Seduta n. 234 del 23/7/1997

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Discussione dei documenti: Proposta di modificazione degli articoli 46 e 47 del regolamento (Numero legale in Commissione; disciplina degli effetti della mancanza del numero legale) (doc. II, n.7); Proposta di modificazione dell'articolo 48-bis del regolamento (Sanzioni per assenza dai lavori parlamentari) (doc. II, n.15); Proposta di modificazione dell'articolo 96 del regolamento (Sede redigente) (doc. II, n.16); Proposta di modificazione dell'articolo 135-bis del regolamento (Interrogazioni a risposta immediata) (doc. II, n.17); Proposta di modificazione degli articoli 13, 14, 15, 15-bis, 24, 83, 85, 96-bis, 116, 118-bis, 119 e 125 del regolamento (Costituzione di componenti politiche nel gruppo misto) (doc. II, n.20); Proposte di modifica del regolamento concernenti la riorganizzazione del procedimento legislativo e strumenti per migliorare la qualità delle leggi (doc. II, n.26) (ore 15,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei documenti: Proposta di


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modificazione degli articoli 46 e 47 del regolamento (Numero legale in Commissione; disciplina degli effetti della mancanza del numero legale); Proposta di modificazione dell'articolo 48-bis del regolamento (Sanzioni per assenza dai lavori parlamentari); Proposta di modificazione dell'articolo 96 del regolamento (Sede redigente); Proposta di modificazione dell'articolo 135-bis del regolamento (Interrogazioni a risposta immediata); Proposta di modificazione degli articoli 13, 14, 15, 15-bis, 24, 83, 85, 96-bis, 116, 118-bis, 119 e 125 del regolamento (Costituzione di componenti politiche nel gruppo misto); Proposte di modifica del regolamento concernenti la riorganizzazione del procedimento legislativo e strumenti per migliorare la qualità delle leggi.
Ricordo che, come già comunicato all'Assemblea, la Conferenza dei presidenti di gruppo, nella riunione di ieri, ha definito la seguente organizzazione del dibattito: nella seduta odierna, pomeridiana e notturna (sino alle ore 24 circa), avrà inizio la discussione sulle linee generali, che proseguirà domani a partire dalle ore 9 per chiudersi, dopo le repliche dei relatori, entro le ore 14; si procederà quindi alla votazione degli eventuali principi emendativi. Nella seduta di martedì 29 luglio, con inizio alle ore 10, l'Assemblea procederà alle votazioni sulle proposte della Giunta.
Avverto che il termine per la presentazione di principi emendativi è fissato alle ore 12 di domani.
Ricordo inoltre che nella seduta di domani si procederà anche alla votazione degli eventuali principi emendativi riferiti alle proposte di modificazione degli articoli 143 e 144 (doc. II, n.6) e 14 e 153 (doc. II, n.8) del regolamento, la cui discussione sulle linee generali si è svolta nella seduta del 29 luglio 1996.
In considerazione del fatto che la Giunta ha proceduto, successivamente allo svolgimento della discussione sulle linee generali in Assemblea, alla riformulazione del testo di tali ultime proposte, ed altresì alla luce del lungo tempo intercorso dallo svolgimento della relativa discussione, ritengo che anche per quanto riguarda i doc. II, nn.6 e 8, il termine per la presentazione dei principi emendativi possa essere stabilito alle 12 di domani.
Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.

ALBERTO LEMBO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALBERTO LEMBO. Signor Presidente, la pregherei di voler considerare l'opportunità, data l'importanza della discussione che si svolgerà oggi, di provvedere, se possibile, alla sconvocazione delle Commissioni, quanto meno di quelle che non abbiano particolari motivi di necessità per riunirsi (mi risulta che ce ne siano). Credo infatti sarebbe bene che l'aula fosse affollata.
Vorrei sottolineare, inoltre, un altro aspetto. Anche se oggi si svolge solo la discussione sulle linee generali delle proposte di modifica del regolamento, per quanto riguarda il documento II, n.16, relativo alla proposta di modificazione dell'articolo 96 del regolamento, riterrei opportuno che in fase di votazione si seguisse un ordine diverso, nel senso di porre in votazione tale proposta successivamente alle proposte di modifica del regolamento concernenti la riorganizzazione del procedimento legislativo e strumenti per migliorare la qualità delle leggi, di cui al documento II, n.26, in quanto l'eventuale approvazione di tali proposte di modifica deve sicuramente precedere quella concernente l'articolo 96 del regolamento.

PRESIDENTE. Onorevole Lembo, valuteremo successivamente tale questione.
Per quanto riguarda la sconvocazione delle Commissioni, farò compiere gli opportuni accertamenti. Dubito comunque che vi sia automatismo tra sconvocazione delle Commissioni e affollamento dell'aula!
Ha facoltà di parlare il relatore per il documento II, n.7, onorevole Liotta.


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SILVIO LIOTTA, Relatore per il documento II, n.7. Signor Presidente, il documento II, n.7, è già pervenuto all'esame della Camera. In quell'occasione era stata evidenziata anche in sede di Giunta per il regolamento l'esigenza di meglio regolamentare la mancanza del numero legale nel momento in cui bisognava accertare se rinviare direttamente la seduta o se invece fosse possibile proseguire i lavori, passando al successivo argomento posto all'ordine del giorno. La Giunta ha riesaminato la questione ed ha riformulato l'articolo accogliendo i suggerimenti che erano giunti dall'aula, nel senso di considerare possibile proseguire nell'esame di altro punto all'ordine del giorno, purché sullo stesso non abbiano a svolgersi votazioni.
Per il resto, il contenuto rimane identico a quello rappresentato alla Camera nel 1996. Vi è una migliore e più puntuale disciplina nel caso della mancanza del numero legale, che riassumerò brevemente in questa sede.
Fondamentalmente è stata unificata la disciplina sia per quanto riguarda l'Assemblea sia per quanto riguarda le Commissioni, ed è stato previsto, in via generale e non come fatto eccezionale, il ricorso al dispositivo elettronico di voto per l'accertamento del numero legale.
Per quanto riguarda l'Assemblea, in caso di mancanza del numero legale, si potrà proseguire nei lavori, purché i successivi punti dell'ordine del giorno non prevedano votazioni. La seduta può inoltre essere aggiornata; in tal caso, se è stato predisposto il calendario dei lavori, l'ordine del giorno della seduta successiva sarà conforme ad esso, con l'aggiunta degli argomenti già all'ordine del giorno della seduta in cui è mancato il numero legale. Qualora invece non fosse stato predisposto il calendario dei lavori, l'ordine del giorno della seduta successiva sarà lo stesso di quella in cui è mancato il numero legale.
Presso le Commissioni, il presidente può togliere la seduta o rinviarla di un'ora. Si è adottata anche una disposizione per quanto riguarda la possibilità di proseguire o meno la seduta. Dunque, nel caso in cui manchi il numero legale, sempre nell'ipotesi in cui occorra una maggioranza qualificata, è possibile che la Commissione continui i suoi lavori su argomenti per i quali non sia necessaria una maggioranza qualificata.
È stato poi previsto che la mancanza del numero legale in una seduta non costituisca presunzione di mancanza del numero legale nella seduta successiva.
Si tratta, signor Presidente, del recepimento di una prassi che è stata introdotta alla Camera ed alla quale ci si è attenuti; si propone ora di codificarla aggiungendo una garanzia ed una certezza per l'intero Parlamento: in occasione della rilevata mancanza del numero legale, l'Assemblea non può proseguire nei lavori adottando delle deliberazioni.
Con ciò, insieme all'onorevole Grimaldi, raccomando all'Assemblea l'approvazione del documento II, n. 7.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per il documento II, n.7, onorevole Grimaldi.

TULLIO GRIMALDI, Relatore per il documento II, n.7. Signor Presidente, concordo con quanto affermato dall'onorevole Liotta.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per il documento II, n.15, onorevole Lembo.

ALBERTO LEMBO, Relatore per il documento II, n.15. Signor Presidente, non è un argomento di grandissima importanza quello che viene affrontato nell'odierna relazione, che mi accingo a svolgere, proponendo l'adozione di un articolo supplementare, l'articolo 48-bis, il quale, peraltro, rappresenta un'utile precisazione. Dico questo perché molto spesso il Parlamento viene preso di mira attraverso critiche varie ai suoi componenti, come se fosse un luogo nel quale si registra un cronico assenteismo e costituisse un luogo di riposo. I dati riferiti alla presenza dei componenti dei vari gruppi e dei singoli parlamentari sono


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molto differenziati: vi è una forte presenza di alcuni ed una debolissima presenza di altri. Credo sia dunque opportuno un intervento di questo genere, poiché occorre innanzitutto pervenire ad un'applicazione integrale delle norme, le quali da una parte prevedono il dovere del parlamentare di partecipare ai lavori, ma poi non scendono nel particolare.
È purtroppo evidente, spesso anche attraverso le immagini televisive o le fotografie (le note immagini dell'aula vuota, con il singolo parlamentare che parla ai banchi), il fenomeno; tuttavia va rilevato che l'attività del Parlamento e della Camera in particolare - visto che in tale sede ci troviamo - si articola attraverso una serie di sedute di organi che molto spesso non sono visibili. Se è quindi vero che il principio generale è quello per il quale deve essere mantenuta la libertà di attività dei parlamentari, per cui non si può sindacare in merito alla partecipazione, è altrettanto vero che vi è un principio, previsto anche nel regolamento e nella Costituzione, secondo il quale è dovere dei deputati partecipare ai lavori della Camera.
La Giunta, anche attraverso questa mia brevissima relazione, afferma che è dovere dei parlamentari partecipare a tutte le attività della Camera dei deputati, secondo le sue articolazioni ed a seconda del ruolo che ciascuno ricopre. È altrettanto giusto che la presenza o l'assenza vengano commisurate (e vengo alla seconda parte del mio ragionamento) non tanto alla retribuzione, il che non è di nostra competenza, ma alla diaria. Parlo dell'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n.1261, particolarmente per quanto riguarda le detrazioni per assenze.
Come lei ben sa, Presidente, mentre è automatica e molto facile la rilevazione della presenza attiva dei parlamentari in aula attraverso la votazione nominale, non altrettanto avviene nei lavori delle Giunte e delle Commissioni, in quanto in quella sede la votazione per appello nominale è un fatto veramente sporadico e le deliberazioni si verificano senza che resti traccia della presenza del parlamentare, il quale, a volte, passa ore in Commissione, svolge interventi e sostiene propri emendamenti. Il regolamento, però, non ci dà la possibilità di intervenire direttamente, perché la materia è di competenza dell'Ufficio di Presidenza della Camera.
L'articolo 48-bis, che consta di tre diversi commi, dà quindi mandato all'Ufficio di Presidenza della Camera di applicare i principi enunciati nell'articolo stesso facendo sì che la dizione «partecipazione ai lavori della Camera» colga il loro complessivo dispiegarsi e, di conseguenza, possa estendersi anche alla presenza di parlamentari che, occasionalmente, non hanno partecipato all'unico voto per la giornata in Assemblea, ma hanno preso parte attivamente ai lavori in Commissione e viceversa.
Il parere della Giunta su queste linee è stato conforme ed unanime e, quindi, chiedo anch'io che sull'inserimento nel regolamento dell'articolo 48-bis vi sia un voto univoco e positivo da parte dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per il documento II, n.16, onorevole Bicocchi.

