Seduta n. 239 del 30/7/1997

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Discussione del disegno di legge: S.2656. - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 luglio 1997, n.214, recante prosecuzione della partecipazione italiana alle iniziative internazionali in favore dell'Albania (approvato dal Senato) (4041) (ore 10,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 luglio 1997, n.214, recante prosecuzione della partecipazione italiana alle iniziative internazionali in favore dell'Albania.
Ricordo che nella seduta del 29 luglio 1997, la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso parere favorevole, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del regolamento.
Avverto che la IV Commissione (Difesa) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi del comma 2, dell'articolo 83 del regolamento.
Il relatore, onorevole Ruffino, ha facoltà di svolgere la relazione.

ELVIO RUFFINO, Relatore. Presidente e colleghi, i gravi sviluppi della crisi politica albanese e la conseguente massiccia ripresa dei flussi migratori hanno indotto il Governo italiano a farsi promotore di iniziative diplomatiche con l'intento di predisporre un intervento a carattere internazionale per contribuire alla soluzione dell'emergenza.
Con la risoluzione 1101 il Consiglio di sicurezza dell'ONU autorizzava la formazione di una forza multinazionale di protezione in Albania, con il mandato di garantire, in condizioni di sicurezza, la distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione albanese, favorendo il compito delle organizzazioni internazionali ed operando in modo imparziale e neutrale in stretta cooperazione con le autorità albanesi.
La durata della missione veniva limitata ad un periodo di tre mesi, con la scadenza del termine il 28 giugno 1997, dopodiché il Consiglio avrebbe valutato la situazione, anche ai fini di un eventuale prolungamento dell'operazione.
In attuazione di tale risoluzione, è stata organizzata l'operazione denominata «Alba», com'è noto sotto il comando italiano e con la partecipazione di Austria, Danimarca, Francia, Grecia, Romania, Slovenia, Spagna e Turchia. Le operazioni militari sono state avviate il 15 aprile con lo sbarco in territorio albanese dei primi contingenti spagnoli, francesi ed italiani, e l'afflusso dei reparti si è poi completato il 5 maggio.
Il Parlamento ha espresso il proprio orientamento favorevole alla realizzazione della missione nel corso dei dibattiti svoltisi al Senato l'8 aprile scorso ed alla Camera il 9 aprile. A conclusione di tali discussioni, sono stati approvati documenti di indirizzo al Governo volti all'attuazione della risoluzione 1101 dell'ONU ed alla realizzazione delle missioni civili decise dall'Unione europea e dall'OSCE.
All'approssimarsi della scadenza prevista dalla risoluzione ONU per il ritiro della forza multinazionale di pace dal territorio albanese, i paesi impegnati nella missione hanno richiesto all'ONU che fosse approvato un prolungamento dell'operazione di pace per un periodo limitato, anche al fine di garantire le condizioni di sicurezza della missione OSCE per il regolare svolgimento delle consultazioni elettorali nel paese. Presa nota di tale disponibilità, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione 1114 del 19 giugno scorso, ha deciso la proroga dell'operazione di pace per un periodo di quaranticinque giorni a partire dal 28 giugno.
In attuazione della citata risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'articolo 1 del presente decreto-legge autorizza il contingente delle Forze armate italiane, impegnato nella missione


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di pace in Albania, a protrarre la propria permanenza sul suolo albanese fino al 12 agosto 1997.
L'articolo 2 reca la copertura finanziaria del provvedimento, i cui oneri sono valutati in 32.602 milioni aggiuntivi rispetto alle spese previste per la prima parte della missione. La copertura, con un emendamento, è stata modificata dal Senato.
Con questo decreto, dunque, la partecipazione italiana alla missione militare in Albania si prolunga ma sostanzialmente si conclude.
A conclusione dobbiamo aggiungere che la missione della forza militare internazionale in Albania ha certamente contribuito in modo decisivo all'avvio della stabilizzazione democratica del paese, che ha avuto, con la celebrazione delle elezioni del nuovo Parlamento, un passaggio fondamentale. La questione albanese, ovviamente, non è certo risolta. Tutta la comunità internazionale è chiamata a continuare lo sforzo di solidarietà e di aiuto concreto alla ricostruzione delle strutture internazionali e della pubblica amministrazione di quel paese, ad intervenire perché siano affrontati gli aggravati problemi sociali e sia riavviato lo sviluppo economico, anche a partire dalla ricostituzione di una capacità di risparmio privato dei cittadini.
In questo sforzo l'Italia è già - e lo sarà ancora di più in futuro - fortemente impegnata ed anche in questo momento, in questi giorni e in queste ore, sono in corso contatti al massimo livello tra i due Governi.
Deve essere inoltre rilevato che questa missione internazionale è la prima in Europa di queste dimensioni, che essa si tiene senza l'intervento diretto degli Stati Uniti e della NATO; è inoltre la prima nella quale viene attribuito all'Italia un ruolo centrale. Non crediamo contestabile che dopo questa fase della vicenda albanese l'Italia veda accresciuto il proprio prestigio internazionale ed anche la propria responsabilità.
Un sincero riconoscimento è doveroso per le capacità e la professionalità con cui hanno operato le Forze armate italiane e devono essere ricordati anche coloro che sono rimasti feriti ed il giovane soldato caduto.
Auspichiamo che anche per l'approvazione del decreto-legge oggi in discussione si possa manifestare in quest'aula un largo consenso, pari e possibilmente superiore a quello che già si è significativamente registrato in passato intorno alla missione in Albania.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIOVANNI RIVERA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Bampo. Ne ha facoltà.

PAOLO BAMPO. Signor Presidente, è chiaro che non possiamo condividere le valutazioni appena espresse dal relatore in merito al risultato della missione in Albania. Come è consuetudine e come peraltro avevamo giustamente previsto, ci ritroviamo - e credo quasi sicuramente non per l'ultima volta - a prolungare una missione internazionale che vede militari italiani impegnati in un'operazione che, come è stato confermato sia dalle dichiarazioni rese dal Governo in Commissione, sia da interventi di parlamentari nel corso del dibattito in quella sede, risulta essere principalmente di facciata. La necessità di dare una «lucidatina» all'immagine internazionale del nostro paese - a questo riguardo vorrei richiamare le parole del relatore, secondo il quale si è «accresciuto il prestigio dell'Italia in campo internazionale»; povero Vaira, che è morto per questo accresciuto prestigio e solo prestigio - nonché la riproposta di una credibilità perduta da parte degli italiani nei confronti delle proprie Forze armate sono stati probabilmente i due elementi principali che hanno determinato la supremazia della volontà interventistica.
Rammento che il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania è


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stato fermamente contrario all'approvazione del primo decreto di partecipazione alla missione e, non essendo state modificate le premesse della medesima, il nostro gruppo non può presentarsi in aula con una posizione che si discosti da quella di allora. Abbiamo analizzato con attenzione la possibilità di presentare degli emendamenti che potessero far risultare il provvedimento più accettabile e cambiarne forse il senso politico. Siamo giunti però alla conferma che era lo stesso impianto iniziale del decreto ad essere sbagliato; una conferma questa che ci induce a ribadire la nostra posizione di allora.
A missione ormai avviata, tenendo in considerazione i contenuti puramente tecnici dell'attuale decreto di prolungamento della missione, abbiamo convenuto sull'inutilità di eventuali soluzioni emendative. Eravamo e siamo tutt'ora contrari, pertanto, a questa missione e reputiamo che non sia possibile né dignitoso non solo impegnare risorse finanziarie per sponsorizzare l'immagine internazionale italiana ma, soprattutto ipotecare, per quella stessa immagine, la vita dei giovani militari, unici a dover rischiare in proprio, come purtroppo è avvenuto nel triste caso dell'alpino Vaira che ho prima citato. A tale proposito, per ristabilire un pizzico di verità e per rispondere all'altrui tendenziosa prosopopea, si deve precisare che l'alpino deceduto, pur essendo militare di leva, e nonostante sul suo caso si sia voluta stendere una coltre di omertoso silenzio, non fu responsabile della propria morte. Quanti in quest'aula enfaticamente, al fine di giustificare l'istituzione di un esercito interamente di volontari professionisti, propugnarono la tesi che il Vaira morì per la sua impreparazione e inadeguatezza determinate dalla condizione di militare di leva si rendano ora conto che, qualora i «si dice» trovassero conferma, il Vaira morì per un ordine sbagliato di un suo superiore professionista.
L'esercito di leva è parimenti o forse maggiormente affidabile di quello costituito da professionisti; gli esempi del recente passato ne sono la conferma. Sicuramente non è giusto inviare militari di leva in operazioni pericolose, potendo disporre di truppe professioniste, ma negare ad uno Stato la possibilità dell'autodifesa derivante dalle formazioni di leva risulterebbe una scelta pericolosa ed antidemocratica. Vorrei ricordare ai colleghi che stanno ascoltando un altro fatto che caratterizzò la discussione in quest'aula all'epoca della approvazione del primo provvedimento.
A chi non ha la memoria corta non sarà difficile rammentare le numerose affermazioni, giunte da quasi tutte le parti politiche, in merito alla necessità dell'intervento navale e territoriale per far fronte all'emergenza dell'immigrazione clandestina. Allora non volemmo condividere la responsabilità della missione, che lasciamo per intero a quanti, oltre il Governo, si espressero a favore dell'intervento; e non possiamo a maggior ragione condividerla oggi, alla luce dei ridicoli, se non inesistenti risultati ottenuti nel controllo delle coste albanesi ed italiane in tema di immigrazione. All'epoca tutti condannarono la posizione della lega, contraria al provvedimento, che si riteneva si opponesse alla soluzione di un problema da essa stessa sollevato. In realtà, come volevasi dimostrare e come confermato dalle parole del relatore che sottolineano il fallimento della missione proprio in tema di immigrazione clandestina, i clandestini hanno continuato ad arrivare e a sparire una volta giunti in Italia. Essi hanno creato i disagi che avevamo previsto ed infine (cosa che non avremmo mai immaginato) hanno indotto il Governo a supplicarli di tornarsene a casa, ridicolmente incentivati con mezzi finanziari!
Ci sarebbe molto da chiedersi sull'incentivo promesso, ma non è sicuramente questo il tema del mio intervento odierno, anche se sarebbe giusto che tutti gli italiani sapessero che questo Parlamento e questo Governo, dopo aver speso i loro risparmi in una missione non sentita dalla popolazione e dopo aver speso altri soldi per l'accoglimento ed il mantenimento degli immigrati e per la ricerca di quelli


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scomparsi, spende ora ulteriori soldi per cercare di farne tornare a casa qualcuno.
Vi è inoltre un aspetto tecnico sul quale non possiamo esimerci dall'intervenire, quello della copertura finanziaria. Se sappiamo tutti che due delle nostre navi da guerra hanno riportato grossi danni, perché si insiste con l'ipocrisia di una copertura finanziaria che non ne tiene conto, facendo così credere all'informazione pubblica che la missione costa soltanto la somma riportata negli articoli relativi alla medesima copertura? La lega per l'indipendenza della Padania non può accettare che si protragga una missione in cui, ad eccezione del suo fallimento, tutto è incerto, comprese le regole di ingaggio. Queste ultime non sono mai state dettagliatamente illustrate, creando non poche difficoltà, compreso il famoso speronamento dell'imbarcazione albanese che determinò un numero imprecisato di vittime. Vi è quindi una responsabilità chiaramente politica.
Il fallimento della missione (perché di questo si tratta) è determinato proprio dal fatto che oggi se ne chiede il prolungamento. Se pertanto la maggioranza di Governo e il Governo stesso si trovano a dover tamponare delle falle, noi non siamo disposti a dare ad essi la nostra copertura politica. Chi approvò il decreto-legge allora, si assuma in prima persona anche la responsabilità di quello in esame (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con interesse la relazione che è stata testé rassegnata alla nostra attenzione e ritengo di dover svolgere qualche riflessione. Lascio anche ai colleghi la valutazione se essa debba essere più ampia o più contenuta.
La scelta che abbiamo di fronte in questa occasione è quella di esaminare il disegno di legge di conversione dal punto di vista tecnico per le scarse indicazioni che ci dà: si tratta semplicemente di una proroga. Vi è tuttavia anche la possibilità di fare una considerazione di ordine generale e, per dire la verità, qualche indicazione ce l'ha data lo stesso relatore (gliene debbo dare atto). Mi auguro che il percorso che egli ci ha indicato venga accolto dal Governo, perché altrimenti il tempo che impegneremo per la conversione in legge di questo decreto, che è stata ampiamente sollecitata dall'esecutivo, sarà semplicemente un'occasione rituale di dibattito.
Credo invece si tratti di qualcosa di più, anche perché sulla missione in Albania non abbiamo avuto moltissime notizie, né elementi rassicuranti sulla nostra partecipazione militare.
Credo che il Governo avrebbe dovuto - o debba - cogliere questa occasione per tradurre in elementi di fatto le indicazioni che ci sono state rassegnate dal relatore. Che tipo di contributo ha dato la missione in termini di sviluppo economico, di evoluzione democratica e di rafforzamento delle istituzioni in terra d'Albania?
Ritengo allora che qualche dato debba essere fornito, soprattutto in relazione a tali interrogativi. Ma al di là delle comunicazioni del Governo, che venivano fornite ogni sette giorni, come mi segnala il collega Pietro Giannattasio, reputo necessario fare un discorso complessivo. Non si tratta, infatti, soltanto di una questione militare, ma di sapere cosa il nostro Governo intenda fare in futuro dal punto di vista della politica estera.
Oggi possiamo anche condividere la prosecuzione della partecipazione italiana alle iniziative internazionali in favore dell'Albania fino ad agosto. Certo, segnaliamo che avevamo consigliato al Presidente del Consiglio dei ministri, quando in televisione dichiarò che la missione non sarebbe andata oltre luglio, di non essere tanto categorico e fermo sulle date, sulle ore e sui minuti. Infatti quando si parla di date, di ore e di minuti - questa è la mia preoccupazione - non si tiene conto del confronto diplomatico: nella fattispecie, vi era infatti una deliberazione dell'ONU che prorogava di 45 giorni la missione in Albania. Rimane, in ogni caso,


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la necessità di conoscere quale sia lo stato dei rapporti diplomatici per quanto riguarda quel paese.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, noi non siamo contrari a questo provvedimento, ma segnaliamo che si è verificato sia in Commissione sia al Senato un fatto nuovo relativo alla posizione di un partito politico. Dico questo per stabilire un affettuoso e simpatico confronto con la collega Nardini.
È un fatto nuovo. Il Governo, allora, deve dirci - e credo che lo dirà anche questa forza politica di maggioranza - perché vi sia ora un voto favorevole che non si era voluto esprimere nella fase di avvio della missione. Ricordo che vi furono conseguenze politiche: i colleghi sanno bene che l'avvio della missione in Albania fu determinato grazie al voto del Parlamento e che in quel momento mancava una maggioranza di Governo.
Cosa è avvenuto, allora, in questa fase, di così positivo e significativo? Perché il gruppo parlamentare di rifondazione comunista esprime oggi un voto diverso rispetto al passato?
Si dice chiaramente da parte di alcune forze politiche che i risultati elettorali in Albania sono soddisfacenti rispetto ad alcune precedenti riserve. Se il dato è vero, l'elemento può riguardare il presente dibattito, ma anche una valutazione complessiva del Governo. Ma noi legavamo la nostra missione in Albania ai risultati? Le riserve, allora, riguardavano gli equilibri di Governo? Oppure concernevano una valutazione molto più ampia e più generale? Per esempio, si tratta del ruolo italiano ed europeo nei Balcani; per la prima volta, come ha ricordato il relatore, la missione militare non vede la presenza degli Stati Uniti e della NATO (non so se lo abbia detto con soddisfazione per quanto riguarda la NATO o se, invece, abbia preso atto di una realtà: mi auguro si tratti semplicemente di questa seconda constatazione).
Noi voteremo per la conversione in legge del decreto, ma dobbiamo avere gli elementi, sia per quanto concerne una proiezione politica sia per le esigenze scaturite dal dibattito in Senato. Qualche collega senatore, infatti, ha detto che il rinvio fino al 12 agosto 1997 non è sufficiente e che le nostre truppe dovrebbero rimanere in Albania per un altro periodo, anche per rafforzare le strutture di polizia e le istituzioni. Non so se sia vero. A mio avviso, comunque, è necessario ritirare le truppe - se vogliamo - e riqualificare la nostra presenza anche sul piano politico. Vorrei capire se la missione in Albania abbia determinato un impegno complessivo per il futuro, con riferimento al ruolo del nostro paese e dell'Europa sia in Albania sia nello scacchiere dei Balcani. Ecco il discorso che dobbiamo fare. Credo quindi che alla conclusione della discussione il Governo debba chiarire questi aspetti, per mettere il Parlamento nelle condizioni di avere adeguati elementi di valutazione.
Per quanto riguarda l'aspetto militare, già ripetutamente abbiamo parlato del problema dell'adeguamento. Noi non condividiamo l'impostazione della lega nord per l'indipendenza della Padania, testimoniata dalle riflessioni dell'onorevole Bampo: si tratta di una proiezione che non ci vede concordi, poiché il nostro giudizio sulla presenza militare italiana è positivo.
In questa occasione formuliamo un richiamo fermo e serio sulla qualificazione delle nostre forze armate. L'ho detto più volte: siamo per il superamento del servizio di leva e per un esercito di professionisti. Visto e considerato che siamo impegnati su tutto lo scacchiere mondiale con la presenza delle nostre Forze armate, credo che l'impegno e la sollecitazione avanzati da parte di alcuni di noi debbano essere raccolti e visti nella loro giusta dimensione.
Allora, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, se il Governo si accontenta della conversione, va bene: ci sarà il rituale degli interventi in sede di discussione generale e poi di dichiarazione di voto. Ma questa potrebbe essere l'occasione per un confronto e per comprendere qualcosa di più non soltanto della politica e dell'amministrazione della difesa


