANO RASI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la richiesta di fiducia ha fatto decadere emendamenti importanti. I colleghi nei loro interventi hanno fatto riferimento a varie considerazioni di carattere generale e particolare. Io vorrei richiamare l'attenzione sul danno che ne viene per quanto riguarda le attività produttive nel Piemonte. Come ognuno sa, le aziende piemontesi hanno subìto danni da una serie continua di alluvioni e di nubifragi che le hanno colpite negli ultimi anni, ovvero nell'autunno del 1993, a novembre del 1994 e poi ancora a settembre del 1995 e a luglio e a ottobre del 1996. Qualcosa il Governo ha tentato di fare per alleviare la situazione di queste attività produttive e delle popolazioni che sono state colpite. Ci troviamo adesso, a causa del mancato accoglimento di alcuni emendamenti che avrebbero migliorato il provvedimento di cui oggi trattiamo la conversione, di fronte ad un aspetto sottolineato da alcuni ordini del giorno che io sottoscrivo, così come sottoscrivo tutti gli ordini del giorno presentati dai deputati del gruppo di alleanza nazionale ed in genere del Polo. Mi riferisco, in particolare, a quello che prende in considerazione il decreto ministeriale del 26 giugno 1997, in base al quale il termine per la presentazione delle domande per l'erogazione del contributo compensativo dell'IVA pagata per rivalsa dai soggetti danneggiati dagli eventi alluvionali, scade il 30 giugno 1998. Ma, allo stesso tempo, tale decreto pone al 31 dicembre 1997 il termine per la concessione del contributo, previsto dallo stesso decreto, soltanto per le fatture emesse entro e non oltre la predetta scadenza del 31 dicembre 1997.
Oggi è in corso la ricostruzione delle opere ed il ripristino delle attività, sia dei privati sia delle aziende, danneggiate da quegli eventi e i lavori continueranno per tutto il 1998. Ciò che si chiedeva, in un emendamento che è stato fatto decadere con la posizione della questione di fiducia, è una proroga delle citate disposizioni per il recupero dell'IVA, al fine di consentire alle aziende e ai privati che hanno subito dei danni il recupero anche sulle fatture emesse dopo il 31 dicembre 1997. Quindi, si chiedeva una proroga fino al 30 giugno


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1998. Vi è un ordine del giorno in questo senso, ed io invito i colleghi ed il Governo ad accoglierlo e a farlo proprio, perché si tratta di una richiesta estremamente costruttiva per la ripresa delle attività produttive in Piemonte.
Credo dunque vi rendiate conto, signor Presidente ed egregi colleghi, del fatto che l'apporto dell'opposizione non consisteva semplicemente in atteggiamenti meramente ostruzionistici, in quanto era ed è tutt'ora un apporto costruttivo nell'interesse generale. Questo interesse generale, signor Presidente, onorevoli colleghi, fa riferimento ad un indebitamento che nel Piemonte - parlo della zona su cui ho richiamato l'attenzione - assomma a ben mille miliardi, e gli interessi su questa somma continueranno a gravare se non sarà modificata la nuova imposizione dell'IRAP (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alemanno. Ne ha facoltà.

GIOVANNI ALEMANNO. Signor Presidente, siamo nell'ambito di una vicenda orwelliana che sta progressivamente avvolgendo la società italiana, e il Presidente del Consiglio, con la sua immagine buonista, ne fa in qualche modo da paravento, ricordando, appunto, l'immagine del grande fratello di orwelliana memoria. Ma dietro a questa immagine, a questa sorta di disponibilità apparente di questo Governo e di questo regime si muove una serie di procedure che colpiscono sempre le stesse realtà di questa nostra società e che usano sempre più gli stessi metodi. Abbiamo, in particolare, un Ministero delle finanze che sembra la clonazione di uno degli apparati sovietici e che ricorda, per il suo modo di fare totalitario e per la brutalità dei suoi interventi, proprio l'atteggiamento statalista, prepotente e burocratico di quegli apparati.
Questo ministero è diventato il braccio armato del Governo ed agisce, con gli atteggiamenti più diversi e le scuse più varie, per reperire risorse di bilancio e raccogliere risparmi che lo stesso Governo non ha il coraggio di ottenere con un altro genere di riforme e con una politica di ben altro respiro e spessore. Di questo tipo di logica, che potrà sembrare forzata ma corrisponde purtroppo all'amara realtà, questo decreto-legge è l'esatta riproposizione: di fronte ad una richiesta crescente di delegificazione e contemporaneamente di pertinenza nell'uso della leva fiscale, abbiamo un decreto complicato, carico di norme che potevano tranquillamente essere scaricate sul livello regolamentare senza essere portate al rango di legge dello Stato. Nel far ciò, inoltre, si taglia con un colpo di accetta quello che dovrebbe essere uno dei dibattiti fondamentali per il cambiamento dell'ordinamento di questo Stato: la leva fiscale, infatti, è e rimane, nell'economia sociale di mercato, l'arma principale con cui lo Stato può intervenire per orientare in senso di equità e di sviluppo i processi economici.
Di fronte a necessità di questo genere, ad un decreto che su altre basi poteva diventare una riforma importante, ad una blanda capacità di intervento da parte dell'opposizione attraverso una serie di proposte costruttive limitate nel tempo, ben lontane da qualsiasi forma ostruzionistica (a cui oggi, come opposizione, abbiamo deciso di ricorrere), di fronte a tutto ciò, cosa fa questo Governo? Copre questo provvedimento complicato, incomprensibile, medioevale nella sua logica, con l'ennesimo ricorso alla votazione di fiducia: ebbene, crediamo che sia dovere di un'opposizione democratica utilizzare tutte le forme regolamentari per impedire questo tipo di atteggiamento! Non si può scaricare sull'opposizione una colpa del Governo e della maggioranza, l'incapacità di andare in profondità sulle questioni strutturali del paese.
Non accettiamo la soluzione di regime nella gestione della crisi e della transizione in questo paese e, come parlamentari, abbiamo il dovere di rispondere a questi atteggiamenti. Il decreto-legge al nostro esame si muove sempre con la stessa scusa, quella dei dettami provenienti


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da Bruxelles; siamo di fronte sempre alla stessa scusa, l'approdo in Europa come estrema ratio, come estrema riva di salvezza per tutta l'opera di questo Governo. Ebbene, non è vero: in realtà, se consideriamo attentamente le direttive di Bruxelles, ci rendiamo conto che vi era il tempo ed il modo, per questo Parlamento, di applicarle con ben altra visione e con ben altra capacità di approfondimento. Le direttive di Bruxelles sono state ancora una volta l'alibi per mantenere un regime commissariale nei confronti del Parlamento: i nostri ordini del giorno, che certo oggi solo una pratica ostruzionistica, ma fondata su un ostruzionismo democratico... (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Alemanno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.

GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, non ci piacciono le sedute fiume: affogano in un mare di parole, di giuste richieste, di rimostranze, di denunzie di distorsione dei provvedimenti, ma a questo siamo costretti dalla pervicace caparbietà, degna di cause migliori, con la quale il Governo persiste nel chiudere le porte ad ogni sereno dibattito.
Non basta il savoir faire per nascondere l'arroganza, quando l'arroganza è nei fatti. Non dirò, come tutti sanno, che l'aumento di un'imposta indiretta provoca l'aumento dei prezzi e conseguentemente l'inflazione; nemmeno ripeterò quanto è stato già osservato rispetto ad un Governo che prosegue con disinvolta, imperturbabile improntitudine a venir meno alle sue promesse elettorali: la chiusura del carico fiscale, l'alleggerimento del carico fiscale, con promesse sempre rimandate quali quella che lo sforzo da poco compiuto sarà l'ultimo richiesto al popolo italiano.
Voglio limitarmi ad una osservazione banale ed elementare, benché inascoltata. Il settore dell'edilizia è sempre stato ed è per tutte le economie, ed in particolare per l'economia italiana, uno dei settori portanti ed importanti. Gli ordini del giorno che sono stati presentati tendono ad alleggerire il carico fiscale da questo settore che tanta occupazione procura e che tanti addetti ha nel lavoro indotto. E anche qui il Governo con la sua imperturbabilità, pur dicendo di occuparsi dello sviluppo economico e dell'uscita dell'Italia dalla crisi, guardando molto all'estero ma pochissimo all'Italia, infligge al settore dell'edilizia un duro colpo.
L'aumento dell'IVA in questo settore, o più esattamente la mancata riduzione delle aliquote IVA che dovrebbe essere operata in questo settore, provocherà un ristagno dell'occupazione, la perdita di posti di lavoro e una riduzione dello sviluppo.
Può darsi che tutto questo si avverta poco nelle regioni più ricche alle quali l'attenzione di questo Governo è sempre stata rivolta, ma certamente si avverte nelle regioni nelle quali i settori portanti dell'economia sono pochissimi, nelle quali l'edilizia appunto è uno degli sfoghi per lo sviluppo.
So che il Governo non presterà orecchie alle nostre richieste, ma certamente non potrà non rendersi conto del grave colpo che ha inflitto allo sviluppo e che con questo infligge all'economia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. La questione di fiducia posta dal Governo sul decreto dell'IVA ha fatto cadere alcuni degli emendamenti presentati dal Polo e dalla lega nord proprio nell'ottica del miglioramento del provvedimento.
In particolare, uno degli obiettivi amplificati dal ministro delle finanze era quello della semplificazione, consistente nel passaggio da quattro a tre aliquote. Ebbene, la semplificazione è stata realizzata in questo modo: passando molti beni ad aliquota 4 per cento all'aliquota del 10 per cento, facendo sparire l'aliquota del 16 per cento, ma passando tutti o quasi tutti i beni di tale aliquota a quella del 20


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per cento, essendo appunto aumentata l'aliquota massima dal 19 al 20 per cento.
Se questa è semplificazione, amici e colleghi, essa sarà pagata molto cara quando, dopo il maggio 1998, si dovrà via via avvicinarsi all'aliquota suggerita dalla Commissione europea, che è il 15 per cento. E allora che cosa si farà? Per poter mantenere la parità di gettito si eleveranno progressivamente le aliquote del 4 e del 10 verso il 15 per cento, facendo scendere l'aliquota del 20 al 15? Questo effetto, poiché i beni collocati nell'aliquota del 4 per cento sono quelli previsti in particolare nell'indice ISTAT per il costo della vita, provocherà come riflesso un aumento del costo della vita. Questa è la semplificazione promossa nell'ambito dell'IVA dal ministro delle finanze. Ecco perché battersi perché vengano approvati i 72 ordini del giorno presentati dalla lega e dal Polo è molto importante per dare al Governo una indicazione alla quale sia vincolato per il futuro. A fronte di un sistema come quello europeo in cui vi sono paesi che hanno livelli di aliquote IVA molto più bassi del nostro, in Italia vi sono 5 milioni di partite IVA a dimostrazione che la presenza della imprenditorialità piccola e media porta ad una diffusione del meccanismo attraverso il quale si calcola tale imposta, la si scomputa e la si trasferisce nei beni finali a carico dei consumatori terminali. In tale realtà, è molto importante la scelta delle aliquote: ebbene, colleghi, il ministro delle finanze, è caduto nell'illusione di aumentare il gettito. Voglio vedere infatti quando faremo i conti alla fine del 1997 se i 1.500 miliardi degli ultimi tre mesi, poiché il decreto-legge decorre dal 1 ottobre, saranno effettivamente incassati. Voglio vedere se alla fine del 1998 disporremo dei 6 mila miliardi e oltre previsti dalla legge finanziaria. Certamente tutto questo è l'auspicio del Governo, ma poiché l'IVA, si dà il caso, sia l'imposta più sensibile alla congiuntura, non è affatto detto a priori che tale gettito sia assicurato, visto che tutto dipende dal ciclo economico. Le vicende ed i segnali pericolosi che provengono in questi giorni, dai mercati asiatici possono anche far ipotizzare che quel 2,5 per cento, cui si arrampica il ministro Ciampi per le prospettive di aumento del PIL nel 1998, potrebbe non essere realizzato e, a questo punto, non verrebbe realizzato nemmeno il gettito IVA atteso.
Il fatto di avere insistito fino a porre la questione di fiducia, in modo da far decadere quelle poche decine di emendamenti ancora in discussione e che avrebbero migliorato il decreto-legge sull'IVA, è stata una politica miope da parte del Governo e della maggioranza, perché tutto questo si ritorcerà in modo negativo certamente sulla maggioranza (e ciò potrebbe essere un invito a nozze), ma - ahimè - anche sul paese (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa non è soltanto un'occasione perduta per il Governo di realizzare un possibile confronto sulle opposte filosofie di politica fiscale e, quindi, dell'intervento di tale politica su quella più vastamente produttiva ed economico-sociale. Già in altri due casi il Governo ha perduto un'occasione; una è stata sfruttata, ma si tratta di un'occasione brutta, perché il Governo ha proceduto ad un ulteriore giro di vite della pressione fiscale, continuando a «tosare» il contribuente che, nella sua media, salvo eccezioni in basso ed in alto, non ha più pelo. La seconda occasione buona è stata mancata dal Governo, perché non ha azionato la leva fiscale per determinare quei benefici mutamenti di tendenza nell'economia e nella produzione, cui da sempre tale leva è deputata ad attivare o per lo meno può contribuire a farlo.
Non è un mistero che altri paesi stiano studiando ed ormai concretamente attuando misure di riequilibrio, anche territoriale. In termini molto concreti e pratici, intendo dire che alcuni paesi stanno esaminando forme di esenzione o


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di alleviamento della pressione fiscale, agendo anche sull'IVA, oltre che sul grande comparto dell'imposizione diretta. Ciò al fine di garantire situazioni di riequilibrio in quei territori ed aree, a quelle fasce altimetriche in cui l'insediamento antropico è più disagiato e dove si pone il problema di attivare meccanismi produttivi, economici e sociali per propiziare il popolamento di quei territori. Dunque, si tratta di un'occasione buona ed importante, ma purtroppo perduta deliberatamente dal Governo a favore di un'occasione negativa, pessima, che invece ha utilizzato per proseguire la tradizionale politica di torchio e di spremitura del contribuente.
Voglio far osservare che negli ordini del giorno sono rappresentate alcune istanze che con tutta razionalità e ragionevolezza avrebbero potuto essere prese in serissima considerazione.
Non si tratta soltanto della disciplina più organica ed armonica e di una codificazione seria il cui auspicio è presente in alcuni ordini del giorno; non si tratta soltanto di alcune misure di razionalizzazione, come quella sui tempi relativi all'obbligo di emissione delle fatturazioni e sulla messa in regola delle società, di cui si chiede ad esempio il necessario slittamento di un anno del relativo termine; a parte tutte le proposte più forti (come l'agevolazione per tutto il comparto agricolo e zootecnico, già duramente penalizzato dall'aumento degli estimi catastali), concernenti interi settori come quelli dell'edilizia, dell'abbigliamento, di servizi particolari o della cultura e dei mezzi di informazione, un ordine del giorno chiedeva in particolare che anche ai fini dell'IVA - così come per le imposte dirette - per le spese per autotrazione, locomozione, autovetture, eccetera, potesse essere riconosciuta una detraibilità del 50 per cento (come avviene nelle contabilità IRPEF degli studi professionali, delle aziende, e così via).
Questo è lo strano paese del tartassamento fiscale, in cui ciò che è vero agli effetti civili non lo è a quelli fiscali. Perfino nell'ambito di ciò che è vero agli effetti fiscali, quello che è valido per l'imposta diretta IRPEF non lo è per l'IVA. Ecco alcune delle assurdità che coloro che hanno la possibilità di ascoltarci nell'opinione pubblica e nei ceti produttivi possono giudicare per chiedersi se questi sono gli argomenti di un'opposizione che tende a perdere tempo o a boicottare i lavori parlamentari o se sono le argomentazioni molto concrete di un'opposizione che cerca di ritagliare spazi di sopravvivenza e di sviluppo a ceti produttivi e professionali che sono i più duramente colpiti da questa manovra di ulteriore spremitura fiscale (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzocchi. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le proposte di revisione delle aliquote IVA contenute in questo decreto-legge e la normativa fiscale presentata dal ministro delle finanze credo costituiscano una completa dimostrazione di quanto questo Governo di sinistra si sia completamente appiattito sulla linea di politica economica che a piccoli ma a veloci passi sta portando alla paralisi il ceto medio produttivo di questo nostro paese.
Il provvedimento sull'IVA, la riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali richiesta da Bertinotti e gli incentivi alla rottamazione hanno in pochi mesi portato la nostra economia ad un punto critico, il cosiddetto stand still, ovvero all'inerzia immobile. Non si spende, non si investe, non si rischia, non si cresce, specialmente nel sud.
Quando, come in questo provvedimento, si aumenta la pressione fiscale ben sapendo che la crescita del reddito disponibile è zero, come zero è la crescita dell'occupazione, non ci si deve poi stupire della mancanza di investimenti. Le imprese non investono più, né l'export contribuisce più di tanto, vista la continua perdita di competitività. Basterebbe pensare al settore tessile, signor Presidente, e


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a quello calzaturiero, ben sapendo che essi, nel nostro paese, sono già in crisi: si ricordi il meno 40 per cento del 1996. Questo Governo ha voluto dargli il cosiddetto colpo di grazia elevando l'IVA dal 16 al 20 per cento.
A nulla sono valse le giuste e legittime proteste degli operatori del settore del legno e dell'arredo, un comparto economico tra i più importanti del nostro paese. Basterebbe pensare che questo settore rappresenta il 17 per cento del totale delle unità produttive di tutto il comparto manifatturiero, con un complesso di 428 mila addetti, per renderci conto di come esso, se incentivato, potrebbe creare più produzione, più occupazione, più ricchezza. Il Governo invece, di fronte ad un settore che versa in una momentanea crisi, con l'aumento dell'IVA e l'applicazione del decreto Ronchi dà ad esso un altro colpo mortale, e insieme con esso all'intera economia italiana.
Se il tempo non fosse così avaro, potremmo elencare molti altri aspetti negativi di questo provvedimento per dimostrare come il Governo sia completamente chiuso nei confronti delle piccole e medie imprese, dei consorzi, dell'artigianato, del terziario in genere. Fra pochi giorni in quest'aula dibatteremo sulla finanziaria ed anche in quell'occasione vi chiederemo il motivo di una vostra scelta politica vessatoria nei confronti delle piccole e medie imprese. Vi chiederemo il perché dei trasferimenti dello Stato, sempre inversamente proporzionali al prodotto interno lordo. Ma soprattutto da oggi, con questa nostra opposizione anche ostruzionistica, vogliamo lanciare un appello al ceto medio produttivo, affinché in maniera democratica si mobiliti scendendo in piazza per far comprendere a questo Governo che la ripresa dell'economia italiana non passa attraverso le 35 ore lavorative di Bertinotti, non passa attraverso gli incentivi alla FIAT, ma passa attraverso la ripresa del ceto medio produttivo. E la maggioranza sappia, signor Presidente, onorevoli colleghi, che alleanza nazionale sarà in piazza insieme alle confederazioni dei commercianti, degli artigiani, dei lavoratori autonomi per dire «no» a questa politica economica, ma soprattutto per dire «no» a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cardiello. Ne ha facoltà.

FRANCO CARDIELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da un'analisi attenta dei 70 ordini del giorno è emerso in maniera chiara ed inequivoca che questo Governo di sinistra, che in un primo momento, in prima battuta, ha tentato di gettare le basi per le fasce meno abbienti, per gli handicappati, i disoccupati, le casalinghe, gli invalidi civili, oggi mostra il vero volto della politica ormai non più di centro-sinistra ma di estrema sinistra.
Ebbene, con questo decreto certamente non si risolvono i problemi del Mezzogiorno d'Italia, delle categorie produttive, dei ceti artigiani, dei lavoratori autonomi, anzi, si butta del fango su queste categorie e non si dà un aiuto serio a coloro i quali in questo Stato, in questa nazione, quotidianamente vengono tartassati da un Governo che altro non sa fare - come il ragioniere quando si pagano le tasse - che aumentare i tributi con semplici calcoli, aiutando quelli che ormai sono già ricchi; basti pensare al decreto sulla rottamazione, che ieri è stato definitivamente approvato al Senato.
In che modo si vuole aiutare il Mezzogiorno d'Italia, affogato dalla disoccupazione? Chiedo a questo Governo in che modo si vogliano aiutare i ceti produttivi, l'artigianato, il rilancio dell'economia soprattutto nel Mezzogiorno, il volano principale rappresentato dal turismo e dall'edilizia. Con questo decreto certamente non si aiuta il turismo, anzi si aggrava ancora di più il problema, e l'edilizia viene bloccata, perché si aumentano in maniera strumentale le tasse che si debbono pagare.
Come ha osservato il collega che mi ha preceduto, in questa battaglia alleanza


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nazionale dà l'input necessario affinché ci sia una vera opposizione, un'opposizione incisiva, anche quella di piazza. E se oggi siamo qui in aula a fare il cosiddetto ostruzionismo, questo deve servire a coloro i quali in passato lo hanno fatto ed oggi con il voto di fiducia cercano di mascherare il vero programma dell'Ulivo: anziché il rilancio economico delle fasce produttive, si cerca di distruggere quel poco che già esiste. Basti pensare che in questi giorni gli allevatori e gli agricoltori sono scesi nelle piazze di tutta Italia per protestare contro le quote latte e per rivendicare i loro diritti in materia agricola. Ebbene, lo Stato è sordo, fa finta di non sentire. Ecco che allora si inasprisce la diatriba tra lo Stato centrale e gli enti locali, dando forza alle spinte secessionistiche, caro Presidente e onorevoli colleghi, perché in questo modo non si fa ragionare l'elettore, il cittadino medio, il cittadino che vuole ragionare e confrontarsi con lo Stato.
In quest'aula il confronto della dialettica politica manca quotidianamente. Basti pensare alle ventotto questioni di fiducia che avete posto senza tener conto delle reali esigenze dell'opposizione, quell'opposizione che in passato è stata sempre disponibile a dialogare con voi, la stessa opposizione che spesso vi ha garantito il numero legale, l'opposizione che ha dato il via definitivo a riforme importantissime: basti pensare al dialogo che è nato nella commissione bicamerale.
Oggi, caro Presidente, onorevoli colleghi (mi rivolgo soprattutto a quelli dell'opposizione), è venuto a mancare il fulcro principale della dialettica democratica in quest'aula. E quando si fanno passare decreti-legge con i voti di fiducia manca quella che è la spinta necessaria a dialogare anche per il futuro.
Alleanza nazionale, non solo dall'aula ma anche dalle piazze, con i ceti medi, con i ceti meno abbienti (disoccupati, disabili, casalinghe), farà il suo dovere, perché non manca a noi, cari colleghi dell'opposizione, la volontà di portare nelle piazze la vera protesta.
Con questo decreto-legge andrete ad aggravare ulteriormente il deficit delle famiglie, delle aziende agricole (soprattutto nel Mezzogiorno, già penalizzato), il deficit delle centinaia di migliaia di giovani che a Napoli, a Salerno, a Reggio Calabria, a Lamezia Terme aspettano un futuro certo. E non è con queste misure che si dà un futuro certo ai giovani disoccupati; un futuro certo lo si dà...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tatarella. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Presidente, intervenendo in fase di dichiarazione di voto sugli ordini del giorno proposti dai colleghi del Polo, a me preme rilevare in premessa che l'azione che spinge i parlamentari del Polo ad intervenire non può essere ostruzionistica, perché l'ostruzionismo con questo regolamento è felicemente scomparso; il regolamento dà invece la possibilità alle opposizioni di illustrare per il paese, per i cittadini, per l'esterno la giustezza delle proprie posizioni.
Noi che abbiamo contribuito a non fare del regolamento un'arma permanentemente ostruzionistica non vogliamo rinunziare alla possibilità di considerare il Parlamento il luogo della mediazione politica in favore delle categorie, il microfono degli eletti verso gli elettori. Purtroppo questo non accade, signor Presidente. Prendiamo l'esempio della mediazione fra gli interessi della società e il Governo e il Parlamento: chi è tutelato con questa formula di Governo che utilizza il regolamento non per fini antiostruzionistici, ma per fini propri, di tutela della sua azione politica? È tutelata la FIAT; è tutelata, signor Presidente (ultimo recente caso), la Philip Morris.
Faccio un esempio: noi consideriamo il Parlamento e le Commissioni strumenti utili per il dialogo. Signor Presidente, quando in Commissione o in Assemblea (il caso della Philip Morris è in Commissione) si trova in minoranza rispetto ad un provvedimento perché liberamente deputati della maggioranza o di opposizione,


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agendo senza vincolo di mandato (che la Costituzione vieta), si mettono d'accordo su un emendamento, il Governo sposta l'oggetto della legge dalla Commissione, dall'aula parlamentare ad un provvedimento collegato alla finanziaria, e annulla il libero voto, come è accaduto per una convergenza fra un deputato della maggioranza (l'onorevole Sbarbati) e i deputati del Polo su un provvedimento dannoso per la Philip Morris. Il Governo, attraverso il ministro Visco, è intervenuto a tutela della Philip Morris.
Allora, signor Presidente, la nostra azione, che non è ostruzionistica ma è uno strumento di colloquio, viene a scontrarsi con una maggioranza che ricorre in modo perpetuo e permanente al voto di fiducia, che adesso comincia ad utilizzare lo strumento della seduta fiume, che quando vede in Assemblea o in Commissione crearsi liberamente una maggioranza la annulla con un provvedimento successivo. Dov'è il dialogo, dov'è la democrazia parlamentare? Ecco perché stiamo conducendo questa battaglia, che non è di ostruzionismo ma di verità, in difesa del ceto medio. Il bipolarismo, infatti, sta nascendo nella vita sociale del paese; c'è un blocco sociale: il ceto medio è colpito da questa maggioranza, non ha strumenti di difesa. Il ceto medio non ha il sindacato, non ha le tute blu, non può scendere in piazza, non può fare i treni popolari, è un altro mondo, un'altra tradizione, un'altra cultura, nasce in altro modo. Allora, il sindacato, la rappresentanza di questo blocco sociale è il Polo delle libertà, che utilizza gli strumenti di concretezza e correttezza parlamentare per far sentire la sua voce. Bloccare questa voce significa togliere uno strumento anche al ceto medio, che si sente tartassato.
Voglio fare una considerazione, Presidente, e concludo proprio a questo punto: il Parlamento è nato nella storia delle democrazie come istituto per difendere i cittadini dal fisco, invece oggi è utilizzato dal Governo come strumento per il fisco di Governo contro i cittadini. Per questo - ed ho veramente concluso - voglio terminare citando le parole del Presidente della Camera il quale, attaccando il mondo universitario con argomenti concreti, moderni, di attualità, ha detto: gli atenei non devono ridursi a fattoria di esami e di diplomi. Noi ci auguriamo, signor Presidente, mutuando questa definizione, che le Camere non si riducano a fattoria di voti e di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Se è attinente all'ordine dei lavori. Lei sa che abbiamo un regolamento...

PAOLO ARMAROLI. È un richiamo al regolamento ai sensi dell'articolo 41 con riferimento alla Giunta per il regolamento ed al nostro regolamento. Lei sa, signor Presidente, che proprio oggi - vedi caso - entra a regime il Premier question time, nel senso che dal regime provvisorio si passa al regime definitivo.

PRESIDENTE. Scusi, non è in discussione. Le tolgo la parola.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pampo.

PAOLO ARMAROLI. No.

EUGENIO DUCA. È stato già discusso. Se stessi attento...!

PRESIDENTE. Si è deciso - perché vi è stata un'apposita riunione della Giunta per il regolamento - che quando vi sono sedute di questo genere non si può parlare che sull'argomento in oggetto.

PAOLO ARMAROLI. Chiedo allora la convocazione della Giunta per il regolamento.

PRESIDENTE. La proporrò al Presidente della Camera.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pampo. Ne ha facoltà.


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FEDELE PAMPO. La ringrazio, Presidente, ma la invito a correggere la tonalità del cognome, per non far confusione con l'altro onorevole, che è Bampo e non Pampo, con la lettera P.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, ma ognuno ha il tono di voce che ha. Non lo posso cambiare.

FEDELE PAMPO. È facile a confondersi, ma non è questo il punto.
Intervengo, Presidente, sul complesso degli ordini del giorno per sostenere con forza che il decreto-legge che reca disposizioni tributarie urgenti non semplifica il nostro sistema fiscale riferito alle aliquote IVA, non armonizza per nulla il nostro sistema a quello europeo e finisce, al contrario, per danneggiare l'economia italiana e strozzare ancor più gli elementi di sviluppo che il Mezzogiorno, in questa fase, sta registrando.
I mali che questo decreto arreca al paese, l'arroganza del Governo e le infauste scelte delle forze politiche di maggioranza in tema di politica fiscale rappresentano elementi forti che pongono alleanza nazionale, le forze del Polo e l'intera opposizione nelle condizioni di usare tutti gli strumenti regolamentari per evitare che il Governo arrechi ulteriori danni all'Italia e agli italiani.
Questo Governo, signor Presidente e onorevole sottosegretario, si presta alle considerazioni politiche, economiche e sociali più vaste, ma ci porta anche a registrare la volontà continua, prevaricatrice del Governo.
L'utilizzazione della decretazione d'urgenza per regolamentare una parte significativa della manovra finanziaria costituisce, infatti, una novità assoluta per il Parlamento italiano, il che non ci stupisce più di tanto, ma ci preoccupa. E soprattutto ci preoccupa il silenzio delle autorità preposte alla garanzia delle prerogative del Parlamento e della stessa democrazia. Questa preoccupazione non ci pone e non ci ha posto, signor Presidente, nelle condizioni di esercitare la pur legittima e regolamentare azione ostruzionistica: al contrario. Siamo qui, come affermava l'onorevole Tatarella, per ampliare e amplificare il contenuto, le voci, le ansie, le aspettative, i tormenti della gente; siamo qui per contribuire a dare dignità al Parlamento e soprattutto a portare in quest'aula la voce vera, autentica delle forze che lavorano e che producono ricchezza. Quella stessa ricchezza, signor Presidente, continuamente depauperata e distrutta da una classe dirigente che, guarda caso, è la stessa che ha governato il paese per cinquant'anni!
Registriamo, perché il decreto in esame ce ne offre la possibilità, che la più pesante delle manovre di politica economica, quella del Governo Prodi sostenuto dalle sinistre, è stata complessivamente pari a 100 mila miliardi; è la più pesante che si sia registrata in Italia e le valutazioni espresse a sostegno di quella manovra non hanno determinato gli effetti sperati, dato che il decreto al nostro esame mira a conseguire il saldo della manovra finanziaria per il 1997, perché ulteriori buchi non rimangono coperti.
Il non aver affrontato i temi di politica economica non ci stupisce più di tanto, signor Presidente! È sufficiente dare uno sguardo alle finanziarie che si sono succedute dal 1988 ad oggi per avere la conferma che nelle stime tendenziali non si sono mai registrate parità, tant'è che le relazioni trimestrali di cassa hanno sempre evidenziato un peggioramento dei conti. Tutto ciò, signor Presidente, ha comportato la lievitazione del debito pubblico che, per memoria storica, è passato da 1.055.044 miliardi del 1988 a più del doppio, ossia a 2.352.229 miliardi del 1997 secondo le stime tendenziali.
Il decreto-legge che contrastiamo conferma in maniera inequivocabile che l'attuale Governo persegue l'obiettivo del risanamento finanziario non già attraverso misure strutturali di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica bensì esclusivamente mediante l'inasprimento fiscale, sempre più mirato a colpire la parte produttiva più seria, quella che da sempre ha pagato le tasse in Italia.


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La filosofia ispiratrice è la stessa, signor Presidente, quella cioè che ha portato il nostro paese a soffrire più di ogni altro la crisi economica e sociale che molte zone pesantemente registrano. Questo decreto-legge conferma la volontà del Governo e delle forze politiche che lo sostengono di continuare a drogare l'economia del paese; le ragioni ispiratrici del decreto-legge al nostro esame sono le stesse, sono sempre identiche, sono quelle che non producono sviluppo né ricchezze.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pampo.
È iscritto a parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conti. Ne ha facoltà.

GIULIO CONTI. Signor Presidente, intendo fare un'osservazione quale premessa di un ragionamento concernente la materia in discussione. Mentre stavamo predisponendo una serie di emendamenti sulla legge finanziaria, un collega ha sottolineato l'inutilità di prepararli perché il Governo avrebbe posto la questione di fiducia. Lo stato d'animo che si va diffondendo tra i partiti dell'opposizione non credo sia buona cosa neppure per i partiti di Governo.
Passando al merito della questione, a nome di alleanza nazionale denuncio una situazione che il Governo elude, non vuole affrontare: mi riferisco alle difficoltà che affliggono la piccola e media imprenditoria, in particolare il mercato della subfornitura e le piccole e medie attività industriali delle calzature e dell'abbigliamento. Come saprà, in assenza di una specifica disciplina legislativa capace di garantire il buon funzionamento del mercato della subfornitura, si sta producendo un forte squilibrio a vantaggio delle imprese committenti, siano esse grandi o piccole, oltre a punti di frizione, se non di scontro.
Lei sa che con il recente aumento dal 16 al 20 per cento dell'aliquota IVA previsto da questo decreto-legge per i settori tessile, dell'abbigliamento e delle calzature, la situazione delle aziende contoterziste in questi comparti si aggrava ulteriormente. Dobbiamo inoltre rilevare che i settori in cui queste operano sono già di per sé in crisi; mi riferisco in particolare a quello calzaturiero e all'industria dell'abbigliamento.
Tutti hanno denunciato - voglio sottolinearlo anch'io - il ritardo dello Stato nei confronti delle aziende che debbono ricevere il rimborso dell'IVA, ritardo che spesso è di anni. In realtà i subfornitori sono tenuti a versare l'IVA allo Stato prima ancora di avere avuto indietro il pagamento della fatturazione; è un fatto grave, se aggiunto al ritardo del rimborso dell'IVA. Era quindi indispensabile che nel testo del decreto-legge in discussione fosse stabilita l'obbligatorietà del versamento dell'IVA allo Stato da parte delle aziende subfornitrici solo dopo l'avvenuto pagamento della fattura medesima. È un vecchio discorso che è stato sempre rinviato; ritengo che questa fosse l'occasione buona per risolvere il problema.
Come detto prima da altri colleghi del mio gruppo, l'Unione europea prima o poi dovrà intervenire in merito a questa problematica. Ebbene, in seguito alle pressioni di alcune organizzazioni di categoria, è già intervenuta attraverso una lettera ufficiale di un componente della Commissione europea, il quale si è impegnato affinché al più presto la UE dia direttive volte a riportare l'IVA alla media europea. Mi sembra contraddittorio che l'Italia, in nome dell'ingresso nell'Unione, deliberi in senso contrario alle sue direttive.
Ritengo debba essere sottolineato un altro aspetto. La gravità della situazione è denunciata non solo dai partiti dell'opposizione, ma anche da un dossier elaborato da una commissione di studio insediata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in particolare il Dipartimento per la funzione pubblica, in cui si evidenzia come il fenomeno del ritardato pagamento dell'IVA dia luogo a problemi di corruzione, arrecando danni gravi anche alla pubblica amministrazione.
Credo che questi problemi sarebbero stati meglio affrontati se l'opposizione non fosse stata costretta a rinunciare a tutti i suoi emendamenti attraverso il solito marchingegno del voto di fiducia. Ritengo che


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questo aspetto debba essere rilevato dal Governo, che se ne debba tener conto per salvare il salvabile, soprattutto per salvare l'unica possibilità di creare posti di lavoro, quella connessa alla soluzione dei problemi della piccola e media impresa (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pace. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, con l'espediente della posizione della questione di fiducia il Governo e la maggioranza si sono sottratti ad ogni discussione ed hanno rifiutato di prendere in considerazione quelle modifiche e quegli aggiustamenti che il Polo della libertà e del buon governo e la lega avevano proposto. Adesso con l'espediente della seduta fiume - che in realtà poi fiume non è, mi pare più una seduta deserto, data l'assenza della maggioranza e la quasi assenza del Governo - si toglie un'altra possibilità, quella di prendere in considerazione con serietà gli aggiustamenti che non modificano il decreto-legge, che non lo fanno decadere, ma che tuttavia consentono di migliorarlo impegnando il Governo ad apportare le modifiche necessarie.
Che queste modifiche siano necessarie ed opportune il ministro Visco non è riuscito a nasconderlo, almeno per quanto riguarda uno degli aspetti, quello dell'edilizia. A questo proposito, signor Presidente, desidero far rilevare che certamente sul piano formale non intendo minimamente porre in discussione la correttezza della decisione del Presidente Violante, il quale ha considerato collegato alla finanziaria un decreto che è stato pubblicato prima che la finanziaria fosse partorita. La decisione formale è stata questa ed io l'accetto, non solo e non tanto per il fatto che il Presidente della Camera gode di alta autorità ma in particolare per l'autorevolezza che gli riconosco. Se così è, se questo è un provvedimento collegato alla finanziaria, vi è però un vizio di carattere non formale ma sostanziale, che non posso non denunciare. Mi riferisco alla contraddizione tra il contenuto di questo provvedimento ed il contenuto della finanziaria. Nel campo dell'edilizia, la finanziaria ed il provvedimento ad essa collegato introducono palliativi mentre con questo provvedimento si creano guasti. Il ministro Visco ha dichiarato che cercherà di fare qualcosa a livello di Comunità europea per ridurre un'aliquota che, altrimenti, sarebbe insopportabile e spegnerebbe un'attività fondamentale della nostra economia. Se il ministro fosse stato veramente convinto, avrebbe dovuto accogliere l'ordine del giorno come raccomandazione, ma invece si è astenuto dal farlo.
Desidero segnalare all'attenzione dei colleghi altre due questioni, anche per spiegare perché il nostro giudizio sugli ordini del giorno sia positivo e perché alleanza nazionale voterà a favore. Anzitutto, vorrei ricordare la vessazione che si realizza nei confronti dell'artigianato mediante l'elevazione dell'aliquota IVA e mediante l'anticipo degli adempimenti.
La seconda questione è sicuramente più grave e concerne gli adempimenti impossibili (alla faccia delle semplificazioni!). Noi abbiamo denunciato un adempimento impossibile da adempiere e, ciononostante richiesto dal provvedimento, nel momento in cui prevede che le pene pecuniarie siano corrisposte contestualmente alle imposte. Come è noto a tutti, l'imposta si paga in banca, con delega bancaria; le pene pecuniarie, come è noto a molti - quanto meno a coloro che hanno dovuto pagarle o a coloro che si intendono della materia: spero che il Governo se ne intenda, perché di pene ne dovrebbe subire parecchie! - non si possono pagare con delega bancaria. E allora, mi si spieghi con quale contestualità è possibile pagare le pene pecuniarie e l'imposta! Se fosse stata prevista una coincidenza di ordine temporale, nel senso di individuare uno stesso termine, così come noi proponevamo, si sarebbe trattato di un adempimento possibile, ma la contestualità è impossibile, è vietata dalle


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leggi attuali! Questi sono gravi errori nell'attività legislativa, sono complicazioni che si impongono ai contribuenti ed anche ai professionisti, che non sapranno a quale Santo votarsi...

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato, onorevole Pace.

CARLO PACE. Si tratta quindi di individuare un modo di procedere che possa risultare sostanzialmente corretto. (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Onorevole Tatarella, posso appellarmi alla sua cortesia ed al suo spirito di collaborazione per chiederle di invitare i tre colleghi che sono di fronte a lei ad avere un minimo di rispetto per la Presidenza?

GIUSEPPE TATARELLA. Non è colpa mia se, tra il guardare lei ed il parlare con me, una volta tanto scelgono me!

PRESIDENTE. Onorevole Tatarella, non mihi, sed Petro!
È iscritto a parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Onorevole Presidente, onorevole rappresentante del Governo, esprimo anzitutto il mio consenso sul complesso degli ordini del giorno e mi permetto di sottolineare un primo profilo politico generale: l'atteggiamento cambogiano assunto dal Governo, con lo strozzamento improvviso...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Delmastro Delle Vedove. Onorevole Pace, la richiamo all'ordine.

CARLO PACE. Presidente, per una liquirizia?! Non posso accettarlo!

PRESIDENTE. Prosegua pure, onorevole Delmastro Delle Vedove.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Dicevo che l'atteggiamento cambogiano assunto dal Governo, con lo strozzamento improvviso e proditorio dei diritti del Parlamento e la ormai constatata ed irrimediabile inaffidabilità del materiale umano della maggioranza, per usare la stessa spocchiosa terminologia utilizzata dall'onorevole Mussi, hanno costituito un insperato collante per tutte le forze di opposizione, unite nella difesa dei diritti del Parlamento.
Il comportamento del Governo costituisce un vero e proprio assalto alla correttezza interpretativa dell'ordine costituzionale che vuole che risieda nelle due Camere la sovranità popolare e che esige una presenza rispettosa del Governo, che deve procedere all'esecuzione del proprio programma, consentendone tuttavia la verifica ampia e puntuale da parte degli eletti dal popolo.
Impostare un rapporto in base al quale la centralità democratica è costituita dall'azione di Governo, relegando il Parlamento ad un ruolo notarile, significa porre in essere un vero e proprio colpo di Stato. Anche Ceaucescu e Pol Pot governavano con questa visione del diritto costituzionale.
Non si vuole cadere, come dice la maggioranza, nelle secche dell'ostruzionismo dell'opposizione: si recuperi allora da parte della maggioranza la capacità di fare leggi e non decreti-legge, uscendo dello schema ormai quotidiano e mortificante del decreto-legge.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzocchi, la richiamo all'ordine.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Ecco dunque che di fronte a tale barbarie costituzionale il fronte dell'opposizione non poteva che ricompattarsi e trovare la forza e la dignità di inchiodarvi su questi banchi per denunciare all'opinione pubblica queste prove di regime destinate ad avvelenare non già l'opposizione, ma la vita e il cammino del Governo e della maggioranza.
Credo dunque che l'opposizione abbia trovato un motivo forte per lottare finalmente


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senza quartiere contro un Governo che proprio con il provvedimento sul quale ha per l'ennesima volta posto la questione di fiducia ha mostrato il suo vero volto e la sua più profonda natura antipopolare, neocapitalistica e mortalmente avversa ai ceti medi produttivi.
Gli ordini del giorno che sono stati presentati attengono alla filosofia complessiva di provvedimenti che non hanno la dignità di manovre economiche ancorché incondivisibili in quanto la vostra attività è ormai regolata da esigenze di cassa, impedendovi persino di ragionare...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma non è colpa mia: è la buona educazione dei suoi colleghi di gruppo. Onorevole Caruso, la richiamo all'ordine.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. ...impedendovi persino di esercitare la capacità di ragionare, di programmare, di intervenire con saggezza e con equilibrio.
Noi denunciamo questa drammatica situazione che ricorda da vicino la serenità dei passeggeri del Titanic che ballavano e suonavano mentre la rotta del transatlantico lo portava verso l'iceberg fatale e mortale. Basti un fatto significativo e delittuoso: mentre il Presidente del Consiglio con la sua beata e ilare visione ottimistica sogna il trionfale ingresso nell'Europa monetaria, con la stessa vanità personale che poteva essere di personaggi come l'imperatore Bokassa, il Tesoro non versa alle regioni i denari che devono essere trasferiti alle aziende regionali sanitarie, obbligandole ad onerose anticipazioni di cassa per poter pagare dipendenti e fornitori. È con un Governo di tale irresponsabilità che abbiamo a che fare ed è contro un Governo così pericoloso per le sorti dell'economia che intendiamo ingaggiare una lotta senza quartiere, dopo aver verificato sul campo la mortificazione che esso infligge ai diritti del Parlamento.
È importante che i produttori sentano queste nostre parole. Ecco perché abbiamo il dovere di ringraziare la maggioranza per questa opportunità che ci sta offrendo. Non a caso uso la parola «produttori» - tanto cara alla tradizione politica di alleanza nazionale, perché essa esclude i ceti parassitari - i ceti che dopo un anno e mezzo di Governo hanno subìto soltanto vessazioni, mentre solo le grandi famiglie industriali e la grande finanza hanno avuto enormi vantaggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccheo. Ne ha facoltà.

VINCENZO ZACCHEO. Onorevoli colleghi, mi ha colpito molto l'analogia citata dal collega che mi ha preceduto, il quale ha parlato di un transatlantico affondato, il Titanic. Ebbene, noi ci troviamo in prossimità di un altro transatlantico che rischia di affondare.

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, è così cortese da non dare le spalle alla Presidenza? Può parlare fuori.

VINCENZO ZACCHEO. E con esso affonda la democrazia parlamentare.
Nell'annunciare il voto favorevole sugli ordini del giorno, con questo mio breve intervento non intendo entrare nel merito delle valutazioni tecnico-giuridiche, che sono state già egregiamente trattate dai colleghi di alleanza nazionale, del Polo, della lega e di tutte le opposizioni. I colleghi intervenuti prima di me - ne cito alcuni: il professor Carlo Pace, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Manlio Contento - sono stati in grado di delucidare i contenuti di questo provvedimento legislativo. Io intendo quindi intervenire sulla iniquità e farraginosità che deriverà dall'applicazione del suddetto decreto-legge e sulle scuse addette dalla maggioranza sul voto di fiducia, il quale, paradossalmente, evidenzia un ostruzionismo nei confronti dell'opposizione ed è servito a tenere coesa la maggioranza stessa; diversamente, su qualche emendamento si sarebbe sfaldata. Si tratta di un ostruzionismo che mortifica la democrazia parlamentare, la dignità e le prerogative di tutto il Parlamento. Si inaugura, cari


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colleghi, uno strisciante sistema bolscevico che mina la democrazia parlamentare.
Intendo però evidenziare come questo decreto-legge colpisca l'agonizzante agricoltura italiana, la piccola e media impresa, gli artigiani, i liberi professionisti, tutto quel ceto medio individuato da questo neobolscevismo come nemico perché non asservito al sistema. Intendo evidenziare come, per esempio con il mancato accoglimento dell'ordine del giorno 9/4297/40, a firma dei colleghi Contento, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Carlo Pace, Marengo, Alberto Giorgetti e Berselli, si colpiscano gli enti locali, le cui finanze già versano in profondo rosso, tant'è che molti di essi già rischiano il dissesto finanziario grazie alle allegre gestioni della prima Repubblica. Intendo evidenziare come questo provvedimento colpisca le fasce sociali più deboli, per cui è una fortuna che il Governo abbia accolto l'ordine del giorno, anch'esso a firma dei colleghi Marengo, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Carlo Pace, Contento, Alberto Giorgetti e Berselli, che lo impegna ad emanare un provvedimento che prevede le prestazioni e i servizi relativi al trasporto dei portatori di handicap. Se così non fosse stato, questo Governo, solidale a chiacchiere e a parole solo ed esclusivamente in campagna elettorale, per carpire il consenso degli elettori italiani (Applausi del deputato Carlo Pace), avrebbe colpito persino i portatori di handicap!
Dunque, noi non facciamo ostruzionismo: stiamo portando avanti una seria, dignitosa battaglia di libertà del Parlamento in difesa dei cittadini italiani e, specialmente, delle categorie più deboli.
Ricordo anche il mancato accoglimento di un altro ordine del giorno, che riguarda sempre il sociale, più esattamente la terza età - mi riferisco all'ordine del giorno n.9/4297/42 - che impegna il Governo ad emanare un provvedimento che preveda che le prestazioni di servizi relativi al trasporto di persone di età superiore agli anni 65 rientrino tra le prestazioni esenti da IVA. Anche in questo caso, l'ordine del giorno era firmato dai colleghi Alberto Giorgetti, Giovanni Pace, Antonio Pepe, Carlo Pace, Contento, Marengo e Berselli, i quali sono stati i moschettieri di alleanza nazionale nel portare avanti una battaglia di dignità, di libertà del Parlamento e del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ho dato la parola all'onorevole Mantovano. Poi la darò a lei. Prego, onorevole Mantovano.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, a sostegno degli ordini del giorno sui quali mi sono iscritto a parlare non posso non iniziare lamentando come, ancora una volta, il testo di un decreto-legge si presenti estremamente disordinato ed eterogeneo, e ciò nonostante le formali indicazioni del Parlamento tese a dare un carattere di coerenza alle norme contenute nello stesso testo di legge, e nonostante il fatto che in materia tributaria si viaggi da anni nell'incertezza interpretativa, derivante anche dalla confusione terminologica, dall'approssimazione tecnica, dal mettere insieme, sovrapponendole, materie che necessiterebbero di sedi legislative differenziate. Vi sono numerosi precedenti in questa legislatura, non soltanto in materia tributaria: il più autorevole è, senza dubbio, quello costituito dalla legge Bassanini, la quale si definisce per la semplificazione delle procedure amministrative, ma poi contiene articoli con più di cento commi. Il decreto-legge sul quale ieri è stata votata la fiducia, al quale si riferiscono gli ordini del giorno che stiamo discutendo, è esemplare in questa direzione: vi sono norme sulle aliquote IVA, disposizioni in materia di versamenti dell'imposta sulle assicurazioni, disposizioni in materia di tasse sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani,


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l'articolo 6-bis contiene sanzioni relative alle procedure concorsuali, l'articolo 6-ter parla del termine per la notifica degli avvisi di liquidazione relativa all'imposta comunale sugli immobili, l'articolo 6-quater - siamo perfettamente in tema, in totale omogeneità e coerenza con le materie indicate prima - tratta delle disposizioni relative alla tassa sull'occupazione del suolo pubblico, ancora l'articolo 7 reca norme per la devoluzione delle entrate a variazioni di bilancio.
Quanta fatica ulteriore si scaricherà sugli addetti ai lavori, quale incremento di pendenze per il contenzioso tributario, quante energie in più da impiegare per i dipendenti degli uffici pubblici, in particolare degli uffici imposte, che dovranno verificare l'esatto adempimento di queste norme, certamente in modo contraddittorio, considerata tale eterogeneità e con disagi tecnici tra un ufficio e l'altro. Ma ad una pessima forma corrisponde una pessima sostanza: questo è un decreto-legge che richiederebbe le cure di uno psichiatra perché è tecnicamente schizofrenico. Ho nelle mani la relazione licenziata dalla XII Commissione sulla chiusura degli ospedali psichiatrici ed osservo che manca un capitolo: quello dedicato a dove dovranno risiedere i componenti del Governo Prodi.
Come si fa ad introdurre, da un lato, delle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione delle abitazioni e ad imporre, dall'altro, l'elevazione delle aliquote IVA anche sulle materie prime e sui semilavorati per l'edilizia? Perché chi costruisce una nuova casa deve essere ulteriormente penalizzato e chi invece opta per la ristrutturazione riceve un incentivo? Qual è la ragione, se ve n'è una, di questo diverso trattamento? Nel settore automobilistico, finora, si è seguita la logica opposta, eppure è lo stesso Governo che l'ha imposta, per la gioia, si fa per dire, dei riparatori di autovetture: si è infatti incentivata la demolizione e la rottamazione, quindi l'acquisto del nuovo e con ciò si è dissuaso dal rimettere in sesto le vecchie vetture.
Queste schizofrenie non sono soltanto illogiche, sono anche dannose: la gran parte delle aziende edili operanti al sud, quelle che ancora sopravvivono nonostante la pluridecennale persecuzione fiscale e contributiva a cui sono state e sono sottoposte, sono impegnate soprattutto nella costruzione di nuovi alloggi, non nelle ristrutturazioni. Questo decreto-legge aggraverà i loro problemi e farà crescere il livello della disoccupazione. Ancora, le esigenze delle giovani coppie, quelle che ancora osano sposarsi nonostante la politica antifamiliare dei governi di centro-sinistra e di sinistra-centro...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole collega.

CARLO PACE. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO PACE. Signor Presidente, desidero interpellarla in ordine alla correlazione tra la regolamentazione peculiare della seduta fiume che è stata deliberata e gli articoli 42 e 43 del regolamento, onde sapere se, essendo stata intaccata la mia condotta, io debba sollevare la questione per fatto personale prima della sospensione tecnica della seduta che verrà decisa o alla fine della seduta fiume.

PRESIDENTE. Al termine della seduta, onorevole Pace.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mitolo. Ne ha facoltà.

PIETRO MITOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, la mia partecipazione al dibattito è dovuta non soltanto alla disciplina di gruppo, ma ad una convinta adesione sui motivi, sia giuridici sia politici generali, che hanno determinato l'atteggiamento del gruppo di alleanza nazionale.
Ho ascoltato gran parte degli interventi e ne ho tratto il convincimento non solo della giustezza della causa, ma anche della serietà degli intendimenti, del senso di responsabilità, e soprattutto del dovere che il nostro gruppo parlamentare sente


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nel difendere le categorie che ci sembra vengano mal tutelate dal provvedimento del Governo, anzi messe in difficoltà.
Vi sono settori trainanti dell'attività economica della nazione che vengono duramente colpiti: il settore dell'edilizia, come si accennava, il settore calzaturiero, il settore vitivinicolo, e così via. Credo che le argomentazioni addotte dai colleghi che mi hanno preceduto possano essere testimonianza valida della serietà con cui il nostro gruppo ha affrontato il dibattito e ha tentato, per quanto possibile, di migliorare il provvedimento in discussione che - come poc'anzi ben rilevava il collega Mantovano - si presenta addirittura in forma schizofrenica.
Riteniamo doverosa la partecipazione al miglioramento dei provvedimenti di legge presentati, proprio per rispondere al nostro compito di parlamentari e in particolare di esponenti dell'opposizione: non con ciance vane, Presidente, non con argomentazioni di poco conto ma - come anche lei credo abbia potuto constatare - con dovizia di argomenti, serietà ed acutezza di rilievi e di analisi non solo politica ma anche socio-economica.
Certo, per chi interviene a questo punto è difficile...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega Mitolo. Onorevole Pace, senza che lei se ne abbia tanto a male con il suo omonimo, la prego di non dare le spalle alla Presidenza.

GIOVANNI PACE. Presidente, sono mortificato. La prego di scusarmi.

PIETRO MITOLO. La serietà e la dovizia di argomentazioni addotte a sostegno del nostro atteggiamento testimoniano - dicevo - anche dell'alto grado di sensibilità per gli interessi generali che noi abbiamo. A dispetto di quanto la maggioranza vorrebbe far pensare e rilevare, devo con mia grande soddisfazione sottolineare che proprio il comportamento dell'opposizione sta a testimoniare del valore e dell'importanza del dibattito politico, che può giungere anche a queste forme, chiamatele pure di ostruzionismo, ma che ostruzionismo in realtà non sono. Infatti, gli ordini del giorno sono la riprova che questo provvedimento andava discusso a fondo, che meritava non solo l'attenzione ma anche un miglioramento per l'incidenza profonda che avrà nella vita economica della nazione. Il nostro compito è quindi di sollevare l'attenzione non soltanto del Parlamento, che magari è distratto perché in gran parte i colleghi sono assenti, ma soprattutto dell'opinione pubblica.
Per la verità, come si è lamentato all'inizio di seduta, non è che la stampa abbia dato grande rilievo a questa nostra manifestazione di carattere seriamente democratico. Anche attraverso questi interventi intendiamo dunque richiamare l'attenzione dei cittadini tutti e soprattutto delle categorie che sono profondamente toccate dal provvedimento in discussione: gli artigiani, gli imprenditori, i liberi professionisti e - per aggiungere una particolare constatazione - certi settori di attività che riguardano in particolare regioni che hanno una loro caratteristica specifica (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale)

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mitolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galeazzi. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO GALEAZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, nel dichiarare il mio voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dall'opposizione, vorrei ricordare che durante la discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria (esattamente il secondo documento) affermai in quest'aula qualcosa che fece sorridere maggioranza e opposizione. Dissi con alcune doti di preveggenza che la sinistra, ed il Governo di sinistra, che si era presentata al popolo italiano come un donatore di sangue, si è trasformata repentinamente in un vampiro insaziabile. Non è importante che oggi nessuno sorrida


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più in quest'aula, ma è molto importante che milioni di cittadini stiano impallidendo rispetto a tali scellerate riforme.
Per entrare nel merito degli aspetti più propriamente tecnici, vorrei riferirmi al padre di queste scellerate e medievali riforme, che è il decreto di attuazione della legge delega previsto nel provvedimento collegato alla legge finanziaria del 1997, il quale avrebbe la pretesa di allineare alle previsioni europee il trattamento delle imposte indirette nell'ordinamento dello Stato italiano.
L'utopia del destino delle povere imposte indirette (povere si fa per dire) viene vanificata qualora si riesca ad approfondire l'obiettivo della riforma, sia nella sostanza sia nella sua profondità. Sin dalla riorganizzazione delle aliquote IVA si è manifestato uno squilibrio che colpisce indiscriminatamente le varie classi sociali. Per esempio, i vari accorpamenti delle aliquote di imposta hanno causato l'aumento dei prezzi di alcuni beni di largo consumo (abbigliamento, calzature). Inoltre, l'aumento delle aliquote sui compact disc e sulle videocassette (che, per natura, possono contenere e contengono sicuramente canzonette, ma possono anche riguardare materiale enciclopedico, medico e scolastico), dimostra che l'Italia, anziché correre al passo con i tempi, regredisce ed incentiva l'utilizzo di vecchi strumenti didattici, quali per esempio il pallottoliere, e che fino ad oggi non mi risulta abbia subito nessun aumento e nessuna tassazione.
Nel dettaglio del provvedimento collegato, le mire di detta riforma sono sostanzialmente sempre restrittive e dirette in modo esclusivo ad aumentare il gettito dell'imposta. Infatti, nel decreto legislativo n.313, all'articolo 4, si estende la soggettività passiva anche a quelle attività che, pur non rientrando nella tassativa previsione di cui all'articolo 2195 del codice penale, sono organizzate in forma di impresa. Inoltre, l'articolo 19, esempio di indiscriminata attuazione, stabilisce il divieto di detrazione per tutte le operazioni che non hanno rilevanza ai fini dell'imposta, tali da collegare l'operatività al gettito. Pertanto, in questo modo si fissa un nuovo criterio di ripartizione tra l'imposta detraibile e quella indetraibile. Per meglio chiarire questo concetto, il nuovo criterio di ripartizione tiene conto direttamente degli acquisti in funzione del loro utilizzo. Sempre l'articolo 19, dispone la non detraibilità dell'imposta relativa all'acquisto di alimenti, di bevande e di tutte le spese di rappresentanza fiscalmente sempre più colpite, quasi ad impedire le attività di incentivazione, attraverso le pubbliche relazioni, della propria attività.
Tale dispositivo di difficile attuazione risulta in contrasto con quanto previsto dallo stesso Governo e porterà ad una incentivazione del contenzioso tributario, essendo la norma atta a varie interpretazioni in sede di applicazione pratica. Ritengo che questa norma avrebbe dovuto essere abrogata fin dall'inizio.
Signor Presidente, senza entrare ulteriormente nel dettaglio, voglio sottolineare che sono stati riformati settori dell'agricoltura con regimi di esonero scaglionati, ma ciò anziché incentivare l'attività agricola la deprime, poiché ci si pone come scopo esclusivo l'antielusione, invece di porsi come obiettivo principale la produzione, la produttività, l'incremento e lo sviluppo.
Nell'editoria si registra la stessa cosa (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Galeazzi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Intendo preannunciare con il mio intervento il voto favorevole sul complesso degli ordini del giorno presentati dall'opposizione, in particolare dal Polo per le libertà, relativamente al provvedimento in esame che, come già sottolineato da parte dei colleghi che mi hanno adeguatamente preceduto, riteniamo assolutamente negativo. Si tratta


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infatti di un provvedimento che presenta aspetti di incostituzionalità, come è stato già osservato in altra seduta, ma non mi sembra che vi siano state risposte adeguate da parte del Governo.
Intendo riallacciarmi, in questo breve intervento, a quanto sostenuto prima dal collega Zaccheo, partendo da un ordine del giorno di cui sono primo firmatario e che, al di là delle posizioni politiche e delle possibili strumentalizzazioni che a volte fanno parte del dialogo tra maggioranza e opposizione, sembrava basato su una caratteristica fondamentale: il buon senso. Mi sembra che il Governo e la maggioranza, sotto il profilo dell'approccio a questa sede parlamentare ed al dialogo con l'opposizione, abbiano completamente perduto per strada il buon senso medesimo.
Come diceva prima l'onorevole Zaccheo, questo ordine del giorno impegnava il Governo ad emanare un provvedimento che prevedesse che le prestazioni di servizi relativi al trasporto di persone di età superiore ad anni 65 rientrino tra le prestazioni esenti da IVA. È evidente che un impegno del genere doveva essere tranquillamente accolto dal Governo, alla luce del fatto che precedentemente era stato accolto un ordine del giorno in cui si prevedeva un impegno per il Governo ad esentare dall'IVA i trasporti per i soggetti purtroppo colpiti da handicap.
Il Governo dimostra ancora una volta, in questa situazione, di essere preso da una schizofrenia assolutamente inspiegabile, la quale però segue una logica perversa, dimostrata in ogni passaggio dal Governo, a testimonianza della mancanza di volontà di portare avanti un dialogo con l'opposizione. Tale dialogo spesso non entra nelle valutazioni di merito sul decreto, un piano su cui l'opposizione ha fatto evidentemente la sua parte in maniera estremamente responsabile; c'è stata da parte nostra un'attenzione particolare nel tentativo di migliorare un provvedimento assolutamente negativo, che non accettiamo e che riteniamo assolutamente pericoloso per le sorti dell'economia nazionale.
Dicevamo che c'è stato un atteggiamento di completa chiusura, inspiegabile: a fronte di qualche emendamento, non si è voluto comunque dialogare. Non lo si è fatto in Commissione, non lo si è fatto in Assemblea, ed ancora una volta si è assistito all'utilizzo di uno strumento (la questione di fiducia) su un provvedimento che poteva essere tranquillamente discusso con l'opposizione.
È un atteggiamento che si ripete nel tempo: sono ormai trenta le questioni di fiducia poste da questo Governo, una ogni quindici giorni. Ciò dimostra come il Governo stesso sia in grave difficoltà nell'affrontare il dialogo in Assemblea e nel rispettare le prerogative dei singoli parlamentari e dell'Assemblea stessa. È proprio il Governo che si riempie la bocca con i comportamenti democratici e con il richiamare il dialogo propositivo con l'opposizione che dimostra in questi passaggi, in modo estremamente chiaro, come esso sia orientato in una logica assolutamente autoritaria e non sia disponibile al confronto.
Entrando nel merito del provvedimento, vorrei fare alcune brevi considerazioni.

PRESIDENTE. Tenga conto che ha trenta secondi di tempo.

ALBERTO GIORGETTI. Vorrei rapidamente sottolineare che il Governo ha comunque attuato una revisione delle aliquote IVA improntata alla logica di aumentare la pressione fiscale, mentre aveva la possibilità di mantenerla invariata. Ancora una volta si colpisce la piccola e media impresa, che è la realtà vitale della nostra economia; non si danno segnali di disponibilità verso un settore che oggi è in grado comunque di garantire un futuro, la competizione sui mercati internazionali, nuovi posti di lavoro. Con questo intervento si avallano ancora una volta le logiche di supporto alla grande industria e si colpisce la realtà produttiva.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole collega.


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Constato l'assenza dell'onorevole Matteoli che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iacobellis. Ne ha facoltà.

ERMANNO IACOBELLIS. Il provvedimento in esame ha per oggetto la conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti per il riordino dell'IVA. Per la verità, sulla scia di quello che ormai è diventato il leit motiv della politica di questo Governo, il provvedimento in questione non fa altro che esasperare sempre di più la pressione fiscale, penalizzando oltre ogni misura proprio quei settori produttivi che costituiscono l'architrave del sistema economico del nostro paese.
Gli emendamenti presentati dall'opposizione erano tutti volti a rendere non dico più equa, ma almeno più accettabile la manovra, mediante correttivi orientati alla saggezza, al buon senso ed alla razionalità. Ma ciò non è stato possibile a causa di un atteggiamento irresponsabile e odioso del Governo, che ha posto la questione di fiducia in un momento in cui, in maniera del tutto pacata e democratica, si svolgeva in aula un civile dibattito, teso a migliorare il livello tecnico e di merito del provvedimento. E ciò per interesse non solo della collettività ma anche della stessa maggioranza o, per meglio dire, di alcuni settori della maggioranza, mortificati dalla bruttezza ed iniquità del decreto de quo.
Pertanto l'atteggiamento del Governo, signor Presidente, ci preoccupa, perché non si riesce a cogliere la ratio politica di un colpo di testa, di un cupio dissolvi tanto improvviso quanto inopportuno. Ci preoccupa non poco perché potrebbe essere il sintomo, il segnale dello stato confusionale e di profonda isteria collettiva in cui versa la maggioranza, entrata ormai nel pallone e come tale non più in grado di reggere il timone dell'azione di Governo. O forse, signor Presidente, è il sintomo di qualcosa di più grave e di più profondo; forse è il sintomo di una insofferenza da parte della maggioranza nei confronti di una opposizione che disprezza solo perché non è la loro maggioranza. Infatti una cosa è certa: a questo Governo, a questa maggioranza nulla sta bene. Non le sta bene l'ostruzionismo, non apprezza il pacato confronto, non accetta la disponibilità ad una collaborazione fattiva e sostanziale (che non è l'inciucio) nell'interesse del paese.
Insomma, si ha l'impressione - e questo è veramente grave - che alla maggioranza, così tronfia ed altezzosa, dia fastidio la nostra sola presenza fisica, una presenza per loro inutile, una pura perdita di tempo nel glorioso cammino della loro pseudo grandezza e della loro pseudo onnipotenza. In definitiva, signor Presidente, si ha l'impressione che l'anelito freudiano, il sogno inconfessato di questa maggioranza sia quello di vedere splendere un giorno sul tabellone delle votazioni un tutto verde o un tutto rosso, meglio se tutto rosso.
Fatte queste premesse...

PRESIDENTE. Onorevole collega, la devo avvertire che ha ancora venti secondi a disposizione.

ERMANNO IACOBELLIS. Ho finito, signor Presidente.
Fatte queste premesse, dichiaro di votare a favore di tutti gli ordini del giorno, nessuno escluso, presentati dai colleghi del Polo e della lega. In particolare, il voto favorevole...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole collega.

ALTERO MATTEOLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALTERO MATTEOLI. Signor Presidente, ho provato ad insistere con lei - e non più di tanto, perché conosco la sua correttezza e non voglio metterla in imbarazzo -, ma mi si dice che lei mi abbia


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dichiarato decaduto. Non è mai accaduto - abbiamo entrambi una lunga esperienza parlamentare - che di fronte ad un dibattito di questo tipo si sia dichiarato qualcuno decaduto. Ci sono le sostituzioni: uno parla al posto di un altro, e l'altro si mette in coda.

PRESIDENTE. Quante sostituzioni ci sono state nel suo gruppo, onorevole Matteoli...

ALTERO MATTEOLI. Non lo metto in dubbio. Ieri il paese e la città di Roma sono stati semiparalizzati per una protesta degli agricoltori; coloro che lunedì mattina hanno avuto necessità di prendere un aereo sono rimasti fermi per ore negli aeroporti e si dice che in queste ore sia in corso un altro sciopero dei trasporti, questa volta nel settore ferroviario. In un momento come questo, in cui il Parlamento viene esautorato da un Governo che pone reiteratamente questioni di fiducia, senza consentire un dibattito sereno, penso che il Presidente di un'Assemblea come questa dovrebbe dare la possibilità di parlare a tutti i parlamentari che ne fanno richiesta, a prescindere dall'ordine cronologico o burocratico, nel momento in cui si presentano in aula.
Mi meraviglia che ciò avvenga da parte di un Presidente come lei, che ha lunga esperienza parlamentare e di cui riconosco la correttezza. Certamente non posso dire che il Presidente che attualmente presiede la Camera sia persona faziosa; tutt'altro. Oltre tutto, i nostri rapporti sono più che buoni, e mi dispiace anche intervenire in questi termini, ma io insisto che in un dibattito come questo non si può dichiarare decaduto un parlamentare. Pertanto, le chiedo ufficialmente di poter svolgere il mio intervento, come hanno già fatto tanti altri miei colleghi. Grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Matteoli, al di là della personale amicizia e stima che io ho nei suoi confronti, debbo dirle che sarebbe stato sufficiente che, come è avvenuto in altri casi, avesse operato uno scambio; infatti, lo scambio tra i deputati del proprio gruppo è ammesso.
Mi trovo in una situazione di imbarazzo, mi creda, perché da un punto di vista sostanziale vorrei aderire alla sua proposta, ma da un punto di vista formale il regolamento me lo preclude. Mi consenta, onorevole Matteoli, di consultare meglio il regolamento e, se troverò uno spiraglio, le darò la parola ben volentieri.
Constato l'assenza del deputato Landolfi, che aveva chiesto di parlare; si intende che vi abbia rinunciato.
Capisce perché il problema dell'ammissione diventa delicato?

FRANCESCO STORACE. Posso parlare in sostituzione?

PRESIDENTE. No, nessuno ha chiesto l'inversione. Qui ho una serie di inversioni.
Constato l'assenza dei deputati Lo Porto, Lo Presti, Fini, Marino e Martini, che avevano chiesto di parlare; si intende che vi abbiano rinunciato.

FRANCESCO STORACE. Ho comunicato all'Assemblea di voler parlare in sostituzione dell'onorevole Martini.

PRESIDENTE. Non mi risulta la sua richiesta. Onorevole Storace, lei ha già parlato.

FRANCESCO STORACE. È su un ulteriore ordine del giorno.

PRESIDENTE. Onorevole Storace, non può sostituire nessuno, le chiedo scusa.

FRANCESCO STORACE. Ci abbiamo provato!

PRESIDENTE. Constato l'assenza dei deputati Gissi e Fei, che avevano chiesto di parlare; si intende che vi abbiano rinunciato.

GUSTAVO SELVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa?


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GUSTAVO SELVA. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Noto che alla sua destra non c'è il segretario verbalizzante. Come mai?

PRESIDENTE. È andata alla...

GUSTAVO SELVA. Sospenda la seduta!

PRESIDENTE. No, non è indispensabile. Il Presidente se ne assume la responsabilità.

GUSTAVO SELVA. L'Ufficio di Presidenza...

PRESIDENTE. Onorevole Selva, per piacere, sa meglio di me che queste storie non sono vere.

GUSTAVO SELVA. Come non sono vere!

PRESIDENTE. No, non è necessario. Il Presidente si assume la responsabilità e basta.
Prego l'onorevole Palma di assumere le funzioni di segretario; posso farlo.
Ringrazio l'onorevole Palma ma non è più necessario, poiché è rientrata in aula l'onorevole De Simone.
Constato l'assenza dei deputati Messa, Fragalà, Morselli, Mussolini, Nania, Neri, Cuscunà, Colonna, Paolone, Poli Bortone, Proietti, Rallo, Antonio Rizzo, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto; si intende che vi abbiano rinunciato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Selva. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. La ringrazio, Presidente. Sono tre le ragioni per le quali abbiamo iniziato oggi questa operazione. La prima è la difesa del Parlamento. I miei colleghi hanno spiegato in modo molto preciso ed ordinato come non ci fosse alcun motivo per porre la questione di fiducia sull'atto Camera n. 4297, del quale stiamo discutendo; infatti, il mio gruppo aveva presentato appena quattordici emendamenti, si stava discutendo con grande precisione e serietà e non vi erano, quindi, le ragioni per invocare la parola ostruzionismo.
Come ha detto il nostro presidente, onorevole Tatarella, qui non si tratta di ostruzionismo. Si tratta di difesa delle prerogative del Parlamento, soprattutto in difesa di quel popolo delle partite IVA che viene penalizzato dal provvedimento in discussione. Oggi ci troviamo ormai nella condizione che in questo Parlamento è avvenuta una trasformazione in «votificio», perché in Commissione si discute poco e in tempi limitati sui decreti-legge, si passa dalla Commissione all'Assemblea e quando ci si deve confrontare con precisi emendamenti, che vengono presentati dall'opposizione per migliorare il provvedimento, come in questo caso - e gli ordini del giorno su cui stiamo prendendo posizione in questo momento lo dimostrano - il Governo pone la questione di fiducia. È un Governo che ha già raggiunto la trentesima posizione della fiducia: un record che porta ad un voto di fiducia ogni quindici giorni.
Noi parliamo oggi, nel nostro preciso diritto di opposizione, soprattutto al popolo che ci ascolta, che purtroppo non è molto perché anche i mezzi di comunicazione non sono diretti a noi, non sono attenti a quello che noi facciamo; ma riteniamo che le categorie che vengono colpite in modo particolare da questo provvedimento comprendano per intero la sostanza della nostra battaglia. Questo decreto-legge poteva non essere presentato. L'azione di allineamento delle aliquote dell'IVA, che secondo la relazione del Governo è voluta dalle disposizioni comunitarie, poteva essere rinviata, perché per adattarci a tali disposizioni vi è circa ancora un anno di tempo.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Selva, ma devo rivolgermi ad alcuni colleghi:


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poi vi offendete se vi richiamo all'ordine, ma non potete dare le spalle alla Presidenza.

GUSTAVO SELVA. Onorevole Presidente, ormai è un'invocazione retorica quella del Presidente del Consiglio rispetto all'ingresso dell'Italia nell'unione monetaria - che vogliamo al pari della maggioranza, se non in misura superiore -, è un pretesto per far passare altre cose. In questo caso per anticipare gli incassi dell'IVA, per allinearci con il famoso parametro del 3 per cento, necessario appunto per l'ammissione all'unione monetaria. È un trucco, non una necessità, di cui il Governo si è avvalso per poter uniformare le proprie aliquote, cosa che noi critichiamo perché riteniamo che colpiscano il popolo delle partite IVA, i produttori, chi è capace - lo constatiamo in questi giorni a proposito delle quote latte - di far crescere attraverso una maggiore produttività, non mediante l'imposizione fiscale voluta dal Governo, il nostro diritto ad entrare nell'unione monetaria.
Abbiamo compiuto questa azione, e la sottolineiamo con forza di fronte all'opinione pubblica, perché sentiamo di vivere un momento di svolta nella vita politica e parlamentare del paese. Se non avessimo fatto questo forte, solenne, alto richiamo al senso del valore dell'opposizione ed a quello della libertà che l'opposizione ha di porsi quale elemento propulsivo ai fini del miglioramento della produzione legislativa, avremmo mancato ad un preciso ed articolato dovere.
Mi auguro che non ci sia più il bisogno di ricorrere a questo strumento del quale vogliamo fare solo un uso legittimo, ma era necessario che il Governo fosse messo di fronte al tribunale della democrazia - lo diciamo forte -, perché non vi era alcuna necessità, alcun bisogno, alcuna urgenza di porre la questione di fiducia. Signor Presidente, oso dire che a questo punto avremmo già votato sul decreto-legge...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Selva, perché il suo tempo è abbondantemente terminato.

GUSTAVO SELVA. Sì, signor Presidente. Questo è il segno del dovere che vogliamo richiamare di fronte ad una opinione pubblica distratta, ma...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Selva.
Constato l'assenza dei deputati Nuccio Carrara, Tosolini, Trantino e Tremaglia che avevano chiesto di parlare; si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tringali. Ne ha facoltà.

PAOLO TRINGALI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, intervengo sugli ordini del giorno presentati dal gruppo di alleanza nazionale e da tutti i gruppi di opposizione sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti (Scambio di apostrofi tra i deputati Cè e Foti).

PRESIDENTE. Onorevole Cè, la richiamo all'ordine per la prima volta. La prego di non farsi espellere.

ALESSANDRO CÈ. Gli insulti in aula non si danno; allora richiami Foti prima di me.

NICOLA BONO. Ma ti sei bevuto il cervello?!

PRESIDENTE. La prego di continuare, onorevole Tringali.

PAOLO TRINGALI. È stato reiteratamente sottolineato come improvvidamente il Governo abbia ritenuto opportuno percorrere ancora una volta la strada del decreto-legge anziché quella naturale del disegno di legge, che avrebbe dato modo al Parlamento di esprimersi compiutamente sulla materia, senza la pressione che necessariamente esercita il tempo


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limitato ai canonici sessanta giorni, i quali costituiscono la causa scatenante della richiesta della questione di fiducia. Anche questo strumento, peraltro, è stato trasformato dall'attuale Governo in un meccanismo utile solo per superare le difficoltà di qualsiasi genere che intervengono nell'iter dei vari provvedimenti...

PRESIDENTE. Onorevole Bono, sia così gentile da non dare le spalle alla Presidenza.
Prego, onorevole Tringali.