GIUSEPPE BICOCCHI, Relatore per il documento II, n.16. La proposta su cui riferisco riguarda l'articolo 96 del regolamento, concernente l'esame dei progetti di legge presso le Commissioni in sede redigente.
La ratio della riscrittura dell'articolo in questione è quella di favorire per quanto possibile l'utilizzo di questo strumento come uno dei canali importanti per razionalizzare il lavoro in Assemblea, evitando l'esame articolo per articolo ed emendamento per emendamento.
L'attuale disciplina dell'articolo 96 rendeva l'ipotesi da esso disciplinata quasi di scuola perché, in realtà, la complessa procedura e la richiesta di maggioranze amplissime - se non quasi dell'unanimità - facevano sì che quando ricorrevano le condizioni previste si adottasse la sede legislativa e non servisse quella redigente. La proposta in esame tende invece, attraverso


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una serie di meccanismi che esporrò sinteticamente, ad introdurre una semplificazione e, quindi, ad aumentare le possibilità di fare ricorso alla sede redigente.
La seconda ratio della disposizione è quella, in conformità alla logica ispiratrice anche delle altre proposte, di valorizzare non solo il ruolo della maggioranza, sia in Commissione sia in Assemblea, ma anche, almeno sotto il profilo dell'iniziativa, quello della minoranza, sia pure qualificata.
In base ai due principi richiamati le modifiche che vengono proposte riguardano in primo luogo l'iniziativa di proporre la sede redigente. A decidere è sempre l'Assemblea, ma oltre al caso - che ovviamente rimane - che l'Assemblea liberamente possa liberamente deliberare prima di passare all'esame degli articoli, si prevede che la richiesta possa essere avanzata dalla Commissione. Peraltro, mentre a tal fine è previsto il voto unanime o la maggioranza dei quattro quinti dei componenti la Commissione stessa, in base alla proposta al nostro esame è sufficiente un terzo dei componenti la Commissione. Quindi, non solo la maggioranza, ma anche una minoranza qualificata può assumere l'iniziativa di chiedere la sede redigente.
È inoltre previsto in via generale che il Presidente possa proporre alla Camera l'assegnazione in sede redigente, proposta da iscrivere all'ordine del giorno della seduta successiva e su cui votare se vi è opposizione.
Il mio personale auspicio è che queste possibilità vengano largamente impiegate, in modo che il ricorso alla sede redigente diventi normale e non più assolutamente eccezionale come è attualmente.
Per quanto riguarda sempre il tema della possibilità di intervento della minoranza e l'ordine del giorno indicante criteri e princìpi direttivi (che nella normativa attuale è previsto solo come ordine del giorno formulato dalla Commissione), la proposta in discussione prevede, oltre alla possibilità che sia la Commissione a predisporre l'ordine del giorno, anche quella che quest'ultimo sia proposto da 30 deputati o da uno o più presidenti di gruppo che rappresentino tale consistenza numerica. Si tratta quindi di un potere di intervento significativo dei gruppi di minoranza rispetto all'iniziativa esclusiva della maggioranza della Commissione.
L'ultima innovazione di rilievo che voglio evidenziare è che si è cercato di trovare il modo di sottolineare il ruolo dell'opposizione rispetto a quello della maggioranza, perché altrimenti, con la discussione molto ridotta in Assemblea e senza l'esame di emendamenti, si rischiava di avere solo un plebiscito su quello che propone la maggioranza. In questo senso, viene prevista la possibilità di quello che secondo me avrebbe potuto essere un vero e proprio testo di minoranza ma che poi, nella formulazione cui si è giunti anche per rispettare certe procedure in ordine alla possibilità di presentare emendamenti articolo per articolo, è diventata l'indicazione da parte dell'opposizione di una formulazione diversa di uno o più articoli, oppure anche di tutti. Questa formulazione viene posta in votazione come emendamento articolo per articolo. Oltre a questo, il relatore di minoranza, indicato da un terzo dei membri della Commissione, può esporre globalmente all'inizio i propri emendamenti, quindi in qualche modo un testo alternativo. Vi è pertanto un testo della maggioranza della Commissione e, quando lo si vuole, un testo di una minoranza qualificata pari ad un terzo, che espone e presenta all'Assemblea i due testi alternativi nei singoli articoli che verranno votati uno per uno.
L'ultimo punto riguarda la possibilità che il testo torni in Commissione o perché l'Assemblea lo dispone prima di procedere alla votazione o anche come meccanismo di garanzia qualora sia respinto un articolo (credo sia più esatto dire quando è approvato un emendamento). Quando cioè viene approvato un emendamento diverso dal testo votato dalla Commissione, vi è la necessità di un riesame e di un coordinamento da parte di quest'ultima e quindi il testo può essere rinviato in Commissione con un ordine del giorno che contiene

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un nuovo termine e le necessarie indicazioni. Rimangono ferme invece le esclusioni oggettive previste dall'attuale norma del regolamento rispetto a leggi di particolare importanza, che esigono un esame dell'Assemblea e non possono essere esaminate dalla Commissione in sede redigente.
In conclusione, si tratta di proposte significative che come relatore sostengo e che chiedo all'Assemblea di approvare (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per il documento II, n.17, onorevole Armaroli.

PAOLO ARMAROLI, Relatore per il documento II, n.17. Presidente, ho chiesto agli uffici di poter intervenire anche su tutti gli altri documenti all'ordine del giorno.

GIUSEPPE TATARELLA. Fallo dopo!

PRESIDENTE. Questa richiesta è già stata fatta e, per intesa con i relatori, questi ultimi possono intervenire su tutti i documenti.
Parli pure, onorevole Armaroli.

PAOLO ARMAROLI, Relatore per il documento II, n. 17. Devo anzitutto dire, sul piano generale, che una forza giovane come alleanza nazionale non ha il torcicollo, guarda avanti e non indietro. Abbiamo quindi nostalgia del futuro, sia per quanto riguarda le regole costituzionali sia per quanto riguarda le regole del nostro Parlamento e in particolare della Camera dei deputati.
Abbiamo svolto ben 61 sedute della Giunta, ma mentre per alcune delle proposte in esame, in parte già illustrate dai colleghi intervenuti, il giudizio è maturato nel corso del tempo, per quanto concerne il procedimento legislativo, che è un po' il cuore del regolamento della Camera, abbiamo dovuto procedere a marce forzate attraverso una nuova stesura dei testi per la dialettica intervenuta in Giunta tra maggioranza ed opposizione.
Ovviamente su alcuni punti fondamentali ancora non si registrava nella serata di ieri un accordo tra maggioranza ed opposizione. Devo dirlo per onestà intellettuale ed anche per segnalare all'Assemblea, ridotta a pochi intimi, che un accordo globale, purtroppo, non si è potuto trovare.
Ritengo che questo sia in parte dovuto alla fretta, in parte al fatto che alleanza nazionale non si è mai opposta ad una riscrittura del regolamento, ma voleva una riscrittura integrale. Purtroppo, invece, siamo andati avanti con la politica del carciofo, abbiamo approvato in Giunta una cosa alla volta e poi ci siamo trovati nel rush finale a dover esaminare con una certa fretta - mi sono accorto anche di qualche errore materiale: semmai ne parlerò nel corso della discussione - le proposte di riorganizzazione del procedimento legislativo.
Per quanto concerne le singole proposte, debbo dire che sul documento II, n.7 c'è da parte nostra un'opposizione per quanto riguarda il passaggio ad altro punto dell'ordine del giorno. Consentiamo cioè al passaggio ad altro punto all'ordine del giorno solo qualora si tratti di interrogazioni e di interpellanze, comunque di atti del sindacato ispettivo.
Non abbiamo riserve sul documento II, n.15, di cui è relatore l'onorevole Lembo, se non in relazione ad un punto, signor Presidente. Nell'Ufficio di Presidenza si è discusso a lungo della questione e poi si è adottata una soluzione che, a mio avviso, non è conforme a logica.
Il fatto che la presenza di un deputato debba risultare da una singola votazione, che in caso di generosità potrebbe essere anche fatta da un collega, non mi ha mai quadrato. Se negli atti parlamentari risulta l'intervento di un deputato in una Giunta, in una Commissione permanente o in una Commissione speciale, non si vede perché, nel caso egli non voti in aula perché si trova in altra sede sempre istituzionale del Parlamento, debba essere considerato assente anziché presente.
Raccomando quindi all'Ufficio di Presidenza - e mi riservo di formulare in tal


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senso un principio emendativo - di tener presente qualsiasi altro documento parlamentare. D'altra parte i rilievi dell'onorevole Lembo mi sembrano particolarmente fondati e concordo con la sua proposta: la testimonianza è data proprio dalla seduta di oggi, quando si discutono regole di tutto il Parlamento e purtroppo vi sono solo pochi intimi.
Per quanto riguarda il documento II, n.16, di cui è relatore l'onorevole Bicocchi, relativo alla sede redigente, abbiamo qualche rilievo da fare, soprattutto in relazione al comma 9. Avevamo chiesto in Giunta la garanzia che, secondo le procedure previste dalla Costituzione, il Governo, un decimo dei componenti della Camera o un quinto dei componenti della Commissione potessero in ogni stato dell'esame del provvedimento in sede redigente attivare la procedura ordinaria.
Così, invece, non è nel testo di cui è relatore l'onorevole Bicocchi. Per quanto riguarda il documento II n.17, di cui sono relatore insieme con l'onorevole Signorino, vorrei segnalare all'Assemblea la presenza di un allegato, varato senza sostanziali contestazioni nella seduta di Giunta per il regolamento di ieri.
Il documento II n.17 contiene tre novità; anzi, due novità e mezza, per essere precisi. La mezza novità è la ridenominazione del question time. L'interrogazione a risposta immediata è sempre stata chiamata, anche dai giornali, question time: noi vogliamo il Premier question time, che vige nella Camera dei comuni. Noi vogliamo, cioè, che alle domande immediate vi sia l'immediata risposta non di questo o quel ministro, ma del Presidente del Consiglio o del Vicepresidente del Consiglio. È così stabilito, effettivamente, nella nuova formulazione dell'articolo 135-bis. Ovviamente cade la facoltà del Presidente della Camera di stabilire su quali materie si svolgeranno le interrogazioni a risposta immediata, perché abbiamo convenuto che le domande rivolte al Presidente del Consiglio o al suo Vice riguarderanno argomenti generali che attengono all'articolo 95 della Costituzione e che coinvolgono quindi l'indirizzo politico generale del Governo, di cui lo stesso Presidente del Consiglio è titolare; nessuna domanda - se la proposta di modifica del regolamento sarà approvata - potrà essere interdetta, salvo la sconvenienza del linguaggio o le altre fattispecie la cui valutazione spetta ovviamente al Presidente dell'Assemblea.
Vengo ora alle due novità sostanziali. Innanzitutto si prevede la possibilità, il diritto di svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in Commissione due volte al mese - di norma il giovedì - con tutte le garanzie anche di pubblicità (compresa la ripresa televisiva). In secondo luogo, si prevede l'introduzione dell'interpellanza urgente (articolo 138-bis). Si tratta di uno strumento che ho definito «interpellanza pesante», perché sottoscritta da ciascun presidente di gruppo o da almeno trenta deputati: ovviamente questo tipo di interpellanze avrebbero una corsia del tutto preferenziale, nel senso che di norma esse sarebbero iscritte all'ordine del giorno in ciascuna settimana nella seduta di giovedì mattina, essendo state formulate entro la mattina del martedì (i deputati avrebbero quindi la risposta sostanzialmente dopo 48 ore).
Non mi soffermerò sull'articolo 139-bis: la norma non fa altro che codificare le regole di comportamento già formulate nella Giunta per il regolamento. Si tratta di una trascrizione puntuale di quanto avevamo già convenuto e, del resto, di quanto è già in applicazione. Vorrei semplicemente notare che nella valutazione sull'ammissibilità si distinguono un problema di forma ed un problema di sostanza. Vorrei sottolineare ancora una volta che il diritto di critica ad ogni istituzione dello Stato è assolutamente libero. L'ammissibilità riguarda la forma e non la sostanza. Anzi, avevo già sottolineato in quest'aula che critiche molto serrate ad un Presidente della Repubblica - tanto per non fare nomi e cognomi, si trattava di Francesco Cossiga - vennero svolte in quest'aula in termini ineccepibili dal punto di vista parlamentare dall'attuale Presidente della Repubblica, allora deputato del Parlamento, Oscar Luigi