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quanto della politica del Governo nel suo complesso ed in particolare della politica estera. Ritengo sia questo il vero contributo. Il Parlamento è chiamato a finanziare la prosecuzione della missione. Vi è stata, ad un certo punto, una situazione un po' fantasmagorica che vedeva la nostra diplomazia sotto le luci di una grande ribalta internazionale. Sembra che ora la situazione sia più tranquilla e vorremmo capire perché tale situazione non vi fosse allora, perché si è avuta quella sorta di girandola di ambasciatori, anche con riferimento a talune insinuazioni che sono state avanzate in quell'occasione. Non è possibile che si svolgano i dibattiti e le discussioni in Parlamento, si assumano impegni nei confronti del Parlamento anche per il chiarimento di vicende particolari e politicamente delicate riguardanti la nostra diplomazia e poi non si dica nulla. Vorremmo capire se si è modificato qualcosa. Abbiamo oggi un nuovo ambasciatore rispetto a quello che ha guidato l'ambasciata a Tirana nella fase più delicata. Come va ora la nostra diplomazia? Cosa era emerso in quel particolare momento? Un paese che si accinge a svolgere un ruolo politico di ampio respiro con lungimiranza, se intende farlo con dignità, deve infatti disporre degli elementi, dei dati per poter dare il proprio forte contributo a questo tipo di iniziative.
Signor Presidente, onorevole sottosegretario Rivera - mi rivolgo al sottosegretario della difesa poiché è colui che ha seguito il provvedimento - debbo dire con estrema tranquillità che per troppo tempo il ministro della difesa ha svolto un ruolo analogo a quello del Bancomat: il Governo interviene e prende militari. È giusto, ma ritengo non sia questo il ruolo del Ministero della difesa e delle nostre Forze armate. L'utilizzazione delle nostre Forze armate deve essere inquadrata in una proiezione di carattere politico ed è questo il significato del nostro impegno. I parlamentari del CDU voteranno questo provvedimento ma - lo dico con estrema chiarezza, onorevole Rivera - con una serie di perplessità. Per quanto riguarda la politica estera, infatti, si procede in modo sincopato e per quanto riguarda l'amministrazione della difesa non vi sono progetti rispetto alla trasformazione delle nostre Forze armate per renderle sempre più adeguate ai nuovi compiti, alle missioni interne ed a quelle all'estero. Ritengo che un discorso serio vada fatto oppure occorre prendere atto dell'incapacità di fronteggiare con disinvoltura, con fermezza e grande capacità gli avvenimenti e, soprattutto, gli imperiosi dettami della storia. È questa, a mio avviso, l'occasione per fare una valutazione seria. In questo particolare momento può costituire anche un forte richiamo al Parlamento il fatto di dire «sì» alla missione, ma comprendendo qual è il nostro ruolo nell'ONU, nella Comunità europea. Sono questi i dati forti sui quali dobbiamo soffermare la nostra attenzione. Nel consesso internazionale, nell'ONU, esiste una forte polemica, un disaccordo tra il nostro ed altri paesi per quanto riguarda la riorganizzazione di quell'istituzione e del Consiglio di sicurezza in senso democratico. Dobbiamo capire, nel momento in cui guidiamo le missioni e svolgiamo un ruolo importante sullo scacchiere internazionale, quale sia il nostro peso a livello internazionale, qual è la nostra politica internazionale, qual è la nostra politica nel Mediterraneo e nei Balcani. Sono queste le grandi occasioni, altrimenti facciamo semplicemente i passacarte.
La conversione in legge di un decreto di questo tipo non si può negare; non l'abbiamo mai fatto, con la convinzione e con la consapevolezza dell'importanza di decisioni del genere. Ma tali decisioni devono coinvolgere altri processi a livello internazionale e non vedo nessun segnale e nessuna indicazione incoraggiante di processi di trasformazione della nostra diplomazia e delle nostre Forze armate.
Termino, signor Presidente, anche per lasciare spazio agli altri colleghi che interverranno dopo di me in sede di discussione generale. Questo mio intervento, signor Presidente, non voleva essere rituale. Ho fatto alcune richieste al Governo perché chiarisca alcune situazioni e mi auguro che lo possa fare oggi. Soprattutto


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mi auguro che finalmente prenda l'impegno per una discussione ampia sulla politica estera e della difesa.
Valutiamo in termini positivi - torno a ripeterlo - il fatto che una forza politica dell'area di maggioranza riveda per intero la sua posizione, ma vorrei capirne i motivi: cosa c'è stato di nuovo, di sconvolgente? Qual è stata l'illuminazione, la folgorazione che hanno avuto i nostri amici e colleghi di rifondazione comunista? Certo è che se fosse dipeso dall'impegno o dal disimpegno di rifondazione comunista non avremmo mandato la nostra forza militare in Albania e non ci sarebbe stata nemmeno la folgorazione di oggi da parte di quel gruppo parlamentare! Pertanto, la scelta fatta dai gruppi di opposizione è stata lungimirante; un segnale forte e soprattutto, pensando a quei momenti, incoraggiante per le forze della maggioranza. È stata certamente una scelta importante, fondamentale per il nostro paese. Però, oggi, vogliamo sapere come si ponga il nostro paese nella interlocuzione a livello internazionale e quali siano le iniziative per il futuro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calzavara. Ne ha facoltà.

FABIO CALZAVARA. Farò solo qualche riflessione riguardo a questo tema. Il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania si è schierato contro questo sistema di aiuto militare e politico, non perché siamo contro l'aiuto al popolo albanese, contro la solidarietà o contro qualsiasi iniziativa che possa portare beneficio a chi ne ha bisogno, ma è stata la nostra stessa gente a spingerci ad assumere una posizione contraria in quanto, purtroppo, ci sono stati numerosi esempi, numerose vicissitudini che hanno fatto capire alla gente che queste modalità non sono assolutamente all'altezza e non aiutano in profondità il popolo albanese. Infatti, si è trattato di un'iniziativa assunta con improvvisazione e anche con un malintendimento, nonostante che da parte degli organi di informazione, dei mass media, ci sia il tentativo di pilotare l'opinione pubblica facendole credere che sia stato raggiunto un risultato positivo.
In realtà, la nostra popolazione, soprattutto quella della Padania, dove c'è un forte desiderio di programmazione e di ordine, ha avuto esperienze negative. Infatti, proprio nella Padania alcuni consigli comunali hanno votato ordini del giorno contrari a questo tipo di aiuto, addirittura contrari alla stessa accettazione di profughi albanesi, perché in realtà non si trattava di profughi, ma di persone non controllabili e non controllate. In effetti, questi comuni che hanno approvato ordini del giorno in tal senso hanno avuto esperienze negative con i profughi albanesi precedenti, che si sono rivelati non controllati, che hanno procurato gravissimi danni alle strutture messe generosamente a disposizione dalle nostre comunità e che sono stati protagonisti di ripetuti episodi di violenza ai quali neanche le forze dell'ordine potevano porre rimedio.
Ecco quindi le ragioni di questa contrarietà, che sale dal basso e che diviene ancor più concreta guardando agli aspetti più generali della questione. Anche oggi sulla stampa sono riportati ben tre episodi di criminalità albanese: in Liguria ci sono stati degli accoltellamenti; a Milano sono stati arrestati otto albanesi per aver svaligiato appartamenti e in Veneto ci sono stati episodi di distribuzione di droga che hanno visto implicati sempre gli albanesi.
Questo non deve trarre in inganno e far gridare al razzismo della lega o di chi sottolinea simili episodi sgradevoli, ma semmai dovrebbe ritorcersi contro lo Stato italiano e il Governo che non attua una politica di controllo adeguata. È innegabile, infatti, che uno Stato che non controlla l'immigrazione e permette la permanenza sul proprio territorio di criminali può portare ad un rigetto generalizzato da parte della popolazione, come purtroppo sta avvenendo.
Appare evidente che gli aiuti governativi così come vengono attuati non producono alcun effetto positivo: di questo ci si rende conto non solo dall'esterno, ma anche recandosi in Albania, come ho fatto


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personalmente. Devo dire che nel corso della mia esperienza in Albania come osservatore dell'OSCE, sono rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare che si tratta di un bel paese che ha una grande anima, un popolo energico e grosse risorse dal punto di vista agricolo, turistico e dell'estrazione di metalli. Però questo non può bastare perché le vicissitudini politiche hanno fatto sì che lo Stato si sia praticamente disintegrato, per cui l'operazione di aiuto concreto non può essere limitata al presidio militare o ad interventi generalizzati, ma deve orientarsi necessariamente verso un intervento anche militare molto più deciso.
Occorre, quindi, rivedere i criteri, perché, secondo me e secondo il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania, non c'è speranza e non vi sono possibilità di ritorno a regole civili e ad una politica democratica senza il disarmo e senza la sconfitta delle numerose bande armate che condizionano la vita anche politica del paese, che è stata condizionata anche da cinquant'anni di governo comunista che ha instillato nelle persone una certa visione sociale, negativa dal mio punto di vista: le persone aspettano che lo Stato provveda per loro. È un po' ciò che accade, anche se in maniera diversa, nelle nostre regioni meridionali. Ho constatato personalmente come i proprietari delle abitazioni private non si curino minimamente dei rifiuti che hanno davanti casa perché - così è stato risposto - il servizio di raccolta non funziona.
In proposito, cito un episodio che mi è rimasto impresso: davanti ad uno dei seggi elettorali nei quali dovevamo effettuare i controlli, a circa tre metri di distanza, era crollato il muro di una casa pericolante; ebbene, chi doveva recarsi nel seggio - come noi e la scorta - doveva scavalcare le pietre perché nessuno si prendeva la briga di spostarle. Questi sono segnali che rinforzano la nostra convinzione che, a estremi mali, urgono estremi rimedi.
Un altro esempio è quello dei traffici loschi di droga e di persone che purtroppo, in un disegno internazionale, vedono coinvolte anche la vostra sacra corona unita, la mafia italiana, la mafia russa e la mafia turca. Alcuni ufficiali della nostra forza internazionale di prevenzione mi hanno confidato che, a poca distanza dalla sede del comando generale, vi erano dei depositi controllati da albanesi armati, dove di notte avvenivano dei traffici, diciamo così, piuttosto discutibili. Nello stesso porto di Durazzo - secondo quanto ci hanno confidato gli stessi ufficiali della San Giorgio, che ci hanno accolto cortesemente e protetto in maniera perfetta - controllato dalla polizia albanese, quasi ogni notte attraccavano vari tipi di imbarcazione (dal motoscafo di alto mare alla vera e propria nave mercantile); soldati albanesi sparavano ripetutamente in aria colpi di kalashnikov e di pistola per avvertire sia la polizia albanese che i nostri militari che stavano iniziando delle operazioni di scarico. Naturalmente, con queste premesse possiamo ben immaginare che razza di merci potessero essere! Questo avveniva accanto alla San Giorgio, ad un centinaio di metri da Durazzo e ad un centinaio di metri dal comando generale di Tirana.
La realtà ci dice anche che, per esempio, dai servizi segreti italiani si ha la conferma che la malavita albanese praticamente ormai controlla le regioni della Padania, il traffico della prostituzione e sta spodestando e soppiantando le altre mafie di vario tipo e colore anche per quanto riguarda il traffico della droga. Ciò si collega anche ad un disegno di carattere internazionale e a tale riguardo il Governo e la politica italiana hanno delle connivenze purtroppo ancora non chiarite, per non parlare del supporto delle famose finanziarie piramidali che ci riconducono alla Banca italo-albanese e ai collegamenti con le cooperative rosse, che complicano questo gioco internazionale.
Al di là di qualche «mezzuccio» che noi dobbiamo continuare a dare al popolo albanese, resta il fatto che si deve arrivare assolutamente ad una soluzione del problema. Le nostre forze, le forze europee (ovviamente con l'aiuto di quelle albanesi), devono imporre il disarmo della criminalità. Solo in questo modo si potrà rag


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giungere una situazione di stabilità politica e di sicurezza economica, necessaria perché anche in Albania possano operare forze economiche e imprenditrici non solo italiane ma di tutta Europa (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Presidente, onorevoli colleghi, la verità dell'Albania la si conoscerà tra qualche anno. I fatti delle finanziarie e il loro crack, qualche mafioso fregato - penso che così si possa dire -, qualche connivenza anche molto più a nord della Puglia, qualche sparo - banalmente! - ed ecco il pronto intervento di questa forza internazionale! Qualcuno ha detto: mancano gli Stati Uniti perché è una «guerra di poveri», e gli Stati Uniti non vanno dove non c'è petrolio!
Andiamo quindi noi, con una forza internazionale (secondo i dati che abbiamo 5 mila italiani, 24 - ripeto, 24 - sloveni, 20 danesi, 18 belgi).
Questa è la situazione internazionale, questo è il quadro di una missione di pace finalizzata ad aiutare l'Albania a rimettersi sulla giusta strada, anche se, proprio alla luce di quanto ho appena detto, appare evidente come in realtà non si sia raggiunto lo scopo. Anzi, sulle reti televisive viene denigrata la nostra Marina - fatto vergognoso cui si sono prestati anche i nostri governanti - perché qualcuno ha deciso di buttarsi sotto la prua della nave italiana che stava effettuando un'operazione di controllo nel canale di Otranto oppure perché la «Vittorio Veneto» si è incagliata.
Oltre a ciò, va rilevato come, nonostante da mesi si cerchi di affrontare il problema, sia ulteriormente aumentato il flusso degli albanesi che giungono in Italia. Si doveva realizzare un blocco e si sarebbero dovuti effettuare i controlli, eppure giungono clandestinamente nel nostro paese molti più albanesi di quanti forse ne erano arrivati in precedenza.
Qualcuno ci dovrà dire quale sia la verità perché non si riesce a capire per quale motivo dovremmo continuare a rimanere in Albania visto che non offriamo alcuna protezione ai nostri imprenditori. Forse taluno, tra cui anche qualche collega, si è divertito a effettuare il controllo delle schede elettorali e ne ha approfittato per farsi qualche bagno, ma non si è fatto in realtà molto di più.
Ad oggi sono dispersi per l'Italia almeno ventimila albanesi che non sappiamo neppure dove realmente si trovino. Siamo arrivati addirittura ad offrire 500 mila lire a persona pur di rimandarli a casa. È un fatto incredibile! Solo da noi succedono queste cose!
L'alpino Vaira purtroppo non c'è più e non potrà raccontare ai suoi figli che cosa fosse l'Albania. Il fatto è che per prima cosa in una missione di tale natura si sarebbero dovute togliere le armi a coloro che girano armati e che spadroneggiano in Albania.
Ebbene, in un simile quadro, ci si viene a chiedere di consentire una proroga della partecipazione italiana alla missione in Albania di ancora un mese. Ma a cosa serve un mese? Pensate che un mese vi consenta, se non ripristinate l'ordine, di aiutare l'Albania a rimettersi in carreggiata? Io credo vi sia un po' di confusione.
Lo scopo della missione è la solidarietà, ma pare che la solidarietà si trasformi, come al solito, in assistenzialismo. Stanzieremo quindi altri miliardi per una missione il cui costo già si aggira sui 100 mila miliardi, anzi, mi correggono, sui 100 miliardi. Ditemi se non era meglio spendere questi soldi in altra maniera!
Aggiungo solo che il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania non era favorevole quando venne deciso l'invio delle nostre truppe e non lo è ora perché in realtà non si riuscirà a raggiungere lo scopo. Infatti, la missione è partita male e non è riuscita nel suo scopo. Si trattava di effettuare un controllo di quanti ancora oggi sono i padroni dell'Albania e che lo saranno sempre, se non si prenderanno altri provvedimenti


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(Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gnaga. Ne ha facoltà.

SIMONE GNAGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, per l'ennesima volta in poco tempo ci troviamo ad occuparci della questione della nostra missione in Albania e ci troviamo a dibattere circa le ragioni più o meno valide che dovrebbero giustificare la presenza delle nostre truppe in quel paese. Mi ricollego a quanto detto dal collega Chiappori per far presente che a questa missione realizzata da una forza multinazionale di pace alcuni Stati partecipano solo con l'invio di qualche decina di uomini. Certo, si tratta di militari specializzati, sia gli sloveni che i belgi sono militari che operano negli ospedali da campo presenti sia a Scutari che a Tirana, però si tratta di 24 e di 18 uomini. Si tratta, quindi, di una forza multinazionale che in realtà è essenzialmente formata da italiani. Vi è anche una rilevante partecipazione francese, ma gli altri paesi danno un minimo contributo da un punto di vista quantitativo, anche se non qualitativo, sia ben inteso.
L'Italia si è addossato l'onere di questa missione e, stando alle dichiarazioni di alcuni colleghi, intende addossarsene anche gli onori. Ho sentito parlare di riqualificazione della nostra presenza in Albania, ma io non credo che ci sia nulla da fare al riguardo perché la nostra presenza in tale paese non è mai stata qualificata, semmai occorre creare una vera e propria presenza qualificata (dico questo perché i risultati della missione li conosciamo tutti). Fra l'altro l'operazione «Pellicano 1» che prevedeva aiuti e distribuzione di uomini sul territorio albanese è fallita, altrimenti non saremmo oggi a discutere della prosecuzione della partecipazione italiana alla missione in Albania.
Alcuni colleghi hanno fatto riferimento ad un ruolo prestigioso dell'Italia nello scacchiere internazionale, ma anche in questo caso un ruolo del genere non si riveste inviando soldati in Albania, bensì impedendone l'invio nello stesso territorio italiano. Questa è una vergogna! Siamo l'unico paese democratico dell'occidente che invia soldati sul proprio territorio per controllare l'ordine pubblico. Possiamo inviare nostri soldati in qualsiasi parte del mondo ma nessuno potrà garantirci il prestigio nello scacchiere internazionale se utilizziamo i nostri soldati all'interno del territorio nazionale (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Non diciamo cose che sono completamente al di fuori della realtà!
Altri hanno fatto cenno a «folgorazioni» che hanno colpito rifondazione comunista. Ebbene, non dimentichiamo che questa missione è nata sotto il segno dell'ambiguità, in primo luogo quella diplomatica. Nessuno sa cosa sia accaduto, nessuno conosce quali siano i rapporti diplomatici che mantiene la nostra rappresentanza a Tirana, nessuno sa nulla in merito ad una sfortunata partecipazione delle nostre Forze armate, che avrebbe dovuto suonare come un campanello d'allarme per il nostro Governo. Mi riferisco all'episodio del 28 marzo scorso, allorché un'imbarcazione con a borgo profughi albanesi si è inabissata a causa della collisione con una motovedetta della nostra marina militare. Ho parlato di campanello d'allarme perché già allora si sarebbe dovuto capire che cosa sarebbe successo poi con la Folgore; voglio dire che gli stessi soggetti politici del Governo e della maggioranza hanno cominciato a rivolgere attacchi alle Forze armate. Dopo qualche settimana vi sono stati gli episodi relativi alla Somalia, che tutti conosciamo ma sui quali non voglio dilungarmi.
Sia nel caso della Somalia sia in quello dell'Albania il Governo ha permesso che suoi rappresentanti e appartenenti alla maggioranza rivolgessero pesanti attacchi alle nostre Forze armate. Immaginiamo dunque come si possano essere sentiti garantiti i nostri militari, soprattutto quelli della Folgore cioè quelli che - stando alle notizie di stampa - sono destinati a rimanere in Albania oltre il