PAOLO TRINGALI. Questo è il motivo che in soli diciotto mesi ha indotto il Governo Prodi ad apporre la questione di fiducia per 27-28 volte. Suggerirei all'onorevole Prodi di non continuare con questo ritmo perché potrebbe accadergli di fare una grossa indigestione; potrebbe finire come alcuni di quei palloncini che i nostri lavoratori della terra espongono davanti al Parlamento, tentando di smuovere con la loro presenza continuata da diversi giorni questo Governo, spingendolo ad interessarsi dei problemi reali della nazione, anziché fare pasticci.
Tornando al provvedimento, ci sono certamente molte considerazioni da fare ed in queste ultime ore ne sono state illustrate tantissime; spero quindi di non ripetere quanto già esplicitato dai colleghi. C'è però un momento importante, purtroppo negativo, da tenere presente: mentre il Governo, con il decreto-legge n.328, afferma di voler procedere ad una semplificazione del sistema e degli adempimenti fiscali, altro non fa che stringere ancor di più la tenaglia fiscale al collo della nostra economia. In questo momento mi viene anzi da evocare il simbolo del torchietto di cui si servì, all'indomani dell'ultimo conflitto, Guglielmo Giannini con il suo Uomo qualunque; si stringe nel torchio questa povera e tartassata economia italiana, spremendo ancora, anche con il provvedimento in esame, migliaia di miliardi che vanno sommati alla cosiddetta manovra di fine anno.
Ancora una volta assisteremo alla falsità di questo Governo che ritiene di prendere in giro l'opinione pubblica italiana parlando sempre di manovrine ed evocando cifre limitate, modeste, portando in conclusione conti maggiorati rispetto alle iniziali previsioni di almeno il 30-40 per cento (credo di essere assai modesto in questa previsione). Tant'è, questo è il modo di governare che da un anno e mezzo delizia il popolo italiano. È infatti assolutamente incomprensibile, per fare qualche esempio, che il Governo non abbia voluto accogliere un ordine del giorno...

PRESIDENTE. Collega, la inviterei a concludere.

PAOLO TRINGALI. Sto concludendo, Presidente; tenga conto delle interruzioni che mi hanno fatto perdere tempo.
Dicevo che è assolutamente incomprensibile che il Governo non abbia voluto accogliere un ordine del giorno che chiedeva di ridurre l'aliquota IVA sui materiali per l'edilizia al fine di aiutare a risolvere la crisi occupazionale del settore. Un altro ordine del giorno prevedeva...

PRESIDENTE. No, la prego vivamente di voler concludere.

PAOLO TRINGALI. Signor Presidente, non credo di aver parlato cinque minuti.

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Berselli, che aveva chiesto di parlare; si intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fabris.

MAURO FABRIS. Signor Presidente, colleghi, bisogna anzitutto iniziare questo intervento ringraziando i presidenti Mussi e Mattarella per la straordinaria occasione che ci hanno dato in queste ore di dibattito alla Camera, l'occasione, cioè, di vedere le opposizioni battersi insieme su due questioni fondamentali per la democrazia in questo paese e per la difesa del sistema economico e produttivo italiano. L'occasione nasce proprio perché non si è voluto dare spazio alle opposizioni per


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intervenire su un tema tanto importante qual è quello del riordino del sistema dell'imposizione sul valore aggiunto nel nostro paese. Non si è voluto offrire la possibilità di realizzare quegli interventi che avrebbero sicuramente potuto migliorare tale sistema. Signor Presidente, mi scusi ma non riesco a parlare in queste condizioni.

PRESIDENTE. Voglia continuare, onorevole Fabris!

MAURO FABRIS. Sì, ma solo se lei mi da modo di parlare, Presidente.

PRESIDENTE. Io ascolto benissimo...!

MAURO FABRIS. Il problema non è di parlare soltanto a lei. Vorrei che anche gli altri colleghi...

PRESIDENTE. Voglia continuare, per cortesia (Commenti)!

MAURO FABRIS. Presidente, scusi, ma quando i colleghi disturbano l'oratore, lei solitamente interviene con rigore...

PRESIDENTE. Onorevole Cè, la richiamo all'ordine per la seconda volta e le ricordo che al terzo richiamo è prevista l'espulsione dall'aula.

ELIO VITO. Così, magari, interrompiamo la seduta!

PRESIDENTE. Onorevole Fabris, vuole continuare a parlare?

MAURO FABRIS. Sì, Presidente, se lei me lo consente. Stavo illustrando la nostra posizione che si concretizza in un parere favorevole sul complesso degli ordini del giorno presentati. Tali ordini del giorno denunciano le carenze di un provvedimento che, colpendo indiscriminatamente i settori economici più diversi di questo paese, compreso il comparto dei servizi, non riesce a selezionare in maniera equa ed intelligente i settori che avrebbero avuto ed hanno bisogno di essere sostenuti ed incentivati. In particolare, il prelievo di 5.200 miliardi di nuove entrate che il provvedimento tende a realizzare rischia di penalizzare in maniera grave settori importanti e strategici del nostro paese.
Vorrei richiamare un solo esempio, che conosco direttamente per aver seguito le questioni dell'edilizia ed i lavori relativi alla nuova legge sul sistema abitativo, in discussione presso l'VIII Commissione della Camera. Mi riferisco, in particolare, all'incremento dell'IVA dal 16 al 20 per cento nel settore dei materiali edili.
Mi riferisco, inoltre, alla scadenza, fissata al 31 dicembre di quest'anno, delle agevolazioni IVA concesse sulle ristrutturazioni straordinarie degli immobili. A partire dal 1 gennaio dell'anno prossimo, l'IVA ritornerà al 20 per cento. Tutto ciò è evidentemente in contrasto con le proposte che questo Governo sta sbandierando da mesi nelle piazze d'Italia con riferimento alla ristrutturazione delle case ed al rilancio del settore edile. Mi chiedo come si possa pensare di discutere in maniera costruttiva la stessa proposta di defiscalizzazione al 41 per cento degli interventi di manutenzione straordinari per le abitazioni, così come saremo chiamati a fare, anzi come stiamo già facendo con riferimento alla legge finanziaria ed al provvedimento collegato, se poi l'aliquota IVA sui materiali edili cresce e, senza pensare ad alcun intervento correttivo, si fa in modo che, a partire dal 1 gennaio prossimo, l'aliquota IVA sulle manutenzioni ritorni al 20 per cento.
Evidentemente, continua la politica dell'annuncio, da parte del Governo, di interventi roboanti, di interventi...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa se la interrompo. Onorevole Melograni, la prego!

MAURO FABRIS. In sostanza, si vorrebbe far credere agli italiani che si tratta di interventi finalizzati a rilanciare settori strategici importanti quali sono quelli legati alla casa ed alle costruzioni.
Teniamo conto anche della proposta del Governo relativa al 41 per cento di


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deduzione fiscale sulle ristrutturazioni, ma pensiamo anche che il 20 per cento di IVA ed il 15 per cento già previsto dalle leggi in vigore per la deducibilità delle spese di manutenzione, di fatto annulli l'effetto positivo della proposta, definita innovativa, contenuta nella finanziaria.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, credo che, nel momento in cui si elaborano proposte di questo tipo, si debba prestare maggiore attenzione. Capisco le esigenze di cassa del nostro paese e comprendiamo la necessità di risanare i conti pubblici, ma non può essere accettato che si continui con questa presa in giro degli italiani, i quali continuano a vivere sulle aspettative create dal Governo ma che nei fatti vedono che si sta procedendo verso la quarta scadenza della cosiddetta proroga degli sfratti senza che la promessa legge di rilancio e di riordino del settore dell'edilizia abitativa...

PRESIDENTE. Onorevole Fabris, il tempo a sua disposizione è termitato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, mi dispiace intervenire con una scarsa capacità vocale, perché vorrei tentare di ragionare su un aspetto che ritengo significativo ed importante: mi riferisco ai diritti fondamentali che un Parlamento democratico deve avere nei rapporti con provvedimenti del Governo che ritengo vitali, significativi, strategici per il futuro dei nostri cittadini.
La questione di fiducia viene posta in ogni occasione da un Governo che non è capace di confrontarsi politicamente soprattutto sulle differenze culturali che ci sono tra i banchi dell'opposizione e i banchi dei partiti di Governo.
In occasione della presentazione di questo decreto-legge avremmo voluto spiegare le nostre ragioni, le ragioni di una parte significativa del paese che non si ritrova esattamente sul modello di vita che ci vogliono imporre con la manovra finanziaria e con provvedimenti sul collegato soprattutto nella materia dei prelievi fiscali. Abbiamo avuto modo di parlare delle differenze culturali e di spiegare che ci troviamo di fronte ad un'operazione non ragionieristica, ma soprattutto di modello di vita. Pensiamo che occorra riportare ricchezza nel nostro paese e dare nuova fiducia alle imprese per consentire l'occupazione. Non possiamo risolvere i problemi esclusivamente chiedendo denaro alla gente, chiedendo provvedimenti drastici e soprattutto non confrontandosi in un libero Parlamento - almeno fino ad oggi -, come è e sarebbe dovuto, su argomenti importanti come quelli produttivi, ma anche quelli, ricordati dal collega Fabris, della politica abitativa, sui quali noi, come centro cristiano democratico, abbiamo posto l'attenzione ormai da diverso tempo. Abbiamo presentato proposte di legge sulla defiscalizzazione dei canoni di locazione, quando vengono chiesti soldi sulla prima casa, quando l'ICI non consente più di essere proprietari di una casa. L'impostazione di questo Governo è soprattutto quella di far pagare tasse e soprattasse, oltre che mutui, a chi ha acquistato una casa.
Noi vogliamo spiegare alla gente, al popolo italiano che le differenze sono sostanziali e che non tutti sono uguali. Su questa base e sulla nostra capacità di stare qui senza reti televisive, senza avere la possibilità di comunicare al paese, ma nella consapevolezza che la nostra è una missione con la quale si vuole evitare che ci sia in questo Parlamento qualsiasi forma di dittatura culturale che impedisca alle opposizioni di manifestare il proprio dissenso e di dare il proprio contributo su argomenti importanti.
Signor Presidente, il Governo Prodi in questa occasione ha presentato provvedimenti a nostro avviso drastici, che vanno contro la cultura del nostro paese, che vengono elaborati nelle segrete stanze probabilmente da qualche architetto della politica finanziaria e che sono al di fuori di qualsiasi forma di ripresa economica, culturale e sociale del nostro paese. Su questo fronte è la nostra opposizione, un'opposizione di identità, che vuole prevalere


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sulla cultura del niente, della non capacità di argomentare il futuro alla nostra comunità nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manzione. Ne ha facoltà.

ENZO CARUSO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ho già dato la parola all'onorevole Manzione. A lei la darò subito dopo. Prego, onorevole Manzione.

ROBERTO MANZIONE. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, il decreto-legge sull'accorpamento delle aliquote IVA rappresenta, ancora una volta, in maniera sintomatica, un chiaro esempio di quello che sarebbe preferibile non fare per risanare i conti dello Stato. Questo Governo, violando ancora una volta le regole partecipative di una sana democrazia e rifuggendo un contraddittorio che, rispetto a ciò che diceva poco fa il presidente Tatarella, è anche interno alla sua stessa maggioranza, ha deciso di continuare nella logica perversa di incremento della pressione fiscale, dimostrando ancora la sua assoluta incapacità nel contenere e controllare la dinamica della spesa pubblica.
Questo modo anomalo di procedere, più volte contestato dal CCD e dalle opposizioni intere, che da sempre indicano la necessità di porre in essere reali interventi strutturali di razionalizzazione della spesa pubblica, allontanerà in maniera irreversibile ogni ipotesi di ripresa occupazionale e produttiva, inducendo sempre più le imprese operanti nel nostro paese, gravate di oneri fiscali e parafiscali ormai insostenibili, a delocalizzare gli insediamenti produttivi trasferendoli in altre nazioni.
A questa logica perversa, imposta con la prevaricazione arrogante che nasce dal binomio, ormai assoluto e inscindibile, decreto-legge uguale fiducia, per fare in modo che non si discuta prima e non si possa discutere dopo, cercano di porre rimedio, per ciò che possono, sulla base della valenza dello strumento legislativo, alcuni degli ordini del giorno presentati e sottoposti all'attenzione dell'Assemblea e che, sostanzialmente, chiedono al Governo di correggere, con misure appropriate, gli effetti inflazionistici legati al pesante ed ingiustificato aggravio delle aliquote IVA.
Cercando di verificare l'esatto contenuto del provvedimento e le fittizie ed artificiose argomentazioni poste a supporto dell'intervento governativo, occorrerà ricordare che, se è vero che la direttiva CEE 92/77 - così come è novellata dall'articolo 12 della direttiva CEE n.77/388 - aveva disposto l'accorpamento delle aliquote IVA al fine di ridurle a tre, una ordinaria e due ridotte, è pur vero che la stessa direttiva consentiva la possibilità di conservare, con una mera norma transitoria, un diverso regime fino al 1998. Se tale assunto è vero - e non può essere smentito giacché supportato da dati normativi precisi ed incomputabili - ne discende, quale logica conseguente, che non esisteva alcuna autentica necessità di intervenire in materia di aliquote IVA e, ancor di più, di intervenire con un decreto-legge. Ma tanto è stato fatto dal Governo...

PRESIDENTE. Onorevole Berruti, quando finirà di dare la schiena alla Presidenza le farò un regalo!

MASSIMO MARIA BERRUTI. Lavoro come lei!

PRESIDENTE. Prego, continui, onorevole Manzione.

ROBERTO MANZIONE. Pensavo, signor Presidente, che si preoccupasse anche del disagio che provocava a chi parla. Comunque...
Ma tanto è stato fatto dal Governo soltanto perché ci si era resi conto che le entrate effettive non si erano dimostrate


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sufficienti a coprire le previsioni per l'intero anno 1997. Infatti, accertate in 370 mila miliardi le entrate a tutto il 30 settembre 1997, occorreva prevedere una manovra simulata che consentisse di raggiungere per la fine dell'anno la previsione pari a 550 mila miliardi, essendo assolutamente impossibile ritenere che senza ulteriori manovre si sarebbero riusciti ad incamerare, negli ultimi tre mesi del presente anno, i 180 mila miliardi che ancora mancavano per coprire le previsioni di cassa.
La tardiva consapevolezza di ciò che potremmo definire come l'ennesimo buco di cassa ha quindi indotto il Governo ad introdurre questa modifica in aumento delle aliquote IVA. Mi corre l'obbligo di ribadire che gli ordini del giorno presentati cercano di attenuare gli effetti perversi di un incremento delle aliquote IVA che rimane ingiustificato quanto ai tempi ed inconferente quanto ad effetti positivi. Dichiaro pertanto il nostro voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dalla nostra parte politica (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

ENZO CARUSO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO CARUSO. Signor Presidente, desidero segnalare un fatto che rende difficoltoso il nostro lavoro di parlamentari e disagiata la nostra permanenza in quest'aula: come lei ben sa, esiste, o meglio esisteva, un pool dattilografico che ci permetteva, in qualche modo, di essere presenti in aula e contemporaneamente di poter fare alcuni lavori attinenti alle nostre competenze di parlamentari. Stranamente, però, cinque minuti fa sono andato nell'ufficio per far battere a macchina un testo e l'ufficio era chiuso: sarà una coincidenza, ma mi sembra strano che, quando l'opposizione è presente in modo massiccio in aula, si vengono a creare queste difficoltà al nostro lavoro.

PRESIDENTE. Assumerò notizie al riguardo e le fornirò una risposta.
Mi consenta, però, con tutta amicizia: il concetto di «massiccio» forse non è del tutto esatto!

ENZO CARUSO. Parlavo di qualità!

PRESIDENTE. Sulla qualità non vi è dubbio, facevo riferimento alla quantità!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ostillio. Ne ha facoltà.

MASSIMO OSTILLIO. Signor Presidente, inizierò il mio intervento sul complesso degli ordini del giorno preannunciando il mio voto favorevole su di essi; lo faccio però con la grande amarezza di chi è convinto di svolgere un lavoro che si traduce spesso in una sorta di fatica di Sisifo, anche perché quello che si fa di giorno durante il nostro lavoro di parlamentari corre il rischio di non servire a nulla. Questo aspetto, d'altro canto, riguarda gli ordini del giorno in genere, in quanto questo strumento parlamentare, a mio avviso, non è tenuto nel dovuto conto da parte del Governo; già in passato, infatti, è capitato, a me personalmente e ad altri colleghi del mio gruppo, di presentare e vedersi approvare alcuni ordini del giorno cui il Governo non ha mai dato applicazione.
Vi sono casi molto eclatanti, direi emblematici di come il Governo abbia in considerazione il lavoro che viene svolto in Parlamento: mi riferisco, per esempio, ad un ordine del giorno votato qualche tempo fa a larga maggioranza, nonostante il parere contrario del Governo, in materia di vendita degli immobili degli enti previdenziali; nonostante l'approvazione a larghissima maggioranza dell'ordine del giorno, dopo soli quindici giorni il ministro del lavoro Treu stabilì regole completamente diverse ed opposte rispetto a quelle che la Camera aveva indicato con un voto su un atto importante, quale riteniamo essere l'ordine del giorno.
Certo, non avrei voluto che finisse così questo dibattito su un decreto così importante, recante disposizioni tributarie urgenti, perché credo che in quest'aula il vero grande sconfitto sia la moderazione.


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Abbiamo, infatti, assistito ad un dibattito molto «muscolare», soprattutto da parte del capogruppo del PDS, e poco c'è mancato perché in quest'aula risuonassero parole che ricordassero le «aule sorde e grigie» di qualche decennio fa. La maggioranza si è esposta ad una critica molto forte con la richiesta del voto di fiducia su questo provvedimento, una richiesta che diventa inutile se si pensa che il nostro lavoro alla Camera si sarebbe probabilmente concluso, nonostante tutto, entro oggi. La maggioranza ha dato prova di assoluta sordità rispetto alle richieste dell'opposizione: è stato detto no a tutte le proposte che avevamo avanzato, ma soprattutto il Governo ha detto no allo stesso programma con cui aveva intrapreso la sua azione qualche tempo fa. Quanto sta realizzando il Governo anche attraverso questo decreto-legge recante disposizioni tributarie urgenti è infatti esattamente l'opposto di quanto l'Ulivo aveva promesso nel corso della campagna elettorale e nei primi mesi di vita del suo Governo. Si parlava di minore pressione fiscale, di ultimi sforzi prima di un periodo molto più felice per le famiglie e per il paese dal punto di vista economico e finanziario, e invece si continua in un'opera colossale di drenaggio anche attraverso strumenti fiscali: basti pensare che questo provvedimento dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 5.700 miliardi. Eppure - come osservava il vicepresidente del nostro gruppo, l'onorevole Manzione, solo qualche minuto fa - la cosa che si sarebbe potuto fare non è stata fatta: la razionalizzazione della spesa pubblica non è nemmeno nell'agenda di questo Governo. Si è depressa in questo modo l'economia del paese e si è tolta speranza di occupazione per i giovani soprattutto nel meridione.
Crediamo che si sarebbe dovuto invece andare verso una adeguata semplificazione fiscale, che è diversa da questa comoda riduzione del numero delle aliquote che in verità non fa altro che determinare un aumento del prelievo fiscale. Dopo l'attacco al ceto medio condotto con le modifiche al sistema pensionistico proposte dal Governo, ci sono ora questi aumenti dell'IVA che in verità deprimono indistintamente le famiglie più povere e le classi medio-alte del paese. (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza Italia).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ostillio.
Constato l'assenza dei deputati Cimadoro, D'Alia e De Franciscis che avevano chiesto di parlare; si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miraglia Del Giudice. Ne ha facoltà.

NICOLA MIRAGLIA DEL GIUDICE. Prendo la parola per esprimere il voto favorevole agli ordini del giorno presentati dal mio gruppo parlamentare. Lo faccio non senza rammarico, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, per questa che ormai sta diventando una consuetudine, ovverosia il porre questioni di fiducia su questioni che dovrebbero attenere alla volontà del Parlamento. E la materia tributaria è una di quelle classiche in cui il Parlamento dovrebbe essere sovrano nell'imporre norme di legge.
Ancora una volta, invece, si è voluto evitare di prendere in considerazione le proposte dell'opposizione, che tende a salvaguardare determinate categorie contro una politica arrogante del Governo, che cerca di comprimere la piccola e la media economia dimenticandosi che le piccole e le medie imprese sono quelle che producono il 60 per cento del prodotto interno lordo e che non possono essere penalizzate con una politica fiscale e tributaria assolutamente incomprensibile.
Non dobbiamo dimenticare che lo Stato italiano va avanti proprio grazie alle attività che il Governo intende invece escludere con disposizioni tributarie che rischiano di cancellare completamente le piccole e le medie imprese. E allora, la ripresa economica di cui tanto si parla, la possibilità cioè che lo Stato si riprenda, come potrà avvenire se si mettono in


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ginocchio proprio coloro che assicurano il 60 per cento del prodotto interno lordo?
L'opposizione stava cercando, attraverso emendamenti tecnici diretti a salvaguardare il complesso di aziende - ripeto - su cui si basa l'economia italiana, di rendere possibile un aggiustamento delle disposizioni tributarie che lacerano il tessuto delle piccole e medie imprese. Il Governo, invece di accettare il consiglio delle opposizioni - visto che nel Parlamento sono rappresentati tutti gli italiani, tra i quali moltissimi hanno votato non per questa maggioranza ma per le forze che siedono sui banchi dell'opposizione -, avrebbe dovuto tener conto delle proposte della minoranza. Al contrario, come purtroppo sta spesso accadendo (è la ventisettesima volta che ciò accade), il Governo ha ritenuto opportuno porre la questione di fiducia, giudicando quindi non più necessario ascoltare l'opposizione e ritenendo di blindarsi in una normativa che va a danno delle piccole e medie imprese, senza il contributo di una parte rilevante del Parlamento, ma soprattutto senza tenere conto degli impulsi che, attraverso i rappresentanti che siedono in Parlamento, provenivano da quella parte del popolo italiano che non aveva votato per la maggioranza, la quale, arrogantemente, ricorre alla questione di fiducia ogni volta che l'opposizione fa sentire la sua voce. Si vuole, dunque, che l'opposizione in Parlamento stia sempre zitta, che non presenti emendamenti, non proponga niente, non protesti mai e ogni volta che lo fa, la maggioranza ricorre - ripeto - al voto di fiducia.
Ci vediamo quindi costretti ad utilizzare una forma che non ci è propria, come l'ostruzionismo parlamentare, per tutelare e rivendicare diritti che, invece, la maggioranza ed il Governo stanno cercando di comprimere a tutti i costi. Ogni qualvolta vi siano posizioni o presentazioni di emendamenti da parte delle opposizioni, il Governo ricorre alla questione di fiducia, e speriamo questa sia davvero l'ultima volta anche se ormai non ci crediamo più, perché così è stato una delle ultime volte. Il Governo, anche su tale questione, che poteva essere risolta in Parlamento, probabilmente senza ricorrere al voto di fiducia ma attraverso sedute notturne (non sedute fiume), poteva arrivare in questa Assemblea alla votazione degli emendamenti e dell'intero articolato. Invece la sua arroganza lo ha portato a ritenere opportuno blindarsi dietro il provvedimento, senza tenere conto per nulla delle opposizioni, senza dare la possibilità a coloro che rappresentano buona parte del popolo italiano, che non ha votato per questa maggioranza, di far sentire la propria voce.
Nel preannunciare il nostro voto favorevole sugli ordini del giorno presentati, ritengo che questo sia il modo migliore per rappresentare - ripeto - quella parte del popolo italiano che non si riconosce nell'attuale maggioranza.
Signor rappresentante del Governo, onorevole presidente del gruppo della sinistra democratica (peraltro intenti a chiacchierare tra di loro), credo che porre la questione di fiducia sia veramente l'ultima delle cose possibili. Noi dobbiamo rappresentare il popolo italiano, il quale non si tutela con il ricorso alla questione di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

ALESSANDRO BERGAMO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ALESSANDRO BERGAMO. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BERGAMO. L'onorevole Caruso le ha posto una domanda in merito al pool dattilografico. Vorrei sapere (non glielo chiedo per perdere tempo) se può fornirci notizie al riguardo.

PRESIDENTE. Mi stanno pervenendo notizie che credo di poterle dare tra circa dieci minuti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Nardo. Ne ha facoltà.


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ANIELLO DI NARDO. Stiamo esaminando il complesso degli ordini del giorno in merito al decreto-legge in discussione, recante disposizioni tributarie urgenti, e che è incentrato prevalentemente sull'aumento delle aliquote IVA.
Il decreto-legge in questione, tra l'altro varato il 1 ottobre di quest'anno per tentare di recuperare un gettito che sembra oscillare tra i 1.500 e i 2 mila miliardi, a fronte della constatazione del minor incasso dell'IVA nei primi sei mesi dell'anno in corso, dovrebbe in teoria recuperare gettito. Se tuttavia l'andamento della congiuntura proseguirà nei termini registrati nei primi sei mesi, questo recupero non ci sarà.
Vediamo allora quali sono gli andamenti della produzione industriale. L'ultimo dato, che si riferisce al periodo gennaio-settembre 1997 rispetto allo stesso periodo del 1996, registra un incremento della produzione industriale dell'1,1 per cento. Vediamo come si articola l'incremento di tale percentuale relativo al periodo gennaio-settembre 1997 rispetto allo stesso periodo del 1996.
I beni finali di consumo crescono del 2,6 per cento, ma i beni finali di investimento decrescono del 4,5 per cento. D'altra parte i beni intermedi crescono dell'1,9 per cento, ma quelli che fanno riferimento ai beni di investimento registrano un calo. Questo vuol dire che l'1,1 per cento in più di crescita della produzione industriale si concentra essenzialmente su beni finali di consumo, mentre non interessa i beni finali di investimento e quelli intermedi riguardanti beni di investimento. Sostanzialmente si aumenta l'IVA, addirittura dal 1 ottobre del 1997, con un effetto stimato in circa 6 mila miliardi nel 1998, in presenza di un andamento della congiuntura economica quanto meno piatto per quanto riguarda i beni di investimento, in parte migliore per quelli finali di consumo, ma molto negativo soprattutto per i beni intermedi e per quelli di investimento rispetto alle attese relative al 1998. È quindi probabile che il gettito IVA nel 1998 non sarà quello previsto.
Queste considerazioni di carattere generale collocano l'aumento dell'IVA nel momento meno opportuno. Gli ordini del giorno proposti tendono ad attenuare tali effetti perversi, privilegiando categorie, beni e servizi particolarmente meritevoli di tutela. Con questi ordini del giorno si vuole impegnare il Governo a varare norme che tengano conto delle grosse penalizzazioni che colpiscono in particolare le imprese turistiche, i proprietari di stabilimenti balneari, le industrie di costruzione e vendita di imbarcazioni da diporto, tutti con un numero enorme di addetti, già colpiti negli ultimi anni da una crisi economica e finanziaria. L'industria delle imbarcazioni è stata già colpita da un aggravio della pressione fiscale che la mette in condizioni di non poter concorrere liberamente, sui mercati nazionali ed internazionali, con prezzi competitivi; l'industria turistica già soffre gli effetti di una crisi dovuta ad un calo generale delle presenze italiane e straniere nei nostri servizi. Si vuole quindi impegnare il Governo a riesaminare l'opportunità delle disposizioni fiscali predette, che sono tali da ridurre o comprimere la libertà di mercato.
Con questo decreto si vuole colpire e penalizzare in modo indiscriminato tutta la piccola e media impresa. Si vuole colpire in particolare la piccola e media impresa del sud, che viene chiamata sempre in causa ma per la ripresa della quale quotidianamente nessuno in questo Governo cerca di fare qualcosa. Mi riferisco alla disoccupazione che ormai nel sud aumenta costantemente.
Il Governo intende soltanto penalizzare chi lavora, chi produce, chi porta nel paese un po' di interesse, un po' di economia, chi dà a tutti i disoccupati un po' di speranza, di futuro, di gioia di vivere (Applausi dei deputati del gruppo del CCD)! Questo Governo continua invece a sostenere il contrario.
Ecco perché voterò a favore di questi ordini del giorno (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Presidente, vorrei prima intervenire sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Vorrei chiedere alla Presidenza di questa Camera se corrisponde a verità o se è uno scherzo un ciclostilato di invito che è in possesso dei giornalisti, che quindi è in distribuzione in questo palazzo, secondo il quale domani alle 17,30, presso il cinema Capranica, ci sarà un incontro dei deputati della maggioranza, presente il Presidente del Consiglio, per stigmatizzare il comportamento dell'opposizione del Parlamento.
Ora, non pretendo che il Presidente del Consiglio assista alle nostre sedute: è noto che non ama stare in Parlamento ed essere fisicamente presente in quest'aula.

PRESIDENTE. Per la verità oggi c'era!

CARLO GIOVANARDI. Sì, qualche volta passa, in maniera fuggevolissima, ma certamente non ama stare tra i parlamentari!
Voglio però chiedere se si tratti di uno scherzo di cattivo gusto, se cioè quanto circola sia una piccola provocazione (siamo stati qui tutta la notte, può darsi che qualcuno sia in vena di goliardate), o se corrisponda a verità.

PRESIDENTE. Assumerò notizie, onorevole Giovanardi, e le riferirò.
Poiché aveva già preso la parola con una certa vigoria, intervenga pure per dichiarazione di voto.

CARLO GIOVANARDI. Nel merito della questione, Presidente, noi cristiano-democratici pensiamo che il decreto di cui parliamo sia di estrema importanza, talmente importante che ritenevamo un dovere dei parlamentari dell'opposizione il migliorarlo, confrontandoci con la maggioranza e tentando, nella dialettica democratica, di far passare emendamenti che cambiassero la direzione di marcia rispetto a quella che il Governo sta tenendo con la tassa sull'Europa (un gravame pesante sui cittadini e sulle famiglie) e con l'IRAP.
Quando noi dell'opposizione dicevamo che l'IRAP era sbagliata, sembrava che fossimo prevenuti; ora i popolari e le categorie produttive dicono che è non sbagliata ma sbagliatissima, e quindi accusano sostanzialmente Visco di essere un incapace. Ma l'IRAP è un altro strumento che grava le imprese italiane con oneri superiori a quelli del passato.
Oggi abbiamo 5 mila miliardi di inasprimenti dell'IVA, quindi alla fine si tratta di altri soldi sottratti dalle tasche delle famiglie italiane. Abbiamo la logica dell'anticipo delle imposte, del drenaggio di denaro dalle famiglie per le imprese; abbiamo però anche rinvii di spese. Le stesse imprese, le stesse famiglie non hanno i rimborsi dell'IVA, non hanno i rimborsi dell'IRPEF; al nord ci sono centinaia, migliaia di aziende che rischiano di fallire perché lo Stato non rende loro le somme dovute. Lo Stato ed il Tesoro non restituiscono le somme che da anni le imprese devono avere, ma non per sbaglio: per far finta che il deficit di bilancio non superi il 3 per cento del PIL, non pagano quello che devono pagare. Si verificano quindi ritardi nei pagamenti.
Queste cose non le dico io (per la verità, le avevamo già dette un mese fa quando finalmente ci sono pervenuti i dati della trimestrale di cassa); le ha affermate il professor Giavazzi sulla prima pagina del Corriere della Sera una settimana fa, accusando formalmente il Tesoro ed il Governo di barare sul bilancio e sul risanamento.
Ora, questo provvedimento aggrava la situazione. Ecco un'altra imposta sui cittadini, ecco un'altra scelta non strutturale, perché non si tocca nulla di quello che Prodi aveva detto ripetutamente che si doveva toccare. Prodi è un recordman delle bugie elettorali e prelettorali: attaccò il Governo Berlusconi dicendo che la


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riforma pensionistica era troppo debole, che occorreva una riforma più radicale; ha incaricato una commissione di procedere alla riforma dello Stato sociale e questa ha presentato i suoi lavori che sono finiti in un cassetto, per cui nulla è stato attuato di quello che il Governo aveva indicato. L'esecutivo continua ad adottare provvedimenti tampone di questo tipo.
Si pretende, da parte della maggioranza, che l'opposizione contribuisca, con il suo silenzio, a commettere questi errori. Noi non possiamo contribuire. Noi certo, con responsabilità, lunedì avevamo detto che ci saremmo limitati ad illustrare e a votare i nostri emendamenti, senza alcun intento ostruzionistico. Onorevoli colleghi, lo ripeto forse per la terza volta in quest'aula: se 65 minuti di discussione e 14 emendamenti approvati, uno ogni quattro minuti, vengono dal Governo indicati come ostruzionismo, ciò vuol dire che questo Governo non sa cosa sia la democrazia, o peggio, vuole soffocare la democrazia in quest'aula. E se è vero quello che dicevo prima, cioè che il Presidente del Consiglio ha annunciato la sua presenza non in Parlamento, non in aula, non nelle sedi istituzionali, ma in una manifestazione «di partito» (lo dico fra virgolette) fuori dall'aula del Parlamento, per attaccare in qualità di capo del Governo l'opposizione che in Parlamento sta facendo il suo dovere, all'interno delle regole di un libero Parlamento, vuol dire che veramente nella storia d'Italia per la prima volta abbiamo sovvertito le regole di una maggioranza e di governi che sempre hanno rispettato il ruolo dell'opposizione. Al limite nella storia di questa Repubblica erano le opposizioni ad aggredire il Governo, anche in maniera virulenta. Ma mai chi ha avuto la responsabilità di Governo e di maggioranza in questo paese ha pensato di «bypassare» il Parlamento e le istituzioni per fare manifestazioni come quelle che si annunciano domani, per lanciare direttamente al paese un appello che scavalchi il Parlamento, per cercare di demonizzare e di squalificare un'opposizione che non solo sta facendo il suo dovere, ma che sta difendendo le prerogative del Parlamento. Queste ultime sono state così gravemente lese lunedì con la trentesima richiesta di un voto di fiducia e sono state di nuovo lese oggi, quando con la decisione assunta in merito al question time è stato impedito non a noi parlamentari, ma ai cittadini italiani di conoscere, attraverso la diretta televisiva, l'opinione del Governo non su questioni secondarie, ma sulle quote latte (ci sono migliaia di coltivatori impegnati in una durissima lotta sindacale ed il Governo non ha risposto), sulle questioni siciliane, sulla procura di Palermo, sui carabinieri. Ebbene, anche questo è stato cancellato e quindi ancora una volta anche su questo piano il Parlamento è stato umiliato.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Giovanardi.

CARLO GIOVANARDI. Ho concluso (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi, commosso, ringrazia!

PAOLO COLOMBO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO COLOMBO. Mi rendo conto che l'intervento dell'onorevole Giovanardi meritava questo applauso!
Molto sinteticamente, già prima ero intervenuto e lei non aveva saputo darmi una risposta su questo argomento: visto che i lavori sembrano procedere in modo più spedito rispetto a quanto preventivato, vorrei chiederle se non ritenga opportuna una sospensione tecnica, anche perché il personale è molto provato e le chiederebbe un momento di pausa.

PRESIDENTE. Personalmente non la ritengo opportuna.


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TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa?

TEODORO BUONTEMPO. A norma degli articoli 40 e 41 del regolamento, e anche per fatto personale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Ho appreso, qualche minuto fa, che domani ci sarebbe una manifestazione nei pressi della Camera, alla quale parteciperebbe il Presidente del Consiglio. Una manifestazione...

DANIELE ROSCIA. (Sedendosi sui banchi del Governo) Il Governo della Padania!

PRESIDENTE. La richiamo all'ordine per la prima volta.
Prego, onorevole Buontempo.

TEODORO BUONTEMPO. Una manifestazione che, secondo queste notizie giornalistiche, sarebbe promossa dalla maggioranza, partecipante il Presidente del Consiglio, contro il lavoro che svolgono i deputati dell'opposizione.

DOMENICO GRAMAZIO. È gravissimo!

TEODORO BUONTEMPO. Se questa notizia fosse vera, sarebbe gravissimo. Se il Presidente del Consiglio ha da dare delle comunicazioni, basta chiedere alla Presidenza per darle nell'aula, in Parlamento, non in piazza (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia, del CCD e della lega nord per l'indipendenza della Padania)! Mi sento offeso!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Concludo. Se questo fosse vero, il Presidente del Consiglio offenderebbe me e tutti i parlamentari, non solo dell'opposizione, ma anche della maggioranza, perché rappresenterebbe un'accusa di paralisi dei lavori parlamentari quando invece noi legittimamente, secondo regolamento, svolgiamo la nostra funzione a tutela di molte categorie che secondo noi rischiano, dopo l'approvazione di questo provvedimento, di entrare in profonda crisi.
In conclusione, nel caso in cui questa manifestazione si tenesse - vedremo tra poco le agenzie di stampa - chiedo che il Presidente del Consiglio venga in aula a riferire, qualora avesse dato il suo assenso alla manifestazione. Ne va di mezzo la libertà del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia, del CCD e della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

DANIELE ROSCIA. Subito!

ALFREDO BIONDI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO BIONDI. Signor Presidente, quanto ha detto poco fa l'onorevole Buontempo, se fosse vero, sarebbe molto grave. Non credo si sia mai verificata nella storia del Parlamento, almeno da quando sono in quest'aula (e non è da qualche anno), la partecipazione del Presidente del Consiglio ad una manifestazione pubblica nella quale sono messi in discussione il diritto, la facoltà e la dignità del Parlamento di dibattere come, dove e quando vuole (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia, del CCD e della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PIETRO ARMANI. Bravo!

ALFREDO BIONDI. È molto grave. Non si tratta di un problema di divisione tra noi. Sono stato qui tanto tempo, anche quando le opposizioni e le maggioranze erano diverse; sono stato qui quando gli animi erano molto accesi, quando i sentimenti e le reazioni erano diverse a seconda anche delle ideologie di allora,


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che qualche volta si fa fatica a rivedere in quelle di oggi con la correzione sopravvenuta e con le integrazioni che si sono verificate. Si fa fatica a ricordare un episodio - se fosse vero - nel quale chi rappresenta l'esecutivo si pone, da parlamentare quale è, contro il Parlamento della Repubblica che fa il suo dovere. È una cosa gravissima, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia, del CCD e della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Signor Presidente, ci sono cose sulle quali possiamo discutere e sulle quali possiamo avere fortissimi motivi di contrasto, ma credo che ognuno di noi sia qui, pro quota, titolare di un diritto inalienabile che ci viene assegnato dalla fiducia di chi ha voluto in noi riconoscere le proprie speranze, le proprie aspirazioni e i propri diritti.
Noi abbiamo il dovere di segnalare alla Presidenza un fatto come questo. La Presidenza è fatta di diversi soggetti, che nel tempo possono rappresentare questa o quella formazione politica che si avvicenda. Io ho avuto l'onore di essere Vicepresidente di più Presidenti di parti diverse dalla mia: ho avuto sempre l'orgoglio di rappresentare in quelle occasioni ciò che il Parlamento rappresenta nella sua continuità (Applausi dei deputati dei gruppi forza Italia e alleanza nazionale) come sta facendo lei, come ha fatto ieri sera l'onorevole Petrini fino alle cinque del mattino, il dovere di rappresentare l'unità delle diversità. Il Parlamento è l'organizzazione del dissenso e se non si permette al dissenso di esprimersi qui, allora vuol dire che si vuole soffocare il dissenso e quando si soffoca il dissenso non c'è più libertà (Applausi dei deputati dei gruppi forza Italia, alleanza nazionale, CCD e lega nord per l'indipendenza della Padania - I deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania scandiscono: Libertà! Libertà! Libertà! - Il deputato Roscia sventola un fazzoletto verde).

PRESIDENTE. Onorevole Roscia, la richiamo all'ordine per la seconda volta.

DANIELE ROSCIA. Ma lei ce l'ha con me!

PRESIDENTE. Onorevole Roscia, non si faccia cacciare fuori, per piacere.

DANIELE ROSCIA. Mi richiami per la terza volta: vediamo se mi caccia fuori.

PRESIDENTE. L'onorevole Biondi sta facendo un discorso serio.
Prego, onorevole Biondi.

ALFREDO BIONDI. No, non è serio, è triste. È un discorso triste, signor Presidente, quando dobbiamo dire queste cose Io mi auguro che non sia vero; la prego, Presidente, di fare tutti gli accertamenti e spero, dentro di me, che l'onorevole Prodi abbia altre cose da fare. Ne ha tante da fare, ne ha molte da dire e molte da apparire, più che essere. È un personaggio il quale non ha mai avuto molta simpatia per questo Parlamento. È venuto più di una volta a darci delle impostazioni di carattere paternalistico, come se qui dovessimo prendere ordini invece che svolgere, a seconda delle rispettive funzioni, compiti che appartengono alla sovranità popolare di cui siamo titolari.
Bene, signor Presidente, lei è un uomo di diritto ed io sono convinto che non potrà, dentro di sé, che darmi ragione. Mi auguro che anche gli amici della maggioranza... Io non ho nemici in quest'aula, non ne ho mai avuti e non ne avrò mai. Ho avuto motivo di avere contestazioni anche forti quando sedevo su quei banchi ed ho accettato le critiche...

PRESIDENTE. La prego, onorevole Biondi, lei che è Vicepresidente. Il tempo è ampiamente terminato.

ALFREDO BIONDI. Il tempo è galantuomo e mi auguro che i Presidenti siano galantuomini come il tempo. Questo è quello che mi auguro! (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi forza


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Italia, alleanza nazionale, CCD e lega nord per l'indipendenza della Padania - Molte congratulazioni).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, su questo argomento assumerò informazioni e riferirò al Parlamento, ma non intendo consentire ora lo svolgimento di un dibattito.

MAURIZIO GASPARRI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Desidero formulare una domanda precisa, parlando ai sensi dell'articolo 83 del regolamento, perché poco potrei aggiungere a quanto hanno detto il collega Buontempo ed il collega Biondi, quest'ultimo con l'autorevolezza che gli deriva non solo dalla presenza per diverse legislature nell'Assemblea parlamentare, dall'esperienza, dalla credibilità, ma anche dal suo rango di Vicepresidente.
Il Governo ha avuto modo di esprimersi, ai sensi dell'articolo 83, in discussione generale, con la sua replica: questo è il ruolo del Governo. Il Governo può poi esprimere il suo parere sugli ordini del giorno. Noi non stiamo facendo nulla che vada contro il regolamento, quindi vorremmo sapere dal rappresentante del Governo presente in aula, che non conosco...

PRESIDENTE. Abbiamo forse due testi diversi. Vogliamo vedere se concordiamo almeno sul testo? L'articolo 83 che io ho davanti agli occhi parla di altre cose.

MAURIZIO GASPARRI. Io ne ho uno forse diverso. Forse me lo hanno cambiato, perché il Governo cambia anche il regolamento all'insaputa dell'opposizione.

PRESIDENTE. No, onorevole Gasparri. Quello che ho io prevede che: «La discussione sulle linee generali...

MAURIZIO GASPARRI. ...di un progetto di legge (...): leggiamolo, leggiamolo.

PRESIDENTE. No, non perdiamo il tempo inutilmente, onorevole Gasparri. Qui non c'è nessuno che ha voglia di prendere in giro, motivo per cui lei cortesemente esprime il suo parere.

MAURIZIO GASPARRI. Chiaramente il comma 1 recita: «La discussione sulle linee generali di un progetto di legge consiste negli interventi dei relatori...

PRESIDENTE. Dove?

MAURIZIO GASPARRI. Leggo l'articolo 83 del regolamento che ho trovato qui sui banchi. L'ho trovato qua, non me lo sono portato da casa! (Commenti). È il regolamento della Camera che all'articolo 83, comma 1, stabilisce: «La discussione sulle linee generali di un progetto di legge consiste negli interventi dei relatori per la maggioranza e di quelli di minoranza...» eccetera, mentre al comma 3 sancisce che «I relatori e il Governo possono replicare al termine della discussione»: non c'è scritto che replicano al cinema Capranica come Ceausescu in Romania! Questo non è scritto nel regolamento! (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale, di forza Italia, della lega nord per l'indipendenza della Padania e del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Follini. Ne ha facoltà.

MARCO FOLLINI. Presidente, vi è un ostruzionismo del Governo verso il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di forza Italia, di alleanza nazionale, della lega nord per l'indipendenza della Padania) che la manifestazione al cinema Capranica esprime in tutta la sua capacità di intimidazione.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi, la prego di non dare le spalle alla Presidenza.

MARCO FOLLINI. Non credo che nella storia parlamentare si sia verificato un aventinismo della maggioranza.


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PRESIDENTE. Onorevole Selva, la richiamo all'ordine.

MARCO FOLLINI. La manifestazione di domani somiglia molto ad una specie di deriva plebiscitaria: sarà l'effetto Di Pietro, ma si è affermata una concezione sbrigativa e decisionista della democrazia e delle procedure decisionali espressa chiaramente dalla manifestazione di domani che si terrà a pochi passi da qui, cioè a poca distanza dall'aula dove i deputati dell'opposizione compiranno - per come possono e gli è consentito - il proprio dovere.
Aggiungo che si registra una disparità di informazione che rischia di essere ancora più accentuata domani, dallo svolgimento della manifestazione preannunciata.
L'onorevole Giovanardi nella Conferenza dei capigruppo di questa mattina ha sottolineato taluni aspetti della diversità cui ho accennato. Io aggiungo che, dopo aver lavorato fino alle 5 del mattino, insieme con molti colleghi che hanno dedicato la nottata all'esame del decreto-legge n.328, mi sono imbattuto in un telegiornale nel quale sono state date parecchie notizie diverse, dal ritrovamento della signorina Di Sarno - così mi pare si chiami - al terremoto in Indonesia e ad altre ancora -. Per la verità, mancava la notizia della visita dell'onorevole D'Alema alla Ferrari, per la banale ragione che l'onorevole D'Alema non si è recato a Maranello a provare la Ferrari, ma se ci fosse andato avrebbe avuto dal telegiornale un trattamento di grande riguardo e attenzione, sicuramente maggiore di quello dedicato al lavoro parlamentare di queste ore.
Probabilmente domani questa disparità sarà ancora più accentuata perché siamo in presenza di un evento che è di per sé una notizia, e che nel gioco virtuale in cui siamo tutti avvitati, servirà al Governo e alla maggioranza per creare una tribuna da cui parlare all'opinione pubblica con una autorevolezza maggiore - ma apparente - rispetto al lavoro parlamentare. Tutto ciò è inaccettabile perché è evidente che siamo di fronte agli ingredienti di una sorta di deriva plebiscitaria contro la quale vi deve essere l'impegno collettivo dell'intera istituzione parlamentare, non solo delle forze di opposizione.
Voteremo a favore degli ordini del giorno, come hanno preannunciato i colleghi che mi hanno preceduto, alla luce di una serie di contestazioni di merito sul provvedimento che siamo chiamati ad esaminare in tempi forzati e contingentati. Ieri gli onorevoli Peretti e Volonté, intervenendo nel dibattito, hanno indicato alcune delle ragioni della nostra contrarietà. Vorrei ricordare un passaggio delle considerazioni che i miei colleghi hanno svolto per sottolineare che non c'è in questo decreto nessuna ragione di ancoraggio all'Europa; la sfida europea, come è stato detto, viene addotta per introdurre diciotto provvedimenti delegati che riformano globalmente il sistema fiscale, con un fine non dichiarato che è quello di attuare un'ulteriore manovra finanziaria. Il Governo batte cassa e l'unico modo per garantirsi introiti sicuri è quello...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole collega (Commenti).

PAOLO COLOMBO. Ha parlato solo tre minuti!

GIOVANNI FILOCAMO. Chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FILOCAMO. Vorrei sapere, signor Presidente, se poi si sia informato se anche noi, cattivi e indegni componenti del Parlamento, possiamo usufruire dell'ausilio del personale dattilografico, i cui locali adiacenti all'aula oggi sono chiusi.

PRESIDENTE. Le posso dire che vi è un ordine di servizio del Segretario generale che risulta del seguente tenore: «Per far fronte alle straordinarie esigenze funzionali derivanti dallo svolgimento senza interruzioni dei lavori dell'Assemblea, dispongo l'immediata assegnazione all'Ufficio


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del resoconto per l'attività di resocontazione sommaria dei consiglieri Gentile, Placanica, Zotta, Di Filippo, Polverari. L'assegnazione avrà termine con la conclusione della seduta continuata. Per il medesimo periodo il personale assegnato al centro copia per i deputati presterà la propria collaborazione al Servizio stenografia, sospendendo il turno ordinario nei locali adiacenti all'aula, ma assicurando comunque l'espletamento delle richieste urgenti da parte degli onorevoli deputati». Questo è tutto quello che le posso dire.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Presidente, non voglio assolutamente far perdere tempo. Le porrò in pochi secondi semplicemente una richiesta formale, quando avrà giustamente smesso di telefonare (Commenti)... Un attimo, anche il Presidente ha diritto di telefonare; intanto facciamo passare un messaggio pubblicitario a favore del Governo, magari sulla rottamazione!
Non voglio far perder tempo, ruberò solo pochi secondi. Abbiamo appreso la notizia della manifestazione di domani; le pongo, Presidente, cortesemente ma correttamente una domanda. Domani tutti i giornali e soprattutto la televisione parleranno a lungo di questa manifestazione: che idea potranno farsi gli italiani dei 250-300 deputati che sono qui a discutere da molte ore e continueranno ad intervenire? Le chiedo formalmente se non ritenga corretto chiedere, tramite la Presidenza della Camera, che da questo momento in poi i lavori che si svolgono in quest'aula siano ripresi in diretta televisiva dal servizio pubblico, in modo da informare i cittadini di che cosa effettivamente stia succedendo. Penso che a quel punto anche l'ostruzionismo, se vogliamo definirlo così, sarebbe più ridotto; perlomeno potremmo parlare a persone che ci ascoltano, non ai banchi praticamente vuoti della controparte (fatta eccezione per alcuni cortesi ascoltatori); si darebbe in questo modo veramente un'informazione pubblica e decente su che cosa stia avvenendo in quest'aula e sul motivo per cui la maggioranza intende, giustamente o non giustamente (non sta a me dirlo), fare una manifestazione a 200 metri da qui.
È una richiesta formale alla quale vorrei potesse dare una risposta cortese...

PRESIDENTE. Che io non ho...
Onorevole Fino, potrebbe essere così cortese da non leggere in piedi con un giornale dispiegato? Ricorda come si faceva a scuola quando si leggeva sottobanco?
Riferirò subito al Presidente della Camera, che ha l'autorità per poterlo fare (non io).
Constato l'assenza del deputato Fronzuti che aveva chiesto di parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Barone.

GIUSEPPE DEL BARONE. Signor Presidente, signor Governo assente, mi complimento di cuore con il collega Zacchera, del quale vorrei davvero che fosse premiato il feroce ottimismo. Il collega, infatti, ha formulato una richiesta che, qualora si concretizzasse, corrisponderebbe sicuramente - ne ho la certezza matematica - ad una ricrescita dei miei capelli. In realtà, prevedo impossibile sia l'una sia l'altra cosa.
Nello stesso tempo, facendo mia un'espressione utilizzata dall'ottimo onorevole Biondi, quella riferita alla tristezza della dichiarazione, osservo che, vista la posizione della questione di fiducia di ieri e visto ciò che dovrebbe accadere domani, mi pare sia il caso di dire che, con questo Governo, al peggio non vi è mai fine. Si tratta di una considerazione che formulo in maniera non polemica ma - ripeto - in modo convintamente triste.
Mi pare quasi ovvio sottolineare di essere favorevolissimo a tutti gli ordini del


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giorno. In verità, avrei voluto dichiararmi favorevolissimo a tutti gli emendamenti, ma la cosa mi è stata proibita per una volontà - diciamo - negativa ma superiore.
Il concetto della negatività è legato ad una fiducia richiesta in termini che mi permetterei di definire spregiudicati ed allegri. Del resto, «vuolsi così colà dove si puote (...) e più non dimandare» (Commenti del deputato Gasparri).

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, una citazione di Dante è sempre ammessa: dà cultura!

GIUSEPPE DEL BARONE. L'ho voluta citare in originale, signor Presidente. Il «vuole» ed il «puote» mi andavano perfettamente bene, ma certe cose o sono o non sono, come il coraggio di Don Abbondio...!
Sulla vicenda dell'IVA, ho una radicata, violenta, convinta - mi si consenta la cacofonia - convinzione, cioè che se il Governo avesse preferito la tematica dei fatti e non quella delle parole, l'aliquota IVA avrebbe dovuto, a mio avviso, essere diminuita e non aumentata. In questa Italia dove scioperano gli aerei ed i treni, dove la disoccupazione è imperante, dove, con la prossima finanziaria la spesa sanitaria salirà ipoteticamente a 106 mila miliardi (ma si dimentica di dire che non saranno dati 3 mila miliardi che le regioni hanno accumulato come deficit), in questa Italia che gronda negatività, con l'aumento dell'IVA si colpiscono semplicemente le posizioni delle piccole e medie imprese, si colpisce la politica del mattone, si colpiscono, insomma, quelle poche cose che in Italia potevano andar bene: l'edilizia, la piccola impresa, l'artigianato, la possibilità di creare scuole di bottega al fine di creare una barriera alla disoccupazione. L'obbedienza, che nel campo della rottamazione abbiamo constatato essere cieca, pronta ed assoluta, perché si è voluta ascoltare la voce del padrone - non mi riferisco ad una nota marca di dischi - da quest'altro versante si è invece tramutata in negatività più assoluta, arrivando a distruggere quello che avrebbe dovuto rappresentare il ganglio della vita italiana.
A queste negatività si aggiunge l'ulteriore negatività dell'indotto, aspetto che, in un margine di tempo molto breve, l'Italia e gli italiani pagheranno in termini estremamente precisi.
In conclusione, Presidente, anche per cercare di portare un sorriso in una discussione estremamente pesante, vorrei citare un apologo, che mi permetterei di adattare al nostro Governo. L'apologo è riferito alla vicenda di una madre - se me lo consente, in questa figura identificherei il Governo, pur escludendo le positività proprie delle madri - la quale, mentre osservava il figliuolo che marciava insieme ai suoi commilitoni dopo aver giurato fedeltà alla patria, si rivolse ad una signora che le era accanto, dicendo: «Guardi come marcia bene il mio figliuolo: peccato che gli altri 999 non portino il passo». Se me lo consente, signor Presidente, io e gli amici del mio gruppo ci identifichiamo nei 999 che non portano il passo perché il non portare il passo è l'unica maniera per tutelare gli interessi dell'Italia e degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).

GIANFRANCO CONTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Desidero chiedere un chiarimento. Come lei sa, le Commissioni sono state sconvocate, però non è stato modificato il termine per la presentazione degli emendamenti che, per esempio, alla Commissione finanze scade alle ore 20. Se siamo qui in aula, non abbiamo la possibilità di presentare emendamenti, che peraltro dovrebbero essere discussi all'inizio della prossima settimana.
Vorrei quindi che sollecitasse il Presidente e i presidenti di Commissione ad aggiornare il termine per la presentazione degli emendamenti.


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PRESIDENTE. Avvertirò subito i presidenti di Commissione di questa esigenza, anche perché alla Commissione bilancio tale termine è stato spostato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nocera. Ne ha facoltà.

LUIGI NOCERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame è stato presentato come un provvedimento di riordino delle aliquote IVA, ma rappresenta realmente solo un inasprimento fiscale. Noi del gruppo del CCD siamo certi che si sarebbe potuto scegliere un altro modo per raggiungere l'obiettivo prefissato, cioè garantire i 5.800 miliardi per l'anno 1998.
Nel corso della discussione sulle linee generali è emersa la volontà del Governo di onorare le direttive emanate dall'Unione europea che prevedono il passaggio di alcune aliquote dal 4 al 10 per cento, dal 4 al 20 per cento e dal 16 al 20 per cento. Ciò soprattutto nei settori tessile, calzaturiero e agricolo, che rappresentano gran parte del sistema produttivo ed occupazionale del nostro paese. Di fatto si finisce col penalizzare drammaticamente la piccola e media impresa e soprattutto il Mezzogiorno d'Italia che ha un alto indice di disoccupazione: mi riferisco in particolare alla regione Campania dove la disoccupazione giovanile raggiunge il 66 per cento. Sarebbe necessario uno scatto di orgoglio anche da parte dei parlamentari della maggioranza rispetto ad una situazione che si fa sempre più drammatica.
Il Governo dovrebbe impegnarsi con sollecitudine ad assumere provvedimenti che rimuovano al più presto la grave situazione dei rimborsi IVA, evitando così la crisi finanziaria di piccole e medie imprese operanti sul territorio nazionale. Invece, il Governo non solo ha dimostrato la sua scarsa capacità nell'esaminare la dinamica della spesa pubblica, ma ha di fatto introdotto nuove misure di inasprimento fiscale, iniziando con l'eurotassa e finendo con l'IRAP. In questi giorni stiamo osservando come anche il settore agricolo si scagli contro questa tassa iniqua.
Il gruppo del centro cristiano democratico più volte ha contestato le scelte del Governo, cercando di indicare la necessità di assumere posizioni concrete nell'ambito degli interventi strutturali di razionalizzazione della spesa pubblica.
Con l'approvazione di questo provvedimento, la ripresa occupazionale sarà irrimediabilmente compromessa e le imprese operanti nel paese continueranno ad essere sempre più oppresse da oneri fiscali ormai al limite della sostenibilità.
Siamo molto distanti da questa impostazione voluta dal Governo. Noi vogliamo liberare le imprese, vogliamo rendere più chiaro e nitido il sistema fiscale e, soprattutto, dare nuove strategie di lavoro che possano finalmente far nascere nuove produttività.
Il centro cristiano democratico ribadisce il proprio impegno per interventi di tipo diverso che abbiano il fine di risanare i nostri conti pubblici: interventi di razionalizzazione della spesa, interventi strutturali e non interventi effimeri e di corto respiro come quelli che siamo stati e siamo chiamati a votare. Sono pertanto fermamente contrario all'impostazione complessiva del Governo, poiché questa è destinata ad ingessare e non a dare respiro e sviluppo al nostro sistema produttivo.
In conclusione, invito quindi l'Assemblea a votare a favore sul complesso degli ordini del giorno presentati (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD, di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scoca. Ne ha facoltà.

MARETTA SCOCA. Onorevoli colleghi, l'attuale Governo, non potendo più far ricorso alla reiterazione della decretazione d'urgenza, data la nota sentenza della Corte costituzionale, usa ora lo strumento della fiducia per imporre le proprie decisioni, giuste o sbagliate che siano. E


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questo aumento dell'IVA è certamente una cosa iniqua. È iniqua perché penalizza la famiglia, la piccola e media impresa, gli artigiani e gli agricoltori. Questi ultimi, peraltro, sono già sufficientemente penalizzati dalla cattiva gestione dei fondi dell'Unione europea, dalle quote latte, dalle quote olio e da quant'altre quote. Il loro disagio è grande e sta diventando grandissimo, ma le loro ragioni non sono ascoltate da nessuno.
L'aumento dell'IVA non rappresenta, inoltre, un elemento di risanamento strutturale dell'economia del paese, ma è e rappresenta un ulteriore impoverimento di molte famiglie che sono ormai sulla soglia della povertà. Con questi provvedimenti tampone non si risolvono i problemi del paese e quelli della disoccupazione ma li si aggrava ulteriormente. Possibile che questo Governo abbia disponibilità solo per soccorrere la grande industria con le quote di rottamazione, usando anche la benedizione dei sindacati? Gli altri cittadini sono forse di serie B? Sono solo porta acque per i cittadini di serie A? Noi dell'opposizione non ci stiamo e porteremo in quest'aula le loro sacrosante ragioni, tutte le ragioni dei cittadini di serie B, cioè di quelli non garantiti.
Il vero risanamento del paese si fa con la flessibilità del lavoro, con l'utilizzazione dei fondi comunitari, con l'alleggerire gli incombenti burocratici, con il semplificare e l'alleggerire la pressione fiscale, con il consentire agli artigiani di esercitare la loro professione e di trasmetterla ai giovani, con il creare infrastrutture adeguate ai tempi, con il coniugare scuola e impresa, con il valorizzare l'agricoltura ed il turismo, con il preservare il territorio ed i beni culturali. Solamente così si può avere vero sviluppo, uno sviluppo tale che non solo ci porti alla moneta unica europea, ma che ci porti in Europa a pieno titolo e ci permetta di rimanerci. Se questo non accadrà, avremo comprato a costo di grandi sacrifici un biglietto che ci porterà sulla soglia di un palazzo, ma per entrarci dovremo passare dalla porta di servizio, confidando nell'indulgenza altrui. E questo solamente per il bene della grande industria e dell'attuale Governo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aleffi. Ne ha facoltà

GIUSEPPE ALEFFI. Grazie, signor Presidente. Intervengo per dichiarare il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno presentati sul decreto legge recante disposizioni tributarie urgenti, provvedimento ormai legittimato, nel testo approvato...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Aleffi. Onorevole Di Luca, lei che è una persona così per bene, perché dà le spalle alla Presidenza?

ALFREDO BIONDI. E gli altri cosa sono?

ALBERTO DI LUCA. Chiedo scusa, signor Presidente.

GIUSEPPE ALEFFI. Posso proseguire?

PRESIDENTE. Prego, onorevole Aleffi.

GIUSEPPE ALEFFI. Dicevo che si tratta di un provvedimento ormai legittimato, nel testo approvato dal Senato, grazie all'ennesimo voto di fiducia richiesto dal Governo, che ha così impedito ogni tentativo di emendamento che l'opposizione intendeva svolgere.
Non ho grande consuetudine e dimestichezza con i lavori parlamentari, essendo approdato in quest'aula solo in questa legislatura; pertanto, sono sempre doverosamente attento per cercare di capire e di interpretare le tante alchimie proprie dell'attività politica e più in particolare parlamentare. Questa volta, però, sono rimasto ancora più perplesso, se possibile, o meglio credo di aver capito tutto quello che ormai da tempo è già deciso: ho sempre considerato con rispetto ciò che rappresentano le istituzioni ed ogni conseguente loro funzione; ho pertanto


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valutato con grande convinzione l'attività deputata dalla Costituzione al Parlamento, nello specifico l'attività ispettiva e di controllo sugli atti del Governo che deve essere esercitata dai parlamentari. È un'attività sovrana, si è più volte detto, dunque irrinunciabile in una democrazia parlamentare non solo per l'opposizione ma anche per la stessa maggioranza che, con essa, viene legittimata.
Pur capendo l'esigenza di concretezza propria di un organo che è chiamato ad amministrare, spesso condizionato dai tempi, questa volta, però, non sono proprio riuscito a comprendere come si possa aver deciso di porre la questione di fiducia su un decreto in scadenza non immediata e pressoché subito dopo aver iniziato in aula una pacata discussione sugli emendamenti presentati in numero assai contenuto. Credo che una più serena azione del Governo che avesse tenuto democraticamente conto del diritto dell'opposizione, che voglio ricordare rappresenta la metà del popolo italiano, avrebbe dovuto ritenere doveroso consentire la discussione degli emendamenti e solo in un momento più prossimo alla scadenza del provvedimento, casomai, porre la questione di fiducia che, come è noto, annulla ogni tentativo di migliorare un provvedimento così disastroso per le categorie che va a colpire.
Altro che richiamo, spesso sentito invocare in quest'aula, alle regole del fair play parlamentare proprie delle democrazie anglosassoni! Ho la sensazione che taluno troppo disinvoltamente si sia riempito il guardaroba di abiti gessati e di frac dimenticandosi che l'abito non fa il monaco e che, prima dell'abito, occorre cambiare la mentalità e la cultura di governo. Ecco allora perché, dopo appena un'ora e mezza, facendo il processo alle intenzioni dell'opposizione, si è deciso che il tempo era ormai scaduto e che, quindi, sempre nel supremo interesse dei cittadini (che ancora una volta dovranno mettere mano alla tasca, suprema presa in giro), non si poteva più perdere tempo, per cui, via, voto di fiducia e anche questa è fatta! E pensare che tale decisione era stata convenuta già da giovedì scorso: poi si sente parlare, come è avvenuto ieri, di affidabilità, dimenticandosi peraltro di ciò che fino a ieri si era fatto. Quanta arroganza, Presidente, e quanta tristezza per lo scadimento dei valori della nostra democrazia.
Voterò, come ho detto, a favore di tutti gli ordini del giorno, con convinzione, idealmente privilegiando quelli relativi all'inasprimento dell'aliquota IVA per le aziende vinicole e l'attività turistica. Vivo in una regione, la Sardegna, che registra una particolare crisi economica ed occupazionale, con un disagio giovanile assolutamente preoccupante; la produzione del vino ed il turismo rappresentano pressoché gli unici settori che ancora, in qualche maniera, sopravvivono. In tale contesto, è incredibile che si sia deciso di aggravare i costi di produzione delle imprese vinicole e di quelle operanti nel turismo, mettendo a rischio un'economia quasi asfittica e, con essa, le residue risorse occupazionali (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amato. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE AMATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, prendo la parola a proposito dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n.328 del 1997, che prevede l'abolizione dell'aliquota IVA al 16 per cento. Tale aliquota viene elevata per alcuni settori al 20 per cento. Ciò significa colpire alcuni settori produttivi che sono fondamentali per la nostra economia. Si tratta di settori portanti perché danno operatività a medie e piccole imprese, che sono quelle che poi sul territorio determinano ampia occupazione. Colpendo settori come quelli dell'abbigliamento, delle calzature, vitivinicolo, edile, soprattutto per quanto riguarda la produzione del materiale che poi confluisce nell'attività edilizia, non facciamo altro che soffocare la possibilità di incrementare l'occupazione. Andiamo dunque a penalizzare settori che già


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soffrono a causa di una concorrenza estera fortissima, in quanto hanno una elevata incidenza della manodopera e già oggi sono soggetti ad una forte delocalizzazione industriale verso altri paesi.
L'aumento dell'aliquota del 4 per cento non fa altro che comportare una compressione di consumi relativamente ai beni che fanno parte degli acquisti fondamentali delle nostre famiglie, le quali sono già state depauperate di una grossa quota della loro capacità di spesa quando sono state invitate dal Governo a far confluire la loro attenzione verso beni di cospicuo investimento come le automobili.
Con il decreto sulla rottamazione abbiamo infatti avuto una forzatura degli acquisti che ha tolto alle famiglie possibilità di spese, che si sarebbero invece indirizzate, secondo le abitudini, verso l'abbigliamento, verso i beni di consumo. Continuiamo ad attaccare un settore produttivo medio estremamente sviluppato tra la piccola e media impresa ed anche nella distribuzione commerciale, comprimendo e rendendo sempre più difficile questa attività. Negli ultimi tre o quattro anni abbiamo già perso 5 mila delle unità di vendita nel territorio, che assolvono non solo a una funzione occupazionale che interessa molte famiglie, ma anche a uno scopo sociale perché adempiono servizi in una conformazione urbana diffusa sul territorio, fatta di piccole città soprattutto a carattere storico. Stiamo colpendo questi centri anche attraverso piani di razionalizzazione che non hanno alcunché di programmato, come stiamo vedendo nella sanità, nella scuola, nella sicurezza. Li stiamo colpendo anche nella distribuzione dei beni primari e commerciali. Stiamo andando, quindi, contro la nostra economia, stiamo attaccando il ceto medio produttivo.
Invito il Governo a riflettere attentamente sui settori primari e a non continuare l'attacco contro un ceto basilare e portante dell'economia italiana, che è invidiato in tutto il mondo e che ha determinato fino ad oggi la possibilità di creare ricchezza e che invece andrebbe difeso...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Amato. Onorevole Armaroli, non è sempre corretto dare la schiena alla Presidenza.

PAOLO ARMAROLI. Non davo la schiena, ma il petto. Tirez à la poitrine!

PRESIDENTE. La prego di continuare, onorevole Amato.

GIUSEPPE AMATO. Dicevo che ha determinato fino ad oggi la possibilità di creare ricchezza e che invece andrebbe difeso con interventi strutturali e di sostegno.
Ancora una volta il Governo Prodi ha deciso di sacrificare lo sviluppo del nostro paese, l'occupazione, la stabilità monetaria della nostra già ridotta economia. In questo ambito risulta particolarmente penalizzato il settore produttivo delle calzature. Le direttive CEE, tra l'altro, richiamano l'attenzione sui beni di prima necessità ai fini del riequilibrio e del livellamento in ambito comunitario dell'aliquota dell'IVA. Il Governo Prodi non ritiene che le calzature siano un bene di prima necessità: si vede che ha deciso - come diceva ieri un collega - che gli italiani devono camminare scalzi.

MAURO PAISSAN. Brillante!

GIUSEPPE AMATO. Provengo da una provincia, quella di Agrigento, che vanta un tasso totale di disoccupazione pari al 50 per cento e che con questo decreto vedrà le residue risorse di attività della piccola e media impresa chiudere definitivamente (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marzano. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARZANO. Signor Presidente, quello di cui ci stiamo occupando è l'ennesimo provvedimento fiscale del Governo, che comporta a carico delle famiglie un sacrificio per circa 7 mila


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miliardi. Si tratta di circa 400 mila lire a famiglia, che naturalmente si aggiungono a tutti gli altri sacrifici ed oneri che questo Governo è andato trasmettendo a carico degli italiani: l'eurotassa, l'aumento dell'ICI, l'addizionale IRPEF e così via.
Questo provvedimento avrà conseguenze gravi non solo sulle famiglie, ma anche su importanti settori produttivi, in particolare, per esempio, su quelli dell'abbigliamento, delle calzature, sulle piccole e medie imprese che nei suddetti settori predominano sul mercato. Inoltre, esso avrà serie conseguenze su molte aree del paese, in particolare sul meridione, dove questo tipo di attività connota il tessuto industriale, peraltro modesto, e non entusiasmante.
Mentre l'opposizione faceva presente al Governo ed al Parlamento le sue molte preoccupazioni sul provvedimento in questione, lo stesso Governo, del tutto inopinatamente, decideva di porre la questione di fiducia. Oggi questo significa in realtà un'altra cosa: quando il Governo chiede la fiducia molto spesso vuole mettere il bavaglio all'opposizione. Perché lo avete fatto? Perché non vi stava bene che l'opposizione manifestasse le sue ragioni critiche nei confronti di questo provvedimento; perché non vi stava bene che l'opposizione esponesse i propri emendamenti volti a correggere le parti più gravi del provvedimento.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Marzano, se...

ANTONIO MARZANO. Se?

PRESIDENTE. Se l'onorevole Vito non desse così ostentatamente le spalle alla Presidenza, farebbe cosa gradita.

ANTONIO MARZANO. Pensavo si riferisse a me: non riesco a parlare con le spalle rivolte alla Presidenza!
Quello che sta facendo il Governo è molto semplice. Dicevo, che abbiamo uno Stato...

PRESIDENTE. Onorevole Vito, la richiamo all'ordine.

ELIO VITO. Chiedo scusa.

MAURO PAISSAN. Non è la cosa più grave che fa l'onorevole Vito. Sa fare di peggio!

ANTONIO MARZANO. Posso proseguire?

PRESIDENTE. Prosegua pure.

ANTONIO MARZANO. Lo Stato italiano è ammalato, soffre di emorragia. Non si può guarire un malato, facendo continue trasfusioni di sangue a carico dei donatori, che sono poi i contribuenti italiani. L'unico modo di far guarire un malato di emorragia è di bloccarla, cioè di mettere sotto controllo la spesa pubblica, cosa che questo Governo non sta facendo. Volete la prova? L'ammontare dei residui passivi alla fine del 1997, secondo una stima del CER, un istituto di studi che certamente non sta dalla parte del Polo per le libertà, con riferimento al totale del bilancio, è pari a 297 mila miliardi di lire, con un aumento di 140 mila miliardi sul 1996. Questo significa che in realtà il Governo apparentemente sta riducendo il disavanzo di cassa, attraverso il rigonfiamento, del tutto anomalo e senza precedenti, dei residui passivi. Se una qualunque società per azioni facesse un'operazione del genere sarebbe accusata di falso in bilancio: per analogia mi sento di accusare il Governo di falso in bilancio.

ALFREDO BIONDI. Bancarotta documentale.

ANTONIO MARZANO. Bancarotta documentale.

PRESIDENTE. Onorevole Biondi, per cortesia, lei che è vicepresidente!

ALFREDO BIONDI. È un consiglio tecnico, Presidente.

SABATINO ARACU. Presidente, sta suggerendo.


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ANTONIO MARZANO. D'altra parte, come rileva la Corte dei conti in modo assolutamente inoppugnabile, quello che si sta anche verificando è la formazione di un debito occulto, cioè il Governo taglia i trasferimenti agli enti locali e questi, non avendo ancora un'appropriata autonomia propositiva per far fronte alle proprie esigenze, si stanno indebitando in misura ingente sul mercato bancario. In altre parole, anziché far crescere il debito pubblico, aumenta l'indebitamento degli enti locali, il che significa debito occulto, anche (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marzano.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, colleghi, sovente in quest'aula mi pare si venga colti da una sorta di delirio schizofrenico. Succede sempre più spesso, chiudendo gli occhi, di non sapere se stanno parlando rappresentanti del Governo o deputati dell'opposizione. Al contempo, abbiamo assistito per la ventisettesima volta alla posizione della questione di fiducia. Abbiamo già detto in quest'aula che il Governo che democraticamente si è insediato sta minando dall'interno l'esistenza stessa delle istituzioni democratiche. E se poi si dovesse verificare che in modo altrettanto schizofrenico questo Governo ed il Presidente del Consiglio dei ministri dovessero domani manifestare all'esterno di quest'aula per portare in un luogo estraneo il loro pensiero sull'opposizione, ritengo che avremmo raggiunto il livello di follia e qualcosa di più.
In un momento in cui non si sente - non so se a torto o a ragione - la differenziazione ideologica, si deve pretendere in primo luogo dagli eletti il rigore intellettuale e morale, che non è proprio degli uomini di questo Governo. Meglio farebbe il Presidente del Consiglio, a fronte delle proteste che da 35 giorni le associazioni degli agricoltori stanno portando avanti, a dedicare ad altro - lui ed il suo ministro dell'agricoltura - il tempo che pensa di spendere fuori, come massimo esponente del Governo, a denunciare quanto farebbe l'opposizione.
Ebbene, che cosa fa l'opposizione? Fa quello che deve fare. Non si contesta il diritto del Governo a governare: ha vinto, che governi! Si contesta quanto il Governo sta cercando di fare, cioè il venir meno della stessa esistenza dell'opposizione. Credo che ciascuno di noi abbia un altro dovere, quello di far capire agli italiani che se siamo muniti di due facce, quella davanti è diversa da quella che abbiamo sul posteriore: questo si chiama rigore.
Venendo a questo provvedimento, dopo la ventisettesima richiesta di fiducia, abbiamo già detto che non è con l'aumento dell'IVA che si porta l'Italia in Europa. Abbiamo vocazione europeista; vogliamo entrare in Europa e restarci. Ma per farlo dobbiamo avere un'economia competitiva ed in grado di confrontarsi con quella degli altri Stati.
Che cosa determina questo provvedimento? L'aumento dei prezzi al consumo e la recessione. È falso che questa manovra sia dovuta per uniformare la nostra legislazione sull'IVA a quella europea. Il termine stabilito è il 31 dicembre 1998; la percentuale oggi inderogabile è del 15 per cento, non del 20.
Inoltre, non si emana un provvedimento collegato alla finanziaria per decreto-legge, una finanziaria nella quale si prevede di incentivare il settore edilizio consentendo deduzioni fino al 41 per cento ed aumentando l'IVA sui materiali indispensabili per la stessa esistenza del settore.
Quanto all'agricoltura, è un problema che mi ha colpito molto per l'iniquità che ho percepito e per l'indifferenza mostrata da questo Governo nei confronti di un settore primario della nostra economia. La ventilata ipotesi dell'IVA al 4 per cento rappresenta in realtà un aumento dell'11 per cento. Allora ci dobbiamo chiedere se questo Governo sa che cosa sia il vino per


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la nostra economia, quale sia l'opinione che gli italiani ne hanno, se sa che gli italiani lo considerano al pari... (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole collega.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baiamonte. Ne ha facoltà.

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, colleghi, questa mattina... Scusi, Presidente, attendo che lei finisca di telefonare. Presidente, posso? Lei era al telefono e non volevo disturbarla.

PRESIDENTE. Onorevole Baiamonte, siamo amici da molti anni, perché deve dire delle cose così a vuoto?

GIACOMO BAIAMONTE. Proprio per questo non volevo dire cose a vuoto, Presidente.
Questa mattina, l'onorevole Paissan si è alzato ed ha riconosciuto valido l'atteggiamento dell'opposizione, perché in questo Parlamento non poteva avere visibilità. Di questo lo ringrazio a nome dell'opposizione. Non capisco magari come l'onorevole Paissan poi, condividendo l'atteggiamento dell'opposizione, abbia dato fiducia a questo Governo che mal si comporta espropriando il Parlamento dei suoi diritti.
Lunedì avevamo iniziato la discussione su questo provvedimento; tutto andava perfettamente a posto, con una normale dialettica tra maggioranza e opposizione. Improvvisamente il Saddam italiano, l'imperatore, il Presidente Prodi ha deciso che non gli stava più bene; e allora voto di fiducia, espropriando il Parlamento della normale dialettica, come è nelle sue consuetudini. Ogni qual volta c'è un provvedimento di una certa serietà ed importanza, quando è necessario sottrarre i denari agli italiani, il Saddam italiano decide: pongo la questione di fiducia. Il Parlamento non deve discutere su quello che lui decide.