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Scàlfaro. Questo a dimostrazione che si può essere anche pesantemente critici purché si rimanga nell'ambito di un corretto linguaggio parlamentare. Su questo punto non ho altro da aggiungere, se non per fare una sottolineatura a proposito della previsione che in qualsiasi documento (interpellanze, interrogazioni o mozioni) bisogna fare salva la tutela della sfera personale, dell'onorabilità dei singoli e del prestigio delle istituzioni. Su questo punto loro ricorderanno che in altri ordinamenti (mi riferisco, in particolare, alla Costituzione della Repubblica federale tedesca) è appunto contenuta una previsione del genere. Mi chiedo se ad abundantiam una norma di questo genere possa entrare nella seconda parte della Costituzione, visto che dall'articolo 55 in poi sarebbe possibile, anche a maggiore tutela dei soggetti eventualmente percossi da calunnia o diffamazione.
Signor Presidente, visto che i temi sono molti, se me lo consente per quanto riguarda in particolare il procedimento legislativo - in cauda venenum - potrei intervenire in un secondo momento.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Armaroli, ma la questione è stata già posta e, come ho accennato prima, si è determinato che i relatori intervengano sul complesso della materia perché, come lei sa, non è possibile intervenire due volte nello stesso procedimento. È questo l'unico modo per consentire al parlamentare, come è giusto, di svolgere un intervento completo sugli argomenti che ha a cuore.

PAOLO ARMAROLI, Relatore per il documento II, n.17. Le chiedevo un'eccezione, signor Presidente, semplicemente perché i documenti al nostro esame sono molti. Senza essere puntuale e fiscale su ciascuno, considerato che la proposta di modifica del procedimento legislativo ha una notevole rilevanza, se ella lo consente riterrei di trattarla a parte. Pur nell'ambito di un'unica discussione le chiedo di consentire quanto meno ai relatori di intervenire, in un momento ed in tempi congrui, per un esame più approfondito. Mi permetto dunque di reiterare la mia richiesta.

PRESIDENTE. Purtroppo debbo risponderle allo stesso modo, perché altri colleghi hanno parlato prima di lei soltanto su questioni molto limitate. Comprenderà che dovrei altrimenti riattivare tutti...


GIUSEPPE TATARELLA. Armaroli, c'è un'esigenza del nostro gruppo di parlare subito e di dire la nostra posizione. Ti prego di non fare ulteriore «ostruzionismo» su questo!

PAOLO ARMAROLI, Relatore per il documento II, n.17. Non interverrò dunque sul procedimento legislativo e concludo il mio intervento.

GIUSEPPE BICOCCHI, Relatore per il documento II, n.16. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BICOCCHI, Relatore per il documento II, n.16. Non ho alcuna particolare necessità di intervenire ulteriormente, ma mi pare fosse scontato che chi interveniva come relatore non avrebbe più potuto farlo...

PRESIDENTE. Non «scontato», era stato richiesto, non ricordo da quale relatore.
In ogni caso, colleghi, quali sono i relatori che intendono intervenire ulteriormente, oltre all'onorevole Armaroli? L'onorevole Liotta mi aveva segnalato questa esigenza e gli avevo risposto di no. Lei, onorevole Bicocchi, ha questa esigenza?

GIUSEPPE BICOCCHI, Relatore per il documento II, n.16. No.

PRESIDENTE. Altri colleghi?


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ALBERTO LEMBO, Relatore per il documento II, n.15. Io devo intervenire anche come relatore per il documento II, n.20.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre esigenze...

SILVIO LIOTTA, Relatore per il documento II, n.7. Io interverrò per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. L'intervento per dichiarazione di voto non presenta problemi. Per ora, dunque, sarà l'onorevole Armaroli a prendere la parola anche successivamente.
Ha facoltà di parlare il relatore per il documento II, n.17, onorevole Signorino.

ELSA SIGNORINO, Relatore per il documento II, n.17. Come i colleghi che mi hanno preceduto, mi atterrò al merito del provvedimento specifico di cui sono relatrice. Il collega Armaroli ha già detto di che si tratta ed ha anche detto che siamo di fronte ad una proposta di modifica condivisa. Aggiungo alle considerazioni che ha svolto il collega Armaroli una sola sottolineatura in ordine alla ratio della modifica che proponiamo all'approvazione dell'Assemblea.
Per il tramite di questa modifica, si mettono fortemente in valore alcuni strumenti di sindacato ispettivo, in particolare quegli strumenti che assumono una particolare rilevanza politica o sono tali da mettere particolarmente in rilievo il contraddittorio tra Governo e Parlamento.
Ritengo che questa particolare sottolineatura di alcuni strumenti di sindacato ispettivo possa essere apprezzata - credo che il collega Armaroli sarà d'accordo con me - anche come piccolissimo contributo - «piccolissimo» perché si tratta di una modifica parziale - al perseguimento dell'obiettivo da cui trae ispirazione il complesso delle proposte di modifica. Mi riferisco all'obiettivo di realizzare, per il tramite della modifica del regolamento, un migliore e più efficace bilanciamento tra i poteri del Parlamento e quelli del Governo, fra i poteri della maggioranza e quelli delle opposizioni. Ritengo che a nessuno sfugga come la valorizzazione particolare di questi strumenti di sindacato ispettivo contribuisca, appunto, alla strategia di miglior bilanciamento dei poteri a cui si ispira il complesso delle modifiche regolamentari, che costituisce certamente uno degli aspetti del nostro lavoro che più va apprezzato e, se possibile, ulteriormente arricchito in sede di confronto parlamentare.
Aggiungo, Presidente, molto brevemente che poiché si valorizzano e si distinguono alcuni strumenti di sindacato ispettivo, razionalità vorrebbe che si procedesse contestualmente ad un riordino complessivo degli altri strumenti di sindacato ispettivo. Allo stato dell'opera, gli strumenti di sindacato ispettivo sono regolati per il tramite di circolari del Presidente, con una finalizzazione dei diversi strumenti, a seconda della loro natura, a sedi diverse di dibattito e di confronto. Ritengo che gli strumenti di sindacato ispettivo che intervengono su questioni di carattere politico generale potrebbero opportunamente essere destinati all'Assemblea; quelli che intervengono su materie di carattere settoriale alla Commissione e quelli che intervengono su questioni specifiche di carattere locale potrebbero essere più opportunamente lasciati a documenti scritti. Credo che in questo senso si possano proporre nel corso del dibattito anche eventuali principi emendativi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per i documenti II, n.20 e n.26, onorevole Guerra. Onorevole Guerra, decida lei se intervenire anche sulle altre proposte di modifica.

MAURO GUERRA, Relatore per il documento II, n.20 e per il documento II, n.26. Presidente, farei un unico intervento, a questo punto, illustrando anche il documento II, n.26, di cui pure sono correlatore.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Guerra. Ne ha facoltà.


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MAURO GUERRA, Relatore per il documento II, n.20 e per il documento II, n.26. In qualità di relatore con il collega Lembo della proposta di modifica che riguarda le componenti del gruppo misto, mi limito a dire che condivido tale proposta, che mi pare necessaria per intervenire su un'urgenza che si è determinata con le modalità attraverso le quali si è costituito, si è costruito e definito il gruppo misto.
La possibilità di dare alle componenti di quel gruppo che hanno forte consistenza e identità politica una maggiore visibilità e possibilità di intervento autonomo nel lavoro della Camera mi pare cosa utile per i nostri lavori complessivamente e per garantire i diritti dei parlamentari e delle forze politiche che fanno parte del gruppo misto stesso.
Credo poi - do solo un giudizio complessivo - che l'insieme delle proposte che la Giunta è andata elaborando in più di un anno di lavoro (alcune in modo più faticoso e travagliato, altre meno; alcune con maggioranze ampie e convinte, se non con l'unanimità, altre con qualche difficoltà in più) provano a rispondere ad uno dei compiti fondamentali per i quali è istituita la Giunta per il regolamento, che è organo che esprime pareri al Presidente quando questi lo richieda, ma è anche organo chiamato a proporre alla Camera interventi quando si verifichino necessità di mettere mano ai modi del funzionamento del lavoro parlamentare. L'insieme di queste proposte - ripeto - mi pare equilibrato, come deve essere equilibrato un intervento sulla «carne viva» della vita parlamentare, nella quale subito si pesano e si possono verificare le difficoltà che i diversi attori del confronto parlamentare possono incontrare. Credo che solo interventi che abbiano la capacità di tenere assieme l'equilibrio rispetto alle posizioni del Governo nei confronti del Parlamento, del Governo nei confronti della maggioranza, tra la maggioranza e le opposizioni, tra i gruppi e i singoli deputati abbiano la possibilità non solo di essere approvati ma di apportare effettivo giovamento ai nostri lavori.
Quindi, ripartendo dal documento di cui sono relatore (il procedimento legislativo e la qualità della legislazione), noi affidiamo all'Assemblea l'esito di un lungo lavoro, complesso, difficile ma credo anche necessario e, per molti aspetti, non rinviabile o non più rinviabile. Nel momento in cui viviamo la stagione delle riforme costituzionali, nel momento in cui si opera sul livello delle riforme costituzionali e mentre si sta ridisegnando complessivamente un assetto dei poteri e delle istituzioni democratiche, che però tende a confermare la centralità ed il ruolo del Parlamento come luogo dove si concentrano la rappresentanza democratica, l'espressione della sovranità popolare, la legittimazione del rapporto di fiducia con il Governo e l'alta funzione legislativa, credo che a questa stagione di riforme non possa essere estranea la discussione ed il confronto anche sui modi del funzionamento del Parlamento e, segnatamente, della Camera dei deputati, per quello che ci riguarda.
Anzi, ritengo - ed è una posizione che ho sempre sostenuto in questi mesi, anche all'interno della Giunta, nella discussione che abbiamo avuto - che una revisione regolamentare capace di non contraddire le tendenze di riforma costituzionale in atto ma che provi ad essere coerente con esse, una riforma regolamentare che ne accompagni la fase di costruzione e di approvazione, possa aiutare a determinare i modi e le forme della fase di transizione verso i nuovi approdi costituzionali e possa essere uno strumento utile in sé per il lavoro nostro, per le risposte che già oggi si possono dare e utile anche ad un positivo esito di quel processo di riforma costituzionale.
Certo, questa sulla quale oggi consegniamo una relazione all'Assemblea è una materia complessa e difficile proprio per il carattere di transizione della fase che stiamo attraversando, che stiamo vivendo ma anche - l'ho detto iniziando il mio intervento - perché è destinata ad incidere subito, a spiegare effetti concreti sulle condizioni del lavoro parlamentare, sul rapporto tra Governo e Parlamento,