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termine fissato per la missione «Alba», a seguito di accordi bilaterali assunti dal Governo. Immaginiamo dunque come si siano sentiti allorché non hanno ricevuto l'appoggio né di una parte del Governo né di una parte della maggioranza! Quest'ambiguità però non si è registrata solo nella maggioranza ma anche all'interno del Polo, tant'è vero che il Polo ha permesso il salvataggio di questo Governo allorché fu posta la fiducia. Perché avvenne tutto questo? In nome del prestigio internazionale? O per rimediare a errori passati?
Non si sa bene perché tale missione sia nata, anche se la motivazione è facile da intuire, quella cioè di impedire l'esodo di profughi che provengono dall'Albania, e non albanesi, se ricordate bene. Questo non è vero: si è constatato infatti che i profughi albanesi hanno continuato ad arrivare in Italia; anzi, venti giorni fa si è verificato che da una nave albanese con dei profughi si è sparato contro una motovedetta della Guardia costiera. Il flusso di profughi albanesi è quindi aumentato!
Oltre tutto parte di questi profughi (questo argomento non è oggetto del disegno di legge di conversione n.4041, ma in ogni caso rientra nell'ambiguità della missione) giunti in Italia sono scomparsi nel nulla. Dei circa 12 mila albanesi, infatti, giunti in Italia, non si sa nulla di ben 4 mila di essi, come è stato ammesso anche dal Ministero dell'interno!
Non solo, ma se ciò non bastasse questo Governo promette e propone altri tipi di sanatoria che sono a dir poco vergognosi; mi riferisco ad esempio alle 500 mila lire che si erogano agli albanesi adulti per lasciare l'Italia e alle 150 mila lire per i bambini.
Tali questioni, pur non rientrando nel provvedimento oggi al nostro esame, fanno tutte parte di quella ambiguità e di quella incapacità politica, diplomatica, di politica interna ed estera dimostrate dal Governo in carica. Si è trattato di una incapacità tale che praticamente adesso si richiama come giustificazione il fatto che le elezioni sarebbero andate bene e che vi sarebbe stata una consultazione elettorale democratica. Io direi, piuttosto, che è stata una consultazione elettorale nel corso della quale non vi sono stati scontri veri e propri. Tuttavia, sia bene inteso che i parametri ai quali si ricorre per definire quella consultazione elettorale democratica sono del tutto diversi da quelli che possono essere validi in un qualunque regime democratico. Cito ad esempio il caso del «voto familiare» - che è stato rilevato da qualsiasi osservatore occidentale, sul quale i rappresentanti di lista dei socialisti, dei democratici o di altro, non hanno protestato - che è una prassi normale e accettata in quel paese: nella sostanza, si è verificato che talune persone abbiano votato per cinque o sei componenti il proprio nucleo familiare! Pur essendo un principio che in quel paese viene accettato, non si tratta certo di un'indicatore di alta democrazia!
Lo stesso discorso si può fare rispetto al fatto che i rappresentanti di lista siano entrati nelle cabine elettorali per indicare ai cittadini come si votava! Tutto ciò si è verificato davanti agli occhi di tutti e nessuno dei rappresentanti di lista albanesi ha protestato; è quindi giusto accettare quello che è stato l'esito di tale consultazione elettorale.
Peraltro, dall'esame dei dati OSCE, risulta che la monarchia abbia ottenuto veramente quel 33 per cento dei consensi nel referendum istituzionale. Ciò dimostra quindi che, se vogliamo veramente raggiungere un risultato positivo (mi riferisco non alla presenza dei nostri soldati in quel paese, ma ad un contributo vero dell'occidente per consentire ad uno Stato, ad un regime, di ritornare ad appropriarsi della propria presenza sul territorio), non sono sufficienti 45 giorni; è necessario invece un intervento vero, razionale, preciso e programmato da qui a cinque anni! Questo è quanto serve all'Albania e non operazioni del tipo «Pellicano 1» per garantire la distribuzione dei viveri sul territorio (ciò peraltro non è avvenuto nel corso di quella operazione).
Ribadisco che è necessaria una vera programmazione dell'intervento perché, se


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pensate che il 33 per cento degli albanesi ha espresso un voto favorevole alla monarchia (pur non essendo l'Albania uno Stato che ha rilevanti tradizioni monarchiche), ciò dovrebbe indurvi a fare una riflessione estremamente più profonda relativamente non agli interventi dell'Italia, ma a tutta la politica complessiva nei riguardi di quel paese.
Ho sentito parlare dell'area dei Balcani e di altro; non facciamo discorsi di carattere coloniale: quella non è una zona di nostra influenza, anche se noi vogliamo essere per forza la «portaerei» dell'occidente sul Mediterraneo! E non è nemmeno vero che in questo caso (per fortuna, per la prima volta) non vi sarà l'intervento della NATO. Guardate, colleghi, che per qualsiasi azione (e questo è di fronte agli occhi di tutti) se non vi fosse l'intervento diretto o indiretto della NATO, qualsiasi organismo internazionale (la UEO, il Consiglio d'Europa o persino il Parlamento europeo) non avrebbe la possibilità di intervenire. Purtroppo, quello che è successo in Bosnia - che è assai ben più grave di quello che per fortuna non è accaduto in Albania - ne è una prova ed una testimonianza.
Vorrei concludere il mio intervento sottolineando che la lega nord ha sempre mantenuto una posizione di coerenza su tale vicenda, esprimendosi fin dall'inizio contro l'invio di quella missione. Lo ha fatto non perché non fosse necessario affrontare il problema, ma perché non avevamo fiducia nei risultati che si sarebbero potuti raggiungere: del resto, non si può dimenticare la mancanza di risultati che si è registrata nell'operazione «Pellicano 1» in tutti questi anni di intervento!
Nell'esprimere l'augurio che la sfortuna che ha contrassegnato questa missione fin dall'inizio non prosegua e la nostra partecipazione ai militari presenti in Albania, sottolineo che quei giovani, quei militari sono sottoposti in questo caso a sfruttamento: non si capisce infatti cosa stiano a fare in Albania. Non dimentichiamo che c'è una parte del paese, nel sud e nel nord, dove non si è votato: vi sono collegi elettorali, anche se si tratta di una piccola parte del territorio, dove ancora non si è proceduto al secondo turno. Non dimentichiamocelo! Non è vero, quindi, che su tutto il territorio albanese è stato garantito totalmente il regime democratico a seguito della consultazione elettorale, come non è vero che questa missione dovrebbe anche avere uno sbocco di carattere internazionale: questo sbocco non l'avrà la missione, ma lo avranno i susseguenti rapporti bilaterali tra le parti.
Vorrei ricordare un'ultima questione. In Albania sono presenti piccoli e medi imprenditori italiani; ebbene non si tratta di gente che ha investito miliardi, ma qualche decina o centinaia di milioni. Questi imprenditori hanno voluto incontrare anche le delegazioni occidentali, tra le quali quella italiana, e ci siamo incontrati. Ma non tutte le forze politiche hanno voluto partecipare all'incontro (è bene che ciascuno si assuma la responsabilità delle proprie azioni): hanno infatti rifiutato di parteciparvi quelle forze politiche sempre pronte ad incontrare le associazioni sociali, a supportare qualsiasi associazione di volontariato. Non hanno voluto incontrare, invece, quegli imprenditori italiani che hanno investito qualche centinaia di milioni. Certo, l'hanno fatto per i propri guadagni, non c'è alcun dubbio, ma in uno Stato nel quale deve nascere un regime di mercato questa gente procura anche lavoro. A questo incontro, ripeto, si sono rifiutati di partecipare esponenti sia della maggioranza sia del Governo. È bene che questo si sappia. Questo Governo dovrebbe invece fornire le adeguate garanzie anche a questi piccoli e medi imprenditori italiani - non soltanto alle leghe delle cooperative o ai grandi imprenditori - che in Albania possono aiutare la crescita di quella piccola e media impresa che è la base per la nascita di un vero regime liberale (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Niccolini. Ne ha facoltà.

GUALBERTO NICCOLINI. Signor Presidente, non ho potuto seguire il dibattito


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dall'inizio perché ero impegnato in Commissione; ho ascoltato, comunque, tante verità ed anche tante interpretazioni che non condivido sulla vicenda albanese. Mi riallaccio alla conclusione del collega Gnaga per esprimere la mia indignazione al rifiuto che alcune forze politiche presenti in Albania al momento delle elezioni hanno opposto all'incontro con una quindicina di imprenditori italiani superstiti, tra gli ultimi rimasti in una situazione drammaticissima, perché ritenuti sfruttatori e affamatori del popolo albanese. Si è trattato di un gesto di disistima nei confronti di persone che hanno sacrificato capitali ed anche un modo di vita portando, per un periodo di tempo almeno, un barlume di movimento di capitali in un paese estremamente sventurato.
Indubbiamente l'Albania è un caso di estremo interesse ma anche di estrema desolazione. Rispetto ad altri paesi usciti dalle guerre più o meno recenti il dramma albanese è tutto nella non volontà del popolo di ritornare a galla, nella incultura democratica, nella incultura di uno Stato che evidentemente non ha mai avuto la fortuna di essere uno Stato come gli altri. La mancanza di cultura democratica può giustificare episodi quali il voto familiare o altre situazioni che per noi sono abnormi, ma che in quel paese rappresentano appena un primo gradino verso una normalizzazione democratica che non può avvenire in tempi molto brevi. La storia dell'Albania è chiaramente quella che è, quindi la preparazione e la cultura di questo popolo sono quelle che sono. Si nota la mancanza di una volontà di ricostruzione, di uscire dalla situazione presente. Questo sarà il grande vero impegno dell'Italia e dell'Europa in un contesto più che militare, culturale ed economico.
Abbiamo già discusso del problema relativo alla missione in precedenti dibattiti, quello iniziale e quello per la concessione della prima proroga; dico subito che voteremo a favore anche di questa seconda proroga. Aggiungo che probabilmente saremo chiamati a votarne altre. Tuttavia, il vero problema è consistito nella limitatezza dei compiti affidati dall'ONU alle nostre truppe; infatti, i compiti assegnatici erano talmente limitati da rendere pressoché impossibile un intervento concreto in direzione della normalizzazione.
Già nei precedenti dibattiti avevamo chiesto che alle richieste ONU e NATO di proseguire la missione militare affidata, per la prima volta nella storia, al nostro paese, si potesse affiancare un ampliamento delle funzioni e delle regole di ingaggio, così da mettere i nostri militari nelle condizioni di poter intervenire realmente in certe situazioni allucinanti, drammatiche ed estremamente violente. Da questo punto di vista non si è ottenuto niente, ed abbiamo continuato ad operare in estrema difficoltà ed appunto con tutte le limitazioni che ricordavo.
Ciò che comunque tutti gli osservatori occidentali hanno potuto rilevare, nel corso delle periodiche visite effettuate in Albania, è stato l'altissimo livello di professionalità, di serietà e di impegno dimostrato dalle nostre Forze armate. Tale riconoscimento è venuto anche da paesi notoriamente molto severi nei nostri confronti, mi riferisco per esempio alla Francia ed all'Inghilterra, che hanno apprezzato sia nei comandi, sia nei sottufficiali, sia nelle truppe questa grande professionalità, il che ha risvegliato l'orgoglio di essere italiani anche in chi ogni tanto nel nostro paese vede tale orgoglio svilito.
Abbiamo potuto constatare di persona, visitando le installazioni militari dei nostri carabinieri e dei nostri bersaglieri, che la presenza è stato un fattore importante. Certo, non sono stati disarmati i banditi dell'Albania del sud o del nord, ma è stato l'ONU a non consentirci di farlo. Tuttavia la presenza continua delle truppe sul territorio ha ridotto l'aggressività di molte bande albanesi ed ha permesso lo svolgimento, anche se non regolare secondo i nostri parametri, ma abbastanza regolare nella situazione albanese, delle consultazioni elettorali. La campagna elettorale si è potuta svolgere pur in una situazione assai drammatica. Infatti, solo a Tirana tutte le forze politiche, di destra e di


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sinistra, hanno potuto essere presenti sulle piazze; nel sud, Berisha non è potuto andare, mentre nel nord, non ha potuto recarsi Nano. Tuttavia, torno a ripeterlo, questa situazione era provocata soprattutto dagli ambiti ristretti del mandato internazionale affidato al nostro paese.
Credo che oggi non si possa non approvare il disegno di legge in discussione, cioè la prosecuzione del mandato per il nostro paese. Probabilmente - lo ripeto - non sarà l'ultima volta in cui parleremo di Albania in questa aula, forse dovremo nuovamente discutere circa la possibilità, i tempi, le modalità di prosecuzione della nostra missione militare.
Ritengo che il compito dell'Italia sia estremamente gravoso: un paese a pochi chilometri dai nostri confini, in una situazione del genere rappresenta una mina nel cuore dell'Adriatico, quindi nel cuore del Mediterraneo e dell'Europa. Il nostro paese è dunque inevitabilmente il più coinvolto. Non c'è solo l'Albania; sappiamo benissimo che tutto il territorio confinante, cioè tutti i Balcani, sono un vulcano che può scoppiare da un momento all'altro.
Quindi, la presenza italiana - diplomatica, culturale, economica ma anche militare -, secondo me, va preservata e garantita.
Ribadisco che, comunque sia, in queste missioni un allargamento del mandato da parte delle Nazioni Unite è auspicabile proprio per poter svolgere meglio il compito che ci si prefigge, un compito che, alla lunga - sappiamo che non può durare un mese o 15 giorni -, vorrebbe favorire la situazione nel paese in modo che tutti coloro che oggi hanno voglia, fretta, bisogno od urgenza di scappare possano rimanere in Albania.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Furio Colombo. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, intervengo perché negli ultimi tre interventi sono state fatte affermazioni inesatte che vorrei far notare, se non altro perché queste precisazioni rimanessero agli atti della seduta odierna.
Nell'intervento del primo esponente della lega che ho ascoltato, è stato detto che gli americani in Albania non ci sono perché non vanno dove non c'è petrolio. Mi permetto di far notare che questa affermazione è erronea, perché gli americani hanno fatto nell'isola di Haiti esattamente ciò che abbiamo fatto noi in Albania.

GIACOMO CHIAPPORI. Ci sono andati a nuotare!

FURIO COLOMBO. Lo hanno fatto con la loro Albania e, se posso aggiungerlo per affermare una verità che riguarda le forze armate italiane, hanno operato meno bene che non gli italiani in Albania, con minore cautela nei confronti del paese la cui democrazia hanno cercato di ripristinare, con più tono militare e meno attenzione a non invadere e a non occupare. Invece, quelli di noi che si sono recati in Albania hanno constatato - Niccolini ne è testimone, ma credo anche l'onorevole Gnaga; il primo lo ha appena detto, mentre l'onorevole Gnaga lo ha testé negato e francamente non saprei dire perché, vista la sua partecipazione appassionata, intelligente e costante nella missione che abbiamo svolto in Albania nei giorni delle elezioni - che il comportamento italiano in quel paese è stato assolutamente impeccabile, intelligente e condotto con una formula nuova di non interferenza, di non intervento, di non occupazione. Tale comportamento ha meritato già sul momento il nostro sostegno pressoché unanime e vale la pena che venga ricordato in quest'aula.
Sono un po' stupito dall'onorevole Gnaga perché egli è stato uno dei partecipanti più attivi e sempre presente in tutti i rapporti che abbiamo intrattenuto con i militari italiani. Egli è stato testimone come noi di una formula estremamente efficace, ma anche estremamente rispettosa, di presenza militare. Probabilmente - se posso dirlo - si è trattato di una formula nuova nella quale si è cercato di non dare mai l'impressione dell'occupazione ed era veramente difficile farlo.


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Il problema della difesa, per esempio - questa è una correzione importante per i colleghi che non hanno potuto occuparsi direttamente della questione -, dell'avere scelto - ed era una scelta difficile - di non difendere direttamente né presidiare gli interessi italiani ha significato davvero un altro modo di assicurare la presenza militare a nome dell'Europa e non la difesa di interessi specifici, per quanto umanamente importanti. La difesa di quegli interessi, infatti, avrebbe definito la presenza italiana come quella di una forza di occupazione. Ciò non è stato ed è bene ricordarlo, perché la presenza italiana è stata disegnata con grande cautela.
Si è parlato di brutta figura. Le brutte figure sono quelle cose che riescono male agli occhi degli altri. Nessuno di noi direbbe che ha fatto una brutta figura chiuso da solo nella propria cucina. Le brutte figure bisogna farle in pubblico e, dunque, bisogna che il pubblico la registri. Ebbene, amici e colleghi che così volentieri parlate di una brutta figura italiana in Albania, sulla stampa internazionale - per chi abbia la pazienza di leggerla - non c'è traccia di una brutta figura italiana. Non c'è traccia di una brutta figura italiana, mentre c'è traccia di molti elogi, di molta meraviglia, di molto sostegno, di molto apprezzamento. Pensare che il fatto che una nave si sia arenata per mezza giornata su un banco di sabbia sia stata una figura brutta e goffa è una sciocchezza perché, quando il fatto era avvenuto e ci si era precipitati a dire con gioia che la marina italiana usciva distrutta da tale episodio, ho ricordato che esattamente lo stesso evento era accaduto ad un incrociatore americano proprio nella loro Albania, in occasione di uno sbarco ad Haiti. E nessuno nel mondo ha mai pensato che la marina americana avesse fatto una brutta figura! Sono gli incidenti di percorso che accadono a chiunque agisca (Commenti del deputato Chincarini).
Non vedo quindi perché ci dovrebbero confortare dei fatti non veri. Non è vero, per esempio, che siano aumentati i profughi albanesi in Italia nel corso di questa missione; è vero invece che sono diminuiti, ed è impossibile sostenere che sono aumentati.