ALBERTO DI LUCA. Salam o Saddam?

GIACOMO BAIAMONTE. Oggi ci troviamo nelle condizioni di dover dimostrare agli italiani che non siamo d'accordo su questo provvedimento, come su tutti i provvedimenti che aumentano le imposte. Per esempio, l'aumento delle aliquote IVA non fa altro che prendere in giro gli italiani doppiamente: il nostro Governo, se da un lato ha deciso con la rottamazione di dare agli italiani un contributo per l'acquisto dell'automobile, dall'altro lato aumenta l'IVA e quindi toglie loro il denaro che precedentemente aveva dato. Ecco qual è il comportamento di questo Governo, un Governo che ad un certo momento sistematicamente non fa altro che colpire il mondo produttivo di questo paese, dicendo che dobbiamo andare in Europa. Giustamente noi andremo in Europa, signor Presidente, ne sono sicuro, con tutti gli accorgimenti necessari, senza parlare però del fatto che aumenta sistematicamente il debito pubblico. Non ne parliamo. Entreremo in Europa spillando il denaro ai cittadini italiani. Poi quando magari entreremo in Europa ed i nostri partners ci diranno che dovremo rientrare sul debito pubblico altrimenti ci metteranno fuori, sono convinto (mi dispiace fare la Cassandra) che il nostro Governo non farà altro: come ha messo la tassa per entrare in Europa, metterà la tassa per rimanere in Europa.
Ecco qual è il comportamento di questo Governo di fronte alle situazioni di un paese allo sfascio. È un paese esattamente Presidente, lei non è d'accordo e me ne dispiace; io credo di poter esprimere il mio pensiero. La ringrazio ancora. Dico però che aumentando le imposte non facciamo altro che depauperare le tasche degli italiani senza attuare quelle riforme strutturali che sono fondamentali per rimettere ordine nel deficit pubblico.

PRESIDENTE. Grazie. Il tempo a sua disposizione è terminato (Commenti).


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MASSIMO MARIA BERRUTI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARIA BERRUTI. Signor Presidente, lei ha dato sempre prova di grande cortesia, correttezza e trasparenza nella sua Presidenza. Le chiedo però di avere ancora un attimo di pazienza e di comprensione per noi: applichi il comma 2 dell'articolo 39 del regolamento; al termine del tempo disponibile avverta il deputato che sta parlando e poi, dopo un secondo avvertimento da parte sua, l'intervento verrà concluso. Applichi questo articolo, perché se una volta lo fa e un'altra no non riusciamo più a regolarci.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Berruti.

MASSIMO MARIA BERRUTI. La ringrazio per la sua cortesia.

PRESIDENTE. Sono troppo amico dell'onorevole Baiamonte per non ascoltarlo fino in fondo!

GIACOMO BAIAMONTE. Ricambio affettuosamente. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cuccu. Ne ha facoltà.

PAOLO CUCCU. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, nell'esprimere parere favorevole agli ordini del giorno presentati dai gruppi dell'opposizione, dichiaro che non intendo affrontare le argomentazioni tecnico-giuridiche di questo decreto, perché altri, più competenti di me, ne hanno esplicitato tutte le negatività. La serenità, la serietà, la determinazione del comportamento dell'opposizione tende a sollevare l'attenzione e la riflessione del Governo e della sua maggioranza ed anche e soprattutto dell'opinione pubblica, specie di quelle categorie professionali che si sentono violentate da questo tipo di decretazione.
La decretazione d'urgenza e il voto di fiducia sono momenti particolarmente delicati della vita parlamentare, che possono mettere in discussione la democrazia stessa, specie quando vi si ricorre con eccessiva disinvoltura per coprirne tutte le negatività. Sedute fiume e sedute notturne sono sicuramente un segno di grande debolezza di questo Governo e sono la grave conseguenza della chiusura, da parte del Governo e della sua maggioranza, ai positivi apporti emendativi dell'opposizione. Per il Governo è sempre occasione perduta non confrontarsi con l'opposizione per dirigere la leva fiscale nella direzione di un certo riequilibrio territoriale, mentre con questo decreto si continua a torchiare il cittadino e soprattutto il cittadino imprenditore. Quindi l'edilizia, la sanità, l'abbigliamento e la Cenerentola rappresentata dall'agricoltura, assieme a tutte le piccole e medie imprese, vengono colpite perché non sufficientemente asservite al sistema.
La Sardegna, terra dalla quale provengo, versa in questo momento in gravissime difficoltà: non riesce a sviluppare il suo momento turistico e non riesce a far decollare un'agricoltura moderna, per incapacità di questo Governo. Nella nostra terra non le alluvioni del Piemonte, di cui parlava prima il collega di alleanza nazionale, ma la siccità continua a creare gravi problemi. I nostri allevatori spendono tanti quattrini per la mancanza di pascolo in conseguenza della grave siccità e hanno le stalle piene di vitelli che non riescono a mandare sul mercato. Probabilmente i nostri allevatori saranno costretti a chiedere a questo Governo la rottamazione per i vitelli sardi.
Noi, quindi, siamo contrari alle modifiche apportate con questo decreto, siamo contrari all'aumento dell'IVA per i seguenti motivi. Contestiamo la scelta che è stata fatta dal Governo tra le varie possibilità; si poteva, ad esempio, adeguarsi alla direttiva europea, al famoso ombrello adoperato da questo Governo, semplicemente


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aumentando dal 4 al 5 per cento l'aliquota ridotta e dal 16 al 19 per cento l'aliquota transitoria. Così facendo, si sarebbe avuta un'entrata aggiuntiva di circa 4 mila miliardi, con un accettabile aumento dei prezzi non superiore allo 0,45 per cento. Si poteva, cioè, mirare con più determinazione all'annullamento dell'effetto inflazionistico riducendo le aliquote dal 19 al 10 per cento per alcune categorie e aumentandola dal 10 al 19 per altre, così ottenendo un aumento delle entrate pari a circa 2.900 miliardi, ma senza impatto inflazionistico.
Queste cose, invece, il Governo non le ha volute fare. Segue un'altra strada, che è sempre la solita: ottenere maggiori entrate per circa 6 mila miliardi ignorando o, meglio, negando che l'effetto immediato sarà una forte inflazione. Questo perché chi ci governa oggi guarda solo ed esclusivamente al maggior prelievo fiscale, che è la medicina più importante che vuol dare agli italiani, ma che sicuramente non porterà alla cura dei gravi mali di questa nazione (Applausi dei deputati del gruppo forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colombini. Ne ha facoltà.

EDRO COLOMBINI. Signor Presidente, colleghi, il decreto sull'IVA, che rappresenta una componente caratterizzante della manovra di finanza pubblica per il 1998, costituisce un esempio classico di quello che non si dovrebbe fare per risanare i conti dello Stato. Questo Governo insiste nel percorrere fino alle estreme conseguenze la strada dell'aumento della pressione fiscale, essendo manifestamente incapace di mantenere in misura permanente e significativa la dinamica della spesa pubblica.
Questo modo di procedere deprimerà la domanda interna ed allontanerà la ripresa produttiva ed occupazionale. Le nostre imprese sono sempre più gravate da oneri fiscali e parafiscali superiori a quelli delle imprese degli altri paesi europei e per tale motivo si troveranno sempre più in difficoltà nel fronteggiare la concorrenza estera e saranno sempre più indotte a delocalizzare gli stabilimenti, spostandoli in paesi meno rapaci sotto il profilo fiscale.
In questo ambito risulta particolarmente penalizzato il settore produttivo, quello tessile in particolare, e per questa ragione l'ordine del giorno da me sottoscritto chiede l'impegno del Governo a correggere con misure appropriate gli effetti del pesante aggravio delle aliquote IVA. La direttiva CEE 92/77 aveva disposto l'avvicinamento di tali aliquote nei vari paesi europei al fine di ridurle a tre, una ordinaria e due ridotte. La stessa direttiva dava la possibilità di mantenere, attraverso una norma transitoria, un diverso regime sino a tutto il 1998: non vi era dunque alcuna necessità di intervento in materia di aliquote IVA da parte di questo Governo. Ciò nonostante il Governo è intervenuto e lo ha fatto perché si è reso conto che le entrate dello State non erano sufficienti a coprire quanto era stato previsto per l'intero 1997.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI PETRINI (ore 19).

EDRO COLOMBINI. Infatti, al 30 settembre scorso le entrate erano calcolate per 370 mila miliardi e dunque fortemente in ritardo rispetto ai 550 mila miliardi previsti per l'intero anno. Né il Governo può sostenere che nei tre mesi che restano per chiudere il 1997 riuscirà ad incassare i 180 mila miliardi che mancano per coprire le previsioni. Il conto è presto fatto se si pensa che la media del gettito tributario non supera 35 mila miliardi al mese e restano tre mesi. Ma il Governo è fiducioso e ritiene di raggiungere l'obiettivo e per garantirsi un ulteriore introito ha pensato bene di introdurre questa modifica aumentando le aliquote IVA.
Siamo contrari a queste modifiche, così come siamo contrari all'aumento dell'IVA. Per tali ragioni contestiamo la scelta operata dal Governo tra le possibilità


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esistenti dal momento che ci si poteva semplicemente adeguare alla direttiva europea aumentando dal 4 al 5 per cento l'aliquota ridotta e dal 16 al 19 per cento l'aliquota transitoria, il che avrebbe comportato un'entrata aggiuntiva pari a 4 mila miliardi, con un accettabile aumento dell'indice dei prezzi, non superiore allo 0,45 per cento. Si poteva mirare, con più determinazione, all'annullamento dell'effetto inflazionistico riducendo le aliquote dal 19 al 10 per cento per alcune categorie ed aumentandole dal 10 al 19 per cento per altre, ottenendo un aumento delle entrate pari a 2.900 miliardi e senza impatto inflazionistico.
Cosa fa invece il Governo? Segue la terza strada, ottiene cioé maggiori entrate per 6 mila miliardi ignorando, o meglio negando, che l'effetto immediato sarà solo una forte inflazione. Tutto questo perché chi ci governa oggi guarda solo ed esclusivamente al maggior prelievo fiscale, al di là di ogni altra considerazione, senza preoccuparsi minimamente dei conseguenti, dannosi effetti per l'economia.
Il Governo sostiene che l'inflazione non aumenterà oltre lo 0,7 per cento: noi riteniamo che solo per il 1998 si corra il rischio di raggiungere il 3 per cento. Che cosa succederà all'Italia, che si accinge ad entrare in Europa? Come potremo rendere compatibile la nostra presenza insieme ad altri paesi europei che hanno agito e stanno agendo in maniera molto più coerente con i parametri europei?
Il Governo avrebbe potuto utilizzare margini di tempo superiori per adeguarsi alle direttive comunitarie, ma portando in aula questo provvedimento ha deciso di accelerare i tempi e la motivazione è da ricercare, ancora una volta, nell'unico obiettivo di questo Governo: assicurarsi altre entrate fiscali. E il prezzo per questa scelta verrà pagato ancora una volta sacrificando lo sviluppo del nostro paese, l'occupazione e la stabilità monetaria della nostra già malridotta economia.

PRESIDENTE. Il suo tempo è scaduto.

EDRO COLOMBINI. Ritengo di avere ancora trenta secondi.

PRESIDENTE. No, onorevole Colombini, deve concludere perché il suo tempo è già scaduto.

EDRO COLOMBINI. Come al solito, sono stato privato del tempo. Ho l'orologio davanti a me.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Colombini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, credo sia opportuno evidenziare un fatto importantissimo: da quasi ventiquattro ore ininterrottamente l'opposizione sta sostenendo vibratamente, coerentemente ed efficacemente la sua battaglia contro un provvedimento iniquo ed ingiusto, che penalizza ancora una volta il ceto medio produttivo.
Nonostante su questo atteggiamento sia scesa l'indifferenza dei mezzi di informazione, riteniamo che gli italiani stiano seguendo, ed abbiano la possibilità di farlo, una battaglia di civiltà e di democrazia che l'opposizione ancora una volta sta combattendo. Quella stessa opposizione che soltanto dieci giorni fa veniva dichiarata in stato comatoso, incapace di avere una strategia, incapace di fare opposizione; l'opposizione delle tessere che faceva mancare il numero legale, l'opposizione insufficiente, più appariscente che efficace, che da quasi ventiquattro ore (e continueremo finché tutti i colleghi avranno espresso la propria opposizione) porta avanti la battaglia; un'opposizione al capezzale della quale si erano precipitati stregoni e taumaturghi più interessati a prendere l'eredità anziché a salvare il presunto malato; un'opposizione che rappresenta la voce viva e veemente delle classi produttive del nostro paese.
La differenza che è emersa nel dibattito tra la maggioranza e l'opposizione è proprio questa. Le manifestazioni adottate dall'opposizione in maniera eclatante, che hanno portato da ultimo a non votare sulla questione di fiducia, erano atteggiamenti


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politici significativi, messaggi lanciati all'opinione pubblica. I parlamentari dell'opposizione sono stati in Parlamento e non hanno preso parte a quella votazione per protestare contro l'ennesima forzatura di questo Governo e di questa maggioranza. Di contro, in questa battaglia vediamo un disinteressato sottosegretario di Stato presente tra i banchi del Governo e altrettanto distratti colleghi della maggioranza. Questa è la differenza di approccio ai problemi che riguardano il nostro paese.
Siamo fortemente critici, signor Presidente, colleghi, verso la conversione di questo decreto-legge, non soltanto per i modi e per i termini in cui la discussione è stata portata in quest'aula. Devo ricordare che lo stesso presidente Benvenuto ha sottolineato che per i tempi strettissimi previsti rispetto alla presentazione in aula non vi era stata la possibilità di affrontare in maniera corretta e approfondita il dibattito all'interno della Commissione; la stessa attenzione che avrebbe meritato questo argomento nell'ambito della Commissione non vi è stata all'interno dell'aula. Questo riguarda il modo comportamentale della maggioranza.
Ma anche nel merito, signor Presidente, siamo contrari e con quegli ordini del giorno, per i quali preannuncio il voto favorevole, abbiamo cercato di dare comunque il nostro contributo. Anche quando è venuta meno la possibilità di confrontarci correttamente nelle rispettive posizioni con questa maggioranza e con questo Governo, abbiamo lasciato una testimonianza, un contributo, una traccia e una prova che la nostra presenza in questo Parlamento non è soltanto simbolica, ma è efficace e concreta; è una presenza che porta gli interessi di quanti ci hanno manifestato il loro consenso ed anche di coloro che non ci hanno votato, ma rappresentano le classi più vessate da questa politica fiscale ed economica, la quale privilegia da un lato le tute blu, i metalmeccanici, dall'altro i grandi poteri forti. L'unica cosa per la quale si è caratterizzato questo Governo nella politica di sviluppo economico è stato il provvedimento sulla rottamazione che ha favorito un grande potentato economico.
Non è certamente con la rimodulazione delle aliquote IVA, con la sospensione di quella intermedia del 16 per cento, con l'innalzamento dell'aliquota massima dal 19 al 20 per cento, con l'inasprimento delle disposizioni tributarie sulle cessioni di partecipazioni sociali che si possono risolvere, signor Presidente, i problemi economici.
Noi non riteniamo che questo sia stato un adeguamento alla disciplina europea; crediamo invece, proprio perché vi era la possibilità di derogare fino al 31 dicembre 1998 (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vitali.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martusciello. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARTUSCIELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri la Camera ha votato per la ventisettesima volta la fiducia al Governo Prodi sul decreto relativo alle aliquote IVA. Credo si tratti di un record assoluto, tale da destare perfino la preoccupazione del Presidente Violante, il quale ha commentato dicendo che c'è uno scadimento della posizione della questione di fiducia, che dal punto di verifica della maggioranza diventa una variante del procedimento per l'approvazione dei decreti-legge. Credo che questo record dovrebbe suscitare un allarme, una preoccupazione non soltanto nel Parlamento, ma anche tra gli opinionisti a livello di mezzi di comunicazione nel nostro paese. Una occupazione, una gestione spregiudicata da parte del potere, uno stravolgimento delle regole da parte dell'Ulivo: questo è il problema di cui dovrebbero occuparsi oggi l'opinione pubblica, i mezzi di comunicazione e di informazione, non quello su cui mi pare si concentri in questo momento l'attenzione (l'opposizione, sempre e soltanto l'opposizione e il suo leader Silvio Berlusconi).
Questa volta, poi, il ricorso alla fiducia è parso davvero esagerato ed ingiustificato.


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La discussione in aula avantieri era pacata, si stavano esaminando gli emendamenti, l'opposizione non stava praticando l'ostruzionismo, anzi stava garantendo il numero legale; si stava discutendo, appunto, con estrema pacatezza. L'insufficienza e, direi, soprattutto l'insofferenza del Governo verso qualsiasi possibilità da parte dell'opposizione di articolare una propria risposta, una propria proposta alternativa credo debba far riflettere tutti quanti in questo momento credono nel rispetto delle regole e della democrazia.
Ancora una volta, vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi e del Governo - e, in questo senso, chiedo una risposta - sull'iniziativa del Presidente Prodi il quale, a quanto ci viene riferito, domani sarà presente all'assemblea dei parlamentari della maggioranza che si svolgerà al cinema Capranica. Si tratta di un atto gravissimo, scorretto dal punto di vista istituzionale, che ancora una volta testimonia quanto poco rispetto si abbia per il Parlamento e per la Camera, che in questo momento è riunita per discutere un provvedimento che sicuramente produrrà un danno per le famiglie italiane: è stato calcolato in 400 mila lire il costo che ciascuna famiglia italiana dovrà sostenere. Tale onere sarà sicuramente più consistente per le famiglie del Mezzogiorno, maggiormente esposte alla pressione fiscale, dal momento che il loro reddito è meno allineato degli altri alla media italiana.
Credo che in questo momento il Governo abbia intrapreso una strada pericolosa, dal momento che intende percorrere fino alle estreme conseguenze un meccanismo involutivo dell'economia, legato all'aumento della pressione fiscale, uno strumento cioè che non consente alle imprese ed alle aziende che nel nostro paese vogliono investire, cercare nuove occasioni di sviluppo, creare ricchezza e, attraverso quest'ultima, nuove occasioni di lavoro, di poterlo fare. La strada intrapresa dal Governo, è pericolosa, mortifica le imprese, anziché liberare le risorse umane, professionali, imprenditoriali ed economiche che in questo anno e mezzo di Governo Prodi sono state continuamente e pervicacemente mortificate.
Ci fa piacere che il ministro Visco stia recependo la sollecitazione del polo a rivedere l'IRAP, che noi abbiamo definito un'imposta-rapina; nel contempo, ci meraviglia l'ottimismo manifestato dal ministro Ciampi in questi giorni rispetto alla situazione economica del nostro paese, nel momento in cui afferma che nel 1998 non ci sarà bisogno di una manovra correttiva. Evidentemente si tratta di un aspetto tutto da verificare, ma se non ci sarà manovra correttiva, il prezzo da pagare sarà rappresentato da una pressione fiscale sempre più aspra soprattutto per i settori produttivi del nostro paese; nel caso specifico della manovra sull'IVA, mi riferisco alle industrie di abbigliamento, calzaturiere, turistiche, piuttosto che alle aziende vinicole. Credo che questa strada porterà il nostro paese, anziché in Europa, molto lontano da quest'ultima, perché le aziende non saranno messe in condizione di lavorare, di adeguarsi e di poter svilupppare la propria attività in questo paese, ma saranno, per forza di cose, costrette a spostare la propria localizzazione in paesi dove il sistema fiscale non li prevarichi.
Sono queste le ragioni per le quali voterò a favore di tutti gli ordini del giorno presentati dai gruppi del polo e dell'opposizione. (Applausi dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bertucci. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERTUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi presenti ed anche assenti di questa pseudo maggioranza, prannuncio il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno presentati dai gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale, del CCD, del CDU e della lega. In particolare, richiamo l'attenzione sull'ordine del giorno da me presentato, considerato tra l'altro che il disegno di legge n.4297, di conversione del decreto-legge 29 settembre


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1997, n.328, all'articolo 1, comma 6, non prevede l'esclusione dagli inasprimenti IVA delle materie prime e dei semilavorati destinati alla ricostruzione o al recupero del patrimonio edilizio danneggiato da eventi sismici.
Con il mio ordine del giorno chiedo al Governo di impegnarsi a varare norme che consentano di armonizzare in modo razionale le provvidenze per le zone terremotate con i provvedimenti di natura fiscale.
Il «no» di questa notte del sottosegretario Marongiu è grave; è grave perché interi paesi delle Marche e dell'Umbria, nello spazio di un mese e mezzo, sono stati distrutti dal terremoto. È grave perché dimostra l'insensibilità di questo Governo nei confronti di terre, uomini e paesi completamente distrutti. Non serve assolutamente a nulla la passerella fatta nei giorni scorsi anche dal Presidente del Consiglio Prodi nelle zone colpite dal sisma, con le televisioni di Stato al servizio ed al seguito, visto che, quando si tratta di intervenire concretamente, il Governo dice di no.
D'altra parte abbiamo visto anche questa mattina come le televisioni di Stato siano asservite al regime; abbiamo visto come il TG1 non ha dato notizia dell'impegno di moltissimi parlamentari del Polo delle libertà e della lega nord che fino a questa mattina alle cinque hanno discusso in aula sul provvedimento. Abbiamo anche visto la scorsa settimana questo Governo privilegiare gli extracomunitari clandestini rispetto ai terremotati marchigiani e umbri (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
L'aumento dell'IVA determina un aumento dei prezzi al consumo che porta alla recessione. Tale decisione si inserisce nell'ottica di questo Governo che è quella di adottare misure che incidono esclusivamente sulla cassa. Ci pare che con questo provvedimento siano state adottate misure (l'aumento dell'IVA) senza conoscere la realtà economica italiana in cui esse dovrebbero agire. Per non parlare delle contraddizioni che hanno caratterizzato il provvedimento: da un lato si sostiene che si favorirà lo sviluppo, o meglio la ripresa dell'edilizia, dall'altro si aumenta l'IVA sui materiali che dell'edilizia costituiscono il presupposto. Il decreto-legge sull'IVA costituisce un esempio classico di quello che non si dovrebbe fare per risanare i conti dello Stato.
Questo Governo, il Governo Prodi insiste nel percorrere fino alle estreme conseguenze la strada dell'aumento della pressione fiscale, essendo manifestamente incapace di contenere in misura permanente e significativa la dinamica della spesa pubblica. Questo modo di procedere deprimerà la domanda interna ed allontanerà la ripresa produttiva ed occupazionale. Le nostre imprese sono sempre più gravate da oneri fiscali e parafiscali superiori a quelli delle imprese degli altri paesi europei e, per tale motivo, si troveranno sempre più in difficoltà nel fronteggiare la concorrenza estera e saranno sempre più indotte a delocalizzare gli stabilimenti esistenti nel nostro paese, spostandoli in paesi meno rapaci sotto il profilo fiscale.
Ancora una volta il Governo Prodi ha deciso di sacrificare lo sviluppo del paese, l'occupazione e la stabilità monetaria della nostra già malridotta economia. In questo ambito risulta particolarmente penalizzato un altro settore importante, quello delle calzature. Secondo il Governo le calzature rientrano o no tra i beni di prima necessità? Evidentemente questo Governo e il Presidente del Consiglio vogliono vedere tutti gli italiani scalzi. D'altra parte cosa possiamo aspettarci dal ministro Visco? È come se avessimo fatto Dracula presidente dell'AVIS. Questo è quello che succede nel nostro paese.
Forza Italia chiede da sempre interventi strutturali, come la razionalizzazione della spesa pubblica, e non i semplici palliativi che invece sono stati dati da questo Governo.
Certamente con questo Governo e con questa maggioranza, con i comunisti che la sostengono, non si può andare in Europa.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Biondi. Ne ha facoltà.

ALFREDO BIONDI. Era l'alba quasi quando la pallida figura del sottosegretario Marongiu si è persa mentre l'allodola, araldo del mattino, cantava all'inizio la sua presenza ed il suo richiamo alla realtà del giorno che nasceva. Oggi c'è un altro sottosegretario, anche lui mesto e dolente come i cani di Atteone, che partecipa nella contumacia del resto del Governo a questa azione dell'opposizione.
Voglio ringraziare l'onorevole Mussi che ha il dono di natura di essere contemporaneamente un agitatore di popoli e di sé stesso, con la conseguenza che il nesso di causalità tra la sua agitazione e l'effetto sul popolo è inversamente proporzionale tanto alla sua statura quanto agli effetti che produce (Applausi). Lo voglio ringraziare perché - bisogna dirlo con la franchezza che fa parte del mio carattere (come tutti sanno, il carattere è una realtà indomabile della personalità dell'uomo) - certi momenti noi stessi dai banchi dell'opposizione abbiamo qualche preoccupazione di essere uniti, coesi nella battaglia, di sentirci motivati nella direzione che individuiamo.
Ciò non tanto nel contrasto con il Governo, che è fisiologico dell'opposizione, quanto nel contrasto degli errori del Governo, che dallo stesso dovrebbero essere considerati non come un fastidio, non come un curioso accidente che fa sì che si debba sopportare il rapporto contrario dell'opposizione ma, invece, come un fatto fisiologico nella democrazia. In una democrazia l'opposizione è l'anima del Parlamento, è l'«in sé» del Parlamento. Invece, vediamo, addirittura, che i rappresentanti della maggioranza anziché contrastare ciò che diciamo in quest'aula si sono riuniti, hanno tenuto una conferenza stampa, e l'ineffabile Mussi ha dichiarato, per il pubblico, se non per la critica - perché la critica, ormai, da parte della stampa non c'è più -, che se il polo vincesse nella battaglia parlamentare che sta conducendo - questo è il dato fondamentale, perché il resto sono chiacchiere - avremmo perso il treno per l'Europa, sarebbe stracciato il passaporto dell'Italia per l'Europa. Una enormità! Ha dichiarato che, purtroppo, qui il dato sembra sfuggire a questi signori, che saremmo noi.
Quando noi eravamo per l'Europa, Mussi non esisteva ancora, ma il suo partito di allora votava contro l'Europa di De Gasperi, di Martino (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). Il suo partito votava contro l'Europa, che allora chiamavano l'Europa degli interessi. Ma oggi è il loro salvacondotto per avere la possibilità di un approdo che, in questo momento, gli fa comodo!
Mi permetto di dire, signor Presidente, che queste manifestazioni esterne al Parlamento possono anche esserci - ci mancherebbe altro - ma forse sarebbe stato meglio, in una dialettica che ha anche il valore del confronto, se queste cose ci fossero state contrapposte, in questo dibattito, tranquillamente, serenamente. Non credo che per l'onorevole Mussi la perdita di cinque o dieci minuti significhi una perdita delle sue qualità di carattere polemico. E ciò lo dico anche all'onorevole Diliberto, uomo di forti letture, il quale questa volta ha perso l'occasione per tacere, perché anche lui, che fa parte di un partito che è stato all'opposizione e che qualche volta rivendica il diritto all'opposizione anche nella maggioranza di cui fa parte, è venuto a dire che se noi facciamo l'ostruzionismo questo sarebbe una specie di eccesso di funzione, una specie di esorbitanza rispetto ai nostri diritti.
Io credo che ognuno giudica il proprio ruolo a seconda delle occasioni in cui si ha l'opportunità di manifestarle. E ritengo che questa volta noi, nel sostenere le nostre ragioni, che sono quelle di un'IVA che va contro l'economia, di un'IVA che va contro la produzione, di un'IVA che va contro l'occupazione, di un'IVA che va persino contro i nostri impegni europei, che potevano far data dalla fine del 1998, facciamo soltanto il nostro dovere.


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Per quale motivo il Governo ha posto la fiducia? È una singolarissima fiducia, signor Presidente, onorevoli colleghi: una fiducia a futura memoria. Nella storia costituzionale è capitato raramente di sapere che un Governo si riunisce e decide di porre la fiducia quando e se vorrà, affidando al ministro per i rapporti con il Parlamento la scelta del momento magico per esprimere quella che è stata una previa decisione del Governo. Questa fiducia a futura memoria è una sfiducia nei confronti dell'istituto parlamentare, è un atto che viola i nostri diritti, esorbita dalle funzioni del Governo. Se poi domani il Presidente Prodi, più abituato ai consigli d'amministrazione che al Consiglio dei ministri, dovesse davvero andare al cinema Capranica...

PRESIDENTE. Onorevole Biondi, la prego di concludere...

ALFREDO BIONDI. Ho concluso, signor Presidente. Dico che ci andrò anch'io e che gli dirò quello che penso: è un abuso di atto d'ufficio, è una violenza contro le funzioni parlamentari. Non so se ho esaurito i miei cinque minuti...

PRESIDENTE. Sì, l'ho sollecitata a concludere.

ALFREDO BIONDI. Sono contento di averli esauriti, quando il Presidente del Consiglio ci ha mancato di riguardo (Vivi e prolungati applausi dei deputati del gruppo di forza Italia - Congratulazioni - Si grida: bravo! Bravo!).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Biondi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taradash. Ne ha facoltà.

MARCO TARADASH. Signor Presidente, oggi il capogruppo del partito democratico della sinistra ha usato un linguaggio da sbirro della Stasi per spiegare le ragioni per le quali la maggioranza ha tradito il patto che aveva stabilito con l'opposizione e ha indotto il Governo a porre la questione di fiducia. Il capogruppo Mussi ha detto «prevenire è meglio che curare», e per questo la maggioranza ha deciso di ricorrere al braccio di ferro della seduta fiume: ora, non metto in dubbio che nei regime autoritari prevenire sia meglio che manganellare successivamente, ma il collega Mussi non si accontenta di prevenire, vuole anche manganellare. Ed allora, per domani, insieme agli altri presidenti dei gruppi della maggioranza, ha organizzato l'Aventino della maggioranza. Mentre noi onoriamo il Parlamento, facendo opposizione attraverso gli strumenti che il regolamento di questa Camera consente, la maggioranza, Presidente del Consiglio in testa, si reca a disonorare il Parlamento, a insultare le nostre funzioni, le loro funzioni, la funzione del Presidente di questa Camera, in una manifestazione in un teatro di Roma, dove si dirà, immagino, che questo Parlamento è occupato dai barbari, da gente impresentabile (come direbbe Ernesto Galli della Loggia), da gente non affidabile.
Presidente, è compito suo, è compito del Presidente della Camera tutelare il Parlamento di fronte all'offesa che sta per essergli recata. Non posso immaginare che, di fronte ad una manifestazione contro il Parlamento, contro chi nel Parlamento svolge funzione parlamentare, il Presidente della Camera taccia! Non lo posso immaginare! Perché, signor Presidente, se vi è regime, questo è regime! (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
È così, se in un'Assemblea non è possibile per l'opposizione manifestare, con gli strumenti del regolamento, contro la violazione di un impegno che era stato preso dal Governo a non porre la questione di fiducia; se lo sbirro della Stasi, o meglio chi usa il linguaggio di uno sbirro della Stasi, ci viene a dire che prevenire è meglio che curare, per cui i patti possono essere rotti; se oltre tutto ci si appresta a «manganellare» l'opposizione, che non ha diritto di parola nel paese attraverso i mezzi di comunicazione


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della RAI, che può parlare soltanto attraverso Radio radicale (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). E la maggioranza ed il Governo organizzano un evento mediatico, che sarà pieno di televisioni di regime, pubbliche e private, di giornali di regime! Ieri silenzio, oggi silenzio, domani i giornali e le televisioni di tutta Italia ad incensare la maggioranza, contro il Parlamento, nel silenzio, fino a questo momento, del Presidente Violante...

STEFANO SIGNORINI. Violanski!

MARCO TARADASH. Signor Presidente, le ragioni per cui è stato deciso l'ostruzionismo sono quelle della violazione di un patto; i contenuti di questo ostruzionismo sono coerenti con un'impostazione politica, con la denuncia del fatto che si approfitta dell'armonizzazione del regime IVA, che questo Governo avrebbe dovuto fare da grande tempo, non per armonizzare, ma per imporre nuove tasse, per deprimere settori produttivi di questo paese, per continuare una politica di sfiancamento dell'Italia, per costringere il nostro paese ad essere parte dell'Europa monetaria nella posizione di fanalino di coda, per legarsi ad interessi di paesi che hanno bisogno di un'Italia all'interno dell'euro, ma non competitiva. Le ragioni della nostra protesta, della presentabilità e dell'affidabilità della nostra politica liberale e liberista sono nei nostri emendamenti; le ragioni dell'ostruzionismo sono nella denuncia del comportamento sprezzante del Governo, delle politiche da paese comunista, da polizia segreta di paese comunista che sono state imposte attraverso la violazione di quel patto!
Oggi quelle ragioni si rafforzano con la denuncia di un atteggiamento di Aventino dell'arroganza, dell'irresponsabilità e dell'insulto a questo Parlamento. Ed è su questo, signor Presidente, che la prego di investire il Presidente Violante (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aracu. Ne ha facoltà.

SABATINO ARACU. Signor Presidente, per anni mi sono chiesto perché le assicurazioni definiscono «sinistri» gli incidenti con i danni; ho conosciuto Prodi e questa maggioranza e finalmente ne ho compreso la ragione (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). Perché di danni ne hanno fatti un mare, e si tratta di danni enormi! Questa dell'IVA è l'ulteriore legnata ai commercianti, dopo aver dato loro quella dell'IRAP, che non capisco con quale logica si possa accettare.
Mi rivolgo ai colleghi di rifondazione, che pensano di tutelare il lavoro. Siamo di fronte ad una maggioranza che accetta una tassa che colpisce le aziende che hanno lavoratori a dispregio di coloro che hanno voglia di metterceli, ad una maggioranza che avvantaggia aziende che licenziano lavoratori e preferiscono macchinari: questa è la sinistra italiana? Cari «sinistri», avete imboccato una strada sbagliata, una strada vergognosa!
Sono a disagio in questo Parlamento, lo dico sinceramente. Ho infatti parlato in Commissione e mi sembra di essere un pesce, perché questa maggioranza mi guarda e sembra dire: «Parla quanto ti pare, tanto decidiamo noi. I tuoi suggerimenti non ci interessano». Ho presentato interrogazioni parlamentari alle quali non ho avuto risposta. E questa è una vergogna nei confronti dell'Italia, non nei confronti di Sabatino Aracu! Un deputato ha il dovere di presentare interrogazioni e gli italiani hanno il diritto di avere le risposte a quelle interrogazioni! Questa è la maggioranza che si sta impossessando dell'Italia, è un regime per il quale non sono più sufficienti i posti di occupazione, perché l'unica occupazione che capiscono è quella con la quale sistemano tutti i funzionari disoccupati del partito comunista o del PDS nei vari consorzi, negli enti di bonifica e in quanti altri posti si possano trovare, a livello centrale o periferico! (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

DANIELE ROSCIA. I giornalisti de l'Unità alla RAI!


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SABATINO ARACU. Io mi ribello, ma serve anche un regime psicologico perché si stanno utilizzando strumenti come questi!
La manifestazione di domani è un'ulteriore umiliazione ad un'Italia che non la pensa come questa maggioranza, è un'umiliazione indotta anche da quei mass media che da questo Parlamento, nell'ambito della legge sull'editoria, prendono anche il contributo annuale per i loro giornali. Credo che non sia possibile non udire in questo momento una voce che dica: «Ma tanto, cari signori, il Polo non c'è più, non avete altra scelta». È una vergogna, perché questo non è vero! Tutti noi siamo disposti ormai - e lo stiamo dimostrando in questi giorni - a combattere una lotta dura perché in presenza di questo regime solo con una lotta dura si può aprire gli occhi a tutti gli italiani, i cui interessi sono calpestati giornalmente.
Signori, purtroppo vedo in questo paese una tristezza enorme. Evidentemente oltre ai danni, oltre ai sinistri, la sinistra sta portando anche la tristezza, sta togliendo l'entusiasmo agli imprenditori, sta dando ai cittadini la sensazione di non essere liberi. E questa è la cosa più grave. Forse non ci rendiamo conto che possiamo passare su tutto, ma quando ad un paese togliamo l'entusiasmo ci sarà ben poco da costruire sulle ceneri che tutti voi della sinistra volete.
Non siamo disposti a pagare questo prezzo. La sinistra con questo provvedimento crede di difendere i lavoratori, pensando che paghi solo il ceto medio, che paghino solo i commercianti. Ma i commercianti sapete che dicono? Dicono: «Ci aumentano l'IVA, aumenteremo i prezzi». Pagheranno dunque sempre i lavoratori, che sono difesi solo a parole da questa sinistra! Invece nei fatti gli unici accreditati a parlare nelle fabbriche o nelle piazze sono gli uomini di questa opposizione e non certo quelli di questa maggioranza infida! (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Cari signori, non so se provvedimenti come questo ci porteranno in Europa, ma in Europa arriveremo lo stesso perché un'Italia senza Europa è inconcepibile. Stiamo veramente distruggendo anche il nostro patrimonio culturale. L'Italia è un paese di navigatori, di inventori, di gente che ha veramente voglia di fare: non facciamogli passare questa voglia, perché altrimenti del nostro paese non rimarrà proprio nulla, caro Presidente, né della maggioranza, ma soprattutto di ciò che esso può esprimere in Europa e nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burani Procaccini. Ne ha facoltà.

MARIA BURANI PROCACCINI. Signor Presidente, colleghi, non è tanto della manifestazione di domani che si svolgerà presso il cinema-teatro Capranica di Roma che voglio parlare, perché si commenta da sola; indubbiamente essa sottolinea che a teatro si fa commedia, tragedia o farsa. È mio dovere piuttosto esprimere un parere positivo sugli ordini del giorno in discussione in questa Assemblea. Voglio intanto ricordare che essi si riferiscono a quel decreto-legge sull'IVA che va in senso opposto al risanamento dello Stato e al suo decollo in Europa. Tale provvedimento infatti prevede qualcosa di insostenibile per l'auspicabile ripresa produttiva del paese, indispensabile per fronteggiare la disoccupazione e dare speranze concrete all'occupazione, soprattutto dei giovani, che non possono essere solo illusi con provvedimenti tampone come quelli già adottati dal Governo. Tali provvedimenti peraltro dovevano portare benefici in particolare al centro-sud, dove la disoccupazione giovanile sta componendosi con il disagio ed il disadattamento, con il forzato decremento demografico e con l'autentica disperazione del vivere.
Le nostre aziende, soprattutto le microimprese a conduzione poco più che familiare e che sono il polmone della nazione, hanno un numero di partita IVA molto maggiore di quello di tutte le altre nazioni europee, segno appunto che la piccola impresa è ormai l'energia vitale


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italiana, non riescono a sopportare l'aggravio delle aliquote IVA.
In molti hanno ricordato la direttiva CEE n.77/92 che metteva il Governo al riparo dalla necessità di variare le aliquote. Non è possibile che il Governo cerchi i soldi a destra e a manca e non tenga conto delle reali necessità del paese, perché la favoletta dell'asino di Buridano, come tutti gli apologhi nella sua saggezza, dovrebbe insegnare che a furia di spremere le attività produttive, magari dando con l'altra mano qualcosa sotto forma di incentivazioni alle grandi imprese, vengono portare a morire. Così stancamente l'Italia scivola verso l'Albania, in una deriva antistorica che purtroppo ci contraddistingue in questo scorcio di fine secolo.
Sostenere infatti che il Governo vuole tutelare i consumi di natura prioritaria è decisamente demagogico, perché per esempio il settore delle calzature, tradizionale fiore all'occhiello di buone industrie del sud italiane, non si può dire che non abbia carattere prioritario. Tutti noi ricordiamo che nei paesi dell'est, quello che mancava in maniera assolutamente pazzesca, erano le scarpe; talvolta nei magazzini di Mosca si trovavano soltanto calzature di un unico numero o di un solo piede. Quando qualcuno dell'Est veniva in Italia la prima cosa che comprava nei mercatini rionali italiani erano proprio le scarpe. Vogliamo andare tra non molto a comprare le scarpe a Mosca? Non credo che questa sia la speranza italiana e neppure la mia (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Danese. Ne ha facoltà.

LUCA DANESE. Signor Presidente, malgrado la febbre, voglio testimoniare il nostro disappunto per quello che è contenuto nel provvedimento il cui esame si sta trascinando in queste ore in aula.
Riteniamo che il Governo abbia compiuto le proprie scelte, avendo ampia facoltà, scelte che, ancora una volta, penalizzano tutte le aziende che cercano faticosamente di intensificare la produzione e di conciliare la stretta fiscale con le necessità di sviluppo, obiettivo che una qualunque media azienda deve porsi.
Il Governo non ha fatto la scelta di adeguarsi semplicemente alla direttiva europea (adeguamento che avrebbe generato un gettito fiscale aggiuntivo di 4 mila miliardi e che avrebbe garantito che il tasso di inflazione non sarebbe aumentato più dello 0,45 per cento); ha scelto di tentare di ottenere un gettito fiscale ancora più alto, circa 6 mila miliardi, che inevitabilmente avrà un impatto inflazionistico maggiore.
Bisogna dire che questi 5.700 miliardi di gettito che si dovrebbero realizzare nel 1998, oltre ai 1.900 previsti per il 1997, sono un'eventualità, come abbiamo visto anche dall'andamento delle entrate negli ultimi due anni: purtroppo lo scopriremo per tempo. Probabilmente questo trend porterà l'inflazione nel 1998 a oltre il 3 per cento.
Avremmo avuto più tempo per adeguarci alla normativa comunitaria; non era necessario correre in questo modo, tanto più che il provvedimento finisce con l'essere in contraddizione per alcuni aspetti con quanto è previsto nel collegato alla legge finanziaria che stiamo definendo in Commissione da alcuni giorni, con ulteriore disappunto da parte nostra. Basti pensare al settore edilizio: nel collegato si è già dovuto mettere mano (finalmente, devo dire) ad una situazione sempre più difficile per quel comparto, in qualche modo dando vita ad una contraddizione con quanto previsto nel provvedimento in esame. In varie circostanze abbiamo tentato di far capire che tutto quello che riguarda la manovra finanziaria rappresenta un complesso che non può essere spezzettato in provvedimenti di volta in volta episodici, e che a nostro avviso in molti casi essi dovrebbero tener conto di un buon senso diffuso, che invece a volte manca.
Per sottolineare un aspetto che mi ha lasciato allibito, ricordo che il Governo


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valuta in ben 1.000 miliardi la previsione di entrata, di cui all'articolo 18 della legge finanziaria (che tratta delle disposizioni per il recupero di imponibile, una materia connessa con quella che stiamo discutendo), derivante dalla tassazione dei contributi a fondo perduto. Mi chiedo con quale criterio le associazioni di categoria abbiano rinunciato a dare battaglia sull'argomento; si prevede che qualunque azienda che ottenga un contributo a fondo perduto sia costretta a considerarlo come reddito nell'esercizio in cui è stato incassato. Tutto ciò senza considerare che questo probabilmente sarà l'anticipo di quella che diventerà una sorta di tassazione anche dei fondi CEE, perché gran parte di questi contributi derivano dal cofinanziamento di tali fondi.
Tutto ciò è contemporaneo al provvedimento sulle aliquote IVA, e finirà per trasferire il danno soprattutto sui prezzi al consumo. Non sarebbe stato così assurdo se l'Italia si fosse mantenuta allo stesso livello degli altri paesi europei e non avesse voluto fare la parte della più esosa in materia di IVA, se è vero che in Spagna l'aliquota ordinaria è del 16 per cento, nel Regno Unito del 17,5 ed in Germania del 15 per cento. Forse in realtà la questione è tutt'altra e risiede nel fatto che il Governo, come sappiamo bene, ha forti problemi di cassa e li vuole risolvere inseguendo in continuazione l'aumento delle spese con l'aumento delle entrate fiscali, che alla fine è la misura sempre più semplice da applicare.

ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Sappiamo che quando viene deliberata la seduta fiume sono possibili - è stato anche annunciato - delle pause tecniche. Vorrei chiederle se non sia possibile prevedere fin d'ora una pausa tecnica che consenta ai colleghi presenti in aula e che debbono intervenire nel corso della seduta notturna di espletare alcune funzioni come consumare una cena, un panino o qualcosa di caldo, per tornare poi più convinti e caricati in aula.
Vorrei chiederle di farci avere notizie su questa breve prima sospensione per l'orario di cena, prima di entrare nella fase notturna dei nostri lavori: le saremmo molto grati.

PRESIDENTE. Onorevole Vito, lei sa che la seduta fiume si chiama così proprio perché ha una continuità, una fluenza continua. È prevista una pausa tecnica per la pulizia dell'aula al mattino. Naturalmente il conforto dei deputati può essere garantito dalle opportune turnazioni; lei sa che abbiamo un ordine di interventi che voi stessi stabilite e che quindi permette a ciascuno di avere il suo momento di pausa. Anche noi abbiamo dei turni, ci alterniamo...

ELIO VITO. E Marongiu.

PRESIDENTE. Anche l'onorevole Marongiu.

ALFREDO BIONDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

ALFREDO BIONDI. Per dare una comunicazione all'Assemblea. Devo portare a conoscenza della Presidenza un documento preparato dai parlamentari che fanno parte del Polo delle libertà, indirizzato al Presidente della Camera dei deputati. Sarebbe scorretto se lo passassi alla stampa senza averne dato comunicazione alla Presidenza.

PRESIDENTE. È una procedura un po' atipica; tuttavia, data l'autorevolezza della richiesta, ha facoltà di parlare, onorevole Biondi.

ALFREDO BIONDI. Lo faccio per un rispetto verso la Presidenza, affinché non legga sui giornali quello che desideriamo fare invece fuori dai giornali.
«Signor Presidente della Camera dei deputati, i sottoscritti deputati, di fronte alle notizie di stampa che riferiscono di


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una pubblica manifestazione che sarebbe stata indetta domani al cinema Capranica per protestare contro l'opposizione democratica che sta svolgendo il proprio ruolo secondo le norme che regolano i lavori parlamentari; appreso che a tale manifestazione avrebbe dato la propria adesione e partecipazione il Presidente del Consiglio, onorevole Romano Prodi; ritenuto che se la notizia fosse corrispondente al vero essa rappresenterebbe una lesione inammissibile non solo dell'unità e della funzione del Parlamento, ma un'insanabile violazione della separazione dei poteri attraverso un'inconcepibile pressione del capo dell'esecutivo nei confronti del legislativo in una sede impropria; ritenuto che il Governo e il Presidente del Consiglio hanno sempre la possibilità di intervenire in Parlamento durante il dibattito in corso e che se lo stesso Presidente, anziché partecipare ai lavori della Camera, partecipasse ad una manifestazione contro il Parlamento e contro l'opposizione, che ne è l'essenza, compirebbe un atto costituzionalmente illegittimo, abusando delle proprie funzioni; chiedono un suo intervento presso la Presidenza del Consiglio perché il Presidente Prodi venga in aula a chiarire l'episodio e a rassicurare il Parlamento sull'infondatezza della notizia riferita». Firmato Marzano ed altri (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melograni. Ne ha facoltà.

PIERO MELOGRANI. Presidente, colleghi, mi esprimo in favore degli ordini del giorno del Polo e della lega nord nei riguardi di un decreto che prevede inasprimenti fiscali. Gli ordini del giorno tendono ad attenuarli e corrispondono pertanto alla mia filosofia, che è poi la filosofia del centro-destra della Camera che, se non ricordo male, circa un anno fa, approfittando del tabellone elettronico, nei cinque settori del centro-destra compose le parole no tax, niente tasse. L'attuale Governo con questo decreto le accresce. Accresce l'imposizione fiscale perché preferisce non tagliare le spese; e lo preferisce per due ragioni. Innanzitutto, perché non possiede la forza politica per tagliare le spese. In secondo luogo, perché essendo assillato dalla necessità di conseguire i parametri necessari per entrare nell'euro, ritiene che i tagli di spesa abbiano degli effetti molto più lenti che non gli immediati accrescimenti delle entrate. In tale modo, però, il Governo toglie competitività alla società italiana, favorisce la fuga delle imprese.
Un po' di storia. Alcuni mesi orsono, se non sbaglio in febbraio, il Presidente Prodi si recò in Spagna, a Valencia, ed ebbe un incontro con i dirigenti del Governo spagnolo da cui ricavò non l'impressione, ma la consapevolezza del fatto che la Spagna sarebbe entrata nell'euro alla prima tornata e l'Italia viceversa non ce l'avrebbe fatta.
A quel punto decise di introdurre delle misure drastiche perché questo non accadesse, tra le quali possiamo anche inserire, come cascame, questo provvedimento.
È accaduta però qualche altra cosa, nel corso di questi mesi, ed è che l'euro è cambiato, ed è cambiata l'Europa: ci sono state le elezioni politiche francesi, ci sono state le difficoltà tedesche, c'è stata una diminuzione dell'inflazione un po' dovunque (non soltanto in Italia; nel nostro paese ha favorito il calo dei tassi di interesse), c'è stata quella fortuna dalla quale il Presidente del Consiglio si sente baciato; se vogliamo riassumere sinteticamente in una frase questa fortuna, c'è che l'Italia debole sta per entrare in un'Europa debole. Oggi, dato che l'Europa è debole, è molto probabile che l'Italia debole entri nell'euro.
L'ansia che era nata all'indomani dell'incontro con gli spagnoli non è tuttavia scomparsa, data la precarietà delle condizioni dell'Italia; e questo è un provvedimento imposto ancora dall'ansia. Certe volte mi chiedo se addirittura, oltre ad essere dannoso, non sia in qualche misura inutile al fine del conseguimento di quel


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l'obiettivo rappresentato appunto dall'entrata dell'Italia nell'euro. È un provvedimento che colpisce i consumi e che rischia di accentuare la crisi del nostro paese; porta l'Italia in condizioni di debolezza e poi, dato che ho definito debole l'euro, pur non avendo il tempo per sviluppare come vorrei questo tema, direi che ci sarebbe da riflettere sull'opportunità dell'obiettivo di entrare nell'euro. Gli italiani si preoccupano tutti del «se» l'Italia entrerà nell'euro, ma non discutono mai sulla convenienza di entrarvi; forse questa convenienza ci sarà pure, ma è da discutere, e viceversa questa Camera, e in genere l'opinione pubblica, di questo non ha discusso.
Concludo dicendo che il vero obiettivo dovrebbe essere quello di dare al nostro paese la competitività e non forse di farlo entrare in un organismo che accrescerà le sue difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Melograni.
Vorrei comunicare ai colleghi, in relazione a quanto precedentemente affermato dal Presidente Biondi a nome - penso - dei gruppi di opposizione, che la riunione dei parlamentari di maggioranza prevista per domani avrà luogo in un'aula dei gruppi, presumibilmente in quella del gruppo del PDS o comunque in un locale adeguato.

LUCIO COLLETTI. Non al cinema Capranica?

PRESIDENTE. Non al cinema Capranica.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesaro. Ne ha facoltà.

LUIGI CESARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto sull'IVA, che rappresenta una componente caratterizzante della manovra di finanza pubblica per il 1998, costituisce un esempio classico di quello che non si dovrebbe fare per risanare i conti dello Stato. Questo Governo, onorevoli colleghi, insiste nel percorrere fino alle estreme conseguenze la strada dell'aumento della pressione fiscale, essendo manifestamente incapace di contenere in misura permanente e significativa la dinamica della spesa pubblica. E io ne sono convinto; per questo motivo voterò tutti gli ordini del giorno del Polo e dell'opposizione.
Noi siamo contrari all'aumento dell'IVA per i seguenti motivi. Contestiamo la scelta effettuata dal Governo tra le varie possibilità: si poteva per esempio semplicemente adeguarsi alle direttive europee, aumentando dal 4 al 5 per cento l'aliquota ridotta e dal 16 al 19 quella transitoria. Così facendo si sarebbe avuta una entrata aggiuntiva di 4.000 miliardi, con un accettabile aumento dell'indice dei prezzi non superiore allo 0,45 per cento.
Onorevoli colleghi, si poteva mirare con più determinazione all'annullamento dell'effetto inflazionistico riducendo le aliquote dal 19 al 10 per cento per alcune categorie ed aumentandola dal 10 al 19 per altre, così ottenendo un aumento delle entrate pari a 2.900 miliardi, ma senza impatto inflazionistico. Cosa fa, invece, il Governo? Segue la terza strada. Ottiene, cioè, 6.000 miliardi di maggiori entrate ignorando o, meglio, negando che l'effetto immediato sarà una forte inflazione. Tutto questo perché chi ci governa oggi guarda solo ed esclusivamente al maggior prelievo fiscale, al di là di ogni altra considerazione, senza preoccuparsi minimamente dei conseguenti dannosi effetti per l'economia.
Il Governo dice che l'inflazione non aumenterà oltre lo 0,7 per cento. Noi del Polo per le libertà, invece, riteniamo che solo per il 1998 si corre il rischio di raggiungere il 3 per cento. Cosa succederà allora, cari colleghi, a noi che ci accingiamo ad entrare in Europa? Come potremo rendere compatibile la nostra presenza con quella di altri paesi europei che hanno agito e stanno agendo in maniera molto più coerente con i parametri europei? Il Governo avrebbe potuto utilizzare margini di tempo superiori per adeguarsi alle direttive comunitarie; portando in aula questo provvedimento ha deciso, invece,


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di accelerare i tempi. La motivazione è da ricercare ancora una volta in quello che è il suo unico obiettivo: assicurarsi altre entrate fiscali. Cari colleghi, il prezzo per questa scelta verrà pagato ancora una volta sacrificando lo sviluppo del nostro paese, l'occupazione, la stabilità monetaria della nostra già mal ridotta economia.
Il Governo ha dichiarato di voler tutelare i consumi di natura prioritaria. Con questo provvedimento si vanno a colpire, ad esempio, settori come quello dell'abbigliamento e delle calzature, che producono sicuramente beni di natura prioritaria e in buona parte del nostro paese svolgono un importantissimo ruolo in un momento così difficile come quello che stiamo vivendo.
La nostra parte, cari colleghi, chiede da sempre interventi strutturali di razionalizzazione della spesa pubblica e non semplici palliativi. Questo Governo non ha voluto operare le necessarie modifiche strutturali nel perseguire l'obiettivo del risanamento della finanza pubblica. Questo Governo ha voluto, ancora una volta, solo assicurare nuove entrate, certe ed indispensabili a garantire la presenza del nostro paese sul palcoscenico dell'Europa, attraverso un costante e più che mai deleterio inasprimento della pressione fiscale. Concludo invitandolo ad essere più concreto, più serio, perché noi lo aspetteremo al varco (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che l'azione dell'opposizione sia rivolta a cercare di contestare in maniera forte e vigorosa quello che per noi rappresenta due ordini di problemi. Uno credo che vada rilevato nel ricorso continuo alla posizione della questione di fiducia; ricorso continuo che vede insita la debolezza di questa maggioranza rispetto ad un percorso che vuole minimizzare, emarginare, estraniare quel confronto che all'interno dell'aula parlamentare dovrebbe, invece, tenersi in maniera corretta e costruttiva per gli interessi ed i bisogni del paese.
Credo che stia prevalendo la logica dell'onorevole D'Alema, che si richiama al discorso pronunciato nella chiusura congressuale a Rimini: in questo paese c'è una parte buona, che vuole costruire, che ha rispetto delle istituzioni, che vuole portare la nazione in un'Europa sana, una parte che vuole dare risposte agli italiani. A giudizio dell'onorevole D'Alema esiste anche una parte definita degli anormali, coloro cioè che inveiscono contro le istituzioni, che contestano e criticano la credibilità di questa nazione, che non vogliono concretamente attuare provvedimenti capaci di risolvere i problemi italiani.
Umilmente credo di poter sostenere una determinazione diversa rispetto a questi passaggi, ossia che il Governo ha disatteso in maniera estrema e disperata le istanze avanzate dai cittadini e dal paese. Vedere le piazze occupate dai cortei di tutti i settori di categoria che sottolineano l'inefficienza e l'incapacità del Governo nel fornire risposte, non credo sia solo un momento grave e drammatico di crisi istituzionale, è la crisi di quello che un Governo della sinistra aveva individuato, nei suoi programmi, come un percorso per la soluzione dei problemi del paese. Invece, abbiamo assistito a cortei in cui la maggioranza si è travestita da opposizione ed urla contro i misfatti compiuti dal Governo! Assistiamo quotidianamente alla rivendicazione, da parte delle categorie, di altri tipi di provvedimenti, verificando nel contempo il contenuto del decreto-legge al nostro esame giustificato con la omogeneizzazione delle direttive della Comunità europea da una parte e l'urgenza rispetto alla manovra finanziaria giunta all'esame della Commissione bilancio solo in questi giorni, dall'altra.
Esiste, a mio avviso, un'impostazione della programmazione economica e politica, ma il sistema fiscale non può essere utilizzato per la concreta attuazione del regime, dato che a nessuno può sfuggire


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che questi provvedimenti colpiscono un certo tipo di cittadini, quelli cioè che hanno dato il consenso elettorale sui programmi e sui progetti alternativi; i cittadini che hanno riconosciuto al Polo per le libertà la capacità di governare e di proporre un progetto alternativo efficace. Il sistema fiscale non può essere utilizzato per opprimere; non può essere usato ancora una volta per uccidere la produttività del paese, deve invece aiutare le categorie interessate, ponendo fine alla chiusura delle serrande, di cui oggi nessuno si accorge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Collavini. Ne ha facoltà.

MANLIO COLLAVINI. Signor Presidente, colleghi, con il decreto-legge n.328 si prevede l'aumento dell'IVA sul vino dal 16 al 20 per cento. Ciò significa colpire duramente uno dei settori produttivi più rilevanti per l'agricoltura italiana, quello vitivinicolo, sicuramente tra i più importanti in termini di fatturato e di valore all'export. Va considerato inoltre, fatto non meno importante, che il comparto occupa oltre un milione di addetti, cioè un milione di lavoratori che finora non hanno rivendicato quasi nulla, a differenza del settore automobilistico per il cui sostegno è stata posta la fiducia sul decreto recante disposizioni per la rottamazione.
Colpire ancora questo settore - mi riferisco al vino - già in difficoltà all'estero per il duro confronto con la concorrenza sia europea sia extraeuropea, con costi di manodopera di gran lunga superiori rispetto ai paesi con i quali si deve confrontare nei vari mercati, non ritengo sia una grande idea. Forse era più giusto e avveduto, anche se politicamente meno conveniente, portare l'IVA agevolata delle cooperative agricole - ora non la versano allo Stato, ma la incamerano - ad un'unica aliquota, per esempio ad un'aliquota media del 10 per cento. In questo modo anche le cooperative la verserebbero allo Stato come i coltivatori, come le altre aziende del settore, sia commerciali sia agroindustriali.
Questo cambiamento avrebbe sicuramente prodotto di più in termini di gettito fiscale di quello che può produrre l'aumento del 4 per cento, il quale invece, riducendo i consumi, rischia di tradursi in un fallimento.
Per concludere, Presidente, mi consenta di ricordare che se questo decreto fosse stato imposto da uno dei tanti Governi presieduti dalla vecchia democrazia cristiana, l'allora partito comunista italiano avrebbe sicuramente portato in piazza centinaia di migliaia di persone. Ora gli stessi, le stesse persone, con gli stessi sindacati non si rendono conto che uccidendo tutte le imprese, soprattutto le piccole, rischiano di far perdere il posto di lavoro a tutti i lavoratori ai quali hanno dato ad intendere di prendere le loro difese (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

GIACOMO GARRA. Le spalle alla Presidenza.

ELIO VITO. Presidente, per cortesia, un po' d'ordine.

TIZIANA MAIOLO. Girano le spalle alla Presidenza.

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, evitate di fare questi capannelli. Grazie. Potete sedere; onorevole Carotti, la prego di sedersi; onorevole Bielli... Grazie.
Prego, onorevole Colletti.

LUCIO COLLETTI. Non parlerò della smentita riunione al cinema Capranica e sorvolerò anche sul decreto concernente l'IVA. Penso che ad un anno e mezzo circa di vita della legislatura convenga richiamare alla mente l'animo e i pensieri con cui questa si aprì.
C'era allora un problema immane e incombente, il cui riconoscimento coinvolgeva


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in egual misura sia la maggioranza sia l'opposizione: il risanamento della finanza pubblica. Il paese era reduce da anni di manovre finanziarie la cui entità già nel maggio del 1996 credo si potesse calcolare intorno ai 300 mila miliardi; erano manovre che avevano poggiato fondamentalmente sulla leva fiscale.
Ricordo bene che, nel suo discorso programmatico all'atto dell'insediamento del Governo, il Presidente del Consiglio formulò ufficialmente la promessa di non accrescere l'imposizione fiscale. Ho seguito con grande interesse quell'impostazione perché, dovendosi risanare la finanza pubblica escludendo ulteriori ricorsi a nuovi tributi ed a nuove imposte, non rimaneva altra via che quella di affrontare risolutamente il problema della spesa pubblica.
Mi incuriosì e mi stimolò intellettualmente il problema di come una sinistra che rivendicava la sua modernità ed il suo rinnovamento si sarebbe misurata con una questione così fondamentale come la riforma dello Stato sociale. La riduzione della spesa pubblica implica evidentemente un intervento sullo Stato sociale...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, un po' d'ordine!

LUCIO COLLETTI. Ma lasciateli parlare tranquillamente: non c'è mica l'obbligo all'ascolto!

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Colletti. Prosegua pure.

LUCIO COLLETTI. Questo fu l'avvio... Il banco di prova della prima parte della legislatura è stato costituito proprio da questo elemento: sarebbe stata la sinistra, per la prima volta al Governo dopo cinquant'anni, in grado di mettere le mani su una questione così spinosa come la riforma dello Stato sociale, intervenendo sui tre grandi comparti della spesa pubblica: impiego pubblico, assistenza sanitaria e previdenza? Erano questi i fattori che costituivano il cuore del problema politico con il quale si apriva la legislatura.
Fino alla primavera di quest'anno, siamo andati avanti ricorrendo alle misure ed ai metodi tradizionali. Tutte le manovre poste in essere dal Governo Prodi vertevano essenzialmente su nuovi prelievi fiscali ed operazioni di manipolazione e cosmesi dei bilanci. Questo è avvenuto fondamentalmente, al punto che nella primavera di quest'anno, se voi aveste interpellato persone con piena cognizione dello stato delle cose, avreste avuto la risposta unanime per cui le possibilità per l'Italia di entrare con i paesi di testa nell'euro erano praticamente da escludere.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIO COLLETTI. La situazione si è rovesciata improvvisamente con le elezioni francesi ed il Governo Jospin.
A fine primavera 1997 il Governo Prodi si è impegnato a varare finalmente, dopo mesi di studio (ricorderete la commissione Onofri), la riforma dello Stato sociale.

PRESIDENTE. Onorevole Colletti, la prego di concludere.

LUCIO COLLETTI. Questa riforma non è stata compiuta se non in misura esigua (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bergamo. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BERGAMO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, intervengo per dichiarare il voto favorevole del gruppo di forza Italia agli ordini del giorno presentati dai colleghi parlamentari del Polo e della lega. Riteniamo che questi documenti rappresentino, in parte, correttivi al decreto-legge che, come è stato ampiamente dimostrato nel corso del dibattito, risulta estremamente penalizzante per l'economia e lo sviluppo del nostro paese.


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Gli atti di cui si sta parlando, che spero siano accolti, sono i più svariati perché, con l'inasprimento fiscale attuato dal Governo, sono colpiti molti settori produttivi della piccola e media impresa e dell'artigianato: ne deriveranno un forte calo dei consumi e, quindi, considerevoli danni economici.
Le proposte presentate e solo in minima parte ieri accolte invitano il Governo a semplificare la disciplina delle tabelle e a ridurre le nuove aliquote IVA in determinati settori produttivi e strategici per l'economia italiana. In particolare si intende evitare che nuovi oneri vengano addossati alle imprese attraverso la riduzione dei termini di fatturazione, oltre a quelli già rappresentati dall'aumento dell'imposta dal 16 al 20 per cento. Risultano ulteriormente penalizzati i settori florovivaistico, dell'edilizia, l'attività sportiva professionistica, gli enti locali, le imprese vitivinicole, culturali, musicali, turistiche, nautiche, eccetera. Insomma, il Governo ha salvato ben poco dalla sua furia fiscale.
Come ho detto, signor Presidente, sono semplici correttivi sotto forma di ordini del giorno, l'unico strumento lasciato dal Governo all'opposizione dopo l'inaspettata decisione di porre la questione di fiducia sul decreto-legge. Ci è toccato digerire anche il tono sprezzante dell'onorevole Mussi, la cui intenzione evidente era quella di scaricare sul nostro comportamento, potenzialmente ostruzionistico, l'ennesima violenza che questo Parlamento subisce attraverso l'uso continuo del voto di fiducia. L'onorevole Mussi lo ha fatto con la stizza che è propria di chi ha torto ed alza la voce per non lasciar ascoltare le motivazioni di chi ha ragione, addirittura con un processo alle intenzioni dell'opposizione che prima o poi avrebbe attuato la pratica dell'ostruzionismo, che giustifica la scelta del Governo. L'onorevole Giovanardi molto opportunamente l'ha chiamata «rappresaglia preventiva». Francamente mi meraviglia la mancanza di argomenti del presidente Mussi.
Ritornando alla questione in discussione, certamente più importante delle nevrosi dell'Ulivo, devo far rilevare che le imprese italiane sono allo stremo delle loro forze e non riescono più a sopportare l'asfissiante pressione fiscale. Le proteste si levano da tutti i settori: i trasporti, le scuole, gli agricoltori e quanti altri si trovano a disagio in questo paese, perché è diretto da un Governo che non dà risposte, perché soffriamo tra mille disservizi e tante incertezze prodotte da un apparato che non risponde più.
Questi malesseri sono maggiormente evidenti nel Mezzogiorno d'Italia che è profondamente disilluso e non crede più alle promesse, ai patti del lavoro, al complotto Governo-sindacato, ai vertici parolai in favore dell'occupazione che non hanno mai prodotto nulla, se non un'ignobile propaganda politica.
Proprio questa mattina l'istituto statistico europeo ha diffuso i dati relativi all'occupazione sul territorio dei 15 paesi che compongono l'Unione europea: il meridione d'Italia risulta avere il più alto indice di disoccupazione giovanile con il 66,6 per cento in Campania, il 65,5 in Calabria e il 63,7 in Sicilia. Ecco i tristi risultati della politica economica di Prodi, Visco e compagni.
La maggioranza non si rende conto della crisi strisciante nella sua stessa componente culturale popolare. L'enorme difficoltà nella vendita dei quotidiani di sinistra è la chiara e migliore risposta alle rozze accuse di Galli Della Loggia.
A fronte di questo dato negativo si registra invece una fioritura di iniziative editoriali da parte di prestigiosi esponenti del mondo culturale, che fanno intravedere una ricca stagione di proposta e di sostegno per rilanciare la nostra parte politica come unica alternativa all'oscurantismo che questa nazione sta attraversando grazie alla classe politica che ci governa.
Concludo preannunciando il nostro voto favorevole su tutti gli ordini del giorno presentati dai gruppi di forza Italia, del CCD, di alleanza nazionale, della lega nord per l'indipendenza della Padania e chiediamo uno sforzo a tutta l'aula per approvare alcuni correttivi a

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questo ingiusto inasprimento fiscale (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

GIUSEPPE TATARELLA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Desidero fare una precisazione per dare serenità al nostro lavoro turbato da un «comizietto di Aventino» accanto al palazzo del Parlamento.
Abbiamo appreso, con grande soddisfazione, che questa operazione è rientrata, e noi ne siamo felici. Questa operazione rientrata è successiva alla nostra iniziativa, concomitante, di chiedere al Presidente della Camera l'utilizzo di una sala del Parlamento, in contemporanea a questa riunione di chi sfugge al confronto nell'aula. Per cui, domani avremo due manifestazioni: una che rientra - si abolisce quella al cinema Capranica -, restituendo il colloquio all'interno di una sede parlamentare, quella del PDS - e ciò è legittimo - e, in contemporanea, ne discuteremo, a palazzo san Macuto, in risposta all'iniziativa del gruppo parlamentare dell'Ulivo e del Presidente del Consiglio.
Noi ci saremmo augurati, custodi della centralità del Parlamento, che tutto il dibattito avvenisse in Parlamento e non nelle sale adiacenti. Domani avverrà nelle sale adiacenti e non nell'aula: è meno grave della decisione neoaventiniana della maggioranza di riunirsi in un cinema accanto al Parlamento per discutere di fatti parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Tatarella.
Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Martino. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARTINO. Grazie Presidente, onorevoli colleghe e colleghi. Con tutto il rispetto, io vorrei ricordare al presidente Mattarella la differenza che vi è tra un Parlamento e un parlatoio: egli ha confabulato con i suoi colleghi di maggioranza mentre parlavano i colleghi che mi hanno preceduto e si accinge a confabulare con il ministro Visco durante il mio intervento. Non trovo ciò rispettoso né della mia persona né di quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia - Commenti del deputato Mattarella).
Vorrei permettermi di ricordare alla Camera una considerazione, tutt'ora attuale, di David Hume, in base alla quale raramente la libertà, di qualsiasi genere, si perde tutta in una volta. Quello a cui noi stiamo assistendo oggi è l'erosione progressiva e continua delle nostre libertà, anche politiche e parlamentari. Io trovo singolare che colleghi parlamentari che hanno avuto lunga militanza nei banchi dell'opposizione possano, oggi che si trovano in maggioranza, e quindi a sostenere il Governo, calpestare in modo evidente i diritti ed il ruolo dell'opposizione. Non si ripeterà mai abbastanza che non è l'esistenza del Governo a qualificare come democratico un paese, perché esistono Governi anche nei paesi antidemocratici. È l'opposizione a qualificare come democratico un paese, perché solo nei paesi democratici esiste l'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Taluno, nei banchi delle sinistre, potrebbe dire: «Ma l'opposizione sostiene tesi che noi non condividiamo, tesi che noi disapproviamo». Vorrei ricordare ai colleghi delle sinistre che la libertà di sostenere tesi gradite al potere è una libertà che Stalin e Hitler concedevano molto facilmente. È la libertà di sostenere tesi contrarie al potere che va tutelata e difesa, ed è questo il ruolo dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD). Si dirà: «Ma l'opposizione ostacola l'opera del Governo!». E dove sta scritto che compito dell'opposizione sia quello di agevolare l'opera del Governo? Compito dell'opposizione è quello di controllare e, nei limiti del regolamento, ostacolare l'attività del Governo. No, il ricorso vergognoso,


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continuo e spregiudicato alla questione di fiducia è una vergogna per le sinistre, per la maggioranza, per il Governo!
Noi assistiamo anche, onorevoli colleghi, alla erosione delle nostre libertà economiche, perché questo Governo ha scelto una politica di aggravi fiscali, e sarebbe impossibile negare che esiste una correlazione negativa fra la crescita della fiscalità e la nostra libertà economica, la libertà di utilizzo del nostro reddito.
Io vedo nei banchi del Governo, con il suo dolore, la mesta e dolente figura del sottosegretario Marongiu. Con l'animo fraterno di chi ha combattuto con lui tante battaglie contro il fisco ingiusto, comprendo il suo stato d'animo, combattuto tra il fisco di cui è cultore ed il Visco di cui è sottosegretario! (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD).
La verità è che in questo paese la fiscalità è cresciuta in modo continuo ed irrefrenabile, con la motivazione che ciò sarebbe servito a risanare i conti dello Stato. La fiscalità è cresciuta ma i conti dello Stato non sono stati risanati e mi stupisce che possa essere approvata da esponenti delle sinistre una politica fiscale reazionaria, che caccia dal mondo del lavoro i nostri giovani, che condanna al sottosviluppo il Mezzogiorno e che blocca lo sviluppo! (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Non basta: l'aumento incontrollato, ingiustificato, inaccettabile della fiscalità sta spaccando l'Italia, perché rende sempre più esasperata la condizione dei contribuenti, specie al nord, e sempre più disperata la condizione dei disoccupati, specie al sud. Invece di portare l'Italia in Europa, questo Governo sta spaccando l'Italia, sta mettendo il nord contro il sud, una regione contro l'altra, una categoria di contribuenti e di lavoratori contro l'altra, sta dividendo l'Italia: per questo, signor Presidente, voterò a favore degli ordini del giorno del Polo e della lega (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSO. C'era una volta un partito descritto come populista e propulsore di una svolta plebiscitaria, da abbattere con ogni mezzo, anche con la truffa, e qualcuno c'è riuscito; quel partito è oggi qui in Parlamento a difendere le prerogative parlamentari, come ha sempre fatto in questi tre anni e mezzo. E c'era una volta un altro partito, supposto alfiere di un paese normale, da portare al potere ad ogni costo, anche con l'imbroglio, e c'è riuscito; quel partito, fino a pochi minuti fa, aveva deciso di non stare in Parlamento, dove sarebbe stato normale sedesse per argomentare le proprie fondate ragioni, ma si dava appuntamento in una piazza virtuale.
La ringraziamo tutti, signor Presidente, per averci comunicato dopo quattro ore di insistenze che non l'onore ma il bon ton in quest'aula parlamentare sarà salvo, perché ci si è accorti che sarebbe stato troppo peronista, per un partito ex comunista, radunarsi in un cinema anziché in una sala attigua all'aula parlamentare, il che non sarebbe piaciuto ai cultori della democrazia repubblicana ma sarà almeno cosa gradita a Lina Sotis e al suo amico Valter Veltroni. E c'è ancora oggi, purtroppo (è questo l'aspetto più disdicevole che meriterebbe un accenno da parte della Presidenza della Camera), qualche migliaio di giornalisti in forza alle televisioni di Stato che, pur se pagati con il canone dei cittadini per rendere a tutti un servizio di testimonianza della verità in politica, non sono mai in Parlamento, nei banchi che vengono loro riservati ma saranno domani, non al Capranica - come lei, Presidente, ci ha informato - ma nella saletta del PDS, a rendere ossequio al regime che li protegge.
Rivolgo pertanto un invito alla Presidenza di questa Camera a lasciar liberi i posti riservati alla stampa per quei ragazzi che ogni tanto allietano le tribune con la loro presenza e con un'attenzione che i giornalisti, neppure della televisione


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pubblica, ci hanno mai riservato in questo Parlamento. È anche merito loro, infatti, se un uomo che si descrisse alla televisione di Stato come il novello Robin Hood, che avrebbe portato via ai ricchi per dare ai poveri, è riuscito nell'esatto opposto. Con le manovre fiscali di quest'anno e mezzo, infatti, Romano Prodi è riuscito a consentire ad un paese di prelevare ai ceti medi per dare ai ceti più benestanti. C'è riuscito con l'accorpamento delle aliquote IRPEF, di cui beneficeranno soltanto coloro che avessero un reddito superiore ai 300 milioni, che passeranno dalla fascia del 51 per cento alla fascia del 45 per cento; c'è riuscito con l'IRAP, una tassa che concentra, secondo un intento apparentemente meritorio, otto precedenti tasse, di cui però cinque, le più gravose, venivano pagate soltanto dalle imprese con più di tre dipendenti, e non dai commercianti, dagli artigiani, dagli agricoltori, dai liberi professionisti, cui invece la nuova tassa verrà fatta pagare, con il nuovo scaglione delle aliquote. C'è riuscito sostituendo la legge Tremonti, che portava benefici a tutti gli operatori produttivi del nostro paese, con la rottamazione che indirizza i propri benefici soltanto ad un settore, ad un proprietario, ad un capitalista, si sarebbe detto un tempo con un termine dei «sinistri» presenti in questo Parlamento sotto l'insegna di rifondazione comunista. C'è riuscito infine con queste aliquote IVA che, colpendo i consumi, riescono addirittura in intenti parossistici che difficilmente avremmo potuto ritenere di riscontrare nell'azione di un Governo che si definisce continuazione del tentativo di riscattare i ceti popolari dalla loro presunta povertà.
Ebbene, queste aliquote IVA colpiscono quattro settori in particolare, sui quali il Governo aveva promesso pubblicamente alle categorie interessate di intervenire a beneficio e non in gravame. Ad esempio, 5per quanto riguarda l'edilizia, da un lato si è dato uno sgravio fiscale a chi opera per ristrutturare l'abitazione e dall'altro - come tanti colleghi hanno ricordato ma anch'io qui ripeto - si è aggravata l'aliquota IVA che colpisce i materiali per l'edilizia e per le ristrutturazioni. Sicuramente questa imposta colpirà chi vorrà ristrutturare, non altrettanto sicuramente farà emergere il sommerso che si voleva far recuperare ad una fiscalità normale. Altrettanto è da dirsi per l'aliquota sul vino, che non soltanto aumenta dal 16 al 20 per cento, ma addirittura, togliendo i benefici di cui fino ad allora godeva quel settore, porterà l'agricoltura italiana ad avere, unica in Europa, una competizione su un prodotto ormai in decadenza, come quello del vino, ulteriormente aggravato da imposte (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

RAFFAELE COSTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che quella di oggi sia una seduta positiva, così come sarà positiva la seduta di domani, perché i gruppi dell'opposizione hanno manifestato intendimenti comuni, intendono svolgere un lavoro comune, intendono dissociarsi in maniera comune da uno dei principali provvedimenti, negativi a nostro giudizio, di questo Governo. Ritengo che l'espressione favorevole che verrà dai gruppi della lega nord, di forza Italia, di alleanza nazionale e da altri gruppi sugli ordini del giorno varrà in qualche misura ad attenuare la gravità di questo provvedimento.
Ci troviamo di fronte ad un paese sostanzialmente cloroformizzato, in cui tutto sembra andar bene per quel che riguarda il mondo che ruota attorno al Governo, le attività governative, i risultati, i prodotti, il profitto dell'azione governativa, perché ci troviamo di fronte ad una società in cui l'informazione, talvolta deformata ma comunque insistente ed a senso unico, manifesta interesse quasi esclusivamente per le poche presunte vittorie del Governo e non sottolinea invece le difficoltà della società, che sono sovente anche il risultato di una azione non positiva del Governo.