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sul rapporto tra maggioranza e opposizione, sui modi delle relazioni tra Governo e maggioranza, tra i gruppi e tra i gruppi ed i singoli parlamentari. È un terreno vivo, vitale, prezioso, sul quale più forte può essere - e credo che lo sia in tutti noi - la tentazione di misurare gli interventi che si ipotizzano e per i quali si lavora più sui propri legittimi ma contingenti interessi di parte, di collocazione o di ruolo particolare in questa fase che non su una valutazione di carattere più generale legata agli interessi dell'attività complessiva della Camera e del suo funzionamento.
Ecco, questo è un atteggiamento che dobbiamo vincere, questo è un rischio che dobbiamo evitare, come abbiamo già cercato di fare nel lavoro in Giunta, perché porterebbe ad esiti non utili e, probabilmente, ad un ripiegamento sullo stato di cose esistenti. Soltanto un equilibrio grande, uno sforzo di confronto vero, di comprensione non strumentale delle ragioni degli altri possono consentirci di raggiungere risultati utili, all'altezza di bisogni e di necessità che vi sono e sono evidenti. Richiamo qui solo alcuni elementi.
Intanto mi pare che proprio la costituzione materiale su cui era ed è costruito, ha funzionato e funziona il regolamento della Camera sia profondamente mutata. Farò alcuni rapidissimi e sommari richiami. Si è affermato un principio tendenzialmente maggioritario pur in presenza di una forte garanzia di rappresentanza delle forze politiche; sono scomparsi, nati, o trasformati i partiti e le formazioni politiche; si è affermata l'elezione uninominale di collegio; è cambiato il ruolo e, per alcuni aspetti, lo status del parlamentare nonché il suo rapporto con l'elettorato, con le forze politiche di espressione e con il gruppo stesso; si è delineata o si sta delineando diversamente la dialettica maggioranza-opposizione e maggioranza-Governo; è intervenuta - io credo opportunamente - una sentenza della Corte costituzionale che ha fatto giustizia o ha aiutato a fare giustizia di quello che era divenuto un modo normale di legiferare, costituito dalla reiterazione costante della decretazione d'urgenza; è cambiato il paese, e sono mutate le attese della società verso il Parlamento. Tutti questi elementi parlano al processo di riforma costituzionale ma interrogano anche il nostro modo attuale di essere, di funzionare della Camera dei deputati.
Credo che anche da qui, da questo ripensamento sul nostro modo di lavorare e di funzionare passi la possibilità di una riconquistata centralità e di un ruolo nuovo del Parlamento. I problemi nel nostro modo di lavorare e di funzionare sono stati riconosciuti da tutti nella discussione che abbiamo avuto in seno alla Giunta. Siamo partiti da una comune ricognizione delle distorsioni, delle difficoltà, dei nodi da sciogliere e da superare. Mi riferisco, ad esempio, ad un eccesso di attività e di produzione legislativa, spesso non coordinata con l'insieme delle norme esistenti, ad una istruttoria legislativa spesso non adeguata, con una scarsa verifica degli effetti (e quando l'istruttoria legislativa non è adeguata, quando non si approfondiscono gli elementi di conoscenza e gli effetti degli interventi legislativi che si vanno ad operare, si rende anche meno trasparente il passaggio del confronto, dello scontro politico e della decisione).
In questi anni ci siamo sempre più trovati a lavorare in modo a volte confuso e concitato, con il ricorso sempre più frequente (per garantire comunque ciascuno il proprio ruolo e insieme il funzionamento del sistema) a strumenti e modalità estreme, quasi emergenziali. Con ciò intendo riferirmi alle mancanze del numero legale, al ricorso ripetuto allo strumento del voto di fiducia, a nuove modalità e forme di ostruzionismo. Non do giudizi di valore e non imputo cause ed effetti ad uno di questi modi patologici di lavorare. Credo tuttavia che l'insieme di questi elementi abbia avuto riflessi negativi sulle modalità del confronto e della battaglia politica ed anche sulla qualità della nostra legislazione.
Credo che in seno alla Giunta si sia partiti da qui per provare - forse è

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un'ambizione troppo elevata - a creare le condizioni per ricondurre questi strumenti (penso al voto di fiducia, all'ostruzionismo) alla funzione più vera e più alta del momento del confronto e dello scontro politico, e a creare le condizioni per un lavoro ed un funzionamento della Camera che non costringa in qualche misura le parti, i soggetti (siano essi maggioranza o opposizione) al ricorso continuo, permanente a strumenti del genere.
Siamo partiti da qui per formulare tutte le proposte oggi al nostro esame e in particolare siamo partiti da qui relativamente alla proposta di cui sono relatore insieme al collega Tassone.
Desidero qui richiamare alcuni elementi fondamentali rimettendomi poi alle cose che dirà il collega Tassone e alla relazione scritta che abbiamo consegnato. Noi abbiamo cercato di perseguire alcuni obiettivi in relazione a quei problemi a cui prima ho fatto riferimento. Tra tali obiettivi c'è anzitutto quello di affermare e conquistare una programmazione vera dei lavori parlamentari.
Abbiamo detto in qualche occasione che è necessario pervenire ad un modo di lavorare più ordinato, per consentire sia ai gruppi che ai singoli deputati di lavorare meglio. Intendiamo pertanto realizzare una programmazione vera, e credo vi sia una comunione di intenti su questo versante, basata su un insieme di condizioni: tempi ragionevolmente certi di discussione e di approvazione dei provvedimenti; garanzie di effettivo esame dei provvedimenti sia in Commissione che in aula; tempi riservati reali per le iniziative del Governo e della maggioranza, ma anche per quelle delle opposizioni e per le loro attività; indicazioni di priorità nella programmazione e nella costruzione del programma e del calendario che non siano semplicemente scritte sul calendario, ma da cui derivino conseguenze effettive nell'organizzazione dell'istruttoria in Commissione e poi delle modalità dell'esame in aula. A ciò si aggiungerebbe l'individuazione di strumenti di maggior controllo nei confronti del Governo e della sua responsabilità politica, nonché l'individuazione di strumenti volti a migliorare la qualità della legislazione. Lo scopo di tutto ciò è quello di portarci a produrre leggi che abbiano un miglior impatto sulla realtà del paese, dei cittadini, delle imprese e della pubblica amministrazione. Soprattutto intendiamo potenziare - ed è un punto sul quale voglio tornare - le attività legate al miglioramento della qualità della legislazione e dell'istruttoria legislativa, consentendo una maggiore trasparenza del confronto, della battaglia, dello scontro politico nel momento della decisione.
La proposta che consegniamo all'Assemblea fa riferimento ad un programma di tre mesi, aggiornabile mensilmente, e ad un calendario di tre settimane, in modo da garantire anche ai deputati e alle forze politiche la possibilità di disporre di una settimana nella quale svolgere le attività connesse con il lavoro politico esterno. Per entrambi questi strumenti, programma e calendario, proponiamo una innovazione rispetto allo stato delle cose attuali. Il calendario dovrebbe essere approvato con una maggioranza dei tre quarti e non più all'unanimità, garantendo tempi riservati e la possibilità di inserire argomenti a chi non abbia convenuto su questa definizione del programma e del calendario. Soltanto ove non vi sia questa maggioranza, come avviene oggi quando non vi è l'unanimità, verrebbe lasciato al Presidente, dettando però regole di garanzia, il compito di procedere alla definizione del programma e del calendario.
Abbiamo predisposto questa modifica accogliendo una richiesta volta a spostare ancora di più la responsabilità politica per quanto attiene alla programmazione dei lavori dal Presidente, che vorremmo mantenesse una indispensabile funzione di garanzia, al Governo e alla maggioranza nel rapporto con le opposizioni; si tratterebbe dunque di una imputazione di responsabilità sin dal momento della programmazione.
La programmazione, nella proposta che formuliamo, dovrebbe essere più integrata e correlata di quanto non sia oggi con quella delle Commissioni di merito.

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L'integrazione dovrebbe avvenire attraverso il rapporto con la Conferenza dei presidenti di Commissione e mediante un sistema di relazioni e di verifiche continue tra Conferenza dei presidenti di gruppo, che gestisce e organizza programma e calendario, e attività delle Commissioni.
Abbiamo effettuato una distinzione prevedendo tre diverse modalità di esame e di approvazione tra tre differenti tipi di provvedimenti normativi.
Abbiamo previsto che per tutte le materie richiamate dall'articolo 49, primo comma, del regolamento vigente, alle quali vanno aggiunti i progetti di legge in materia costituzionale e altri provvedimenti segnalati dai gruppi, dei quali si sottolinei l'eccezionale rilevanza sui diritti garantiti nella prima parte della Costituzione, continui ad operare l'attuale normativa regolamentare, sottraendo questi provvedimenti ad alcune semplificazioni che abbiamo previsto per quelli ordinari.
A parte i decreti-legge, sui quali farò alcune osservazioni in seguito, per tutti gli altri provvedimenti abbiamo previsto una disciplina che garantisca tempi - non date - definiti e contemporaneamente congrui rispetto alla caratteristiche e alla complessità del provvedimento, una disciplina capace di garantire un esame effettivo nel rispetto delle autonome strategie di comportamento politico dei gruppi, capace di garantire spazi praticabili sia per il dissenso sia per le posizioni individuali dei singoli parlamentari all'interno dei gruppi, riservando tempi e strumenti di intervento.
Proponiamo dunque per questo tipo di provvedimenti il contingentamento dei tempi fin dalla prima calendarizzazione, collegata al lavoro di programmazione al quale ho fatto prima riferimento, con la possibilità di ricorrere a votazioni ordinatorie di principio nel corso dell'esame in Assemblea, che però garantiscano la possibilità per i gruppi di sottoporre all'esame e al voto dell'Assemblea un numero minimo di emendamenti anche quando queste modalità di votazione vengano poste in essere per rapportare i tempi contingentati al numero degli emendamenti presentati.
Su questo punto all'interno della Giunta per il regolamento non è stata raggiunta un'intesa, ma speriamo che, attraverso la discussione che si svilupperà oggi e domani nonché attraverso i principi emendativi che saranno presentati, si possa raggiungere un accordo più ampio.
In tutti i casi prevediamo nuovi poteri per i relatori di minoranza, con l'obbligo di presentazione di testi anche parzialmente alternativi. Prevediamo altresì relatori di minoranza per ciascun gruppo, con poteri maggiori rispetto a quelli oggi esistenti, e che venga assegnato un maggior tempo alle opposizioni per la discussione di progetti di legge di iniziativa governativa, nonché una ripartizione dei tempi che garantisca da un lato posizioni individuali dei deputati e, dall'altro, tempi riservati alle opposizioni.
L'ultima categoria di provvedimenti per i quali è prevista una procedura diversa è quella dei decreti-legge. Ricordo che noi abbiamo iniziato a lavorare sotto la sferza della sentenza della Consulta relativa alla non reiterabilità dei decreti-legge e ci siamo posti il problema di come rispondere all'invito esplicito in essa contenuto. Da una parte bisognava creare le condizioni per favorire la conversione dei decreti, dall'altra occorreva stabilire garanzie più efficaci di quelle contenute nell'articolo 96-bis, attualmente in vigore, circa un ricorso più frequente a questo strumento legislativo proprio per la previsione di tempi certi e definiti di approvazione. È stato difficile raggiungere tale equilibrio poiché non potevamo agire a livello costituzionale, come invece si è fatto in sede di Commissione bicamerale con una proposta che prevede una restrizione sia delle materie sulle quali è consentita la decretazione d'urgenza sia dei tempi per la conversione in legge.
Noi non disponevamo e non disponiamo di questi strumenti di intervento costituzionale e abbiamo cercato di lavorare a livello regolamentare per affrontare, per quanto è possibile, la questione