NICANDRO MARINACCI. Ormai sono scappati tutti! Non sappiamo dove sono.

FURIO COLOMBO. Non ho visto queste cifre e non le ha viste nessun altro, ad eccezione di coloro che affermano questo. Da nessun titolo di giornale dell'ultimo mese o degli ultimi due mesi risulta che i profughi albanesi sono aumentati in Italia; è una notizia di cui gli altri non dispongono. Evidentemente viaggia segretamente! Tutti i giornali, compresa la stampa più vicina a coloro che lo affermano, non fanno menzione di questa notizia.
Vi è un punto inesatto negli interventi sia dell'onorevole Gnaga sia dell'onorevole Niccolini, quello riguardante il rapporto con coloro che rappresentano il lavoro italiano in Albania. Io non solo ho partecipato ma credo anche di aver promosso, insieme con l'onorevole Niccolini e con altri, l'incontro con i rappresentanti in questione; non so che cosa abbiano fatto gli altri colleghi (ma sono sicuro, dato lo spirito che si era creato in quella riunione, che lo abbiano fatto quanto me), ma io ho mantenuto il rapporto con i rappresentanti delle organizzazioni italiane che creano lavoro in Albania, sia telefonicamente sia per via epistolare. Ieri era a Roma il presidente dell'associazione degli imprenditori italiani in Albania, il quale ha avuto materiale e documenti per quella ricerca legittima di credito per cui si chiede assistenza al Parlamento. Lo abbiamo fatto, lo stiamo facendo e molti di noi non hanno alcuna intenzione di interrompere quel filo; non c'è stato isolamento, lo abbiamo fatto insieme e continuiamo a farlo. Ieri, nel promemoria dell'attività svolta in questo periodo che ho dato al presidente dell'associazione degli imprenditori italiani in Albania, mi sono permesso di parlare a nome della maggioranza, ma anche dell'opposizione, affermando che sia la maggioranza sia


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l'opposizione confermano agli imprenditori italiani in Albania che non saranno abbandonati e che verrà sostenuto il loro desiderio di mantenere ed espandere la loro attività di lavoro.
Vorrei infine ricordare che quanti di noi erano presenti durante la verifica delle elezioni (questo discorso vale per noi della maggioranza ma anche per i colleghi dell'opposizione) hanno dato lo stesso appassionato contributo, con molta fiducia e con il desiderio di fare in modo che accadesse quello che per fortuna è accaduto, cioè lo svolgimento di elezioni democratiche. Dispiace sentire l'onorevole Gnaga, il quale ha lavorato quanto noi, con la stessa passione, con la stessa presenza e disponibilità a correre da un punto all'altro, e con noi ha partecipato alla riunione dell'OSCE e insieme a noi e a tutti i non italiani che hanno partecipato a quella riunione ha detto al resto del mondo che quelle elezioni erano credibili, oggi, per ragioni che hanno a che fare con altri equilibri e con altri modi di rappresentare la situazione, affermare oggi che invece non è andata così. È andata così, perché ne va del nostro onore e del nostro impegno, quello di tutti coloro che lo hanno certificato, italiani e non italiani, compreso l'onorevole Gnaga, che è stato uno dei più valorosi tra coloro che hanno partecipato a questa impresa.
Tutto ciò ha creato fra coloro che hanno partecipato a tale verifica un legame di lealtà e di rapporto con questa realtà, che credo continuerà al di fuori delle varie venature del nostro lavoro quotidiano all'interno di questa Camera.
Credevo - e voglio credere ancora - che ciò valesse anche per l'onorevole Gnaga che, lo ripeto, ha partecipato a questo lavoro comune con la stessa passione, con la stessa intensità quotidiana, con lo stesso desiderio di accertare che quello che è avvenuto, in conclusione, non può essere dichiarato un fallimento.
Si voleva che vi fossero elezioni democratiche e vi sono state; si voleva che si formasse democraticamente un Governo e si è formato. Vi è una ragione per questo breve prolungamento della missione ed è bene che si conceda. Io non auspicherei, onorevole Niccolini, che continuasse indefinitamente, perché è tipico di queste missioni - ce lo insegna il mondo - che vengano contenute in tempi ragionevoli. Non è stata un fallimento, non è stata sbagliata, è stata fatta con intelligenza e condotta con bravura: credo debba essere contenuta nel tempo per ragioni che riguardano i nostri complessivi equilibri anche nazionali. Più di tanto non si può fare, ma quel tanto che si è fatto è giusto che venga riconosciuto in questo Parlamento da tutte le voci che vi hanno partecipato (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero ribadire chiaramente e sinteticamente alcune cose che stanno a cuore ai deputati del gruppo di alleanza nazionale.
La prima: era necessario, inevitabile e doveroso partecipare, anche con il ruolo di protagonista che i consessi internazionali hanno assegnato all'Italia, a questa missione in terra d'Albania.
La seconda: non bisognava far mancare i supporti, le strumentazioni, i finanziamenti, le dotazioni, il sostegno e la solidarietà politica alla missione.
La terza: i nostri militari hanno adempiuto con onore ed efficienza per quanto era in ogni loro possibilità all'incarico loro assegnato. Hanno compiuto anche notevoli sacrifici ed abbiamo, dunque, dovuto registrare una dimostrazione di efficienza e di grande impegno, con riferimento a coloro che professionalmente sono dediti a questo lavoro e a questo servizio allo Stato, ma anche a quanti, pur volontariamente presenti, non hanno tale rapporto professionale.
La quarta: non siamo soddisfatti della conduzione politica della operazione stessa.
La quinta: non si può, evidentemente, negare l'assenso ad uno strumento normativo


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che prevede un prolungamento della missione limitato al tempo necessario al rientro delle nostre truppe in patria.
La sesta: l'esperienza che la nostra nazione e le nostre Forze armate hanno vissuto ci consegna un insieme di dati che devono rappresentare la base per un ripensamento critico, riorganizzativo e politico di evenienze di questo genere, con riferimento sia specificamente all'Albania sia più vastamente ad altre emergenze che possano creare situazioni non dico identiche ma, per lo meno, analoghe o assimilabili a questa di Albania.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, in alcuni interventi nelle file della maggioranza - mi riferisco in particolare a quelli del relatore, onorevole Ruffino, e dell'onorevole Furio Colombo - si è riscontrata una specie di contraddizione strisciante nella valutazione della missione. Per un verso, si tende a valorizzare al massimo i risultati della missione stessa, dicendo (mi riferisco alle loro espressioni, parola più parola meno) che abbiamo consentito di creare le condizioni per elezioni legittime e democratiche e che abbiamo conseguito una serie di risultati positivi. In sostanza si tende a valorizzare gli effetti della missione di fronte alla critica - di chi non la pensa allo stesso modo - di non aver conseguito risultati particolarmente importanti e percepibili. Per altro verso - di fronte alle obiezioni di noi che dimostriamo una certa insoddisfazione rispetto alla conduzione politica ed alla individuazione politica di obiettivi, nonché rispetto alla valutazione dei risultati sul piano più specificamente politico -, si tende a dire: di più non potevate pretendere - né oggi potete pretendere - in termini di consuntivo, perché il mandato dell'ONU era limitato; di conseguenza le vostre critiche potrebbero essere addirittura ingenerose, perché non altro potevamo fare. Così: non potevamo disarmare le bande, non potevamo intervenire a dirimere contrasti locali, non eravamo nelle condizioni e non avevamo titolo per difendere beni, industrie e persone della nostra imprenditoria in Albania.
Dunque, come vi renderete conto, si tratta di una contraddizione abbastanza palese, determinata da una valutazione tutt'altro che soddisfatta sul piano della conduzione politica dell'operazione stessa.
La nostra non è una contraddizione, perché quanto più un'opposizione nazionale dotata di senso dello Stato - quale noi riteniamo d'essere - si induce a condividere la responsabilità iniziale di deliberare l'invio di una missione, tanto più ha titolo di dichiararsi eventualmente insoddisfatta o di criticare le modalità di espletamento della missione stessa, sul piano della sua caratterizzazione politica internazionale.
Per non soffermarmi su tutti i punti che sono stati trattati, mi limiterò a dare qualche esempio che riteniamo di particolare rilevanza.
Si dice: abbiamo garantito condizioni di legittimità per la consultazione elettorale. Al di là delle sfaccettature e delle opinioni, che sono tutte rispettabili (e magari sostenute anche in rispettiva buona fede da un versante e dall'altro), vorrei aggiungere la mia alla testimonianza di altri colleghi.
Avendo fatto parte della delegazione parlamentare italiana in visita alle Forze armate, posso dire che il comandante militare della nostra missione ci sconsigliò la visita nella parte meridionale del paese, perché avrebbe potuto esporre noi stessi a rischi sull'incolumità. In sostanza era in una condizione di non sicurezza perfino la delegazione parlamentare del paese che, con funzione protagonistica, aveva inviato le proprie forze armate nell'adempimento di una missione deliberata. Al di là delle nostre modeste persone, una delegazione di questo tipo avrebbe dovuto considerarsi particolarmente autorevole, garantita e teoricamente rispettata anche dai cittadini del paese ospitante. Non penso che questa testimonianza varrà di più di quella di altri colleghi, tuttavia non credo che potrà valere di meno. Conseguentemente, non è facile dire che la sicurezza e le condizioni di agibilità e di attendibilità di quella consultazione elettorale siano state garantite, a meno di non


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essere così puerili da ritenere che quelle condizioni siano state realizzate per il fatto che i risultati ufficiali hanno dichiarato vincente una certa parte piuttosto che un'altra (sarebbe un esempio di angolazione visuale distorta o perfino di puerilità di giudizio, che credo vorremo risparmiarci reciprocamente).
Dirò di più. Ci sono aspetti che andrebbero approfonditi. Come ci si può trincerare dietro la limitatezza del mandato per dimenticare o fare finta di credere che la gente non abbia appreso con costernazione, con sconcerto che addirittura imprenditori italiani siano stati nella condizione di emergenza di doversi autodifendere, di dover passare a vie di fatto per tutelare l'integrità delle proprie aziende, la sicurezza della propria persona e dei propri beni, mentre vi era un contingente militare principalmente italiano su quel territorio? Possiamo fare qui tutte le disquisizioni tecnico-giuridiche di diritto nazionale e internazionale che vogliamo, ma non è possibile che i cittadini, che sono coloro che ci ascoltano e dedicano attenzione alle nostre cose, possano essere soddisfatti, tranquillizzati e convinti da tutto questo.
Vorrei anche sottolineare, poiché qualcuno ne ha fatto parola proprio adesso, riferendosi agli incontri con la delegazione degli imprenditori, che gli impegni assunti dal Presidente Prodi nel corso dell'incontro del 26 maggio con una delegazione degli imprenditori erano concreti, non rimasero cioè a livello di buone intenzioni. Si parlò testualmente di impegni finalizzati a stanziare 30 miliardi per la costituzione di un fondo di garanzia che potesse conferire finanziamenti a medio termine. Ebbene, vorremmo sapere - non solo gli imprenditori, ma tutti noi - quale attuazione pratica, quale seguito concreto abbiano avuto questi impegni. Al momento attuale non mi risulta che abbiano avuto effetti concreti.
Tutti questi sono elementi importanti, così come la contraddittorietà dei dati relativi all'emigrazione più o meno sregolata e incontrollata di cittadini albanesi verso le nostre coste, verso il nostro paese. Tutto questo ha trovato un riscontro, un consuntivo politico e pratico da parte del Governo? Non possiamo dirlo ed ecco perché affermiamo che è atto di coerenza dovuto esprimere un voto favorevole sul testo del provvedimento. Un provvedimento laconico, particolarmente asciutto, che non deve autorizzare nessuno a particolari giudizi di valore sul bilancio politico del modo in cui l'operazione è stata condotta. In particolare, per quanto riguarda lo stato della situazione, riteniamo che si tratti di un prolungamento squisitamente finalizzato alle corrette, organizzate operazioni di rientro delle truppe che avevamo mandato in terra d'Albania. Di qui, onorevoli colleghi, a fare quanto mi permetto di intravedere nelle dichiarazioni dell'egregio collega Furio Colombo, ossia una celebrazione dell'impotenza che si può essere sofferta durante la presenza delle nostre Forze armate in Albania, mi pare che ce ne corra. Quale possa essere l'amor di tesi di un parlamentare della maggioranza - oltretutto particolarmente competente - mi sembra che si configuri come la difesa di una causa perduta.
Ecco perché le cinque motivazioni che ho espresso all'inizio del mio intervento per motivare il nostro voto tecnico favorevole su questo provvedimento devono essere accompagnate dalle considerazioni politiche che ho svolto.
Voglio aggiungere un'ultima notazione che riguarda la copertura. Mi pare sia stato finalmente accolto, a furia di insistere - io stesso sono dovuto intervenire due o tre volte - il nostro rilievo per cui la copertura di vari provvedimenti veniva costantemente attinta in modo sbrigativo dalle risorse del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Questo errore, questa particolarità sono stati finalmente corretti, anche se sinceramente una opposizione deve essere sempre - e noi lo siamo - circospetta riguardo al modo in cui si attingono le risorse, perché non è stato sufficientemente illustrato quali finalità vengano compresse o soppresse per reperire i finanziamenti necessari al prolungamento della missione.


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Queste sono le ragioni tecniche, politiche, di coerenza che ci impongono in questa particolare circostanza un voto favorevole allo specifico provvedimento, non rinunciando però a nessuna delle considerazioni politiche che alleanza nazionale in questo momento, attraverso le mie parole, ha ribadito (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Roscia. Ne ha facoltà.

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Leghista celtico!

DANIELE ROSCIA. Leghista celtico, sicuramente, con grande orgoglio, collega (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
Il provvedimento che questa Camera sta ormai per approvare, sentendo gli interventi che si sono svolti precedentemente a sostegno di esso, è sicuramente da noi avversato per i suoi contenuti, che invece sono stati prontamente difesi da forze politiche che ormai si inquadrano in un grande concerto di sintesi, che vedrà nel futuro la formazione di un nuovo polo, il nuovo polo antipadano che sostiene provvedimenti di questo tipo (anche se in questo caso la spesa prevista è abbastanza ridotta, perché si tratta di 16 miliardi e 301 milioni).
Qui abbiamo ascoltato dichiarazioni di grande sostegno all'intervento che si è realizzato nei mesi scorsi e a quello che si sta ancora effettuando in questo mese, con il supporto finanziario della Repubblica italiana. Basterebbe sottolineare alcuni passaggi, per esempio, dell'intervento del collega Furio Colombo, il quale si chiede come mai il collega Gnaga - al quale sicuramente sarà stata prestata attenzione particolare, vista la sua partecipazione alla missione della delegazione in Albania - avversi questo provvedimento, nonostante appunto abbia potuto verificare come questo intervento fosse stato a sostegno della democrazia e della civiltà. Abbiamo anche visto i massimi rappresentanti di questo Stato bizantino ricevere in pompa magna i contingenti italiani che tornavano dall'Albania, dalla grande campagna d'Albania.
Non ci si è resi conto, a mio avviso, che questa missione - al di là della bontà che è stata dettata in questa fase tattica - ha comportato un grande fallimento sotto il profilo strategico. Allora, anche se si sperperano pochi soldi, questo provvedimento non ha altra finalità che quella di dare un segnale al nostro esercito. Coloro che vogliono difendere l'esercito lo fanno solamente per motivi di consenso elettorale; sappiamo infatti come votano i tanti militari, i tanti generali, che sono rappresentati anche in questo Parlamento. Allora, si fa solamente un'operazione per il consenso elettorale. Chiunque ha fatto il servizio militare - per quanto posso capire, il collega Furio Colombo non l'ha neppure fatto - si renderà conto che questo esercito mantiene solamente delle persone, non è in grado di svolgere queste funzioni all'estero. Altro che una sola nave insabbiata! Forse non si ricorda l'altra; la notizia non è giunta alla stampa. Lui purtroppo si riferisce solo alle notizie di stampa, è un grande giornalista; noi invece viviamo la realtà, abbiamo un approccio, se volete popolare, ma quotidiano con la gente. Ascoltate ciò che dice la gente di questa missione e cioè che questi signori, che hanno fatto brutte figure anche in altre missioni, come quella in Kuwait, ora fanno pessime figure: insabbiano le navi, vanno addosso agli scogli - forse lui non lo sa - e poi si verificano incidenti come quello occorso all'alpino che purtroppo ha perso la vita.
Se si avesse un po' di memoria si farebbero meno considerazioni benevole come quelle ascoltate questa mattina. Certo le ragioni del consenso superano anche questo aspetto, ma vorrei tornare alle ragioni strategiche.
In questi mesi abbiamo visto un sottile ma evidente contrasto tra due posizioni, quella del Ministero della difesa e quella del Ministero degli esteri: basti ricordare la vicenda della nomina dell'ambasciatore italiano in Albania. Agli occhi di tanti cittadini, questa può essere indicata come


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una missione non di pacificazione ma di dirigismo politico, perché si è voluta chiamare democratica, sotto l'egida dell'ONU, un'operazione volta invece a sostituire una maggioranza politica, caduta in disgrazia a causa del fallimento di un sistema politico. Si sono voluti salvare un regime e i suoi rappresentanti che - guarda caso -sono stati condannati per ruberie, che mi sembra abbiano portato all'incarcerazione di un primo ministro.
Allora, dov'è la bontà di questa missione? Se vogliamo ragionare in termini di italianità a livello strategico, a noi sono andati i costi di una missione militare e non, mentre agli stati esteri è spettata una strategia che non vedo quale effetto benefico abbia avuto. Abbiamo subito un'invasione e, come dice l'onorevole Furio Colombo, non c'è più traccia di albanesi: certo, sono tutti clandestini! (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Abbiamo sentito le dichiarazioni del grande ministro dell'interno Napolitano, ma conosciamo tutti i numeri di telefono dei familiari che li ospitano, anche quelli in clandestinità. Questa è la situazione.
Per tornare alle questioni strategiche, lo Stato italiano invia, con tutti i rischi che ciò comporta, una missione militare e ne sopporta le spese nel breve periodo. Onorevole Furio Colombo, lei ha parlato anche a nome delle forze di opposizione, ma la lega nord per l'indipendenza della Padania è stata l'unica che ha contrastato questo intervento militare (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania). Avete avuto l'appoggio di alleanza nazionale, di forza Italia, ma non della lega, quindi lei impropriamente ha parlato di rappresentanza di tutto il Parlamento e di tutti gli italiani, visto che ancora ci dobbiamo chiamare così.