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Siamo di fronte ad un'opera che non mi permetto di definire di demistificazione, ma certamente di propaganda, un'opera che incide fortemente in quello che è il rapporto con la gente e condiziona fortemente il modo di esprimersi, il modo di vivere, il modo di essere della società, quasi che ci trovassimo di fronte ad un nuovo miracolo economico, che sappiamo benissimo che non c'è, quasi che ci trovassimo di fronte ad una nuova ripresa economica, che sappiamo benissimo non esistere.
Siamo dinanzi, almeno nelle espressioni ufficiali, a superministri; siamo dinanzi, almeno nelle espressioni giornalistiche e televisive, a grandissimi tecnici che ci dovrebbero portare gloriosamente in Europa. Chi vi parla è parlamentare ormai da diverse legislature e ricordo bene il modo con cui si è enfatizzato il centro-sinistra in Italia; ricordo bene come dal 1970 fino al 1975 certe vittorie sono state viste come il risultato di grandi scelte politiche strategiche generali, capaci di portare un miglioramento della condizione economica del paese. Ci accorgemmo invece che molte cose, soprattutto quelle previste negli anni 1965-1970, erano capaci di portare risultati alquanto modesti. Ricordo anche che vi fu addirittura un rovesciamento della politica.
Noi oggi abbiamo l'arma di poter parlare in molti per far sapere ai cittadini cosa avviene nel paese; in realtà, al di là delle informazioni fornite dai grandi quotidiani, sovente condizionati dagli interessi degli editori, e dall'informazione televisiva, possiamo far conoscere, attraverso tale strumento, all'artigiano quale sarà il futuro della sua attività, condizionata anche dall'aumento delle tasse. Possiamo far conoscere quale sarà il futuro della sua attività al commerciante, ancora più condizionata rispetto al passato dall'imposizione fiscale. Possiamo far conoscere infine quale sarà la vita quotidiana delle famiglie, dei capifamiglia e di coloro che sono condizionati dal reddito fisso.
Non so dire quale impatto avrà sui prezzi questo aumento dell'IVA, non avendo grande dimestichezza con la materia economica. So però che sicuramente inciderà in maniera negativa sull'evasione: dico questo da cittadino, da professionista, da operatore, da persona che vive la realtà di tutti i giorni.
Quando si parla di debito pubblico e di spesa pubblica mi pare vi siano due grandi strade per poter condizionare in maniera positiva le suddette voci: innanzitutto ridurre la spesa pubblica, in secondo luogo vincere l'evasione fiscale. A me pare che con gli strumenti umani e tecnici, soprattutto quelli approntati recentemente dal ministro della funzione pubblica, non si vada lontano per far meglio lavorare le strutture del pubblico impiego, per controllarle ed incentivarle.
Con questo provvedimento...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Costa.

RAFFAELE COSTA. ...sono anche moralmente convinto che si incentiverà prevalentemente l'evasione (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crimi. Ne ha facoltà.

ROCCO CRIMI. Signor Presidente, onorevoli deputati, diversi colleghi questa sera nei loro interventi hanno intercalato, direi con animo accorato, la parola tristezza. Mi riferisco agli onorevoli Biondi, Del Barone, Aracu, ma la vera tristezza, cari amici, sta nel fatto che per ogni decreto-legge del Governo un numero considerevole di aziende, di piccole, grandi e medie imprese italiane, comincia a pensare seriamente di trasferire i propri stabilimenti in paesi meno rapaci sotto il profilo fiscale.
Questo modo di procedere deprime la produttività, aggrava sempre di più la disoccupazione. Le nostre proposte non vengono neanche lette e, d'altro canto, è impossibile far bere l'asino che accompagnato alla fontana non vuole bere, neanche in quelle europee. Non cito l'asino, ma la direttiva europea 77/92 che aveva


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disposto l'avvicinamento delle aliquote IVA nei vari paesi europei al fine di limitarle a tre: una ordinaria e due ridotte. La stessa direttiva dava la possibilità di mantenere, attraverso una norma transitoria, un diverso regime fino a tutto il 1998.
Non vi era dunque alcuna necessità di intervenire in materia di aliquote IVA da parte del Governo, il quale, ciò nonostante, ha adottato un decreto-legge che rappresenta un classico esempio di quello che non si dovrebbe fare per risanare i conti dello Stato.
Noi siamo contrari a queste modifiche, al decreto sull'IVA, e per questo motivo siamo favorevoli ai nostri ordini del giorno e a quelli della lega (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Becchetti. Ne ha facoltà.

PAOLO BECCHETTI. Signor Presidente, colleghi, ho letto con molta attenzione il provvedimento del quale oggi ci stiamo occupando e più di una volta ho provato anche a capire le ragioni sia della richiesta di fiducia che della seduta fiume. Ho anche esaminato il contenuto intrinseco del provvedimento ed ho scoperto che questo è un decreto-legge pieno di allusioni, signor ministro. Mi spiego.
Mi chiedo perché si sia voluto blindare un provvedimento che fissa al 10 per cento l'IVA sulle carni di specie asinina. Che c'entra Veltroni con un provvedimento di questo genere, quel ministro della cultura che non legge un libro nemmeno se glielo appiccichi in fronte e non sente un'orchestra se non portandola al congresso del PDS? Che c'entra l'IVA sulla mortadella, se non con riferimento a Prodi, che ne è notoriamente ghiotto in una specie di processo di omeopatia autolegittimante? Né credo che si faccia allusione agli interessi della componente muliebre dell'area governativa per quanto concerne la tassazione del grasso d'oca, se si tiene conto del radicamento profondo nella nostra società civile del tema delle pari opportunità, addirittura affidate alle cure di un'autorevole signora ministro.
Non sono ancora riuscito a capire a chi interessi, se non al ministro Pinto, la tematica dei tuberi e rizomi allo stato di riposo vegetativo (articolo 1, comma 6, lettera b), n.5); né credo che l'inserimento al numero 3-bis dello stesso articolo 1, comma 6, lettera b) possa alludere, richiamando il baccalà, ad una qualche continuità con il Governo Dini ed il suo sottosegretario al commercio estero, e non solo perché noi importiamo il baccalà dall'estero. Sarà contenta certamente la federcasalinga Gasparini, che si consola che siano escluse le morchie d'olio.
Vede, signor ministro, ho capito qual è la ragione profonda di questo provvedimento che lei ha blindato; è nel fatto che con un elegante giro di parole, di numeri, ha raddoppiato la tassazione delle plusvalenze da capital gain. E c'è di più. Si è inventato, all'articolo 4, comma 2, la nuova figura dei cosiddetti diritti o titoli a cui siano potenzialmente ricollegabili le percentuali di acquisizione di altre partecipazioni. Signor ministro, lei è qua: ci spiega per favore tutto questo, perché siamo incapaci di capire? Viva Visco, viva la chiarezza!
Ci siamo chiesti davvero il perché di questo voto di fiducia, che ormai, da tipico strumento di controllo di una maggioranza sulla sua coesione qual era, è diventato un modo per schiacciare l'opposizione. D'altra parte, signor ministro che rappresenta qui il Governo, che dire di una maggioranza che si arroga anche il diritto di scegliersi la leadership dell'opposizione? Se c'è una cosa che si sente dire oggi è: ma perché Berlusconi non si dimette, visto che ha perduto le elezioni? A parte che è tutto da dimostrare il fatto che le abbiamo perdute, ma lei ci dica perché Togliatti per quarant'anni ha perso le elezioni e non si è dimesso! Ce lo spieghi, signor ministro! La struttura e la leadership del Polo ce la scegliamo noi e non abbiamo bisogno di suggerimenti di nessun genere. In questo modo, insieme con gli altri modi di fare, questa maggioranza dimostra la sua fortissima carica


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antidemocratica, eversiva, di quegli azzeccacarbugli che fiancheggiano la maggioranza sul piano delle regole, delle procedure, della capziosità regolamentare, truffaldina per il popolo italiano e per chi produce, per le famiglie, per i giovani, per i disoccupati. Un Governo che adesso si appresta anche ad unificare (cioè omologare ed omogeneizzare) le forze di polizia, a sciogliere il ROS; quel Governo che nell'articolo 30 del collegato alla finanziaria (non sono io la fonte ma Federico Orlando, e l'Unità, il giornale del suo partito, ministro) ha osato inserire una norma in base alla quale, per prevenire la corruzione, il ministro dell'interno potrà chiedere alla Guardia di finanza, ai carabinieri, di indagare su un pubblico dipendente, senza un minimo di filtro del magistrato! È una vergogna!

PAOLO COLOMBO. È Gestapo!

PAOLO BECCHETTI. Questa è Gestapo, caro signor ministro!
Un'altra regola: nell'odierna riunione di maggioranza è emerso che solo il Governo può presentare emendamenti di natura tecnica alla finanziaria. E avete il coraggio di andare a dire in giro che vi piacerebbe un'opposizione più forte e più propositiva, perché vi servirebbe questa sponda! Come fate a dire questo?
Termino il mio intervento, signor Presidente e signor ministro, ricordando che noi ovviamente voteremo a favore degli ordini del giorno presentati dalla lega nord, dal Polo e da tutti i membri dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia). Lei, signor ministro, dovrebbe farci una piccola cortesia: quando viene qui, si mostri meno annoiato; stiamo parlando del suo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, ormai in questi quattro anni nella scorsa e nell'attuale legislatura mi sono abituato a vederla nelle vesti in cui si presenta oggi, cioè con un senso di fastidio per dover essere presente a un dibattito parlamentare. Aveva questo atteggiamento nella scorsa legislatura, quando era un nostro collega nella Commissione finanze e disertava la maggior parte delle riunioni della stessa Commissione semplicemente perché è noioso stare a sentire le considerazioni dei colleghi, soprattutto se si ha una certa idea. Io le debbo riconoscere una profonda coerenza con le sue idee. Quello che non condivido nel suo atteggiamento è l'assoluta chiusura alle idee degli altri, che potranno non essere in linea con le sue ma che comunque rappresentano, in un dibattito democratico, un confronto necessario, come è necessario un confronto su tutti i provvedimenti che sono stati presentati in questi mesi.
Signor ministro, lei probabilmente ha un'idea; l'ha già detto in una delle audizioni che ha tenuto in Commissione finanze. La sua idea era quella di rivoltare completamente il sistema fiscale italiano e poter arrivare alla fine di quest'anno con delle innovazioni importanti. In sostanza, lei aveva l'intenzione di far aggiungere al Ministero delle finanze una lapide sulla quale doveva essere scritto «riforma Visco». Questa lapide, signor ministro, lei la sta mettendo sulle tombe dell'economia italiana, sulle tombe delle piccole e medie imprese, sulle tombe dei lavoratori autonomi che si vedono depredati delle loro disponibilità, in relazione ad un progetto che lei ha e che noi non condividiamo assolutamente. Esso infatti tende a penalizzare il lavoro autonomo e le piccole e medie imprese, tende a sostituire un controllo dello Stato, proteso semplicemente a garantire sempre maggiori introiti, perché evidentemente c'è un conflitto all'interno della maggioranza. Se da una parte quest'ultima vuole continuare a tenere in mano le redini dell'economia, e con questo, anche con la partecipazione e gli interventi di rifondazione comunista, a


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far rimanere statali le aziende, in sostanza tutto ciò è possibile solo se si aumenta la pressione fiscale.
Lei nel suo programma ci aveva detto che avrebbe operato queste modifiche senza intervenire sulla pressione fiscale. Lei sa benissimo che questo non è vero, perché per esempio l'anno scorso attraverso la finanziaria ci venne a dire che le deleghe che aveva richiesto per fare questa riforma fiscale sarebbero state realizzate ad invarianza della pressione fiscale. In un suo ultimo intervento mi è parso di leggere che queste deleghe, che lei ha ottenuto, garantiranno 1.800 miliardi di gettito; quindi non sono ad invarianza fiscale.
Lei si appresta a varare questa nuova imposta, l'IRAP, che doveva andare a sostituire altre imposte. Le voglio ricordare che durante il Governo Berlusconi il nostro programma per il fisco, elaborato dall'allora ministro Giulio Tremonti, era indirizzato su due fronti: andare dal complesso al semplice, dalle dirette alle indirette.
Noi riteniamo che il provvedimento che stiamo discutendo quest'oggi e in ordine al quale ci accingiamo a votare favorevolmente gli ordini del giorno presentati sia sicuramente in linea con il trasferimento dell'imposizione dalle dirette alle indirette. Non lo condividiamo per come è stato elaborato, perché si poteva fare diversamente, ma su questo hanno ragione coloro che sono intervenuti dicendo che si poteva, sì, fare diversamente, ma scatenando le lobby (perché quando si modificano le aliquote IVA questo succede).
Mi spiace di non avere altro tempo. Debbo ribadire che siamo assolutamente favorevoli agli ordini del giorno presentati, che sono in linea con altre disposizioni che voi siete stati costretti ad inserire nel collegato alla finanziaria, che presto sarà in discussione in quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cavanna Scirea. Ne ha facoltà.

MARIELLA CAVANNA SCIREA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, esprimo innanzitutto il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno presentati dal gruppo di forza Italia, dal Polo e dalla lega. Detto questo, debbo ancora una volta denunciare il comportamento di questo Governo, che ricorre ad inasprimenti di carattere fiscale per far quadrare un bilancio fallimentare di politica finanziaria, e lo fa colpendo non solo i lavoratori ma in modo particolare il lavoro autonomo, le imprese private, che sono la parte fondamentale, l'asse portante dell'economia del nostro paese.
Si è sempre parlato di terziario e di terziario avanzato: ebbene, proprio queste attività devono essere sostenute in quanto permettono alla nostra economia di sollevarsi da un periodo di recessione e di stagnazione; ma ecco che questo Governo di centro-sinistra propone un inasprimento tale da costringere molte di queste imprese ad un ridimensionamento se non addirittura alla chiusura. Ma ciò che più preoccupa è che invece le imprese che godono della particolare situazione della loro attività e che ne incrementano la produzione e di conseguenza permettono assunzioni di personale per abbattere la cronica, persistente situazione di disoccupazione che affligge il nostro paese, da questo Governo sono - oserei dire - istigate a trasferire la propria attività in paesi in cui l'impresa è salvaguardata e gli oneri fiscali non sono una rapina legittimata.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, come si fa a non capire che 5.100 miliardi di inasprimento fiscale colpiranno in maniera violenta settori come l'abbigliamento, le calzature, l'edilizia e l'agricoltura? Chiunque sia dotato di un minimo senso dei conti può capire che il rilancio di queste attività non può avvenire e non avviene tramite le operazioni che questo Governo ci sta proponendo.
Vorrei soffermarmi in particolare sul settore dell'agricoltura: come deputato eletto in un collegio del Piemonte questo problema mi è particolarmente caro ed è sentito dai cittadini e da tutti coloro che


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in quest'aula io rappresento. Vorrei aggiungere che l'agricoltura non è soltanto un problema del nord, ma è anche - a maggior ragione - del Mezzogiorno. Questo Governo non può far finta di disconoscere i meriti dei lavoratori che, con sacrificio, con rischio personale e molto spesso del nucleo familiare, lavorano in un settore che deve essere - e forse lo è - una delle principali fonti di ricchezza del paese.
Signor Presidente, ho visto la disperazione della gente quando catastrofi alluvionali, grandine ed altro hanno ridotto ai minimi termini gli utili di un anno di lavoro, se non di una vita di lavoro. Provengo da una famiglia contadina e conosco i sacrifici di coloro che lavorano la terra; come fa questo Governo di centro-sinistra a non capire che occorre tutelare questa gente, questi lavoratori? E non mi venga a dire che lo si fa aumentando loro le tasse.
Signor Presidente, probabilmente, come in tutti i settori, ci sono anche delle mele marce che avranno approfittato, ma per alcune mele, onorevoli colleghi, non possiamo distruggere un intero frutteto.
Signor rappresentante del Governo, noi non possiamo continuare a dire a coloro che rischiano in proprio che per entrare in Europa bisogna pagare questo prezzo elevato. Non possiamo continuare a dire che per restarci oggi il prezzo sarà questo, domani un altro e dopodomani un altro ancora.
Onorevoli colleghi, questa politica, la politica di questo Governo è fallimentare. Si accusavano i Governi precedenti di effettuare provvedimenti cosiddetti tampone per risanare l'economia; questo Governo, invece, mette delle toppe alle falle della politica economica e finanziaria. Permettetemi allora di dire che la toppa è peggio del buco. Le proteste di questi giorni da parte delle varie categorie ci dimostrano che anche nell'agricoltura, come nel commercio, l'imprenditoria e l'artigianato, le associazioni di categoria denunciano la politica economica scriteriata di questo Governo. Abbiamo tentato di proporre emendamenti, di far capire ai colleghi ed a quest'aula problemi che gli elettori e i cittadini in generale ci pongono; la risposta di questo Governo è stata quella di prendere o lasciare, ponendo un'ennesima questione di fiducia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIELLA CAVANNA SCIREA. Concludo subito, Presidente.
Questo Governo, questa maggioranza ci hanno tolto la strada da percorrere. Cari colleghi, la ritroveremo perché ne abbiamo bisogno noi dell'opposizione, ne avete bisogno voi della maggioranza ma, fondamentalmente, ne ha bisogno e ce lo chiede il paese (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole de Ghislanzoni Cardoli. Ne ha facoltà.

GIACOMO de GHISLANZONI CARDOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ministro Visco, anch'io come i colleghi di forza Italia e delle altre forze del Polo e della lega voterò a favore del complesso degli ordini del giorno che sono stati presentati a corollario di questo sciagurato decreto-legge. Ma sarà un sì convinto, perché questi ordini del giorno contengono giuste, motivate argomentazioni che non hanno potuto essere estrapolate per questa blindatura voluta per l'ennesima volta dal Governo Prodi.
Come membro della Commissione agricoltura ma, soprattutto, come rappresentante di quel mondo agricolo che in questi giorni fa sentire violentemente e pesantemente quanto è il disagio di questa categoria, ritengo di soffermarmi innanzitutto sulle motivazioni degli ordini del giorno che sono attinenti al mio comparto. Non posso, allora, sottacere la difficoltà di comprendere per quale motivazione l'aliquota del vino sia stata elevata dal 16 al 20 per cento, per un settore che dà da lavorare ad un milione di persone, un settore che sta attraversando grosse difficoltà alla luce della mancata conversione dell'OCM (organizzazione


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comune di mercato) nel settore vitivinicolo da parte della Comunità europea. Noi approviamo in questo momento i nostri amici viticoltori in perenne difficoltà, presi come sono dall'obbligo della distillazione obbligatoria, dalla concorrenza degli altri paesi comunitari e che si vengono adesso a trovare con questa nuova mazzata, che va pesantemente a colpire il loro reddito.
Ugualmente non possiamo sottacere la difficoltà del settore florovivaistico, per l'innalzamento dell'aliquota al 20 per cento sia per i fiori recisi sia per tutte le altre produzioni florovivaistiche. Il settore florovivaistico è fondamentale per l'economia della Liguria come per quella della Toscana, ma soprattutto si sta confrontando, in questo momento, con dei costi altissimi e con l'invasione dei prodotti che arrivano dall'Olanda e dalla Germania. Allora, oltre che ad un costo del gasolio triplicato dobbiamo assistere anche all'aumento di questo balzello dell'IVA, che viene portata al 20 per cento.
Si sta parlando, in questo momento, di andare incontro al comparto agricolo; si sta parlando della necessità di leggi strutturali che vadano incontro al nostro comparto; come si può pensare che per le costruzioni strutturali, per le ristrutturazioni delle aziende agricole, per il loro riammodernamento sia elevata al 20 per cento l'aliquota dell'IVA? Questo vuol dire veramente andare contro le necessità del nostro comparto, andare contro quella che si chiama giustizia ed equità fiscale. Vorrei infatti ricordare agli amici che mi stanno ascoltando in quest'aula come, con il regime di esonero sotto i 5 milioni di fatturazione che vige nel settore agricolo, di fatto quell'equità fiscale venga ad essere invalidata.
Mi riferisco all'imposta sull'IRAP; l'invarianza contributiva voluta dal Governo viene a colpire pesantemente il nostro settore perché, escludendo tutte le aziende in regime di esonero, di fatto noi raddoppiamo il carico fiscale sulle aziende che ne rimangono coinvolte.
Non possiamo dire che vogliamo aiutare il settore agricolo; non possiamo dire che l'invarianza fiscale è uno degli elementi fondamentali di questa politica del Governo Prodi se poi andiamo veramente e pesantemente a colpire tale settore, che in questo momento, con le manifestazioni di piazza di questi giorni, sta evidenziando un senso di malessere e di disagio che non vorrei dire essere giunto al collasso.
Non vorrei che questa manovra fosse veramente la pietra tombale del settore agricolo o il porre fine ad un settore primario che è sempre stato l'elemento trainante dell'economia di questo paese.
Invito quindi il Governo ad avere un minimo di resipiscenza, a ritornare sui suoi passi, a consentire con una discussione franca di poter apportare tutte quelle correzioni che il mondo agricolo si aspetta da questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, voterò a favore degli ordini del giorno presentati da forza Italia, dal Polo, dalla lega, che sono volti a ridurre, per quanto è possibile, gli effetti negativi e perversi di questo provvedimento che persegue un indirizzo di politica economica che riteniamo assolutamente sbagliato. Il Governo, secondo i propri impegni contenuti nel documento di programmazione economica e finanziaria, illustrati ai nostri partner europei, avrebbe dovuto ridurre la spesa pubblica di 9.000 miliardi, procedere a riforme strutturali dello Stato sociale, ma di tutto questo non è stato fatto nulla; la riduzione della spesa si limita a 2.750 miliardi ed invece, approfittando della questione della armonizzazione delle aliquote IVA, si fa una manovra che di fatto aumenta la pressione fiscale; si vanno a deprimere settori importanti della nostra economia e l'economia nel suo complesso.
È, questa, una strada che riteniamo profondamente sbagliata; ne proponiamo una alternativa e sta qui la questione di fondo che è oggetto della nostra iniziativa


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parlamentare. Mi riferisco all'iniziativa di far emergere con chiarezza la strada, l'indirizzo di politica economica alternativa, che poi non riguarda soltanto il nostro paese, Presidente! Da una parte, infatti, abbiamo il nostro paese che prosegue in questo indirizzo sbagliato e ciò in qualche modo lo fanno anche la Francia e la Germania, mentre, dall'altra parte, abbiamo altri paesi, quelli anglosassoni (l'Inghilterra e gli Stati Uniti) che negli anni passati hanno seguito politiche del tutto diverse; hanno abbattuto fortemente la spesa pubblica; hanno diminuito la pressione fiscale; hanno creato le condizioni di uno sviluppo dell'economia e dell'innovazione tecnologica e sono in grado di competere, a livello internazionale; hanno abbattuto la disoccupazione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 21)

GIUSEPPE CALDERISI. Tutto questo mentre nel nostro paese, com'è noto, la media della disoccupazione è del 12 per cento; ciò significa che vi sono punte di disoccupazione, al sud, del 20-30 per cento ed anche oltre.
La questione politica che va anche oltre il contenuto del provvedimento riguarda la possibilità che l'opposizione abbia il diritto di far conoscere e in che modo le proprie posizioni al paese. Lo abbiamo visto: oggi, in pratica, sui giornali e sulle tv non c'è traccia della battaglia condotta dal Polo. Questo è un problema di fondo della nostra democrazia.
Al ministro Visco intendo ricordare un esempio che certamente rammenterà bene. Mi riferisco alla battaglia che condusse il PCI, allora, sui quattro punti di contingenza (il cosiddetto decreto di san Valentino). Poc'anzi, in Transatlantico, ho incontrato Mussi che, dopo avergli io ricordato queste cose, mi ha detto: ma il PCI ha pagato a caro prezzo quell'errore. Certo! Il PCI sbagliò a perseguire quella linea, però ebbe il diritto, facendo una battaglia parlamentare, di far conoscere le proprie posizioni, le proprie proposte alternative, a tutto il paese. Addirittura volle sfidare il paese in un referendum, che perse sonoramente. Qui si tratta di sapere se per il Polo vi sia la possibilità di far conoscere i propri indirizzi di politica economica alternativi a quelli proposti dal Governo. È questa la questione di fondo! Allora c'erano altri regolamenti parlamentari che consentirono al PCI di allora di parlare per giorni e giorni. I giornali riportarono come prima notizia questa iniziativa parlamentare del PCI, che riguardava, oltre alle 17 mila lire, la questione della lesa maestà del potere di veto della CGIL in campo sindacale. Si trattava di una questione politica di una grandissima valenza e il PCI ebbe modo - lo ripeto - di far conoscere tutte le proprie posizioni e la propria impostazione attraverso quella battaglia parlamentare.
Lo esigiamo anche noi; si tratta comunque di un problema che non riguarda soltanto i diritti del Polo, della lega, delle forze di opposizione ma riguarda le stesse condizioni della nostra democrazia. Bisogna capire e sapere se in questo paese vi siano le condizioni per un confronto democratico. Certo, il Polo può aver commesso errori, ma qui si va ben al di là di quelli che possono essere errori o inadeguatezze del Polo. C'è da capire se esistano o meno le condizioni per un confronto democratico tra proposte alternative.
Ha ragione Mussi quando dice che quella iniziativa del partito comunista era completamente sbagliata e fu punita dai cittadini italiani, ma, come ho appena detto, il PCI ebbe comunque modo di far conoscere le proprie posizioni. Qui forse non si vuol consentire ai cittadini di conoscere le proposte alternative del Polo per le libertà, gli indirizzi di politica economica alternativi che sarebbero necessari per lo sviluppo di questo paese e per diminuirne la disoccupazione. Non si vogliono cioè far conoscere all'opinione pubblica questi indirizzi proprio perché essi potrebbero risultare vincenti se il confronto, anziché sui massimi sistemi, avvenisse invece sui contenuti delle politiche


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economiche alternative; forse si potrebbe giungere a risultati diversi da parte dell'opinione pubblica.
Ripeto, c'è una questione di fondo che non riguarda solo il merito di questo provvedimento ma va ben al di là di quest'ultimo, perché riguarda le condizioni del confronto politico e democratico di questo paese. Diversamente dovremmo fare considerazioni assai amare, signor Presidente, sulle condizioni che consentono a questo paese di avere o meno un sistema bipolare. Quest'ultimo si fonda sulla possibilità che la maggioranza e il Governo da una parte e le opposizioni dall'altra abbiano pari condizioni. Ciò, evidentemente, esige i principi di fondo della democrazia politica e pari opportunità...

PRESIDENTE. Onorevole Calderisi, ella ha approfittato del «cambio di guardia» alla Presidenza ed ha sforato il suo tempo di oltre un minuto. La prego dunque di concludere.

GIUSEPPE CALDERISI. Non posso conoscere i tempi non avendo il cronometro ed anche perché, non avendo un discorso scritto, parlo a braccio. Concludo comunque il mio intervento riconfermando il mio voto favorevole agli ordini del giorno presentati da forza Italia, dal Polo e dalla lega, ma ponendo a tutti voi qui presenti questo interrogativo, questa riflessione di fondo che ho cercato di svolgere (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frattini. Ne ha facoltà.

FRANCO FRATTINI. Presidente, colleghi, un mese fa abbiamo verificato nel bilancio di assestamento del 1997 che nel primo semestre il gettito IVA è calato di 7.500 miliardi rispetto alle previsioni. Questo è indice di un andamento della crescita del PIL e degli scambi non favorevole, in quanto l'IVA cala perché è certamente la più sensibile rispetto all'andamento della congiuntura. Il decreto serve allora non tanto, come si vuol dire, ad un adeguamento alle regole comunitarie bensì a recuperare dal 1 ottobre, aumentando la pressione fiscale, su previsioni di spese cresciute più del previsto perché non si sono realizzate né avviate la ristrutturazione ed il risanamento della spesa pubblica, e previsioni di entrate cresciute meno del previsto perché la lotta all'evasione non è stata ingaggiata ancora seriamente ed allo stato purtroppo è ancora persa.
Nel periodo tra gennaio e settembre del 1997, rispetto allo stesso periodo del 1996, si registra un incremento della produzione industriale dell'1,1 per cento; i beni finali di consumo crescono del 2,6 per cento mentre i beni di investimento si riducono del 4,5 per cento.
Ciò vuol dire che nel 1998 la crescita del prodotto interno lordo al 2,5 per cento probabilmente non ci sarà, perché la forte riduzione dei beni di investimento significa che il sistema delle imprese non si sta preparando a produrre di più nel 1998. E allora lo stesso gettito IVA del 1998 sarà probabilmente inferiore alla stima e ci vorrà in primavera una manovra aggiuntiva.
C'è, infine, un effetto inflazionistico: si aumenta l'IVA su beni e servizi primari, sul canone televisivo, sul biglietto di trasporto sui mezzi urbani, sui beni tessili, sulle calzature. Aumenta addirittura l'IVA sui materiali da costruzione, vanificando, almeno in parte, l'incentivo fiscale per le ristrutturazioni edilizie disposto dal collegato alla finanziaria.
Domani avrà luogo una assemblea di protesta, non sappiamo dove, contro questa opposizione, contro queste opposizioni in Parlamento. Di solito le manifestazioni di protesta si fanno contro il potere, mentre in questo caso in realtà è il potere, il potere che ha occupato il paese e che governa il palazzo ad uscire dal palazzo e a manifestare contro l'opposizione democratica, e dunque contro il Parlamento, sembra sotto la guida anche del Capo del Governo.


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In questo momento rivendichiamo il nostro ruolo come opposizioni di custodi del Parlamento e del suo ruolo. Queste opposizioni, del Polo e della lega, che insieme cercano di far valere le proprie ragioni contro la intollerabile pressione fiscale, forse preoccupano molto, come emerge in una dichiarazione di qualche minuto fa del presidente D'Alema; probabilmente lo preoccupano, ma noi crediamo che le decisioni della politica vadano prese nel luogo istituzionale proprio: il Parlamento.
Si venga tutti in quest'aula a riempirla di voci democratiche, pur diverse, ma leali! È molto, molto meglio che cospirare altrove contro il confronto democratico (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dell'Elce. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DELL'ELCE. Signor Presidente, anch'io voterò, come tutti i miei colleghi, a favore degli ordini del giorno presentati dal Polo e dalla lega. Ancora una volta l'intervento del Governo è la dimostrazione paradossale della contraddizione insanabile esistente tra il programma elettorale dell'Ulivo ed il concreto agire del Governo Prodi. Le promesse elettorali, che manifestavano la volontà di ridurre la pressione fiscale, sono state puntualmente smentite, anche in modo spudorato dalle manovre e manovrine che il Governo Prodi ha realizzato in questo anno e mezzo di vita. E l'intervento sulle aliquote IVA è una delle ultime stucchevoli riproposizioni dell'unico strumento che il Governo della sinistra conosce per arginare la spesa pubblica che sta andando a rotoli.
Nell'ostinata assenza di interventi strutturali che ne aggrediscano le cause, soprattutto quelle degenerative, si ricorre alla riduzione del debito pubblico aumentando le tasse. E dal momento che il carico fiscale è sempre più insopportabile, la gente è costretta a dimostrare nelle piazze e nelle aule del Parlamento, cosa che facciamo oggi.
Questi provvedimenti non sono altro se non assestamenti di bilancio, necessari per un controllo minimale dei conti pubblici. Non sono certo tappe di un improbabile, anzi, impossibile risanamento della spesa pubblica, che presupporrebbe tutt'altra filosofia e tutt'altro approccio al problema. Tuttavia, la sinistra è incapace di fare propria una simile impostazione per la sua intrinseca inadeguatezza. Infatti, il suo modo di agire ha dimostrato come essa sia capace solo di colpire il ceto medio.
L'aumento pressoché generalizzato delle aliquote IVA innalza i costi di produzione delle imprese e rischia di avere un effetto inflattivo superiore a quello stimato dal Governo. Inevitabilmente tale aumento deprimerà la capacità di spesa delle famiglie e quindi i consumi, con le conseguenze deleterie per l'economia del paese che ben conosciamo.
L'obiettivo che il Governo vuole cogliere con questo provvedimento non è il rispetto di una direttiva comunitaria, che pure prevede un avvicinamento delle aliquote IVA all'interno dei paesi dell'Unione europea, ma semplicemente il drenaggio di risorse finanziarie con motivazioni strumentali per foraggiare un sistema di conti dello Stato che perpetua le sue inefficienze e le sue iniquità.
È difficile, per non dire inutile, scorgere in questi provvedimenti i presupposti per un sostegno reale allo sviluppo e all'occupazione, mortificati sull'altare di una visione della politica economica dirigista, statalista e per sua natura inadeguata ad assicurare quell'espansione economica che il Governo ci descrive come l'araba fenice, di cui però non si intravede alcun segno.
Il pannicello caldo del decreto-legge n.328 del 1997 raffredderà presto gli entusiasmi con i quali il Governo e la maggioranza accompagnano i progressi della legislazione ulivista. Grazie all'aumento dell'aliquota IVA sull'abbigliamento e sulle calzature, i cittadini faticheranno a ripararsi dal gelo dell'economia stagnante e il paese camminerà verso una crescita sempre promessa e sempre negata.


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D'altra parte, noi non ci aspettavamo niente da questo Governo che è continuamente ricattato da rifondazione comunista. Abbiamo sentito venire da parte della maggioranza critiche nei confronti dell'operato dell'opposizione, del Polo e della lega, che stanno manifestando in questi giorni nelle aule del Parlamento; ma lo fanno perché è un loro diritto, lo fanno per cercare di modificare le misure adottate da questo Governo, che si limita a prelevare denaro dalle tasche degli italiani, danneggiando il ceto medio, le piccole aziende e i piccoli imprenditori. Quindi, dobbiamo portare nelle aule parlamentari e nelle piazze d'Italia l'insoddisfazione di queste categorie.
In un'intervista resa oggi, il ministro Ciampi ha dichiarato, con molto orgoglio, che l'economia va bene e che non ci saranno ulteriori sacrifici nel 1998. Eppure noi non vediamo le avvisaglie di tutto ciò, anzi, quando cerchiamo del lavoro per i nostri figli, vediamo come non ci siano possibilità di impiego per i giovani. Inoltre abbiamo piccole aziende che non riescono ad incassare le cifre loro dovute in pagamento perché i clienti non dispongono di liquidità.
Pertanto per noi l'economia non va bene, non funziona, e riteniamo quindi di avere il diritto di protestare. Lo abbiamo fatto nei riguardi dell'IRAP nelle piazze di 115 città e lo facciamo oggi alla Camera, così come lo faremo dappertutto, a cominciare dai nostri collegi. Vogliamo raccontare quali siano le reali intenzioni del Governo e dei vari ministri che lo compongono. Vogliamo rendere note le finalità di questo esecutivo che vuole solo penalizzare le classi medie ed i piccoli imprenditori.
Vorrei porre l'attenzione...

PRESIDENTE. Lei ha largamente superato il tempo a sua disposizione, la prego di concludere.

GIOVANNI DELL'ELCE. Vorrei soffermarmi per un momento sugli ordini del giorno.
Considerato che un inasprimento dei termini di emissione e di registrazione delle fatture comporta ulteriori oneri, l'ordine del giorno presentato dal collega Berruti impegna il Governo ad astenersi da qualsiasi provvedimento che modifichi, comprimendoli, i termini previsti per l'emissione e la registrazione delle fatture.
Noi lavoreremo in questo senso e cercheremo di fare del nostro meglio nell'interesse del paese (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, il collega Giovanni Dell'Elce ha fatto riferimento ad alcune dichiarazioni che il ministro Ciampi ha rilasciato oggi durante un'intervista. Ebbene, vorrei informare il ministro Visco e i colleghi presenti in aula che il ministro Ciampi, trovandosi oggi a Bruxelles, ha fatto anche un'altra affermazione: ha annunciato che l'eurotassa non sarà restituita. Ma di questo non ci stupiamo, perché lo abbiamo sempre saputo, nonostante il Governo avesse sostenuto pubblicamente il contrario.

BEPPE PISANU. Aveva dato la sua parola d'onore!

DARIO RIVOLTA. La gravità sta nel fatto che, davanti alle domande dei partner stranieri circa l'eventuale restituzione dell'eurotassa, il ministro Ciampi ha risposto (cito le parole che ho ascoltato direttamente dalla televisione e udite da tutti gli italiani): «Non sarà restituita, era solo un impegno morale». Questo ha detto il ministro Ciampi: un impegno morale, non un impegno da mantenere veramente. Questo è il livello morale di un Governo che si pone davanti al paese con proposte economiche altamente discutibili e che vantava una moralità da cui è ben lontano.
Vorrei ora entrare nel vivo dell'argomento. Anche tra le imprese, come in tutti i settori della società, girano delle mode. Qualche anno fa era di moda nella gestione


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delle imprese la cosiddetta management by objective - MBO - che consisteva in un procedimento secondo cui si prometteva a dirigenti che occupavano una determinata posizione di fare carriera, se nell'arco di uno o due anni avessero raggiunto un determinato obiettivo. È una moda che ha preso piede in tante aziende italiane, ma che non è durata a lungo perché si scoprì che, pur di far carriera, questi dirigenti non si preoccupavano di cosa accadesse all'azienda e alle azioni da loro intraprese allo scadere dell'anno o dei due anni. Per fare un esempio, affinché meglio si capisca, se l'obiettivo da raggiungere era una certa quota di vendita, il dirigente in questione vendeva senza preoccuparsi se i compratori fossero solventi o no, se fossero compratori che avrebbero potuto resistere sul mercato a lungo o a breve. In altre parole, si premiò, seguendo questa moda, il risultato a breve termine anziché quello a medio e lungo termine, per cui tale moda fu ben presto abbandonata dalle aziende.
Purtroppo notiamo che il Governo Prodi, che già sapevamo essere in grande ritardo sulla storia, è in ritardo anche sulle mode. Quello che il Governo in questo momento sta seguendo è esattamente lo stesso principio secondo cui, per ottenere risultati apparenti a brevissimo termine, non ci si cura né ci si cale di quello che sarà il futuro economico del nostro paese. Oggi si vuole entrare in Europa, e personalmente penso che sia un obiettivo oramai necessario, ma si vuole entrare in Europa, secondo la politica economica impostata dal Governo e la politica fiscale che sta impostando lei, signor ministro Visco, senza curarsi di quello che succede al nostro mondo produttivo.
Non temo l'inflazione purtroppo ma avrei quasi preferito che ci potesse essere uno scenario da inflazione. Quello che sto temendo fortemente è esattamente ciò a cui voi mirate: una devastante deflazione che dreni denaro dal mercato, che controlli in questo modo l'inflazione, che riduca i tassi di interesse che pagate sul debito pubblico. Che la conseguenza di tale deflazione sia una diminuzione dei consumi è evidente, ma a voi non cala e non cale; che ciò sia, per la diminuzione dei consumi, un decremento della produzione, è evidente, ma a voi non interessa; che, essendo una diminuzione della produzione, sia una diminuzione della occupazione, a parole vi interessa ma in realtà non ve ne frega niente e continuate, ben sapendo che questa vostra politica causerà una perdita inesorabile di posti di lavoro.
Già altri colleghi sono intervenuti per richiamare le forze della sinistra ad osservare la loro ipocrisia: davanti al loro elettorato continuano a difendere le classi lavoratrici; nella loro azione di Governo e in quella che sostengono attraverso la loro maggioranza scientemente continuano a «uccidere» i posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Michelini. Ne ha facoltà.

ALBERTO MICHELINI. Signor Presidente, è con molto disagio che, assieme agli altri colleghi del Polo, faccio questa dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno mentre avrei preferito un democratico confronto sugli emendamenti correttivi del provvedimento in questione sul quale il Governo ha posto - a mio parere maldestramente - la fiducia. Dico «maldestramente» perché, se proprio avesse voluto porla - per la trentesima volta peraltro - avrebbe potuto farlo magari la scorsa settimana, cosa che del resto era già nell'aria. Così facendo, non solo ha impedito all'opposizione la sua funzione propria, quella di fare da contrappeso, di modificare e di migliorare un provvedimento, ma ha creato anche non poco disagio tra le file della maggioranza, i cui parlamentari (sono sicuro perché ho parlato con molti di loro) non hanno condiviso in toto un tale comportamento.
Venendo agli ordini del giorno sui quali voteremo a favore, c'è da dire che si trattava di un estremo tentativo di modificare, sia pur parzialmente un provvedimento


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che non possiamo condividere come strada scelta dal Governo per raccogliere, con l'aumento dell'IVA sui vari prodotti, i circa 6 mila miliardi per arrivare alla cifra dei 25 mila necessari per garantire il raggiungimento dei parametri di Maastricht. Ebbene, questa decisione di aumentare le aliquote IVA penalizza diversi settori che per la loro peculiarità nei diversi generi (materiali da costruzione, audiovisivi, settore agricolo, turistico, vinicolo, calzaturiero) svolgono un ruolo importante e dinamico nell'economia italiana, anche per la dimensione delle stesse aziende, in genere medie e piccole, che hanno bisogno di essere stimolate ed aiutate ma non certamente penalizzate, essendo esse il cuore produttivo ed occupazionale del nostro paese. È un dato ormai acquisito il ruolo positivo che la piccola e media impresa italiana svolge nel nostro paese e all'estero; invece di aiutarla, favorendo la ripresa della produzione e di conseguenza dell'occupazione, si colpisce con misure inique che fanno andare l'Italia in direzione contraria a quella dell'Europa.
Il provvedimento, non essendo di carattere strutturale, rischia di innescare un circolo vizioso per cui, con l'inasprimento delle aliquote, si deprime l'economia ed il gettito fiscale e ciò indurrà inevitabilmente il Governo ad un ulteriore inasprimento delle aliquote. Non è certo questo il modo per arrivare ad un effettivo risanamento con il rischio di portare l'Italia nella moneta unica senza pensare al prezzo che il nostro paese dovrà pagare per rimanervi. Del resto, in questo provvedimento viene usato un sistema di aliquote IVA in contraddizione aperta con quanto deciso dalla stessa Unione europea, che prevede il regime definitivo di un'unica aliquota non inferiore al 15 per cento. Mentre cioè il decreto-legge in esame è stato presentato come un provvedimento di riordino e di armonizzazione delle aliquote IVA, in realtà determina solo un inasprimento fiscale.
Tra le misure più contraddittorie c'è quella che per esempio colpisce la casa con l'aumento dell'aliquota sui materiali da costruzione dal 14 al 20 per cento, mentre nello stesso tempo si permette di detrarre, con un altro provvedimento, il 41 per cento delle spese di ristrutturazione della casa. Per non parlare dei settori come quello dell'audiovisivo, che ha un ruolo essenziale di divulgazione, anche di idee e di culture, quindi di crescita del paese non solo dal punto di vista economico. E ancora il settore turistico, che dà lavoro a più di 4 milioni di addetti tra stagionali e fissi, occupa oltre 400 mila imprenditori, settore che già si trova in una situazione di difficoltà.
Per questi motivi, signor Presidente e signor ministro, non possiamo assolutamente condividere questo decreto e voteremo a favore degli ordini del giorno del Polo e della lega (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Luca. Ne ha facoltà.

ALBERTO DI LUCA. Signor Presidente, in omaggio all'Europa mi sia consentito cominciare il mio intervento con un mon President, Herr Visco, mentre a voi presenti in quest'aula vorrei porre una questione: sapete quale differenza c'è tra Prodi e una famiglia italiana? La differenza è che Prodi è molto fiducioso: infatti noi siamo qui per la trentesima fiducia! Devo dire che considero questo fatto una vera e propria vergogna. Quanto alla famiglia italiana - poveretta - è sempre meno fiduciosa perché viene spremuta in tutti i modi possibili. Grazie a questo brillantissimo decreto siamo riusciti a trovare il sistema di imporre agli italiani aumenti che vanno dal pane alla cantieristica navale; siamo riusciti a colpire contemporaneamente, quindi senza fare discriminazione geografiche, il ceto medio produttivo che generalmente è concentrato al nord con un importante settore, che potrebbe essere di grande sviluppo nel nostro paese, quale quello del turismo al sud.
Abbiamo cercato di fare un'opposizione, come al solito costruttiva e propositiva,


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presentando emendamenti che quantitativamente erano limitati ma qualitativamente di grande contenuto. Cosa ci siamo sentiti dire in quest'aula da «Baffone», il figlio di «Baffino», che ieri era irritato e ancor più irritante? Ci ha dato una lezione, dicendo: se poi al sessantaquattresimo voto fossero state sfilate le tessere? Ma, «Baffone» e «Baffino», non vi vergognate? Questo è un processo alle intenzioni, altro che lo stalinismo e il comunismo di cui qualcuno ogni tanto parla in quest'aula!
Poi, da irritato ed irritante, provocatoriamente ci ha chiesto se volevamo mantenere tutti - settantacinque - gli ordini del giorno. Unanimemente il Polo e la lega hanno detto un sì, testimoniato da questa incessante attività di opposizione e non di ostruzionismo. Mussi ieri ci ha chiesto se volevamo parlare tutti. Certo che sì. Poi ci ha dato un'idea: volete iscrivere tutti i vostri parlamentari a parlare per dichiarazione di voto finale? Ebbene sì. E di nuovo «Baffone» figlio di «Baffino» dice con aria minacciosa: stasera si va avanti! Peccato che due minuti dopo lui se ne sia uscito e con lui tutta la sua maggioranza. Ieri notte, anzi questa mattina erano in quattro; adesso sono in sei: un progresso c'è stato. Credo ci sia di che vergognarsi!
Oggi abbiamo scoperto che Prodi voleva portare al cinema i suoi. Poi ha cambiato idea e, per fortuna, ha deciso di portarli nel «teatrino» al primo piano. La novità, nel portarli al cinema o al teatrino, dov'è? Tanto al cinema ci sono andati comunque ieri sera, questa sera e ci andranno domani.

PRESIDENTE. Speriamo almeno che si divertano.

ALBERTO DI LUCA. Evidentemente sì. Chi non si diverte sono le famiglie degli italiani che dovranno continuare a pagare sempre di più. Lei, signor Presidente, la mette sul ridere, perché probabilmente le 400 mila lire non le pesano, mentre alla famiglia media italiana sicuramente sì.
Allora, mon President, Herr Visco, vediamo un po' i nostri ordini del giorno, sui quali compatti esprimono un voto favorevole. Partiamo da proposte per non opprimere l'agricoltura, «Norme idonee al recepimento della normativa comunitaria in materia di allevamento e addestramento di cavalli di razza». Ieri, mentre l'onorevole Possa ci illustrava un argomento così importante, si rideva dall'altra parte.
Capisco che devo concludere e quindi vado avanti velocemente, ricordando un altro settore importante, quale la nautica. A lei, signor Presidente che è di Genova, vorrei ricordare che abbiamo perso 100 mila posti di lavoro in Italia perché c'è stata sempre una politica contro la nautica, sostenendo che nautica uguale ricchi. Adesso effettivamente abbiamo trovato un nuovo sistema per dare un'altra mazzata al settore. La soluzione è che gli italiani che possono farlo si compreranno lo stesso la barca, ma all'estero, e la lasceranno nei porti stranieri. Complimenti (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e del CCD)!

PRESIDENTE. Mercì, monsieur le député.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maiolo. Ne ha facoltà.

TIZIANA MAIOLO. Signor Presidente, sono molto contenta del suo buonumore, così ci teniamo compagnia.
Oggi pomeriggio ho scritto una lettera al presidente della Commissione di vigilanza sulla RAI per segnalare ciò a cui ho assistito ieri guardando il TG3 della notte. È stata data la notizia di quanto accadeva in questo Parlamento in un modo veramente singolare, cioè esattamente così: è stato approvato un decreto sull'IVA, il Governo ha posto la fiducia, il Presidente Violante ha protestato e anche le opposizioni si sono associate alle critiche. Punto, finito.
Presidente, se questo è il servizio pubblico, lei non mi può impedire di affermare che siamo in un regime. So che la parola è abusata e non è neppure elegante, ma di questo si tratta, se questo è il servizio pubblico e le minoranze, nel


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momento in cui fanno opposizione, cioè il loro dovere, non hanno la possibilità, attraverso un servizio pagato da tutti i cittadini, di far sapere al paese quello che stanno facendo, cioè il loro dovere.
Della questione del cinema Capranica hanno parlato molti colleghi. A me dispiace che la maggioranza abbia deciso di rientrare nelle istituzioni, cioè nel Parlamento, per fare la propria manifestazione. Io, che amo molto le manifestazioni di piazza perché ho passione politica, ero già pronta a farne una. Mi piace di più manifestare con le bandiere e gli striscioni che non stare, come certe volte dobbiamo, in questo limbo, in questo pantano. Ero già pronta con le mie bandiere ad andare a dire...

GINO SETTIMI. Di quale colore?

TIZIANA MAIOLO. ...che a volte il regime può sfociare in una sorta di colpo di Stato, perché, cari colleghi della sinistra che fate le battute di spirito, ricordatevi che nei paesi liberi e democratici sono le minoranze a fare le manifestazioni, non le maggioranze. Quando le manifestazioni le fanno le maggioranze si chiamano colpi di Stato (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).
Vorrei ricordare che avete già fatto le prove generali a Milano e a Venezia, quando il sindacato ha manifestato contro la lega, contro la secessione o non so che cosa. Anche quella era una manifestazione di regime, cioè di sostegno al Governo. Quando le maggioranze, i «reggicoda» del Governo manifestano in favore del Governo, non ci manca molto ad arrivare ai carri armati il giorno dopo (Commenti).
Dicevo di quanto che accade nei paesi liberi; nei paesi totalitari succede invece quello che sta succedendo oggi nel nostro paese.
L'onorevole Mussi, presidente del gruppo della sinistra democratica, ha detto che con queste manifestazioni si vuole prevenire non so che cosa. Avete paura delle insurrezioni? D'altra parte, ve ne intendete bene, avete già represso chi stava alla vostra sinistra molti anni fa, con questo timore. Avete paura che anche noi facciamo un'insurrezione nel paese? Anche in questo caso avete già fatto le prove generali, con le perquisizioni ai militanti della lega, con i candelotti sparati contro i produttori di latte, addirittura sfilando i portafogli dalle tasche dei manifestanti. Le avete già fatte le prove generali di regime, di colpo di Stato.
Sapete governare soltanto in regime di emergenza perché chi usa lo strumento del decreto-legge a raffica, uno dopo l'altro, vuol dire che ama governare in regime d'emergenza, perché nulla c'è di più emergenziale di un decreto-legge. Poi succede anche che, dopo la sentenza della Corte costituzionale, ogni volta che c'è da convertire un decreto-legge, aleggia un nervosismo micidiale in quest'aula e allora si arriva a porre la questione di fiducia, magari anche imbrogliando e carpendo la buona fede delle minoranze, delle opposizioni.
Ormai questo ricorso è fisiologico - ho terminato, Presidente - tanto che l'ha riconosciuto persino il Presidente Violante. Solo che lui ha detto che questa, da verifica della maggioranza di Governo, è diventata una variante del procedimento di approvazione dei decreti-legge. No, questa non è una variante, è diventata una costante ed è - mi riservo di intervenire domani, entrando nel merito del decreto-legge - semplicemente una dimostrazione... (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bruno Donato. Ne ha facoltà.

TIZIANA MAIOLO. Presidente, ritiro i complimenti che gli avevo fatto per il suo fair play. Almeno poteva consentirmi di concludere la parola.

PRESIDENTE. Per la verità, questa volta non l'ho tolta io, l'hanno fatto dietro di me i commessi, che hanno spento il microfono.


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BEPPE PISANU. Presidente, mi consenta di dire senza neppure sciupare il microfono, che poco fa ci sono stati due nostri colleghi che sono intervenuti senza neppure utilizzare i cinque minuti. Si poteva avere la cortesia di dare trenta secondi...

PRESIDENTE. Chiedo scusa all'onorevole Maiolo, non me ne ero accorto. Non l'ho fatto io.
Prego, onorevole Donato.

DONATO BRUNO. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, dico subito che darò un voto favorevole sugli ordini del giorno presentati al decreto-legge sull'IVA n.328 del 1997.
Sono rammaricato e dispiaciuto per l'assenza in aula della maggioranza: ieri, infatti, erano presenti solo quattro deputati. Noi, con la nostra azione, avremmo voluto quanto meno che la maggioranza ci avesse ascoltato. Il dibattito parlamentare dovrebbe servire a stimolare la maggioranza ed eventualmente a rivisitare talune posizioni che oggi sono di totale chiusura.
Gli ordini del giorno presentati trattano varie realtà e aspetti, che meritano di essere affrontati. Avremmo voluto che si fossero discussi gli emendamenti presentati a questo decreto-legge, ma il Governo con la posizione della questione di fiducia ci ha privati di questa possibilità. Non ci resta pertanto che passare all'analisi degli ordini del giorno presentati dai deputati del Polo e della lega.
Il Governo e la maggioranza hanno dimostrato totale disinteresse verso vari, importanti e vitali settori della vita economica e sociale del paese: disinteresse verso gli artigiani, gli handicappati, gli agricoltori, le imprese piccole e medie del settore turistico e delle costruzioni; e l'elenco potrebbe continuare!
Signor ministro, con la sua azione lei, assieme alla maggioranza, cerchi di vedere quali potrebbero essere le misure necessarie a ridurre l'aliquota IVA sui materiali...

PRESIDENTE. Onorevole Donato Bruno, mi scusi se la interrompo.
Onorevole Ortolano, vi è una vecchia battuta che dice: nisi caste saltem caute! Quindi, se deve telefonare, la prego di usare un tono di voce più basso.

ANTONIO LEONE. Presidente, non ha capito l'ultimo parola!

PRESIDENTE. Prosegua pure, onorevole Donato Bruno.

DONATO BRUNO. Sollecitavo il ministro, assieme alla maggioranza, a rivedere quali potrebbero essere le misure necessarie da adottare al fine di ridurre l'aliquota IVA sui materiali dell'edilizia, favorendo in tal modo la soluzione della crisi occupazionale dell'intero comparto edile.
Signor ministro, riveda le attuali e adotti le adeguate misure per ridurre l'aliquota IVA sulle opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nell'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n.847, visto che tale misura andrebbe ad incentivare il settore delle costruzioni attualmente in crisi.
Signor ministro, riveda le attuali ed adotti le misure necessarie affinché si preveda al ribasso l'aliquota IVA sui prodotti del comparto calzaturiero. Promuova presso l'Unione europea tutte le azioni necessarie ad una modifica delle norme in vigore in materia; riveda l'aliquota IVA sulle prestazioni di servizi aventi ad oggetto la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, considerato che solo un'aliquota ridotta farebbe emergere l'attività lavorativa sommersa.
Signor ministro, riveda le attuali e precisi, con una interpretazione autentica, che il servizio di trasporto dei disabili è da intendersi equiparato alle prestazioni socio-sanitarie assoggettate all'aliquota del 4 per cento, al fine di chiarire in maniera definitiva l'aliquota IVA da applicare alle ditte che si occupano di trasporto di persone disabili.
Caro ministro, si preoccupi pure di promuovere presso l'Unione europea tutte le azioni necessarie ad una modifica delle norme in vigore in materia; e quindi


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riveda l'aliquota IVA fissata dal presente decreto sulle prestazioni di servizi di trasporto per la scuola, considerato che l'attuale aliquota IVA pagata dai comuni è in realtà un ulteriore costo che graverà sulle famiglie.
Signor ministro, il suo Governo dovrebbe - e lei in prima persona - includere tra le operazioni esenti dall'imposta anche quella degli acquisti di autoambulanze da parte della Croce rossa italiana e delle associazioni di volontariato e del materiale adibito all'attrezzature delle stesse.
Come vede, signor ministro, l'elenco è abbastanza nutrito e tocca delle realtà sociali ed economiche. Lei, con l'inasprimento dell'IVA, non ha tenuto assolutamente conto - lei e la maggioranza - delle esigenze di tanta povera gente, delle esigenze dell'intera collettività!
Potremmo continuare parlando dei settori del vestiario, delle carni, dell'agricoltura e di tutti gli altri settori che sono vitali per la vita di questo paese.
Mi auguro che i pareri sugli ordini del giorno espressi ieri dal sottosegretario Marongiu - che, in parte, li ha accettati e, in parte, li ha accolti come raccomandazione - possano, invece, essere rivisti dall'intera Assemblea, affinché si possa esprimere - su tutti gli ordini del giorno ammessi all'esame e alla votazione dal Presidente Violante - un voto favorevole, in modo che sia le famiglie che le piccole e medie imprese possano ritornare a sperare.
È una speranza (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Donato Bruno.

DONATO BRUNO. Grazie a lei, Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Filocamo. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FILOCAMO. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'ostruzionismo del Governo e della «maggioranza dei numeri», che si manifesta su ogni provvedimento importante (tant'è vero che il Governo ha chiesto ventinove volte la fiducia in cinquecento giorni di vita), ha ridotto quest'aula, che qualcuno una volta ha definito sorda e grigia, ad essere anche cieca e muta! A causa di ciò, noi, deputati dell'opposizione, non possiamo «contattare» con la maggioranza ed il Governo le esigenze dei nostri elettori e - si badi bene - non possiamo discutere sul fisco e sulle tasse, che vengono imposte ai cittadini; sono materie, queste, per le quali sono nati tutti i parlamenti democratici!
La sua figura, signor Presidente, di primus inter pares, che dovrebbe organizzare i lavori parlamentari e darci lumi sulla democrazia parlamentare, è stata ridotta ad una specie di «manichino» che guarda l'orologio e suona il campanello. Tutto questo avviene non solo nell'indifferenza, ma con l'approvazione della stampa, dei mass media, dei sindacati e della grande industria. Per cui credo che nessuno possa non convenire con noi quando affermiamo che siamo in un regime!
D'altronde, che cosa ci potevamo aspettare da una coalizione composta da neocomunisti, postcomunisti e cattocomunisti? A cominciare dal Presidente del Consiglio, boiardo di Stato ed amico dell'ex presidente De Mita, che si è arricchito con una società parallela ed ha letteralmente regalato l'industria automobilistica alla FIAT, che ha il monopolio nel settore; per non parlare della Cirio, per la quale qualsiasi altro presidente dell'opposizione sarebbe stato non solo rinviato a giudizio, ma anche costretto a dimettersi.

ANTONIO BOCCIA. Ma non dire c...!

ELIO VITO. Presidente, lo richiami!

GIOVANNI FILOCAMO. Ma le dici tu le c...! Vattene fuori!

PRESIDENTE. Onorevole collega, queste espressioni in aula non le consento!


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Prosegua pure, onorevole Filocamo.

Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale: Lo butti fuori dall'aula!

GIOVANNI FILOCAMO. E non si permetta un'altra volta!

PRESIDENTE. Onorevole collega!

GIOVANNI FILOCAMO. Boccia, non ti permettere un'altra volta: sennò ti butto fuori io (Si ride - Commenti del deputato Boccia). Stai zitto, servo dei comunisti!
Dicevo che su questo provvedimento di inasprimento fiscale, sul quale il Governo e la maggioranza, chiedendo la fiducia, hanno impedito all'opposizione di modificarlo, volevamo dire che l'imposta dell'IVA doveva essere rivista, ma senza aumentare la pressione fiscale sul ceto medio, sulle piccole e medie imprese, sull'edilizia, sull'abbigliamento, sulle imprese tessili, sull'agricoltura, sull'artigianato, e così via enumerando.
Io sono un deputato calabrese della zona ionico-reggina, che è la parte più depressa dell'intera Europa, che è stata sempre abbandonata dallo Stato e che avrebbe bisogno innanzitutto di strutture ed infrastrutture primarie, tra le quali si possono annoverare strade, trasporti, edifici scolastici e giudiziari, dello sport e del tempo libero; per poi far sorgere piccole e medie industrie agricolo-alimentari e per incentivare l'edilizia, l'agricoltura, il turismo e l'artigianato.
In questi ultimi anni, a causa di continue calamità naturali, sono stati provocati gravi danni all'agricoltura ed alle strutture pubbliche e private. Aumentando l'IVA, si toglie la possibilità di ripresa di questi settori e di questa zona: così avviene per l'edilizia, il turismo e l'artigianato!
È per questo che voteremo a favore degli ordini del giorno presentati dai gruppi di forza Italia, alleanza nazionale, CCD, misto-CDU e della lega nord per l'indipendenza della Padania, pur sapendo che non saranno votati dalla maggioranza e pur sapendo...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Filocamo, ma siccome il mio compito è di suonare il campanello e di guardare l'orologio, debbo dirle che il suo tempo è terminato.

GIOVANNI FILOCAMO. Ma come, avevo conteggiato il tempo, Presidente!

PRESIDENTE. Il suo tempo è terminato (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

FORTUNATO ALOI. Ha un concetto soggettivo di tempo, Presidente!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fratta Pasini. Ne ha facoltà.

PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, una delle poche ragioni delle quali il Governo Prodi può tentare di vantarsi è la presenza di un tasso di inflazione tra i più bassi della storia recente. Va detto che a nostro giudizio questo non dipende tanto da comportamenti virtuosi del Governo, ma da una condizione di incertezza e di stagnazione della situazione economica che deprime i consumi e la domanda. Di fronte a questo, l'incremento delle aliquote IVA, che significa un incremento dei prezzi al consumo, rischia di danneggiare anche uno dei pochi indicatori economici che siano effettivamente di segno positivo.
Ancora una volta il Governo Prodi, che non è in grado di controllare il fabbisogno di denaro, ricorre alla leva fiscale; ancora una volta ricorre all'Europa come ad un pretesto grazie al quale tutto si giustifica, tutto appare accettabile. Se è vero, come risulta dalle stime di economisti autorevoli, che noi rischiamo nel 1998 di vedere un incremento del tasso di inflazione fino al 3 per cento...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Fratta Pasini: onorevole Baiamonte, non le sembra di essere un po' impudente, oltre che imprudente?


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GIACOMO BAIAMONTE. Non sto disturbando!

PRESIDENTE. Lei non deve usare il telefonino, perché è proibito; per favore esca dall'aula! Ci sono i telefoni fissi! Il fatto poi che scenda dai banchi del suo gruppo ed attivi il telefonino, mi sembra una forma di ostentazione di impudenza.

FORTUNATO ALOI. Presidente, io direi imprudenza!

PRESIDENTE. Prego, onorevole Fratta Pasini, prosegua.

PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor Presidente, la prego di consentirmi di recuperare il tempo che mi ha sottratto per questo giusto richiamo.

PRESIDENTE. Certamente.

PIERALFONSO FRATTA PASINI. È già stata notata, signor Presidente, l'originalità della dichiarazione del Governo di non voler colpire con questo provvedimento i consumi prioritari, mentre si colpiscono, per esempio, l'abbigliamento e le calzature. Forse per il Governo abiti e scarpe sono consumi voluttuari, al pari dei vini francesi, delle auto di lusso e della barche, ma in realtà probabilmente questa immagine che è stata evocata dell'Italia che entra nel salotto buono dell'Europa comunitaria, con le scarpe rotte e gli abiti a brandelli, è veramente quella che meglio si adatta ai tentativi del nostro Governo: cercare cioè in ogni modo un aggancio meramente contabile ai parametri europei per incassare un successo di immagine senza curarsi delle conseguenze.
Non possiamo, quindi, che combattere con ogni mezzo questo decreto sull'IVA che caratterizza la manovra finanziaria per il 1998 e che è un classico esempio di tutto ciò che non dovrebbe essere fatto per il risanamento dei conti dello Stato. Colleghi, si continua ad aumentare la pressione fiscale, insistendo con i metodi seguiti nel recente passato, a dimostrazione del fatto che questo Governo non ha né idee nuove, né l'intenzione di perseguire una politica di effettivo contenimento della spesa pubblica. È evidente che questo metodo non soltanto impedisce una ripresa produttiva, ma compromette fortemente l'occupazione, gravando continuamente sulle nostre imprese e tutto il tessuto economico e produttivo con continui oneri fiscali e parafiscali.
La ricaduta di tutto questo già la si percepisce nell'enorme scontento diffuso per esempio nel nord-est, territorio che io ben conosco essendo stato eletto in un collegio di quella regione. Non ci dovremmo dunque stupire, colleghi, se in queste condizioni, di fronte alla concorrenza degli altri paesi europei, molti nostri imprenditori dovranno spostare le loro aziende, come già hanno cominciato a fare, in paesi nei quali saranno gravati da un minore carico fiscale. E proprio per rendere meno penalizzante questa manovra sul settore produttivo, credo che tutti gli ordini del giorno nei quali si chiede l'impegno al Governo a correggere gli effetti del pesante aggravio delle aliquote IVA, devono essere votati favorevolmente da questa Camera.
Fra tutti gli ordini del giorno ve ne è uno sul quale vorrei soffermarmi di più, perché riguarda una realtà, come quella delle produzioni vitivinicole, che io conosco molto bene. Si intende, colleghi, aumentare l'IVA a carico di aziende che ogni giorno devono affrontare una difficile concorrenza e competizione sul piano internazionale. Cosa hanno fatto e cosa fanno altre nazioni a favore di una produzione come quella vinicola, che per il nostro paese rappresenta anche un forte elemento di immagine, un aspetto della nostra cultura, oltre che della nostra economia e del nostro sistema produttivo? Hanno fatto e fanno molto sul piano della promozione dell'immagine, ma anche delle politiche di sostegno e di protezione, soprattutto in sede comunitaria.
Ai già vergognosi cedimenti del Governo italiano in materia agricola in Europa, si aggiunge oggi una forte penalizzazione di un bene che deve sempre più confrontarsi con i mercati internazionali,


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non solo sul piano della qualità, ma anche su quello oggi difficile dei prezzi. Questo senza considerare il fatto che i vini sono un genere che se non appartiene in senso tecnico alla primaria necessità, fa tuttavia parte integrante della cultura alimentare del nostro paese, delle abitudini alimentari di milioni di nostri cittadini, anche e forse soprattutto dei meno abbienti. Il settore vinicolo già oggi è in difficoltà; se andiamo a colpirlo ancora, oltre a fare sempre più fatica a competere all'estero, ci troveremo con molte aziende costrette a chiudere o a limitare la loro attività.
Per questo, signor Presidente e colleghi, sollecito con particolare attenzione l'approvazione dell'ordine del giorno Santori n.9/4297/48 su questa materia (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Massidda. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Signor Presidente, ministro Visco e onorevoli coraggiosi colleghi che siete ancora rimasti ad ascoltare l'opposizione, stasera non voglio ripetere le cose, che condivido pienamente, che hanno detto tutti i colleghi intervenuti. Non posso, quindi, che anticipare il mio voto favorevole agli ordini del giorno e spiegare le ragioni per le quali siamo qua, al di là di tutte le strumentalizzazioni che leggiamo nei comunicati o che abbiamo appreso in questi giorni tramite la stampa.
Noi siamo qui per tre ragioni principali: innanzitutto per rappresentare ancora quella libertà che volete soffocare, quella libertà alla quale facevano riferimento molti colleghi e che credo sia stata ben qualificata dall'intervento dell'onorevole Martino; in secondo luogo perché ci opporremo con tutte le armi che abbiamo in mano e che questa democrazia, se ancora rimane, ci darà, a questo provvedimento iniquo, che tutti abbiamo documentato come tale; in terzo luogo per rappresentare anche quel ceto produttivo che avete osannato, «allisciato» durante la campagna elettorale, per oltraggiare da diversi mesi quotidianamente.
Questo è l'ennesimo provvedimento che oltraggia quel ceto produttivo che crede ancora nella parola data, quel ceto che si disgusta nel sentire le affermazioni del ministro Ciampi, che si disgusta ancora nel sentire le vostre promesse da marinaio, mai mantenute. Ho grande rispetto dei marinai per assimilarmi a voi, però questo è il vostro modo di fare, che credo purtroppo stia conducendo la nazione ad una situazione ormai insostenibile, soprattutto per quel ceto medio che in questo momento si sta opponendo con armi che non sono quelle della violenza, non sono quelle che voi volete dipingere, ma sono quelle del senso di responsabilità, di ragionevolezza, che non volete ancora riconoscervi.
Un certo signor Ernesto Galli di non so che cosa, in un articolo domenica scorsa pretende di dover decidere chi siamo, cosa non siamo, e si ritiene titolato per poter oltraggiare quel ceto medio che dice non abbia cultura di Stato, che sia parassitario, che non abbia il senso delle istituzioni e che, bontà sua, ritiene speculare a forza Italia.
Ci fa molto piacere, ci sentiamo molto onorati di rappresentare quel ceto medio perché è diametralmente opposto a quello che lui ritiene sia ed a quello che il Governo ritiene esso sia. Noi rappresentiamo quelle persone, gli artigiani, gli agricoltori, i liberi professionisti, i dipendenti pubblici, le famiglie, gli handicappati, quei giovani - e sono tanti - che entrano anche nelle vostre segreterie per chiedere un aiuto, giacché negli anni passati li avete educati ad elemosinare il posto di lavoro. Infatti, il posto di lavoro non veniva creato con opportuni aiuti, con la sburocratizzazione e con la semplificazione delle procedure; era invece qualcosa da raggiungere andando a fare da «tappetini» al politico di turno. Ebbene, noi ci rifiutiamo di accettare tutto ciò. Combatteremo con tutte le nostre forze per opporci a questa semplificazione, all'oltraggio costante e continuo nei confronti della dignità del cittadino; la dignità di


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quel ceto medio, di quelle piccole imprese che a parole voi considerate la spina dorsale dell'Italia, ma che nei fatti voi colpite e, con i provvedimenti in esame, ammazzate.
Posso pertanto dirvi che, al di là delle vostre riunioni e delle vostre decisioni, esiste ancora un'opposizione democratica che sarà sempre un simbolo per tutta la legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale e del deputato Roscia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garra. Ne ha facoltà (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

GIACOMO GARRA. Inizio dichiarando il mio apprezzamento nei confronti degli ordini del giorno che impegnano il Governo ad applicare aliquote ridotte per l'IVA sui medicinali, sul vino, sull'abbigliamento e sulle calzature.
Voterò altresì gli ordini del giorno volti ad impegnare il Governo ad evitare aggravi dell'IVA a carico della generalità dei cittadini che pagano il contributo per la raccolta dei rifiuti urbani.

DANIELE ROSCIA. È entrato un «Boato»...!

MARCO BOATO. Per ascoltare Garra!

GIACOMO GARRA. Non è possibile che sul corrispettivo dovuto dai cittadini al comune per la gestione del servizio della raccolta rifiuti...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Garra, ma che anche l'onorevole Boato volti le spalle alla Presidenza...! Già c'è l'onorevole Rebuffa! Onorevole Rebuffa, sarebbe così cortese da non dare le spalle alla Presidenza?

GIORGIO REBUFFA. Molto volentieri!

MARCO BOATO. Domando scusa, Presidente.

GIACOMO GARRA. Non è dunque possibile che si faccia gravare l'IVA nella misura massima, poiché anche questa è una «torchiatura» vessatoria che potrebbe essere scongiurata impegnando il Governo a fissare l'aliquota in argomento al 10 anziché al 20 per cento.
Esprimo inoltre il mio apprezzamento sull'ordine del giorno che impegna il Governo alla ripresa, signor ministro, dei rimborsi dell'IVA, che troppe volte sono stati bloccati.
Esprimo ancora apprezzamento ed annuncio il mio voto favorevole sull'ordine del giorno dei colleghi Stucchi ed altri, che impegna il Governo ad annullare il recente aggravio dell'aliquota IVA sui materiali edilizi; aliquota che è stata aumentata dal 16 al 20 per cento. Tale aggravio dell'IVA nel settore edilizio è uno degli aspetti più vessatori della manovra tributaria approvata con il decreto-legge 29 settembre 1997, n.328.
Da mesi il Governo ed il ministro delle finanze - che invito ad ascoltarmi - che andrebbe ribattezzato come ministro della fiscalità, anzi - mi correggo - come ministro della «viscalità» (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia), avevano preannunciato benefici per l'edilizia e per la prima casa nella consapevolezza che si tratta di un settore che ha espulso molti occupati e che, se incentivato, potrebbe costituire un volano per l'occupazione. Si erano create aspettative che sono state raggelate. Per turlupinare i contribuenti si addolcisce l'amara pillola, sbandierando la normativa prevista dal collegato alla legge finanziaria. Intanto, però, i cittadini debbono soggiacere al torchio ed il torchio opera nella misura massima, cioè quella del 20 per cento. Altro che sbocchi per l'occupazione! Altro che rilancio dello sviluppo economico!
I nostri giovani, purtroppo, i nostri disoccupati del Mezzogiorno e delle isole resteranno senza occupazione, perché l'asfissia dei settori produttivi non crea occasioni di lavoro e, semmai, porta all'espulsione di altre unità lavorative.
Con questo Governo, con una fiscalità portata all'esasperazione non può esservi


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ripresa, non può esservi alcuna azione utile ad incrementare l'occupazione nel nostro paese.
A giorni alterni, signor ministro, i contribuenti si vedono aggravate le tasse e poi i contributi previdenziali. Credo che, a forza di spremere i cittadini, nelle mani del Governo resterà un paese cadavere. Se è questo ciò che volete, allora siete davvero sulla buona strada (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gastaldi. Ne ha facoltà.

LUIGI GASTALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, intervengo per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno per annunciare il voto favorevole dei deputati di forza Italia sul mio ordine del giorno e su quelli presentati dal Polo e dalla lega.
Il Governo avrebbe potuto utilizzare margini di tempo superiori per adeguarsi alle direttive comunitarie. Ma l'esecutivo ha ormai un unico obiettivo, quello di assicurarsi altre entrate fiscali. Tale scelta, ancora una volta, sacrifica lo sviluppo del nostro paese che invece solo attraverso lo sviluppo può ridurre il grave problema dell'occupazione.
Il Governo aveva dichiarato di voler tutelare i consumi prioritari ed invece, col provvedimento in esame, colpisce pesantemente settori già in sofferenza come quello dell'edilizia, del tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero. Per non parlare poi dell'agricoltura in generale e della produzione vinicola in particolare, come già illustrato molto bene dall'onorevole Fratta Pasini poco fa. La protesta vibrante della Coldiretti di ieri è testimonianza dell'assoluta insensibilità del Governo e del ministro Pinto nei confronti del settore primario. Probabilmente, il liquame versato sulla A4 sarà, nel prossimo futuro, destinato a «profumare» anche palazzo Chigi.

DANIELE ROSCIA. Verremo qui!

LUIGI GASTALDI. Mi soffermo brevemente sul comparto economico legno-arredo che è fra i più rilevanti nel nostro paese. La sua offerta finale si compone prevalentemente di beni di investimento, di semilavorati industriali, di strutture per l'edilizia e di beni di consumo durevoli: arredamento, mobili per ufficio, arredo urbano. L'ultimo censimento industriale ha registrato circa 100 mila unità locali con un totale di oltre 428 mila addetti. Nel 1996, i risultati in termini di fatturato netto industriale si stimano in oltre 61 mila miliardi di lire, di cui 18 mila provenienti dalle esportazioni. Il saldo commerciale normalizzato del settore legno-arredo è secondo solo al settore meccanico in tutta l'industria manifatturiera. Negli ultimi cinque anni, la domanda interna di mobili a prezzi costanti si è ridotta del 30 per cento rispetto al massimo storico raggiunto nel 1991 e non mostra segni di inversione. Di conseguenza, gli operatori del settore stanno chiedendo da tempo misure che consentano di contrastare la congiuntura negativa, nella consapevolezza che la rivendicazione riguarda non semplici prodotti di consumo, ma beni la cui disponibilità condiziona direttamente l'economia, la qualità della vita nonché il benessere sociale sia per quanto riguarda il tempo libero sia sul lavoro. Alla prova dei fatti, anziché vedere attuati provvedimenti capaci di agevolare ed indirizzare la decisione di spesa di famiglie e di imprese, si constata che l'attesa di applicazione dei provvedimenti per la ristrutturazione e la manutenzione edilizia ha determinato un rinvio delle decisioni di acquisto particolarmente grave per quanto attiene alla domanda nel sistema dell'edilizia.
L'aumento delle aliquote IVA, introdotte per decreto-legge il 1 ottobre, danneggia il complesso della filiera legno-arredo in quanto costituisce un ulteriore disincentivo al consumo dei prodotti per l'edilizia e per l'arredamento. Perché le diverse componenti del settore possano tornare ad operare in un contesto di mercato nazionale avviato verso la ripresa della domanda e con regole che incentivino


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la trasparenza sarà necessaria la riduzione dell'aliquota IVA per legno, sughero, semilavorati industriali e pavimenti dal 20 al 10 per cento (nella consapevolezza che il minore introito per unità di vendita sarà recuperato grazie alla maggiore quantità di transazioni ufficiali in un comparto che costituisce la base di una lunga catena di successive lavorazioni industriali), nonché la riduzione dell'aliquota IVA dal 20 al 4 per cento per gli acquisti di arredamento e complementi di arredo alle famiglie neocostituite e per quelle che, già sposate, acquistano la prima casa.
La mia parte politica chiede da sempre interventi strutturali e non continui inasprimenti fiscali. Per questi motivi dichiaro il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

DANIELE ROSCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. Signor Presidente, vorrei chiarire il rapporto che ho con lei. Ogni qualvolta ho, come è ormai usuale...