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tenendo presente la necessità di individuare una strada che in qualche modo potesse consentire di rispondere alle esigenze sorte dopo la sentenza della Corte costituzionale senza costituire, nello stesso tempo, un incentivo al ricorso alla decretazione d'urgenza come strumento privilegiato di legislazione. A tale riguardo, nel testo in esame abbiamo definito una proposta che semplifica il procedimento di verifica della sussistenza dei requisiti costituzionali di necessità e di urgenza, prevedendo che il compito di svolgere tale verifica sia attribuito alla Commissione di merito, con la possibilità poi di attivare, con la presentazione di pregiudiziali, un'espressione, una discussione e una votazione dell'Assemblea.
Abbiamo poi previsto che i disegni di legge di conversione siano assegnati al Comitato per la legislazione, che è un organo paritetico che deve verificare le caratteristiche di omogeneità e di specificità dei decreti-legge e che può proporre alla Commissione di merito l'eventuale soppressione di parti del testo ritenute eterogenee e disomogenee.
Abbiamo previsto inoltre una limitazione del tempo complessivo che può essere dedicato all'esame dei decreti-legge nell'ambito della programmazione, cioè nella fase della costituzione del programma e del calendario, per disincentivare, attraverso questa via, indirettamente il ricorso allo strumento decreto-legge.
È stata poi raggiunta contemporaneamente una intesa all'interno della Giunta per il regolamento per approvare un documento, un parere della Giunta stessa, che sottolinei l'opportunità che sui decreti-legge si possa pervenire ad una deliberazione nei tempi costituzionalmente previsti. Preciso che su tale questione abbiamo lavorato su diverse ipotesi e che si è svolto un forte confronto. Io credo che vi possa essere ancora spazio per verificare, nel corso di questo dibattito, l'applicabilità di qualche soluzione o indicazione ulteriore, che consenta di fissare una qualche forma di limitazione vera alla decretazione di urgenza che nello stesso tempo ci consegni un regolamento che, sul versante del procedimento di conversione dei decreti-legge, riesca a sottrarre il nostro lavoro alla tentazione di far scattare la forbice tra ostruzionismo (e quindi con tempi riservati per i decreti-legge) e posizione della questione di fiducia da parte del Governo. Devo dire che al riguardo nutro ancora qualche preoccupazione, che consegno alla discussione che stiamo svolgendo.
L'ultimo accenno sul merito della proposta lo vorrei riservare al Comitato per la legislazione, che è un istituto paritario e che non rappresenta una «supercommissione» - alla luce dei compiti che gli abbiamo assegnato - ma, in sostanza, un «principio attivo» che può indirizzare, assieme alla programmazione, il Governo e la Camera sulla strada di una migliore attività istruttoria e di un miglioramento della qualità della legislazione che produciamo.
Vorrei inoltre precisare che non vi è un'intesa su tutti i punti della proposta di modifica che io ed il collega Tassone consegniamo all'Assemblea (lo ricordava il collega Armaroli poco fa); ciò si può riscontrare in particolare sulle proposte di modifica relative agli articoli 85-bis, 81 e 69 sull'urgenza. Per questi argomenti i relatori si sono fatti carico di prospettare comunque un'ultima mediazione rispetto ai lavori che si sono svolti nella Giunta per il regolamento per consentirci di presentare in aula e di discutere le relative proposte. La possibilità di raggiungere un'intesa su queste parti è peraltro legata alla possibilità di pervenire ad una intesa complessiva; d'altro canto, anche alcune altre parti dell'intesa raggiunta nella Giunta si reggono e stanno in piedi se si perverrà alla definizione di un'intesa globale anche sui punti che restano aperti, se si giungerà cioè alla possibilità di un bilanciamento che possa consentire una valutazione politica complessiva sull'argomento.
Altre parti della proposta saranno suscettibili di miglioramento a seguito della discussione in Assemblea, della valutazione dei principi emendativi e della loro eventuale approvazione. Mi riferisco, in

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particolare, alla questione relativa alla razionalizzazione dei tempi sulla quale vi era una proposta dei relatori che raccoglieva una precedente proposta del collega Bicocchi di dimezzamento dei tempi degli interventi in Assemblea. Abbiamo ritenuto di non formularla in questo modo per lasciare la possibilità di una valutazione più articolata alla luce delle diverse situazioni. Questa, come altre, sono questioni sulle quali potrà aversi un utile contributo dal dibattito in Assemblea anche al fine di conferire maggiore snellezza al testo proposto, che ci aiuti ad evitare il rischio - con i continui bilanciamenti verificatisi, a volte difficili e faticosi - di aver definito troppi numeri e troppe gabbie dentro le quali l'attività della Camera può muoversi faticosamente. Forse anche su questo versante un'iniziativa migliorativa può essere assolutamente utile.
Ritengo quindi che quello in esame sia un testo su cui ragionevolmente vi siano gli spazi e le condizioni per una verifica ulteriore ed una possibilità di intesa. La disciplina in esso contenuta ha in sé il carattere della transitorietà, in considerazione delle riforme di carattere costituzionale che verranno in esame, e, se approvata, richiederà anche tempi di preparazione e di adeguamento per le novità che introduce, il cui impatto effettivo potrà verificarsi solo nella pratica dei comportamenti parlamentari, per come cioè sarà in grado di modificare anche comportamenti a volte consolidati. Credo sia comunque utile - mi scuso, Presidente, per la lunghezza del mio intervento - aver avviato questa discussione e aver proposto un testo quale base di lavoro per l'Assemblea. Ripeto: è un'impresa molto complessa e difficile ma credo assolutamente necessaria per uscire da una condizione di continua, confusa e permanente emergenza e consentire un diverso svolgimento dei lavori parlamentari, della dialettica, del confronto, dello scontro e della battaglia politica. Credo che faremo tutti un passo avanti se riusciremo, con le opportune valutazioni, a licenziare una riforma di questa portata.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Guerra.
Ha facoltà di parlare il relatore per il documento II, n.20, onorevole Lembo.

ALBERTO LEMBO, Relatore per il documento II, n.20. Signor Presidente, il documento II, n.20, di cui sono correlatore insieme al collega Guerra, che mi consente di intervenire sulla parte principale delle proposte di modifica, prevede una serie di modificazioni, in particolare quelle agli articoli 14 e 15 che fanno riferimento al gruppo misto, ma anche a parecchi altri articoli. Riteniamo siano necessarie tali modifiche perché il gruppo misto, in particolare in questa legislatura, ha cominciato ad assumere caratteristiche particolari; e proprio dal gruppo misto sono venute sollecitazioni a lei, Presidente, e alla Giunta perché si affrontasse una problematica nuova.
Se in passato il gruppo misto era costituito da un numero limitato di componenti - ma nonostante questo vi era una certa omogeneità interna in quanto in esso erano presenti le minoranze linguistiche e pochi altri parlamentari non come espressione di gruppi organizzati - ora ci troviamo di fronte ad un numero abnorme di componenti del gruppo misto e quindi ad una situazione del tutto particolare sia per dimensioni, sia per eterogeneità dei deputati che a volte sono isolati, in quanto provenienti da altri gruppi, a volte rappresentano invece movimenti politici organizzati che, per i loro numeri, non possono accedere alla costituzione di un gruppo parlamentare. D'altra parte l'Ufficio di Presidenza della Camera anche recentemente ha negato la deroga per la costituzione di gruppi con meno di venti deputati.
Il gruppo misto si trova oggi, ma probabilmente anche un domani, in una situazione di bipolarismo largamente imperfetto, che porta molte forze minori, una volta elette anche attraverso il sistema maggioritario, a raggrupparsi in modo diverso. Vi è quindi l'esigenza di tutelare i diritti dei singoli parlamentari, ma anche di garantire la possibilità a


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parlamentari tra loro omogenei rispetto ad altri colleghi di avere una presenza funzionale in Assemblea, nelle Commissioni e negli altri organi.
Sentiti i rappresentanti ufficiali del gruppo misto, ma anche le rappresentanze minori, cioè quei deputati che sono raggruppati in formazioni di due, tre, quattro, a volte cinque parlamentari, è emersa la necessità di operare su tre piani che abbiamo riassunto nel modo seguente: in primo luogo, la necessità di intervenire per il riconoscimento delle diverse componenti politiche all'interno del gruppo misto, poiché oggettivamente esistono; in secondo luogo, la regolamentazione della loro partecipazione agli organi collegiali della Camera; in terzo luogo, un'equa ripartizione dei tempi ai fini di garantire la possibilità di intervento di queste componenti nelle varie fasi della discussione. Non è infatti sufficiente attribuire tempi, diritti o una rappresentanza generale al gruppo misto quando poi quest'ultimo è variamente articolato al suo interno, tanto che alcune componenti, anche di un certo rilievo, rischiano di rimanere escluse.
Proprio per salvaguardare i diritti dei parlamentari, singoli o associati, si è ritenuto opportuno rivedere la normativa del gruppo misto, facendo salva la sua struttura generale, quindi la sua rappresentatività e la sua presenza in Assemblea, nelle Giunte, nell'Ufficio di Presidenza e via dicendo, ma andando a riequilibrare il rapporto tra le sue componenti interne, che - lo ripeto - sono fortemente differenziate.
Prima di tutto si è ritenuto opportuno fare riferimento a quelle che sono le componenti maggiori del gruppo misto. Si sono dunque individuati due livelli: uno che riguarda almeno dieci deputati di una componente politica del gruppo misto; un altro con riferimento ad un numero inferiore, di consistenza pari ad almeno tre deputati, i quali devono riconoscersi in un gruppo omogeneo, nel senso che non devono essere deputati residuali rispetto ad altre componenti, ma legati da una sigla politica, da una posizione omogenea; questo ha notevole importanza sia dal punto di vista della partecipazione del gruppo, sia dal punto di vista della partecipazione dei singoli. Infatti, si è considerato opportuno prevedere che in presenza - faccio riferimento all'articolo 13 del regolamento, con la modifica proposta - di particolari situazioni, il Presidente della Camera possa allargare la partecipazione dei gruppi all'Ufficio di Presidenza anche ad una rappresentanza di questi raggruppamenti minori; d'altra parte dieci deputati sono un numero abbastanza elevato e possono trovarsi su posizioni politiche anche nettamente differenziate ed addirittura contrastanti rispetto a quelle del presidente del gruppo misto. Credo, quindi, che sia doveroso dare loro la possibilità di esprimersi in modo autonomo.
Vi sono poi questioni amministrative interne di ripartizione di spazi e di uffici che ritengo sia giusto vengano affrontate secondo equità, lasciando, da una parte, alla capacità del gruppo di organizzarsi al suo interno, dall'altra, al Presidente della Camera di valutare le eventuali controversie che possono verificarsi all'interno del gruppo stesso e che effettivamente a volte hanno portato a situazioni di disagio.
Una questione particolarmente importante che fino ad oggi era stata risolta in via puramente di fatto dal Presidente della Camera, eventualmente definendone i termini nella Conferenza dei presidenti di gruppo, era quella dell'attribuzione dei tempi qualora si fosse in presenza di provvedimenti con tempi contingentati. È evidente che più il gruppo misto è ampio ed articolato, più numerose e variegate sono le voci che ne fanno parte, tanto più deve essere salvaguardata anche la capacità di espressione dei piccoli raggruppamenti di deputati. Quindi, gli interventi modificativi di gran parte degli articoli su cui incide la proposta fanno riferimento proprio alla ripartizione dei tempi tra le componenti del gruppo misto, andando ad individuare nel raggruppamento di tre deputati la componente politica organizzata minima, quella che può essere titolare di alcuni diritti particolari.