GENNARO MALGIERI. Voi siete padani, che c'entrate con l'Italia?

DANIELE ROSCIA. Non c'entriamo, però i soldi che sono andati in Albania purtroppo sono quasi tutti nostri.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Anche lo stipendio che prendi tu è italiano.

DANIELE ROSCIA. Allora, su queste considerazioni, di carattere strategico, ragioniamo ancora con la vostra cultura e mentalità di italiani: siamo in Albania perché siamo i tutori della democrazia (Commenti). Abbiamo avuto il riconoscimento dalla civiltà e dagli Stati stranieri.
Se non ci sarà stabilità politica cosa faremo? Invieremo un altro contingente?

ANTONIO BOCCIA. Presidente, Roscia non ha la cravatta.

DANIELE ROSCIA. Invieremo altri soldi in Albania, perché dobbiamo mantenerli lì, sapendo che comunque non restano in Albania. Ricordo l'intervento dell'onorevole Fini: noi sosteniamo questa missione perché non vogliamo far fare una brutta figura all'Italia e perché vogliamo che gli immigrati che adesso sono in Italia tornino in Albania.
Queste assunzioni sono risultate entrambe sbagliate perché le vicende militari hanno dimostrato la brutta figura che abbiamo fatto ed hanno dimostrato che l'immigrazione è ancora presente anche se i giornali «Soloni» della destra e della sinistra non ne fanno menzione. E questo l'onorevole Furio Colombo lo terrà sicuramente in considerazione.

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Fategli ascoltare Berlusconi!

DANIELE ROSCIA. Ma guardiamo le cose in maniera prospettica e strategica. Cosa risulterà tra alcuni mesi? Dovremo intervenire nuovamente? Dovremo bloccare l'immigrazione? Quali sono i vantaggi, al di là dell'affermazione di grandi principi di civiltà e di democrazia? Alla fin fine anche questi modesti impegni di carattere finanziario non sono così evidenti quando si tratta di tenere aperta qualche scuola, di migliorare la sanità o di aumentare il sostegno ai nostri produttori (Applausi dei deputati del gruppo della lega


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nord per l'indipendenza della Padania)! Ed allora sorge il sospetto che dietro quegli accordi di cui parlava Furio Colombo ci sia qualche interesse del signor ministro della difesa Andreatta. Mi si dice che sui giornali si parlava di interessi collegati anche alla presenza industriale in quella parte del paese.
Ormai si gioisce quando in Francia vince Jospin, in Inghilterra Blair e magari si gioisce anche quando vince in Albania Fatos Nano. Siamo tutti socialisti! Stiamo ritornando all'Europa del socialismo, quella bocciata negli anni appena trascorsi, quella caduta e rimasta sotto il muro di Berlino (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)! Ecco la posizione strategica di questa minoranza, ma forse non l'hanno capita gli amici di alleanza nazionale. Magari dietro il consenso e il sostegno a forze militari, che votano a destra, non si è voluto capire questa strategia assai grave e negativa anche per le scelte politiche che andremo a compiere in futuro.
Ma guardiamo un po' a quanto è accaduto negli altri paesi dell'Est, a questi rigurgiti socialisti che si sono registrati in questi ultimi anni! Certamente era facile far vincere la sinistra in Albania, di fronte a quanto si è voluto tollerare, parlo delle società di intermediazione che hanno truffato cittadini. Avete visto le nuove forze che non sono di sinistra, ma sono come quelle - magari rappresentate da Berlusconi - che «vivono» su un'azione che non è certo il massimo della trasparenza e della legalità? Questo è quanto si è fatto e si vuole continuare a fare!
Amici miei, questo che potrebbe essere un «passaggio», un semplice finanziamento di 16 miliardi per prolungare la nostra partecipazione alle iniziative in favore dell'Albania, dovrebbe far giustamente riflettere tutti noi ed anche le forze moderne del centrodestra che hanno sottovalutato questo aspetto. Se non vi sarà questa riflessione per il futuro prevedo tempi assai bui. Quando ci verranno chiesti nuovi interventi e altri soldi, non ci potremo tirare indietro! Certo, questa è una mia previsione ma vi sono tutti gli elementi affinché ciò si verifichi visto che quello albanese è un sistema instabile e distante dalla cultura democratica.
Guardate che nei paesi, come l'Albania, dove la dittatura comunista ha «battuto», e tanto pesantemente, i problemi di democrazia e di civiltà non si risolvono con queste spedizioni; ci vuole infatti il coinvolgimento almeno di tutti i paesi europei. Ebbene, questo non lo si è ricercato ma ci si è fermati dinanzi al fatto che gli altri «se ne sono lavate le mani».
Ed allora, grandi italiani, che volete mantenere nel mondo questa vostra nomea di essere prodighi per il sostegno internazionale (ma forse questo è un aspetto anche positivo), state bene attenti perché noi siamo sempre chiamati a mettere i soldi, la faccia, ma alla fine paghiamo delle conseguenze che vanno oltre quelle derivanti dall'impegno formalizzato nel provvedimento in esame.
Giustamente il nostro movimento voterà «no» su questo provvedimento per non prendere in giro non certo i giornalisti che conosce Furio Colombo o quelli che sostengono i giornali su cui scriveva Furio Colombo (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania), ma la gente comune che lavora tutti i giorni. Lo ripeto, diremo «no» a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Berlusconi, fatti sentire!

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Ruffino.

ELVIO RUFFINO, Relatore. Signor Presidente, volendo dare un contributo alla rapida conversione in legge del decreto-legge n.214 del 1997 e soprattutto tenendo conto delle considerazioni svolte dal collega Furio Colombo, che condivido, rinuncio alla replica.


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PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIOVANNI RIVERA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, naturalmente il Governo non entrerà nel merito del dibattito politico su un provvedimento prettamente tecnico.
Credo sia importante far presente che, quando si è votata la prima risoluzione dell'ONU, si è previsto che la missione sarebbe dovuta durare tre mesi e che eventualmente avrebbe potuto essere prolungata per altri tre mesi. La seconda risoluzione ha fissato in 45 giorni il prolungamento della missione, il che dimostra che l'operazione è andata in porto secondo quanto sperato dal Governo e da quanti avevano votato a favore della stessa.
Strada facendo abbiamo ritrovato una posizione più compatta anche nell'ambito della maggioranza, fatto che reputiamo molto utile. Per il resto, ringraziamo quanti hanno dato un grande contributo in tal senso anche sul piano più politico che tecnico.
Mi riallaccio alle parole dell'onorevole Benedetti Valentini, il quale ha concluso il suo intervento sostenendo che il decreto va preso in considerazione dal punto di vista tecnico per dire che si conclude un'operazione importante.
Nella discussione generale sono state fatte svariate affermazione dai deputati intervenuti, molte delle quali condivisibili, altre invece inaccettabili perché non riteniamo che l'operazione, tutto sommato, abbia avuto un esito negativo e lo prova la portata limitata nel tempo della seconda risoluzione dell'ONU.
Il Governo coglie, infine, l'occasione per ringraziare per la sua opera tutto il contingente, sia quello italiano che quello internazionale. Non tutti coloro che hanno partecipato hanno potuto concorrere all'operazione con un numero di militari pari al nostro, però si è dato un contributo rilevante per quanto attiene alla partecipazione alla forza multinazionale.
Ci auguriamo, quindi, che il 12 agosto l'operazione militare si concluda davvero e che si dia il via ad una vita democratica ed organizzata in Albania, che è lo scopo del primo decreto-legge ed anche del secondo, il quale rappresenta il completamento dell'opera iniziata con il primo.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A).
Avverto che non sono stati presentati emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge né all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Poiché il disegno di legge consta di un articolo unico, si procederà direttamente alla votazione finale.
Sono stati presentati gli ordini del giorno Romano Carratelli ed altri n.9/4041/1 e Marinacci n.9/4041/2.
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

GIOVANNI RIVERA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo accoglie l'ordine del giorno Romano Carratelli ed altri n.9/4041/1, mentre l'ordine del giorno Marinacci n.9/4041/2 contiene molte indicazioni che non condividiamo, ragion per cui non possiamo accoglierlo nei termini in cui è stato presentato.
D'altra parte, che i clandestini debbano essere ricercati dalla polizia è fuori discussione, perché questo è lo specifico dovere delle forze dell'ordine. Per quanto riguarda il rimpatrio, invece, è già prevista una procedura sulla base di una direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri e di una delega al ministro dell'interno che entro il 31 agosto dovrà essere attuata.
Non si capisce bene perché, attraverso l'utilizzazione della compagnia di navigazione Adria si possano effettuare dei risparmi. Poiché non è in grado di verificare tutto questo, il Governo non può accettare l'ordine del giorno Marinacci ed altri n.9/4041/2.


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PRESIDENTE. L'onorevole Romano Carratelli insiste per la votazione del suo ordine del giorno n.9/4041/1 accolto dal Governo?

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Non insisto, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Romano Carratelli.
Onorevole Marinacci, il suo ordine del giorno non è stato accolto dal Governo. Insiste per la votazione?

NICANDRO MARINACCI. Insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICANDRO MARINACCI. Risponderò in modo breve ed esaustivo alle richieste dell'onorevole Rivera affinché comprenda che, anche se la richiesta contenuta nell'ordine del giorno appare sarcastica, tale non è. Infatti la parte motiva dell'ordine del giorno così recita: «considerato che lo svolgimento delle elezioni politiche consente finalmente all'Albania e al suo governo di tornare finalmente alla normalità (...)». Ma c'è normalità in Albania? Vi è stata in passato e vi sarà in futuro? Ho seri dubbi in merito e, visto che l'oggetto del contendere è il presidente Berisha, ora che costui non è più presidente il nuovo governo dimostrerà che il paese è tornato ad una democrazia pluralista e a larga partecipazione popolare. Ciò ha consentito (lo abbiamo ascoltato ieri da tutte le emittenti radiotelevisive) il graduale ritiro delle Forze armate italiane e del contingente multiforze presenti in quel paese. Oggi invece si discute ancora una volta del prolungamento della missione. Preso atto che secondo esponenti del Governo italiano la situazione si è finalmente normalizzata e i cosiddetti profughi, che io, come tanti altri colleghi, non ho mai considerato tali...

PRESIDENTE. Invito i colleghi a non dare le spalle alla Presidenza e soprattutto a consentire al collega di parlare.

NICANDRO MARINACCI. Voglio ricordare il significato etimologico della parola «profugo»: «profugo» è colui che va via dalla propria terra perché vi è una situazione politica che non condivide. Dunque, questi presunti profughi sono scappati dalla terra albanese quando c'era un governo di unità nazionale che abbracciava tutte le forze politiche, dalla destra alla sinistra, e quindi non potevano essere profughi. Inoltre, come abbiamo più volte denunciato, il costo di un passaggio per venire in Italia era di circa un milione di lire, milione che andava direttamente nelle mani della mafia albanese. Nonostante la nostra denuncia, nonostante il fatto fosse di dominio pubblico, non è cambiato niente.
Come ho detto, non ci possono essere profughi perché il Governo era di unità nazionale, mentre c'erano dei clandestini, sui quali avevamo posto delle pregiudiziali. I clandestini avrebbero dovuto essere aiutati. Poiché, come ho detto, il costo del passaggio in Italia era di un milione (che andava in tasca alla mafia), sarebbe stato conveniente pagare alla compagnia di bandiera Adria 130 mila lire per un biglietto di andata e ritorno, facendo risparmiare a quei poveri albanesi profughi, che profughi non sono mai stati, bensì clandestini, circa 870 mila lire sul prezzo del biglietto.
Non solo, ma avremmo tenuto sotto controllo questa gente all'ingresso in Italia e, essendo sprovvisti del visto, li avremmo rimpatriati, senza denaro in nero per le organizzazioni mafiose che operavano su quel territorio.
La questione dei profughi è stata quindi strumentalizzata da questo Governo: signor sottosegretario, non esistono i profughi, ma vi sono i clandestini! Mi meraviglio (e rivolgo un appello in tal senso a lei, signor Presidente, affinché si faccia poi interprete della nostra preoccupazione presso il ministro dell'interno) che la Puglia - e non solo essa - veda che questi clandestini prima e sbandati oggi rappresentino un «grave momento della microcriminalità»! Essi, infatti, stanno rubando ed entrano nelle case: chiedetelo


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ai carabinieri, alle forze dell'ordine, ai sindaci e ai prefetti! Ma tutti rimangono muti a non voler denunciare questa situazione!
Sarebbe allora necessario censire questi profughi; tuttavia, ciò è impossibile perché ve ne sono 5 mila che non sappiamo quale fine abbiano fatto, se siano vivi o morti. Signori del Governo, vi prego di prendere coscienza della situazione del popolo pugliese e di quello italiano: per troppo dovere di ospitalità si ritrovano questa gente dappertutto (ad esempio, la notte a dormire nelle spiagge).

PRESIDENTE. Onorevole Marinacci, ha esaurito il tempo a sua disposizione. Mi faccia la cortesia di concludere.

NICANDRO MARINACCI. Un momento soltanto e ho concluso.

PRESIDENTE. Non si nega a nessuno...

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. No, no, signor Presidente!

PRESIDENTE. ...ma deve trattarsi di un momento «ristretto».

NICANDRO MARINACCI. Onorevole Romano Carratelli, il suo «no, no» fa capire che lei è sostenitore di una democrazia «unica»!
Signor Presidente, occorre ricercare quelle migliaia di clandestini dei quali si sono perse le tracce ed utilizzare quella compagnia per riportarli in Albania, così da risparmiare almeno 870 mila lire a clandestino, «in bianco» e da consentire di far guadagnare i nostri armatori di bandiera. E poi, in conseguenza di tale operazione, si dovrebbe far terminare al più presto lo stato di emergenza nel nostro paese perché la buona gente non può pagare le ruberie di un Governo che non sa mantenere un clandestino sul proprio territorio (Applausi dei deputati dei gruppi misto-CDU, di forza Italia e di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione di questo ordine del giorno, avverto che è stata chiesta la votazione nominale.
Passiamo pertanto alla votazione dell'ordine del giorno Marinacci ed altri n.9/4041/2.

PAOLO BAMPO. Presidente, vorrei parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO BAMPO. Intervenendo per dichiarazione di voto sull'insieme degli ordini del giorno presentati, vorrei fare una breve premessa per rilevare che il relatore ed il rappresentante del Governo hanno praticamente «digerito» tutti gli appunti che noi avevamo mosso. I casi quindi sono due: o sono d'accordo con noi, oppure non hanno controdeduzioni da fare alle nostre accuse. Invero, dobbiamo però porgere un ringraziamento al sottosegretario Rivera che ha ristabilito un po' di realismo, rispetto alle dichiarazioni enfatiche fatte dai rappresentanti di molte parti politiche, affermando che, tutto sommato, si esprime un giudizio non negativo sulla missione. È quindi evidente che anche il sottosegretario Rivera conferma la nostra posizione.
Vorrei ora esprimere la nostra posizione sugli ordini del giorno presentati.
Sull'ordine del giorno Romano Carratelli ed altri n.9/4041/1 dichiaro la posizione favorevole dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania, perché esso tende a sanare una delle tante situazioni aberranti dell'assetto legislativo italiano.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Marinacci ed altri n.9/4041/2, dobbiamo svolgere alcune considerazioni.
Pur potendo condividere il senso irridente con il quale è stato stilato, dobbiamo però sicuramente muovere alcuni appunti a tale testo, perché si tratta di un ordine del giorno mal fatto che mescola situazioni vere con falsi problemi. Non solo, ma è sbagliato perché riporta alcune enunciazioni false, come le seguenti: «ciò


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ha permesso il graduale ritiro delle Forze armate italiane e dell'area mediterranea impegnate nella missione Alba».
Un'altra considerazione che vorrei fare è che si tratta di un'iniziativa ipocrita perché lorsignori prima votano a favore del provvedimento - come hanno fatto nella precedente occasione - e poi, per puro populismo, chiedono il rimpatrio dei clandestini.
Comunque, se i presentatori fossero disponibili ad eliminare dall'ordine del giorno la parte che impegna il Governo ad utilizzare la compagnia di navigazione Adria nel rimpatrio dei clandestini, mantenendo la quale potremmo al massimo astenerci, potremmo votare a favore di questo ordine del giorno. Condividiamo infatti la parte dell'ordine del giorno in cui si impegna il Governo a «rimpatriare al più presto le decine di migliaia di clandestini albanesi presenti sul territorio italiano registrate dalle competenti autorità di polizia», nonché il secondo punto, laddove si impegna il Governo a ricercare le migliaia di clandestini. Ripeto: poiché condividiamo interamente questa parte dell'ordine del giorno, se i presentatori fossero disponibili a ritirare l'altra parte evidenziata potremmo votare a favore, ribadendo comunque che l'intero impianto dell'ordine del giorno è debole, direi scarso e confuso e molti appunti potrebbero essere mossi da parte di chi vuole affrontare più seriamente questo tema.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giannattasio. Ne ha facoltà.

PIETRO GIANNATTASIO. Signor Presidente, siamo favorevoli all'ordine del giorno Romano Carratelli ed altri n.9/4041/1 perché riteniamo giusto che il personale militare in servizio all'estero venga tutelato.
Siamo inoltre d'accordo sull'impianto dell'ordine del giorno Marinacci ed altri n.9/4041/2, nel senso che le considerazioni espresse in premessa portano senz'altro alla conclusione che in Albania si è ristabilita una certa situazione per cui senza dubbio chi si è allontanato da questa nazione proprio a tutela della propria vita, della propria libertà di pensiero, ha la possibilità di rientrare e di ritrovare quella serenità politica che gli consente di non correre più alcun pericolo. Quindi si dovrà ad un certo punto non dico «riprendere» - il termine non è dei più adatti - comunque ricercare, invitare e riportare in Albania chi ha dovuto abbandonare la propria patria inseguendo la propria libertà politica e favorire questo rientro.
Fa rimanere forse un po' perplessi l'indicazione della società di navigazione. Comprendo perfettamente che chi vive in Puglia ed ha subito un danno possa intravedere in questa possibilità di lavoro una specie di compenso per il danno subito, ma credo che ad un certo punto bisognerà anche procedere a gare ed appalti negli interessi sia dello Stato, sia della Puglia. Pertanto, pur condividendo le considerazioni della premessa, chiederei ai firmatari di ritirare la parte dell'ordine del giorno relativa alla compagnia di navigazione Adria in modo da allargare la possibilità di lavoro ad altre società di navigazione, anche pugliesi, nel quadro del rientro di fondi per i danni subiti. Su questa parte dell'ordine del giorno ci asterremo, per il resto siamo favorevoli.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in effetti il primo ordine del giorno è condivisibile, quindi ci esprimeremo favorevolmente su di esso perché si tratta di riconoscere diritti che non possono non essere riconosciuti a coloro che per nostro espresso mandato svolgono certe funzioni. Mi pare che anche tecnicamente l'articolazione possa essere sostanzialmente rispondente alle finalità che l'ordine del giorno si propone. Se quindi verrà posto in votazione, noi voteremo a favore di questo ordine del giorno.