PRESIDENTE. Il suo intervento non è sull'ordine dei lavori; andiamo avanti.

DANIELE ROSCIA. No, è sull'ordine dei lavori, Presidente! Lei la deve smettere di chiamarmi ogni qualvolta io manifesto in quest'aula...

PRESIDENTE. Allora la richiamo per la seconda volta all'ordine. La prossima volta la caccio fuori!

DANIELE ROSCIA. Basta, la deve smettere di fare il dittatore!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stagno D'Alcontres. Ne ha facoltà.

FRANCESCO STAGNO D'ALCONTRES. Signor Presidente, onorevoli colleghi, facoltà per le minoranze parlamentari qualificate (un quarto, un terzo) di ricorrere direttamente alla Corte costituzionale contro decreti-legge emanati fuori dalle condizioni costituzionalmente previste; tempi garantiti all'opposizione nella programmazione dei lavori parlamentari. Onorevoli colleghi, tre le 88 tesi per la piattaforma programmatica dell'Ulivo c'è scritto quello che ho appena detto e c'è scritto anche di un Parlamento - continuo a citare testualmente - non più sofisticato da decreti-legge a ripetizione. Sarebbe stato sufficiente questo per chiudere la questione del decreto-legge che abbiamo in discussione; sarebbe stato sufficiente se la maggioranza in Parlamento non persistesse in questo vizio di fondo da vetero comunisti, il vizio di dire e scrivere le cose più democratiche nel momento della visibilità, mentre poi, nella fase dell'attuazione e della scrittura del provvedimento, si stagliano nell'ombra le conseguenze più inquietanti, nell'invisibilità, tenendo all'oscuro la pubblica opinione. Ne è prova la continua sordità alle richieste dell'opposizione.
Il fisco non deve intralciare le attività produttive; deve essere moderatamente progressivo. Non è il programma dei conservatori inglesi dei tempi della Thatcher; è il programma dell'Ulivo. Ebbene, la straordinarietà ed urgenza di questo decreto recante disposizioni tributarie si deve alla straordinaria capacità di mentire del Governo, che ha sovrastimato le entrate del bilancio dello Stato e adesso deve cercare gettito dove può, nel caso qui in discussione, aumentando i prezzi.
L'inflazione, colleghi della maggioranza, non dell'Ulivo (mi riferisco quindi ai colleghi della maggioranza che credono davvero nella solidarietà), è la peggiore delle imposte, quella non progressiva ma regressiva; quella che colpisce le famiglie che hanno meno. Per chi è ricco quanto incide qualche banconota da centomila lire in più per scarpe e vestiti? Certo molto meno rispetto a chi deve mantenere i propri figli con due milioni al mese.


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Questa è la regressività che state imponendo e se, come ha fatto rilevare l'onorevole Marzano, l'aumento già in atto da ottobre non sembra avere inciso sui prezzi, ma aver provocato la contrazione della produzione, ecco come questo straordinariamente necessario ed urgente provvedimento non intralcia le attività produttive.
Onorevoli colleghi, posso capire che il fine giustifica i mezzi e che, quindi, per la causa dell'ingresso come primi della classe nell'Europa dell'unione monetaria - giusta causa per le certezze di sviluppo che essa porterà a questo paese - sia necessario anche, come dire, l'uso della forza, ovviamente forza giuridico-istituzionale. Capisco dunque che in nome di queste certezze sia emersa l'opportunità di soffocare, sempre per vie giuridico-istituzionali, le richieste dell'opposizione, cioè le richieste del Parlamento. Sono delle perdite di tempo. Quello che pensano i parlamentari del sistema tributario non può essere preso in considerazione. Ciò che pensano i parlamentari della riforma della previdenza e del mercato del lavoro, del servizio sanitario nazionale, non può essere preso in considerazione. Quello che pensano i parlamentari delle quote-latte, che hanno portato centinaia di migliaia di allevatori in piazza, non può essere preso in considerazione. Quello che pensano i parlamentari delle questioni siciliane dai crolli - naturalmente metaforici - della giustizia e quelli delle palazzine, proprio a tre giorni dalle elezioni, non occorre sia portato a conoscenza dei cittadini. Il drenaggio dei poteri in nome del tempo che non si può perdere è da Costituzione di emergenza. Ebbene, se Costituzione di emergenza deve essere, Costituzione di emergenza sia. Se la forma di Governo è nella sostanza modificata, se siamo in un regime direttoriale, con l'esecutivo forte, dotato di pieni poteri per la straordinaria amministrazione data la straordinaria necessità ed urgenza che il momento storico di impone, chiedo allora che resti almeno un lumicino di democrazia. Il Governo dica con chiarezza a noi ed al popolo che rappresentiamo: «Vogliamo i pieni poteri». Lo dica senza usurare questa istituzione; lo dica in modo visibile a tutti.
Don Sturzo scriveva sul Giornale d'Italia nel 1957 che chi si illude di aver conquistato la libertà non ne conosce il reale valore, né che cosa importi veramente la battaglia per conquistarla. Non ci illudiamo e non cadremo vittime di questa illusione finanziaria e politica. Dichiariamo pertanto il nostro voto favorevole al complesso degli ordini del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gazzilli. Ne ha facoltà.

MARIO GAZZILLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il decreto-legge n.328 al nostro esame costituisce senza dubbio una componente importante, o meglio essenziale, della manovra di finanza pubblica per il 1998. Esso, tuttavia, non può essere condiviso dal Polo delle libertà e dalla lega in quanto contribuisce ad incrementare la pressione fiscale, già particolarmente elevata, ed a strozzare le nostre imprese.
Le imprese italiane sono sempre più gravate da oneri fiscali e parafiscali che nel complesso risultano superiori a quelli vigenti negli altri paesi europei, sicché è presumibile che nel prossimo futuro la concorrenza estera riuscirà a prevalere.
È appena il caso di sottolineare la gravità degli effetti che si verificheranno sull'economia in generale e sul livello di occupazione in particolare. È fortemente probabile - anzi assolutamente certa - l'ulteriore contrazione del numero delle piccole e medie imprese dalle quali dipende in buona parte l'avvenire del paese.
D'altro canto non può sottacersi che, pur essendo perfettamente consapevole delle conseguenze disastrose che andranno a colpire la produzione, la maggioranza non è riuscita ad individuare altre strade ed ha scelto la via rappresentata da un indiscriminato aumento fiscale che attinge anche da categorie e settori che sarebbero invece meritevoli di tutela.


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Senonché, essendo colpiti i settori dell'abbigliamento e delle calzature, quello vitivinicolo e quello edile, la possibilità di incrementare l'occupazione resta definitivamente pregiudicata, in quanto questa ennesima penalizzazione riguarda comparti produttivi che già soffrono a causa di una concorrenza estera fortissima e di una elevata incidenza di manodopera.
Particolarmente gravi sarebbero i risultati di questo decreto per la gestione ordinaria degli enti locali qualora, come il Governo intende fare, venisse stravolta l'aliquota originariamente prevista nei quadri economici delle opere pubbliche definiti in sede di approvazione del progetto.
Invero con l'immediato aumento dell'aliquota IVA si avrebbe la completa alterazione del quadro economico originario e la conseguente necessità di procedere al rifinanziamento delle opere.
Occorrerebbe altresì deliberare nuovamente, previo reperimento (non senza difficoltà) di nuove e diverse risorse finanziarie. Da ciò il prevedibile esito sarà il protrarsi della paralisi che da tempo soffoca il settore delle opere pubbliche e quindi il persistere della disoccupazione, specie nelle regioni meridionali dove, al contrario, si attende con ansia lo sblocco dei lavori pubblici non ancora ultimati.
È pertanto indispensabile che il Governo riveda al più presto la propria posizione su tutti i settori summenzionati e citati nei numerosi ordini del giorno presentati, sui quali si chiede all'Assemblea un voto favorevole. Confidiamo che le nostre aspettative non resteranno deluse (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marotta. Ne ha facoltà.

RAFFAELE MAROTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, prendo la parola per dichiarare il mio voto favorevole su tutti gli ordini del giorno presentati dal Polo e dalla lega nord per l'indipendenza della Padania (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Non voglio discutere della legittimità della posizione della questione di fiducia. Voglio dare conto delle ragioni del mio dissenso rispetto a questo provvedimento, del quale il Governo chiede la conversione in legge.
Qual è il problema più assillante e grave che affligge oggi l'Italia? È la disoccupazione, lo sanno tutti. Ed essa ha assunto e sempre più assume proporzioni drammatiche, insostenibili, soprattutto in certe zone d'Italia.
Cosa si è fatto in un anno e mezzo di Governo cosiddetto di centrosinistra in questo settore? Niente o quasi niente, lo dicono i dati statistici, lo dice pure una forza che appoggia la maggioranza e cioè rifondazione comunista. Se non ricordo male, nell'ottobre scorso Bertinotti aprì la crisi su questo presupposto: niente era stato fatto in ordine alla disoccupazione.
Eppure si addebita, con espressione al limite del dileggio, al Governo Berlusconi di non aver creato posti di lavoro in quattro o cinque mesi di effettivo governo (perché tanto durò quell'esecutivo è ridicolo!
Cosa si deve fare per risolvere questo grave problema, che è poi quello vero? Ormai la concezione miracolistica del collettivismo è fallita, lo dicono tutti. La sfida che il collettivismo lanciò all'impresa privata è stata vinta da quest'ultima ed oggi tutti parlano di privatizzazioni, nessuno vuole più il collettivismo, forse nemmeno l'onorevole Bertinotti.
Allora, scusate, come dobbiamo risolvere il problema della disoccupazione? Nell'ambito di questa impostazione economica: dobbiamo cioè favorire lo sviluppo, dobbiamo incentivare l'impresa privata piccola e media, perché essa costituisce l'ossatura, la struttura portante della nostra economia. Non c'è niente da fare, dobbiamo prendere atto di questo!
Oggi non si parla di collettivismo - è inutile - e quindi di interventi statalistici o di centralismo. Penso che su questo


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siamo tutti d'accordo: partiamo allora da tale premessa e verifichiamo se il decreto al nostro esame, del quale si chiede la conversione in legge, sia in linea o meno con questa impostazione. Non lo è ed anzi va nella direzione opposta. Diciamo la verità: esso comporta un inasprimento fiscale ed aggrava oltremodo la già intollerabile pressione fiscale a carico delle aziende private piccole e medie. Ciò è di tutta evidenza. Fra l'altro colpisce settori cosiddetti trainanti: si pensi, per tutti, all'edilizia, all'agricoltura, all'industria calzaturiera, della quale abbiamo sempre menato vanto. Colpisce addirittura la cantieristica nautica, colpisce beni di prima necessità e costituisce, quindi, non solo un peso per le imprese, ma un aggravio per il bilancio delle famiglie.
Io che vengo da una zona disastrata, il Cilento (non quello costiero, ma l'interno), posso dirlo: il più delle volte mi vergogno nel vedere gente che non lavora, giovani che mi chiedono posti di lavoro. Ma cosa posso fare? Non posso e non rientra neanche nella mia mentalità brigare per queste cose.
Allora, scusatemi...

PRESIDENTE. Onorevole Marotta, il tempo a sua disposizione è terminato: non dia ad un avvocato la soddisfazione di togliere la parola ad un giudice (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)! Questa si chiama pena del contrappasso: troppe volte lei ha tolto la parola agli avvocati!

RAFFAELE MAROTTA. Per la verità, Presidente, io non l'ho mai tolta!

VINCENZO ZACCHEO. L'hai tolta per fargli perdere le cause!

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Giannattasio, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovine. Ne ha facoltà.

UMBERTO GIOVINE. Si fa tardi, caro Presidente, cari colleghi, ed anche il ministro Visco ci ha lasciati (i migliori ci lasciano per primi!), pur surrogato dall'ottimo sottosegretario Marongiu.
In effetti, quando leggiamo le cifre che oggi abbiamo a disposizione e che in quest'aula ha citato il deputato Marzano, ci domandiamo veramente cosa stiamo a fare - non solo noi, ma anche i deputati «superstiti» della maggioranza - in un paese che ha residui passivi per 297 mila miliardi di lire, con un aumento del 50 per cento rispetto all'anno scorso.
Sapete cosa vuol dire? Vuol dire che tutte le leggi di cui parliamo, i provvedimenti che prendiamo e sui quali lealmente quasi sempre ci scontriamo di fronte all'indifferenza della maggioranza, non servono a niente, non producono effetti: finiscono in una enorme sacca controllata dal Ministero del tesoro di ben 297 mila miliardi di lire, che solo quest'anno rappresentano il 15 per cento del prodotto interno lordo. Non esiste al mondo un altro paese in questa situazione!
Noi creiamo leggi, ci affatichiamo a presentare emendamenti, ma tutto finisce in un'unica sacca. Come usciranno questi soldi? Come si passerà dalla competenza alla cassa? Chi deciderà, quando, come? Non lo sappiamo, colleghi.
Colleghi della maggioranza, siete voi i primi ad essere imbrogliati da questo sistema. Voi credete di decidere, ma non decidete niente. Il vostro Governo non è il vostro Governo (e certamente non è il nostro)!
Cosa stiamo a fare qua, allora? È inutile ricordare la vicenda, più volte citata in aula oggi, degli emendamenti e della fiducia posta dal Governo molto incautamente, con le conseguenze che sono davanti ai nostri occhi, senz'altro da noi non volute, ma alle quali faremo fronte, e fronte comune, colleghi della maggioranza.
Lasciatemi sottolineare un fatto che è forse più importante.
Ieri sono stato espulso da quest'aula perché, dopo l'intervento del presidente del gruppo della sinistra democratica, il deputato di Piombino, che è piombato in


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quest'aula per raccontarci quello che l'opposizione deve fare, ho intonato «Peron!». Peron era un personaggio a cui il deputato di Piombino somiglia forse solo per la tintura dei capelli e per poco altro. Lo dico senza invidia né malizia: ma non volevo dire Peron, bensì «peon»!

PRESIDENTE. Sotto il profilo della calvizie ha tutta la mia solidarietà!

UMBERTO GIOVINE. La ringrazio, Presidente. Da lei non mi attendevo di meno!
Dico questo senza invidia, come sa chi ha raggiunto la tranquillità dello spirito e della calvizie, ma voglio fare una precisazione. Volevo dire non Peron, ma «peon», quel tipo di peon che nel manuale del perfetto idiota italo-latino-americano, presentato ieri al pubblico romano da una nobile casa editrice, è il peon che la sinistra nostrana con il passamontagna ancora idolatra. Peon, questo in realtà volevo dire, e non Peron.La tragica malinconia del dittatore latino-americano non si attaglia alla modesta figura del deputato di Piombino.
Vorrei concludere, Presidente, ricordando che quando è stata prima convocata e poi sconvocata l'assemblea del Capranica si è parlato di peronismo. Allora, forse avevo ragione io, non a paragonare il deputato di Piombino a Peron (in quanto egli è «peon»), ma a prevedere la deriva peronista della maggioranza.
Oggi siamo qui a ricordare che la maggioranza ci ha costretto a questo tour de force, ma noi siamo uniti. Vedremo l'alba del 27 di novembre in un livido e nebbioso 27 novembre di tre anni fa: il 27 novembre del 1994, proprio tre anni fa, iniziò un colpo di Stato strisciante per la tragica divisione di quella che era allora la maggioranza nel Governo e nel paese. Oggi l'opposizione ha ritrovato la sua unità contro una maggioranza di Governo che non è maggioranza nel paese. Noi eravamo e restiamo la maggioranza qui, nell'opposizione, e, nel riaffermare il ruolo fondamentale del Parlamento nell'attività di controllo sugli atti di Governo, annuncio il voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dalla lega e dal Polo per le libertà (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scaltritti. Ne ha facoltà.

GIANLUIGI SCALTRITTI. Presidente, colleghi, sottosegretario, vorrei annunciare il mio voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dal mio gruppo, da tutto il Polo e dalla lega in relazione al decreto-legge recante disposizioni tributarie urgenti.
Il gruppo di forza Italia e tutto il Polo sono contrari agli interventi contenuti in questo decreto-legge in materia di IVA perché rientrano in una logica di imposizione fiscale che abbiamo sempre combattuto. Noi invece vediamo in un incentivo che porti ad una defiscalizzazione, quindi ad un alleggerimento della pressione fiscale, uno stimolo alla libera impresa, alla possibilità di iniziativa privata. È questo l'obiettivo che vogliamo raggiungere attraverso la libertà di iniziativa della persona e consentendo a quest'ultima di attivarsi tramite l'impresa, con norme che non siano oppressive e che aumentino i posti di lavoro.
Con la crescita dell'imposizione indiretta si colpiscono i prezzi, soprattutto sul mercato interno, appesantendo le possibilità commerciali del nostro paese, che sono attivate da tantissime piccole imprese, le quali non hanno la forza di reagire con altre iniziative. Ciò determinerà sicuramente un aggravio sui consumi e quindi una scarsa possibilità di incremento della produzione, nell'ambito di un sistema produttivo che subisce forti influenze da parte della concorrenza estera, che lo sta soffocando. In una logica che diventa sempre più globale, lo Stato offre pochi servizi alle imprese, a causa della sua scarsa funzionalità e del rilevante debito pubblico.
Vorrei fare ora riferimento alla logica che sta alla base del decreto-legge in


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esame, che nasce da una mancata capacità programmatoria del Governo. Il Governo infatti aveva previsto entrate tributarie molto più alte, rispetto alle quali probabilmente il prelievo sul TFR non è bastato. Da ciò è conseguita la giustificazione consistente nelle indicazioni della Comunità europea, che prevedevano, con scadenza alla fine del 1998, un'armonizzazione delle aliquote IVA. Attraverso queste indicazioni si è giustificato l'anticipo di un prelievo IVA che porterà via dal mercato 1.460 miliardi nel 1997 ed oltre 5.700 miliardi nel 1998.
Tutto questo è stato fatto, ripeto, con estrema urgenza, in una logica che vede esclusivamente nella pressione fiscale la possibilità di migliorare il bilancio dello Stato o quanto meno di accontentare indici che possano determinare un controllo del potere politico. Noi abbiamo una logica diversa da quella dell'attuale maggioranza che sostiene il Governo, che è quella di essere al servizio del cittadino, di difenderlo dall'oppressione fiscale. La nostra logica si basa anche sulla libertà del lavoro, perché, attraverso di essa, si realizza la libertà dal bisogno. Probabilmente la maggioranza ha una logica diversa, quella di rispettare certi dati anche con forzature e con residui passivi, perché attraverso di essi si può glorificare e quindi far credere che tutto vada bene.
Mi chiedo, Presidente, come ci confronteremo con la gente, anzi come vi confronterete con i cittadini quando saremo fittiziamente entrati in Europa e non saremo in grado di competere né di rispondere alle richieste della gente...

PRESIDENTE. Lasciamo ai posteri l'ardua sentenza! Il tempo a sua disposizione è finito, onorevole Scaltritti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lavagnini. Ne ha facoltà.

ROBERTO LAVAGNINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, la posizione della questione di fiducia sul provvedimento in esame ed alcuni interventi arroganti hanno scatenato una reazione forte da parte dell'opposizione, che si è vista precludere qualsiasi possibilità di emendare le aliquote IVA che in alcuni settori sono estremamente penalizzanti. Gli argomenti contenuti negli emendamenti presentati dall'opposizione e dalla lega sono stati trasferiti negli ordini del giorno oggetto dei nostri interventi.
Attraverso tali ordini del giorno si chiede di rendere la norma più chiara e più semplice, sostituendo le migliaia di disposizioni esistenti. Non vorremo però che capitasse quello che è capitato per facilitare gli utenti rispetto agli uffici del registro. Una volta l'utente si recava all'ufficio del registro, si faceva fare il conto, pagava e tornava a casa. Adesso è stato facilitato: può versare in banca, alla posta, alla tesoreria, però deve andare all'ufficio del registro a farsi fare il conto. Va alla posta o in banca a pagare e poi deve riportare all'ufficio del registro la ricevuta dell'avvenuto pagamento. Quindi la facilitazione che è stata data all'utente consiste in tre adempimenti anziché in uno. Allora, non vorremmo che fosse semplificata in questo senso.
Si chiede inoltre al Governo che le accise non formino una base imponibile e ne siano escluse. Abbiamo avuto occasione di parlare di questo problema, signor rappresentante del Governo, e lei sa quanto io abbia sostenuto come le accise gravino pesantemente su tutte le aziende che producono superalcolici e alcol puro.
Si chiede che l'aliquota IVA per la gestione dei rifiuti solidi non sia del 20, bensì solo del 10 per cento. Si chiede di ridurre l'aliquota IVA sui materiali edilizi, perché questo è un comparto che sta soffrendo una forte crisi. Nella mia provincia, l'edilizia ha visto diminuire l'occupazione di circa il 39 per cento. Si chiede di ridurre l'aliquota IVA sulle opere di urbanizzazione primarie e secondarie, di ribassare l'aliquota IVA sulle calzature e sull'abbigliamento, di rivedere le aliquote relative al trasporto dei disabili, agli autobus adibiti al trasporto scolastico, di esentare dall'IVA gli autobus adibiti al trasporto pubblico di persone. Esistono


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aziende di trasporto pubblico che hanno il bilancio in passivo, ed il passivo è dovuto esclusivamente alla differenza dell'IVA che non possono recuperare. Poi, di esentare, per esempio, la Croce rossa e le associazioni di volontariato, e di ridurre l'aliquota sul vino al 10 per cento, come per altri prodotti agricoli. Quello vitivinicolo, infatti, è un settore fondamentale, che rappresenta una risorsa importante per vaste aree del nostro paese. Si chiede di rimuovere la grave situazione dei rimborsi dell'IVA, evitando così la grave crisi finanziaria che colpisce numerose piccole e medie imprese.
Chiediamo al Governo che le comunità montane siano omologate ai comuni. Il territorio italiano è rappresentato al 50 per cento dalle comunità montane, all'interno delle quali abitano 10 milioni di persone. Perché esse non devono essere omologate ai comuni? Chiediamo che sia recepita la normativa comunitaria in materia di allevamento e addestramento dei cavalli; si chiede al Governo di non aggravare i costi dei servizi turistici, rendendoli competitivi rispetto a quelli di altri paesi europei.
Gli effetti di questo provvedimento sono stati ormai più volte ribaditi. L'indiscriminato appesantimento dell'imposizione indiretta porterà a una riduzione dei consumi, a una ripercussione diretta sul comparto del commercio, a un riflesso sulla produzione e a un aumento dei prezzi che potrà pregiudicare il processo inflazionistico (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Jucco. Ne ha facoltà.

DOMENICO LO JUCCO. Presidente, colleghi, le riserve e la legittima avversità che il decreto-legge volto ad introdurre inasprimenti sul versante dell'IVA ha suscitato sin dal suo primo apparire in Parlamento traggono motivo innanzitutto dall'inusitata sollecitudine con cui il Governo ha voluto dare attuazione - persino anticipata - alla direttiva dell'Unione europea sull'armonizzazione della disciplina giuridica di questo tributo, e ciò in considerazione del fatto che l'Italia vanta da sempre il non brillante primato, fra gli Stati membri dell'Unione, del recepimento sempre troppo ritardato, talvolta del tutto disatteso, delle direttive di Bruxelles. Si tratta di una sollecitudine che non potrebbe trovare credito neppure presso i gonzi, ai quali pur si è preteso di far credere giuste le motivazioni addotte per istituire il cosiddetto contributo per l'ammissione all'unione monetaria.
Ma, al di là di queste preliminari considerazioni, va soprattutto detto, anzi va gridato, che occorre smetterla con l'abuso della decretazione d'urgenza, un abuso che travalica ogni limite di giuridica tollerabilità se vi si fa ricorso all'asserito scopo di attuare una direttiva comunitaria, ma con il vero intento di introdurre sostanzialmente nuovi tributi, e per di più in coincidenza con la sessione di bilancio. In questo modo, l'uso del decreto-legge è del tutto incostituzionale ed attua un'illecita espropriazione delle prerogative del Parlamento. È incostituzionale perché viola l'articolo 81 della legge fondamentale della Repubblica, che vieta ancora l'istituzione di nuovi tributi con la legge di bilancio.
Questo divieto non può essere considerato un capriccio del costituente, che nell'imporlo volle porre i progetti legislativi preordinati all'introduzione di nuovi prelievi tributari al riparo da scelte affrettate, e in ogni caso non sufficientemente meditate in Parlamento, il che non è ragionevolmente possibile quando è in discussione l'annuale bilancio di previsione dello Stato. Né si potrebbe pretendere di sostenere che, per rimanere nei confini segnati dal costituente, sarebbe sufficiente tenere fisicamente staccati dai progetti di legge di bilancio e finanziaria quelli separatamente presentati dall'esecutivo. Poco importa se della decretazione d'urgenza non si fosse abusato così come si è fatto nei contenuti, più che nella quantità: le leggi forse non sarebbero state


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per ciò scritte meglio; sicuramente, però, non avrebbero raggiunto un grado di imbarbarimento non più tollerabile.
A questo proposito, non possiamo non rimarcare come il merito del provvedimento che stiamo qui a contestare sia contraddittorio con i tentativi di rilancio dell'economia che il Governo Prodi sta compiendo. La manovra - è già stato detto - avrà soltanto effetti negativi per le nostre imprese, che subiranno pesantemente il differenziale fiscale e parafiscale rispetto alle concorrenti imprese europee. Molti ne prevedono la delocalizzazione a favore di sistemi-Stato più moderni e incentivanti, e già ne avvertiamo i primi segnali da parte delle multinazionali, che sempre meno, in questo passaggio politico, sono attirate dal nostro paese.
Forza Italia si è sempre battuta contro l'inasprimento della pressione fiscale ed è a favore di interventi strutturali che soli possono rallentare e contenere la dinamica della spesa pubblica. Questo Governo, invece, ha voluto assicurarsi di nuovo altre entrate, volte a garantire la nostra presenza nella moneta unica, senza curarsi della qualità dell'intervento. Tutti i settori per noi trainanti, quali ad esempio quelli dell'abbigliamento e dell'edilizia, saranno colpiti da questo iniquo provvedimento. In Europa dobbiamo andarci, e non c'è nessuno in Italia, a parte forse rifondazione comunista, ancora, che ormai non lo sostenga; ma dobbiamo restarci, e non sono questi i modi e i mezzi opportuni.
Per questo motivo voterò a favore di tutti gli ordini del giorno presentati dai deputati del Polo e della lega (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mammola. Ne ha facoltà.

PAOLO MAMMOLA. Grazie, Presidente. Cercare di dire qualcosa di più di quanto hanno già detto tutti i colleghi che sono intervenuti ormai numerosi da ieri sera, quando abbiamo cominciato questa forma di protesta che - è bene comunque ricordarlo - non è nata spontaneamente, per un vezzo o per un capriccio di 200 o 300 deputati che ad un certo momento sono impazziti e hanno deciso di passare le proprie serate in aula, è difficile. Devo dirle, però, Presidente, che quando il collega Mussi, presidente del gruppo della sinistra democratica, ha lanciato apertamente il guanto di sfida al Parlamento dicendo «allora staremo qui a discutere andando avanti senza limiti di tempo», ho provato una sorta di piacere, una sorta di piacere derivante dal fatto che, finalmente, forse si offriva anche ai deputati delle opposizioni, anche alle forze politiche di opposizione, un'occasione per poter parlare al paese, per poter avere un minimo di rilievo sui mezzi d'informazione, che sono sempre così avari nel dare notizie sul nostro lavoro, su quello che quotidianamente i parlamentari dell'opposizione fanno e sui risultati che ottengono nelle aule parlamentari.
Siamo quindi qui, dove ci ritroviamo a discutere di questa nostra «arrabbiatura», di questa nostra posizione dura assunta nei confronti di questo provvedimento che non era assolutamente predeterminata.
Abbiamo finalmente l'occasione per parlare anche un poco al paese ed io vorrei cogliere l'occasione che mi viene data, questi cinque minuti di intervento, per fare un excursus dell'ultimo anno e mezzo della politica italiana, partendo dalla campagna elettorale e arrivando fino ai giorni che stiamo vivendo oggi e a questa sorta di battaglia politica che si è accesa tra le forze di maggioranza e di opposizione.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mammola. Onorevole Pistelli, è così cortese da aiutarmi affinché l'onorevole Cutrufo non giri le spalle alla Presidenza, altrimenti mi tocca regalargli una cravatta...!
Prosegua, onorevole Mammola.

PAOLO MAMMOLA. Presidente, spero che terrà conto di questi trenta secondi che lei mi ha sottratto, chiaramente non


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volendolo, ma a causa di qualche collega dell'Ulivo indisciplinato, che finalmente è venuto ad ascoltarci.
Dicevo che cercherò di fare un minimo di excursus di quest'ultimo anno e mezzo, partendo dalla campagna elettorale. Nel libro dei sogni del «vangelo» secondo Romano Prodi, cioè il testo del programma elettorale dell'Ulivo, compariva un'affermazione molto chiara, una grande promessa al popolo italiano: «non aumenteremo le tasse. Il nostro Governo non determinerà alcun inasprimento della pressione fiscale». Sono bastati pochi mesi, sei circa, per arrivare alla prima manovra finanziaria e gli italiani, che hanno votato convintamente dando la maggioranza nel paese al Governo di Romano Prodi, al Governo dell'Ulivo, si sono trovati di fronte ad una finanziaria da 65 mila miliardi, lira più lira meno, che, se mai non fossimo stati ancora vessati e tassati a sufficienza, ha determinato un aumento della pressione fiscale nel nostro paese di un punto, un punto e mezzo circa.
Ma, non contento, qualche mese dopo, il Presidente del Consiglio Romano Prodi - chiaramente poi i conti non tornavano e noi dicemmo che con quello che stavate facendo sicuramente non avreste raggiunto gli obiettivi che vi eravate prefissi - da Bari diceva tranquillamente: «guardate che i conti vanno bene. La nostra economia è sana, tutto sta andando per il meglio. Non ci saranno manovre aggiuntive». Qualche mese dopo abbiamo visto come subito ci è piombata sulla testa un'altra piccola stangatina (perché adesso diventano le «stangatine»).
Poi, si è inventata la tassa per l'Europa. Questa sera ero qui, nel retro del palazzo, davanti a un televisore a guardare il telegiornale: avrei voluto vedere in faccia quei cittadini, quegli elettori che liberamente hanno scelto di dare l'indicazione del proprio voto all'Ulivo e al Governo di centro-sinistra, mentre sentivano il «superministro» Ciampi candidamente ammettere da Bruxelles, di fronte ad una platea molto qualificata, che questa tassa sull'Europa non è un debito che lo Stato ha contratto nei confronti dei cittadini, così come lo stesso Governo ha detto in queste aule parlamentari, ma che si tratta - udite, udite! - di un «impegno morale» del Governo, non di una cambiale firmata! Queste sono le dichiarazioni che i cittadini italiani hanno sentito questa sera alle 20,30 dal telegiornale della televisione di Stato. Quindi, altra presa per il sedere dell'elettore, del cittadino italiano: la promessa del rimborso di una tassa imposta, di un'altra vessazione, che sicuramente non potrà mai essere restituita...

PRESIDENTE. Ha largamente recuperato, onorevole Mammola.

PAOLO MAMMOLA. Mi avvio a concludere con due, tre considerazioni.

PRESIDENTE. E no, no, ha largamente recuperato.

PAOLO MAMMOLA. Ma non mi lascia finire il concetto, Presidente!

PRESIDENTE. Finisca pure il concetto.

PAOLO MAMMOLA. Finire il concetto significa dire che abbiamo avuto ancora l'IRAP, che «Robin Hood» Prodi, che rubava ai ricchi per dare ai poveri, in realtà ha solo fatto sì che adesso chi guadagna parecchi soldi, come i grandi imprenditori, è meno tassato, mentre il ceto medio paga di più. Con le nuove aliquote IRPEF abbiamo visto che chi ha redditi superiori a 300 milioni avrà una tassazione inferiore rispetto ai ceti medi.

PRESIDENTE. Onorevole Mammola!

PAOLO MAMMOLA. Poi, chiaramente, si è tolto ai ricchi, dandogli qualche provvedimento di rottamazione, e così via.
Presidente, penso che se avessi avuto un'altra mezz'ora sarei potuto andare avanti, ma questi argomenti sono ampiamente sufficienti per giustificare il mio personale e convinto voto favorevole su tutti gli ordini del giorno, perché questo


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Governo cominci a imparare la lezione che penso oggi i cittadini italiani vorrebbero dargli se fossero seduti ai nostri banchi (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO ARMAROLI. Si tratta di un richiamo della massima importanza, signor Presidente, all'articolo 41, con riferimento all'articolo 65, che prevede la pubblicità dei nostri lavori parlamentari.
Oggi, signor Presidente, è entrata in vigore una parte molto importante del nostro regolamento. Fra questi articoli, vi è il 48-bis, ai sensi del quale «è dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera». Il secondo comma dice che: «l'Ufficio di Presidenza determina con propria deliberazione le forme e i criteri per la verifica della presenza dei deputati alle sedute dell'Assemblea, delle Giunte e delle Commissioni». Le risparmio il terzo comma, perché nessuno più di lei, signor Presidente, ne è informato, essendosi fatto parte diligente ed avendo partecipato anche ai lavori della Giunta per il regolamento dedicati a questa materia.
Mi risulta, signor Presidente, che la settimana scorsa l'Ufficio di Presidenza si sia riunito. Non so quali siano state le deliberazioni, ma probabilmente tutta l'Assemblea non lo sa, per la semplice ragione, signor Presidente, che, a dispetto dell'articolo 65 del regolamento, l'ultimo Bollettino degli organi collegiali risale...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Armaroli, è stato precisato dal Presidente, dando inizio a questa seduta ininterrotta, che si sarebbero potuti fare richiami al regolamento soltanto per le questioni attinenti...

PAOLO ARMAROLI. Ma questo è strettamente attinente, signor Presidente, perché io non so, per la validità del mio voto, se io sia presente o no e non so quali siano state le determinazioni dell'Ufficio di Presidenza.

PRESIDENTE. Adesso non si vota. Poiché per domani mattina è convocata la Giunta per il regolamento, lo saprà.

PAOLO ARMAROLI. Come per domani mattina?

PRESIDENTE. Mi pare di sì.

ELIO VITO. Come non si vota?

PRESIDENTE. Non lo so, non credo.

MASSIMO MARIA BERRUTI. Vogliamo votare adesso, fra dieci minuti!

PAOLO ARMAROLI. E allora perché lo ha detto?

PRESIDENTE. Ho detto che non credo che si voti.

PAOLO ARMAROLI. Si vota o non si vota?

PRESIDENTE. Onorevole Armaroli, il suo intervento in questo momento è fuori luogo.

PAOLO ARMAROLI. No, Presidente. Vorrei la pubblicazione per domattina del Bollettino degli organi collegiali, per sapere quali sono state le determinazioni dell'Ufficio di Presidenza. Signor Presidente, lo dico con grande correttezza e con grande rispetto per la sua persona e per la carica che ricopre, ma mi pare francamente di aver svolto una questione strettamente attinente alla materia in discussione, di non essere uscito dal seminato. Ho il diritto...

PRESIDENTE. Ho l'impressione che lei sia uscito dal seminato.

PAOLO ARMAROLI. Mi permetto di contraddirla, signor Presidente.


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PRESIDENTE. Comunque, domani vedremo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Divella. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIVELLA. Prendo la parola anch'io per dichiarare il mio voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dalle forze di opposizione al decreto sull'IVA.
Per un peone come me - mi consenta, Presidente - è difficile trovare argomenti da aggiungere a tutto quel che è stato già detto in quest'aula contro questo provvedimento.

PRESIDENTE. Non ponga limiti alla fantasia italica, onorevole collega...!

GIOVANNI DIVELLA. Grazie, Presidente. Farò leva soprattutto su qualche considerazione che - non avendo le conoscenze tecniche specifiche di chi prima di me ha illustrato nella maniera più evidente le contraddizioni che sono presenti in questo provvedimento - si basa sulla conoscenza delle esigenze della gente che mi eletto e che mi ha dato il compito di venire in questa Camera a tentare di difendere i suoi interessi.
La prima considerazione è che io ritengo - come è stato abbondantemente riferito - che avremmo dovuto avere la possibilità, con gli emendamenti, con l'esame degli emendamenti, di portare un contributo migliorativo del testo della legge. Questo ci è stato precluso, in una maniera che probabilmente andrà verificata, ma che certamente noi abbiamo vissuto come un atteggiamento forte, arrogante di chi impedisce il normale svolgimento di un'attività democratica di consultazioni, di proposte, di suggerimenti per tentare di migliorare un decreto-legge. Tutto ciò non ci è stato consentito ed oggi ci troviamo a recitare in quest'aula questa parte, in cui, in un estremo tentativo, cerchiamo di recuperare, con la proposizione di ordini del giorno, una dimensione che consenta a questo provvedimento di essere meno iniquo, soprattutto per quelle persone, per quelle categorie che da esso saranno penalizzate. Con questo mi riferisco soprattutto alla popolazione della regione da cui provengo, in cui da anni andiamo dicendo che bisogna proporre azioni che consentano una ripresa della produzione incentivando la piccola e media impresa. Una regione in cui un'incentivazione allo sviluppo del turismo avrebbe certamente consentito una migliore realizzazione delle aspettative di questa gente; una regione in cui è vissuta con spirito certamente di sopportazione (ma non so fino a quale punto ciò sarà consentito) l'iniquità di una legislazione fiscale che aggiunge tasse a tasse, che rende sempre più difficile l'esistenza e delle piccole e medie imprese e delle normali famiglie che vedono ogni giorno depauperato il potere d'acquisto del loro guadagno, quando questo c'è, considerato che nel meridione e dunque anche nella regione da cui provengo, la disoccupazione è una delle piaghe più terribili che affliggono l'intera popolazione.
Tutto questo naturalmente non può non indurmi a ritenere ancora più iniquo un provvedimento che invece di andare a recuperare fonti di economia con una lotta all'evasione fiscale, con una migliore regolamentazione delle aliquote, tentando così di far pagare in modo equo e proporzionale al reddito, una volta di più va ad incidere su quella che è la stessa struttura della capacità d'acquisto delle famiglie nella misura in cui l'incremento di aliquote IVA finirà per penalizzare generi di prima necessità, quali, ad esempio, le calzature, l'abbigliamento, le piccole cose che una normale famiglia acquista quotidianamente.
Tutto questo certamente peserà e constringerà una volta di più la nostra popolazione a subire delle angherie. La ringrazio Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saraca. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO SARACA. La ringrazio Presidente, e ringrazio anche i colleghi


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per il loro incoraggiamento. Vedo tra l'altro con piacere che si va allargando l'uditorio.
Signor Presidente, intervengo per esprimere parere favorevole sugli ordini del giorno presentati dall'opposizione e per evidenziare ancora una volta la manifesta incapacità del Governo di adottare misure strutturali per risanare la finanza pubblica.
Con il decreto sull'IVA, elemento cardine della manovra di finanza pubblica per il 1998, il Governo dà un esempio classico di cosa non si dovrebbe fare per dar luogo ad un risanamento dei conti pubblici di uno Stato.
D'altra parte dobbiamo riconoscere alla compagine governativa una certa coerenza e cioè ogni qualvolta si è trattato di reperire fondi è stata scelta la strada più facile, più ovvia, ossia quella di aumentare la già elevata pressione fiscale. A tale proposito, riguardo al poco ortodosso metodo di agire del Governo, giunge la notizia che per domani si sarebbe organizzata la ormai più volte citata manifestazione al cinema Capranica con la partecipazione del Presidente Prodi. Se tale notizia dovesse rispondere al vero ritengo anch'io che si tratterebbe di un gravissimo atto da parte del Capo del Governo che sta usando, come pure ha stigmatizzando ieri il Presidente della Camera, il mezzo della fiducia come mero strumento per la forzatura dell'attività legislativa, spogliando il Parlamento dei poteri e dei doveri che ad esso competono.
Ripeto, questo è un grave atto contro il Parlamento e contro l'opposizione, un'opposizione che democraticamente sta usando le proprià facoltà e prerogative contro un Governo che ha fatto degli artifici contabili e delle manovre amministrative il proprio modus vivendi fin dall'inizio della legislatura, alterando di fatto i conti pubblici e le previsioni e producendo sostanzialmente dei falsi in bilancio.
Anche questa volta a pagare il conto sono settori produttivi già fortemente penalizzati, quali ad esempio quello dell'abbigliamento, quello delle calzature, quello del turismo e quello dell'agricoltura. Tali settori (ma è chiaro che mi riferisco anche ad altri settori come l'artigianato e la piccola impresa e a tutti quegli imprenditori che sono colpiti indiscriminatamente da questo provvedimento) pagheranno duramente l'ottusa e miope politica fiscale del Governo (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, onorevole Borrometi, onorevole Merloni, due preghiere... L'onorevole Saraca sta parlando! Inoltre, in un momento in cui... non lo fa l'onorevole Cutrufo, non voltate voi le spalle alla Presidenza! Prosegua pure, onorevole Saraca.

GIANFRANCO SARACA. Presidente, la ringrazio: ha detto che sto parlando e non che sto svenendo!
Si è andati inoltre a colpire settori trainanti dell'economia italiana; settori che sono di punta nelle esportazioni. In questo modo, oberando maggiormente di oneri fiscali e parafiscali le nostre imprese, indeboliamo non solo la nostra già traballante economia ma offuschiamo anche quel poco di immagine che all'estero il nostro paese si è conquistato con lacrime e sangue, recessione e disoccupazione.
A questo genere di provvedimenti e di modus operandi non è estranea la fuga sempre più copiosa delle nostre aziende all'estero verso paesi maggiormente vivibili sotto il profilo fiscale e più comprensivi del nostro delle ragioni degli imprenditori. Questi ultimi sono in pratica costretti, in virtù anche di una globalizzazione dei mercati non percepita dal Governo e di una politica fiscale che ha ormai oltrepassato il limite della sonstenibilità, a doversene andare dal nostro paese che concede ormai poche o nessuna opportunità di operare in competizione con gli altri soggetti sul mercato.
Sempre a proposito dell'opera confusionaria e contraddittoria del Governo, vorrei segnalare, da una parte, che con le modifiche delle aliquote IVA si mettono in difficoltà settori già fortemente in crisi: oltre a quelli già citati segnalo ancora


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l'estrema precarietà del comparto edilizio e delle costruzioni, che ha visto l'aliquota IVA di pertinenza balzare in avanti, togliendo ossigeno ad un comparto storicamente portante nell'assetto del sistema economico italiano, con pesanti riflessi sull'occupazione e sull'indotto. È sufficiente pensare al cosiddetto mercato delle case in cui trovano lavoro centinaia di migliaia di addetti.
La compressione del settore, che oggettivamente emerge, può solo arrecare danni a tutto il complesso economico nazionale. Se poi invece si va ad esaminare il collegato alla finanziaria allora emerge una forte contraddizione nel comportamento del Governo nell'adottare provvedimenti come quelli sull'IVA, al nostro esame. Ecco che si cercano o si finge di cercare gli strumenti finanziari per risollevare il settore, come ad esempio le disposizioni tributarie concernenti interventi di recupero del patrimonio edilizio o detrazioni di interessi passivi pagati in dipendenza di mutui, o quant'altro (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Saraca.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà (Commenti). Mi scusi un attimo, onorevole Leone.

ANTONIO LEONE. Certo!

PRESIDENTE. Onorevole Manca, vuole essere così cortese di aiutarmi, anche perché non posso chiederlo ad una signora!
Onorevoli colleghi, vogliamo mettere un po' di ordine?

RAFFAELE COSTA. Sospendiamo per cinque minuti!

PRESIDENTE. Perché? No, andiamo avanti.
Onorevole Leone, inizi pure il suo intervento; il tempo a sua disposizione parte da adesso.

ANTONIO LEONE. Per la verità mi sento di iniziare questo breve intervento con qualche ringraziamento. Un ringraziamento è d'obbligo rivolgerlo al sottosegretario Marongiu con il quale mi volevo complimentare per ciò che ha fatto anche stanotte, avendo lasciato l'aula soltanto per tre minuti, grazie alla benevolenza del Presidente di turno Petrini, non potendo purtroppo accedere ad altri strumenti «tecnici» per poter ottemperare a qualche suo desiderio od obbligo.
Un altro ringraziamento va rivolto di cuore all'onorevole Mussi che ci ha incitato a portare avanti questo modo di fare opposizione (Commenti). Forse, dopo quello che ha fatto, non sarà più il vostro capogruppo.
Però dobbiamo ringraziarlo di cuore (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

DANIELE ROSCIA. No, va bene così come capogruppo!

ANTONIO LEONE. Pensavamo per la verità che dopo, quanto è avvenuto, dopo la posizione della questione di fiducia, il Governo quanto meno sugli ordini del giorno mettesse la testa a posto, invece così non è stato. Allora per tentare di porre minimamente rimedio al provvedimento - cosa che non abbiamo potuto fare attraverso i nostri emendamenti - abbiamo deciso di portare avanti questo tipo di opposizione. Vogliamo dare semplicemente qualche piccolo suggerimento - perché ciò è quanto l'opposizione può fare - rispetto ad un provvedimento che ci sembra veramente iniquo.
Va detto inoltre che, se il Governo non avesse posto la questione di fiducia, sicuramente questo decreto-legge sarebbe già stato convertito.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Leone. Onorevole Paolo Colombo, per piacere, la smetta, perché questa è maleducazione.


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PAOLO COLOMBO. Sto telefonando.

PRESIDENTE. Si sieda almeno.

PAOLO COLOMBO. Mi siedo, va bene.

PRESIDENTE. Continui pure, onorevole Leone.

ANTONIO LEONE. Come dicevo, il provvedimento sarebbe già stato approvato se non fosse stata posta la fiducia. Basta fare il computo dei tempi. Infatti, erano stati presentati ottanta emendamenti, molti dei quali potevano essere votati per principio. È evidente che saremmo giunti al rush finale, già nella giornata di ieri.
È evidente allora che lo strumento della fiducia si è ritorto contro il Governo, che evidentemente non ha capacità di proporsi e di portare avanti la sua politica economico-finanziaria nei modi previsti dal regolamento della Camera e che cerca continuamente di scavalcare il Parlamento. Difatti il Presidente della maggioranza di questa Camera, l'onorevole Violante, ha finalmente stigmatizzato il comportamento del Governo e lo ha invitato a non ricorrere troppo spesso allo strumento della questione di fiducia, al quale invece l'esecutivo ha sempre fatto ricorso fino ad ora.
Per quanto attiene al provvedimento, dobbiamo mettere in evidenza la contraddizione che si ravvisa tra il comportamento che il Governo assume con altri provvedimenti e quello che tiene con il decreto-legge in esame. Parlo di contraddizioni perché, per quanto attiene ad alcuni settori produttivi come quello dell'edilizia, tutti hanno ricordato come non si possa dare con una mano e riprendersi con l'altra quanto si promette alla gente. Mi riferisco all'aumento dell'aliquota IVA sui materiali dell'edilizia, che viene portata al 20 per cento, annullando di fatto gli incentivi previsti per le ristrutturazioni. Vedo che alcuni colleghi del gruppo dei popolari e della sinistra democratica che appartengono alla mia stessa Commissione fanno cenni di assenso; me ne ricorderò in seguito e ricambierò quando svolgeranno i loro interventi, se mai glieli faranno fare.
Come dicevo, vi sono delle contraddizioni per quanto riguarda alcuni settori produttivi. Giovedì della scorsa settimana ho fatto riferimento all'aumento dell'IVA al 20 per cento sui profilattici. Eppure, la Presidenza del Consiglio sta portando avanti una campagna anti-AIDS per la quale spende centinaia di milioni. Si è svolta persino un'indagine che ha dimostrato che i giovani non usano i preservativi perché non li possono comprare in quanto costosi. Mi chiedo allora come si possa aumentare l'aliquota dell'IVA per i profilattici portandola al massimo.
Sono tutte contraddizioni alle quali bisogna porre termine.
Concludo brevemente, Presidente.

PRESIDENTE. No, non è possibile, ha già superato di un minuto il tempo a sua disposizione.

ANTONIO LEONE. Va bene (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marras. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, prima di iniziare il mio intervento, vorrei chiedere alla Presidenza se sia possibile far finire questo via vai di colleghi.

PRESIDENTE. Ha ragione. Onorevoli colleghi, l'onorevole Marras ha giustamente richiesto quel solenne silenzio che si attende per il suo discorso.

GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, onorevole ministro...

BEPPE PISANU. Questa è ironia di bassa lega: non si adatta ad un Presidente della Camera!


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ANTONIO LEONE. Presidente, è mai possibile?

VINCENZO ZACCHEO. Presidente, faccia ordine! È un'osteria questa?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di sgombrare l'emiciclo e di stare seduti.

BEPPE PISANU. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, oltre venti anni di esperienza parlamentare mi hanno insegnato che, quando in un settore dell'aula ci si muove formando capannelli, si «cicaleggia» e si rumoreggia, lo si fa per scoraggiare coloro che stanno parlando (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Se la maggioranza vuole continuare in questo modo, faccia pure. Magari lo avesse fatto per l'intera nottata di oggi e per l'intera giornata di oggi, perché avrebbe dato segno di maggiore vivacità (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Mi rincresce di aggiungere, signor Presidente, che l'onorevole Marras è, come tutti noi, un modesto deputato...

PRESIDENTE. No, no.

BEPPE PISANU. ...che non ha affatto la pretesa di pronunziare discorsi in solenni atmosfere, ma che chiede sommessamente di poter parlare come tutti gli altri.

PRESIDENTE. È quello che io ho detto.

BEPPE PISANU. E secondo me la Presidenza farebbe bene a non ironizzare su questa elementare pretesa (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania - Commenti del deputato Roscia).

PRESIDENTE. Onorevole Pisanu, le posso assicurare che non ho ironizzato.

GIANCARLO GIORGETTI. Bravo, Pisanu!

GUSTAVO SELVA. Presidente, guardi tra i banchi della sinistra democratica!

ELIO VITO. Guardi lì! Fuori! Fuori!

VINCENZO ZACCHEO. Un po' d'ordine!

PRESIDENTE. Onorevole Mattarella, è così cortese da sgombrare...?

DANIELE ROSCIA. Fuori (Dai banchi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania si grida: «Libertà! Libertà!»)!

PRESIDENTE. Onorevole Marras, la prego di iniziare il suo discorso.

GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, non continuo il mio intervento, ma lo inizio, non mi computi il tempo trascorso fino ad ora.

PRESIDENTE. Inizi, inizi.

GIOVANNI MARRAS. Mi auguro che quanto ho visto oggi in aula sia un auspicio. Mi riferisco a questa azione di disturbo che mi è sembrata artefatta e di basso livello. Io sono sindaco di un piccolissimo comune dove sono riuscito a battere l'Ulivo che taceva e disturbava continuamente il lavoro delle mie sedute (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania - Commenti del deputato Roscia). Ebbene, sono già due volte che va all'opposizione, prima il centro-sinistra ed oggi l'Ulivo! Mi auguro che questo sia un augurio per il centro-destra.


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EUGENIO DUCA. È un augurio.

GIOVANNI MARRAS. Devo poi dire che credevo che la mia esperienza come parlamentare - questa infatti è la mia prima legislatura - sarebbe stata diversa. Non pensavo che si dovesse ricorrere costantemente al voto di fiducia, che talvolta può anche essere motivato, ma che questa volta non lo era. Si sono infatti disattesi gli accordi presi con i gruppi dell'opposizione.
Si ha l'impressione sempre più forte che questa maggioranza disattenda tutto continuamente e quando i colleghi Rivolta e Mammola hanno ricordato le dichiarazioni di Ciampi trasmesse dalla televisione e cioè che l'eurotassa non verrà restituita siamo tutti consapevoli che non è una novità. Ce lo aspettavamo, infatti, perché la maggioranza ed il Governo hanno venduto fumo interessato per conquistare di volta in volta le varie competizioni elettorali. Credo che questo non sia l'unico caso, visto che lo scorso anno, istituendo la tesoreria unica, vi siete impegnati, di fronte a 8 mila piccoli comuni italiani a risarcire quel danno che veniva fatto ai comuni che «vivevano» con quei 150-200 milioni. Oggi questi stessi comuni versano in una gravissima situazione economica e con buchi di bilancio che non consentono loro di portare avanti l'ordinaria amministrazione.
Ci sono stati moltissimi incontri, l'ultimo con il sottosegretario Macciotta, nel corso dei quali sono state fatte molte promesse, ma ancora non si è visto alcun risultato. Mi auguro che l'ANCI, non facendo un discorso consociativo con il centro-sinistra, come di fatto avviene ormai con troppi sindacati, mantenga tutto soffocato perché ci sono interessi di parte. Si è corporativi per raggiungere uguali risultati. È assurdo che la protesta del Polo e della lega nord per l'indipendenza della Padania fatta in questa sede (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

DANIELE ROSCIA. Bravo! Anche per la Sardegna ci sarà la libertà (Dai banchi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania si grida: «Libertà, libertà!»).

GIOVANNI MARRAS. Mi sembra che tale protesta sia passata inosservata ai giornali, ma noi ci stiamo abituando anche a questo, ad avere cioè un regime di giornali che non offre alcuna possibilità al Polo e al centro-destra di apparire. Quando dite che non sappiamo fare opposizione, è un disegno ben preciso che avete delineato per riuscire a creare all'interno dell'opposizione difficoltà che di fatto avete al vostro interno.
Non mi sono soffermato sulle aliquote IVA, perché il danno che è stato creato e che verrà creato nei confronti degli agricoltori, i quali sono scesi nelle piazze senza avere da parte vostra un minimo d'attenzione, dal momento che voi vi dimenticate dell'agricoltura quando vi fa comodo (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

DANIELE ROSCIA. Bravo!

GIOVANNI MARRAS. I popolari, i quali affermano di essere il fianco della Coldiretti, stanno solo cercando di recuperare un mondo che non vi appartiene perché non l'avete difeso nella scorsa finanziaria e in quella attuale (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parenti. Ne ha facoltà (Commenti).

TIZIANA PARENTI. Signor Presidente, la ringrazio di aver avuto il merito di aver rianimato la discussione ormai un po' tetra perché la sua ironia è eclatante, forse un po' fuori misura e quando l'ironia è fuori misura talvolta rischia di sfociare nel ridicolo, ma non mi pare che questo sia il momento opportuno.


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Visto che siamo tutti più svegli, possiamo continuare con maggiore tenacia questa lunga maratona che è stata considerata «eversiva» dalla sinistra. Si tratta di un giudizio che ha una sua ragion d'essere, dal momento che anche la sinistra ha conosciuto l'ostruzionismo. È qui presente l'onorevole Boato che è stato un campione di ostruzionismo e può darsi che sia stato considerato eversivo; se così è avvenuto, non è stato certo per quell'ostruzionismo.
La sinistra però è cambiata fra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta, quando l'ostruzionismo non serviva più: faceva finta di fare l'opposizione, nel senso che prima verificava che i numeri fossero sufficienti per raggiungere la maggioranza e poi o si asteneva o votava contro, sempre però dopo aver patteggiato la sua parte con gli altri.

MARIA PIA VALETTO BITELLI. Perché voi no?

TIZIANA PARENTI. Quindi l'ostruzionismo non serviva più. Oggi naturalmente la sinistra ritiene che tale strumento sia pericoloso, perché ormai da tanti anni fuori dalla sua logica, cioè quella logica pattizia da cui è uscita - ahimè - indenne e che oggi vede schierato nelle sue file, anzi adesso è senatore, il famoso «tagliatore di teste» che temo andrà a tagliare parecchie teste anche fra questi banchi, tanto che molti - come ho sentito dire alla buvette poco fa - sono preoccupati per la loro testa. Questo tagliatore di teste finora ha lasciato indenne questa maggioranza, in particolare il PDS, che in passato faceva finta di fare l'opposizione con delega ampia della democrazia cristiana, ovviamente dopo aver patteggiato tutto questo.
È un fatto simbolico del DNA del PCI che ha cambiato nome ma non la razza e che è capace di mistificare qualsiasi tipo di realtà. Se neanche tanto tempo fa - anche solo due anni fa - fosse capitato che qualcuno «manganellasse» i coltivatori diretti, sarebbero scesi in piazza gridando al fascismo e a quant'altro. Oggi si «manganellano» i coltivatori diretti e nessuno ovviamente dice nulla (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania). Altrettanto capita agli studenti, ma nessuno naturalmente scende in piazza a gridare contro il fascismo perché, quando si è al potere, è giusto anche «manganellare».
Ciò che appare miracoloso è che si continui a dire che nel paese va tutto bene, mentre gli scioperi sono quotidiani, mentre si aumentano le tasse (come avviene attraverso il decreto di cui abbiamo tanto parlato) perché ci piace essere tutti uguali nella povertà. Mi riferisco a quella degli altri, naturalmente, non alla propria, perché mi pare che di soldi ne abbiano a sufficienza, visto tutto quello che è accaduto in questa campagna elettorale amministrativa e visto che i conti del PDS sono improvvisamente risaliti da quando è al Governo. Ciò sta a significare che questo potere ha fruttato qualcosa.
La grande mistificazione, che si estende a macchia d'olio, sta nell'annunciare prima che non si vogliono istituire nuove tasse e poi si aumentano costantemente quelle esistenti. La grande arte esercitata dall'opposizione ora viene esercitata dalla maggioranza: è inutile essere contro di me perché ti fai male, è meglio che vieni dalla mia parte. Abbiamo notato delle cose incredibili in questi giorni: una guerra istituzionale furiosa Sì, Presidente, glielo finirò di dire domani quello che penso. Una guerra istituzionale furiosa...

PRESIDENTE. Lei lo dica tutto, però nei cinque minuti a sua disposizione.

TIZIANA PARENTI. Certo e la seconda puntata è rinviata a domani.

PRESIDENTE. Le rimangono ancora sette secondi.

DANIELE ROSCIA. Non fare il puntiglioso!

GIANCARLO GIORGETTI. Vogliamo Petrini!


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TIZIANA PARENTI. Una guerra istituzionale furiosa, a cui questo Governo e questo Parlamento guardano con totale indifferenza, aspettando solo di vedere trionfare per le strade di Palermo la mafia e tanti morti delle istituzioni che saranno vittime della mafia di Stato. Questa che noi rappresentiamo in Parlamento, nonostante la sua ironia del tutto fuori luogo, la potremmo chiamare davvero una mafia di Stato (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Masiero. Ne ha facoltà.

MARIO MASIERO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, innanzitutto preannuncio il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno presentati dal Polo e dalla lega.
Desidero anche cogliere questa occasione per esprimere...

PRESIDENTE. Onorevole Selva, era inutile protestare contro gli altri colleghi che facevano capannelli, se poi si fanno le stesse cose.
Onorevole Colucci, la prego.

VINCENZO ZACCHEO. Lei non è intervenuto prima.

PRESIDENTE. No, sono intervenuto (Vive proteste dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

VINCENZO ZACCHEO. Sono rimasti lì un'ora e lei non è intervenuto. Lei è un fazioso!

PRESIDENTE. La richiamo all'ordine (Proteste dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord dell'indipendenza della Padania - Vive proteste del deputato Zaccheo)! La escludo dall'aula (Vivissime proteste dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania - I deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania gridano: «Libertà, libertà»)! Via, fuori! Fuori! Fuori! Fuori! Fuori dall'aula!
Questore Muzio, per cortesia faccia eseguire l'ordine.

DANIELE ROSCIA. Sospenda la seduta o si calmi (Alcuni deputati del gruppo di alleanza nazionale fanno cerchio intorno al deputato Zaccheo)!

PRESIDENTE. Segnaleremo all'Ufficio di Presidenza che ella si è rifiutato di adempiere all'ordine. L'Ufficio di Presidenza assumerà i provvedimenti conseguenti. Proseguiamo nei nostri lavori.

VINCENZO ZACCHEO. Lei deve essere al di sopra delle parti. Lei è un fazioso!

PRESIDENTE. Onorevole Muzio, la prego di fare eseguire l'ordine della Presidenza.

BEPPE PISANU. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, mi permetto di osservare, in ordine alla sua decisione, che ella ha deciso l'espulsione dall'aula del collega senza neppur avere pronunziato i tre rituali richiami all'ordine (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Vedrà l'Ufficio di Presidenza, onorevole Pisanu.

BEPPE PISANU. Non mi permetto di giudicare il comportamento del collega. La prego di considerare però la - come dire - non consueta forma della sua decisione.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Pisanu.


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Prego, onorevole Masiero, ha tutto il tempo a disposizione.

MARIO MASIERO. Signor Presidente, comincio adesso ovviamente.
Innanzitutto desidero esprimere il mio parere favorevole su tutti gli ordini del giorno presentati dal Polo e dalla lega e devo anche dire che l'atteggiamento tenuto dalla maggioranza e in particolare dal Governo nella discussione del provvedimento in discussione ha finito per cementare di fatto un'alleanza di opposizione tra Polo e lega.
Signor Presidente, non le nascondo che questo mi fa molto piacere (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e alleanza nazionale). Le dirò anche non si sa mai: magari siamo partiti così e forse insieme potremmo fare battaglie più consistenti...

FRANCESCO FERRARI. Inciucio!

MARIO MASIERO. ...affinché la maggioranza vera di questo paese possa dire la sua.
Devo anche precisare che questi provvedimenti sono contrari a quanto predicato costantemente dal Governo e dalla maggioranza che lo esprime, poiché i punti fondamentali del programma dell'Ulivo sono riferiti alla tragedia dell'occupazione all'emersione del prodotto sommerso o «al nero». Ebbene, credo che con il provvedimento che fissa al 20 per cento l'IVA per la fornitura di servizi da parte di lavoratori autonomi e di artigiani, si invitino di fatto costoro a lavorare in nero e gli utenti, per risparmiare un'aliquota così pesante, a favorire questa scelta.
Ce la prendiamo poi anche con i cavalli di razza. Pensare di ridurre o annientare queste attività rare - l'allevamento di cavalli di razza è impresa rara perchè costosa, a rischio - per poi prendere quattro lire mi sembra una scelta vessatoria se non di tipo classista. Non parliamo poi dell'IVA applicata alle ristrutturazioni edilizia che, di fatto, indurrà a lavorare «al nero».
Ci troviamo dunque di fronte a contraddizioni nel modo di operare di questa maggioranza e del Governo, laddove si dice di voler creare nuovi posti di lavoro, favorire le imprese, far uscire il sommerso per incrementare il gettito fiscale e poi, al tempo stesso, si adottano una serie di provvedimenti che vanno nella direzione contraria.
Dobbiamo allora chiederci se queste scelte strategiche sono funzionali ad un progetto dell'azienda Italia oppure se siano scelte estemporanee che, magari a tarda serata e in condizioni di estrema stanchezza, vengono assunte in maniera irresponsabile.
Detto questo, signor Presidente, esprimo la preoccupazione, sicuramente comune a tanti miei colleghi, perché non ci è mai consentito, per nessun provvedimento rilevante, di influire con la nostra esperienza, con quella che viene dal mondo della produzione, delle piccole imprese, degli artigiani, che si fanno portatori delle loro esigenze. Tutto ciò che proponiamo e che vogliamo discutere serenamente viene cassato senza alcuna possibilità di un confronto sereno. Tutto ciò non è nell'interesse del paese: questa non può essere una casta, perché noi rappresentiamo gli interessi del paese (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Di fronte a queste constatazioni, che sono vere, e considerata l'ora tarda, vorrei che i colleghi della maggioranza tenessero conto delle condizioni fisiche nelle quali ci stiamo ancora impegnando, rinunciando a qualche ora di riposo soltanto per far prevalere il diritto dell'opposizione di farsi sentire, nonostante che gli organi di informazione ci mettano la mordacchia (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matacena. Ne ha facoltà.

AMEDEO MATACENA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è con l'arroganza


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che si può risolvere il problema pesante e difficile di un debito pubblico ormai incontrollato e incontrollabile, sul quale non si può che registrare una resa da parte dell'attuale Governo, di un debito pubblico che tende ai due milioni e mezzo di miliardi di lire e sta schiacciando ognuno di noi italiani, anche quelli che sono ancora minorenni sui quali grava, appena nati, per una cifra che si aggira sugli 80 milioni di lire a testa. È questa la grande responsabilità che abbiamo nei confronti delle nuove generazioni.
Il Governo espressione dell'Ulivo, il Governo di centrosinistra, in campagna elettorale ha promesso sistematicamente di diminuire la pressione fiscale e di rilanciare l'economia e l'occupazione. Abbiamo però registrato solo dichiarazioni di principio ma ben poco quanto alla capacità di risolvere il problema.
La scorsa finanziaria del Governo Prodi è stata molto pesante (da essa però dobbiamo estrapolare l'eurotassa, visto che è diventata una tassa netta); pur avendo lo stesso importo finanziario della finanziaria predisposta dal Governo del centro-destra, essa ha creato nel paese uno stato di disagio profondo. Tutto ciò mentre dall'altra parte si registrava un momento di «galvanizzazione» della realtà morale del paese.
Questo Governo oggi non si rende conto che fuori dai palazzi del potere esiste ancora la gente; la gente moderata che abbiamo l'onore e l'onere di rappresentare in questo Parlamento: quella gente che protesta veramente nelle piazze, perché non fa parte delle «truppe cammellate» dei sindacati. È gente che va in piazza a dire cose di questo genere: «Noi abbiamo messo la nostra capacità a disposizione di una realtà nazionale e veniamo vessati continuamente». Il collega Marras citava correttamente a questo riguardo la realtà degli agricoltori.
Si tenta di frenare la disoccupazione ricorrendo a provvedimenti tampone e a beffe, come quelle del pacchetto Treu che riguardano il lavoro. Non possiamo continuare ad illudere i giovani con un anno, un anno e mezzo di lavoro, per poi creare aspettative che diventeranno motivo di protesta nelle piazze affinché quelle aspettative di tempo parziale diventino reali e definitive.
Oggi ci troviamo di fronte ad una finanziaria che si preannuncia «più che sanguisuga», prevedendo una tassazione indiretta del tipo di quella prevista nel provvedimento con l'aumento dell'IVA: con tale misura si colpiscono infatti le tasche delle famiglie italiane, con un esborso di 5.100 miliardi in più; e si colpisce in particolare il settore dell'edilizia, rispetto al quale con il Governo Berlusconi avevamo portato avanti la necessità del condono edilizio! E questa realtà colpisce chi ha condonato, chi ancora - e soprattutto nel Mezzogiorno - deve completare i lavori per realizzare quel bene primario che per la famiglia è la casa e che nel meridione rappresenta il rifugio del risparmio delle nostre famiglie. Quell'aumento dell'IVA colpisce quindi la realtà meridionale, rispetto alla quale si fanno soltanto esempi di volontà di intervento e di presenza. Non solo, ma vengono enfatizzati grandi progetti come quello del ponte sullo stretto di Messina, in ordine al quale dobbiamo verificare non soltanto la reale fattibilità dell'opera, ma anche il valore positivo di un intervento di quel genere, cioè se il rapporto costo-benefici giustifichi quella spesa.
Ma a fronte di tutto ciò, si continua a colpire il Mezzogiorno con la tassazione indiretta, senza peraltro intervenire per creare le necessarie infrastrutture: in tali territori, infatti, mancano le strade, i porti, i porti turistici e le autostrade! Nonostante tutto ciò, si continua sulla strada dell'arroganza.
Ricordo che le ultime elezioni politiche hanno sancito, stranamente, che il Polo, pur avendo avuto il voto della maggioranza degli italiani nel proporzionale, dovesse rappresentare oggi l'opposizione. Questo fatto dovrebbe essere attentamente considerato da chi ha la responsabilità di governare il paese non per una parte (e non solo perché demandato a farlo da una parte), ma nell'interesse di tutti i cittadini italiani!

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L'aumento dell'IVA porterà indubbiamente all'aumento dell'evasione fiscale e del lavoro nero, nonché all'indubbia mancanza di ulteriore capacità di spesa e di acquisto da parte delle famiglie italiane, soprattutto di quelle del Mezzogiorno.
Per queste ragioni, concludo il mio intervento dichiarando il mio voto favorevole su tutti gli ordini del giorno presentati dal Polo per le libertà e dalla lega (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO ARMAROLI. Presidente, come ella sa, è prassi ormai consolidata della Camera dei deputati che la Presidenza informi l'Assemblea, ad una certa ora della notte, su quando si voterà, o comunque se ciò avverrà non prima di una determinata ora.
Poiché vi è stato un «parlottio» e si continuano a formulare varie ipotesi di votazione (è chiaro peraltro che, essendo stata deliberata la seduta fiume, la seduta procederà ad oltranza), è buona regola della Presidenza avvertire l'Assemblea, allorché le ore diventano piccole, quando si voterà. Non le chiedo, per carità, di dircelo adesso; lei ce lo potrebbe comunicare anche fra un'ora, un'ora e mezzo: quando lei lo riterrà più opportuno. In ogni caso - lo ripeto - è prassi che si dica quando avrà luogo la votazione...

PRESIDENTE. Onorevole Armaroli, la pregherei...

ELIO VITO. La maggioranza già lo sa!

PAOLO ARMAROLI. Avanzo tale richiesta, anche perché temiamo che la maggioranza già lo sappia, tramite i suoi «canali privilegiati».

PRESIDENTE. Poiché credo che entro mezzanotte verrò sostituito dal Presidente della Camera...

DANIELE ROSCIA. Allora ci sarà da divertirsi.

PRESIDENTE. ...le sarei grato se lei rivolgesse questa domanda all'onorevole Violante.

PAOLO ARMAROLI. D'accordo, Presidente.
La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagliuca. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. Arriva Luciano!

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 23,45)

PRESIDENTE. Prego, onorevole Pagliuca (Commenti dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

NICOLA PAGLIUCA. Signor Presidente...

CESARE RIZZI. Alza la voce!

PRESIDENTE. Colleghi, tanto il tempo decorre lo stesso!

Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di forza Italia: Non funziona il microfono, Presidente!

NICOLA PAGLIUCA. Signor Presidente, la mia non era una manovra ostruzionistica: penso che lo avrà visto.

DANIELE ROSCIA. Quest'aula è da rottamare, Presidente!

NICOLA PAGLIUCA. Signor Presidente, signori colleghi, volevo cercare di dire qualcosa di diverso rispetto a quanto hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto.
So che è cosa ardua e difficile, ma voglio comunque fare una riflessione a distanza di diciotto mesi dalla mia entrata


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in questo ramo del Parlamento. Devo dire che le motivazioni che avevo quando sono stato eletto erano di tutt'altra natura: credevo infatti che avrei potuto partecipare a discussioni libere e di poter contribuire, anche con il mio dire, a costruire sicuramente un percorso diverso - magari con maggiore libertà - per tutto il nostro paese.
Che cosa abbiamo visto invece in tutto questo periodo? Abbiamo visto un Governo che si è sempre più arroccato e chiuso nelle proprie posizioni e che in alcuni casi ha «stimolato» le opposizioni. Ricordo che il primo di tali casi si verificò l'anno scorso durante l'esame della legge finanziaria (si trattò di un momento simile a quello attuale), quando, con un accesso-eccesso di potere, ricorrendo alle deleghe, propose di fatto tutta una serie di provvedimenti che oggi poi, di volta in volta, ci propina. Ed oggi utilizza la questione di fiducia ogni qualvolta si deve convertire in legge un decreto-legge: così facendo blinda i provvedimenti e imbavaglia ancora una volta le opposizioni!
Io credevo che il diritto di democrazia e alla libertà di parola fosse sancito nella Costituzione: tuttavia, di fatto, si tratta di un diritto negato alle opposizioni e quindi a chi - come il sottoscritto - pensava di poter dare il proprio contributo in quella direzione. Tutto ciò mi sconvolge, in particolare quando valuto la situazione facendo una comparazione con ciò che si verifica negli altri paesi europei. Nel nostro paese si registra un eccesso di burocrazia: questo è ormai un «verbo di tutti», perché tutti rileviamo che abbiamo 150 mila leggi (non so quante ve ne siano realmente, perché ormai ognuno inventa un numero; in ogni caso, è un numero eccessivo rispetto a quello relativo alle leggi vigenti negli altri paesi europei). Non è forse evidentemente un nostro compito quello di continuare a legiferare al ritmo che stiamo seguendo: eppure lei, signor Presidente, propone - come ha fatto in questi giorni - di incrementare il numero delle leggi che vengono discusse e approvate in quest'aula; lo fa addirittura stigmatizzando come assenteista il comportamento del deputato che non dovesse partecipare alla prima e all'ultima votazione e a più del 51 per cento delle votazioni che vengono svolte in aula; non solo, ma penalizza lo stesso deputato, trattenendogli 350 mila lire dalla diaria.
Io non vorrei essere male interpretato quando faccio questo discorso, anche perché credo di essere tra quelli che partecipano maggiormente alle discussioni in aula, ma mi chiedo come e se non debba essere stigmatizzato l'atteggiamento assolutamente assenteista - in questo caso - della maggioranza che non partecipa neppure alle discussioni che vengono svolte in quest'aula! Non capisco se si possa realmente valutare come assenteista chi non partecipa al voto e non invece chi non partecipa alla discussione, cioè chi non collabora realmente alla formazione della legge (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Ed allora credo che questo sia un problema che interessi tutti noi perché il nostro dovere non è quello di fare più leggi, semmai è di tutt'altra natura, quello cioè di andare verso una delegificazione, verso uno snellimento della burocrazia, con un atteggiamento diverso, che sicuramente avrebbe il significato di garantire maggiore capacità produttiva al nostro paese, maggiore rilancio dell'economia e dello Stato. Questo invece noi non lo facciamo. Addirittura ci impegnamo ancora una volta a cercare metodi vessatori che vanno nella direzione di imporre ad ognuno di noi un ruolo che non è neppure più quello dell'impiegato del catasto (qualcuno prima di me ha richiamato tale esempio, ma credo sia offensivo nei riguardi di questa categoria).
Concludo affermando che nonostante il provvedimento sull'IVA ci vedesse tutti motivati a voler dare un contributo per costruire un percorso diverso, consentendo anche a noi dell'opposizione di migliorarlo, non volendo ricreare le stesse condizioni che si sono create dopo la manovra Dini del 1995 (quando un provvedimento analogo ha di fatto portato ad un aumento dell'inflazione, a bloccare la

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produzione, a creare disservizi nella nostra economia), siamo stati ancora una volta bloccati con una chiusura della maggioranza, che senza alcuna motivazione ha inteso porre la questione di fiducia, che mi piace non abbia prodotto i frutti che quella stessa maggioranza si aspettava (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO ARMAROLI. Presidente, intervengo per un richiamo al regolamento, ai sensi dell'articolo 41, in riferimento agli articoli 59 e 60. Dieci minuti fa è successa una cosa che ci ha turbati: il collega Zaccheo è stata espulso dall'aula. Debbo subito fare un precisazione. Ho stima per un amico e collega come il Presidente Acquarone (tra l'altro insegnamo nella stessa università), ma probabilmente egli non ha riflettuto su due coincidenza. La prima: abbiamo deliberato oggi pomeriggio la seduta fiume; quindi l'espulsione del collega Zaccheo durerebbe per tutta la seduta fiume, che potrebbe proseguire ancora per un paio di giorni. Si tratterebbe, quindi, di una espulsione, per così dire, aggravata dal fatto della stessa seduta fiume.
C'è poi una seconda considerazione che forse è assorbente. Nella concitazione generale, quindi non ne faccio colpa a nessuno, è stata trascurata la precisa dizione degli articoli 59 e 60 del regolamento. L'articolo 59, prevede che «Se un deputato pronuncia parole sconvenienti» - e le ricordo, visto che lei era assente, signor Presidente, che l'unica espressione sconveniente, se così si può dire, è stata «la Presidenza è faziosa», che mi pare che nella concitazione generale possa essere considerata una critica politica e non una critica di carattere personale nei confronti del Presidente Acquarone -, «oppure turba con il suo contegno la libertà delle discussioni o l'ordine della seduta, il Presidente lo richiamo nominandolo».
Il primo comma dell'articolo 59, dunque, non è stato rispettato, perché non c'è stato un primo richiamo all'ordine. Ma non è stato rispettato neppure il secondo comma, a norma del quale «Ciascun deputato che sia richiamato all'ordine, qualora intenda dare spiegazioni del suo atto» - e ritengo che il collega Zaccheo volesse prendere la parola avvalendosi del secondo comma dell'articolo 59 - «o delle sue espressioni, può avere la parola, alla fine della seduta, o anche subito, a giudizio del Presidente».
È stato altresì trascurato, signor Presidente, il primo comma dell'articolo 60, a norma del quale «Dopo un secondo richiamo all'ordine» - che non c'è stato nel caso di specie - «avvenuto nello stesso giorno, ovvero, nei casi più gravi, anche indipendentemente da un precedente richiamo, il Presidente può disporre la esclusione dall'Aula per il resto della seduta, se un deputato ingiuria » - il che non è avvenuto - «uno o più colleghi o membri del Governo».
Per queste precise ragioni e pur confermando la mia personale stima al Presidente Acquarone, ritengo che sussistano i presupposti per una revoca del provvedimento, che sarebbe particolarmente iniquo nei confronti di un collega che ha sempre fornito il suo contributo in maniera fattiva, operante, e sempre rispettosa e pacata nei confronti di quest'Assemblea, dei membri del Governo e della Presidenza dell'Assemblea medesima (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Armaroli, la questione sarà esaminata in sede di Ufficio di Presidenza. Devo comunque richiamare l'attenzione dei colleghi per dire che, intendendo applicare rigorosamente le circolari in materia, l'intervento dell'onorevole Armaroli è da considerarsi eccezionale, non essendo altrimenti consentito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palmizio. Ne ha facoltà.