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Per concludere, senza riassumere il contenuto dei vari articoli, ritengo giusto ricordare che nella Giunta, dalla quale la proposta alla nostra attenzione è stata licenziata a maggioranza, ma non all'unanimità, erano state presentate osservazioni dal collega Bicocchi ed una proposta alternativa dell'onorevole Calderisi. Evitando di riassumerla, essendo quella proposta molto ben illustrata nella relazione che accompagna la proposta di modificazione del regolamento, chiedo che parte di tale relazione sia pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna, in particolare quanto è riferito alla proposta alternativa degli onorevoli Calderisi e Bicocchi, anche con le motivazioni del perché la maggioranza della Giunta, pur apprezzando la proposta, non ha ritenuto di inserirla nel documento e di sottoporla all'esame dell'Assemblea.
Pur con queste osservazioni e con queste riserve, riteniamo che quella in esame sia una proposta necessaria, che tutela largamente un aspetto fino ad oggi trascurato e, probabilmente, permetterà di evitare anche per il futuro di dover intervenire attribuendo al Presidente della Camera, alla Conferenza dei presidenti di gruppo o, addirittura, alla stessa Assemblea con degli strappi al regolamento, la messa a disposizione di tempi minimi che, a volte, non permettono neanche al deputato di parlare mentre in certe occasioni la questione lo richiederebbe.
Invito pertanto l'Assemblea a votare a favore del documento II, n.20.

PRESIDENTE. Onorevole Lembo, la Presidenza consente la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna di considerazioni integrative della sua relazione.
Ha facoltà di parlare il relatore per il documento II, n.26, onorevole Tassone.

MARIO TASSONE, Relatore per il documento II, n.26. Signor Presidente, l'onorevole Guerra ha illustrato l'impianto delle modifiche del regolamento che sottoponiamo all'Assemblea. Io farò qualche osservazione, cercando di mettere in evidenza la filosofia, il dato culturale di quello stesso impianto modificatorio.
Anche le precedenti relazioni concernenti altri articoli del regolamento - mi riferisco a quella dell'onorevole Bicocchi per quanto riguarda la sede redigente, ma anche alla nuova e diversa regolamentazione della vita del gruppo misto, su cui ha riferito poco fa l'onorevole Lembo - evidenziano un dato forte che è venuto sempre più imponendosi all'attenzione della Giunta per il regolamento.
Onorevoli colleghi, siamo di fronte a due strade: andare verso una modifica regolamentare, oppure lasciare l'impianto del regolamento così com'è. Lasciare così com'è il regolamento non solo non è accettato, ritengo, da moltissimi colleghi, ma non è neppure in sintonia con l'esigenza di dare una diversa capacità operativa al Parlamento sul piano legislativo. Dico questo in un momento in cui nel paese vi è un forte dibattito, in quanto le modifiche regolamentari non sono un dato fine a se stesso. Se noi avessimo a che fare con una norma o con delle norme, potremmo affermare se sia opportuno o meno riformare il regolamento. Ma la posta in gioco è molto più alta e ciò si evince anche dagli interventi che abbiamo ascoltato durante il dibattito che ha accompagnato i lavori della Giunta per il regolamento.
Nella Giunta abbiamo avvertito l'esigenza di riconfermare, come diceva il collega Guerra, ma con gli strumenti idonei ed adeguati, la centralità del Parlamento. Proprio nel momento in cui tale centralità si affievolisce, vi è il tentativo di comprimere il ruolo del Parlamento; questo lo avverto in alcuni settori del nostro paese più o meno autorevoli. Possiamo anche affermare (l'ho detto anche in altre occasioni) che in questo periodo, in questa stagione politica, in questo arco di tempo il Parlamento di fatto è stato il grande assente. Abbiamo discusso oggettivamente della forma di governo e della forma di Stato, ma a mio avviso il Parlamento non ha avuto la sua giusta dimensione e la sua giusta collocazione nel confronto e nel dibattito politico.


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Una riforma regolamentare deve rispondere quindi necessariamente all'esigenza di dare al Parlamento una sua capacità rispetto alla registrazione, che vi è sempre stata da parte nostra, dell'inadeguatezza dei regolamenti rispetto ai compiti che una democrazia moderna chiede al Parlamento di svolgere. C'è in fondo uno iato, una dicotomia, uno stacco tra le esigenze del paese e le risposte da parte dell'organo di rappresentanza della sovranità popolare. Credo che questa esigenza sia avvertita anche dai parlamentari; quelli eletti per la prima volta registrano, ad esempio, l'irrazionalità e la confusione di alcuni procedimenti e di alcune procedure. Ma molte volte l'irrazionalità e l'inadeguatezza delle procedure non intervengono semplicemente sulla qualità della norma, bensì, prima ancora, sul ruolo del parlamentare stesso, determinando in lui un senso di frustrazione, considerata l'enormità dei tempi di «parcheggio» con cui è chiamato a vivere la sua esperienza senza alcun coinvolgimento diretto, continuo ed immediato.
Certo, il regolamento non può fare giustizia di tutto e non credo, signor Presidente, che le riforme che sottoponiamo all'attenzione dell'Assemblea possano fare giustizia di tutto. Ma ci sono esigenze oggettive che vanno al di là di quelle che possono essere le dislocazioni e le collocazioni all'interno di quest'aula, esigenze che riguardano l'istituzione parlamentare. Possiamo anche confrontarci per vedere quali possono essere i modi per raggiungere i traguardi che ci siamo prefissati nel momento in cui abbiamo trattato questa materia.
C'è un'esigenza, ma se non l'avvertiamo tutti, onorevoli colleghi, non vi è dubbio che questo dibattito sulla riforma - e ritengo che tutti i componenti della Giunta per il regolamento abbiano lavorato con grande serietà, facendosi carico di tali problemi - cadrà nell'inutilità e nell'insipienza.
Invece io ritengo che vi sia una grande attesa, perché se il Parlamento non darà risposte sul piano legislativo e la sua vita continuerà ad essere caratterizzata dall'irrazionalità e dalla confusione, questo finirà per influire negativamente sia sullo status del parlamentare, sia sull'istituzione, sia sul complesso della democrazia rappresentativa, indebolendo il Parlamento.
Se si indebolisce il Parlamento, che è l'espressione più alta della sovranità popolare, forse si è in presenza del tentativo di rafforzare altri poteri. Invece io penso che la nostra democrazia nasca dall'esigenza di creare un giusto equilibrio tra i poteri previsti nella Costituzione.
Non vi è dubbio che oggi siamo in presenza di un dato molto forte, sul quale voglio richiamare l'attenzione dei colleghi: certo, ogni intervento nasce da un equilibrio che si realizza attraverso l'impegno e la convergenza delle forze politiche.
La modifica regolamentare non può essere semplicemente attribuita ad una parte politica: essa dispiega la sua efficacia, il suo valore, la sua grande dignità, se nasce dalla convergenza e dalla partecipazione di tutti. Credo che abbiamo lavorato con questo spirito.
Certo, è stato un lavoro molto difficile ed aspro: si sono registrati confronti molto accesi e vivaci (tanto per usare due eufemismi) ed è emersa l'esigenza di creare momenti correttivi reali. I relatori hanno accolto i contributi migliorativi del testo presentato originariamente ed io ritengo che tutto questo debba convincerci che le proposte avanzate, che sono racchiuse nella nostra relazione, rappresentino passaggi importanti e per molti versi anche migliorativi.
Qual è, allora, la risposta che dobbiamo dare? Secondo noi questo regolamento è esaustivo rispetto al ragionamento che ho fatto poc'anzi. Tutti siamo convinti che bisogna procedere ad una riforma regolamentare: in seno alla Giunta per il regolamento ci siamo trovati d'accordo su questa postulazione, altrimenti non avremmo impegnato moltissime giornate per operare in tale direzione. Ritengo invece che l'esigenza di intervenire con alcune modifiche sia reale, anche perché il regolamento della Camera e i suoi aggiornamenti sono nati in un periodo

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diverso, in una fase storica differente, con una convergenza delle forze politiche che vivevano una stagione diversa da quella attuale. Molte di quelle norme forse potevano operare in quella stagione politica, ma oggi non più: hanno dimostrato tutta la loro debolezza, contraddittorietà e confusione. Il procedimenti legislativo incorre infatti in grossi blocchi ed in difficoltà che rendono necessaria una razionalizzazione, anche attraverso il giusto equilibrio fra maggioranza ed opposizione: è un dato presente in tutte le democrazie moderne ed in tutti i Parlamenti moderni. In tal senso credo che oggi sia stato compiuto un passo in avanti rispetto al raggiungimento di un giusto equilibrio, di un rapporto equilibrato tra maggioranza ed opposizione. La maggioranza ed il Governo devono avere gli strumenti per la loro attività politica, ma l'opposizione va tutelata. È una costruzione nella quale nulla nasce in termini apodittici, di presunzione: tutto va verificato attraverso il dibattito ed il confronto, nell'ambito degli spazi lasciati all'opposizione.
Un valido esempio è offerto dalla regolamentazione della figura del relatore di minoranza, che ha poteri uguali al relatore per la maggioranza. Forse molti di noi hanno considerato il relatore di minoranza - che si affianca al relatore per la maggioranza per provvedimenti di eccezionale rilevanza - come un intruso. Nella proposta di modificazione, invece, questa figura compartecipa al ruolo del relatore per la maggioranza nella formazione della norma, con la possibilità di presentare testi alternativi ed emendamenti rispetto alle proposte del relatore per la maggioranza.
Altro aspetto sul quale vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi riguarda la fase dell'istruttoria legislativa, il lavoro delle Commissioni in sede referente. In proposito si prospetta un'innovazione molto forte, già sottolineata dal collega Guerra, sulla quale vorrei spendere ancora qualche parola. Ci siamo sempre lamentati del fatto che nel nostro lavoro in Commissione - in sede referente ed in sede legislativa - siamo in presenza di una latitanza del Governo rispetto alla documentazione ed agli elementi conoscitivi (questa, almeno, è la mia esperienza; forse a qualcun'altro non è accaduto). In sostanza si rileva da parte del Governo un atteggiamento di chiusura - o quanto meno di parsimonia - rispetto all'esigenza di mettere a disposizione della Commissione documenti o elementi di conoscenza. La riforma che sottoponiamo all'esame dell'Assemblea prevede, invece, che il Governo sia tenuto a rassegnare alla Commissione - nella fase dell'istruttoria legislativa - tutti i documenti necessari alla formazione della norma. È un dato certo, che va effettivamente ad interferire sulla qualità della legislazione. Nel momento in cui la norma viene elaborata, infatti, noi abbiamo bisogno di capire come essa andrà a raccordarsi con le altre norme e quali saranno i suoi effetti sul paese, sui cittadini. Gli interlocutori sono i cittadini. Non dobbiamo valutare un dato chiuso, gli effetti esclusivi di una norma. Noi dobbiamo valutare vari dati e vari elementi per poter comprendere sempre di più qual è la volontà del legislatore e se tale volontà raggiunge gli effetti che la norma si prefigura e la volontà identifica ed ipotizza, nonché quali possano essere eventuali altri effetti sulla situazione complessiva del nostro paese. Diciamolo con molta chiarezza: molte volte noi legiferiamo in modo chiuso, senza grande documentazione. Spesso, anche nell'aula di Montecitorio approviamo leggi il cui dibattito è appaltato dai componenti della Commissione senza grande possibilità di intervenire e di comprendere. Dopo il lavoro della Commissione è quest'ultima ad «appaltare» i lavori dell'Assemblea. Questo dato ci porta ad un'altra considerazione, ad un controllo da parte del Parlamento nei confronti del Governo. L'esigenza che il Governo fornisca la documentazione, gli elementi conoscitivi determina un controllo del Parlamento nei confronti dell'amministrazione. È questo un controllo molto importante, forse più dello stesso sindacato ispettivo perché è un controllo più cogente e che richiede