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Per quanto riguarda l'ordine del giorno Marinacci ed altri n.9/4041/2, qualche problema sussiste. Infatti, possiamo condividere buona parte o tutte le finalità sottese al documento; tuttavia, avanziamo rilevanti perplessità per quanto riguarda la scelta degli strumenti e l'articolazione stessa del testo. Ci siamo detti diverse volte che gli ordini del giorno rischiano di diventare poco più che pezzi di carta che poi non trovano applicazione; in ogni caso la dignità di un documento di indirizzo parlamentare ed anche un domani la possibilità di farne uso per contestare politicamente le inadempienze del Governo, ci impongono un certo rigore. Se ben leggo tale documento, mi sembra che il secondo capoverso ed il quarto capoverso della parte motiva siano formulati in una chiave vorrei dire ironica o per lo meno con il gusto del paradosso, quasi contestando al Governo stesso i paradossi di tipo anche propagandistico che giustamente si vogliono censurare. Al di là di qualche errore di battitura, che temo sia tale per esempio là dove è scritto: «si dimostrerà il paese della democrazia pluralista e larga partecipazione» che probabilmente si deve intendere «a larga partecipazione»; a parte dunque qualche errore materiale, credo che inserire in un documento di questo tipo, che fa seguito ad un dibattito, un passaggio ispirato a considerazioni ironiche e sul filo del paradosso, a meno che non lo si faccia di proposito, comporti il rischio di dotarci di uno strumento parlamentare non all'altezza degli obiettivi che vogliamo conseguire.
Per quanto riguarda il quarto capoverso, il testo sembra aggravato dal continuo susseguirsi di parole tra virgolette, che gli estensori hanno ritenuto di dover scrivere. Ciò è teoricamente possibile, tuttavia mi insegnate che anche dal punto di vista della buona tecnica nella stesura di un documento, infarcire il testo di espressioni virgolettate indica che qualcosa è al di sotto della volontà espressiva.
Vi è poi il passaggio relativo alla situazione turistica della Puglia, che è un tema tutt'altro che di secondaria importanza, anche se non è centrale rispetto al dibattito svolto. È una tematica che il nostro gruppo ha evidenziato con documenti specifici, proprio perché si è posto il problema per la sensibilità che è venuta in prima battuta dai nostri colleghi parlamentari pugliesi, ma non soltanto da loro; tuttavia mi sembra che in questo ordine del giorno tale contenuto non sia formulato in modo adeguato. Ciò non toglie che, posta nella premessa, tale considerazione sulla situazione turistica, non vengano poi proposte misure di attuazione coerente nella parte del dispositivo.
In conclusione, così come un altro collega, l'onorevole Giannattasio, in precedenza ha affermato, credo che non sia congruo indicare in un documento di risoluzione parlamentare una compagnia come destinataria del mandato di rimpatriare queste persone.
Faccio osservare che, trattandosi di un'operazione di rimpatrio non voglio dire coatta né necessariamente forzosa, ma tuttavia concernente soggetti che potrebbero essere in qualche modo recalcitranti, dovremmo comunque porci il problema di assicurare con misure autoritative che il rimpatrio avvenga in condizioni di sicurezza e di certezza; il che comporterebbe comunque la necessità di stanziare risorse e prevedere strumenti di carattere militare per assicurarci che tutto ciò avvenga nell'uguaglianza di trattamento e nel rispetto dei diritti, ma anche e perfino garantendo la sicurezza fisica di coloro che devono essere rimpatriati.
Infine, l'espressione «stato di emergenza», in riferimento al nostro paese, andrebbe scritta tra virgolette poiché, se tale concetto può esprimere per il senso comune una situazione di particolare gravità o delicatezza, sapete bene che lo stato di emergenza comporta effetti giuridici e tecnici ben precisi, che non siamo abilitati a prevedere in un documento di questo genere.
Per tali ragioni posso affermare che, ove l'ordine del giorno rimanesse nel testo attuale, il mio gruppo che - come vedete - ha dedicato massima attenzione alle


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finalità del documento, non potrebbe andare oltre l'astensione sull'ordine del giorno nel suo complesso; voterebbe invece in maniera differente se il voto avvenisse per parti separate.

PRESIDENTE. Onorevole Marinacci, come avrà sentito, le sono state chieste qualche «amputazione» del testo e qualche estrapolazione, lessicale e non.Qual è il suo orientamento?

NICANDRO MARINACCI. Per quanto riguarda le estrapolazioni lessicali, siamo d'accordo, perché l'ordine del giorno contiene effettivamente degli errori materiali di battitura.

PRESIDENTE. Sono errori del proto!

NICANDRO MARINACCI. Per quanto riguarda invece il discorso dell'utilizzazione della compagnia di navigazione cui si fa riferimento nell'ordine del giorno, si trattava di richiamare l'attenzione sul fatto che molte volte per eliminare il male maggiore, si ricorre al male minore.
Come ho già detto, chiedo che l'ordine del giorno venga posto in votazione ricordando ai signori del Governo che ho già presentato un altro ordine del giorno, riguardante la Puglia, accolto dal Governo ma che ancora non ha trovato attuazione, concernente l'informazione sulla situazione turistica in quella regione, nonché la messa in atto di forme di indennizzo a favore del comparto turistico, gravemente danneggiato dall'esodo. Colgo pertanto l'occasione per sollecitare l'attuazione anche di questo documento.

PRESIDENTE. Ritengo quindi si possa votare l'ordine del giorno Marinacci ed altri n.9/4041/2 per parti separate, nel senso di votare dapprima tutto il testo ad eccezione degli ultimi due capoversi del dispositivo e, quindi, la parte restante. Mi permetto di osservare che fare, per così dire, una réclame ad una sola compagnia di navigazione non è molto parlamentare.
Onorevole Marinacci?

NICANDRO MARINACCI. Sono d'accordo a votare l'ordine del giorno per parti separate come da lei indicato.

PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che il gruppo di forza Italia ha chiesto la votazione nominale.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Marinacci ed altri n.9/4041/2 tranne gli ultimi due capoversi del dispositivo, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Presidente, l'ordine del giorno si vota nella sua interezza?

PRESIDENTE. Ad eccezione degli ultimi due capoversi del dispositivo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 479
Votanti 275
Astenuti 204
Maggioranza 138
Hanno votato 36
Hanno votato no 239
(La Camera respinge).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla restante parte dell'ordine del giorno Marinacci ed altri n.9/4041/2, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 480
Votanti 476
Astenuti 4
Maggioranza 239
Hanno votato 9
Hanno votato no 467
(La Camera respinge).


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È così esaurita la trattazione degli ordini del giorno.
Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzi. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Signor Presidente, la lega nord è stata l'unica forza politica che si è sempre opposta a questa missione cosiddetta umanitaria.

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, onorevole Rizzi. Prego i colleghi di usare la cortesia ed anche il rispetto per chi parla di allontanarsi, se lo ritengono, per non disturbare l'oratore.
Prosegua pure, onorevole Rizzi.

CESARE RIZZI. Una delle ragioni per cui la lega si è sempre opposta è che ci risulta che nelle missioni umanitarie non si inviano i militari ma i caschi blu. Mi risulta che durante questa missione i nostri militari sono stati chiusi tutto il giorno nei bar a giocare a carte, perché avevano ricevuto dal ministro della difesa l'ordine di non sparare e di non difendersi. In quest'aula è stato detto che prima dovevano sparare gli altri, poi, quando un militare veniva steso, poteva reagire: questo è quello che ha detto il Governo!
Chi si doveva proteggere? Una delle domande che tutti gli italiani si pongono è chi dovevano proteggere i militari in questa missione. Il presidente Berisha? Non si è capito bene, perché anche dopo le elezioni che si sono svolte in Albania mi sembra che qualche esponente del Governo sia rimasto male per il fatto che non sia stato eletto il presidente Berisha. Penso che una delle cose più importanti che i militari avrebbero dovuto fare era proteggere le nostre coste per evitare che gli albanesi entrassero nel nostro paese. Qualcuno ha definito gli albanesi zingari o povera gente; zingari o povera gente che però si permettevano il lusso di pagare da un milione a due milioni per farsi trasportare nel nostro paese!
Queste sono cose assurde, Presidente. È assurdo che il Governo arrivi al punto di dare 500 mila lire per rimpatriare questi personaggi (chiamiamoli così), quando in Italia ci sono pensionati che prendono 300-400 mila lire al mese. E noi ci permettiamo il lusso di dare mezzo milione per rimpatriare gli albanesi! L'unico intervento giusto che ho sentito in quest'aula è stato quello dell'onorevole Furio Colombo, con il quale sono d'accordo quando afferma che gli albanesi sono diminuiti. In effetti gli albanesi non sono diminuiti, sono spariti, perché il suo Governo, il suo ministro, la sua maggioranza, onorevole Colombo, non sono stati in grado di controllare dove sono finiti tutti questi personaggi nel nostro paese! Ecco dove sono finiti: sono diventati tutti clandestini e ce li troviamo da tutte le parti!
Giustamente qualche collega intervenuto in precedenza ha detto che basta chiedere alle forze di polizia e ai carabinieri per sapere quello che questi personaggi stanno combinando. Ce li troviamo da tutte le parti, per strada, fuori dai cimiteri, fuori dalle chiese, persino fuori dai cessi! E ce li troviamo anche in casa, perché ovviamente devono arrangiarsi e cercare di fregare quello che possono. Qualche giornale ha addirittura descritto il nostro paese come un paradiso terrestre, perché entrano tutti; lo ha descritto come il giardino dell'Eden.Io lo chiamerei un giardino zoologico, visto che, pur di nascondersi, questi vanno a finire pure sulle piante!
Presidente, mi sorge un grosso dubbio a proposito della nave che è andata a picco. Si è detto che devono ancora essere ripescati dei cadaveri, ma io ho l'impressione che invece di cadaveri questa nave sia carica di armi, visto che l'Albania è uno dei paesi che producono droga ed armi. Questo mi fa pensare che qualcosa non funzioni.

PRESIDENTE. Mi consenta, onorevole Rizzi. Ci sono anche cittadini galantuomini che forse hanno maggiori difficoltà


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dei nostri cittadini. Criminalizzare un intero paese non mi sembra sia un gesto di civiltà (Applausi).
Mi scusi se glielo dico, ma è un paese vicino al nostro! In tempo di guerra e anche prima abbiamo peraltro avuto delle responsabilità: non dimentichiamolo!

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Ma non c'era la Padania allora... Presidente!

CESARE RIZZI. Signor Presidente, è gente che è arrivata senza documenti e ne ha combinate di tutti i colori! E lo Stato italiano non è in grado di controllare quanti albanesi siano arrivati nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)! Le carceri sono vuote, infatti!
Signor Presidente, vi sono tante ragioni per le quali i deputati della lega nord per l'indipendenza della Padania esprimeranno un voto contrario su questo provvedimento, così come hanno fatto fin dall'inizio.
Non so come le altre forze politiche possano dichiarare che il provvedimento preso dal Governo italiano sia stato un successo: a me non risulta.
Non ci è stato ancora detto quale sia il motivo vero per il quale il contingente italiano è stato mandato in Albania. Chi è andato a difendere e cosa è andato a fare? L'unica cosa che avrebbe dovuto difendere erano le coste, per evitare che gli albanesi entrassero nel nostro paese, ma non ha fatto neanche quella!
Vorrei parlare con qualche militare tornato dall'Albania e forse in futuro potremo sapere cosa hanno combinato. So solo che per l'ennesima volta il Governo ha fatto fuori una marea di miliardi senza concludere assolutamente niente. Nella scorsa occasione il ministro della difesa ha chiarito che il nostro contingente doveva recarsi in Albania, ma che i militari non avrebbero dovuto sparare e sarebbero dovuti restare fermi. Come dire: prima inchiodami e poi risponderò!
I deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania esprimeranno un voto contrario su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leccese. Ne ha facoltà.

VITO LECCESE. Presidente, i deputati verdi confermano anche su questo provvedimento il loro voto favorevole, come favorevole fu quello espresso sulla mozione che autorizzava il Governo italiano ad ottemperare alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la quale si conferiva il mandato a guidare una missione umanitaria militarmente protetta.
Il voto dei verdi all'epoca fu sofferto, ma consapevole che il percorso di interventi umanitari, di iniziativa politica e delle missioni civili che noi verdi avevamo proposto e condiviso avrebbe contribuito a fermare l'Albania ormai sull'orlo di un precipizio che avrebbe significato una guerra civile con effetti devastanti per tutta l'area balcanica.
In questi giorni la forza multinazionale sta smantellando il proprio quartier generale e sarebbe utile, se ve ne fosse il tempo, tracciare un bilancio.
Non è il caso - né è nel nostro stile - di usare toni entusiastici e trionfalistici, ma consideriamo questo bilancio senz'altro positivo. Chi come me ha vissuto direttamente l'impegno di osservatore dell'OSCE sa il contributo prezioso che la forza multinazionale del generale Forlani ha dato per lo svolgimento delle elezioni politiche di quel paese, elezioni sostanzialmente e complessivamente free and fair, libere e corrette, come le ha giudicate l'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
Lo dicevamo ad aprile ed abbiamo continuato a sostenerlo anche nei giorni più difficili, in cui il momento elettorale sembrava allontanarsi per problemi organizzativi, ma anche perché in quel paese c'è stato sino all'ultimo qualcuno che ne temeva l'esito. Le elezioni politiche andavano


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svolte subito, così come è stato, perché solo con un Parlamento forte della legittimazione popolare si può pensare alla stabilizzazione e alla normalizzazione.
Ora il primo tassello per la ricostruzione democratica delle istituzioni politiche ed economiche è stato posto, ma non è tutto, anzi da ora con più vigore e con maggiore attenzione dovremo far giungere il nostro contributo. Per dirla con le parole usate ieri a Brindisi dal Presidente Prodi, il nostro compito dovrà essere totale, generoso e pronto, ma evitando di commettere gli errori fatti in passato, in un passato anche recente.
Sottovalutazioni ed omissioni - anche da parte italiana - hanno consentito al credito informale (quello delle cosiddette società piramidali) di diventare economia criminale. Ora tutti dobbiamo dare il nostro contributo: il Parlamento, il Governo, la società civile italiana attraverso le organizzazioni non governative e gli imprenditori.
Il Parlamento italiano - così come ci chiedono - dovrà contribuire con la sua tradizione, con la sua professionalità e competenza, a far crescere le istituzioni parlamentari albanesi. Dovrà ratificare subito i trattati e le intese bilaterali; anzi, proprio ieri in Commissione in sede referente è stato approvato un pacchetto di quattro importanti trattati.
Il Governo italiano, insieme con l'Unione europea e con gli altri organismi internazionali, dovrà predisporre un piano di pronto intervento per la ricostruzione economica del paese delle aquile. Insieme con l'OSCE, il Governo dovrà inoltre pensare ad iniziative di disarmo. Sottolineo ancora una volta che procedere ad un'iniziativa di disarmo è necessario: non è pensabile di normalizzare il paese nel quale girano 150 mila kalashnikov ed armamenti vari.
Le organizzazioni non governative italiane devono essere sostenute, perché il loro contributo è stato prezioso, era e rimane importante su quel territorio. La rete del volontariato italiano, impegnata in Albania, ha realizzato cose egregie con l'apprezzamento di tutti.
Gli imprenditori italiani, infine, devono capire che si può contribuire a far crescere l'Albania sul piano economico e sociale, se non si intende quel paese e quel territorio come una terra di saccheggio e di predazione.
Termino questa dichiarazione di voto a nome dei deputati verdi rivolgendo un commosso pensiero al soldato Vaira, agli altri militari feriti ed agli 87 cittadini albanesi morti nel canale d'Otranto, vittime di una crisi che speriamo definitivamente chiusa (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giannattasio. Ne ha facoltà.