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ELIO MASSIMO PALMIZIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, annunzio il voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dal Polo per le libertà e dalla lega nord per l'indipendenza della Padania. Vorrei però ritornare in questo breve intervento ai motivi per i quali sia il Polo che la lega hanno presentato gli ordini del giorno e li stanno difendendo in maniera così ostinata.
Il decreto-legge sull'IVA, che rappresenta una componente direi fondamentale della manovra di finanza pubblica per il 1998, costituisce un classico esempio, secondo noi, di quello che non si dovrebbe fare per risanare i conti dello Stato. Questo Governo insiste nel percorrere la strada dell'aumento della pressione fiscale, dato che non ha nessuna intenzione di contenere la spesa pubblica adottando provvedimenti strutturali e permanenti, evidentemente a causa della presenza nella maggioranza di rifondazione comunista. Questa strada, testardamente perseguita dal Governo, non farà ottenere ovviamente, sempre secondo noi, altro risultato che deprimere la domanda interna e allontanare sempre di più la ripresa produttiva e dell'occupazione.
Le aziende italiane sono sempre più gravate da oneri fiscali superiori a quelli delle imprese degli altri paesi dell'Europa e per questo motivo saranno sempre di più in difficoltà nel fronteggiare la concorrenza straniera e si convinceranno sempre di più a chiudere gli stabilimenti produttivi situati in Italia, trasferendoli in quei paesi nei quali la politica fiscale è volta allo sviluppo e non alla rapina. Ma, a causa della pressione fiscale ormai insostenibile, come il ministro Visco perfettamente sa, anche alcune multinazionali presenti nel nostro paese stanno chiudendo stabilimenti produttivi (tre in Emilia Romagna, in provincia di Bologna, nell'ultimo mese), per trasferirli all'estero, lasciando a casa senza lavoro centinaia di lavoratori.
Ovviamente noi non vogliamo l'aumento dell'IVA, anche perché riteniamo che un Governo che volesse promuovere lo sviluppo avrebbe potuto optare per un'altra possibilità. Ci si poteva tranquillamente adeguare alle direttive europee, modificando l'aliquota ridotta dal 4 al 5 per cento e l'aliquota transitoria dal 16 al 19 per cento. Avremmo ottenuto comunque entrate aggiuntive per circa 4.000 miliardi, contenendo l'aumento dell'indice dei prezzi di uno 0,45 per cento. Si poteva raggiungere l'obiettivo di minimizzare ancora di più l'effetto inflazionistico, ottenendo entrate aggiuntive per quasi 3.000 miliardi, riducendo dal 19 al 10 per cento le aliquote di alcune categorie e alzando invece quelle di altre categorie dal 10 al 19 per cento.
Non si è voluto fare questo, e cosa si è fatto? Si cercano invece 6.000 miliardi di nuove entrate, infischiandosene completamente di quella che potrà essere la ripercussione sui tassi di inflazione. E questo solo perché oggi si cerca solamente di effettuare un maggior prelievo fiscale, senza pensare minimamente agli effetti devastanti per la nostra economia.
Sono queste le considerazioni - e qui passiamo al secondo punto, al motivo per il quale ostinatamente difendiamo i nostri ordini del giorno - che, aggiunte ad alcuni suggerimenti contenuti negli emendamenti presentati, i deputati del Polo per le libertà e della lega nord per l'indipendenza della Padania stavano cercando in modo corretto e responsabile, senza alcuna attività ostruzionistica, di esporre, quando è scattato il vero ostruzionismo, quello della maggioranza nei confronti di un'opposizione democratica, con la richiesta del voto di fiducia - è la trentesima richiesta in 500 giorni -; fiducia peraltro autorizzata ben 5 giorni prima dal Governo.
Questo Governo non vuole che l'opposizione esponga le sue critiche e i suoi suggerimenti all'opinione pubblica, suggerimenti che vorrebbero semplicemente difendere le piccole e medie imprese ed i settori che questo decreto vesserà (il tessile, l'abbigliamento, le calzature, il vino e quant'altro). Ed è per questo, per fronteggiare l'incredibile ostruzionismo della maggioranza, che ora l'opposizione,


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costretta da voi, applicherà forme di ostruzionismo di minoranza. Voi avete fatto in modo che ormai tutti gli obiettivi dell'Unione europea e della moneta unica vengano considerati nel nostro paese, anziché come un'opportunità di sviluppo e di benessere, come noi pensiamo siano, semplicemente come l'ennesima occasione di aumento e creazione di nuove tasse.
È questo, quindi, il motivo per il quale si sono presentati tanti ordini del giorno a firma del Polo per le libertà e della lega nord per l'indipendenza della Padania ed è per questo che applicheremo adesso, e probabilmente anche durante l'esame del disegno di legge finanziaria in aula, un ostruzionismo di minoranza (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Serra. Ne ha facoltà.

ACHILLE SERRA. Presidente, voterò a favore di tutti gli ordini del giorno. Desidero inoltre esprimere preoccupazione, curiosità ed anche - rilevando certo la sua presenza nonché quella di autorevoli esponenti del Governo - un forte scoraggiamento per il deserto che regna tra i banchi della maggioranza, per la sua compatta assenza, fatta qualche rara eccezione di colleghi che ringrazio. Ciò significa che vi è assoluta indifferenza nei confronti delle proposte e delle proteste che vengono dalla lega nord per l'indipendenza della Padania e dal Polo per le libertà.
Dicevo che nutro preoccupazione per l'andamento dei lavori della Camera: siamo al trentesimo voto di fiducia e, se escludiamo i periodi di ferie, le festività, le interruzioni dei lavori, più o meno possiamo considerare una fiducia ogni quindici giorni. Sono un neofita dell'attività parlamentare, tuttavia, mi sembra di dire il vero affermando che mai abbiamo assistito ad un numero così consistente di voti di fiducia. Questa è la preoccupazione principale che volevo rappresentare.
La curiosità, invece, è quella di capire, in definitiva, cosa si intenda per opposizione costruttiva, cosa voglia dire la maggioranza quando parla dell'opposizione, giacché basta accendere il televisore per sentir dire che nel nostro paese non esiste un'opposizione seria, un'opposizione reale, concreta; basta leggere un giornale per apprendere che la lega per l'indipendenza della Padania ed il Polo per le libertà non fanno un'opposizione così come sarebbe richiesta in un paese democratico. Allora, riassumendo a me stesso, ad un certo punto siamo anche stati costretti ad abbandonare l'aula per far capire quanto fosse importante il dialogo, il confronto tra maggioranza ed opposizione. Si pensava che la maggioranza avesse capito; eppure si è ricominciato con le questioni di fiducia. Allora, si è cercato di dialogare pur nella contrapposizione ideologica, per evitare conflittualità, ma non c'è stato verso. Infatti, Presidente - per tornare all'ultimo voto di fiducia - come si può facilmente verificare, per ogni emendamento ciascun esponente del Polo per le libertà ha parlato per quattro minuti. Ebbene, a quel punto vi è stato un incredibile intervento di un presidente di gruppo, per il quale nutro stima, il quale ha addirittura sottolineato che vi poteva essere la possibilità che le schede fossero tolte. In questa logica, si potrà sempre ricorrere ad un voto di fiducia, ma quale potrà essere il confronto tra opposizione e maggioranza? A mio avviso, non è così che si va avanti. Comunque, la maggioranza deve sapere che un risultato positivo l'ha raggiunto: ricompattare l'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paròli. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Presidente, Pàroli!

ADRIANO PAROLI. Pàroli, signor Presidente.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Paroli. Ha facoltà di intervenire.


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ADRIANO PAROLI. Signor Presidente, colleghi, nell'annunciare il mio voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dal Polo per le libertà e dalla lega nord per l'indipendenza della Padania, non posso non rilevare che all'errore compiuto lunedì scorso, nel momento in cui si è posta la questione di fiducia in modo intempestivo - così come da tutti è stato rilevato -, la maggioranza ed il Governo oggi ne aggiungono uno ancora più grave. Mi riferisco alla sottovalutazione della battaglia parlamentare di libertà e di dignità portata avanti da un'ampia parte della Camera; battaglia che, ritengo, lascerà il segno.
La faticosa opera dei colleghi, firmatari degli ordini del giorno, non ha trovato certo grande riconoscimento da parte del Governo. Infatti, il Governo, dicendo «no» a quasi tutti gli ordini del giorno, sembra quasi affermare: perché volete cercare di mettere toppe ad un provvedimento che fa acqua da tutte le parti? È inutile! Non vi rendete conto che comunque non è migliorabile, non vale la pena metterci mano.
Eppure, signor Presidente, la nostra buona volontà è infinita e ci porta ad insistere nel richiedere il ravvedimento della maggioranza. Infatti, l'accoglimento degli ordini del giorno recherebbe sicuramente grande giovamento alla nostra economia, un'economia frastornata dall'assurdità della maggior parte dei provvedimenti proposti dal Governo. Questi provvedimenti dovrebbero da un lato sostenere lo sviluppo dell'economia e dall'altro un incremento dell'occupazione. Invece, sembrano volti a bloccare ogni iniziativa economica ed a negare ogni disponibilità ad offrire occupazione. Questa è l'interpretazione che tutto il popolo italiano sta dando dei provvedimenti della maggioranza, ciò è evidente.
Il provvedimento in esame, così mascherato, sembra un intervento di armonizzazione, di riordino delle aliquote IVA, che in realtà risultano essere solo aumentate, con un inasprimento della pressione fiscale ingiustificato a tal punto da far ritenere inesistente qualsiasi ombra di buona fede.
Risulta talmente evidente a chiunque l'assurdità di tale comportamento da chiedersi quale ne sia la vera ragione. Dunque, appare incomprensibile la strada imboccata dal Governo e dalla sua maggioranza, a meno che non si approfondisca un'affermazione del Presidente del Consiglio Prodi all'indomani della sua nomina. Disse, infatti, che non vi sarebbe stato un aumento della pressione fiscale. Intendeva dire che non ve ne sarebbe stato uno solo, ma che vi sarebbero stati continui aumenti della pressione fiscale (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale). Il tutto - mi si permetta - viene fatto strozzando qualsiasi iniziativa imprenditoriale e scoraggiando qualsiasi investitore straniero che intenda portare capitali nel nostro paese. Come si può parlare tanto di occupazione e poi penalizzare con l'IRAP chiunque assuma dipendenti? Come si può intervenire con la modifica delle aliquote IVA, esaurendo la pazienza e la disponibilità di tanti imprenditori i quali, trovandosi, nei diversi settori, in balia di un equilibrio instabile, in questo modo ricevono la spinta decisiva verso il baratro?
L'occasione fornita dai nostri ordini del giorno non può certo definirsi esaustiva dei tanti problemi creati dal Governo, ma possiamo chiamarla comunque una buona occasione, che il Governo dovrebbe prendere al volo per rivedere anche solo in parte le proprie scelte, rendendole più adeguate alla realtà, che invece sembra far di tutto per ignorare.
Il provvedimento in esame, che comporterà sicuramente effetti inflazionistici, non gioverà a nessuno, né ai settori interessati dagli aumenti dell'IVA, spesso traumatici, né allo Stato che dichiara di essere impegnato nella lotta all'evasione, ma che poi sembra nei fatti giustificarla, purtroppo sembra con successo. Non si chiede il Governo quanto costerà l'ennesima scelta di aumentare la pressione fiscale attraverso l'innalzamento delle aliquote


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IVA? Quanto costerà l'incapacità della maggioranza e del Governo di ricondurre in un ambito accettabile la spesa pubblica (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)?

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Paroli.

PAOLO ARMAROLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

PAOLO ARMAROLI. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Solo se attiene alla fase procedimentale in corso. Prego, onorevole Armaroli, ha facoltà di parlare.

PAOLO ARMAROLI. Signor Presidente, si tratta della reiterazione di una richiesta. Circa venticinque minuti fa, in sua assenza, prendendo la parola, che mi è stata concessa dal Presidente Acquarone, ho chiesto se la Presidenza intendeva informarci circa il momento della votazione degli ordini del giorno.

PRESIDENTE. Si informi dal suo collega che me lo ha già chiesto.

DOMENICO GRAMAZIO. E che è un segreto di Stato? Può dircelo anche lei, Presidente. Non è un segreto del SISMI o del SISDE!

PAOLO ARMAROLI. Non può darci una risposta lei?

PRESIDENTE. Mi scusi, l'ostruzionismo richiede applicazione di regole severe.

PAOLO ARMAROLI. Ma l'ostruzionismo in questo caso non c'entra niente!

PRESIDENTE. Il suo collega mi ha già posto la domanda. Se tutti i colleghi vengono a chiedermi una cosa e poi un altro mi pone il quesito dal suo banco, è inutile. Si informi dal suo collega.

PAOLO ARMAROLI. Allora gli altri non possono sapere! Benissimo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pilo. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PILO. «Il sistema di controllo del comune cittadino è molto duro. Le autorità decidono il tipo di lavoro che deve fare, dove lavorare ed abitare e se i suoi figli possono studiare. Per fare carriera nel lavoro devi mostrare di aderire alla rivoluzione e cioè di essere integrato ed affidabile», come ha sinistramente e spudoratamente richiesto a noi ieri l'onorevole Mussi.
«Per essere affidabile bisogna rispondere a determinati requisiti. Bisogna essere membro del partito comunista, partecipare alle riunioni del CDR, andare alle manifestazioni ufficiali ed applaudire, fare del lavoro volontario, eccetera. Secondo un membro del consiglio nazionale per i diritti umani, dal momento in cui vai a scuola vieni giudicato sulla base della tua correttezza politica ed anche dell'atteggiamento della tua famiglia, e non per le tue capacità e la tua intelligenza.
Le tue opinioni politiche determinano se troverai lavoro o meno. Le persone hanno una doppia morale, dicono una cosa e ne fanno un'altra, perché non vogliono perdere il loro posto di lavoro. Secondo un sacerdote il 90 per cento delle persone non vuole questo sistema, ma abbiamo tutti paura di protestare. Molte persone, soprattutto i giovani, si mostrano diversi da come sono in realtà. Le persone sono abituate a mentire e a dissimulare.
Un giovane uomo ci ha raccontato che una volta, durante una festa in casa sua hanno suonato una canzone proibita, in cui viene pronunciata la frase "Cuba libera". Ciò è bastato perché un funzionario dei servizi di sicurezza comparisse da lui minacciandolo di confiscargli l'equipaggiamento da ginnastica, che era il suo


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unico hobby. Il ragazzo non ha un'idea di chi possa essere la spia. "Non posso neanche più fidarmi dei miei amici" dice.
La paura è lo strumento fondamentale del controllo politico. Le informazioni a disposizione dei servizi di sicurezza possono essere utilizzate per intimidire e minacciare chiunque, compresi coloro che si oppongono al regime, per costringerli a comportarsi secondo i canoni dell'ideologia istituzionale. Siamo una nazione in ostaggio. Non c'è modo di sfuggire ai tentacoli dello Stato. Il sospetto nei confronti dell'altro è insopportabile. Sotto le altre dittature c'è la possibilità di nascondersi in casa di persone solidali, qui questo è impensabile, perché nessuno si fida di nessuno, ma malgrado la repressione il numero dei gruppi di opposizione è in continua crescita».
Questo che ho letto è un brano tratto dal libro Cuba: la realtà dietro il simbolo. Si tratta di un libro realizzato da Pax Christi, che è un movimento cattolico internazionale impegnato nel campo della pace e dei diritti umani. È un reportage di una visita a Cuba compiuta da Pax Christi olandese.
L'Italia ha tributato un trionfo anacronistico, antistorico e grottesco al dittatore comunista Fidel Castro, il quale, secondo il mensile americano Forbes, che se ne intende, è il decimo uomo più ricco al mondo. L'Italia che tributa ovazioni a Fidel Castro - l'uomo che è al potere da 38 anni senza elezioni - è meta di infernali viaggi della speranza di persone che arrivano dal Marocco, dall'Algeria, dall'Albania, ma non accoglie se non pochissimi dissidenti ed esuli cubani ed ancor meno ospita rifugiati politici cubani, alla faccia della conclamata solidarietà cui si ispira il Governo dell'Ulivo. La ragione per la quale questi immigrati extracomunitari non arrivano è che gli esuli cubani che fuggono dal regime comunista si sono passati la voce: «Non andate in Italia; là Fidel Castro è un eroe. Correte il rischio di cadere dalla padella nella brace» (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Quali sono le affinità elettive tra questo Governo e quello del dittatore miliardario Fidel Castro? Dovremo forse dimostrare di essere integrati ed affidabili, come piace all'onorevole Mussi? Saremo giudicati per la correttezza politica nostra e delle nostre famiglie e, se non saremo integrati e, soprattutto, se non saremo affidabili, quali sanzioni ci comminerà l'onorevole Mussi, che di castrismo ne sa certamente qualcosa? Leverà il lavoro ai nostri parenti, riceveremo la visita di qualche servizio di sicurezza o si limiterà a confiscarci l'attrezzatura da ginnastica? Se proprio dovremo subire ritorsioni dal regime di questa maggioranza, spero che si tratti di quest'ultima fattispecie. Capisco che il modello che sta a cuore all'onorevole Mussi sia quello, ma neppure il burbanzoso onorevole Mussi, dipietrista, ma castrista non pentito, che evidentemente non dimentica il primo amore, potrà impedirci di gridare «Cuba libera», così come non potrà impedirci di fare l'opposizione come sentiamo di doverla fare e non come lui vuole che la facciamo (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tarditi. Ne ha facoltà.

VITTORIO TARDITI. Signor Presidente, signori colleghi, annuncio il voto favorevole su tutti gli ordini del giorno presentati relativi al disegno di legge n.4297, che prevede la conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 1997, n.328, recante disposizioni tributarie urgenti.
Ancora una volta i deputati di forza Italia, del Polo per le libertà e della lega nord per l'indipendenza della Padania si vedono costretti a denunciare con forza all'opinione pubblica che un ulteriore aggravio della pressione fiscale si sta abbattendo sui ceti produttivi, proprio su coloro che costituiscono con la loro operosità e con il loro impegno l'elemento trainante dell'economia italiana.


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Non siamo qui soltanto per fare parlare di noi e per far vedere all'Italia che l'opposizione c'è, è viva, esiste ed è vitale. Siamo convinti di adempiere con questa protesta, forte e democratica, nel pieno rispetto delle norme parlamentari, all'impegno assunto con serietà e determinazione durante la campagna elettorale del 1996. I nostri elettori sappiano che il Polo per le libertà e la lega nord per l'indipendenza della Padania sono ormai l'ultimo baluardo di fronte all'arroganza con la quale, sordo ad ogni richiamo, il Governo, appoggiato dalla sua maggioranza, procede nell'opera di demolizione del sistema produttivo, privilegiando unicamente alcune categorie - solo alcune - di lavoratori e la grande industria.
Ancora una volta con questo provvedimento il Governo e la sua maggioranza vengono meno invece al patto che hanno stipulato con i propri elettori, cioè quello di mantenere invariata la pressione fiscale.
In ripetute circostanze il Presidente del Consiglio ha dichiarato che era giunto il momento della fine dei sacrifici degli italiani e ciò dopo una finanziaria ed una serie di manovre che hanno prostrato il paese. A cosa serve ridurre l'inflazione se nel contempo non vi è una politica di rilancio economico e, soprattutto, se si continua a parlare di tagli di posti di lavoro? Tuttavia, i sacrifici continui richiesti, la reale diminuzione dell'inflazione, da soli non sono riusciti a bilanciare i conti dello Stato ed ecco allora che il Governo pone in essere una serie di provvedimenti - tra i quali quello in esame - che solo all'apparenza sembrano destinati al riordino di materie fiscali, ma in realtà nascondono veri e propri trabocchetti che hanno un solo scopo: quello di reperire nuove risorse finanziarie togliendole tout court dalle tasche dei cittadini.
Pensate all'IRAP e alle conseguenze funeste per l'economia che la sua applicazione comporterà. Si colpiscono sempre le imprese di piccole dimensioni, gli artigiani, i commercianti, i lavoratori autonomi, ma l'intervento sull'IVA è fortemente regressivo, perché denota che il Governo non ha una visione complessiva ed equilibrata del mondo produttivo. Infatti, da un lato con un provvedimento sulla rottamazione ha favorito i bilanci delle grandi imprese e dall'altro, ad esempio, con la scusa dell'abolizione del bollo sulla patente ha aumentato il peso per le famiglie, le quali dovranno pagare una tassa di circolazione per auto e motorini stratosferica, con i riflessi che per quei settori avrà la nuova imposta.
Ancor più questa cecità si appalesa con la norma di revisione delle aliquote che stiamo esaminando. In un momento di recessione, quando si contabilizzano già forti diminuzioni del gettito dell'IVA, si incide con un forte aumento della stessa. Il risultato sarà uno solo: un disastro per la vera economia produttiva e, probabilmente, un aumento dei prezzi.
È a tutti nota - ed è bandiera della maggioranza - la lotta all'evasione fiscale. Quale sarà l'impatto dell'accorpamento delle aliquote verso l'alto? Ci sarà una maggiore evasione e non sarà possibile fare emergere quel lavoro nero a cui anche noi dell'opposizione siamo interessati.
Concludo, Presidente. Sono reduce dalla desolante esperienza del passaggio nella Commissione giustizia della legge finanziaria. Il relatore, con estrema onestà intellettuale, aveva riempito alcune pagine di osservazioni critiche ed io avevo presentato alcuni emendamenti non distruttivi, ma costruttivi, proprio nel senso che aveva indicato il relatore. Ebbene, non uno solo degli emendamenti è passato ed ha ottenuto l'appoggio del Governo, nonostante il relatore almeno ad uno avesse dato il suo assenso. Questo è il modo di governare con il quale siamo attualmente alle prese!
Ebbene noi abbiamo assunto - lo ripeto - un impegno con gli elettori e lo manterremo (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Possa. Ne ha facoltà.


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GUIDO POSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Marongiu, desidero richiamare l'attenzione su alcuni elementi di questo provvedimento che si inquadra in un contesto molto particolare.
Anticipo fin d'ora il mio voto favorevole su tutti gli ordini del giorno presentati sia dal Polo sia dalla lega nord per l'indipendenza della Padania.
Il contesto di questo provvedimento giustifica un atteggiamento ostruzionistico, come lei lo ha definito signor Presidente: siamo di fronte ad un troppo che sta «stroppiando»!
Abbiamo di fronte un emblema, un simbolo di una politica economica a cui siamo profondamente contrari: non la politica dello sviluppo, ma la politica del prelievo fiscale, inaugurata alla grande nella finanziaria del 1997, che prosegue alla grande, nonostante la mistificazione che si tratti quest'anno di una manovra finanziaria di modesta entità.
Apparentemente la manovra finanziaria che abbiamo di fronte è equilibrata: 10.500 miliardi di maggiori entrate e 14.500 miliardi di tagli alle spese. Ma è qui la mistificazione: non si tratta affatto di 14.500 miliardi di tagli alle spese.
Vediamoli in dettaglio. 1.100 miliardi di tagli alla spesa sanitaria sono ottenuti con un aumento di 450 miliardi della RC auto (una tassa per il servizio sanitario nazionale abbinata alla RC auto!), la quale passa dal 6 all'8,5 per cento. Ecco dunque 450 miliardi che vengono contabilizzati: una mistificazione arbitraria sul versante dei tagli alle spese.
Allo stesso modo, sono 4.200 i miliardi di tagli alla spesa previdenziale. Vediamoli nel dettaglio: anche questi non sono affatto tutti tagli alle spese, ma anche maggiori tasse. Il contributo previdenziale che i professionisti, per esempio, dovranno versare all'INPS non sarà più del 10 ma del 12 per cento; allo stesso modo salirà dal 15 al 15,8 per cento il contributo dei commercianti e degli artigiani.
Accenno solo rapidamente al fatto che altri 2.500 miliardi di maggiori tagli alle spese sono, in effetti, tagli alle spese di trasferimento alle regioni, che o si indebiteranno o aumenteranno le tasse. Vi sono poi 1.000 miliardi di minori trasferimenti alle Ferrovie dello Stato, inevitabilmente recuperati con l'aumento del prezzo del biglietto.
Si tratta, dunque, di una manovra che non reca alcun taglio alle spese. È questo il dramma, un dramma gravissimo. Io sono un ingegnere meccanico e quindi non sono un professionista di bilanci, ma, per quanto riesco a capire, questo è un dramma dal quale non veniamo fuori.
Abbiamo assunto oneri sul lato delle spese cui non siamo più in grado di corrispondere. Purtroppo, fin quando non riusciremo ad incidere su tale aspetto, sarà sempre così. Ecco perché ci opponiamo con forza, rimanendo in aula a mezzanotte e mezza per la seconda notte di seguito (quella di domani sarà la terza).
Signor Presidente, concludo citando un'ultima cifra. Invece dell'asserito rapporto tra deficit e prodotto interno lordo al 3 per cento nel 1997, siamo al 5 per cento nel bilancio di competenza dello Stato. Ma i mass media, tanto solerti nel presentare le cifre, hanno nascosto una verità patente: stiamo spendendo molto di più di quanto siamo in grado di spendere (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rebuffa. Ne ha facoltà.

GIORGIO REBUFFA. Signor Presidente, intervengo, oltre che per dichiarare il mio voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dal Polo e dalla lega nord per l'indipendenza della Padania, anche per esprimere una vivissima preoccupazione, che mi deriva non tanto dalla lettura della situazione parlamentare, quanto da una riflessione sui diritti dell'opposizione.
In un libriccino che il diavolo mi ha messo tra le mani in questi giorni e che le farò avere, signor Presidente, un illuminista inglese racconta in sintesi quali sono i diritti dell'opposizione e li riassume in uno: il diritto principale dell'opposizione


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è quello di poter fare il proprio lavoro danneggiando con tutti i mezzi parlamentari consentiti l'opera della maggioranza. Accanto a questo diritto vi è l'altro a non essere importunati dalla maggioranza con lezioni di pedagogia.
Purtroppo queste ultime sono state fatte da varie parti della maggioranza, che ci hanno indicato in tutti i modi come fare opposizione. Il leader della maggioranza, l'onorevole D'Alema, questa sera stessa ci ha detto che il Polo è inaffidabile perché ha ritrovato una convergenza parlamentare con la lega nord per l'indipendenza della Padania. Ciò significa che, quando l'opposizione ritrova l'unità parlamentare, questo infastidisce il leader della maggioranza.
Credo che il primo diritto dell'opposizione sia di richiedere la fine di questa pedagogia parlamentare. Poi vi sono i doveri della maggioranza. Il primo - mi dispiace non siano presenti i colleghi del PDS - è quello di mantenere la calma. Non ho dubbi che la situazione parlamentare nella quale ci troviamo sia stata causata da un nervosismo della maggioranza. Esso ha tante ragioni: la prima è certamente quella caratteriale, ma ve ne è anche un'altra. Non è l'opposizione che, come amano dire gli esponenti del PDS, è allo sbando, quanto piuttosto la maggioranza. Cosa significano, infatti, queste continue iniezioni di cortisone fatte ad un malato terminale che nel linguaggio parlamentare hanno il nome di ricorso al voto di fiducia?
Guardate bene questa situazione della richiesta dei voti di fiducia. Spero che qualcuno della maggioranza se lo ricorderà: essa non fa che danneggiare, dietro l'apparente ricompattamento della maggioranza stessa, la ricerca di un'unità al suo interno e ne rende fragile la compattezza. Se qualcuno gioca al massacro, lo fa con la stessa maggioranza, che in questi giorni è fragile e debole.
Abbiamo davanti a noi lo «svaporamento» del PDS, di cui nessuno più conosce l'identità: è il partito di D'Alema, di Mussi o di Di Pietro? Io non lo so più e forse non lo sanno neanche gli italiani. Abbiamo di fronte il Presidente del Consiglio che deve ricorrere alla droga del voto di fiducia, alle terapie d'urto con il cortisone.
Guardo con preoccupazione a tale situazione, perché chi gioca al massacro, in questo momento, sono gli avventurieri della politica. Un grande liberalsocialista, Gaetano Salvemini, analizzò - lei lo sa, signor Presidente - le cause dell'avvento di un regime autoritario in Italia, del fascismo, e le individuò nella debolezza e nei tentativi di dittatura parlamentare fatti dall'Italia liberale. Quei tentativi di dittatura parlamentare mal riusciti, che portarono al trasformismo, alla debolezza e alla caduta dello Stato liberale, sono spesso la premessa di regimi che difficilmente rendono vivibile un Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.

PAOLO ROMANI. Presidente Violante, sottosegretario Marongiu, colleghi, una premessa di carattere politico. Il Polo sta combattendo una delle battaglie parlamentari più dure degli ultimi tempi, insieme ai colleghi della lega nord per l'indipendenza della Padania. Come deputato di forza Italia del profondo nord, questo percorso comune non può che farmi piacere. Molta acqua è passata sotto i ponti del Po da quando la lega abbandonò il Governo Berlusconi; probabilmente, dico oggi, perché allora da parte della lega si ebbe il timore che se la scommessa del Governo Berlusconi fosse riuscita, la lega nord (allora si chiamava così) avrebbe perso il senso della propria sopravvivenza politica. Si tratta di una scelta che non condividemmo, ma oggi, dopo alcuni anni, sono più numerosi, io credo, i motivi che ci uniscono di quelli che ci dividono.
Un argomento centrale ritengo ci unisca: non consentire ad una minoranza di sinistra-centro di governare ancora per molti anni il nostro paese. Il problema che pone la lega riguardo alla Padania può essere guardato sotto molti aspetti:


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secessione, diritto all'autodeterminazione, statuto speciale, Stato confederale, federalismo forte, autonomia. Al di là della prima categoria, che non condividiamo (e lo abbiamo detto spesso) penso che sul resto possiamo discutere tranquillamente.
Ma parliamo dell'argomento di questa sera. Ci troviamo ancora una volta a doverci confrontare con la maggioranza attraverso un meccanismo di dialettica parlamentare che potrebbe apparire all'esterno, alla pubblica opinione, sicuramente poco appropriato. Ancora una volta, di fronte alla richiesta delle opposizioni di concorrere, ma senza meccanismi consociativi da prima Repubblica, con proposte serene, concrete, finalizzate al miglioramento di un provvedimento legislativo, assistiamo ad una totale chiusura di questo Governo e di questa maggioranza.
Sapete come la pensiamo in materia di tasse. Il decreto-legge sull'IVA, che rappresenta una componente caratterizzante della manovra di finanza pubblica per il 1998, costituisce un esempio classico di quello che non si dovrebbe fare per risanare i conti dello Stato. Ma soffermiamoci un momento su due ordini del giorno presentati dal Polo, uno a prima firma dell'onorevole Masiero e l'altro dell'onorevole Di Luca.
Si parla dell'incremento dell'IVA per il settore della radiodiffusione trasmessa in forma codificata e della diffusione radiotelevisiva a mezzo di reti via cavo e via satellite. Si parla di incremento dell'IVA riguardo alla realizzazione e riqualificazione della distribuzione negli edifici e nelle abitazioni dei segnali provenienti da reti via cavo, via satellite, nonché per gli abbonamenti e la diffusione radiotelevisiva con accesso condizionato. Abbiamo lavorato in questo Parlamento per molti mesi perché si potessero sviluppare segmenti industriali tecnologicamente più avanzati. Abbiamo parlato (se ne è parlato soprattutto a sinistra) della piattaforma unica digitale, ma la piattaforma non è un'invenzione astratta bensì una catena tecnologica il cui ultimo anello è quello che viene penalizzato proprio da questo provvedimento. È l'utente finale che paga, sono i micropagamenti della società che concorrono a sviluppare un settore e l'occupazione.
Abbiamo parlato, ci siamo battuti perché grandi aziende della comunicazione potessero svilupparsi in questo paese, perché fossero presenti sui mercati internazionali, perché creassero ricchezza e occupazione. Ebbene, con questi provvedimenti si penalizzano proprio questi segmenti industriali che possono essere il futuro per il nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisanu. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo assistito nelle ultime ventiquattro ore a tentativi ripetuti di sminuire e persino di screditare la resistenza che le opposizioni stanno facendo contro il decreto-legge in esame e la politica fiscale del Governo, contro l'ostruzionismo della maggioranza. Vi è stato persino chi, a metà pomeriggio, ha concepito una singolare iniziativa da repubblica delle banane, quella di radunare in un teatro poco lontano da qui i parlamentari della maggioranza, capeggiati dal Presidente del Consiglio, per scatenarli contro l'opposizione arroccata in Parlamento.
Va da sé che nessuno di noi si farà intimorire o suggestionare da questi tentativi e che fino a quando avremo un solo minuto di tempo a disposizione continueremo a declinare in ogni possibile modo il nostro «no» a questo salasso da 5.100 miliardi l'anno, a questa aggressione al risparmio delle famiglie italiane, all'invadenza istituzionale di un Governo che preferisce mandare il Presidente del Consiglio a teatro invece che al confronto con il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Tra gli atti denigratori a cui abbiamo assistito, quello che più ci offende, anche


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se non ci colpisce, è l'accusa, mossa in particolare dall'onorevole Mussi alle opposizioni, secondo la quale noi assumeremmo questo atteggiamento per nascondere l'incapacità di esprimere una linea di politica economica e fiscale alternativa a quella che emerge dal provvedimento in esame. Sembra che l'onorevole Mussi non abbia assistito al dibattito e tanto meno abbia letto gli atti dei lavori parlamentari di queste ultime 36 ore. Se li avesse letti, si sarebbe accorto che quegli interventi, messi insieme, indicano una linea che si può riassumere in questa elementare equazione: meno tasse, più investimenti, uguale più sviluppo, uguale più occupazione. È esattamente il contrario di quello che sta facendo questo Governo, il quale con la sua politica economica e fiscale finirà per portare in Europa un paese stremato e diviso, diviso economicamente tra nord e sud, diviso socialmente tra le categorie sociali. Un paese portato da questa politica scellerata ad una forma silenziosa, ma assai più dolorosa ed efficace di secessione (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santori. Ne ha facoltà.

ANGELO SANTORI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, nell'annunciare il mio voto favorevole su tutti gli ordini del giorno del polo e della lega nord, non posso non esprimere un giudizio fortemente negativo sulle decisioni che il Governo ha inteso adottare in materia di politica economica e fiscale.
L'azione dell'esecutivo evidenzia chiari limiti allorché scelte contraddittorie caratterizzano il provvedimento in discussione e il disegno di legge collegato alla manovra finanziaria. A dimostrazione di ciò, richiamo la vostra attenzione sulle misure concernenti il settore edilizio, che sta attraversando uno stato di crisi tale da rendere incerto il futuro di molte realtà produttive. È ovvio che le cause principali di tale crisi sono la pressione fiscale e quella contributiva.
Il Governo sembrava aver fatto propria tale analisi quando, per dar fiato al settore edilizio, ha previsto, nel collegato alla finanziaria, una serie di incentivi per chi deve restaurare i propri immobili. Mi chiedo allora che senso abbia, oggi, inasprire l'aliquota IVA relativa all'acquisto di materie prime e semilavorati, necessari al ciclo produttivo dell'industria edilizia. Così facendo, si annullano gli effetti positivi della ristrutturazione degli immobili. Si consideri infatti che nel campo edilizio l'elevato costo delle materie prime incide fortemente sui costi. Ritengo sia manifesta l'incongruità delle due misure fiscali.
Oltre al settore edilizio, anche il settore agricolo sarà particolarmente colpito dalle modifiche delle aliquote IVA. Il loro aumento, infatti, accentuerà la differenza con le percentuali di compensazioni previste per il regime speciale agricolo. Sorgeranno, in particolare, nuove difficoltà nella contrattazione dei prodotti agricoli, per i quali esistono marcate differenze tra aliquota e percentuale di compensazione.
Non è esente da critiche, inoltre, la disciplina degli obblighi contabili relativi all'IVA. Si assiste, infatti, ad un ulteriore giro di vite a danno degli imprenditori e dei lavoratori autonomi, considerato che le norme del provvedimento annullano gli scarsi benefici offerti in precedenza dalla fatturazione differita, che consentiva di spostare di un mese la contabilizzazione dell'importo sulle vendite.
Vorrei concludere evidenziando forti perplessità sulla politica economica del Governo. Autorevoli esponenti del partito democratico della sinistra hanno in questi giorni invitato il Governo ad adottare misure più incisive contro la disoccupazione. Ma come possono crearsi nuovi posti di lavoro se l'attività delle piccole e medie imprese, asse portante della nostra economia, viene penalizzata dall'aumento dell'imposizione indiretta? L'occupazione, in particolare nel Mezzogiorno, non si crea con le borse di lavoro, con i lavori


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socialmente utili, bensì agevolando la nascita e la crescita della piccola imprenditorialità.
Gli inasprimenti dell'IVA incideranno negativamente non solo sull'economia, ma su tutti i cittadini. Anche se le vie degli artifici contabili e statistici sono infinite, è alquanto improbabile che l'inflazione non aumenti. Colleghi di rifondazione comunista, il rialzo dei prezzi colpirà parimenti i ricchi ed i meno abbienti; colleghi di rifondazione, questa è la vostra coerenza: un mese fa avete dato luogo ad una crisi di Governo per salvare - dite voi - le pensioni degli operai ed oggi permettete che si riduca il loro potere di acquisto. Queste sono le incongruenze di un'azione politica ed economica sulla quale non posso non esprimere un giudizio fortemente negativo.
Infine, signor rappresentante del Governo, vorrei provare a fare una proposta: visto che il Governo Prodi è così bravo e sempre disponibile a proporre e rinnovare il provvedimento sulla rottamazione, perché non provate a rottamare lo stesso Governo? Penso che in questo momento, se veramente vogliamo risolvere i problemi della nostra economia e dell'occupazione, questa sia davvero la cosa più saggia. Tutto ciò, però, dovrà avvenire a costo zero, poiché gli italiani hanno già pagato tanto al Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.

MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, non so fino a che punto l'opinione pubblica è consapevole della gravità del momento politico che stiamo attraversando, e in particolare della gravità della vicenda parlamentare che stiamo vivendo. Ne dubito, atteso che i mezzi audiovisivi del servizio pubblico si interessano dei lavori parlamentari solo quando debbono stigmatizzare l'assenteismo dei parlamentari, trascurando che molte volte non si tratta di assenza fisica, bensì di una scelta politica, o quando debbono inventare un'insensibilità, come è accaduto nel caso della pedofilia, sfociato nella tragedia dello sfortunato Silvestro. E bene hanno fatto i colleghi Pisanu e Giovanardi a chiedere al Presidente della Camera di invitare i giornalisti dei servizi pubblici audiovisivi ad esercitare un'informazione più corretta e più completa.
Perché è grave la situazione? Perché qui si gioca il destino della democrazia. Onorevoli colleghi, io non voglio enfatizzare e drammatizzare più di tanto, però è chiaro che si attenta alla democrazia quando si impedisce all'opposizione di contribuire in modo costruttivo alla formazione delle leggi e a dare un contributo, a fare il mestiere dell'opposizione, così come è stato delineato poco fa dal collega Rebuffa. Abbiamo dovuto assistere al ventinovesimo o trentesimo voto di fiducia dall'inizio di questa legislatura, e la gravità di questo comportamento reiterato da parte del Governo è stata rilevata e denunciata dallo stesso Presidente della Camera, e non poteva non esserlo, data la sua sensibilità democratica e costituzionale.
Orbene, non c'era motivo perché si ponesse il voto di fiducia anche in questa occasione: non c'era ostruzionismo ottuso, non c'era ostruzionismo cieco e becero. C'era soltanto un'intenzione di migliorare il contenuto del decreto-legge e si era ancora agli inizi della discussione, tant'è vero che i colleghi della lega avevano ritirato alcuni emendamenti. E che il decreto dovesse e potesse essere migliorato è di tutta evidenza, sol che si consideri che la normativa in esso contenuta colpisce i ceti produttivi, e in particolare i lavoratori autonomi, gli artigiani ed i professionisti, e comunque gli imprenditori, gli agricoltori, i viticultori. Ed è sotto gli occhi di tutti, signor Presidente ed onorevoli colleghi, lo spettacolo degli agricoltori che non riescono a trovare un ascolto adeguato alle loro esigenze.
E allora noi, votando a favore degli ordini del giorno presentati dai deputati del Polo delle libertà e della lega, cerchiamo di migliorare la normativa del


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decreto e dimostriamo che esiste un'opposizione. L'opposizione, la nostra parte, è stata ritenuta impresentabile: si è detto che non c'è opposizione, e addirittura Cacciari si è preoccupato che la mancanza di un'opposizione seria e forte potesse pregiudicare le sorti della democrazia. Ebbene, stia tranquillo Cacciari, stiano tranquilli tutti, perché l'opposizione c'è, ed è viva, vegeta e vitale (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scajola. Ne ha facoltà.

CLAUDIO SCAJOLA. Onorevole Presidente, onorevole rappresentante del Governo, domenica 16 novembre, nell'ascoltare i risultati in televisione delle elezioni amministrative parziali, i sindaci superstar, i sindaci-immagine, i sindaci «piaciosi» si sono rallegrati della loro vittoria, ma soprattutto hanno teso ad evidenziare la difficoltà che avevano, dovuta all'eccessivo peso di consenso e all'assoluta mancanza di opposizione, a loro dire.
La domenica successiva siamo andati oltre: sul solito giornale quotidiano indipendente, il solito opinionista cosiddetto indipendente ha addirittura detto che l'opposizione non c'è non solo perché mancano gli esponenti dell'opposizione, ma anche perché fisiologicamente non ci può essere, perché le categorie sociali che votano per l'opposizione non hanno il senso dello Stato, hanno soltanto il senso del proprio, e quindi non possono esprimere rappresentanti politici con il senso dello Stato.
Nessuno ha evidenziato, in questi giorni, quello che invece è, a nostro parere, il vero pericolo del momento politico che stiamo vivendo. Abbiamo una maggioranza «insalata», dove si va dalla maglia nera con il teschio - come ha detto un illustre collega nostro - fino alla bandiera rossa con la falce e il martello, una maggioranza all'interno della quale non c'è nessun accordo programmatico di consonanza, salvo il collante forte del potere, della poltrona, dell'occupazione di tutto ciò che è possibile occupare.
In questa situazione siamo arrivati ad avere 27 voti di fiducia, con quello di ieri: una media, come qualcuno ha già detto, di un voto di fiducia ogni dieci giorni. Una fiducia peraltro inutile, perché, come è facile arguire per ognuno di noi e soprattutto per i cittadini italiani, se non si fosse posta questa fiducia, se fosse rimasto il rapporto corretto che ci deve essere fra maggioranza e opposizione, ci saremmo trovati oggi ad aver già terminato la votazione su questo provvedimento in modo corretto e democratico, come si deve, nel rispetto delle regole.
Ma la verità forse è un'altra: questa maggioranza così composita ricorre ai voti di fiducia perché vuole evitare che la popolazione possa sapere, possa verificare quali sono i veri termini con cui si affrontano i problemi nella gestione del paese. C'è questa fiducia sul provvedimento in esame perché il Governo vuole che non si sappia come l'IVA penalizzerà ulteriormente l'agricoltura, l'edilizia, tutti i settori produttivi del nostro paese.
Concludo. Rappresentante del Governo, riferisca alla sua maggioranza, riferisca al suo Governo che l'opposizione c'è e lo farà vedere all'interno dell'aula parlamentare, facendola diventare una palestra per ognuno dei suoi esponenti. Ma lo farà vedere anche sulle piazze, per dimostrare che il Polo per le libertà, insieme alla lega, vuole difendere i valori democratici di libertà ad ogni costo, costi quel che costi (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Lei vuole dire palestra intellettuale, immagino, no?
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scarpa Bonazza Buora. Ne ha facoltà.

PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA. Signor Presidente, voterò a favore degli ordini del giorno presentati dall'opposizione. Non c'era bisogno di porre la questione di fiducia, né tanto meno c'era necessità di legiferare in materia di IVA, dinanzi ad una direttiva comunitaria che poteva essere recepita per arrivare finalmente


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e realmente a una perequazione tra i paesi dell'Unione europea.
Ma questo Governo «storico», che incessantemente compie atti «storici», non poteva sottrarsi al suo compito «storico», che evidentemente è quello di strangolare i contribuenti, cioè i cittadini, cioè i sudditi. Ma dove si abbatte la mannaia del fisco? Su quali beni? Ormai lo sappiamo bene tutti a memoria: naturalmente, proprio su quelli sui quali l'Unione europea - ma se vogliamo, semplicemente il buon senso - consiglia di non accanirsi e cioè il tessile-abbigliamento, le calzature, alcuni prodotti dell'agricoltura, come il vino; beni tutti di prima necessità. Il Governo dichiara inoltre di voler favorire la ripresa dell'edilizia, ma invece colpisce i beni intermedi dell'edilizia stessa.
Rilevo pertanto che l'ebbrezza fiscaiola del Governo e della maggioranza parlamentare, che gli consente di continuare ad arrecare danni alle famiglie italiane, determina risultati apertamente contraddittori rispetto alle enunciazioni, del tutto contrastanti con l'orientamento di quell'Europa in cui questo «storico» Governo dichiara di volerci condurre.
Colpire queste categorie di beni significa deprimere la domanda di settori strategici della nostra economia. Io sono un deputato veneto, signor Presidente, figlio di una regione che ha saputo costruire la sua economia sopra quelle produzioni che il Governo oggi colpisce. Non pensano allora Prodi e compagni che questa loro «storica» decisione non mancherà di determinare nuovo giustificato malcontento in un'area del paese che gradirebbe qualche parata di ministri in meno e qualche azione di decente politica economica in più? L'autonomia dal giogo dirigista è l'unico modo per salvarci! Andate a colpire il vino, cari compagni in sonno, ed ucciderete uno dei pochi comparti della nostra agricoltura che possono mantenere competitività anche in un'economia globalizzata. Un danno di circa 300 miliardi solo per il settore vitivinicolo, più l'IRAP, con un altro danno di 700 miliardi: altro che invarianza fiscale!
Vi scandalizzate, vi meravigliate, compagni dormienti, perché gli agricoltori organizzati e non attuano diverse forme di protesta contro la vostra politica, ma la vostra «storica» politica produce lo storico effetto di unire nella protesta tutte le categorie produttive come mai si era visto, tutte insieme per la prima volta!
Cari compagni, in sonno, continuate a raccontare balle anche per quanto riguarda gli effetti inflazionistici della vostra manovra IVA: altro che 0,6 per cento! In realtà - e lo sapete benissimo - l'effetto sarà di circa il 3 per cento. L'inflazione, cari compagni in sonno, è la tassa che colpisce la povera gente a reddito fisso che voi, sedicenti progressisti, dite di voler tutelare: in realtà, la vostra politica fiscale è reazionaria! Evidentemente, Prodi e Visco ritengono che gli italiani debbano andare in Europa nudi e scalzi, senza bere nemmeno un bicchiere di vino, magari utilizzandone il tappo a mo' di vestiario: consiglio a costoro di iniziare questa moda in proprio (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Berruti. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARIA BERRUTI. Presidente, la ringrazio. Naturalmente, voterò a favore di tutti gli ordini del giorno presentati dal Polo e dalla lega nord per l'indipendenza della Padania. Vorrei spiegare il perché, motivarlo, anche se l'ho già fatto in altro intervento per quanto riguarda l'ordine del giorno da me sottoscritto.
Ma vorrei premettere quanto è accaduto questa mattina in un colloquio che ho avuto con un autorevole collega deputato dell'Ulivo, il quale mi raccontava, indicandomi l'aula, che nel seicento un monarca, parlando con il suo ministro della guerra, al quale proponeva di condurre una grande battaglia al Papa, si sentì rispondere da quel ministro: «Ci sono trentacinque motivi per cui non puoi fare la guerra al Papa»; «beh, dimmene qualcuno», gli rispose il monarca, al che il ministro gli disse: «ti dico il primo. Per


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fare la guerra ci vogliono gli uomini» e questo collega sorrideva, guardando l'aula. Tutto ciò avveniva alle 18,30 di ieri pomeriggio.
Bene, noi abbiamo dimostrato che la guerra la possiamo fare (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale)! Noi abbiamo dimostrato che il primo di quei trentacinque punti, quello più importante reputato da quel monarca, lo abbiamo: alleanza nazionale ieri sera ha tenuto banco in quest'aula, insieme a noi e alla lega nord per l'indipendenza della Padania, in totale assenza della maggioranza, che faceva capolino soltanto per presidiare il voto elettronico nel caso in cui - come da loro sperato - il risultato della nostra opposizione fosse stato uguale a zero.
Signor Presidente, lei per primo ha notato quel che è accaduto il giorno in cui il collega Mussi - nei confronti del quale io nutro stima e a volte, ma sempre più raramente, simpatia - è andato oltre, ha esagerato nei suoi toni e nei contenuti. L'opposizione è quella che si porta in aula e nelle piazze da parte delle forze che hanno quella collocazione. Se l'opposizione viene mossa dalla maggioranza, se la piazza viene mossa dalla maggioranza, se l'opposizione viene bloccata in piazza dalla maggioranza, non è opposizione e non è maggioranza, ma è regime. Quando contro il Governo Berlusconi un milione di persone scese in piazza per le pensioni fu opposizione e fu apprezzata come tale. Quando l'opposizione a questo Governo scese in piazza, il 9 novembre 1996, con un milione di persone fu opposizione e avrebbe dovuto essere apprezzata come tale. Ma quando l'opposizione si muove per fare qualcosa e la maggioranza scende in piazza per opprimere, bloccare, fermare ogni iniziativa delle opposizioni, questo è regime.
Che questo sia avvenuto ne abbiamo avuto prova chiarissima anche quando, all'interno della maggioranza, c'è stata un'opposizione. Anche quando rifondazione comunista, a torto o a ragione, si è opposta alla maggioranza, ebbene quella maggioranza si è scatenata contro quella parte di maggioranza che si opponeva a quella maggioranza, prima con «il popolo dei fax» e poi con le minacce, e ancora una volta è stata soppressa quella opposizione. E questo è regime!
Se è questa - riprendo le parole del nostro presidente di gruppo e di tutti i colleghi che mi hanno preceduto - la strada che la maggioranza intende percorrere, ebbene la maggioranza troverà questo esercito sempre pronto a fare un'opposizione corretta, democratica, civile, leale in aula e in piazza; ci troverà sempre pronti a fare questa battaglia, così come l'abbiamo portata avanti in questi giorni, e sarà una battaglia che gioverà sicuramente a tutti noi dell'opposizione e che sta già dando frutti (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taborelli. Ne ha facoltà.

MARIO ALBERTO TABORELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Marongiu, sono stati presentati degli ordini del giorno che vanno nel senso di attenuare, se non di eliminare, gli effetti perversi di una manovra sull'IVA che sarà foriera di effetti gravemente controproducenti sul nostro sistema produttivo, sulle imprese, sui commercianti, ma soprattutto sui cittadini e sui consumatori.
Il Governo è costretto a questo, con il pretesto dell'Europa, per fronteggiare la situazione che deriva da un gettito fiscale che sembra rivelarsi gravemente inferiore alle attese. Intanto si potrebbe osservare che le previsioni, per quanto riguarda sia il gettito che le spese, andrebbero fatte sulla base di stime realistiche e non sulla base di dati utili soltanto a tentare di fare una buona figura sul momento.
I casi sono due, o si tratta di incompetenze o di un tentativo strumentale di confondere le carte e i numeri. In entrambi i casi, prima o poi, i nodi vengono al pettine costringendo, come in questo caso, a manovre correttive, sia pure mascherate sotto altro e diverso nome.


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Ma il problema più grave è un altro. Non si può immaginare di continuare all'infinito a non riuscire a controllare la spesa pubblica e ad inseguirne i livelli ricorrendo continuamente alla leva fiscale. Questa è una strada vecchia, è la strada seguita per decenni dai Governi della prima Repubblica; è una strada che ha portato all'attuale condizione disastrosa dei nostri conti pubblici, al livello insostenibile di pressione fiscale che abbiamo, che grava soprattutto sulle piccole e medie aziende, sui commercianti e sugli artigiani.
Anche in questo modo il Governo Prodi conferma la propria continuità di comportamenti oltre che di uomini, con esperienze e fasi storiche che dal punto di vista della finanza pubblica non sono certamente da rimpiangere.
Per queste ragioni la filosofia che sta alla base del decreto sull'IVA è da contestare dal fondamento. Adeguare le norme italiane all'Europa era una strada che si poteva percorrere in tanti modi, in tempi e termini profondamente diversi, assicurando l'invarianza fiscale invece di caricare sui contribuenti carichi sempre più elevati.
Forse il Governo dimentica che oltre una certa quota di penalizzazione delle imprese e dei consumi si determina una contrazione tale da ridurre fortemente la base imponibile e quindi il gettito stesso. In altre parole se le aziende chiudono, se i consumi languono, chi pagherà le tasse e su quali redditi e su quali spese si applicheranno aliquote sempre più elevate?
In effetti, leggendo ed ascoltando molti commenti, sembrerebbe di vivere in un paese molto diverso da quello che vediamo ogni giorno intorno a noi. Tentano di dipingere un paese avviato al risanamento in modo graduale e senza sacrifici troppo gravosi per nessuno, un paese insomma che sta uscendo dalla crisi. Mi domando se ciascuno di voi o di noi gestisca un'attività in proprio o voglia aprirla, se cerchi lavoro per sé o per i propri figli, o abbia bisogno di un finanziamento per espandere la propria attività, o soltanto di un prestito per pagare le tasse troppo alte, mi domando, dicevo, se chiunque si trovi in questa situazione possa dire che stiamo uscendo dalla crisi.
Concludo dicendo che voterò ovviamente a favore di tutti gli ordini del giorno presentati dai colleghi del Polo e quelli dalla lega nord per l'indipendenza della Padania (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tortoli. Ne ha facoltà.

ROBERTO TORTOLI. Presidente, colleghi, premetto che voterò a favore del complesso degli ordini del giorno presentati dalla lega e dal Polo, ma senza entrare più di tanto nel merito di tali ordini del giorno e del contenuto del decreto sul quale il Governo ha voluto porre ancora una volta - la ventinovesima - la questione di fiducia, devo dire che con quest'ulteriore forzatura si è voluto, da parte di questa maggioranza, togliere ancora una volta il diritto di parola all'opposizione.
Gran parte di coloro che siedono nei banchi dell'opposizione sono figli di questo nuovo sistema maggioritario; sono figli di quella che vorrebbe essere la seconda Repubblica; hanno la cultura del bipolarismo e sanno perfettamente cosa significa rappresentare, come opposizione all'interno di un Parlamento, la voce di coloro che hanno dato a noi il voto.
Oggi forse per la prima volta (ieri, oggi e domani) si sta verificando in questo Parlamento, da parte di noi dell'opposizione, la presa di coscienza che rappresentiamo la maggioranza del paese, perché tra la lega e il Polo - bisogna ricordarcelo perchè forse lo si è dimenticato tante volte - rappresentiamo 21 milioni di italiani. Ecco, questa maggioranza ha il coraggio, ha l'arroganza di togliere costantemente la voce a 21 milioni di italiani. Non toglie la voce all'inadeguato Tortoli o all'inadeguato Roscia o all'inadeguato Migliori, ma toglie la voce a


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21 milioni di italiani e lo fa sistematicamente dall'inizio di questa legislatura!
Al di là di quelli che sono i contenuti di questo decreto che riguarda l'adeguamento delle aliquote IVA, contenuti che sono gravi in quanto vanno nella direzione opposta a quella necessaria al nostro paese per incamminarci verso il riordino non delle aliquote. Tra i tanti riordini che in questo paese sono necessari, quello forse meno urgente era proprio quello delle aliquote IVA.
Sentivamo il bisogno di altri tipo di riordini: del riordino della spesa pubblica, del riordino degli sprechi, del riordino del sistema legislativo, del riordino della burocrazia, di tutta una serie di riordini che vanno ad incidere strutturalmente nella spesa pubblica. Ed invece, dopo anni di sprechi, che hanno portato il nostro paese al disavanzo pubblico che tutti conosciamo, sembrava dovesse essere venuto (ce lo siamo detto in tutte le campagne elettorali, per lo meno in quelle del 1994 e del 1996; lo ha detto l'attuale maggioranza, lo ha detto l'opposizione; nel 1994 lo disse la nostra alleanza di centro destra) il momento della riduzione delle spese, di una loro seria ristrutturazione. Ma invece da parte di questa maggioranza si continua ad incidere sul versante delle entrate per rincorrere le spese che non si vogliono bloccare e che non si vogliono rivedere.
Ma la cosa più importante, lo ripeto, della testimonianza di questi giorni è ciò che l'opposizione ha voluto, ha saputo e saprà dare. Questa, lo spero, non sarà la prima volta che lega e Polo, uniti, daranno voce a quella maggioranza silenziosa che attraverso di noi può parlare, può opporsi e può incidere in maniera forte e costante in questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Valducci. Ne ha facoltà.

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, mi asterrò dal voto sugli ordini del giorno, poiché ritengo che non si possa più cercare di modificare l'orientamento del Governo, che in tutta questa legislatura ha sempre dimostrato di non accettare qualsiasi suggerimento né consiglio senza averlo prima sottoposto al proprio vaglio, cambiato delle virgole e apposto il proprio timbro. Nulla passa, infatti, senza il timbro del Governo e dello Stato.
Oggi ci è stata mossa l'accusa di non voler entrare in Europa affossando questo decreto. È vero, noi non vogliamo entrare in Europa con un paese morto, con un paese in cui tutti i cittadini perbene, tutti i cittadini che hanno voglia di lavorare siano già scappati in altri paesi. Né vogliamo che il nostro paese risulti desertificato in termini produttivi, come già avviene da due o tre anni.
Chi ha occhi per vedere può constatare, infatti, che nell'area produttiva del nostro paese tutti gli imprenditori stanno già delocalizzandole loro fabbriche. A maggior ragione in futuro tutti gli imprenditori troveranno altre sedi amministrative in paesi europei in cui le aliquote fiscali siano meno oppressive. Pertanto il nostro diventerà un paese legato unicamente al consumo, un paese in cui probabilmente anche la libertà, già così incrinata, potrà venire ulteriormente meno.
Quella che stiamo conducendo è una battaglia di libertà che stiamo combattendo per consentire a tutti i cittadini che vogliono continuare ad intraprendere liberamente ed individualmente in questa società delle attività produttive possano continuare a farlo. Ci pare oggi che ciò possa avvenire solo se si accetta di accorrere attorno al tavolo dei potenti, di raccogliere qualche briciola avanzata da quel tavolo e di entrare nel sistema di cooperative economiche nella speranza che da queste arrivi qualcosa. Ciò è facilmente dimostrabile proprio se si prendono in considerazione alcuni dei provvedimenti del Governo degli ultimi due anni come la linea telefonica 117, lo strumento per gli spioni-delatori, istituito contro coloro che vogliono intraprendere delle attività produttive, che vengono


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spiati e sui quali vengono diffuse notizie spesso false e tendenziose, l'IRAP e il redditometro.
Vogliamo anche dare libertà e prospettive a chi spera di entrare nel mondo del lavoro. Infatti, non si entra nel mondo del lavoro con delle carte o con dei decreti; non è con la formalizzazione di un ente dello Stato che si creano posti di lavoro. Non è lo Stato che deve impiegare i nuovi posti di lavoro. Vogliamo libertà per un paese in cui ci siano ancora prospettive di benessere, in cui ci sia capacità competitiva in un mercato veramente paritario.
Mi auguro quindi che quello di questi giorni sia solo uno dei primi passi di una lunga e forte azione di opposizione, una opposizione che interpreto anche come un breve corso autodidattico di una classe politica incolta che il ceto medio si è voluto dare, quel ceto medio che la classe politica al governo nel paese vuole annientare, distruggere. Questa è solo la prima di queste lezioni. Ne seguiranno molte altre in futuro, anche perché dobbiamo dar conto agli autorevoli professori che scrivono sui giornali, uomini dai nomi strani e un po' massonici, che forse un domani ci potranno dare una pagella un po' meno negativa. Difficilmente arriveremo alla sufficienza, ma sicuramente con l'impegno di queste lunghe notti qualcosa di meglio riusciremo a fare.
Voglio chiedervi invece chi sia la guida che traccia la vostra linea politica. Ebbene, voglio chiudere con una piccola parafrasi, che reputo corretta. È sicuramente un esperto che...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Valducci.

MARIO VALDUCCI. ...evitando tutti gli errori piccoli (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia)...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Viale. Ne ha facoltà.

EUGENIO VIALE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario Marongiu, voterò a favore di tutti gli ordini del giorno presentati dal Polo per le libertà e dalla lega nord per l'indipendenza della Padania, che sono critici nei confronti del decreto-legge in esame che aumenta le aliquote IVA. Ho già svolto un altro intervento su questo argomento ed ho esposto le mie critiche nei confronti della politica del Governo e della maggioranza, che mira ad aumentare continuamente la pressione fiscale e che cerca di pareggiare i conti senza razionalizzare le spese e senza ridurre quelle inutili ed improduttive, ma aumentando continuamente le imposte e quindi limitando le possibilità di sviluppo della nostra nazione. Infatti, in nome di obiettivi come il risanamento economico e l'ingresso in Europa, si sono chiesti al paese sacrifici pesantissimi e il Governo ha sottratto ingenti somme alle imprese e alle famiglie e quindi al risparmio, ai consumi e agli investimenti. Stiamo quindi pagando in termini di grave stagnazione economica il raggiungimento soltanto formale di alcuni obiettivi.
Bisogna intendersi: se il risanamento fosse vero ed effettivo, i sacrifici sarebbero giusti e doverosi. Ma risanamento significa prima di tutto una politica di rigore, di risparmi e di tagli delle spese, non significa effettuare operazioni di mera cosmesi sui conti pubblici per mascherare la realtà o prelievi non ripetibili. Se i famosi parametri di Maastricht saranno raggiunti attraverso questi espedienti, forse sarà possibile entrare in Europa, ma sarà molto difficile e doloroso rimanervi. Ma non è certo continuando a colpire alcune categorie, dalla piccola impresa al lavoro autonomo, dai commercianti agli artigiani, che otterremo un risanamento effettivo. Eppure il Governo Prodi non sembra affatto intenzionato a cambiare strada.
Non tagliare la spesa e aumentare le tasse è una ricetta vecchia, è la ricetta che ci ha portato a questo tasso di indebitamento e il Governo Prodi segue questa stessa strada. Aumentare le aliquote IVA significa rastrellare dalle tasche dei cittadini migliaia di miliardi. Ci dicono che


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non vengono colpiti i generi di prima necessità, eppure l'abbigliamento e le calzature aumenteranno del 4 per cento. Evidentemente i vestiti e le scarpe per il nostro Governo non sono generi di prima necessità. Tutto sommato secondo il nostro ministro delle finanze si potrebbe anche girare scalzi e nudi, almeno nelle regioni con un clima più temperato.
Non è solo questo il problema: anche per i beni voluttuari far salire i prezzi aumentando l'IVA significa colpire i produttori e i commercianti, indebolire le aziende, ridurre i consumi e non far crescere di conseguenza i posti di lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, onorevole rappresentante della maggioranza, cosa è accaduto in questi giorni alla Camera che ha provocato questo dibattito e questi interventi? E cosa rappresentano questo dibattito e questi interventi? Quanto vediamo adesso in aula è indicativo di come Governo, maggioranza ed opposizione intendano il Parlamento, i rapporti politici istituzionali tra Governo e Parlamento e, forse in via generale, di come intendano la democrazia politica ai tempi del regime dell'Ulivo. Si sta verificando, dall'inizio di questa legislatura, che di fronte ad una politica economica del Governo, che riteniamo dissennata, frutto di scelte compromissorie dovute soprattutto alla spinta di rifondazione comunista (parliamo di politica economica dissennata perché non servirà a produrre una duratura e stabile politica di sviluppo e di crescita nel nostro paese, perché quella può essere fondata solo su una rigorosa e severa politica di tagli, politica di riforma reale dello Stato sociale), la maggioranza dell'Ulivo viva il confronto parlamentare, forse lo stesso passaggio parlamentare, come poco più che un fastidio. Abbiamo visto crescere l'insofferenza del Governo e della maggioranza nei confronti del Parlamento, nei confronti del passaggio parlamentare ben rappresentato dall'intervento dell'onorevole Bogi quando ha posto la questione di fiducia.
All'inizio della legislatura il presidente dei deputati della sinistra democratica, persona il cui carattere e le cui tendenze autoritarie stiamo purtroppo imparando a conoscere in questa legislatura, aveva quasi inteso dare i tempi all'opposizione: non più di due interventi in discussione generale, non più di un certo numero di emendamenti, non più di un certo numero di interventi sugli emendamenti. S'è cercato poi di organizzare un poco al ritmo delle richieste di Mussi anche i lavori parlamentari e la maggioranza progressivamente ha fatto diminuire le sue presenze in quest'aula, così che ormai costituisce un vero e proprio problema politico l'assenza sistematica del numero legale della maggioranza. È vero che tutti vi debbono contribuire, ma il presupposto di un Governo è che vi sia una stabile e presente maggioranza parlamentare; invece il presupposto del Governo è che la maggioranza non c'è e l'opposizione, i cui diritti sono sistematicamente calpestati, grazie al fatto che viene criminalizzata attraverso mass media compiacenti, deve comunque garantire il numero legale pur senza avere i diritti (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia e di alleanza nazionale).
Abbiamo allora provato a dire «basta» quando lunedì, alle 20,30, dopo che abbiamo mantenuto il numero legale, dopo che abbiamo provato a fare un confronto di merito sul numero autoridotto di emendamenti, il ministro Bogi ha detto che tutto ciò non gli bastava, che sembrava comunque troppo alla sua insofferenza e a quella dei deputati della maggioranza che già non erano in numero legale e che sicuramente non potevano continuare ad esserlo per altre 80 votazioni che si sarebbero svolte l'altro ieri (portando a conclusione l'esame del provvedimento) e ha posto la questione di


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fiducia. È importante che questa reazione vi sia stata nella stessa misura dai banchi del Polo e della lega, perché una delle tecniche tipiche del regime dell'Ulivo è quella di provare a dividere l'opposizione, scegliendosi quella più compiacente, per fare in modo che in futuro non possa vincere e ribaltare gli equilibri di Governo.
Il gruppo di forza Italia è particolarmente orgoglioso di aver rappresentato agli occhi di chi considera tale gruppo e tutta l'opposizione privi di corpo e di anima, qualcosa che non esiste, come invece sia qualcosa in grado di reagire e di resistere, di porre il problema vitale della democrazia ai tempi del regime dell'Ulivo. Siamo particolarmente soddisfatti della rappresentazione odierna di questo Parlamento, anche se non sarà la stessa che i giornali daranno nelle prossime ore; si tratta comunque di una rappresentazione che vogliamo difendere e tutelare.
Concludo ricordando che l'ulteriore definitiva dimostrazione dell'arroganza e dell'insofferenza della maggioranza nei confronti del Parlamento e delle regole è testimoniata dalla cosa più scandalosa accaduta in queste ore e che per questo è passata inosservata o quasi sotto silenzio, come se fosse scontata proprio perché le regole sono un abuso della maggioranza, non vanno rispettate.

PRESIDENTE. Onorevole Vito, deve concludere.

ELIO VITO. Mi riferisco all'abolizione del Premier question time, che avevamo deciso di introdurre nei nostri lavori. Era stata fatta una riforma del regolamento e si erano scelti degli argomenti...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vito (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e della lega nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alborghetti. Ne ha facoltà.

DIEGO ALBORGHETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il mio primo pensiero e la mia solidarietà, quale parlamentare della lega nord per l'indipendenza della Padania, va agli agricoltori padani in lotta per i propri diritti contro un Governo truffatore, imbroglione e vampiro che non vuole rimborsare le quote latte a suo tempo estorte. Continuate la vostra battaglia perché noi saremo con voi, come abbiamo fatto nei giorni passati (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania e di forza Italia).

ALESSANDRO CÈ. Bravo!

DIEGO ALBORGHETTI. Mi fa piacere che il Polo, dopo 18 mesi di legislatura faccia per la prima volta una vera opposizione. Probabilmente, dopo il ballottaggio di domenica, si riallineerà all'Ulivo. Mi auguro comunque che tale opposizione continui contro questo regime che ormai possiamo definire italiano: mentre nel mondo stanno ormai scomparendo, da noi ritornano. La lega nord per l'indipendenza della Padania si è accorta subito dell'esistenza di questo regime, quando nei primi giorni della legislatura abbiamo ascoltato l'onorevole Violante, Presidente della Camera e che quindi dovrebbe essere super partes, affermare che lo Stato avrebbe mandato i carri armati per normalizzare chi non la pensa come Roma. Ora anche in Parlamento ci vogliono far votare provvedimenti con i quali non vogliamo avere nulla in comune perché la nostra gente ci dice di non partecipare, di non votarli perché sono assurdi e contrari al buon gusto padano.
Se il regime continuerà, proporrà, al posto dei tre pulsanti, un solo pulsante per le votazioni, proporrà di togliere il microfono oppure i tre pulsanti saranno a disposizione del Presidente, che cambierà i colori in base alle necessità dell'occasione. Questi signori che vogliono darci lezioni di democrazia hanno introdotto in questo paese un regime per ora soft, ma pur sempre un regime. Lo verifichiamo quotidianamente sui giornali e con le


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televisioni che si dannano per incensarlo ed osannarlo. Mi riferisco non solo alla RAI ma anche a Mediaset, che nel proprio organigramma (per esempio Canale 5) ospita personaggi che vanno dal Pds a rifondazione. Colgo pertanto l'occasione per invitare l'onorevole Berlusconi a «togliersi dai piedi» il dottor Costanzo, che porta avanti solo tesi gradite al potere perché, diversamente, lo stesso Berlusconi sarebbe da ritenere connivente con questo regime (Applausi). Non avrei mai pensato inoltre che, con il passare degli anni, il telegiornale più obiettivo divenisse quello di Fede, il che è tutto dire!
Se parliamo poi del decreto IVA, che la maggioranza ha portato all'esame dell'aula, cari padani che ascoltate Radio radicale, vediamo che il 70 per cento dell'IVA introitata dallo Stato proviene dalla Padania e che il balzello derivante dall'IVA aumenterà comunque in modo diverso al nord ed al sud. Al nord infatti inciderà per 300 mila lire a famiglia e al sud per 200 mila, sempre grazie alle solite agevolazioni dell'IVA sul metano.
Vedete dunque che l'Italia è spaccata dalla maggioranza e non dalla lega, anche se questo è ciò che essa vorrebbe che si verificasse molto presto.
In campagna elettorale Prodi disse: noi non aumenteremo le tasse. Invece, ha trovato tutti i modi per tassare i cittadini e poi andare in TV a dire che verranno rimborsati. E allora, per rimborsare una tassa una tantum, come l'eurotassa, cosa fa il Governo, per salvarsi la faccia? Ne mette una per sempre, perpetua, quell'IVA grazie alla quale avremo prelievi per 5.750 miliardi l'anno.
La nostra entrata in Europa è ben vista da tutta la CEE, perché l'Italia è debole, ha un debito pubblico doppio e così subirà ulteriormente i notevoli sacrifici che costantemente ci verranno richiesti dall'Unione europea. Se invece nel paese avessimo due monete, la Padania entrerebbe a pieno titolo e l'Italia, con gli aiuti comunitari, potrebbe finalmente programmare la propria economia, per rilanciare il sud in modo corretto e non assistito.
Voi padani che andrete a votare per il ballottaggio ricordatevi che l'Ulivo vi affama. Non ascoltate gli organi di stampa del regime che vi tengono in piedi «a balle», perché i risultati ventilati non si vedono, anzi la situazione economica peggiora (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anghinoni. Ne ha facoltà.

UBER ANGHINONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi della lega e, qualcuno, del Polo, sto assistendo con rammarico alla volontà del Governo di portare ad ogni costo in porto questo decreto blindato, blindato quanto agli emendamenti, alla discussione ed all'arricchimento che una dialettica democratica avrebbe potuto portare, in quanto è stato chiesto il ventisettesimo voto di fiducia, blindato quanto agli ordini del giorno, che spesso comunque sono tenuti in scarsissima considerazione anche quando sono votati dall'Assemblea. Vorrei ricordare quello approvato all'unanimità circa diciotto mesi fa, che impegnava ad abbassare l'aliquota IVA dal 19 al 10 per cento per gli animali vivi da macellazione; questa misura non è mai stata applicata anche se attesa dalle categorie interessate e solo oggi accidentalmente è compresa nel provvedimento in esame. Dico accidentalmente perché credo che forse vi è sfuggita.
Signori del Governo, non si può assistere inattivi a questo scempio, che produrrà null'altro che un aumento della pressione fiscale, nella logica che bisogna incrementare le entrate anziché intervenire sulla struttura sciupona e parassitaria.
Avrei lavorato con maggiore passione, con maggiore interesse e con maggiore motivazione se, anziché chiamato a intervenire per evidenziare i giochetti del Governo, si fosse discusso di come individuare quelle decine, centinaia di migliaia di pensioni di falsa invalidità che


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questo Governo continua a pagare senza battere ciglio, pensioni di falsa invalidità alle quali si aggiunge l'assegno di accompagnamento, che si continua a pagare senza battere ciglio. È stato chiesto ai prefetti di verificare la veridicità di queste pensioni e sapete qual è stato il risultato? Il prefetto di Mantova ne ha trovate 149; il prefetto di Avellino solo 10. Questi sono dati che dicono tutto e non hanno bisogno di controprove.
Non si interviene sugli stipendi elargiti agli assenteisti cronici, che a volte svolgono un secondo lavoro, magari per il partito oppure in proprio ma pagato in nero. No, questi casi non si possono toccare perché, laddove accadono sistematicamente e cioè nel sud Italia, in particolare, danno garanzie per il controllo elettorale, per avere democraticamente - così continuate a definirlo - il mandato per continuare a governare.
Si aumenta invece la pressione fiscale, che ha già minato l'economia di molte aziende padane, aziende che sono i maggiori contribuenti, se non gli unici, considerando che il 70 per cento del versamento IVA viene fatto dalle aziende residenti in Padania, che costituiscono invece soltanto il 45 per cento di questo settore in tutta la penisola italica. Dunque, il 45 per cento dà il 70 per cento... (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

DANIELE ROSCIA. Bravo Uber: ripeti l'ultima frase, che non l'ho capita!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molgora. Ne ha facoltà.