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una conoscenza di date e di fatti inerenti ad una specifica amministrazione. Ritengo che sia questo un elemento sul quale occorre richiamare l'attenzione dei colleghi.
Vi è poi il problema della programmazione dei lavori, della certezza dei lavori stessi. Una programmazione che deve coinvolgere tutte le componenti del Parlamento, tutti i gruppi e - perché no - innanzitutto il Governo; quest'ultimo deve chiarire qual è la sua tabella di marcia, quali sono le sue scelte per quanto riguarda il procedimento legislativo. Quante volte abbiamo assistito ad incursioni sul piano dell'iniziativa legislativa senza alcuna pianificazione o programmazione! La programmazione non riguarda semplicemente l'equilibrio tra maggioranza e minoranza o opposizione; l'equilibrio tra maggioranza ed opposizione è certamente funzionale alla razionalità del procedimento legislativo ma è anche funzionale alla gestione politica dell'Assemblea, e quindi delle Commissioni raccordate nelle programmazioni con l'aula, ed è raccordo con lo stesso Governo. Anche questo è un dato importante e dunque importanti sono la programmazione di tre mesi, il calendario per tre settimane, la settimana da lasciare all'attività del parlamentare. Quante volte abbiamo auspicato, onorevoli colleghi, che fosse questo un momento importante nella nostra attività e nel nostro impegno legislativo! A mio avviso tutto questo serve anche ad eliminare gli spazi di «parcheggio», la dispersione dei tempi, la frustrazione del parlamentare. Tutti dobbiamo operare per evitare, signor Presidente ed onorevoli colleghi, che la Camera dei deputati sia sempre più la Camera dei gruppi parlamentari e sempre meno la Camera dei deputati. A proposito del contingentamento dei tempi (si è parlato di due terzi o di un quarto per la minoranza) viene anche previsto un tempo per i parlamentari singolarmente intesi, per un loro coinvolgimento. Anche questo deve essere considerato come un forte richiamo e suggerimento. Terminerò qui il mio intervento, richiamandomi per il resto alla relazione scritta.
È certo che in sede di Giunta per il regolamento alcune cose non abbiamo potuto risolverle. È stato fatto riferimento all'articolo 69 ed all'articolo 81 per quanto riguarda l'urgenza. Abbiamo presentato alcune ipotesi, ma con grande umiltà, con una grande apertura non solo per le questioni in esame ma anche per altre. Un dato riguarda l'articolo 85-bis e quindi il comma 8 dell'articolo 85.
Credo che ci sia la possibilità di un confronto molto serio e molto serrato, nel quale si inseriscono gli altri temi che abbiamo perlustrato. Onorevoli colleghi, le altre relazioni che abbiamo ascoltato nascono da proposte che la Giunta per il regolamento aveva licenziato ormai da molti mesi; non sono proposte dell'altro giorno. E credo che oggi sia il momento di andare avanti, per dare una risposta a quella che è ormai diventata un esempio di inefficienza, indicata ingiustamente come tale da una certa opinione pubblica quando si riferisce alla Camera dei deputati.
Parliamo di queste cose. Ne abbiamo parlato in occasione del bilancio interno della Camera in un'aula semivuota o semidistratta; abbiamo parlato anche della dignità del Parlamento. E come si realizza la dignità del Parlamento? Lo si fa razionalizzando il proprio lavoro, facendone intravedere, al di là dei costi che vengono indicati all'opinione pubblica, quali sono i benefici e che i beneficiati sono certamente le istituzioni nel loro complesso e i cittadini. Ritengo che questa sia la risposta che dobbiamo dare.
Il dato emerge anche nelle altre proposte, per esempio quelle che ineriscono la sentenza della Corte costituzionale e il tema dei decreti-legge. Sono tutti aspetti su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione. Mi riferisco anche alle questioni di fiducia poste dal Governo in un certo modo, con maxiemendamenti formulati molte volte in termini non lineari

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e non trasparenti. Tutte queste proposte credo debbano garantire le istituzioni parlamentari.
Vorrei concludere, signor Presidente, come ha fatto il mio collega correlatore, dicendo che su questi documenti siamo disponibili al confronto, a dare il nostro contributo, purché ci sia dall'altra parte la disponibilità ad un confronto e ad un contributo sereno, con la stessa serenità e la stessa pacatezza che ha caratterizzato i lavori della Giunta per il regolamento.

PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Tatarella. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TATARELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, debbo ringraziare la cortesia e la disponibilità del presidente del gruppo della lega nord per l'autonomia della Padania, onorevole Comino, per la possibilità che mi ha dato di parlare all'inizio del dibattito. È una richiesta politica che ho fatto per riparare ad un incidente diplomatico che è avvenuto ai miei danni, per porre un problema che avevo già posto e del quale non c'è traccia nell'ambito dell'incidente diplomatico.
Qual è il problema politico che io pongo, onorevoli colleghi? Prima di porre il problema politico, devo dare atto al Presidente Violante e a tutta la Giunta per il regolamento del grande lavoro e del grande impegno per arrivare ai testi che sono stati sottoposti alla nostra attenzione. È stato un lavoro di tesi e di antitesi; non è stato mai un lavoro di contrapposizione politica e ideologica.
Ma io ritengo - questo è il punto politico che sottolineo all'attenzione di tutti i colleghi parlamentari e soprattutto del Presidente Violante, per le iniziative che può prendere in questa sede - che quell'impegno riformatore e la stagione del regolamento non possa riguardare soltanto la Camera dei deputati. Sono per la riforma «dei regolamenti», non soltanto per la riforma del regolamento, per rendere governabile questa Camera e per garantire un iter veloce ai provvedimenti del Governo. Se fosse solo così, noi voteremmo ugualmente e non faremmo ostruzionismo; faremmo passare tutto. Però, poniamo un problema politico, di grande sensibilità democratica, rispetto agli enti locali.
Nella bicamerale si è votato un articolato che attribuisce ruolo di grande dignità ai comuni, alle province e alle regioni e quindi alle loro assemblee.
Presidente Violante, amici e colleghi di tutti i gruppi, quello che succede nei consigli comunali, provinciali e regionali è la negazione della governabilità attraverso lo strumento del regolamento, che un gruppo di opposizione, qualunque esso sia, utilizza nei confronti della maggioranza per impedire l'approvazione di un provvedimento. Pensiamo, per un minuto, ai provvedimenti che sono stati bloccati nella città del Presidente Violante, al consiglio regionale di Torino; pensiamo, per un minuto, alle riforme che non si possono fare in una assemblea di pari dignità a quella della Camera dei deputati, l'assemblea regionale siciliana; pensiamo a tutti gli ostruzionismi, come quello di ieri, in Campania, dove non è passato neanche un provvedimento.
Allora, cosa chiedo, Presidente Violante? Dobbiamo attuare la stagione riformatrice dei regolamenti. Non sono così sciocco né così impolitico da chiedere, signor Presidente, di fare noi il regolamento per i comuni, per le province e per le regioni: chiedo un momento di riflessione politica, un effetto-annunzio alla vigilia del congresso dell'ANCI, alla vigilia dei contatti che si avranno per la bicamerale.
La mia proposta politica è la seguente, signor Presidente: ma chi ci dice che dobbiamo per forza approvare a tamburo battente il regolamento se le parti politiche, tutte le parti politiche, si impegnano a non fare ostruzionismo e a farlo approvare dopo un atto che già i Presidenti delle Camere hanno istituzionalmente compiuto nel passato, quando si trattava di concordare - lo fece Ingrao per la prima volta - con i presidenti dei consigli regionali la rappresentanza della minoranza tra i grandi elettori del Presidente


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della Repubblica? Abbiamo ascoltato tutti, ascoltiamo tutti, ma per quale motivo al mondo - ecco la mia richiesta - noi non comunichiamo istituzionalmente al mondo degli enti locali, all'Unione province, alla Conferenza Stato-regioni, agli organi dei consigli regionali e all'ANCI questo desiderio di dar vita alla stagione dei regolamenti? Punto e basta. Poi si mette una data.
Già circola, signor Presidente, l'idea di un emendamento che sposti o che fissi l'inizio della vigenza del regolamento ai primi di gennaio. Ma non deve essere un fatto di date, senza una motivazione grande. Ecco, quello che chiedo, signor Presidente, è una grande motivazione. Noi abbiamo approvato in bicamerale la definizione di un nuovo Stato, in cui comuni, province e regioni hanno la stessa pari dignità. Facciamo in modo, signor Presidente, che questa pari dignità inizi anche da quest'aula. Facciamo un appello a noi stessi di autoregolamentarci, di non sabotare il lavoro che voi avete fatto. E la mia parte politica prende l'impegno di non sabotare, di votare, di favorire. Però mettiamo in condizione i comuni di governare. Ci avete rimproverato di avere bloccato la legge Bassanini per molto tempo, e adesso tutti i provvedimenti da fare per chiamare le persone nei comuni e nelle province sono bloccati, a seconda dei tipi di maggioranza!
Allora, questo grande spirito riformatore deve essere auspicato in quest'aula, perché ora il discorso è tra pochi intimi. Il collega Tassone si lamentava, giustamente, del fatto che l'aula era deserta, ma se si dà una carica riformatrice a tutto il mondo che ci ha spinto a varare la riforma bicamerale, credo che faremo una cosa utile.
Concludo, signor Presidente, rivolgendole un appello. Lei si deve guardare da un piccolo particolare: nella storia di Roma ogni tanto c'è un motivo per cui i romei vengono a Roma a festeggiare, a celebrare. C'è una tradizione religiosa. In questa tradizione dei romei ho scoperto che vi è un sottogruppo, quello dei «violantei», cioè quelli che vengono per farsi belli verso Violante, dimenticando il principio generale per cui il Presidente della Camera e tutti noi non dobbiamo avere rapporti uti singoli, ma rapporti in funzione del grande dibattito, del grande ruolo che deve avere un Parlamento, auspicando che contagi comuni, province e regioni.
Questo è il mio appello ragionato e come sempre passionale. Mi auguro che si trovi un modo procedurale per accettare questa proposta, che è di buonsenso, logica e grandemente riformatrice (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calderisi. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Sono stato l'unico, forse insieme all'onorevole Bressa, a parlare di riforma del regolamento nel corso del dibattito sulla fiducia al Governo Prodi. In un intervento fatto a nome del gruppo di forza Italia ricordai, e chiesi anche che risultasse agli atti come allegato al mio intervento, la proposta di modifica del regolamento della Camera, che avevo presentato all'inizio della scorsa legislatura: la stessa identica proposta di modifica del regolamento che nel 1994 non riuscimmo assolutamente a discutere per una opposizione dell'allora opposizione (il centro-sinistra) e a seguito degli altri noti eventi della scorsa legislatura.
Ho voluto ricordare questo fatto perché credo che debba assolutamente essere respinta la politica dei due pesi e delle due misure e che la questione delle regole del gioco debba essere una questione che deve fare dei passi avanti nel nostro paese.
Condivido l'intervento che ha fatto poc'anzi l'onorevole Tatarella; voglio ricordare che nella scorsa legislatura gli esponenti del centro-sinistra presentarono addirittura una proposta di modifica costituzionale (Atto Camera n.2115, che recava come prima firma quella dell'onorevole Bassanini), con la quale proponevano di elevare a due terzi il quorum per varare le modifiche del regolamento della