PIETRO GIANNATTASIO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario di Stato per la difesa, onorevoli colleghi, siamo stati convocati per approvare un decreto con cui praticamente si prolunga la missione in Albania. Non possiamo fare a meno di dire che forse vi è stata una scarsa capacità di previsione: ci troviamo ad approvare un provvedimento, come si suol dire, in corso d'opera. In pratica è già stato superato il tempo limite. Il Governo ci viene a dire che il decreto va convertito affinché sia possibile restare in Albania altri 45 giorni, ma praticamente sono rimasti soltanto 13 giorni.
Pensare che, quando la missione fu deliberata, furono approvati ordini del giorno e raccomandazioni con cui si chiedeva al Governo di venire a riferire in Parlamento prima di prendere in esame l'eventualità di un prolungamento della missione militare in Albania. Il Governo si è impegnato in tal senso: ma non è venuto a riferire e ci ha presentato questo piatto già bello e scodellato.
Non possiamo fare a meno di rilevare che nel settore della difesa - e soprattutto nel settore della politica militare connessa alla politica estera - ci troviamo di fronte ad un giardinetto privato: i responsabili


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dei due dicasteri praticamente fanno quello che vogliono e poi ci mettono di fronte al fatto compiuto. Sinceramente il Parlamento non può apprezzare questo atteggiamento. Noi lo facciamo rilevare: ci troviamo di fronte a decisioni prese come in un giardino privato; e ciò non vale soltanto per la vicenda dell'Albania.
Proprio nel settore della difesa, grazie ai provvedimenti delegati previsti nelle finanziarie del 1996 e del 1997, il ministro competente può presentare - anche superando i limiti di 5 mesi (che poi diventano addirittura di 14 mesi) - provvedimenti che rivoluzionano la struttura delle Forze armate. Noi vorremmo vedere senz'altro migliorate le Forze armate italiane e lo spirito che ci ha portato ad approvare alcune deleghe era proprio questo. Ma poi constatiamo che le nostre Forze armate non sempre sono in grado di affrontare i compiti loro assegnati.
Devo dire sinceramente - in contraddizione con quanto ho sentito affermare in quest'aula poco fa - che spesse volte il soldato italiano fa miracoli perché si trova in condizioni non facilmente superabili. Allo stesso tempo devo dire che forse in questo impegno in Albania vi è stato un sovradimensionamento di strutture. Quando infatti vedo impegnati due generali di corpo d'armata, un ammiraglio di squadra, un generale di divisione e due generali di brigata per comandare 6.500 uomini penso che forse avremmo potuto risparmiare qualche stella e qualche greca.
Condivido anch'io le affermazioni circa il fatto che certe cose possono succedere, però sarebbe molto meglio che queste cose non succedessero. Ciò non toglie che ringrazio ancora il soldato per come ha fronteggiato le difficoltà in cui è stato posto. Infatti, tra il mandato dell'ONU che dice una cosa ed il doversi muovere per le strade di Valona come le tre scimmiette (non vedo, non sento, non parlo) mentre nella strada accanto si spara contro italiani, viene da dire che qualcosa di diverso si poteva ottenere. Capisco benissimo che il mandato dell'ONU non possa essere superato, ma vi è sempre la possibilità di chiedere un'estensione di tale mandato, come proponevamo attraverso un ordine del giorno che non fu accolto.
Passiamo ora ai costi dell'operazione. Onorevoli colleghi, siamo arrivati a 100 miliardi tra la spesa iniziale di 62 miliardi ed i costi successivi. Se consideriamo questa spesa rispetto al mandato dell'ONU (il primo mandato parlava di consentire la distribuzione degli aiuti umanitari), ci rendiamo conto di alcune cose. Ebbene, mi sono divertito a fare piccoli conti, a livello di spesa quotidiana della casalinga, ed un chilo di farina, signori, ci è costato 35 mila lire!
Quando in sede di Commissioni congiunte esteri e difesa sono state svolte le relazioni abbiamo dovuto ascoltare il ministro Dini che diceva che l'emergenza, dopo il primo mese, era finita (avevamo speso già 36 miliardi) ed il ministro Andreatta che affermava il contrario, che aveva girato tutta l'Albania e che c'era la fame, c'era bisogno di medicinali. Considerate le tonnellate di materiali portate in Albania e distribuite ne è scaturito il conticino per cui un chilo di farina è costato 35 mila lire.
Di fronte a questi 100 miliardi non posso fare a meno - scusate - di tornare a quanto abbiamo detto alcuni giorni or sono quando ci siamo trovati ad approvare il decreto che mandava i militari a Napoli. Quando mi sono permesso di presentare un emendamento che prevedeva per i soldati una piccola misura di straordinario poiché prestavano servizio due ore in più dei poliziotti che andavano a sostituire mi sono dovuto sentir dire che il bilancio non aveva soldi, che il Governo non poteva approvarlo, che la maggioranza era contraria. Bene, signori, sarebbe costato un miliardo e 800 milioni. Per i nostri soldati che erano a Napoli a fare la guardia ai punti sensibili non si sono trovati un miliardo e 800 milioni ma questa spedizione in Albania è costata 100 miliardi più il costo della riparazione delle navi che si sono danneggiate incagliandosi sugli scogli o arenandosi sui fondi sabbiosi. Promettiamo inoltre 500 mila lire ad ogni albanese che voglia


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tornare in Albania. Si tratta di due pesi e due misure che voglio fare rilevare a questa Assemblea invocando nei confronti dei soldati italiani una maggiore considerazione per quello che fanno, per il lavoro che svolgono.
In conclusione, scarsa capacità di previsione da parte del Governo che ci presenta un decreto a cose fatte. Inoltre, il Governo non tiene conto degli ordini del giorno che sono stati approvati in Assemblea. Per coerenza con quell'appoggio che abbiamo dato quando si è trattato di mandare le truppe in Albania, esprimeremo un voto favorevole all'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto di prolungamento della nostra spedizione. Ci resta però l'amarezza di vedere che le nostre raccomandazioni non vengono ascoltate dal Governo, anche perché vorremmo vedere trattare i problemi della difesa con maggiore estensione. Ci auguriamo che, quando l'ultimo soldato italiano sarà ritornato dall'Albania, i due ministri, degli esteri e della difesa, vengano a presentarci un consuntivo di quel che è avvenuto e gli ammaestramenti tratti per il miglioramento della difesa italiana (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. A nome del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo, esprimo un pieno e convinto voto favorevole a questo provvedimento relativo alla partecipazione italiana alle iniziative internazionali in favore dell'Albania.
Due erano i principali obiettivi di questa missione: da un lato, intervenire sulla profonda crisi politica albanese, per evitare che potesse sfociare in un conflitto globale analogo a quello avvenuto nelle terre della ex Jugoslavia; dall'altro, ridurre e controllare la massiccia ripresa dei flussi migratori verso le coste della Puglia. Entrambi gli obiettivi sono stati sostanzialmente, in parte, raggiunti e possiamo affermare con tranquillità che la determinazione del Governo e del Parlamento italiano ha dato i suoi frutti.
La risoluzione n.1101 del 28 marzo 1997 del Consiglio di sicurezza dell'ONU autorizzò la formazione di una forza multinazionale di protezione, della quale fu affidato il comando agli italiani ed alla quale hanno partecipato otto paesi: l'Austria, la Danimarca, la Francia, la Grecia, la Romania, la Slovenia, la Spagna e la Turchia. È la prima volta che il nostro paese è al comando di una missione di pace, anche se già nella missione di pace in Bosnia i militari italiani avevano dimostrato la loro capacità e competenza. È la prima volta che una missione viene decisa in sede ONU e realizzata senza la partecipazione degli Stati Uniti e della NATO ed anche questo pensiamo che sia un risultato positivo per l'Europa.
A nome del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo, voglio ringraziare l'ammiraglio Venturoni e tutti gli ufficiali, sottufficiali e militari impegnati in questi difficili mesi nelle terre di Albania. Troppo spesso - ed è questo forse un vizio italiano che è ricorso anche nel dibattito odierno - si tendono a mettere in evidenza gli aspetti negativi del mondo militare, scordandosi di ringraziare quanti hanno messo a rischio la propria vita, nel corso di questi quattro mesi, per tentare di riportare un clima di pace e serenità in un paese che all'avvio della nostra missione - è bene ricordarlo - era sull'orlo di un precipizio, nel pieno di una guerra civile tra bande.
L'esito positivo di questa missione ed in particolar modo del comando italiano ha assicurato al nostro paese un aumento di prestigio su scala internazionale. Di questo siamo orgogliosi e siamo ben lieti di essere stati fin dall'inizio e costantemente sostenitori di questa missione.
Abbiamo garantito in questi quattro mesi un aiuto concreto alle autorità albanesi a ripristinare un controllo in intere parti del paese che ormai erano fuori da ogni logica democratica. Sono stati fatti affluire in maniera ordinata aiuti umanitari provenienti da tutta Europa alla popolazione albanese e soprattutto si sono


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svolte libere e democratiche elezioni, che hanno garantito un rinnovamento della classe dirigente e politica albanese. Importante è stato anche il ruolo degli osservatori internazionali dell'OSCE per assicurare la regolarità delle operazioni di voto; una missione dell'OSCE alla quale hanno partecipato anche molti parlamentari italiani, come ricordava prima l'onorevole Colombo, e che ha visto i nostri militari impegnati a garantire le condizioni di sicurezza.
Ora, la missione volge al termine. L'8 agosto ci sarà l'ammainabandiera a Tirana e il 12 agosto il ritiro completo delle nostre truppe. Ma i problemi in Albania restano aperti e l'attenzione della comunità internazionale dovrà rimanere costante. Così come costanti dovranno rimanere gli aiuti umanitari, che non dovranno interrompersi, ma dovranno garantire alla fragile democrazia albanese di potersi rafforzare, per assicurare un futuro di serenità e di pace alla popolazione albanese.
Non vogliamo dimenticare oggi, esprimendo il nostro voto favorevole, gli 87 albanesi tragicamente deceduti nel tentativo di attraversare il canale d'Otranto ed il giovane militare di leva italiano morto a causa di un tragico incidente. Vogliamo ricordare queste vittime nella certezza che questi tragici episodi assolutamente non mettono in discussione il valore e la validità della nostra missione e il positivo ruolo dei nostri militari.
Nel ringraziare il Governo e i comandi militari per il costante afflusso di informazioni che sono state garantite ai membri delle Commissioni difesa ed esteri, voglio esprimere la mia soddisfazione per la ricomposizione della maggioranza qui, oggi, con l'espressione del voto favorevole da parte del gruppo di rifondazione comunista su questo provvedimento. È un elemento che riteniamo positivo e non comprendiamo gli accenni di polemica di alcuni deputati dell'opposizione. Consideriamo importante il fatto che il gruppo di rifondazione comunista, pur mantenendo i suoi dubbi e le sue critiche, scelga oggi di esprimere in quest'aula un voto favorevole: si tratta di un segno positivo per tutto il Parlamento.
I nostri militari impegnati negli ultimi giorni in Albania hanno bisogno di sentire la solidarietà di tutto il Parlamento italiano e noi ci auguriamo che questa unità di intenti possa continuare ad esprimersi nei prossimi mesi nelle azioni di solidarietà per impedire che in Albania si ripeta ciò che è successo nelle terre della ex Iugoslavia. Un Parlamento che sa unirsi su tematiche così delicate è motivo di orgoglio per l'Italia ed è un motivo in più per il gruppo della sinistra democratica per esprimere oggi il proprio voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nardini. Ne ha facoltà.

MARIA CELESTE NARDINI. Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il ritiro della forza multinazionale, già in corso e che sarà completato il 12 agosto, ma soprattutto l'elezione del nuovo Governo e le dimissioni di Berisha avviano in Albania una fase nuova; inizia un nuovo rapporto, una nuova cooperazione; sono necessari rapporti bilaterali e multilaterali importanti e impegnativi per il popolo albanese e anche per l'Italia, che avrà la possibilità di esprimere solidarietà ma anche una soggettività diversa nelle relazioni internazionali, a partire dai bisogni e dalle aspettative che ha il popolo albanese.
L'intervento militare, non condiviso da noi (le ragioni di quel voto restano tutte intere), è collocato all'interno del mandato che la risoluzione n.1114 dell'ONU prevedeva. Non vi è dubbio che va espresso apprezzamento per il lavoro svolto dal contingente della forza multinazionale ed in particolare dai militari italiani. Il Governo ha fatto bene a resistere a tutti coloro (le destre, per intenderci) che chiedevano regole di ingaggio più dure. Era facile, a fronte dei gravi problemi che quel popolo ha, il passaggio da una


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missione militare ad una coloniale: questo non è avvenuto.
L'uccisione del giornalista ieri a Tirana conferma che le condizioni dell'Albania sono ancora gravi e serie, ma siamo ad un passaggio - che non è ancora avviato ma che ci auguriamo si avvii - da un sistema chiuso e privo di progetti, da spinte di un liberismo sfrenato che vedevano nell'Albania un territorio inerte, senza qualità, terreno di scorribande finanziarie, luogo di inseguimento per imprenditori senza scrupoli, ad un paese libero e democratico. Questo è il percorso per l'Albania.
L'anno 1997 e il precedente 1996, in cui acutamente si è manifestata la crisi albanese, sono da valutare. Il carattere della rivolta nei giorni caldi ha avuto un luogo geografico ben definito: i territori di Valona e di Argirocastro, dove il rastrellamento di denaro liquido è stato in percentuale più alto. È lì che si è costruita l'opposizione a Berisha e l'assalto alle armerie ha rappresentato l'unica forma di riappropriazione del maltolto, sostituito dall'unico bene esistente nel paese: grande è la nostra preoccupazione per le tante armi che circolano in Albania.
Sul fatto che nel giro di pochi giorni l'Albania sia piombata in un contesto definibile, a nostro parere, come medievale, ottocentesco, balcanico, ci sarebbero molte cose da approfondire; comunque tutto ciò che è accaduto ha gettato sicuramente in quei giorni nello sconforto chi, come gli USA, si era illuso di renderla elemento stabilizzante del quadro balcanico in funzione antiserba. È così avvenuto il passaggio del testimone, durante la crisi, tra USA e Italia che, accettando la sfida, ha deciso di entrare direttamente in campo.
Gli USA allora misero in salvo i loro uomini mentre l'Italia veniva incaricata da tutti i paesi che hanno interessi in quell'area, di svolgere un ruolo primario. Intanto tutto l'apparato militare USA-NATO, collaudato nelle diverse operazioni del genere condotte in sei anni di crisi della ex Iugoslavia, veniva attivato al massimo. Le portaerei americane, stabilitesi nel golfo di Taranto e nell'Adriatico, lanciavano in quei giorni verso l'Albania elicotteri d'assalto e da trasporto per lo sgombero del personale civile e militare non indispensabile.
Dall'ambasciata americana veniva coordinato il recupero degli addetti alle basi di spionaggio elettronico in funzione antiserba, che hanno ospitato in questi anni i miniaerei spia. In poche ore l'aeroporto di Brindisi e il cielo sovrastante la città diventa affollato di aerei di ogni genere e nazionalità e spesso con pochissimo spazio per la sicurezza.
Anche questa volta gli americani si sono ritenuti padroni del cielo, del mare e del territorio che serviva ai loro scopi, senza chiedere il permesso a nessuno. I nostri addetti ai controlli civili e militari hanno dovuto accondiscendere a questo tipo di operato. Va visto in questo quadro l'episodio del Mig albanese disertore, piombato sulla base di Galatina senza che nessuno lo abbia potuto fermare, nonché l'episodio degli elicotteri militari disertori, atterrati nelle campagne brindisine e baresi.
La vicenda della nave affondata merita una discussione seria e a sé stante, che però tarda a venire. Non mi riferisco soltanto all'aspetto di competenza della magistratura, ma anche alle questioni di carattere militare e a quei lati oscuri che questa vicenda ha ancora in sé, lati che vanno dalla comparsa della nave nel porto, a distanza di 24 ore, al fatto che ai naufraghi è stata negata la possibilità di avere un esperto di parte in Italia.
Il popolo albanese è andato a votare, nonostante tutto, con un grande desiderio di cambiamento e ci è riuscito; nelle mani degli albanesi torna il destino del loro paese. A noi di nuovo viene «restituita» interamente la valutazione di tanti aspetti.
Una forza internazionale di pacificazione deve necessariamente essere armata? Servono corpi speciali addestrati ad uccidere per mediare la pace? Cosa fa l'Italia per dare «impulso» ad un'altra ottica in sede internazionale? Oggi che l'Albania può ripartire da sé come uno dei paesi del Mediterraneo possiamo tessere la pace in un contesto di diritti umani, di


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giustizia, di uguaglianza e di democrazia a partire da una nuova relazione tra i popoli? In questo ambito dobbiamo ripartire dalle risposte sulla tragedia di Otranto. Non rimuovendo i problemi ma affrontando la verità, il nostro paese potrà essere ritenuto davvero un soggetto capace di dare il proprio contributo alle questioni che ci stanno dinanzi. I problemi vanno guardati in faccia uno per uno, così come le sofferenze e le perdite devastanti vanno «attraversate» per capirne le ragioni e promuovere le soluzioni. Ed allora per l'immigrazione, per la difesa del territorio si schiuderanno orizzonti diversi.
Signor Presidente, non vi è stata alcuna folgorazione: al riguardo voglio rassicurare il collega Tassone (oltretutto non eravamo sulla strada di... Damasco, anche per l'assonanza che hanno «folgorazione» e «Folgore»).
Il nostro voto a favore tiene conto del fatto che la missione si è conclusa e che i nostri militari stanno ritornando. Teniamo conto dell'andamento che ha avuto la missione, teniamo conto del mutamento della copertura finanziaria, teniamo conto dell'ordine del giorno votato al Senato. È ben chiaro il ruolo che l'Italia può e deve svolgere soprattutto cercando di acquistare una sana autonomia ed una capacità critica sull'operato degli USA in campo militare ed internazionale.
È tempo di esercitare un protagonismo diverso. Farlo su tale questione è importante, anche rispetto al ruolo che i Balcani possono svolgere nel Mediterraneo. Si tratta di interventi il cui esito non è affatto scontato.
In conclusione, vorrei assicurarvi, dal momento che sono pugliese, che, se sono stati creati dei problemi ed arrecati dei danni al nostro turismo, ciò non dipende certamente dagli albanesi, ma molto probabilmente da un cattivo governo della regione da parte del centro-destra (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

GIUSEPPE FRONZUTI. Vergognati! Che c'entra un governo del centro-destra?

FRANCESCO GIORDANO. Ma se non ha combinato nulla quella giunta lì!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romano Carratelli. Ne ha facoltà.