DANIELE MOLGORA. Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad una serie di ordini del giorno sui quali il Governo si è pronunciato, ancora una volta, in modo contrario. Questo ci dispiace perché dimostra la chiusura del Governo di fronte ad impegni che non sono particolarmente gravosi per le finanze dello Stato anche perché, come per gli emendamenti che avevamo presentato, erano indicate coperture corpose, che avrebbero comportato notevoli risparmi di spesa. Mi riferisco principalmente alle tesorerie.
Posso citare alcuni ordini del giorno che riguardano interventi sia per il settore economico sia per il settore sociale. Per il primo, vorrei ricordare l'adeguamento della normativa fiscale sulle imposte dirette relative alle auto aziendali, completamente diversa dalla normativa sull'IVA. Per quest'ultima le attuali disposizioni prevedono la completa indetraibilità per le auto aziendali, salvo che non si tratti di auto strumentali per l'attività propria (autonoleggi e così via). Per le imposte dirette la situazione è diversa e la detrazione è al 50 per cento. La normativa europea impone la detraibilità dei beni ad uso promiscuo, come il caso dei telefonini che al 50 per cento sono detraibili per le imposte dirette anche per ciò che riguarda l'IVA. Questo non avviene per le autovetture e non si capisce in base a quale ratio. Eppure si tratta di un costo importante per le imprese.
L'altra questione che ritengo particolarmente suggestiva, riguarda l'aliquota IVA sulle autoambulanze, identica a quella per le autovetture. Ne consegue che le organizzazioni di volontariato, la Croce rossa e così via pagano per un servizio sociale l'aliquota del 20 per cento. Faccio notare che per portare quest'aliquota dal 20 al 10 per cento o addirittura all'esenzione, visto che al 4 non si potrebbe perché lo impediscono le norme comunitarie, non costerebbe molto.
Ci troviamo invece di fronte a beni assai poco importanti (mi riferisco ai tuberi, ai preparati per le zuppe, alle salse, ai mangimi per canarini) che godono di un'aliquota inferiore. Neanche su questo provvedimento il Governo ha avuto il coraggio di dare il proprio assenso! Mi chiedo allora dove sia finito il senso del sociale e di giustizia di cui molto spesso il Governo di sinistra si è fatto paladino! Evidentemente, gli affari di Stato sono molto legati a logiche ben diverse da quello che la sinistra è andata raccontando.


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Per quanto riguarda gli altri ordini del giorno, noi esprimeremo ovviamente un voto favorevole su tutti quelli che abbiamo presentato e su quasi tutti quelli presentati dai deputati del Polo, con qualche eccezione soprattutto per quello che riguarda i trasporti relativi alle isole di Pantelleria e Lampedusa. Non si capisce infatti perché per quelle isole vi debba essere un'aliquota più bassa e perché debbano quindi essere trattate in maniera diversa da altre realtà.
Nell'ordine del giorno che reca per prima la firma del collega Giancarlo Giorgetti vengono affrontate...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Molgora.

DANIELE MOLGORA. ...questioni importanti (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

DANIELE ROSCIA. (Seduto fra i banchi del gruppo di rifondazione comunista-progressisti). Siamo d'accordo anche noi comunisti!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frosio Roncalli. Ne ha facoltà.

LUCIANA FROSIO RONCALLI. Intervengo per illustrare il mio ordine del giorno n.9/4297/10, che questo Governo ha accolto come raccomandazione.
Non ci facciamo molte illusioni quando il Governo decide di accettare un ordine del giorno perché sappiamo che il più delle volte ad una manifestazione di volontà positiva non segue poi l'attuazione di tale volontà. A maggior ragione, un ordine del giorno accettato come raccomandazione non mi fa stare molto tranquilla sulla possibilità di pervenire ad una soluzione del problema da me posto. E la sensazione che ne deriva è dell'inutilità della presentazione dello stesso!
Entrando nel merito del suddetto ordine del giorno, vorrei rilevare che esso fa riferimento ad un problema minimo per le casse dello Stato in termine di gettito erariale, mentre è un problema enorme per ogni singolo cittadino che lo deve affrontare: si tratta del pagamento di un canone demaniale sui ponti utilizzati per accedere all'abitazione da parte di quei cittadini che abitano in determinate zone le cui caratteristiche morfologiche non permettono altro modo di accedere alle proprie case, se non quello appunto di utilizzare quei ponti.
Ricordo che questo problema è già stato da me affrontato in quest'aula nel dicembre 1994, in sede di esame della legge finanziaria. In quel periodo, gli abitanti del comune di Erve si videro recapitare delle cartelle esattoriali per il pagamento di quella tassa sui ponti. Gli importi previsti in quelle cartelle esattoriali erano veramente astronomici se rapportati sia all'entità della costruzione (in ogni caso, è obbligatorio che questi cittadini debbano dotarsi di un ponte per poter accedere alle proprie abitazioni) sia all'entità dell'economia stessa della zona. Presentai un emendamento in aula che venne accettato: quindi, dal 1 gennaio 1995 la cosiddetta tassa sui ponti assunse la configurazione di un canone meramente ricognitorio, con un costo per ogni ponte - al di là della sua larghezza e lunghezza - di circa 240 mila lire. Oggi quel problema si ripropone poiché in queste ultime settimane gli stessi cittadini stanno ricevendo nuovamente altre cartelle esattoriali: queste riguardano il periodo che va dal 1990 al 1994; proprio perché dal 1995 in poi la situazione è stata sanata con la legge finanziaria.
La richiesta che ho rivolto a questo Governo con il mio ordine del giorno era la seguente: di impegnare l'esecutivo «a prevedere le misure necessarie affinché possa essere applicato il canone meramente ricognitorio anche alle annualità pregresse». Si trattava quindi di una richiesta veramente minima ma, purtroppo, questo Governo ha risposto solo con una accettazione dell'ordine del giorno come raccomandazione.
Anticipo sin d'ora - e ringrazio il sottosegretario Marongiu di essere presente


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in aula - che riproporrò quell'emendamento nella prossima finanziaria, con la speranza che il Governo forse abbia più tempo per meditare su quel problema e che finalmente esso venga risolto, perché non riguarda solo un comune, ma molti comuni che hanno le stesse caratteristiche di quello che ho appena citato. Esprimo tale punto di vista anche se, purtroppo, alcune voci di corridoio parlano già di una prossima fiducia sulla legge finanziaria: si tratterebbe quindi di una finanziaria blindata, che ancora una volta dovremo accettare a scatola chiusa! Spero di no!
Noi, comunque, continueremo a portare avanti la nostra battaglia di libertà, in difesa delle categorie più deboli e di tutti i cittadini padani.
Voterò a favore di tutti gli ordini del giorno presentati dai miei colleghi della lega nord per l'indipendenza della Padania perché sono tendenti a migliorare questo provvedimento, che a nostro giudizio presenta lacune ed imperfezioni di carattere tecnico-applicativo.
Noi, deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania, non abbiamo mai creduto all'affermazione del Governo secondo la quale questo provvedimento tenderebbe a realizzare un più marcato allineamento alle direttive comunitarie. Ricordo che è prevista la scadenza del 31 dicembre 1998: potevamo aspettare per riflettere e per capire meglio le norme e il nostro sistema, nonché...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Frosio Roncalli.

LUCIANA FROSIO RONCALLI. ...per attrezzarci (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Apolloni. Ne ha facoltà.

DANIELE APOLLONI. Signor Presidente, signor sottosegretario Marongiu, ci troviamo a discutere un provvedimento che viene fatto passare come una legge per l'armonizzazione delle aliquote IVA nell'ambito comunitario. Possiamo dire che in realtà non è così, perché esso ha l'obiettivo di modificare le aliquote IVA incrementando le entrate a partire dal 1 ottobre 1997. Dobbiamo domandarci perché questo decreto-legge, che è collegato alla manovra finanziaria del 1998, esplichi tutti i suoi effetti a partire dal 1 ottobre 1997. È facile intuirlo: sappiamo infatti bene - e questo ne è la controprova - che tale provvedimento tenta di sanare la situazione che si creerà alla fine dell'anno, quando mancheranno all'appello circa 6.000 miliardi di entrate!
Questa viene considerata la penultima finanziaria dell'anno 1997; ed è la quarta o quinta armonizzazione con le aliquote europee che però - guarda caso! - porta sempre ad un aggravio della pressione fiscale e della situazione economica delle famiglie e degli operatori economici.
Bisogna considerare soprattutto l'aumento delle aliquote dal 16 al 20 per cento nei settori dell'abbigliamento, delle calzature, delle materie prime e dei semilavorati per l'edilizia. Non vale affermare che l'aumento delle aliquote sull'abbigliamento venga compensato dalla concessione di contributi per il settore del commercio previsti dalla legge finanziaria. Non vale quel discorso perché sono diversi gli obiettivi e le vittime delle due misure: mentre l'aumento delle aliquote porta ad una riduzione del volume degli affari di tutti gli operatori, ma soprattutto ad un aggravio delle spese delle famiglie (poiché aumenta del 4 per cento il costo di beni fondamentali come abbigliamento e calzature), il fatto di concedere contributi ai commercianti va a favore di questa singola categoria e non della generalità dei consumatori.
Già il mio ordine del giorno n.9/4297/23, con il quale chiedevo appunto di ridurre l'aliquota dal 20 al 10 per cento, era finalizzato a ricordare che una parte consistente delle piccole e medie imprese padane danno lavoro a oltre il 50 per cento della presenza femminile nazionale. Questa IVA si sarebbe potuto anche adeguare


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all'anno successivo, tant'è vero che la vera armonizzazione nell'ambito dell'Unione europea dovrebbe essere decisa nel 1998. In quella sede, si sarebbe potuto eventualmente verificare se determinati beni potevano essere spostati ad un'aliquota ordinaria superiore.
Non ritengo quindi che quello sia un elemento positivo per la nostra economia e per l'inflazione! Il problema dell'aumento dell'inflazione determinata da questo provvedimento viene appena sfiorato da alcuni interventi. In realtà, questo sarà un costo che verrà addebitato soprattutto alle categorie di più basso ceto e di più basso reddito sulle quali, ad esempio, pesa molto più un aggravio del costo del settore tessile-abbigliamento.
Un articolo di questo provvedimento (e precisamente il terzo: che in sostanza prevede di annullare il meccanismo della fatturazione differita) ci sembra un'assurdità.
Nella relazione tecnica ci sono valutazioni secondo le quali questo intervento comporterebbe 1.100 miliardi in più nel 1997, ma ci si deve rendere conto che esso in realtà non è altro che aria fritta, dal momento che va spostare l'introito dell'IVA che si ha normalmente in un mese al mese precedente. Pertanto, quanto doveva essere incassato con l'IVA a gennaio viene spostato a dicembre.
Noi padani non vogliamo arrogarci il ruolo di virtuosi, ma è chiaro che la nostra cultura è quella del lavoro, del sacrificio, del risparmio e del rispetto delle istituzioni. La nostra cultura cattolica ha permesso quello che taluni definiscono miracolo, ma che miracolo non è. È solo la nostra morale del lavoro, è solo questa che ha tenuto rinsaldati i pilastri base della società che con la famiglia costituiscono tutti i rapporti che hanno dato a noi questa forza. Del nostro lavoro, però, si sono appropriati altri che ora ci disprezzano anche con questo provvedimento. Noi chiediamo solamente una cosa: che ad ognuno venga riconosciuta la parità dei diritti e dei doveri, quella parità dei diritti di cui all'articolo 3 della stessa Costituzione italiana, che è stata così male interpretata anche in quest'aula, credendo che la parità dei diritti volesse dire divisione sul territorio della ricchezza.
Tutto questo è amorale, immorale, se non peggio, da codice penale alla voce «furto». La secessione rappresenta oggi l'unico passaggio attraverso il quale...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Apolloni (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bagliani. Ne ha facoltà.

LUCA BAGLIANI. A proposito di diverse decine di migliaia di cartelle esattoriali inviate in questi ultimi mesi ai contribuenti padani, persino intervenendo in tema di IVA per l'accertamento induttivo, si stabilisce per l'ufficio l'obbligo, prima di dar luogo all'accertamento, di invitare il contribuente alla sottoscrizione della dichiarazione entro 30 giorni dal ricevimento dell'invito. È da ritenere che con la procedura di cui all'articolo 1, comma 9-ter della legge sull'IVA il legislatore non abbia inteso derubricare la conseguenza della mancata sottoscrizione da nullità a semplice irregolarità formale. Ne consegue che a giusto diritto sia in materia di IVA che di imposte dirette gli uffici dovrebbero inviare e invitare il contribuente a chiarire entro 30 giorni dal ricevimento dell'invito gli aspetti inerenti la contestazione. Ma nel caso in specie neppure questo si fa, nessuna chiarezza, nessun provvedimento, neppure in questo; solo e soltanto «spremitura» della Padania con innalzamento irresponsabile delle aliquote IVA!
E c'è sempre bisogno della magistratura civile, penale e tributaria, che aiuta, che chiarisce, che spiega e mangia il denaro pubblico dei padani. Ma certo, dobbiamo mantenere anche loro e l'apparato giudiziario italiano, che non fa giustizia e non reprime reati, ma li lascia impuniti. E allora, poveri «ulivastri», povero Ulivo, formato da un (Commenti di deputati della lega nord per l'indipendenza


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della Padania seduti fra i banchi del gruppo di rifondazione comunista-progressisti)...

PRESIDENTE. Colleghi, capisco l'ora tarda, ma vi prego di tenere un comportamento corretto!

LUCA BAGLIANI. ...ceto cattocomunista medio, anzi mediocre. Gente incolta, impreparata, rozza, tutti politici con mentalità piccolo-arrogante, cioè privi di cultura e di senso dello Stato, dato che si sa da che parte, per «intellighentistia» di sinistra, quasi tutti ex comunisti, rivestiti da liberal pseudo... Si sa dove è la loro cultura; dire cultura di sinistra è un pleonasmo, dato che ce ne è solo lì; dire cultura di destra è una bestialità, dato che i due sostenitori si escludono reciprocamente. Cose vecchie, un po' stucchevoli, ma note da tempo. La scolastica di regime «italiota» ne è tanto convinta che ha in poco tempo occupato tutti i pochi spazi ancora disponibili, le cadreghe di regime.
Ciò che più lascia convinti è la pretesa di dedurre da reali difficoltà del Polo la certezza che a sinistra non c'è senso dello Stato. Ora che in questo paese, rimasto estraneo al vero processo economico mondiale con cui sono nate le nazioni europee e gli Stati moderni - è questa la certezza - manchi quella religione civile che sta a fondamento del senso dello Stato, è cosa ovvia: «O Francia o Spagna, purché se magna (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)»! Tre secoli di occupazione straniera - prima la beffa dell'occupazione francese, poi i sovrani stranieri dopo il Congresso di Vienna - ne sono la prova.
Ma quando si è tentato di fare gli italiani, ossia di produrre un senso dello Stato e della solidarietà nazionale, si sono fatti solo «italioti». Solo in due momenti della nostra storia recente, il Risorgimento imposto, fatto e gestito soprattutto dalla classe politica di centro-destra, e il fascismo, che non a caso Gentile considerava un secondo Risorgimento, anche se lo fu più nelle velleità che nella realtà, meno nella sostanza che nelle apparenze parossistiche, grottesche e superficiali; tolti quei due momenti, entrambi...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bagliani (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ballaman.Ne ha facoltà.

EDOUARD BALLAMAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, prima di tutto desidero rivolgere un ringraziamento a chi con pazienza ascolterà questo intervento, come quelli successivi. Un ringraziamento particolare rivolgo alla Presidenza ed al sottosegretario Marongiu, che hanno la pazienza in questo momento di ascoltare interventi che sono dovuti, più che altro, ad un impeto, un eccesso dell'onorevole Mussi, che ha fatto rinascere un'opposizione e che per un attimo più che Mussi è sembrato tal «Mussi-lini», che ha voluto, praticamente in una deriva plebiscitario, cercare di diventare qualcosa che fortunatamente non è e speriamo non sia mai.
Ebbene, questo Governo si caratterizza per un fatto, si caratterizzerà nella storia per queste fiducie continue che ha voluto porre. Ribattezzando il «Galbani vuol dire fiducia», sicuramente Prodi «vuol dire fiducia», perché arrivare ad una serie di ventisette, ventotto, trenta fiducie in così pochi mesi è sicuramente un record. E questo non lo si deve di certo ad una fortissima opposizione da parte del Polo, che si è risvegliato solo nelle ultime 48 ore, mentre in precedenza solo la lega era riuscita a fare la sua opposizione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Abbiamo quindi una serie di provvedimenti, soprattutto di carattere fiscale ed economico, che ci lasciano estremamente stupefatti. Si dice che l'IVA si è dovuta incrementare per riguardo alla normativa europea. Si dice che si è inventata l'IRAP per fare una semplificazione. Per quanto riguarda provvedimenti come quelli per il


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Banco di Napoli e la Sicilcassa, si è detto che sono stati fatti per salvare i dipendenti ed i risparmiatori. Ebbene, a me sembra che tutto questo invece abbia un'altra finalità, anche perché, tanto per fare un confronto con il Banco di Napoli e la Sicilcassa, per chi abbia voglia di leggersi qualche giornale, ricordo che Yamaichi, la più famosa banca del Giappone, è fallita e non vi è stato un intervento di Stato che abbia dovuto «spremere» la classe produttiva per arginare situazioni di questo genere.
Non si potranno accusare i giapponesi di non capire nulla di economia, anzi ce la possono insegnare. Guarda caso, però, il problema del Banco di Napoli e quello della Sicilcassa non sono gli unici; infatti, una vicenda identica si è verificata nell'area friulana a proposito della Creditna Banca. Ebbene, in quest'ultimo caso la soluzione è stata quella di arrestare gli amministratori e di chiudere l'istituto bancario. Noi non auspichiamo che si adotti la stessa soluzione per Creditna Banca e per il Banco di Napoli; tuttavia, non comprendiamo il motivo per cui nessun amministratore del Banco di Napoli e della Sicilcassa sia stato ancora inquisito (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Si è affermato che tra il 1996 ed il 1997 non vi sia stato alcun incremento delle tasse perché l'eurotassa era una tantum. Ora, invece, si dichiara che fra il 1997 ed il 1998 non vi sarà incremento di tasse perché l'eurotassa viene meno. Però, l'importo dell'eurotassa viene assorbito dagli aumenti dell'IVA. Dunque, un anno si prevede una tassa una tantum, l'anno successivo la si elimina ma si aumenta un'altra tassa, e così vi è invarianza di gettito, solo che i cittadini continuano a pagare (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Ballaman.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Balocchi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BALOCCHI. Prima di entrare nel merito della materia relativa all'IVA, volevo soffermarmi brevemente sull'ottimo successo che lei, signor Presidente, ha ottenuto con il suo intervento sui comunicati dei telegiornali RAI. Ho seguito attentamente le trasmissioni: in venticinque secondi sono riusciti a parlare di ciò che avviene alla Camera, dedicando poi alcuni minuti al bisticcio tra il ministro Dini e Di Pietro nell'ambito dell'Ulivo. Ecco, questo è il sistema italiano dell'informazione di Stato (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)! L'unico sistema che invece dobbiamo trovare è quello di smettere di pagare il canone alla RAI, perché i servizi pubblici sono tali quando abbracciano tutta l'informazione e non solo quella che interessa al regime di Stato (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Per quanto riguarda il provvedimento sull'IVA, vi ricordo un vecchio proverbio: «chi troppo vuole, nulla stringe», e questo è ciò che il Governo ha ottenuto ponendo la ventisettesima questione di fiducia della sua storia. Se questo passo falso non fosse stato compiuto, a quest'ora saremmo tutti altrove ed il Governo avrebbe tranquillamente «incassato» l'approvazione del decreto-legge. Tuttavia, senza scomporci, andremo avanti ancora per qualche giorno, tanto l'unico vantaggio che si è ottenuto da questa situazione è il ricompattamento della minoranza, la quale si è resa conto che non deve essere solo la lega a fare opposizione, ma che ciò spetta anche al Polo. Questo è l'unico risultato che il presidente del gruppo della sinistra democratica è riuscito ad ottenere, quello di far rivivere all'interno della Camera una minoranza che sappia comportarsi da opposizione, ponendo un freno al regime di Stato.
Ho ricevuto in casella, come molti altri colleghi, una lettera dell'associazione artigiani di Mestre, in cui è scritto: «Con il


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recente aumento dell'aliquota IVA per i settori del tessile, dell'abbigliamento e delle calzature, passata dal 16 al 20 per cento, la situazione per le aziende contoterziste di questi comparti si è ulteriormente aggravata. I subfornitori, infatti, sono tenuti a versare l'IVA allo Stato prima ancora di aver ricevuto il pagamento. Per questo è indispensabile che nel testo di legge in discussione si stabilisca l'obbligatorietà del versamento dell'IVA allo Stato da parte delle aziende subfornitrici solo dopo l'avvenuto pagamento della fattura».
Ho risposto via fax a questa associazione che, grazie alla ventisettesima fiducia del Governo, non è stato neanche possibile prendere in esame la loro richiesta che sembra altamente giustificata, a meno che non si voglia procedere facendo chiudere le imprese sane e mantenendo in piedi quelle sovvenzionate.
Si è parlato di armonizzazione delle aliquote dell'IVA. Ebbene, lo si è fatto portando dal 16 al 20 per cento l'IVA sull'abbigliamento, così come al 20 per cento è stata portata l'aliquota IVA per il settore edilizio. In compenso, però, abbiamo ottenuto lo sconto di venti lire a pastasciutta: infatti, si è ridotta al 6 per cento l'IVA sui sughi. Se raccontiamo queste cose all'estero, diventiamo la barzelletta nazionale. Nel momento in cui si provvede agli incentivi per l'edilizia, si colpisce tale settore in maniera pesante, paralizzando ulteriormente il mercato e rendendo impossibile qualunque tipo di soluzione. Il Governo, comunque, procede per la sua strada; attenderemo la ventottesima richiesta di fiducia ed andremo avanti con un unico vantaggio: forse, da questo momento, l'Italia si renderà conto che in Parlamento esiste una realtà nuova che si chiama minoranza (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Roscia. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. (Stando fra i banchi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti). Presidente, questa sera io e qualche amico della lega nord per l'indipendenza della Padania abbiamo sentito colleghi del Polo, anche di forza Italia, pronunciare con sicurezza l'espressione «per l'indipendenza della Padania» (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Mi auguro che questo sia il riconoscimento della sacrosanta battaglia che stiamo conducendo, nonostante l'oscuramento dei mass media. Noi infatti non abbiamo le reti Mediaset (Commenti dei deputati Mammola e Biondi) che usualmente rilanciano una posizione o un'opposizione che non esiste. Questa sera, qualche compagno, che di solito siede tra questi banchi, affermava che i nostri colleghi del Polo non avrebbero resistito ad un'opposizione che solo noi della lega nord per l'indipendenza della Padania sappiamo fare (Commenti del deputato Franz). Ebbene, questa sera sono contento di assistere ad una svolta; una svolta che vi ha fatto maturare dopo due anni di «acqua di Fiuggi» e di altre considerazioni. Se vogliamo, anzi se non vogliamo morire sotto le fauci dei Mussi, dei Bertinotti e dei Cossutta, dobbiamo rilanciare un messaggio che vada bene a coloro che nella Padania non rincorrono più i richiami che vengono da Arcore per sostenere gli imprenditori professionisti.
Siamo qui, in questi banchi, a ricordare all'onorevole Bertinotti, che forse è caduto in disgrazia, che l'IVA colpisce la povera gente. Abbiamo tanti Solone che insegnano all'università, magari scienza delle finanze; tuttavia, anche insegnando economia domestica, si può dire alla gente che l'IVA è un'imposta regressiva che colpisce la povera gente. Dove sono i compagni di rifondazione comunista? Si fanno sostituire da colleghi come chi vi parla, che ormai sono lontani anni luce dalle sconsiderate posizioni da terzo mondo che intendono rappresentare. Forse - ahimè - anche la povera gente avrà capito che questi Solone sono qui solo per mantenere qualche seggio in più in Parlamento.


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Abbiamo assistito alla strategia messa in atto sotto l'abile regia dell'attuale Presidente della Camera, che è molto furbo, nella sua faziosità, a non farsi scorgere.
La strategia che illustra a questa maggioranza, la quale è un'accozzaglia di posizioni politiche non omogenee, è quella di far esaminare i provvedimenti prima al Senato, dove ci sono meno problemi, e poi alla Camera con tutti questi sotterfugi, magari lasciando parlare le opposizioni ed arrivando poi a chiedere la fiducia.
Amici dell'opposizione, vi abbiamo lanciato più di una volta un segnale per sostenere un'opposizione coerente. Se è vero allora che in quest'aula non esiste mai una maggioranza numerica, il fatto di non votare e di far mancare il numero legale è un'arma sacrosanta (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Signor Presidente, apprendiamo dai giornali che lei vuole cambiare il regolamento e toglierci qualche soldo. Lei pensa che un gruppo determinato come il nostro sia venuto a Roma per portare a casa qualche 300 mila lire in più?

DANIELA SANTANDREA. Bravo!

DANIELE ROSCIA. Presidente, questo è un oltraggio alla nostra figura, alla nostra volontà (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Lei può toglierci tutto l'appannaggio. Ci ha minacciato di metterci in galera, figuriamoci se abbiamo paura di perdere qualche soldo! Noi saremo comunque su questa posizione ed invito i colleghi del Polo e di alleanza nazionale a prendere lezioni. Se questo ramo del Parlamento...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Roscia.

DANIELE ROSCIA. ...non ha la maggioranza, venga sciolto e tornino tutti a casa (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barral. Ne ha facoltà.

MARIO LUCIO BARRAL. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, premetto che anch'io darò il mio voto favorevole a tutti gli ordini del giorno presentati sia dal Polo sia dalla lega nord per l'indipendenza della Padania.
Desidero svolgere due considerazioni. La prima è che ho sentito con piacere in tutta la giornata di oggi il Polo nella sua interezza pronunciare per intero il nome del nostro gruppo: lega nord per l'indipendenza della Padania e questo non può che farci piacere (Applausi dei deputati dei gruppi della lega nord per l'indipendenza della Padania e di alleanza nazionale).

DANIELE ROSCIA. Grazie Polo!

MARIO LUCIO BARRAL. Questa settimana abbiamo appreso con piacere anche che il centro-destra ha scoperto la sua vocazione, cioè quella di fare opposizione, quella opposizione che comunque la lega nord per l'indipendenza della Padania in questa legislatura ha sempre garantito. Spero che questo strumento, così ben adottato dal Polo e dalla lega nord per l'indipendenza della Padania in questo frangente, sia da monito a questa maggioranza spavalda e supponente che in campagna elettorale, nel chiedere il voto ai cittadini, dichiarò che non avrebbe aumentato le tasse. Sei mesi dopo le elezioni, invece, questa maggioranza, con il suo esecutivo a governare la nazione, ha iniziato con la prima manovrina, se ricordate di 65 mila miliardi, con una finanziaria chiesta a suo tempo con la fiducia, nella quale vi era anche la norma secondo cui chi aveva diritto ad andare in pensione ed aveva un lavoro, o andava appunto in pensione oppure, qualora avesse continuato a lavorare, non avrebbe percepito la pensione. Ciò ha creato gravi problemi, soprattutto nel comparto artigiano che da sempre conduce una battaglia contro l'abusivismo. Questa operazione,


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infatti, ha fatto sì che l'abusivismo aumentasse notevolmente, soprattutto nel comparto artigiano.
Siamo arrivati poi a tutte quelle manovre che sono state attuate nel 1997. L'ultima, quella sull'IVA, che stiamo discutendo, creerà gravi problemi al comparto produttivo, agli artigiani, agli agricoltori, ai lavoratori, perché penalizzerà decisamente il portafoglio e, quindi, la sopravvivenza delle famiglie. Se è vero, come è vero, che le buste paga dei lavoratori, dipendenti ed autonomi, non sono variate, con la pressione fiscale che questa maggioranza ci ha imposto in questi due anni si è creata, di fatto, più povertà. Mi viene quindi spontaneo pensare che questo Governo e questa maggioranza, che ama particolarmente i poveri, non perda l'occasione per crearne dei nuovi.
Questa solerte maggioranza alza il pugno ad ogni piè sospinto del Governo, per dare il suo voto favorevole alla rottamazione, a questo decreto sull'IVA, al Banco di Napoli, alla Sicilcassa, sicuramente alla scellerata finanziaria, che non faranno che indebolire il vero comparto produttivo, composto da artigiani, commercianti, agricoltori, lavoratori dipendenti i quali si sentiranno sempre di più lontani da...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianchi Clerici. Ne ha facoltà.

GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, intervengo anch'io in dichiarazione di voto sugli ordini del giorno presentati dai colleghi del mio gruppo, peraltro non su quello che recava la mia firma, visto che è stato dichiarato inammissibile anche se vorrei ricordare che riguardava un problema di notevole importanza, in quanto era inerente al trasporto scolastico.
Anch'io voterò a favore degli ordini del giorno del mio gruppo, anche alla luce del fatto che quello in esame è sicuramente un provvedimento iniquo, che penalizza in particolare i piccoli artigiani ed i commercianti, tant'è vero che la Confindustria ha taciuto e tace sulla valenza di questa normativa.
Il decreto penalizza in particolare modo i consumatori ed in prima istanza quelli della Padania. Oggi in un intervento di fronte alla stampa che circola in questo Palazzo, il presidente del mio gruppo ricordava che, a consumi invariati, questo decreto avrà un'incidenza di circa 300 mila lire per le famiglie del nord e di 200 cento mila lire per quelle del sud, le quali evidentemente potranno godere di altri tipi di agevolazioni. Si tratta quindi di un decreto che respingiamo in toto, come credo sia stato evidenziato anche dai colleghi che hanno fatto parte del Comitato dei nove ed hanno maggiormente seguito l'iter del provvedimento.
Oggi pomeriggio e questa sera abbiamo sentito moltissimi colleghi del Polo dipingere in quest'aula un fosco quadretto sul regime dell'Ulivo che sta avanzando e devo dire che francamente, alla luce di quanto tutti noi abbiamo visto dalla televisione o dal vivo nei giorni scorsi in merito alla vicenda degli agricoltori, questo rischio probabilmente si prospetta davvero. Quando alcuni giorni fa il Presidente del Consiglio Prodi, di fronte agli allevatori della Padania che minacciavano azioni forti, anche di blocco di strade ferrate o di autostrade, ha immediatamente alzato la mano dicendo che bisogna punire chi ostacola la libera circolazione dei cittadini. Questo è verissimo, perché nessuno ha diritto di creare intralci, ma credo che tutti noi ci ricordiamo molto bene che negli anni passati le forze sindacali hanno più e più volte portato gli operai a compiere simili azioni, soprattutto quelli delle grandi aziende in crisi, magari di quelle stesse aziende che chiudevano al nord perché i proprietari trasferivano, con l'accordo dello Stato, tutte le proprietà ed il lavoro al sud. Quegli operai hanno spesso e volentieri bloccato le autostrade, senza che la polizia intervenisse con i manganelli e senza che nessuno al Governo si permettesse di cercare di bloccare con la forza la loro attività (Applausi del deputato Alborghetti).


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Un altro aspetto che trovo rilevante e che si affianca al contenuto di questo decreto è che un Governo di centro-sinistra, che dovrebbe avere a cuore la difesa delle istanze dei più deboli, pone nel provvedimento al nostro esame un'aliquota del 20 per cento - maggiorata rispetto a quella precedente - sull'acquisto di autoambulanze, mentre fa sconti per altri tipi di consumi, sicuramente meno rilevanti. Chiaramente ciò va contro il buonsenso, perché sappiamo che spesso e volentieri le autoambulanze vengono comprate anche grazie ai contributi di benefattori privati.
Ma una tale disposizione è in linea con i provvedimenti contenuti nella legge finanziaria che verrà esaminata dall'Assemblea nei prossimi giorni. In queste ore sto studiando i dossier e vedo che, ancora una volta, si tagliano centinaia di miliardi nel comparto della scuola, mentre nel collegato si dice che il Governo propone incentivi ed aiuti particolari per gli studenti portatori di handicap (come se fosse la prima volta): peccato che poi questi interventi sono complessivamente di un importo pari a 12 miliardi nel 1998 e di poche lire in più per gli anni successivi (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vascon.Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch'io apro il mio intervento dichiarando il mio voto favorevole sul complesso degli ordini del giorno presentati.
Questo Governo sin dai primi giorni del 1996, in campagna elettorale, andava girando di piazza in piazza e diceva a tutti i possibili ed eventuali elettori che non avrebbe aumentato le tasse, che avrebbe praticato una particolare oculatezza in materia di politica fiscale, riservando attenzione alla piccola e media impresa.
Purtroppo, alla luce dei fatti, le bugie hanno le gambe corte. Il Governo si sottrae ai suoi impegni proprio nei confronti di quelle imprese che producono oltre il 70 per cento del prodotto interno lordo, dimenticando così tutte le promesse preelettorali. Anzi, l'attuale politica del Governo affossa totalmente quel comparto che fino ad oggi ha mantenuto in vita economicamente questo paese.
Ciò che mi rammarica maggiormente è la politica economica che l'esecutivo persegue. A tale proposito si può sempre far riferimento ad un'immagine che viene comoda in questi momenti, quella della coperta corta: quando si rimbocca, scopre i piedi.
Uno degli esempi più significativi è il congelamento dell'IVA in restituzione alle aziende veneto-padane. Il ministro delle finanze Visco ha disposto il congelamento fino al 31 dicembre, ritardando così le restituzioni ed anticipando le entrate. Teoricamente si potrebbe - e dico: si potrebbe - avere un ipotetico risparmio, ma di fatto le imprese, le aziende veneto-padane non hanno energie sufficienti per investire e per continuare il loro esercizio. Quindi non sono in grado di garantire la loro stessa esistenza.
Si verificheranno, pertanto, due effetti, entrambi purtroppo drastici. Il primo: continuerà ed anzi aumenterà la fuga delle nostre aziende, crescendo giorno dopo giorno la delocalizzazione delle stesse in paesi comunitari ed extracomunitari. Si creeranno così nuovi vuoti occupazionali e nuovi, freschi, fragranti disoccupati! Il secondo: si assisterà alla chiusura definitiva di aziende purtroppo da tempo in apnea, non certo per loro volontà o per incapacità gestionale, quanto piuttosto per il perdurare di una politica governativa che volutamente ignora la realtà del paese, che invece di dare un minimo di effettivo riscontro alle istanze delle stesse fa il gioco delle tre scimmiette (non vedo, non sento e non parlo) (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Credevo che un Governo di centro-sinistra avesse insito nella propria natura un senso di equità sociale, estesa sia al comune cittadino sia a chi crea ed offre


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occupazione. Purtroppo i fatti smentiscono le mie aspettative: anche questo Governo, come i precedenti, protegge volutamente quel popolo di furbi, di lestofanti che attraverso le solite note astuzie, peraltro legalizzate, evita e sfugge ogni tipo di controllo ed ogni prelievo fiscale.
Ciò che è ancor più grave è la miopia del Governo, che per risolvere i suoi problemi di bilancio applica aggiornamenti ed aumenti dell'IVA su beni di comune uso quotidiano, rendendo così ogni giorno sempre più dura e difficile la vita dei comuni mortali, mentre le categorie agiate e ricche non vengono, ancora una volta, sfiorate. Così facendo, questo Governo dimostra la propria incapacità di governare e invece di promuovere forme di effettivo risanamento economico (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Vascon.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosco. Ne ha facoltà.

RINALDO BOSCO. Onorevoli colleghi, signor sottosegretario, parlando di IVA vorrei affrontare anche un altro argomento, quello del popolo che ci sostiene, il popolo delle partite IVA.
Il popolo delle partite IVA inizia ciascun anno andando a versare una tassa per poter lavorare. Non parlo di un tassa sugli utili, commisurata ai redditi, ma una tassa per cominciare a lavorare!
È un po' come quando si gioca a poker, che si comincia mettendo l'invito: ebbene, le nostre aziende devono recarsi presso gli uffici finanziari ed iniziare a versare questa tangente allo Stato per poter produrre. Ciò è incredibile, indegno, immorale (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!
Noi non ci rivolgiamo solamente ai cittadini che dovranno subire gli aumenti e le nuove aliquote, ma anche a chi produce, alla parte produttiva del paese che risiede al nord e che si identifica con la Padania.
Si tratta di gente che conosce ogni giorno le avversità nell'esercizio di una professione o nella gestione di un'azienda, di un esercizio commerciale, in un mondo sempre più competitivo, che non ammette errori e non ha indulgenza. Noi, in questo Parlamento, pensiamo solo che sono evasori e cerchiamo di imporre nuove tasse oppure, aumentando le aliquote, di rendere più difficili la produzione e la spesa dei beni.
Voglio qui ricordare un mio ex collega, il mio socio in uno studio: mi riferisco al signor Bozzi Colonna Fulvio. Non lo ricordo perché è morto, ma perché sta cercando di chiudere lo studio. Non ne possono più i nostri professionisti ed i nostri imprenditori! Non possono sopportare ulteriori tasse, balzelli ed imposte!
Noi viviamo in una società in cui ci sono due soci: uno che non lavora, che non ha mai lavorato, che non ha mai impegnato i propri quattrini nell'azienda ma che comanda, e un altro che lavora per chi comanda e non sa come si lavora. Questo socio è lo Stato. La gente ci domanda perché parliamo di secessione: ma che cosa ce ne facciamo di un socio di questo genere, per il quale lavoriamo fino al mese di settembre e di ottobre, che non ci aiuta, che ci frappone continuamente degli impedimenti, che manda nelle nostre aziende la Guardia di finanza, con i mitra e non con le calcolatrici? E la Guardia di finanza tiene ferme le nostre aziende per mesi e mesi, scartabellando dovunque, ma per cercare cosa? L'evasione? No, signori, non è una questione di evasione.
Il fatto è che questo Stato spende e continua a spendere, e non si rende conto che è il momento di cominciare a frenare la spesa, e non di andare a cercare gli evasori, che ormai non ci sono, o almeno in Padania non ci sono più o sono pochi. Il leader della maggioranza ricorda certamente di aver detto che, se al sud si andassero a cercare anche gli evasori, si metterebbe il dito nella piaga e non ci sarebbero più nemmeno quelli che lavorano in nero. Io credo che se tutti pagassero le tasse, tutti pagheremmo di


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meno. Invece al sud i contrabbandieri scioperano e al nord la Guardia di finanza entra nelle case, butta per aria tutto e impedisce alla gente di lavorare. Si aumenta anche l'IVA, tanto l'IVA cos'è?
Molti anni fa, quando avevo uno studio e lavoravo per il terremoto del Mezzogiorno, davanti ad una delle mie prime parcelle presentate (sappiamo che l'IVA è entrata in vigore nel 1974) il segretario comunale, quando ha visto in fondo alla parcella l'IVA, mi ha chiesto che cosa fosse. E io gli ho risposto che era una tassa che si pagava al nord. Questa è la realtà di questo paese! Queste sono le cose che pesano (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gambato. Ne ha facoltà.

FRANCA GAMBATO. Presidente, anch'io voterò a favore di tutti gli ordini del giorno presentati della lega nord per l'indipendenza della Padania.
Abbiamo presentato anche emendamenti importanti e propositivi per cercare di modificare un provvedimento che riteniamo assai nefasto ed iniquo. Un provvedimento per l'armonizzazione delle aliquote IVA che non avrà certamente come finalità quella di limitare l'evasione complessiva dell'IVA, ma semmai quella di incentivarla. Il ministro, conoscendo il quadro complessivo dell'evasione dell'IVA, avrebbe potuto fare uno sforzo per condurre una lotta seria al fine di contenere l'evasione soprattutto in alcune aree del paese, come ricordava il collega Bosco poco fa.
Questo provvedimento, in realtà, tenta di sanare la difficile situazione che si presenterà alla fine dell'anno, quando mancheranno all'appello nei conti dello Stato diverse migliaia di miliardi. Ciò si fa, però, con un provvedimento ingiusto, che aumenta pesantemente le aliquote IVA, penalizzando gravemente settori importanti e fondamentali dell'economia, quindi anche la spesa delle famiglie. Si aumenta per esempio del 4 per cento il costo di beni fondamentali come abbigliamento e calzature. Se questo è il fine principale del provvedimento, bisognerebbe chiedersi quali saranno gli effetti per le casse dello Stato italiano che da esso deriveranno.
Nella relazione tecnica che accompagna il decreto-legge sono contenute valutazioni secondo le quali il provvedimento determinerebbe un introito di 1.100 miliardi in più già nel 1997. Ci rendiamo conto ancora una volta che si tratta di aria fritta, dal momento che si sposta semplicemente l'introito che normalmente si ottiene in un mese al mese precedente, quindi si considera incassato con l'IVA a dicembre ciò che si sarebbe dovuto considerare incassato a gennaio. È, insomma, il solito stile che si segue nei ministeri finanziari dello Stato italiano, che continua a praticare l'artificio di bilancio di anticipare gli introiti, che in realtà, dal punto di vista quantitativo, non sono certo una fonte di maggiore introito. Si tratta di un'alchimia contabile tra le tante a cui abbiamo assistito per truccare il bilancio, in modo da far vedere che vi sono state delle entrate che in realtà non sono tali ma vengono solo spostate da un anno all'altro.
Senza considerare (il Ministero non ha mai fatto chiarezza su questi aspetti) quali problemi tecnici gravissimi comporta il provvedimento in esame per le imprese, non tanto e non solo per quelle che effettuano cessioni dirette, ma soprattutto per le cosiddette operazioni triangolari. Si vogliono caricare le imprese di aliquote superiori e non si tiene conto dei problemi tecnici che si scaricano sugli imprenditori, che incontrano già innumerevoli problemi burocratici.
Noi denunciamo l'iniquità della politica sociale seguita dal Governo, il quale afferma di essere vicino agli interessi soprattutto delle classi più deboli mentre in realtà con questo provvedimento colpisce pesantemente tali classi (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Michielon.Ne ha facoltà.

MAURO MICHIELON. Presidente, molto spesso lei richiama in quest'aula la parola democrazia e fa riferimento al Parlamento. Le chiedo onestamente se ritenga dignitoso per questo Parlamento che una seduta si svolga alla presenza solo dell'onorevole Pistelli (che ringrazio), dell'onorevole Servodio (che è segretario di Presidenza) e dell'onorevole Tassone. Credo che un Parlamento che voglia chiamarsi ancora in questo modo dovrebbe sospendere la seduta per far sì che la maggioranza arrogante, capeggiata dall'onorevole Mussi, venga in quest'aula ad ascoltarci. Oltre a chiedere a gran voce la fiducia, la maggioranza non ha neppure il buongusto di stare qui ad ascoltare le nostre ragioni!
Sono convinto che molte volte il potere ubriachi. Penso che l'onorevole Mussi sia molto ubriaco e che non si accorga di quello che sta succedendo. L'onorevole Mussi non vede quello che lei invece sa bene, Presidente, cioè che da mesi in quest'aula manca il numero legale, che è stato mantenuto solamente grazie ai famosi 35 parlamentari che erano puntualmente alla bicamerale e che, insieme a quelli in missione, portavano le missioni a 70. Questa è la realtà, onorevole Presidente, e lei la conosce bene.
Quanto all'articolo 48-bis (ne discuteremo in Ufficio di Presidenza), ritengo che non valga più la pena di discutere delle sanzioni nei confronti dei deputati che non votano, perché il problema è essere presenti in Parlamento, partecipare ai lavori parlamentari e condurre la propria battaglia, se necessario ostruzionistica. Qui si vuole impedire anche di fare questo e lei lo sa bene, Presidente, e lo sa meglio di me. Infatti la scorsa settimana mi sono permesso di sollevare il dubbio che, essendo il decreto sull'IVA collegato alla finanziaria, il Governo avrebbe posto la questione di fiducia e lei mi ha risposto che non era così. Puntualmente, invece, la questione di fiducia è stata posta.
Ritengo che lei sia in estrema difficoltà, Presidente, perché un Presidente dovrebbe mediare tra le parti, ma per farlo occorre la volontà di raggiungere questo scopo. Ho l'impressione che questa maggioranza la tenga come ostaggio, perché non è possibile né ammissibile che si voti per la ventisettesima volta la fiducia senza discutere.
Lei continua a dirci che dobbiamo partecipare, discutere, non fare ostruzionismo, ma la maggioranza non ci dà alcun segnale di volontà di discutere. Questa maggioranza ha fretta, ha fretta e pensa con la fretta di far bene: invece, sta solamente inasprendo i rapporti. Le dico la verità: l'anno scorso l'opposizione non ha votato la legge finanziaria, e non so come andrà con la legge finanziaria di quest'anno. Le premesse sono pessime. Il collega Roscia ha già detto che non facciamo un discorso di diaria: lo riteniamo un ricatto, ma soprattutto lo riteniamo un insulto se viene usato come sistema per imporre all'opposizione di fare la parte della maggioranza. Questa maggioranza manca, mediamente, di 60-70 deputati, e lo si deve dire. La televisione non lo dice e probabilmente non lo dirà mai neanche Prodi, ma questa è la realtà, Presidente.
Ricordo ai colleghi una cosa che lei sa meglio di me: la fiducia, ieri, è passata per 13 voti, due dei quali dati dall'opposizione, quindi in realtà la maggioranza è riuscita a superare lo scoglio della fiducia per 11 voti. Presidente, penso che ci sia molto da riflettere se si vuole ancora trovare il dialogo. Se si vuole andare allo scontro, noi sicuramente non lo subiremo: non siamo mai stati abituati a subire gli scontri, vorremmo il dialogo, quello vero però (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.

FABIO CALZAVARA. Desidero ringraziare i presenti, soprattutto i funzionari e


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gli impiegati della Camera (Applausi) per il lavoro straordinario che stanno eseguendo. Desidero ringraziare i presenti e anche gli ascoltatori di Radio radicale, qualora ce ne fossero, spiegando le motivazioni di questa seduta fiume.
La questione è basata su un punto economico importante come l'IVA, che incide per oltre il 20 per cento su gran parte dei prodotti che compriamo ogni giorno; però, dal mio punto di vista, è anche un punto di lotta per la libertà, di democrazia, perché è sempre più chiaro che questa democrazia - che noi della lega nord per l'indipendenza della Padania abbiamo sempre criticato perché bloccata - sta assumendo connotati illiberali, i connotati di un regime vero e proprio. E questo proprio con l'avvento al potere della sinistra, una sinistra che si è sempre battuta strenuamente, almeno quanto la lega, per la democrazia, per poter parlare, per poter spiegare, per poter portare avanti i propri ideali. Ma adesso proprio la sinistra ci dice che non dobbiamo fare l'opposizione come la stiamo facendo. Questo è un voltafaccia, è un tradimento dei propri ideali che deve essere reso noto, perché noi non facciamo altro che il nostro dovere: a estremi mali estremi rimedi. Quando vi sono provvedimenti illiberali e non ci sono altri mezzi che l'opposizione o far mancare il numero legale, questo è un nostro diritto: è stato un diritto vostro e mi auguro sarà sempre un diritto dell'opposizione, come estremo rimedio a quella che ritiene un'ingiustizia.
È necessario sottolineare che proprio quella sinistra che ha sempre difeso e difende la libertà dei popoli - e teniamo a sottolineare che difende anche i popoli che lottano con le armi -, che difende la lotta armata per l'indipendenza dei popoli...

DIEGO ALBORGHETTI. Illuso!

FABIO CALZAVARA. ...in questo caso non accetta le nostre proposte sulla discussione sull'autodeterminazione. Qui tiro in ballo la colpa, che per me è una colpa grave, della mancanza di coraggio, di chiarezza e di coerenza da parte sua, signor Presidente Violante. Questo ha provocato e provocherà una risposta sempre più dura, perché non si uscirà da questo regime e da questa bancarotta dello Stato né con il vostro sistema né con qualsiasi altro sistema. Abbiamo visto che, nella storia italiana, si è provato a dirigere questo Stato in maniera sempre centralista, passando dalla monarchia al fascismo e alla democrazia centralista democristiana: adesso siamo in una democrazia bloccata, che si sta trasformando in regime, da parte della sinistra, e le cose stanno continuamente precipitando, perché non vi è la partecipazione diretta dei popoli che compongono questo Stato. I popoli che compongono questo Stato è chiaro che esistono, come è riconosciuto in tutto il mondo. La mia nazionalità veneta è chiarissima ed io mi identifico nella Padania, perché purtroppo per il momento solo i popoli della Padania, le nazioni della Padania, rispondono ed hanno capito, nella maggior parte, il problema di cambiamento istituzionale di questo Stato. Ma ormai ci sono segnali che anche altri popoli, anche altre nazionalità del sud Italia e di tutta Europa stanno comprendendo che non è possibile continuare a venire gestiti da centri distanti e distaccati dalle realtà culturali.
Proprio mentre ci si avvia verso la mondializzazione, proprio mentre si entra nelle economie libere di mercato, questo desiderio, questo sentimento, questa dignità, questi diritti delle nazionalità oppresse e misconosciute devono essere valorizzati, per non perdere quel senso di umanità e di cultura (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Calzavara. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, in attesa che sia stabilito l'importo del riscatto, come diceva prima il collega Michielon, per il


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Presidente, utilizzo il breve tempo che mi è concesso per approfondire gli effetti che questo provvedimento ha su parti della Padania che molto spesso vengono dimenticate.
Come lei ben sa, Presidente, in paesi con tradizioni parlamentari ben più antiche della nostra come per esempio la Gran Bretagna, che ha la Camera dei comuni, ad ogni parlamentare, alla fine della seduta, è concesso uno spazio per discutere i problemi del collegio, per approfondire e portare avanti proposte atte a risolvere le difficoltà che si incontrano di giorno in giorno e di anno in anno. Noi, purtroppo, questa tradizione non l'abbiamo e siamo costretti ad utilizzare questi piccoli scampoli, questi ritagli nel dibattito parlamentare per cogliere l'occasione e sfruttare la presenza di un Governo troppo spesso sordo ai problemi reali, problemi che in questo caso riguardano il 70 per cento del gettito dell'IVA. Stiamo infatti parlando della Padania, della grande Padania (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Ma stiamo anche parlando, nella fattispecie, per quanto riguarda la zona che mi pregio di rappresentare, di persone che contribuiranno con 300 mila lire annue pro capite a questo gettito, mentre in altre zone del meridione d'Italia si contribuirà in misura del 30 per cento inferiore. Però teniamo presente che le popolazioni della val Camonica, del mio collegio, si trovano a dover affrontavre tutti i giorni problemi molto simili, perché i dati ci dicono che vi è il 25 per cento di disoccupazione, oltre ad una grande tendenza, direi doverosa, necessaria, ad emigrare, perché mancano i posti di lavoro, perché voi avete voluto così: voi avete spopolato la montagna, voi avete approvato una legge che è rimasta inattuata, voi avete continuato l'opera di colonizzazione, riducendo un'intera area territoriale ad un semplice punto di esperimento per la Guardia di finanza, per i nuovi modi di controllo e di verifica sulle piccole aziende artigiane e sui commercianti. Voi avete voluto che la gente emigrasse, chiudendo le scuole, chiudendo le poste, chiudendo ogni piccolo presidio e servizio pubblico!
Noi qui stiamo discutendo degli ordini del giorno e ricordo che il Governo - il cui rappresentante qui ora sta leggendo attentamente qualcosa che probabilmente attiene poco a questo dibattito, invece di ascoltare il mio intervento - era stato impegnato formalmente dal Parlamento ad attuare entro il 31 luglio 1997 misure di giusto risarcimento - perché noi non siamo qui per elemosinare, per chiedere (Applausi del deputato Alborghetti), ma per ottenere il nostro diritto - a favore di quelle imprese artigiane, di quei commercianti, di quei lavoratori, misure che poi non sono arrivate. Anzi, oggi lo stesso Governo dice a queste persone - a noi tutti - che sono costrette a pagare un'IVA maggiorata sui generi di largo consumo, che sono costrette ad incontrare maggiori difficoltà per quanto riguarda uno dei fattori più importanti della nostra economia, quello della subfornitura, che aspetta ancora una legge che è impantanata a causa vostra (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Caparini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cavaliere. Ne ha facoltà.

ENRICO CAVALIERE. Presidente, colleghi, vorrei dedicare questo intervento e il nostro impegno in queste ore agli allevatori della Padania, che stanno trascorrendo un'altra notte al freddo per difendere le loro aziende, e con esse il futuro dei loro figli, dalle truffe di Stato rappresentate dalle false quote, distribuite per immettere sul mercato latte mai munto in stalle inesistenti da mucche fantasma.
Per quanto riguarda la materia che stiamo trattando, stiamo intervenendo su un corposo numero di ordini del giorno dopo che il Governo ha posto la questione di fiducia su questo decreto, nonostante il


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nostro gruppo avesse deciso di sacrificare oltre 200 emendamenti, per consentire la valutazione e quindi la votazione di quelli ritenuti più qualificanti. Il Governo si è espresso in termini negativi anche per quel che riguarda gli ordini del giorno di cui stiamo discutendo, ma noi speriamo che con questi nostri interventi il Governo si ravveda ed esprima per lo meno una valutazione differente in futuro.
Siamo infatti fermamente convinti che questo provvedimento sia estremamente negativo e rappresenti un modo in più per garantire effetti permanenti all'una tantum rappresentata dall'eurotassa, che non potrà più essere applicata dal prossimo anno. Come giustificare altrimenti la data del 1 ottobre decisa per l'entrata in vigore degli aumenti dell'IVA, se non con la necessità di far quadrare i conti per centrare gli obiettivi dell'Europa di Maastricht? Ancora oggi, però, abbiamo notizia che la banca centrale tedesca, la Bundesbank, ipotizza un'Europa a due velocità e la cosiddetta Italia, nella sua deleteria unità, viene collocata nella «serie B» di questa Europa. Il 3 per cento del rapporto debito-PIL potrà anche essere raggiunto con i trucchi di bilancio, con gli artifici di bilancio, ma sarà duro far accettare ai partner europei un consolidamento del debito pubblico, che galoppa verso i 2 milioni e mezzo di miliardi.
Con questo provvedimento noi in realtà siamo fuori dall'Europa. Siamo fuori da un sistema competitivo con le nostre aziende costrette ad avere un socio di maggioranza, lo Stato, al 57 per cento, tale infatti è la pressione fiscale cui sono sottoposte le imprese.
L'aumento delle aliquote IVA creerà nuovi problemi ai cittadini, che vedranno, con maggior peso in Padania, aumentare a parità di consumi i costi che le famiglie dovranno sostenere: sono stati quantificati in circa 300 mila lire per i nuclei familiari della Padania e un 30 per cento in meno, intorno alle 210 mila lire, per quelli del sud.
L'aumento dell'IVA metterà in crisi anche i settori commerciali; penso ai negozi, che già soffrono per il mercato non proprio vivace e che saranno costretti a chiudere per mancanza di clienti. Il tanto sbandierato calo dell'inflazione a questo punto potrà essere considerato nient'altro che effetto deflattivo, ovvero una spirale che porta inesorabilmente alla crisi economica causata dal crollo del mercato interno. Con le difficoltà già illustrate che le imprese incontreranno nell'esportazione a causa della sempre più scarsa competitività, il cerchio sarà concluso e potremo dire addio all'Europa, per lo meno quella che intendiamo noi della lega nord per l'indipendenza della Padania e non certo quella delle strette di mano dei Capi degli Stati nazione.
Non riuscirete, signori del Governo italiano, a convincere i padani che i sacrifici che state imponendo sono la soluzione alla situazione disastrosa in cui si trova questo Stato nazione. Non ci riuscirete mai se non dimostrate - e non lo state dimostrando - di sapere aggredire il mostro di sprechi e costi smisurati rappresentato dallo Stato centralista. Nessuno può promettere di non aumentare la pressione fiscale a struttura dello Stato invariata. Nessun Governo potrà evitare mai, con questa forma di Stato, di caricare sulle spalle della Padania i costi del mancato sviluppo delle aree del Mezzogiorno, causato da centinaia di migliaia di miliardi svaniti negli anni nella voragine dell'assistenzialismo di Stato. Penso, Presidente, a un mio emendamento dichiarato inammissibile per estraneità di materia, volto all'esenzione di comuni, province e regioni dal regime dell'IVA: basta solo questo per capire la propensione al cambiamento che aleggia nei palazzi di Roma.
Ma non si preoccupi il segretario D'Alema, impegnato nella corsa parallela al traguardo europeo e a quello di palazzo Chigi: forse a maggio, in qualche modo e con un po' di trucchi contabili, potrà tagliare il primo traguardo, ma non riceverà di certo dal pubblico, dai cittadini l'incoraggiamento ed il sostegno necessario a raggiungere il secondo traguardo

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(Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Noi ci troviamo qui questa notte a parlare di una manovra sull'IVA che di fatto non aveva carattere di urgenza; una manovra che di fatto è stata collegata a quella della finanziaria. Però, ha avuto un percorso separato, al punto che è entrata in vigore addirittura, mi sembra, il 30 settembre, molto in anticipo rispetto ai tempi della manovra finanziaria.
Non c'era nemmeno quell'urgenza di armonizzazione con le aliquote europee, perché ricordiamo che la normativa europea prevedeva tale armonizzazione entro il 1998. Non solo, ma tra l'altro prevedeva addirittura le aliquote che poi sono state applicate a certi settori dal Governo, prevedeva addirittura delle aliquote inferiori a quelle di partenza, ad esempio per quanto riguarda l'abbigliamento.
La verità vera è quella che è stata già detta da altri colleghi che mi hanno preceduto, che c'è stato solo un anticipo di entrate certe. Si va a prendere i soldi con manovre di questo tipo, che sono assolutamente vessatorie, ma che assicurano un gettito certo, un modo che assicura che i cittadini siano tenuti a sborsarlo.
Non a caso questa notte parlo dai banchi della maggioranza, anzi addirittura da quello di D'Alema. Mi vergogno un po' ad essere sincero, perché D'Alema è sempre stato, a suo dire, il portatore delle istanze dei lavoratori, della gente povera. Invece, ha dimostrato - e lo sta dimostrando sempre di più - di essere un uomo solo e unicamente di potere, estremamente ambizioso. E lo testimonia anche questa manovra, che va ad incidere sulla tassazione indiretta, che per antonomasia è la tassazione che colpisce tutti i cittadini e della quale addirittura soffrono di più i ceti più deboli.
Nella sostanza, poi, vediamo quali settori sono stati colpiti in particolar modo: l'abbigliamento, le calzature e comunque il commercio in generale e l'edilizia. Andiamo a vedere anche come si è intervenuti realmente. Si aumentano le aliquote - il che porterà ad una riduzione del commercio di questi beni - però nello stesso tempo si interviene, attraverso altri provvedimenti, prevedendo incentivi per l'edilizia, come la detrazione fiscale del 41 per cento inserita nella finanziaria.
Si prevedono addirittura interventi a favore del settore delle calzature e via dicendo. Ma qual è la logica che guida questi interventi? È esclusivamente una logica centralista e di potere.
Il signor D'Alema, con la sua congrega di gente a cui della sinistra, dei lavoratori e della gente comune non gliene frega più niente, sta facendo tutta questa manovra supportato dai mezzi di informazione, da una stampa subdola e da collaboratori. Mi riferisco in particolar modo al dottor Zuliani, presidente dell'ISTAT e amico stretto di Prodi, che sa truccare così bene i conti dello Stato ed è in grado di far risultare un'inflazione molto inferiore a quella reale; si sta cercando di far mangiare questo cibo indigesto ai cittadini italiani senza che questi di fatto se ne rendano conto in maniera edotta ed esauriente.
Tutto ciò è assolutamente non democratico ed inaccettabile. Certo, a quest'ora i cittadini non ci possono seguire, però comincino a dubitare di tutti coloro che oggi hanno in mano il Governo! E comincino anche a diffidare dei presidenti delle loro associazioni, che fino ad ora sono stati complici di tutti i Governi che li hanno schiavizzati. E ciò vale ancora di più per questo Governo sedicente di sinistra, ma assolutista ed antidemocratico (Applausi dei deputati dei gruppi della lega nord per l'indipendenza della Padania e di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.


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GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel premettere che voterò a favore degli ordini del giorno vorrei brevemente ricapitolare la storia politica dicendo che nel passato una formazione (allora si chiamava lega nord) disse con orgoglio: vado via perché non vengono rispettate le istanze e i motivi per cui era stata fatta l'alleanza.
Io mi trovai allora in Parlamento a pensare che chi andava per le strade a professare «meno tasse più servizi» e chi diceva che i problemi di quest'Italia venivano risolti anche perché forse si cambiava tipo di politica (il problema non era quello della destra o della sinistra ma del federalismo o del contralismo), forse erano quelle persone che avrebbero risolto il grave problema di quest'Italia.
Debbo dire con amarezza che non ho visto niente di tutto questo. Siamo qui tutti i giorni e vediamo che c'è chi tenta di raschiare il fondo del barile e di prelevare dalle tasche della gente gli ultimi pochi spiccioli rimasti. Devo anche dire che forse, attraverso un'azione subdola, c'è qualche tassa in meno ma vi sono dei tagli spaventosi che colpiscono direttamente la povera gente.
Ci troviamo dinnanzi a delle azioni compiute da un gruppo di persone che io ritenevo fossero vicine alla gente, con un modo di pensare che forse avevano nel passato ma che non vedo ora in questi banchi dove oggi si trovano. Da questi banchi, poche ore fa ha parlato Mussi in una maniera che suonava pressappoco così: parlate pure che tanto poi ci pensiamo noi! Ha parlato con quel disprezzo nei confronti dell'opposizione, che ho sentito entrare dentro. Scherzosamente io chiamo l'onorevole Mussi «Adolfo» perché dal punto di vista fisico gli assomiglia (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania), ma devo dire che questa «parte» piano piano gli entra dentro anche come psicologia. Ebbene, questo uomo che strutturalmente è piccolo (magari sarà anche grande come testa ma comunque è piccolo) fa talmente arrabbiare quest'Assemblea che poi accade che ci troviamo qui, alle tre di notte, a raccontarci le storielle su un decreto che non avrebbe dovuto e potuto esserci. Un decreto che è stato messo lì tanto per andare a recuperare la famosa tassa sull'Europa, perché altrimenti questa non sarebbe stata una tantum ma due tantum! Ed allora prendiamoli da lì. È facendo così che si mettono in crisi tantissimi settori: da quello dei floricoltori a quello dell'edilizia, a quello dei viticoltori e via dicendo.
Mi domando come sia possibile che una forza che ha detto: facciamo di quest'Italia un'Italia federale, con i numeri che aveva e con la possibilità che aveva di fare politica qui dentro, venga oggi ancora a dire alle opposizioni (in questo caso all'unica opposizione che è rimasta in questo Parlamento, quella della lega nord)... Pare che oggi sia un po' cambiata la solfa, comunque non c'è da fidarsi di nessuno (Applausi del deputato Alborghetti)! Noi non ci siamo mai fidati di nessuno e continuiamo a dire: Roma-Polo e Roma-Ulivo, e questo perché il minimo comune denominatore è sempre Roma. Il cambiamento nasce ma voi sarete soggetti a fare ciò che fate da sempre e cioè raschiare il fondo del barile perché questa è l'unica politica che si può fare con un Governo centralista.
Ed allora la nostra rivoluzione - e non quella che Mussi chiama terrorismo - è una rivoluzione vera, un cambiamento, è l'auspicio di trovarsi in un nuovo Stato, in una Padania, in una regione dell'Europa dove forse magari la Liguria rimarrà anche autonoma. In quel momento forse riusciremo a combinare qualcosa di nuovo, altrimenti si continuerà con 450 miliardi a Gioia Tauro, con 500 miliardi a Bagnoli, con la Sicilcassa e via dicendo, per pagare quei debiti che pagavano i democristiani e che oggi siete costretti a pagare anche voi, se volete andare avanti. È questo il dramma: avete i De Mita (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.


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CESARE RIZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi (pochi per la verità), signor sottosegretario, intervengo per dire che sono contrario a tutti i miei colleghi della lega nord e agli altri colleghi favorevoli agli ordini del giorno.
Fino a prova contraria la lega è l'unica forza politica che ha sempre presentato una marea di emendamenti tesi a migliorare i decreti emanati dal Governo, decreti la cui fine tutti vediamo quale sia. A mio avviso questo Governo fa acqua da tutte le parti e poiché questo è un Governo che è destinato a fallire, non vedo per quale ragione la lega debba sostenerlo e dare ad esso dei suggerimenti. È per tale motivo che sono contrario!
Questa maggioranza - l'abbiamo visto stasera - ha recitato, come diceva il collega che mi ha preceduto, l'ennesima commedia. Mussi ha fatto l'ennesima commedia di convocare la maggioranza per le ore 23 pensando che le minoranze abbandonassero l'aula.
È noto a tutti che negli ultimi mesi - e alcune televisioni hanno avuto anche il coraggio di dirlo - grazie ad una parte della minoranza è stato possibile mantenere il numero legale. Un numero legale che, lo ripeto, soprattutto negli ultimi periodi, la maggioranza non è in grado di mantenere.
L'intervento fatto dal capogruppo del PDS... Dico capogruppo del PDS, ma ancora per poco perché penso che se D'Alema ha un po' di testa lo farà fuori entro domani. Il capogruppo del PDS infatti ha costretto l'Assemblea a lavorare tutta la notte, ma non la lega! La lega infatti se ne frega; può star qui anche due giorni consecutivamente a parlare. Noi siamo abituati a far comizi da tutte le parti e pertanto non abbiamo alcun problema.
Questo provvedimento, grazie a noi, tarderà; passerà senz'altro, ma tarderà. Vorrei fare un po' la diagnosi di ciò che ha fatto ultimamente questo Governo, il quale ne ha combinate di tutti i colori.
Quando un Governo arriva a chiedere per ventisette-ventotto volte la fiducia...

DANIELE ROSCIA. Trenta!

CESARE RIZZI. ...quando un Governo chiede la fiducia lo fa perché è un Governo che non dà fiducia (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Infatti, se continua a chiedere la fiducia, è fuori di dubbio che non dà fiducia.
Guarda caso ha chiesto la fiducia su dei provvedimenti molto rilevanti come quello sul Giubileo, grande «ladrata» di 3.500 miliardi più 1.400 miliardi (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

DIEGO ALBORGHETTI. Cesare, vai duro!

CESARE RIZZI. In parole povere sono partiti circa 5.000 miliardi per il Giubileo. Vi è stato poi il provvedimento sulla Sicilcassa, che la maggioranza ha dovuto barattare con una certa parte della minoranza per garantirsi il numero legale, e quello sul Banco di Napoli.
Insomma, ne sono state fatte di tutti i colori grazie ai suoi ministri! Se dovessi fare un elenco di quello che i ministri hanno combinato ultimamente, penso che finirebbero su Il Corriere dei piccoli!
Ricordo che, circa un anno fa, ho dovuto riprendere il ministro Andreatta in aula perché, mentre si parlava di un suo provvedimento concernente la difesa e mentre ci si occupava di suoi emendamenti, dormiva. Successivamente mi ha detto che ha una malattia. Ma allora la smetta di fare il ministro, a un bel momento, perché è scandaloso che un ministro si addormenti in aula mentre si esaminano i suoi provvedimenti! D'altra parte l'ho visto in televisione poco tempo fa mentre passava in rassegna delle truppe e penso che dorma anche quando cammina.
Non parliamo poi del ministro della sanità, che è finita nella trasmissione Striscia la notizia perché non sapeva cosa fosse l'epatite B. Un ministro della sanità non sapeva cosa fosse l'epatite B!


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Il ministro dell'interno Napolitano poi ne ha combinate di tutti i colori, ultimamente. Faccio questi esempi solo per esaminare rapidamente quello che sta facendo il Governo. Il ministro Napolitano, mentre si esaminava il decreto sugli immigrati, è venuto in Commissione un mattino e ci ha detto testualmente...

PRESIDENTE. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

DIEGO ALBORGHETTI. Bravo, Cesare!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciapusci. Ne ha facoltà.

ELENA CIAPUSCI. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento con una massima che recita: l'unica maniera di scoprire i limiti del possibile è oltrepassarli e finire nell'impossibile. Onorevoli colleghi, sembra che questo Governo ci stia riuscendo bene, come dimostrerò nelle quattro chiacchiere che faremo fra di noi, visto che l'unico ascoltatore appartenente ad un altro gruppo presente questa notte in aula è l'onorevole Mammola.
Con questo provvedimento il Governo dimostra ancora una volta la sua totale incapacità. Nascondendosi dietro alla farsa della necessità di semplificare il sistema tributario e gli adempimenti fiscali - anche se non basta parlarne perché tali interventi si riversino nella vita quotidiana dei contribuenti e degli operatori economici; e va detto che anche in questo campo l'informazione viene falsata - questo Governo si limita a fare un conteggio meramente contabile, consistente in un anticipo nella riscossione dei tributi. Tuttavia, ciò comporterà una diminuzione delle entrate per l'anno prossimo. Probabilmente questo è un calcolo che il Governo non ha fatto, a meno che l'anno prossimo non pensi di inventare nuovi balzelli, sempre che sia possibile avere della fantasia in questo campo.

DANIELE ROSCIA. Ne ha, ne ha!

ELENA CIAPUSCI. D'altronde la fantasia ci deve essere, altrimenti non si sa come coprirà i buchi presenti nel prossimo bilancio e che tutti gli anni aumentano.
L'eccessiva voglia del Governo di far apparire i conti del bilancio italiano in regola di fronte all'Unione europea penalizzerà in modo irreparabile il sistema economico nazionale, che è già stato minato dal periodo di recessione. Sventolare la bandiera del contenimento dell'inflazione, quando questa è il risultato di un periodo di recessione che tra l'altro dura ancora oggi, rappresenta una umiliazione alla intelligenza di coloro che valutano i provvedimenti. Eppure il Governo Prodi pensa che qualcuno ci creda ancora, oppure crede realmente in quello che dice e questo, come dicevo in precedenza, è segno di una totale incapacità.
Con il provvedimento in esame si aumentano le aliquote, il che determinerà una diminuzione della capacità di acquisto delle famiglie ed un conseguente abbassamento del tenore di vita in Italia.
All'articolo 3, lettera a), si modifica l'articolo 21, quarto comma, secondo periodo, della legge n.633 del 1972, che concerne l'emissione delle fatture delle forniture di beni e di servizi, anticipandone la stesura e l'emissione entro il 15 del mese successivo. Sempre nell'articolo 3, lettera b), concernente la registrazione delle fatture, si anticipa il termine della registrazione al mese di consegna e di conseguenza si anticipa il versamento dell'IVA dovuto dagli imprenditori.
Si tratta quindi solo di anticipi delle riscossioni. Se qualcuno non si rende ancora bene conto di quanto sia preoccupante l'ammontare del debito pubblico, lo invito a leggere il comma 1 dell'articolo 6-bis il quale recita: «Per le procedure concorsuali in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non si applicano le sanzioni di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, e all'articolo 92 del decreto


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del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602, né gli interessi, a condizione che l'imposta dovuta venga versata in un'unica soluzione entro trenta giorni». Questo significa ...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ciapusci (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolo Colombo. Ne ha facoltà.

PAOLO COLOMBO. Signor Presidente, mi scusi se non assumerò toni polemici o consoni ad un ruolo strettamente di opposizione, perché oramai il nostro scopo lo abbiamo raggiunto. Il mio intervento vuole essere un tentativo di parlare francamente e schiettamente e di instaurare un dialogo con lei per capire se abbiamo ragione noi ad opporci a questo decreto o se è giusta e corretta la posizione della maggioranza che tende a convertire in legge il decreto.
Quindi, parlando con lei vorrei capire quale di queste due posizioni sia quella corretta. Ritengo sia più corretto opporsi con tutti i mezzi, perché convertendo questo decreto-legge non arrechiamo alcun beneficio allo Stato italiano e ai suoi cittadini, ma riusciamo solo a rinviare nel tempo la soluzione di alcuni problemi che non siamo in grado di risolvere oggi. E tra qualche anno, quando l'effetto di questa imposizione aggiuntiva verrà annullato a causa dell'aumento dei costi strutturali che questo Stato non riesce a controllare e a ridurre, ce ne renderemo conto. Quindi, impedendo la conversione del decreto-legge, ci mettiamo nella condizione di affrontare prima, e quindi forse in modo migliore, i problemi che il provvedimento non risolve.
Il Governo Prodi, che è un Governo a termine, come lo stesso Presidente del Consiglio ha sempre detto, e che è un Governo per l'Europa, chiaramente ci porterà in Europa grazie ai seguenti provvedimenti: anticipo di entrate, aumento di imposte «una tantum, una semper» e rinvio nel tempo delle spese. Ma si tratta di artifizi contabili; parlo dei 170 mila miliardi di residui passivi o dei 140 mila miliardi di anticipazione di tesoreria dell'INPS nascosti e non registrati nel debito pubblico. Sono questioni su cui non mi soffermo perché le conosce bene anche lei.
Parlo di questo decreto, che è una manovra correttiva causata dal mancato introito del gettito IVA previsto: l'incremento, invece che del 9 per cento, è stato del 3 per cento per cui mancava qualche migliaio di miliardi che, con l'entrata in vigore del decreto dal 1 ottobre, vengono recuperati assestando un gettito previsto nella misura di 5-6 mila miliardi per gli esercizi finanziari successivi. Tutti questi che ho elencato sono elementi che non toccano il vero problema, quello del costo dello Stato italiano, che forse è quello che costa di più al mondo in termini di debito pubblico, di interessi sul debito, in termini di personale, in termini di burocratizzazione e di inefficienza che obbliga i cittadini tutti, in particolare quelli padani, a concorrere al loro pagamento.
Questa situazione non è sostenibile nel tempo e, prima o poi, i nodi verranno al pettine, per cui è meglio affrontare prima questi problemi. Il Governo Prodi avrà fine quando entreremo in Europa, ma bisognerà vedere cosa accadrà dopo. Non è meglio affrontare prima questi problemi e cercare di capirli, magari sedendosi a tavolino? Non ci sono vie d'uscita continuando con questo sistema, cioè aumentando le tasse e rinviando le spese e di fatto opprimendo la società, quella che produce e favorisce una crescita economica in termini diffusi. Cosa dobbiamo fare per venirne fuori? Prendiamo atto che lo Stato italiano comprende realtà territoriali sociali ed economiche diversissime tra loro, che difficilmente riescono a coesistere in questa situazione. È un dato di fatto da cui partire e di cui occorre prendere atto, cercando di sviluppare le parti del territorio storicamente più arretrate, mantenendo però il livello di benessere di quei territori che se lo sono


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costruito (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Comino. Ne ha facoltà.

DOMENICO COMINO. Signor Presidente, è con qualche preoccupazione che intervengo perché, stante l'attuale dislocazione dei deputati del mio gruppo all'interno di quest'aula, non so se domani avrò ancora un gruppo di cui essere presidente. Al momento credo che il gruppo di più probabile formazione potrà essere quello dei comunisti padani, visti i banchi che occupano i nostri deputati (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Intanto vi ringraziamo per la pazienza che dimostrate perché fa parte del divenire di questo Parlamento e devo dire che da parte nostra non c'è rancore alcuno né nei confronti della Presidenza né nei confronti del sottosegretario, però in politica i ruoli si giocano così come vengono imposti da eventi che non riusciamo a controllare.
Signor Presidente, io vengo da una zona d'Italia che più volte ho definito «ai confini dell'impero»: lì, intorno all'anno mille, si diffuse una cultura popolare prevalentemente dialettale, che credo lei conosca perché mi dicono che sia appassionato di montagna. Mi riferisco alla cultura occitana, fatta di scambi culturali ed economici attraverso le Alpi, pur con i mezzi difficoltosi di cui si disponeva in quegli anni. Ebbene, uno studioso di cultura occitana tempo fa mi ha inviato alcune reperti delle sue ricerche, tra cui una cantata popolare di un trobaire in occitano, di un trovatore, di un menestrello perché questo era il modo, per quelle collettività, di comunicare tra loro senza incorrere nelle ire funeste della Santa Inquisizione romana. Si faceva politica con un sentimento fortemente anticlericale, fortemente anticapitolino perché è destino storico che gli umili se la prendano con i potenti di turno. Non esisteva ancora lo Stato italiano, c'era il papa re, oggetto delle mire dei trobaires. Questa cantata si intitola in francese Rome tricheuse. Non esiste una traduzione letterale italiana, mentre in piemontese c'è un'ottima assonanza, per cui la traduzione immediata è Roma trassona, cioè in italiano «Roma che bara». A distanza di mille anni forse la situazione fotografata da quell'oscuro trobaire occitano pare sia immutata: anche su questi provvedimenti vi è la tendenza a barare sui conti pubblici.
Ho sentito dire da alcuni esponenti della maggioranza che questo provvedimento è essenziale, è il pilastro della manovra economica (la metà della manovra sulle entrate) ed è fondamentale per l'ingresso della lira nell'euro. Ammesso e non concesso che sia così, non si parla dei soldi che recupereremo da questo decreto poiché non tutti andranno a risanare i conti dello Stato per centrare l'obiettivo del rapporto deficit-PIL al 3 per cento; anzi sicuramente una parte sarà destinata ad aumentare il sistema delle risorse dell'Unione europea, in quanto proprio la contribuzione diretta degli Stati nazionali al bilancio dell'Unione europea ha determinato il gettito nazionale dell'IVA.
La seconda osservazione è che si innesca automaticamente un'artificiosità di bilancio, visto che, come al solito, si anticipano le entrate di cassa e si posticipano le spese. Questi due effetti congiunti non avranno efficacia alcuna in uno degli obiettivi prioritari del Governo, quello del rilancio dello sviluppo abbinato al risanamento dei conti pubblici (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Copercini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI COPERCINI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, deputati che con estremo stoicismo resistete in quest'aula insieme ai commessi e ai funzionari in un orario normalmente destinato ad altre attività, penso proprio


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che i miei colleghi del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania abbiano già ben illustrato la nostra avversione a questo provvedimento. Da parte mia, quale primo firmatario del primo ordine del giorno e firmatario di altri due ordini del giorno...

DIEGO ALBORGHETTI. Alza la voce!

PIERLUIGI COPERCINI. Purtroppo ho anche l'influenza!
Non voglio entrare nel merito di ciascun ordine del giorno dato che si commentano da soli ed una mera ripetizione del loro contenuto offenderebbe la stima che ho delle vostre capacità di comprensione, ancorché assopita dalle circostanze notturne. Sarebbe ancora inutilmente dispendiosa, dato lo scarso tempo a disposizione, che peraltro intendo utilizzare per illustrare uno dei principali criteri ispiratori che motivano la nostra posizione e la fatica, peraltro comune, connessa a questa maratona di parole contro l'orologio che scandisce inesorabilmente il suo passo.
Il nostro ordinamento costituzionale, il regolamento della Camera - che noi stessi ci siamo dati e che abbiamo recentemente modificato - definiscono quelle che potremmo definire le «regole del gioco»; le regole di un gioco democratico dove una maggioranza sostiene un Governo presentando provvedimenti graditi o concordati con una maggioranza che lo sostiene nell'ambito di un disegno programmatico, di obiettivi da perseguire, ottemperando contemporaneamente alle esigenze gestionali della macchina dello Stato che, lo dobbiamo ricordare, ha sempre il compito di far tornare al cittadino azionista quei servizi essenziali per ottenere i quali si pagano in genere tributi, tasse e gabelle sotto tutte le forme.
L'opposizione, invece, più o meno organizzata, magari occasionalmente, ha il dovere di contrastare queste scelte quando le stesse vanno contro il patto che lega il rappresentante del popolo ai cittadini che l'hanno qui deputato, appunto per portare le loro istanze, sulla base di un diverso modo di vedere la res publica e la sua gestione. Le regole del gioco quindi vanno sempre rispettate; almeno così fanno i gentiluomini, tanto più se il gioco si fa duro e la posta importante.
Il nervosismo che aleggia rende palese una sostanziale incapacità e quindi un'insicurezza a reggere il gioco duro, sia pure contenuto nell'ambito di precise regole, caratteristica questa di tenzoni maschie e leali. È la conferma, se ce ne fosse il bisogno, che questa sinistra, pur infarcita di moderati (così si autodefiniscono) dai colori sfumati che sono personaggi del sistema e del potere, ha paura di governare ma soprattutto non ha il coraggio di parlar chiaro con la gente, di dire pane al pane e vino al vino. Ha forse il timore di essere smascherata nel suo piano di occupare il potere per il potere, portando avanti progetti e piani...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Copercini.
Constato l'assenza del deputato Covre, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dalla Rosa. Ne ha facoltà.

FIORENZO DALLA ROSA. Presidente, colleghi, signor rappresentante del Governo, nel dichiarare il mio voto favorevole sul complesso degli ordini del giorno presentati non posso dimenticare che il Governo Prodi durante la campagna elettorale girò tutte le piazze ed entrò in tutte le case dicendo una frase che ancor oggi risuona nelle orecchie di molti: non aumenteremo la pressione fiscale. Dichiarò anche che avrebbe riservato particolare attenzione alle piccole e medie imprese, ammettendo quindi implicitamente che queste erano, e sono, il vero asse portante dell'economia del paese. Purtroppo, fin da subito, questo Governo venne meno a tutte le promesse elettorali ed anzi tutti i provvedimenti presi sono andati nella direzione esattamente opposta a quanto promesso.
Il Governo Prodi ha sì riservato una particolare attenzione alle piccole e medie


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imprese, ma per assestare loro un colpo da KO, per lasciare loro due sole possibilità: quella di chiudere o quella di scappare all'estero, come troppo spesso sta accadendo negli ultimi tempi anche in Padania.
Un esempio del tipo di politica economica che questo Governo pratica è il congelamento dei rimborsi IVA alle aziende venete, che il ministro delle finanze ha recentemente disposto. A questo proposito il sottoscritto è ancora in attesa della risposta ad un'interrogazione urgente presentata circa un mese e mezzo fa alla quale il ministro delle finanze avrebbe dovuto dare una risposta, venendo in aula. Sono ancora in fiduciosa attesa.
Attuando il sistema dei trucchi contabili e cioè ritardando la restituzione e anticipando le entrate si possono ottenere risultati economici solo teorici; di fatto alle imprese ed alle aziende padane non restano più energie da investire, né da permettere la loro continuità e la loro esistenza.
Credevo anch'io che un Governo di sinistra avesse connaturato nel proprio DNA un senso di equità sociale, sia nei confronti del comune cittadino, sia di chi crea occupazione. Purtroppo i fatti smentiscono le mie aspettative e probabilmente quelle di molti altri cittadini, perché anche questo Governo, come i precedenti, protegge volutamente i furbi che, attraverso le solite furberie, sfuggono a ogni tipo di controllo.
Ciò che è ancora più grave è la miopia di questo Governo che, per risolvere i suoi problemi di bilancio, applica aggiornamenti alle aliquote IVA su beni di quotidiano consumo, rendendo così ogni giorno sempre più dura e difficile la vita dei cittadini. Mentre alcune categorie ancora una volta non vengono minimamente sfiorate, questo Governo dimostra la propria incapacità di governare e, invece di promuovere forme di effettivo risanamento economico, ricalca le orme dei suoi predecessori, che negli anni ha contestato ed accusato, e di fatto non propone, un cambiamento ma impone soltanto il proprio potere.
Concludo auspicando una revisione delle posizioni assunte le quali, se non modificate, di certo condizioneranno ancora irrimediabilmente le nostre piccole e medie imprese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, vorrei rassicurare il presidente Comino che domani avrà ancora un gruppo parlamentare. Quello che mi preoccupa è il mio collega Formenti che, sedendo nei banchi del Governo non vorrei che avesse scambiato questo Parlamento con quello della Padania, del quale è un ministro. Vorrei perciò richiamare il mio collega.
Signor Presidente, devo elevare una protesta formale nei suoi confronti, una protesta ferma. Lei oggi ha leso un mio diritto personale: avevo presentato un'interrogazione alla quale il ministro Prodi aveva detto che avrebbe risposto in aula. Lei non mi ha permesso di chiedere al Governo quei chiarimenti che vogliono i cittadini che stanno protestando anche in queste ore, come mi risulta, nei vari presidi della Padania. Spero che sia la prima e l'ultima volta che in quest'aula si nega un diritto ad un parlamentare, anche perché in questi giorni, signor Presidente, di diritti negati si è parlato spesso. In quest'aula, in questi giorni ho sentito varie volte citare l'agricoltura, prendere le difese di questo comparto. Non vorrei che tutti i colleghi a cui l'agricoltura sta a cuore fra pochi giorni se ne dimentichino; abbiamo visto che è stato sempre così e che sempre il Governo ha emanato provvedimenti estremamente negativi per questo settore.
Ritornando all'argomento di oggi, abbiamo visto che ancora una volta l'agricoltura è penalizzata. Mi chiedo, signor Presidente, se il Governo si renda conto, per esempio, che siamo il primo produttore di vino mondiale. Le chiedo, signor


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Presidente, se considerare il vino come un bene voluttuario e quindi aumentare l'IVA su questo prodotto vada incontro alle esigenze di aziende che sono fortemente penalizzate anche dalle normative comunitarie. Vorrei ricordarle che, se adesso vi è la battaglia del latte, fra poco vi sarà quella del vino.

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, la informo che dispone ancora di un minuto e mezzo di tempo.

GIANPAOLO DOZZO. Vi sarà poi il problema della BSE: il Governo, dopo un anno, ha diminuito l'IVA zootecnica, però non l'ha portata allo stesso livello degli altri paesi europei. In Francia, per esempio, l'IVA sulla carne è al 4 per cento; in Inghilterra, allo zero per cento e in Irlanda all'1 per cento. Qui siamo ancora al 10 per cento! Se vogliamo mettere nelle stesse condizioni i nostri allevatori e i nostri produttori, dobbiamo avere gli stessi parametri anche dell'IVA.
Per non parlare poi dei settori del tessile e del calzaturiero.
Signor Presidente, la prego di avvertirmi quando mancano dieci secondi al termine del mio intervento.
Signor Presidente, non ho visto alcuno dei grandi gruppi tessili e dell'abbigliamento elevare proteste per l'innalzamento di un punto dell'IVA. Non vorrei che qualche gruppo tessile avesse, con questo aumento dell'IVA, fatto uno scambio per qualche concessione di nuove autostrade Non vorrei che vi fossero già degli accordi sottobanco presi dal Governo, visto che da parte di questi settori - lo ripeto - non sono state elevate clamorose proteste.

PRESIDENTE. Mancano dieci secondi allo scadere del tempo a sua disposizione, onorevole Dozzo.

GIANPAOLO DOZZO. Da ultimo, signor Presidente, vorrei ricordare e ringraziare tutto il personale della Camera che, in maniera diligente, sta assolvendo al proprio compito e al proprio lavoro (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Guido Dussin, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin.Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Presidente, inizio il mio intervento usando queste parole: ci risiamo, sono state aumentate le tasse per l'ennesima volta!
Il motivo per il quale stiamo discutendo in questo momento penso sia chiaro a tutti: consiste nel fatto di voler continuare a tenere unite due economie che sono completamente diverse tra loro e che, ovviamente, generano dei costi che dopo devono essere ripianati aumentando l'IVA, anticipando le entrate e via discorrendo. Questo nella sostanza è il grosso problema che noi abbiamo sottolineato e sottolineiamo più volte. Non è - lo voglio precisare - un problema che riguarda solo la nostra Penisola ma, se andassimo a vedere che cosa sta succedendo ad esempio in Europa, ci accorgeremmo che anche là vi è la necessità di creare un'Europa a due velocità, in modo che una non venga rallentata inevitabilmente dall'altra. Questo peraltro non preclude la possibilità di recuperare quei paesi che dovranno entrare in Europa necessariamente dopo. È inevitabile che succeda questo: ad esempio, il Portogallo e la Grecia, pur appartenendo dal punto di vista geografico all'Europa, sono invitati ad entrare dopo perché, altrimenti, frenerebbero l'Europa, che attualmente sta producendo ed ha un altro tipo di politica economica e sociale.
Lo stesso fatto dovrebbe verificarsi qui da noi: la Padania, che è un territorio che dal punto di vista economico potrebbe a pieno diritto entrare da subito nell'Unione europea, deve poter essere lasciata libera di scegliere; viceversa, non solo la Padania ma neppure il centro e il sud dell'Italia, considerati unitamente, entrerebbero a far


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parte dell'Unione europea! È da diverso tempo che noi avanziamo questa proposta e lo abbiamo fatto richiedendo lo svolgimento di un referendum sull'autodeterminazione dei popoli. Vedo, però, che le risposte sono sempre negative; i segnali che giungono da Bruxelles sono però molto espliciti: ci faranno entrare nell'Unione europea, però ci hanno già avvertiti che lavorare con un'unica moneta senza l'armonizzazione fiscale ci costerà molto caro. Voglio dire che dove c'è una moneta, se i nostri concorrenti potranno godere di venti punti in meno di prelievo fiscale, sicuramente ci manderanno fuori mercato! Noi non possiamo in questo modo abbassare il prelievo fiscale; altrimenti, si scatenerebbe la rivolta sociale nel sud e, di conseguenza, gli scenari economici sono tristi. Le risposte le sta comunque fornendo il Governo, come hanno fatto in precedenza altri esecutivi, nel senso di recuperare risorse a destra o a sinistra aumentando l'IVA, posticipando i pagamenti, anticipando le entrate, dichiarando con i piani programmatici del prossimo triennio che sicuramente nel 1998 e nel 1999 aumenterà il prodotto interno lordo e diminuirà la disoccupazione; ma - ahimè - tutti sappiamo che queste sono solo delle speranze che purtroppo non troveranno certamente riscontri.
Allora, è anche inutile cercare di imbrogliare la gente ed è meglio parlare chiaro: è meglio avvertire la gente che l'inflazione è certamente all'1,6 per cento, ma quando si va ad acquistare vestiti, scarpe e vino, ci si accorge che questi prodotti aumenteranno inevitabilmente del 4 per cento. Alla faccia dell'inflazione all'1,6 per cento! La gente si accorge di queste cose: si accorge, ad esempio, che gli automobilisti nel 1998 dovranno pagare l'8 per cento di tasse in più per utilizzare le proprie auto e non crederanno quindi - per l'ennesima volta - ai dati che vengono forniti dai vari ministeri.
Il problema principale è di carattere strutturale: noi lo stiamo sottolineando da diverso tempo.
Peraltro, abbiamo anche le nostre soddisfazioni perché il nostro elettorato ci segue comunque: possiamo contare su alcuni milioni di...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Luciano Dussin.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Faustinelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO FAUSTINELLI. Signor Presidente, il tema su cui la lega incalza un Governo protervo, sebbene sorretto da una maggioranza sfilacciata, è uno di quelli classici sui quali si misurano da sempre le democrazie: quello delle imposte! L'esecutivo, fra solidarietà annunciate e servizi negati, vuole aumentare la pressione fiscale, in questo esausto paese, di circa 5.000 miliardi e pretende di usare l'IVA come un torchio per la spremitura.
Siamo tutti «sotto torchio»: consumatori finali e famiglie. Ma il nuovo contesto tributario minaccia anche le imprese, cioè quel tessuto diffuso di piccole e medie aziende che finora ha assorbito a fatica molti colpi di questa congiuntura. Questo è il tema forte che salda oggettivamente gli umori dei ceti medi e del mondo produttivo all'unica opposizione esistente: vi è un vasto settore del paese - che è maggioritario - che è stanco di subire; e vi è uno schieramento politico che validamente lo rappresenta in Parlamento! Nessuna analisi sociologica, per quanto speciosa, può eliminare questo nesso.
La maggioranza dovrebbe essere felice, dato che fino a ieri ci ha «sfiniti» sostenendo di sentirsi zoppa senza avversari che ne «stimolassero i muscoli democratici». Eppure, le «mezze forze di Governo» non esultano; anzi, ricorrono a tutti i mezzi per negare all'opposizione gli spazi che dovrebbero essere propri, innanzitutto in Parlamento. L'esecutivo usa la fiducia come una clava e il regolamento come una ghigliottina e strepita perché l'opposizione non ha il buongusto, la finezza, di essere come la maggioranza la vorrebbe: molle e cedevole!
L'elemento più inquietante della situazione italiana è proprio la pretesa dei


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detentori del potere di plasmare gli antagonisti secondo le esigenze estetiche e parlamentari del momento. L'opposizione, naturalmente, ha sempre torto, che si divida, che si unisca, che avanzi o si ritiri: adesso avanza ed è decisa a sfruttare tutti gli strumenti del confronto parlamentare per contrastare il Governo. Così si usa fare nelle democrazie!
Però vi è un fatto da definire. Ma la maggioranza non ci sta, è sconcertata e frastornata e muove un passo che probabilmente non ha precedenti nella nostra tradizione parlamentare. Va al cinema, riunisce le sue forze al Capranica di Roma, contro, così recita la rivoluzionaria convocazione, l'ostruzionismo del Polo e della lega. La maggioranza, cioè, dopo aver imposto la seduta fiume, oggi scappa dal Parlamento. È, come si dice, un Aventino alla rovescia, con suggestioni allegramente surrealiste; non per niente, si consuma in un luogo votato allo spettacolo. Quale spettacolo?
I titolari del potere pretendono di entrare ed uscire dal Parlamento come un proprietario bizzoso fa nelle stanze di servizio. Anche questo è un brutto segno di regime. Siamo assistendo, come al solito, al solito stile, al solito sistema che si continua a seguire negli ambiti ministeriali. Quello che si continua a fare, cioè, è anticipare introiti che in realtà, dal punto di vista della quantità, non sono veri e propri introiti. Si tratta, infatti, in questo caso di un'alchimia, di un artificio contabile, di un sistema attraverso il quale viene truccato il bilancio e vengono anticipate alcune entrate, soltanto per averle, anziché all'inizio del 1998, qualche giorno prima, cioè alla fine del 1997, come è già stato fatto anche in precedenza, in altri casi.
Ma nella sostanza, ripeto, in realtà non cambia nulla; questo deve essere ben chiaro. Infatti, questa entrata, che è esclusivamente un'anticipazione di cassa, non ha alcun effetto nel 1998. Ciò comporta problemi tecnici molto rilevanti per le imprese, non tanto e non solo per quelle che effettuano cessioni direttamente, quindi emettono fatturazione differita e consegnano e fatturano ad uno stesso cliente, ma soprattutto per tutte le operazioni cosiddette triangolari, quelle cioè in cui un cessionario vende ad un cliente, ma fattura ad un terzo soggetto, il quale poi a sua volta fatturerà a chi ha ricevuto la merce.
Queste operazioni triangolari, di cui già la legge sull'IVA si occupa e che hanno un loro regolamento, creano un problema pratico per il fatto che molto spesso l'ultimo cedente non ha notizia immediata di quando avviene la cessione.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Faustinelli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fongaro. Ne ha facoltà.

CARLO FONGARO. Ancora una volta la lega nord per l'indipendenza della Padania si trova su questi banchi a ore notturne, questa volta non in splendida solitudine, ma con un po' di compagnia, a sviluppare un'azione democratica di opposizione e fino a quando ci sarà concesso di svilupparla continueremo a farlo. E, alleluja, questa volta, grazie alle bravate un po' infantili del collega Mussi, siamo anche in compagnia, aiutati dai colleghi del Polo. Finalmente il Polo si è accorto che forse il suo elettorato non l'ha mandato a Roma per fare accordi sottobanco, ma per fare opposizione - e opposizione dura - a questo Governo delle sinistre. Quante volte il Polo ci ha rinfacciato quel presunto «ribaltone», che non fu tale, ma solamente un atto di estrema coerenza nei confronti del mandato che i popoli del nord avevano a suo tempo dato agli esponenti della lega che venivano a Roma. Quante volte ci ha rinfacciato il «ribaltone», però quante volte il Polo ha fatto da stampella a questo Governo, da esso stesso definito Governo delle sinistre, Governo antiliberista, Governo delle tasse? Quante volte il Polo, anche recentissimamente, lo ha salvato? Per esempio nell'operazione Albania, con la bicamerale, da ultimo con la Sicilcassa. E allora come fa un gruppo politico a rinfacciare ad altri quello che esso stesso fa con tanta incoscienza ancora adesso?


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Sui giornali si leggono alcune anticipazioni; si parla addirittura di nuova fase politica in cui la lega dovrebbe ritrovare il dialogo con il Polo. Ma credo che questa fase che ci vede uniti in quest'azione politica sia assolutamente passeggera, non certo perché noi cambieremo atteggiamento, ma credo che sarà il Polo a rientrare in quella logica di accordi sottobanco che lo ha caratterizzato in questo anno e mezzo di politica. E poi, prima di parlare di alleanza lega-Polo, credo che quest'ultimo debba risolvere il problema al proprio interno: c'è un «Polo nord» ed un «Polo sud». Non possono gli esponenti del «Polo nord» venire nelle nostre regioni a parlare di referendum per l'autodeterminazione, a parlare di liberismo, di federalismo, di ricchezza che dovrebbe rimanere nei territori dove viene prodotta e poi gli esponenti del «Polo sud», con un blitz, con un sabotaggio incredibile, permettere con il numero legale che 12 mila miliardi vengano trasferiti in ritardo nelle casse della mafia, attraverso quella ben nota operazione a favore della Sicilcassa. Come può sperare, come può pensare il Polo di fare alleanze con la lega, alla quale è ben chiaro quale sia il mandato che i suoi elettori gli hanno dato ora e da sempre?
Per cui la lega non farà mai alleanze con chi, in qualche modo, vorrebbe mantenere strani rapporti clientelari con ambienti anche mafiosi e soprattutto con chi assume come riferimento di atteggiamento politico l'assistenzialismo nei confronti di alcune regioni, che di tutto hanno bisogno fuorché di posti di lavoro fasulli e di assistenzialismo.
Ebbene, se vogliamo considerare anche come si comportano quelli dell'Ulivo, mi pare che ci sia parecchio da dire. Non so se questa spericolata «operazione Di Pietro» sia poi stata così vantaggiosa. Sicuramente ha messo in luce una notevolissima perizia ed anche astuzia del collega D'Alema: si è tolto di mezzo un temibile concorrente, ha forse sottratto anche uno dei probabili...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fongaro (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontan.Ne ha facoltà.

ROLANDO FONTAN. Questa notte la lega nord per l'indipendenza della Padania sta combattendo la sua ennesima battaglia in questo sordo Parlamento romano, in barba a chi vuol farla tacere, a chi vuol eliminare anche l'appannaggio quotidiano, a chi vuole in sostanza utilizzare qualche strumento per cercare di ridurre questa opposizione. Noi comunque facciamo questa battaglia, e la faremo anche nel prosieguo, come in passato abbiamo fatto tante altre battaglie e ne dobbiamo essere orgogliosi. Dobbiamo essere orgogliosi, perché penso che la prima cosa che deve fare un politico è cercare di tutelare gli interessi, le esigenze della propria gente. Noi siamo stati votati da quella parte di elettori del nord che non ha alcun riferimento in quel di Roma e che vogliono che ci sia qualcuno che almeno cerchi di tutelarli. Siamo quindi qui a fare questa battaglia contro il nefando provvedimento sull'IVA, proprio per tutelare gli interessi della nostra gente.
Molto spesso, quando facciamo queste battaglie veniamo additati come razzisti. Sono convinto che il cercare di difendere gli interessi della propria gente, di chi si rappresenta degnamente e legittimamente, non sia razzismo. Comunque, se tale è considerato dagli altri, allora io dico che sono contento, orgoglioso, se così è, di essere razzista.
Notiamo che oggi il Polo ha cercato di fare un po' di opposizione per la prima volta anche con noi e questo è un buon auspicio. Forse è il caso che questo Polo, per lo meno quella parte di parlamentari del nord, si renda conto che questa è l'unica strada.
Siamo di fronte, lo abbiamo già detto, ad un'arroganza inqualificabile da parte


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di questa maggioranza. Non più tardi di ieri il capogruppo del PDS ha detto che noi dell'opposizione siamo inaffidabili, ma mi pare che molto più inaffidabile sia quel sistema e quell'ideologia comunista che ha fatto danni enormi dappertutto, che ha portato alla fame e sta portando alla miseria anche in Italia parecchie persone.
Abbiamo visto che il Governo e la maggioranza hanno blindato tutti i provvedimenti; non è mai passato un emendamento della lega e di quelli del Polo, pochissimi ne sono stati accolti. Quindi, siamo di fronte ad una presa in giro, che dura ormai da un anno e mezzo, nei confronti dell'attività democratica.
Si è parlato spesso di Europa, si è affermato che la manovra sull'IVA serve per portarci in Europa. Ma il problema è anche quello di rimanerci in Europa. In ogni caso, non credo che l'Europa sia la panacea di tutti i mali: le nostre aziende, la nostra economia, se entreranno in Europa così come sono, scompariranno. In ogni caso, nelle condizioni in cui siamo, l'Europa non sarà per noi un grande vantaggio.
Il provvedimento sull'IVA comporta un gravissimo attacco a tutti i cittadini italiani e padani ed al mondo produttivo. Non riusciamo a comprendere come rifondazione comunista possa volere una siffatta operazione, giacché a rimetterci di più sarà proprio la classe operaia, la classe più debole. Infatti, saranno proprio questi ceti a non avere, a fine mese, le cinquanta, le cento o le duecento mila lire per comprare generi alimentari, considerato che avete aumentato l'IVA anche di tali prodotti. Gli altri forse dovranno ridurre qualcosa, ma il ceto più debole è proprio quello che verrà maggiormente colpito, quello che pagherà con la disoccupazione.
Tale provvedimento è inoltre l'ennesima misura razzista nei confronti del nord, stante il fatto che il 70 per cento dell'IVA riscossa dallo Stato proviene dalle regioni del nord. Quindi, è chiaro che si tratta di un attacco nei confronti di tutto il nord, così come, d'altra parte, è avvenuto in occasione di provvedimenti precedenti su cui è stata posta la fiducia.
Il provvedimento sull'IVA rappresenta l'ennesimo tentativo del Governo, della maggioranza, del sistema catto-comunista di «rottamare» il nord. In sostanza, c'è la precisa volontà, direi quasi scientifica, di ridurre alla miseria il nord; solo così il sistema catto-comunista può avere la speranza di consolidarsi (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Presidente, questa avrebbe dovuto essere la settimana in cui si apriva il dibattito sulle riforme costituzionali; una discussione attesa da molte forze politiche, anche da noi, poiché volevamo manifestare in quest'aula e far conoscere al paese le nostre posizioni per quanto riguarda le riforme costituzionali. Purtroppo non si è parlato di riforme, ma di un argomento comunque importante; si è discusso di tassazione, delle tasse che ancora gravano sui cittadini italiani.
Tornando al tema delle riforme costituzionali, ci chiediamo come mai ci sia stato tale slittamento del dibattito: ci chiediamo se si sia trattato solo di un problema tecnico, poiché i tempi non consentivano alla maggioranza di portare a termine alcuni provvedimenti, o se ci sia qualcos'altro all'interno della maggioranza, anche nella bicamerale, che ha partorito un documento che non soddisfa non solo la maggior parte dei cittadini e dei parlamentari, ma anche certe forze politiche che da questa stagione, iniziata non molto brillantemente, di riforme costituzionali, si aspettavano un risultato migliore di quello partorito dalla bicamerale.
Presidente, se non avremo il coraggio di introdurre nel nostro sistema principi fondamentali come quello dell'autodeterminazione dei popoli e del federalismo autentico - e non quello che ci viene propinato dai colleghi della maggioranza


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con una Bassanini più avanzata - il nostro paese rischierà grosso, non solo di non entrare a pieno titolo nel consesso europeo e quindi in quelle che sono le sue regole economiche, ma anche di perdere una stagione delle riforme che gli consenta di rimanere nel consesso internazionale come paese democratico, in cui i principi fondamentali della democrazia siano riconosciuti. Infatti, in quest'aula non vi è solo un problema di rapporti tra maggioranza ed opposizione, vi è la mancanza di regole generali, che diano a tutti i cittadini la certezza di operare in un paese in cui lo Stato non deve essere una realtà oppressiva - come invece si delinea nel provvedimento in esame - che chiede continuamente soldi ai cittadini. Lo Stato deve invece essere cambiato, consentendo ai cittadini di controllare la spesa pubblica e soprattutto che quest'ultima sia meno onerosa di quanto sia stata ed è tuttora.
Ecco perché siamo molto critici nei confronti di questo provvedimento, proprio perché ancora una volta si chiedono sacrifici, si aumentano le imposte. Non c'è la volontà di chiudere alcuni «rubinetti», di eliminare spese assistenziali, di fare riforme strutturali in campo economico, cioè di far ritirare lo Stato inefficiente dall'economia, lasciando alle libere imprese, ai liberi imprenditori la possibilità di dirigere e di essere protagonisti della vita economica del nostro paese.
Rivolgo ora una battuta al Polo che in questi giorni ha manifestato grande attenzione nei nostri confronti. Mi dispiace che questa sera i colleghi del Polo non siano molto presenti; non hanno ricambiato l'attenzione che noi ieri abbiamo dimostrato loro, rimanendo in quest'aula fino alle 5 del mattino ad ascoltare gli interventi. Probabilmente la loro apertura è ancora troppo di immagine, mancano i contenuti e la volontà di approfondire le scelte di fondo di una forza come la nostra che da sempre fa un'opposizione dura e corretta nei confronti della maggioranza e del Governo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Formenti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO FORMENTI. Presidente, signor sottosegretario, voglio unirmi al coro dei colleghi che, in queste lunghissime ore, hanno tenuto vivo ed acceso il dibattito in Parlamento, anche se la discussione è stata scarsamente ascoltata dai membri della maggioranza. Si è trattato comunque di un dibattito che ha tenuto viva l'attenzione del paese su un provvedimento che noi della lega nord per l'indipendenza della Padania consideriamo iniquo ed ingiusto. Infatti, come tutti sappiamo, va a colpire, per il 70 per cento del gettito che produrrà, le regioni della Padania.
Finora abbiamo parlato del Governo, della maggioranza, dell'opposizione, ma ci siamo dimenticati di far riferimento ai veri soggetti che questo provvedimento chiama in causa, cioè i cittadini che rimangono inascoltati, salvo che per quei pochi parlamentari che prendono le difese della grande maggioranza degli elettori i quali si trovano fra capo e collo provvedimenti vessatori, ma che comunque rimangono muti ed inascoltati. Ed allora, proprio per essere maggiormente solidale con i cittadini che rimangono muti ed inascoltati, vorrei consumare il tempo a mia disposizione in silenzio, proprio per significare fino in fondo che il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania oltre che difendere il merito, difende anche le posizioni. Visto che il cittadino rimane inascoltato, un parlamentare dell'opposizione, che vive quotidianamente sul territorio condividendone i problemi, si fa partecipe di questo silenzio obbligato ed inascoltato dai rappresentanti del Governo, dai governanti, unendosi al loro silenzio. Chiedo pertanto gentilmente al Presidente di avvisarmi quando il tempo a mia disposizione sarà terminato.

PRESIDENTE. Onorevole Formenti, la dichiarazione di voto si fa a voce, mi dispiace, il silenzio non è considerato.
Prosegua, onorevole Formenti.


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FRANCESCO FORMENTI. Allora andrò avanti.
Vorrei entrare nel merito di un aspetto di questo provvedimento, quello che riguarda l'edilizia. Lavoro in questo campo e pensavo che un Governo retto da partiti di centro-sinistra avesse una particolare attenzione soprattutto per le classi più deboli di questo settore, in cui, purtroppo, l'evasione dell'IVA è molto frequente, i costi sono elevati e nel quale l'IVA, che prima era al 10 per cento, oggi viene addirittura raddoppiata. Il provvedimento prevede anche degli storni (il 41 per cento dall'IRPEF), ma l'aumento sconsiderato dell'aliquota farà sì che l'evasione dell'IVA sarà ulteriormente rafforzata.
Se l'obiettivo del Governo era quello di far venire alla luce un settore che da sempre viaggia parzialmente sommerso, con questo provvedimento è riuscito a sommergere anche la parte visibile. Nei confronti del cittadino, dunque, il Governo ha agito un'altra volta molto male, non è andato nella direzione che si era prefissato, ma anzi...

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Bossi, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, mi dichiaro anch'io come i miei colleghi favorevole agli ordini del giorno presentati, non tanto perché essi cambieranno di molto, nella sostanza, quello che è stato fatto con il decreto-legge, ma perché per lo meno si cercherà di porre rimedio, anche se in maniera molto ridotta, al disastro che il decreto-legge sicuramente comporterà per l'economia italiana.
Mi sembra veramente strano che in un paese come il nostro, che si fregia di essere la quinta o la sesta potenza del mondo, si arrivi a varare decreti di tale portata. Mi sembra che le tasse, proprio per quello che comportano per i cittadini, siano argomenti che devono essere trattati in maniera ben più seria che non con un decreto-legge che prima viene predisposto, poi deve essere approvato, quindi discusso e che se non viene approvato comporta che si debba ritornare sulla documentazione delle aziende relativa a due mesi eccetera. Un modo di procedere, quindi, veramente poco serio.
Faccio anche fatica a capire il comportamento della maggioranza e un po' anche quello della Presidenza, che qualche giorno fa ci ha richiamato all'ordine dicendo che la garanzia del numero legale e la partecipazione ai lavori è un obbligo tanto per la maggioranza quanto per la minoranza. Ebbene, di fronte ad una richiesta della maggioranza di andare ad oltranza con i lavori della Camera, ci troviamo alle 4 del mattino in un'aula desolatamente vuota, con la mancanza praticamente assoluta dei parlamentari della maggioranza. Non capisco quindi perché la minoranza deve essere presente quando la maggioranza non è in numero legale, mentre la maggioranza ha diritto di essere assente dalle riunioni che la maggioranza stessa ha convocato in queste ore abbastanza poco proponibili.
Entrando nel merito degli ordini del giorno e del decreto in generale, è evidente l'assurdità di quanto stiamo andando a realizzare. Non posso che ribadire quello che hanno già detto i miei colleghi. L'IVA, ovviamente, avrà un'influenza nefasta per le aziende. Abbiamo parlato dell'edilizia, delle calzature. È evidente che aziende come le nostre, già estremamente penalizzate dal punto di vista dei costi, si troveranno ad affrontare questo ulteriore problema che accresce le loro difficoltà. Non dimentichiamo però i problemi economici che incontreranno le famiglie.
È stato detto che questo decreto comporterà una spesa aggiuntiva di 3 o 400 mila lire medie all'anno per le famiglie del nord ed un po' inferiore per quelle del sud. Quella somma per una famiglia di operai od impiegati, che vive magari con lo stipendio del marito o della moglie di un milione e mezzo o di un milione al mese non è poca cosa, dopo anni in cui gli stipendi reali non sono assolutamente


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aumentati ed in cui l'inflazione reale è ben distante dai dati che l'ISTAT diffonde ufficialmente nel nostro paese.
Non so quante persone di questo Parlamento abbiano mantenuto un contatto minimo con la vita reale, ma tutti quelli che lo fanno o lo hanno fatto si rendono ben conto che l'1,5 per cento (è veramente ridicolo che ogni mese ci si spaventi per uno 0,1 per cento in più o in meno) sbandierato non corrisponde all'inflazione reale. Probabilmente il paniere comprende ancora l'elastico per le mutande o le nazionali senza filtro! Proporrei a questo punto di fare anche la valutazione dell'inflazione IVA esclusa, come fanno le aziende, così diamo un'ulteriore possibilità di contenere l'inflazione stessa.
La cosa, comunque, non mi meraviglia più di tanto perché questa maggioranza, costituita fondamentalmente da partiti di sinistra, quindi storicamente nati e cresciuti per difendere la classe operaia e le classi più deboli è composta da persone che con la classe operaia mi sembra abbiano veramente poco a che fare. Provengo da una famiglia operaia, per cui gli operai li riconosco per il loro modo di fare, per la loro franchezza e serietà nell'affrontare le cose della vita. Nei banchi della maggioranza di operai ne vedo ben pochi. Probabilmente i deputati della maggioranza li vedono solo in televisione, oppure quando fanno le manifestazioni con le bandiere rosse pagate dal sindacato. Se queste persone volessero veramente difendere queste classi non potrebbero far passare un decreto del genere, che come abbiamo detto va ad aggravare i bilanci delle famiglie di 3 o 400 mila lire l'anno.
È evidente che questo decreto serve esclusivamente ad aiutare il Governo a far tornare...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Galli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, interverrò sul complesso degli ordini del giorno, ma preliminarmente vorrei svolgere qualche riflessione della notte su quello che sta accadendo, in particolare su quale significato politico possa avere questa battaglia che investe per giorni il Parlamento su un decreto-legge tutto sommato di importanza e significato minore rispetto ad altri che sono giunti all'attenzione di questa Camera anche recentemente.
Non credo che si possa attribuire ad esso il significato di una nuova alleanza tra Polo e lega nord per l'indipendenza della Padania. Più che altro credo sia un tentativo transitorio del Polo stesso di rifarsi una verginità con le forze di opposizione in occasione dei turni di ballottaggio di domenica prossima. Lo giudico un atto se vogliamo di romanticismo politico, in un'epoca in cui le decisioni di fatto non vengono prese nel Parlamento da parte degli eletti del popolo, ma nelle segrete o non troppo segrete stanze dei poteri forti, della finanza, dell'industria, in cui queste decisioni arrivano al popolo stesso in modo più o meno amplificato in base alle decisioni dei mass media. Possiamo allora in realtà dire che i veri due poteri forti, ossia i due organi decisori che esistono oggi in Italia sono i mass media e quei salotti che, insieme al Governo, definiscono misure anche di straordinaria necessità ed urgenza come il decreto-legge in esame.
Signor Presidente della Camera, mi rivolgo a lei. Io sostengo che questo Parlamento non conta più nulla e che la sua presenza questa notte qui con noi è un disperato tentativo non tanto di conferire una dignità alla nostra battaglia di opposizione; forse inconsapevolmente da parte sua è un disperato tentativo di dare dignità all'istituzione che lei rappresenta.
Oggettivamente questo Parlamento non ha più la possibilità né la capacità di incidere veramente sulle decisioni che toccano tutti i cittadini.
Per entrare più concretamente nel merito del provvedimento al nostro esame e del complesso degli ordini del giorno - l'unico strumento che rimane all'opposizione


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per ottenere qualche cambiamento - alcune osservazioni devono essere fatte. In particolare, mi rivolgo al ministro del tesoro e del bilancio, dottor Ciampi, che recentemente in una audizione presso la Commissione bilancio in cui venivano illustrati i contenuti di massima della manovra finanziaria, e quindi anche di questo provvedimento, si è permesso di dare lezione ai membri di quella Commissione, ai membri del Parlamento. La lezione è stata poi amplificata dagli organi di stampa e televisivi.
Vorrei solo far presente che il nostro gruppo ha sempre denunciato le false intenzioni e le false promesse del Governo e credo che la storia di questo anno e mezzo ci abbia dato ragione. Queste continue manovrine, a voce dichiarate non necessarie e non indispensabili, si sono sempre rivelate necessarie. Ricordo la manovrina che ha portato qui, solitari, i deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania nel giugno dell'anno scorso; ricordo la manovrina del marzo di quest'anno e questo decreto-legge che non era nelle previsioni del Governo (basta leggere la risoluzione con la quale è stato approvato il documento di programmazione economico-finanziaria di giugno).
Non credo, signor Presidente, che i contenuti di quella risoluzione siano stati qualitativamente rispettati nel documento presentato alle Camere. Quindi anche ai sensi dell'articolo 118-bis, quarto comma, del regolamento, sarebbe stata quanto meno opportuna da parte del Governo la richiesta di un aggiornamento di quel documento. Lei sa benissimo che le cifre delle entrate rispetto a quelle delle uscite sono state completamente alterate. Di conseguenza, mi sembra che il Governo prenda un po' in giro il Parlamento.
Vorrei poi (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giorgetti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gnaga. Ne ha facoltà.

SIMONE GNAGA. Ringrazio il sottosegretario che pazientemente sia questa notte sia ieri notte è rimasto in aula per ricevere le nostre rimostranze (di questo si tratta), che sono di carattere soprattutto politico, perché la risposta che viene data con questa azione è politica.
Alcuni interventi entrano nel merito specifico del provvedimento, altri - e tra questi il mio - hanno carattere politico.
I mass media attaccano soprattutto la lega nord per l'indipendenza della Padania. Assistiamo poi anche a «dignitose» espressioni di arroganza di presidenti di gruppi parlamentari: oltre tutto non di gruppuscoli (alla Camera assistiamo alla nascita continua di gruppi che non hanno la legittimazione del voto, quella che consente di essere qua), ma del gruppo di maggiore consistenza numerica. Egli ha gettato benzina sul fuoco, dichiarando che è un dovere dell'opposizione essere presente in aula: è una sfida che trovo assolutamente vergognosa e mi sembra anche un'offesa, fermo restando che dovremmo valutare quali sono i doveri istituzionali.
Vi sono state polemiche sul voto, se dovesse considerarsi un diritto o un dovere. Il Presidente può al riguardo dire qualcosa di più del sottoscritto. Bisogna però vedere cosa si intende per dovere.
L'onorevole Mussi non fino a decenni fa, ma fino a qualche mese fa ha usato la protesta politica sul territorio, facendo cose ben peggiori di quelle che stanno facendo esponenti della lega (anche non deputati) che oggi sono inquisiti. Mi riferisco ad elettori e cittadini liberi: ebbene, l'onorevole Mussi ha fatto in un passato non lontano cose ben peggiori. Io dalla Toscana sono stato testimone oculare di quello che ha fatto. Eppure oggi viene a richiamare i parlamentari delle opposizioni - dovremmo poi affrontare il discorso del bipolarismo imposto - ai loro doveri.
Anche questa è una sollecitazione che ha portato le opposizioni a convergere in un'azione dura, che si materializza in un ostruzionismo istituzionalizzato in una seduta-fiume.


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Non dobbiamo dimenticare che questo provvedimento colpisce soprattutto il ceto medio e quelle piccole e medie imprese che io ed il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania rappresentiamo. Ogni soggetto politico si arroga il diritto di rappresentare una o più parti della popolazione: è evidente che la piccola e media impresa - i soggetti che dovranno pagare - si sentono rappresentati da questa opposizione. È un nostro dovere non l'essere presenti, ma il condurre una lotta democratica, politica, con i mezzi a nostra disposizione, concessi dal regolamento.
Ecco dunque il nostro dovere: sfruttare al meglio in modo democratico tutti gli strumenti per mettere il Governo di fronte alle proprie responsabilità. Non mi sembra che questa fosse l'occasione giusta per porre l'ennesima questione di fiducia (al riguardo credo concordino anche esponenti della maggioranza). Oltre tutto più la si chiede, più essa perde valore come verifica della maggioranza.
Ecco perché mi trovo totalmente in disaccordo con il presidente del gruppo della sinistra democratica quanto al termine dovere: credo che il nostro dovere sia quello di essere in aula per fare opposizione, come facciamo da un anno e mezzo a questa parte. Finalmente sono con noi anche gli altri gruppi dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grugnetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GRUGNETTI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, preannunciando il mio voto favorevole sugli ordini del giorno presentati dalla lega nord per l'indipendenza della Padania e su quelli presentati dal Polo per le libertà - sperando che da oggi cominci a sostenere la libertà di tutti i popoli, compresi quelli della Padania -, vorrei fare alcune semplici considerazioni.
Siamo di fronte alla solita tecnica ricattatoria del voto di fiducia. Abbiamo succhiato - dico: succhiato - 6 mila miliardi alla povera gente. Di questi ben 4 mila 200 vengono dal nord: il nord sarà sempre riconoscente!
Vediamo quali sono i servizi che sono stati toccati. Scuolabus: da servizio esente a più 10 per cento. Ci domandiamo chi usi tale servizio: i bambini ed i ragazzi che non possono essere accompagnati dai genitori che la mattina lavorano, anche nelle campagne, nelle montagne, nelle valli. Allora tassiamo questa povera gente: bravo Prodi, ti saranno riconoscenti! Però non farti vedere dalle nostre parti, potresti essere riconosciuto anche se vestito da ciclista.
Trasporto pubblico: più 10 per cento. Anche questo servizio è utilizzato dai soggetti economicamente più deboli che non dispongono di grandi possibilità economiche. Anche per questo ti diciamo: bravo, Prodi!
Vestiario: al 20 per cento. Il settore attraversa un periodo di crisi e l'aumento dell'IVA accentuerà la disoccupazione, specialmente quella femminile. E tutta la popolazione femminile ti ringrazierà per sempre, caro Prodi!
Dieci per cento su carni e parti commestibili di varie specie animali. La nostra agricoltura ed i nostri allevatori ti ricorderanno, caro Prodi, nelle loro preghiere! Vino: dal 16 al 20 per cento, come per i beni di lusso. Io sono astemio e non mi preoccupo, ma, mio caro amico ciclista, sei sicuro che il vino sia un bene di lusso che si beve solo...

PRESIDENTE. Non è un vero padano, quindi!

ROBERTO GRUGNETTI. ...nei pranzi importanti e non a casa di tutte le famiglie italiane e padane? I viticultori e i cittadini si inginocchiano e ti augurano una lunga vita politica!
Venti per cento sulla ex tassa rifiuti, ora trasformata in tariffa e quindi assoggettata all'IVA. Dallo zero al 20 per cento: un bel salto da saltimbanco, caro Prodi. Sei fantastico!
Avete innalzato l'IVA sulle calzature dal 16 al 20 per cento sapendo che il


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comparto calzaturiero vive attualmente una complessa fase di ristrutturazione. Sicuramente l'aumento comporterà un contraccolpo economico negativo per il mercato delle calzature e si ripercuoterà in primo luogo sui lavoratori delle industrie interessate e su quelli delle ditte fornitrici dei prodotti semilavorati. Prodi, se ci senti, resisti, perché con te al Governo la Padania sarà libera!
Non avete corretto l'ingiusta applicazione dell'IVA sulle spese di spedizione delle fatture che diversi gestori di enti pubblici addebitano all'utente. Una domanda che si pone il pensionato in fila alla posta: chi sarà mai l'utente? Un cittadino? Allora, chi se ne frega: firmato Governo Prodi.
Il comparto edilizio è oggi caratterizzato da una forte crisi, soprattutto delle grandi opere e dei grandi interventi edilizi. È quindi superfluo ricordare che il passaggio dell'aliquota dal 16 al 20 per cento aumenta i costi di realizzazione e di ristrutturazione degli immobili, accentuando ulteriormente la situazione di crisi. Questo è in netto contrasto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Grugnetti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.

FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, molto è stato detto ormai, tutto forse, su questo provvedimento e sugli ordini del giorno del polo e della lega nord per l'indipendenza della Padania ad esso relativi. Nell'annunciare il mio voto favorevole su tali ordini del giorno, mi accingo a fare alcune considerazioni.
È già stato detto che il decreto-legge in esame non mira in verità al recepimento nell'ordinamento interno di talune disposizioni della normativa comunitaria ai fini di una armonizzazione (armonizzazione che poteva avvenire a gettito invariato), ma a recuperare le mancate entrate del gettito IVA che nei primi sei mesi dell'anno è calato notevolmente rispetto alle previsioni. L'obiettivo finale, quindi, è il contenimento del disavanzo per entrare in Europa.
Come militante nel movimento federalista europeo fin dagli anni settanta, quando da ragazzo fui appassionato all'idea dell'Europa dei popoli da professori sensibili e preparati, mi sento umiliato ed avvilito da questo provvedimento, perché, se è vero che un assestamento dei conti pubblici è necessario al di là delle richieste dell'Europa economica, esso comunque deve essere rispettoso dei principi sui quali l'Europa si vuole costruire. È strano vedere la sinistra di questo paese affannata nel costruire il primo pilastro, quello dell'Europa economica e monetaria, tradendo però, con i mezzi prescelti, l'Europa sociale. Sì, perché questo provvedimento va a colpire i più deboli, le famiglie e la piccola impresa, che a tutt'oggi, come è stato detto, non dispongono degli strumenti per avere pari opportunità e per conseguire pari dignità. Invece di tagliare gli sprechi del sistema Italia, si aumenta infatti la pressione fiscale su questi soggetti, tra l'altro con disposizioni che hanno un'applicazione pratica dalla disparità territoriale rilevante.
Come eletto in quel Veneto che sono chiamato a rappresentare in quest'aula, l'impresa artigiana è famiglia e la famiglia è l'impresa artigiana. Con questo provvedimento si tradisce un patto per lo sviluppo e la crescita della piccola impresa e si tradisce la speranza delle famiglie per l'avvenire occupazionale dei giovani. Se la politica per sua natura deve tendere al bene comune, alla sintesi e alla simbiosi dei valori, qui stiamo tradendo il valore del lavoro, dell'iniziativa imprenditoriale e della famiglia, in particolare in Veneto, dove oltre 60 mila imprese artigiane lavorano in subfornitura e sono le più colpite perché, in particolare nel settore tessile, dell'abbigliamento e delle calzature, già negli ultimi otto anni si è registrata una contrazione di circa 30 mila occupati. Ciò ha spinto alla chiusura un'impresa su quattro del settore. Il subfornitore, per farsi pagare, deve emettere fatture e versare l'IVA entro il mese (per


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le trimestrali entro il trimestre), come ho già rilevato in una interrogazione presentata lo scorso novembre e alla quale il Governo non si è ancora degnato di dare una risposta. Ciò significa che il subfornitore deve anticipare i soldi allo Stato, pur non essendo ancora stato pagato, mentre il committente può, senza aver sborsato ancora una lira, detrarsi l'IVA con notevole vantaggio e pagare il subfornitore anche dopo 90 o 120 giorni.
Il quadro della situazione finanziaria delle piccole e micro imprese del settore contoterzista è quindi di estrema precarietà. Il settore delle calzature, in particolare, conta nel solo Veneto quasi 3 mila aziende; le associazioni di categoria stimano in circa 3-4 milioni di paia la perdita di produzione indotta dall'aumento di 4 punti percentuali dell'IVA, che sul piano dell'occupazione farebbe perdere circa 1.500 posti di lavoro. Il modesto incremento di gettito sicuramente verrà annullato pertanto dalla suddetta perdita di posti di lavoro, da minori entrate e da contributi previdenziali, dalla contrazione del gettito delle imposte dirette (IRPEF ed IRPEG), dal venire meno degli esiti positivi circa l'intento della pubblica amministrazione nel far emergere sacche di evasione contributiva e previdenziale, come ho già rilevato in un'altra interrogazione presentata quindici giorni fa.
Molte di queste imprese sono pertanto costrette ad emigrare per trovare lavoro e non è vero, come ha detto l'onorevole Giovanardi una ventina di giorni fa, che molti veneti sono andati nel mondo (4 milioni, per la precisione), alcuni per lavorare, altri per rubare. È una grossa falsità e, tra l'altro, una smaccata e sfacciata offesa nei confronti di quel Veneto di fronte al quale dovrebbe avere il coraggio di fare queste affermazioni. Le imprese sono costrette ad andare all'estero non per guadagnare, ma per sopravvivere.
In sintesi, Presidente, la nostra posizione mira non a portare l'Italia in Europa, ma di portare l'Europa dei popoli in Italia.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Maroni, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martinelli. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO MARTINELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch'io dichiaro il voto favorevole su tutti gli ordini del giorno presentati della lega nord per l'indipendenza della Padania e dal polo per le libertà.
Con questo disegno di legge collegato alla finanziaria il Governo intende rimpinguare le casse dello Stato con altri 7 mila miliardi, a discapito delle attività produttive in particolare del settore dell'abbigliamento, che dopo cinque anni di regressione vedevano finalmente quest'anno lo spiraglio di un'apertura dei mercati. Questo provvedimento porterà di nuovo le piccole e medie imprese a ricorrere al mercato del finanziamento, gravandole di nuovo con oneri aggiuntivi indiretti. Questo renderà tali imprese meno competitive sui mercati esteri.
Le imprese in questione, di conseguenza, si vedranno costrette ad aumentare il prodotto sul mercato, e ciò si ripercuoterà sulle famiglie. Da tutte le parti politiche si va continuamente decantando la politica di sostegno alla famiglia, che invece con questo provvedimento sarà penalizzata. Sono sindaco di un comune e ricevo continuamente famiglie che hanno bisogno di soldi per pagare le bollette dell'energia elettrica e del gas. Si tratta di pensionati che vivono con una pensione minima e che si vedono costretti ad umiliarsi suonando il campanello dell'assistenza. Sono persone che hanno lavorato una vita e che, ad un'età ormai avanzata, devono rivolgersi ad estranei per chiedere aiuto.
È giusto ricorrere al mercato di sostegno per governare, ossia rientrare in certi parametri previsti e attuare una serie di meccanismi per reperire nuove fonti di finanziamento, rimandando ulteriormente i debiti per abbassare questi parametri.


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Però il Governo doveva tenere conto del fatto che questo meccanismo distorto andava a penalizzare la famiglia che, quale base, quale fondamento di tutto il sistema costituzionale democratico del paese, viene destabilizzata (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Martinelli.
Constato l'assenza degli onorevoli Calderoli e Pagliarini, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Signor Presidente, mentre venivo qui di corsa, questa notte, non incontrando nessuno perché stamattina dormono ancora tutti a Roma, mi chiedevo cosa si potesse dire di più di quello che è già stato detto: credo ci sia poco da aggiungere. Pensavo che in fondo è giusto questo tentativo estremo dei gruppi di opposizione di impedire la conversione di questo decreto-legge. È giusto, sostanzialmente, per un motivo che è già stato accennato dal presidente del mio gruppo: questo Governo sta barando sui conti pubblici e non c'è cosa peggiore che prendere in giro i cittadini facendo credere loro che si sta risanando il bilancio dello Stato quando, in realtà, questo risanamento non è in atto. Allora, la nostra deve essere una denuncia forte: è un tentativo estremo per far sapere a tutta la gente come stanno le cose. Mi chiedo quale risanamento stia facendo questo Stato, più che questo Governo, perché qui è in discussione proprio lo Stato. Il debito pubblico, durante il Governo Prodi, è aumentato di circa 200 mila miliardi, ma quel che è peggio è che ci sono 100 mila miliardi di residui passivi accumulati solo nell'ultimo anno per un totale di oltre 160 mila (queste cose ce le siamo già dette, ma è giusto ripeterle): si tratta di impegni di spesa già assunti che prima o poi bisognerà pagare.
Allora, quando si dice che rispetteremo il rapporto del 3 per cento tra il deficit e il prodotto interno lordo bisogna anche spiegare alla gente che questo sarà possibile solo perché il bilancio dello Stato è di cassa e non di competenza. Bisognerebbe spiegare anche alla gente che un bilancio di cassa è reale quando le entrate e le uscite coincidono perfettamente con il momento in cui si verificano queste coperture o questi disavanzi finanziari. Questo, naturalmente, non succede: sappiamo benissimo che questo Governo ha rastrellato tutto ciò che poteva rastrellare per quanto riguarda le entrate; sappiamo benissimo che ha bloccato tutte le spese possibili per quanto riguarda la cassa. E poi bisognerebbe dire alla gente anche che, pur riuscendo a rispettare quello del 3 per cento, c'è un altro parametro importantissimo nel trattato di Maastricht, che è il vero punto su cui si verificano i bilanci e le condizioni economico-finanziarie degli Stati, ed è il debito totale sul prodotto interno lordo. Noi abbiamo oltre il doppio del parametro richiesto dal trattato di Maastricht, abbiamo il 25 per cento del debito totale di tutta l'Unione europea, abbiamo un quarto del debito e credo che questa crescita che ormai è esponenziale non potrà essere bloccata.
A fronte di questo, assistiamo a tagli continui agli enti locali. Faccio presente che il mio comune deve essere amministrato con pochi fondi all'anno per erogare i servizi, 258 milioni a fronte di oltre 70 miliardi di tasse pagate. Ma il mio comune non è un'eccezione, perché questa è la regola per tutti i comuni del nord Italia, della Padania. Il mio comune, come tutti gli altri comuni, nei primi mesi dell'anno si trova a dover fare cospicui anticipi di cassa, perché durante i primi mesi dell'anno gli enti locali non hanno possibilità di entrate: l'unica entrata forte di cui dispongono è l'ICI, che però è erogata nella seconda metà dell'anno, oltre ai trasferimenti erariali, che però questo Governo ha bloccato con una serie di pretesti più o meno velati.
Di fronte a queste cose, è giusto che facciamo di tutto per impedire che questo tentativo posto in essere dalla maggioranza sia portato a buon fine. Sappiamo


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bene che sarà molto difficile impedire la conversione di questo decreto, ma un giorno nessuno potrà dirci che non abbiamo fatto il nostro dovere e che non abbiamo denunciato, seppure in un orario abbastanza strano, la verità di fronte a tutta la popolazione italiana (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pirovano. Ne ha facoltà.

ETTORE PIROVANO. Signor Presidente, signori colleghi, signore unico rappresentante del Governo, perché mai un decreto collegato alla finanziaria per il 1998 deve avere effetto dal 1 ottobre 1997? Lo sanno tutti i presenti, i membri del Governo, i funzionari, i commessi della Camera e forse anche le guardarobiere. Ma i veri interessati, come sempre rincitrulliti dalla televisione - e non vi è differenza, ormai, tra quella di Stato e quella privata, perché sono tutte su identici livelli bassissimi culturali -, cioè gli abitanti di questa penisola, ne sono tenuti all'oscuro, sono tenuti all'oscuro di ciò che sta succedendo in quest'aula.
Come dice un grande artista e attento conoscitore della nostra gente, un milanese certamente non leghista, Enzo Jannacci, «la televisiun la ta reds un cujun». Traduzione: la televisione ti riduce un... citrullo, ed io esorto i padani a spegnere i televisori, per non ridursi peggio di quanto già siano. Per sapere cosa succede a Roma vengano nelle piazze e nelle sedi della lega nord. E già qualche segnale in questa direzione si intuisce dal calo indiscriminato degli ascolti televisivi di un'informazione degna del sud America e da repubblica delle banane.
Ma perché questo decreto deve avere effetto dal 1 ottobre? Alla fine dell'anno, quando si faranno i conti, mancheranno circa 6.000 miliardi, e questo decreto ha il solo scopo di tappare il buco rendendo retroattiva, dal 1 ottobre 1997, la modifica delle aliquote IVA. Sappiano gli abitanti del nord della penisola che, mantenendo i consumi familiari al livello attuale, quindi senza aumentarli, le loro uscite cresceranno mediamente di 300 mila lire a famiglia. Sappiano anche, gli abitanti del nord della penisola, che contribuiscono a versare nelle casse dello Stato centrale il 70 per cento dell'IVA di tutta la nazione. Sappiano che pagheranno più caro il metano, che al nord è indispensabile per sopravvivere, e siano informati che nelle altre parti della penisola esistono trattamenti fiscali molto, ma molto diversi. Commercianti, artigiani, impresari edili, che già navigano a vista nella nebbia dell'imposizione fiscale centralista, vedranno ulteriormente diminuire il loro volume di affari, ed allora il Governo e il Presidente del Consiglio grideranno la loro felicità, perché l'inflazione subirà un altro glorioso abbattimento.
Diciamolo in modo chiaro a coloro che ci hanno dato fiducia inviandoci in Parlamento: l'inflazione al ribasso è un falso del Governo. La vera, reale situazione è la continua diminuzione dei consumi, che con questi aumenti dell'IVA farà chiudere un sempre crescente numero di negozi e di piccole imprese. Come uomo, tutto ciò mi rende triste, perché conosco bene chi lavora e rischia quotidianamente del suo; come parlamentare, mi sento impotente di fronte al bavaglio che in quest'aula subiamo ogni giorno; come leghista, però, non posso che esultare per l'ennesima dimostrazione di ottusità politica del Governo centrale, che sistematicamente snobba le aspirazioni di equità e di libertà del nord. È proprio questa ottusità che regalerà al nord l'indipendenza.
Voterò quindi a favore di tutti gli ordini del giorno della lega nord per l'indipendenza della Padania e del Polo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Pittino e Chincarini, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lembo. Ne ha facoltà.


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ALBERTO LEMBO. Molti altri colleghi hanno già esposto le motivazioni per cui il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania è avverso, fortemente, efficacemente avverso a questo provvedimento. Lo siamo per la grande preoccupazione che abbiamo avuto nei confronti di una serie di manovre, i cui risvolti negativi siamo certi - possiamo preannunciarlo - si vedranno con riferimento a tutta l'economia nazionale (se vogliamo fare questo riferimento), con un ulteriore divario in termini di situazione normativa complessiva tra nord e sud, come è stato messo in risalto.
Quello che mi interessa sottolineare in questo momento - ed è giusto che lo faccia io - è l'ulteriore incidenza negativa di questo provvedimento su tutto il comparto agricolo o agroalimentare, che rappresenta una parte non trascurabile del prodotto interno lordo di tutto lo Stato italiano e in particolare delle regioni della Padania, anche in questo caso con differenze di costi e di rese. Infatti, gli attuali costi di produzione - e faccio riferimento non ai costi di produzione o presunti tali che esistono in altre zone d'Italia, ma a quelli dell'agricoltura nelle regioni della Padania - particolarmente per quanto riguarda la manodopera specializzata sono in costante aumento, grazie all'attività delle centrali sindacali, mentre i prezzi di vendita dei prodotti agricoli sono tendenzialmente in calo o comunque non seguono il trend che dovrebbero avere.
Le aliquote di compensazione - come è scritto anche in un ordine del giorno di cui sono primo firmatario - che sono stabilite con apposito decreto del Ministero delle finanze di concerto con il Ministero delle risorse agricole, con molta probabilità saranno modificate entro il prossimo 31 dicembre 1997, avendo assunto un particolare rilievo. L'orientamento del Governo prevede una riduzione, stante la necessità di adeguamento alle medie europee, e ciò allargherebbe ulteriormente la forbice fra aliquota ordinaria e aliquota di compensazione, con ulteriori effetti penalizzanti per tutto il comparto agricolo e agroalimentare.
Il settore carni, poi, già in forte crisi, è particolarmente penalizzato da questo provvedimento e rischia di pagare un ulteriore onere, interamente gravante sul prezzo delle produzioni alla stalla e quindi sul produttore effettivo, in stretta correlazione con il settore foraggero-cerealicolo, direttamente legato all'allevamento e alla produzione della carne, in quanto per esempio le cessioni di foraggio saranno assoggettate ad un versamento del 6 per cento.
Il settore vino - altro settore trainante dell'agroalimentare italiano e del nord in particolare - vedrebbe paralizzare il mercato dei privati, ad esclusivo vantaggio dei grossi centri di distribuzione e dei supermercati. Un portafoglio clienti costruito con anni e anni di sacrifici, di lavoro serio, verrebbe vanificato.
Ecco, queste sono alcune considerazioni che riguardano questo comparto che noi dobbiamo mettere in evidenza, perché, come diceva qualche collega poco fa, al di là dei limiti di incisività della azione del nostro gruppo, qualcuno non venga a chiederci: «Dove eravate, cosa avete fatto, perché non avete segnalato?». Noi abbiamo fatto, abbiamo segnalato, abbiamo messo in evidenza tutti i punti dannosi di questo provvedimento. Se poi il Governo e la maggioranza vorranno insistere nel portare avanti questi contenuti, sappiano che tutti i risultati che da questo si produrranno a cascata, compreso l'ulteriore fortissimo differenziale fra nord e sud e compresa forse la nascita della Padania, saranno in questo caso non a loro colpa, ma a loro lode (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bampo. Ne ha facoltà.

PAOLO BAMPO. Presidente, molte volte il mio comportamento di parlamentare, come peraltro anche quello di molti colleghi della lega nord, viene stigmatizzato, qualche volta anche benevolmente, da lei oppure dalla maggioranza o anche


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dagli organi di informazione, perché a detta di alcuni sembra che certi atteggiamenti ledano la dignità di quest'aula. Ebbene, credo che la lega nord per l'indipendenza della Padania sinora abbia sempre dimostrato, con i fatti, non solo con le parole, di voler combattere questo sistema, indipendentemente dal fatto che esso sia di destra o di sinistra. Un sistema che penalizza il cittadino e che fa sì che lo Stato penalizzi la sua stessa struttura portante.
Credo che sia necessario - attraverso un'azione politica di contrasto a questa maggioranza - uscire dall'equivoco in cui navigano molti altri soggetti politici che, alternativamente, sostengono o criticano il Governo e la maggioranza. Pertanto, è un altro l'atteggiamento che lede la dignità di quest'aula, non quello della lega nord o mio personale, ma l'atteggiamento di chi puntella questo Governo, lo stesso atteggiamento del Governo e della maggioranza, che - attraverso la questione di fiducia posta con una periodicità quasi quotidiana oppure utilizzando lo strumento della seduta fiume, come in questo caso - evitano un dibattito serio basato su un confronto democratico, anche se duro in qualche caso.
Stiamo per dare il voto finale su un certo numero selezionato di ordini del giorno, un numero non eccessivo. Lei stesso, Presidente, non ha ammesso alla votazione molti di questi ordini del giorno, per cui sicuramente quelli che saranno posti in votazione avrebbero meritato un'attenzione maggiore e probabilmente un accoglimento da parte del Governo, che li ha respinti quasi nella loro totalità. Se lei mi consente, sono costretto a ricordare quello presentato da me insieme con il collega Oreste Rossi, che reca il n.9/4297/19, non tanto per uno spirito narcisista, che non ho, quanto perché rimanga traccia nel resoconto stenografico della Camera di una richiesta che viene sempre più pressantemente portata all'attenzione degli organi politici da parte dei sindaci di quei comuni di montagna che si vedono ulteriormente penalizzati - oltre alle già gravi difficoltà che incontrano quotidianamente proprio per la dislocazione orografica del loro paese - da una tassazione eccessiva sui rifiuti solidi urbani. Ora, il nostro ordine del giorno mirava a ripristinare condizioni di eguaglianza fra diverse aree: oggi chi vive in montagna è costretto a subire una notevole disparità rispetto a chi vive in città o in pianura, perché è costretto a sostenere spese superiori per quanto riguarda il riscaldamento, i trasporti e ogni altra esigenza della vita quotidiana, dalla scuola alla sanità: tutto è più distante, tutto è più difficile da raggiungere (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bampo.
Desidero informare i colleghi che il successivo sarà l'ultimo intervento di questa parte della mattinata. Poi sospenderemo, per ragioni tecniche, i lavori, che riprenderanno successivamente.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oreste Rossi. Ne ha facoltà.

ORESTE ROSSI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, l'idea di regolare l'IVA per decreto come «paletto» alla legge finanziaria e di chiederne poi l'approvazione con la fiducia non è stata certo buona.
Per assurdo, un decreto-legge che avrebbe potuto essere esaminato con poco più di un giorno di lavoro (del resto in meno di due ore si erano discussi e votati quattordici emendamenti), con l'ostruzionismo che viene attuato potrebbe anche non essere convertito, anzi è quanto noi speriamo.
Il Governo, come ha fatto altre volte, ha mostrato la sua linea altamente antidemocratica, chiedendo un'ulteriore quanto inutile e dannosa fiducia. L'IVA è a nostro giudizio una tassa iniqua che colpisce tutti i generi, anche quelli di prima necessità ed indifferentemente tutte le classi sociali.
L'aumento di questa imposta provocherà un aumento per la famiglia media


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di circa 300 mila lire di spese l'anno. Ricordo ancora quando in campagna elettorale l'attuale Presidente del Consiglio Prodi si presentava agli elettori promettendo non solo di non aumentare le tasse ma addirittura di garantirne la diminuzione. Ovviamente si trattava solo di promesse elettorali, delle vere e proprie truffe all'elettore che si trova oggi danneggiato da continui aumenti di imposte: si pensi solo alla tassa sull'Europa, e oltre all'aumento delle imposte, anche da una perdita del potere d'acquisto del proprio salario.
Non veniteci a raccontare che l'inflazione è diminuita solo perché il Governo fa una buona politica di contenimento delle spese e dei prezzi. Anzi, secondo noi il motivo è legato solamente al fatto che la gente spende sempre di meno perché ha meno disponibilità economiche; così facendo il mercato viene calmierato.
Gli ordini del giorno che andremo a votare interessano diversi settori. Ad esempio nell'ordine del giorno degli onorevoli Balocchi e Molgora si chiede di escludere le accise dalla formazione della base imponibile, considerato che il nostro sistema tributario vieta la doppia imposizione. Oggi, le accise relative alle forniture di gas metano, del gasolio per riscaldamento ed autotrazione concorrono a formare base imponibile ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto.
L'ordine del giorno degli onorevole Stucchi e Cavaliere riguarda il passaggio delle aliquote IVA dal 16 al 20 per cento per i materiali per l'edilizia. Ciò comporterà un aumento per la realizzazione e la ristrutturazione degli immobili, accentuando la crisi in cui già versa il comparto. Tale onerosa tassa è in netta contraddizione con l'annunciata volontà del Governo di rilanciare il comparto edilizio. In finanziaria si prevedono addirittura degli sgravi fiscali per chi ristruttura immobili. Con l'aumento dell'IVA si creeranno dei problemi in un comparto già in crisi.
L'ordine del giorno Cavaliere e Molgora cerca di ridurre anziché aumentare l'IVA sui prodotti del comparto calzaturiero. Nel nostro paese tale mercato è in forte crisi e, a causa dell'eccessivo costo della mano d'opera, molte aziende (faccio solo l'esempio della Superga di un nostro collega, il senatore De Benedetti, che se ne è andato a Taiwan, per la quale si è registrata una perdita di circa 2.000 posti di lavoro) si trasferiscono all'estero causando disoccupazione e danni alla nostra economia.
Il passaggio dell'aliquota IVA dal 16 al 20 per cento decisa dal Governo, comporterà sicuramente un ulteriore contraccolpo negativo al mercato delle calzature e quindi ovviamente a tutto il complesso dei lavoratori dell'industria, direttamente o indirettamente interessati.
L'ordine del giorno degli onorevoli Bianchi Clerici e Rodeghiero chiede di togliere la nuova aliquota del 10 per cento dai trasporti effettuati con veicoli di scuola bus, in quanto si ritiene che tale trasporto sia un servizio importante predisposto dagli enti locali, soprattutto nelle zone montane dove i plessi scolastici sono lontani dai luoghi di residenza dei bambini.
Il Governo ha già gravato il settore della scuola, procedendo alla chiusura di molti plessi scolastici con gli accorpamenti, e ha gravato anche sugli enti locali che saranno colpiti dai tagli previsti dalla nuova legge finanziaria, così come già erano stati colpiti dai tagli dell'attuale (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Oreste Rossi.
A questo punto, come già sapevate, dobbiamo sospendere i lavori per una pausa tecnica. Io disporrei la ripresa dei lavori per le ore 8. Parleranno i colleghi Santandrea, Signorini, Stefani, Stucchi, Terzi, Borghezio ed Urbani, dopodiché si passerà al voto. Ci sono obiezioni?

ALBERTO LEMBO. Non potremmo fare alle 8,30?

PRESIDENTE. Sono più tranquillo se riprendiamo i lavori alle 8.


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PAOLO BAMPO. Perché tu dormi qui!

PRESIDENTE. No, io dormo a casa mia! Dormo come tutti. Prego, onorevole Lembo.

ALBERTO LEMBO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Adesso però su questo non apriamo un dibattito!

ALBERTO LEMBO. Non intendiamo mercanteggiare sulla mezz'ora, però gli interventi rimasti sono assai pochi: dunque riaprire l'aula alle 8 e passare quasi immediatamente al voto potrebbe dar luogo anche a qualche inconveniente, già verificatosi altre volte nel corso di questa legislatura.

PRESIDENTE. Credo che darà luogo comunque a quell'inconveniente!

ALBERTO LEMBO. La sua prudenza dice di ricominciare mezz'ora o un'ora prima perché così si ha più tempo. Io vedrei la prudenza in un altro modo, perché se si va verso un'ora un po' più «romana», oltre che più ragionevole, probabilmente è più facile che non si verifichi quell'inconveniente.

ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Forse potremmo fare in un altro modo. Lei ha appena letto l'elenco dei colleghi che hanno chiesto di parlare, ma non mi pare che attualmente tutti siano presenti; e forse avrebbero una maggiore difficoltà ad essere presenti alle 8. Si potrebbe esaurire adesso, credo in pochi minuti, l'elenco per poi, una volta verificata l'esistenza o meno del numero legale, rinviare la seduta anziché di un'ora, di due ore, due ore e mezza, comprendendo così anche la pausa tecnica.

PRESIDENTE. Colleghi, però qui c'è un problema.

ELIO VITO. Credo che in dieci minuti potremmo arrivare a quella fase.

PRESIDENTE. L'onorevole Stefani non c'è, mentre gli onorevoli Santandrea, Signorini e Stucchi ci sono e sono tre; mi pare poi che l'onorevole Terzi ci sia e con lui sono quattro. Praticamente ci vuole mezz'ora (Commenti)... Se gli interventi sono sintetici, possiamo fare così e riprendere alle 9 (Commenti). Scusate, ma dobbiamo comunque riprendere alle 8,30. Ad una serie di colleghi che sono venuti ho infatti comunicato che si voterà tra le 9 e le 9,30 per cui dovremo comunque riprendere alle 8,30 (Commenti)... Se proprio ci tenete!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santandrea. Ne ha facoltà. Colleghi, darò la parola, prima di sospendere, soltanto all'onorevole Santandrea perché c'è un problema tecnico per cui poi non si può proseguire.

DANIELA SANTANDREA. Presidente, le chiedo per cortesia di essere così gentile di ascoltare tutti i miei colleghi...

PRESIDENTE. Non posso. Se vuole può parlare adesso, altrimenti devo sospendere la seduta. Vuole parlare adesso o più tardi?

DANIELA SANTANDREA. Parlo adesso, perché mi sembra il caso.
Il Governo non ha voluto rischiare di illustrare il provvedimento volto a modificare le aliquote IVA in Parlamento ed ha scelto ancora una volta la scorciatoia istituzionale della fiducia in quanto il cosiddetto decreto di modifica alle aliquote IVA era pieno di contraddizioni e menzogne.
Meno di una settimana fa il ministro delle finanze Vincenzo Visco insisteva nel difendere le sue posizioni dichiarando che non è vero che il decreto è motivato dalla necessità di realizzare gli obiettivi delle entrate per quest'anno. I dati relativi al


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mese di settembre dimostrano che non sono mai stati così positivi rispetto alle tendenze previste.
Se errare è umano, perseverare è diabolico, visto che da settimane è ormai noto che le previsioni delle entrate tributarie per il 1997 sono state clamorosamente sbagliate. Il fabbisogno dello Stato non sarà coperto, a meno di tartassare ulteriormente i padani e spremere ogni oltre limite di sopravvivenza le imprese. Questo provvedimento, come al solito, colpisce prevalentemente, ancora una volta, le regioni del nord, visto che oltre i due terzi del gettito IVA arriva da consumatori padani.
Probabilmente Visco crede di poter prendere in giro impunemente l'intero Parlamento.
Il decreto IVA, infatti, tende a tappare i buchi, anzi le voragini derivanti dagli errori di previsione dei professoroni del Governo. Sappiamo che, da un lato, c'è il mancato incremento delle entrate tributarie legato alla stagnazione economica che Prodi e company si ostinano a negare ma che, cifre alla mano, si fa sempre più evidente, dall'altro, c'è il recupero delle «una spessum», che rappresentano ormai una prassi nella contabilità pubblica.
Noi della lega nord per l'indipendenza della Padania abbiamo sempre denunciato che il contributo per l'Europa non sarebbe mai più stato restituito ai tartassati contribuenti padani. Ora la tassa sull'Europa, con questo decreto, è diventata definitiva. La norma che ne prevedeva il rimborso parziale, peraltro diffusa a dovere in un momento ben preciso dagli organi di stampa di regime, è un'altra menzogna di Pinocchio-Visco e Prodi. Oltre tutto l'aumento dell'IVA va di pari passo con l'anticipazione di cassa - perché è di questo che si tratta - prelevata dallo Stato con una soppressione di fatto della fatturazione differita. Ma anche le casalinghe sanno che, pur anticipando un'entrata, alla fine i soldi di fatto non aumentano.
Quindi, cari contribuenti padani, è prevedibile fin d'ora aspettarci un'ulteriore stangata quando verranno a mancare i soldi che le aziende sono state costrette ad anticipare ancora una volta. L'anticipazione IVA sulle fatture ha fruttato, in base alle stime, circa 1.150 miliardi: soldi che le imprese a tutt'oggi non hanno incassato, visto che mediamente i termini di pagamento oscillano intorno ai novanta giorni effettivi e che aumentano l'esposizione debitoria a tutto danno degli investimenti.
Se il provvedimento nel complesso è una stangata per tutti, a dispetto delle più rosee promesse di non aumentare la pressione fiscale sbandierate in campagna elettorale da Prodi e soci, qualcuno ci guadagna, come i produttori di tuberi, salse e sughi di carne. Inoltre, come reggeranno i sindaci ulivisti appena eletti, visto che reclamano tanta autonomia e poi sostengono una maggioranza che impone l'IVA al 20 per cento anche sulle opere pubbliche realizzate dai comuni?
La lega nord era intervenuta prima della posizione della fiducia per sanare alcune delle storture più clamorose, ad esempio l'aumento dell'IVA sulla tariffa rifiuti, che potrebbe raddoppiare rispetto al 10 per cento precedente, a meno di interventi correttivi, oppure sulle detrazioni per le auto aziendali.
Per questo e per i motivi fin qui citati dai miei colleghi della lega nord per l'indipendenza della Padania che mi hanno preceduto, dichiaro il mio voto favorevole su tutti gli ordini del giorno presentati dalla lega nord per l'indipendenza della Padania. Buona notte.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sospendo la seduta per la pausa tecnica e annuncio che essa riprenderà alle 8.

DANIELE FRANZ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELE FRANZ. Signor Presidente, prima si era convenuto di riprendere la


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seduta alle 8,30 come dimostrazione di buona volontà da entrambe le parti. Vorrei sapere per quale motivo è cambiato l'orario.

PRESIDENTE. Glielo dico subito. Come ho avuto modo di spiegare, avevo già detto a molti colleghi che si sarebbe votato tra le 9 e le 9,30. Ho fatto il conto che lo svolgimento degli interventi dei colleghi che ancora devono parlare richiederà una mezz'ora di tempo, quindi si arriverà alle 8,30; dopo di che mancherà il numero legale e si arriverà a votare alle 9,30, vale a dire all'orario che era stato comunicato ai colleghi. Se invece riprendessimo laseduta alle 8,30, praticamente inizieremmo a votare alle 10.
Sospendo quindi la seduta fino alle 8.

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