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, dichiaro il voto favorevole del gruppo dei popolari e democratici sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n.214 del 1997. Desidero inoltre sottolineare alcuni aspetti che sono stati posti in evidenza, ma che è giusto richiamare ulteriormente.
Si tratta di una missione fortemente voluta dal Governo italiano e dal Parlamento, di una iniziativa nella quale sono state coinvolte le Nazioni Unite, nonché molti paesi della Unione europea. Il voto di oggi chiude la vicenda, anche se allunga di poco il tempo originariamente previsto. Il voto di questa mattina porta al 12 agosto la fine della missione «Alba», ma ciò è necessario per alcune valutazioni che sono state fatte dal Governo e che noi condividiamo.
Questa missione si presta oggi, alla sua conclusione, ad alcune valutazioni e ad alcune serene riflessioni. Intanto va rilevato che questa è la prima operazione che si svolge in Europa, decisa con l'ONU, ma senza l'intervento dell'America né della NATO, quindi al di fuori degli schemi tradizionali, non perché l'America e la NATO non abbiano titoli di merito, ma perché questo significa il superamento di una concezione e la possibilità che interventi del genere siano pensati e realizzati al di fuori degli schemi tradizionali. È un ulteriore segnale del superamento della logica bipolare.
Inoltre, è la prima missione a guida italiana e questo è un grande riconoscimento. L'azione che il Governo ha condotto per realizzare la missione in Albania ha portato, infatti, ad un riconoscimento concreto che consiste proprio nell'affidamento all'Italia della guida della missione stessa. Ciò testimonia l'efficienza delle nostre Forze armate, nonché il


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prestigio che l'Italia si è conquistata con questa operazione. La missione inoltre ha dimostrato la capacità dell'Italia di svolgere compiti del genere, anche se vi sono stati alcuni incidenti, che sono stati ricordati in questa sede. Mi riferisco a quanto accaduto ad alcuni profughi albanesi, nonché alla triste vicenda dell'alpino Vaira, rispetto alla quale ribadiamo la necessità di accertare la verità.
Vi è a mio avviso un altro aspetto da sottolineare; mi riferisco al fatto che la missione ha consentito lo svolgimento di libere elezioni, che, per le loro modalità, pur non avendo rappresentato l'ottimo, non sono state tuttavia contestate da alcuno e sono state riconosciute dagli organismi internazionali. Ciò consente ad un paese, che si trovava sull'orlo della guerra civile, di vedere stabilizzarsi le sue istituzioni democratiche.
Ciò non toglie, tuttavia, che la conclusione della missione non fa venire meno gli obblighi e le responsabilità della comunità internazionale e, dell'Italia in particolare, nei confronti dell'Albania.
In conclusione, reputo giusto che il Parlamento con il suo voto riconosca la validità, la giustezza e l'efficacia di una scelta lungimirante del Governo italiano sulla vicenda albanese. Inoltre ritengo vada esteso il nostro ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato alla missione, dalle Forze armate ai servizi logistici, a tutti quanti hanno operato al fine di consentire la riuscita positiva e l'esito felice della missione (Molti applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rinnovamento italiano).

PRESIDENTE. Un successo senza precedenti!

DOMENICO ROMANO CARRATELLI. Ho la claque, Presidente!

PRESIDENTE. C'è una punta di invidia, perché a me non succede mai!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinacci. Ne ha facoltà.

NICANDRO MARINACCI. Signor Presidente, vorrei richiamare nella mia dichiarazione di voto tre punti fondamentali, ed in primo luogo il comportamento, l'efficienza e la modestia dei nostri militari (senza parlare del povero Vaira, al quale questo Parlamento dovrebbe dedicare uno spazio a parte). Vorrei parlare di questi nostri militari, così fedeli alla Costituzione e alle istituzioni, i quali, con una forma di abnegazione, ovunque vengano inviati, fanno sempre una bella figura e fanno fare bella figura a questo Governo. Questo Governo però non sta facendo bella figura per l'approssimazione con cui stanzia finanziamenti e stabilisce il termine delle missioni militari. All'inizio della missione è stato stanziato un certo finanziamento, ora ne viene proposto un altro e siamo certi - lo possiamo dire ad alta voce - che non sarà quello definitivo. Questo aumento grava sulle tasche dei nostri contribuenti perché lo si paga a parte, lo si fa pesare su un altro capitolo del bilancio dello Stato. Purtroppo questa è ormai una caratteristica dell'attuale coalizione di Governo!
A proposito di agenzie turistiche, mi sembra che la gente che ha intenzione di andare in vacanza in Puglia non chieda se a governare tale regione sia una giunta di centro-destra e, in caso affermativo, decida di andare da un'altra parte. Siamo seri! Non può esservi una pregiudiziale del genere! Lo dico alla collega pugliese che mi ha preceduto, la quale ha affermato che la colpa per il mancato turismo è da addebitare alla regione Puglia. Il governo regionale fa capo ad una coalizione di centro-destra, ma non dimentichiamo che moltissimi comuni hanno un'amministrazione di centro-sinistra, proprio quelli dove c'è crisi del turismo. E allora colleghi? Cerchiamo di parlare di fatti più seri che riguardano questa missione ed il suo prolungamento al 12 agosto, data che riteniamo non sarà quella definitiva.
Il fatto che i fondi vengano reperiti nei vari capitoli del bilancio significa che forse c'è pianificazione ma non programmazione da parte del Governo. Cosa dire


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di questa missione e del suo prolungamento? Si deve condannare il Governo per l'approssimazione manifestata in sede di stanziamento dei fondi necessari per la missione. Infatti qui si parla di miliardi in più che, come ho detto, i contribuenti saranno costretti a pagare e ci si dimentica che vi sono clandestini che rubano dappertutto rimanendo completamente impuniti.
Siamo favorevoli al prolungamento della missione perché abbiamo assunto in precedenza un impegno preciso, non siamo come altri che si accodano al carro del vincitore: è facile dire oggi «bravi» ai nostri soldati, è facile affermare che la coalizione di Governo deve essere unità; la verità è che si doveva essere uniti al momento cruciale, quando questa coalizione di centro-destra ha avallato le richieste del Governo Prodi, salvandolo. E oggi si viene a dire: siamo contenti, evviva il nostro esercito! Certe affermazioni vanno fatte prima e non dopo; il carro del vincitore è sempre il più comodo quando non si ha coscienza delle proprie azioni, specie quando si dichiarano di fronte ad una nazione intera.
Che cosa vogliamo allora che venga stabilito in questa materia? Che si stabiliscano - ed un Governo che si rispetti deve farlo! - i tempi della durata della missione in modo perentorio e i metodi attraverso i quali essa deve essere portata avanti, perché la risoluzione dell'ONU obbligava giustamente i nostri soldati al «gioco delle tre scimmiette» (come diceva il collega in precedenza): «non vedo, non sento e non parlo!». Eppure i nostri soldati, sembrando dei self-made men, hanno saputo orgogliosamente mantenere alto il nome della nazione, il loro nome e tutto ciò che comportava!
Bisogna però che venga decisa un'altra cosa. Il Governo deve stabilire definitivamente i costi dell'operazione; non possiamo infatti alzarci la mattina e trovarci ogni volta dinanzi ad una variazione dei costi! È bene precisare che stiamo parlando di soldi che vengono pagati dalla gente, alla quale poi dobbiamo dare rispetto; non possiamo procedere per approssimazioni riguardo ad una missione, ai suoi costi, ai suoi tempi e ai suoi metodi!
Come deputati del CDU ribadiamo quindi il nostro parere favorevole sul prolungamento della missione in Albania, perché vi è ancora l'esigenza che i nostri militari rimangano in quel paese. Non è vero infatti che è tutto a posto e che il «dopo Berisha» sia già tutto pianificato! È vero invece che in Albania regna ancora la confusione. È allora necessario che i nostri soldati restino in quel paese, che questo Governo si assuma i suoi impegni e che soprattutto vi sia più correttezza nel dare dei dati e non nel «dare dei numeri» È inoltre necessario che vi sia più correttezza nel dare delle scadenze e che esse non siano aleatorie. Credo che in tutta questa vicenda in un Parlamento che si rispetti - come è questo - vi dovrebbe essere più correttezza, precisione e coerenza, non dimenticando che gli ulteriori aggravi economici vengono pagati dalla gente!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Porto. Ne ha facoltà.

GUIDO LO PORTO. Onorevole Presidente, la gran parte del dibattito che ha impegnato questa Assemblea sul decreto di prosecuzione della missione italiana in Albania ha rievocato gli argomenti che abbiamo già ascoltato in occasione della discussione sulla mozione di autorizzazione alla missione militare in quel paese.
Dal punto di vista formale qui si sarebbe trattato solamente di un decreto-legge che di fatto è già superato, perché la prosecuzione ce la siamo già assicurata con la intempestività con la quale il Governo ha sottoposto all'approvazione del Parlamento il proprio decreto.
Riguardo al merito del provvedimento, però, la vicenda è di carattere esclusivamente politico; la questione politica è stata nuovamente riproposta ed abbiamo - lo ripeto - rievocato gli argomenti affrontati nella precedente discussione, anche se questa volta ci troviamo di


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fronte ad un cambiamento della maggioranza, che allora si espresse a favore della missione e che oggi deve decidere sulla sua prosecuzione. Da parte nostra ci affidiamo al giudizio dell'opinione pubblica sulla coerenza di quanti hanno ritenuto di votare contro la missione la prima volta e a favore della sua prosecuzione, oggi! Ma questo è uno dei tanti esempi della incoerenza e della ipocrisia del dibattito politico italiano di questi ultimi tempi!
Argomento per argomento abbiamo discettato sul significato di questa missione in Albania. Vi è stato chi l'ha collocata nell'ambito del rispetto dell'adesione alle alleanze internazionali e di accoglimento delle risoluzioni delle Nazioni Unite; e chi, forse più concretamente, ha ancorato la vicenda alla questione della sicurezza delle coste, al problema dei profughi o a quello dei clandestini e a quello di questa biblica invasione, sia pure pacifica, da parte di alcuni disperati della terra che cercano in Italia un pezzo di pane o un minimo di libertà.
La verità è che quando decidemmo di votare a favore della missione in Albania, molto opportunamente, superando da parte del Polo ed anche di alleanza nazionale fortissime suggestioni legate alla contingenza politica, lo facemmo perché rispettosi al massimo, come sempre, di una concezione della nazione Italia che non fosse mai riduttiva, minimalista. La concezione di una nazione, cioè, che di fronte alle responsabilità internazionali non si ripara in un nascondiglio per sfuggire dalle medesime assunzioni di responsabilità - chiamata dalle Nazioni Unite l'Italia avrebbe potuto ripararsi di fronte al pericolo di una missione che bene o male è sempre un'operazione militare -, ma viceversa doveva dare, come per fortuna ha dato, una risposta all'opinione pubblica mondiale di prontezza e di disponibilità a concorrere a quella e a questa missione di pace. Se abbiamo espresso quel voto favorevole, ripeto, forzando ampiamente la logica politica che consigliava suggestivamente altri atteggiamenti, non possiamo che ripeterlo ancora oggi sul decreto di prosecuzione della missione, anche se dobbiamo da parte nostra ribadire quanto già affermato dai colleghi del Polo.
Richiamo anch'io, quindi, i ritardi nella presentazione del decreto, un quadro generale della missione che si presta a fortissime critiche, la politica delle tre scimmiette, come qualcuno ha detto giustamente, di una missione cioè che doveva essere coerente con quanto al momento della partenza il massimo responsabile della difesa in Italia aveva dichiarato. Era stato affermato, infatti, che si trattava di una scampagnata, che l'ordine era di non sparare, di non vedere, di non sentire, di non parlare. Anche se successivamente il ministro Andreatta dovette cambiare questa interpretazione, correggerla, smentirla, tuttavia il viatico fu di quel tipo: una missione umanitaria, di pura e semplice polizia civile. Via non scherziamo: queste ipocrite dichiarazioni le abbiamo sempre ascoltate! Quando le Forze armate partono per le missioni di pace i rischi ci sono e i responsabili del dicastero devono avvertire le Forze armate prima di tutto, ma soprattutto l'opinione pubblica, dei rischi che si corrono. Essere andati in Albania con la consegna di non guardare, di non parlare, di non ascoltare è stato un primo atto di inadeguatezza che ha permesso quello che in fondo si è verificato in quel paese, dove gli scontri armati sono continuati e ben 42 vittime sono cadute sui marciapiedi, magari con la vicina presenza delle truppe italiane colà inviate.
È andata così ed abbiamo fatto bene ad assumerci la responsabilità di andare. L'Italia, come grande potenza industrializzata, non può sottrarsi a questi doveri di polizia internazionale. Bene abbiamo fatto anche sotto il profilo di non affidare solamente ed eternamente agli Stati Uniti il ruolo di gendarmi del mondo; bene abbiamo fatto ad obbedire alla direttiva dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea; bene abbiamo fatto a dimostrare di essere un paese all'altezza delle situazioni di emergenza; bene abbiamo fatto, soprattutto, a dimostrare all'opinione pubblica italiana, che vi contribuisce


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concretamente di propria tasca, il ruolo e la funzione delle Forze armate (se venisse meno anche questo aspetto della loro attività, le Forze armate sarebbero veramente una palla di piombo ai piedi del contribuente, che non avrebbe più alcuna giustificazione ed alcuna motivazione ideale). Ma adesso che dobbiamo concedervi, come vi concederemo, un voto favorevole al decreto di prosecuzione della missione, vogliamo rivolgere un pensiero sincero a questa vicina nostra nazione amica affinché in quel paese la democrazia e le libertà vengano seriamente restaurate dopo un quarantennio di tallone tirannico che non ha avuto pari nella storia di tutto il mondo. Esprimiamo dunque un augurio affinché la democrazia e le libertà si consolidino e soprattutto un auspicio a che l'amicizia, la tradizionale storica amicizia che lega l'Italia all'Albania, con questa nostra missione possa essere sempre di più consolidata (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fronzuti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRONZUTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sarò breve anche per corrispondere all'attesa dell'Assemblea, che è stanca e distratta, forse anche in attesa di recarsi a pranzo.
Intervengo a nome del gruppo del CCD per annunciare il voto favorevole in conformità alla posizione già espressa, con altrettanta chiarezza e precisione, da parte di tutti i rappresentanti del Polo.
Noi, pur criticando la conduzione politica dell'operazione, consideriamo il prolungamento della missione un fatto puramente tecnico e pertanto da sostenere e da approvare.
È tuttavia d'obbligo una pur minima riflessione su tutta la politica del Governo, che mostra molta debolezza e talvolta complicità nella gestione dei problemi connessi all'Albania. La politica della difesa non può essere scissa ed avulsa dalla politica estera del nostro paese. Se è vero che l'Italia, in ottemperanza alle risoluzioni nn.1101 e 1114 del Consiglio di sicurezza, svolge con puntuale dignità ed autorevolezza il mandato che le è stato assegnato, non si può però fare a meno di denunciare le gravi inadempienze del Governo circa il modo in cui viene gestita l'intera vicenda Albania, con tutte le implicazioni di carattere sociale ed ambientale. Il nostro paese non sembra abbastanza tutelato, giacché troppe complicità e troppe inadempienze si accavallano, sempre a danno della sicurezza del nostro territorio e delle nostre popolazioni.
Chiediamo, pertanto, un maggiore rigore e più fermezza nella gestione della politica militare, nonché un migliore coordinamento tra le varie forze impegnate nella missione, per consentire un più efficace e proficuo lavoro da parte di tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Roscia. Ne ha facoltà.

DANIELE ROSCIA. È sempre utile intervenire dopo aver ascoltato gli altri colleghi. Innanzitutto, infatti, abbiamo potuto ascoltare grandi affermazioni e lezioni di coerenza sia da destra che da sinistra.
Per quanto riguarda la destra, poc'anzi ho sentito il collega affermare che la sua parte politica è sempre stata coerente, giacché è stata inizialmente favorevole alla missione così come oggi ritiene utile il prolungamento della stessa. Se però volessimo essere veramente coerenti e trasparenti, dovremmo anche riconoscere che le finalità dell'adesione e del consenso al provvedimento andrebbero ricercate in altre valli. Proverò ad individuarle, cercando di pormi dal punto di vista della destra.
Ebbene, si sta discutendo delle Forze armate in presenza di una maggioranza di sinistra sicuramente a loro non favorevole; dunque, vi sono interventi volti appunto a salvaguardare la funzione delle Forze armate. Per quanto mi riguarda, invece, l'attuale situazione, ma anche vicende del passato, dimostra - come in altri casi si è dimostrato - l'inefficacia e


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l'inefficienza di operazioni di questo genere. Magari, poi, visto che in Italia si fa il militare anche per lo stipendio, per avere un posto di lavoro, l'operazione in Albania può aver consentito a qualche ufficiale o a qualche sottufficiale di coniugare tale situazione con un aspetto che definirei più venale.
Queste sono le motivazioni di fondo del sostegno offerto da alleanza nazionale, che si dimentica dei problemi nostrani, ribaditi più di una volta in quest'aula. Mi riferisco proprio alla presenza dei clandestini, che vengono tollerati grazie alla missione in Albania, poiché questo è uno dei risultati del provvedimento che ci accingiamo a votare.
Passiamo alla coerenza dei gruppi della maggioranza, per esempio di rifondazione comunista. Vi ricordate con quale veemenza rifondazione comunista osteggiò il primo provvedimento? Si cercava allora di capire per quale motivo il non tanto amico Dini, ministro degli esteri, stesse operando in Albania, magari per ripristinare una maggioranza di centro-destra. Questo non possiamo ammetterlo e dobbiamo fare in modo che la missione non parta: queste erano le motivazioni di questo gruppo parlamentare.

MARIA CELESTE NARDINI. Non hai capito niente, Roscia!

DANIELE ROSCIA. Siamo arrivati a questo secondo provvedimento, rispetto al quale le motivazioni finanziarie sono state addotte a giustificazione di un cambio di rotta. Si tratta di spendere dei soldi e nel testo alla nostra attenzione si prevede che un terzo dei circa 16 mila milioni previsti vengano sottratti alla rimodulazione di stanziamenti per la difesa, mentre i restanti due terzi vengono ancora una volta prelevati, cari colleghi di rifondazione comunista - forse la contabilità e la finanza non sono il vostro forte - dagli stanziamenti che verrebbero utilizzati nel 1997 per consentire ad esempio - cito a caso - il completamento delle case popolari del paese di Lavena Ponte Tresa. Queste sono le finalizzazioni che vengono meno - ne ho indicata una, ma ve ne sono tantissime, a qualsiasi latitudine - grazie anche a questo intervento.
Ed allora, non nascondetevi, o meglio cercate di riuscire a dimostrare che il vostro, come ho detto nella discussione sulle linee generali, era un intervento solo di carattere politico per sostenere un Governo di sinistra che negli anni precedenti era stato incarcerato. Questo è il vero scopo della vostra scelta ed almeno siate più trasparenti, senza nascondere questa mistificazioni di regime. Grazie al Governo Prodi e grazie alla compiacenza di questa destra che non sa guardare al di là del proprio naso (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania)!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n.4041, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Colleghi, risulta una doppia tessera... spero che non sia politica!
Onorevole Romano Carratelli, la sua tessera risulta doppia. Evidentemente ha un ammiratore che vuole lasciare un segno!
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 2656. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 luglio 1997, n.214, recante prosecuzione della partecipazione italiana alle iniziative internazionali in favore dell'Albania» (approvato dal Senato) (4041):


Presenti 429
Votanti 422
Astenuti 7
Maggioranza 212
Hanno votato 371
Hanno votato no 51
(La Camera approva).


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Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 (Commenti). Colleghi, chi vuole tornare in aula più tardi può anche farlo: non è un domicilio coatto!

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