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Camera. In questa legislatura abbiamo dovuto invece assistere, in momenti di scontro politico, anche a minacce da parte di quella stessa parte politica di voler procedere a modifiche regolamentari adottate a maggioranza (da parte di alcuni esponenti si è parlato addirittura di «scarpe chiodate» o di arnesi del genere), evidentemente per realizzare non una modifica regolamentare dotata di un equilibrio e che consentisse alle parti di giocare ad armi pari, ma una modifica del regolamento di altra natura.
Credo che la questione sia importante perché evidentemente dobbiamo fare dei grossi passi avanti; è quanto mi sembra si stia facendo con le riforme costituzionali. Ma dobbiamo anche far sì che questa cultura del rispetto delle regole, di regole che consentano la dialettica del «gioco» democratico ad armi pari, debba dispiegarsi in tutto il paese. Ritengo che un'analoga impostazione debba valere in tutte le regioni e in tutti gli enti locali. Prescindendo dal fatto che si stia al Governo o all'opposizione, evidentemente occorre avere lo stesso tipo di atteggiamento, senza andare avanti con due pesi e due misure, a seconda che si sia al Governo o all'opposizione. Questo è indubbiamente un problema assai grosso ma mi sembra che si stiano compiendo dei passi in avanti verso questa direzione: ciò deve però diventare patrimonio comune in tutto il paese, di tutte le forze politiche, dell'intero sistema politico-istituzionale, a tutti i livelli.
Questa riforma dei regolamenti parlamentari deve essere inevitabilmente accompagnata dal processo di revisione costituzionale. Stiamo parlando di una riforma, non di alcuni aspetti secondari del regolamento, ma, come è stato ricordato, del «cuore» del regolamento; stiamo infatti parlando della riforma del procedimento legislativo. Quando si parla del procedimento legislativo si va a toccare quella che Andrea Manzella definiva «la meccanica alta del sistema politico-istituzionale». Si tratta di riforme che hanno una stessa valenza, forse per certi versi anche maggiore, di quella delle riforme costituzionali. In un sistema parlamentare, dove tutto è legificato, attraverso il procedimento legislativo si realizza l'attuazione del programma, dell'indirizzo politico del Governo e della maggioranza.
Una riforma che vada al cuore di quei pochi articoli che rappresentano il fulcro di tutto l'impianto regolamentare riveste una rilevanza politica ed istituzionale di tutta evidenza, che va inevitabilmente messa in correlazione con gli indirizzi di modifica del nostro assetto costituzionale.
Ci siamo opposti, non a caso ma a ragion veduta, ad una ipotesi di riforma regolamentare che invece prescindesse dalla riforma costituzionale o che magari fosse in contrasto o seguisse indirizzi diversi da quelli della riforma costituzionale. Abbiamo detto che le due riforme dovevano procedere di pari passo. Certo, la riforma del regolamento dovrebbe essere fatta successivamente a quella costituzionale, ma abbiamo sostenuto la necessità di avere almeno una contestualità logica tra le due riforme.
È stato, quindi, importante respingere i tentativi diretti a procedere a riforme del regolamento su questi aspetti centrali senza vedere preventivamente quale strada prendesse la riforma costituzionale. Infatti, si pone anzitutto un problema di quadro politico, perché sono riforme che possono farsi solo nell'ambito di uno spirito costituente in cui tutte le maggiori forze politiche partecipano per concorrere alla modifica delle fondamentali regole del gioco. Ma c'è anche un problema di merito, perché non si può pensare di procedere in una certa direzione per quanto attiene alla riforma costituzionale ed in una diversa per quanto attiene a quella regolamentare.
Lo ripeto, reputo corretta la posizione del Polo e lo dimostra il fatto che i lavori della riforma del regolamento hanno iniziato a procedere a ritmo intensissimo solo dopo aver conosciuto l'esito di quelli della bicamerale, che ha predisposto un testo che va in alcuni aspetti profondamente migliorato, ma che fornisce un quadro di intese e soprattutto indirizzi di

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riforma costituzionale di cui dobbiamo tenere conto nell'ambito della modifica del regolamento della Camera.
Passiamo quindi al merito della proposta in discussione. Come dicevo, all'inizio l'impianto delle riforme era molto diverso da quello oggi presentato in aula e devo dare atto ai relatori della loro disponibilità ad accogliere molti indirizzi di riforma che come Polo e come forza Italia abbiamo avanzato. Vi è dunque una profonda differenza tra l'impostazione delle proposte iniziali e quelle attuali. Nelle proposte iniziali, a mio avviso, mancava l'equilibrio necessario, c'era la prevalenza di una logica di tipo emergenziale, si accavallavano strumenti di carattere eccezionale e straordinario e tutto questo gravava sulla responsabilità del Presidente della Camera dei deputati che, in questa sorta di concorso di strumenti emergenziali che confluivano in un grande imbuto, finiva per essere di fatto l'unico regolatore del flusso del procedimento legislativo.
Abbiamo dato alle riforme una impostazione diversa, anche se a me dispiace che non sia passata la nostra proposta fondamentale. Infatti, abbiamo compiuto dei passi avanti, ma non quelli che avremmo ed avrei auspicato, signor Presidente, vale a dire quello di responsabilizzare il Governo nel procedimento legislativo.
Lo ripeto, sono stati compiuti dei passi avanti, perché abbiamo previsto che il Governo deve rendere note, prima della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo che decide il programma e il calendario, le proprie indicazioni stabilendo delle priorità fra i disegni di legge che l'esecutivo intende sottoporre all'esame delle Camere. Tuttavia, avremmo voluto che si compisse un passo ulteriore; avremmo voluto infatti che nella Conferenza dei presidenti di gruppo - sia nel caso dell'accordo con le opposizioni, con l'approvazione a maggioranza di tre quarti, come abbiamo previsto, sia nel caso di decisione del Presidente per mancanza di accordo nella Conferenza - il programma e il calendario, per la parte dei tempi che riguardano il Governo e la maggioranza, fossero fissati in conformità con le indicazioni del Governo e non semplicemente tenendo conto delle indicazioni del Governo e della maggioranza.
Signor Presidente, dico questo non perché l'impianto corrisponderebbe ad un sistema presidenziale, tutt'altro; la logica per cui il Governo è la guida del procedimento legislativo è tipica del sistema parlamentare. In Inghilterra, la patria del sistema parlamentare, è il Governo che guida il processo legislativo, è il Governo che fissa l'ordine del giorno, che determina l'andamento dei lavori di Westminister. Noi non vogliamo negare la possibilità di una dialettica fra Governo e maggioranza, che più facilmente si dispiega in un sistema bipartitico, là dove coincidono leader e premier, là dove il baricentro è nel Parlamento, dove il premier è il leader della maggioranza in Parlamento. Quando ciò non accade, quando il baricentro è collocato fuori del Parlamento, sorgono i problemi di rapporto fra Governo e maggioranza e all'interno della maggioranza stessa.
Tuttavia, anche in un sistema come quello italiano di bipolarismo ancora non maturo, composto da poli nei quali confluiscono più partiti, sarebbe stato più importante fare del Governo il soggetto responsabile della programmazione dei lavori non perché, come dicevo prima, non si vuole consentire la dialettica tra Governo e maggioranza ma perché tale dialettica dovrebbe essere risolta a monte. In una fase precedente il Governo dovrebbe compiere una serie di valutazioni con la maggioranza e successivamente sottoporre alla Camera un modo ordinato di procedere indicando le varie priorità. Se non si risolve questo problema, che è direttamente connesso alla riforma costituzionale che tende alla formazione di un Governo scelto dai cittadini che sia responsabile del proprio operato di fronte agli elettori e al Parlamento, se non attuiamo il principio di responsabilità politica, non possiamo poi non pensare che tutto questo non abbia una ricaduta sui lavori del Parlamento. Infatti le difficoltà che incontriamo dipendono spesso

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proprio dai dissensi tra Governo e maggioranza e dalle contraddizioni presenti all'interno della maggioranza. Se non risolviamo questo problema individuando il soggetto responsabile, se non affermiamo il principio di responsabilità politica, è impensabile raggiungere efficacia ed efficienza nei lavori parlamentari.
Su questo primo grosso nodo politico abbiamo compiuto qualche passo in avanti responsabilizzando il Governo. Per quanto mi riguarda, non so se riproporre in Assemblea la questione perché significherebbe rimettere in discussione tutto, ma quella della responsabilizzazione del Governo, nel senso che il calendario ed il programma dovrebbero essere predisposti in conformità alle indicazioni di priorità del Governo, è una questione di fondo. Si è obiettato, in modo errato, che questa ipotesi sarebbe propria del sistema presidenziale; no, è propria del sistema parlamentare.
Mi dispiace che tale impostazione non sia stata accolta perché avrebbe sgombrato il campo da alcune critiche per cui la riforma avrebbe connotazioni di carattere consociativo. Questa riforma può essere accusata di tutto, tranne che di rispondere a logiche consociative. Non a caso in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo non è più necessaria l'unanimità dei consensi per la formazione del programma e del calendario. Ciò significa che ci si affida ad una logica non unanimista, basata su un'intesa sugli argomenti da inserire in calendario secondo una ripartizione dei tempi fra la quota destinata a Governo e maggioranza e quella destinata all'opposizione.
Vorrei ora affrontare la questione che è il cardine di tale impostazione: mi riferisco al metodo della programmazione inteso in maniera diametralmente opposta a quella logica - in qualche modo emergenzialista - che rischiava di imporsi. Sottolineo che quello della programmazione è un metodo anche più stringente di quello attualmente in vigore, che è caotico, e di quello che era stato proposto. Quando un programma non è più un «libro dei sogni», un'indicazione generica di argomenti, esso diventa uno strumento concreto di programmazione. Quando un argomento viene inserito nel programma trimestrale dei lavori, scatta un meccanismo ben preciso e cogente: la Commissione deve inserire al primo punto del proprio ordine del giorno l'esame di quell'argomento; deve dedicarvi apposite sedute e compiere - attraverso il controllo sulla qualità delle leggi - un'effettiva istruttoria sul provvedimento in esame.
La possibilità di poter contare su tempi ragionevolmente sicuri e molto brevi per arrivare al varo di un provvedimento deve essere evidentemente compensata dalla previsione di garanzie che assicurino l'effettivo svolgimento del confronto parlamentare, l'effettivo controllo sul merito del provvedimento e una effettiva dialettica parlamentare. Credo che questa dinamica sia stata resa possibile con l'inserimento - non previsto inizialmente - tra le modifiche regolamentari in esame di questo metodo della programmazione dei lavori, che ha un meccanismo di ricaduta estremamente positivo perché, nel momento in cui si assegnano quei due mesi di tempo alle Commissioni, si sa che al termine di questo periodo esse devono presentare il frutto del loro lavoro. A questo punto, si può affermare che il provvedimento sia stato davvero istruito; e non, come è spesso accaduto e accade in questo Parlamento, dove si vanno a discutere in aula provvedimenti che non sono stati affatto istruiti nella Commissione e che quindi giungono all'esame dell'Assemblea violando il primo comma dell'articolo 72 della Costituzione che prevede, appunto, lo svolgimento di una istruttoria in Commissione. Con la riforma regolamentare al nostro esame viene quindi attuato il disposto del primo comma dell'articolo 72 della Costituzione che - lo ripeto - prevede un vaglio effettivo del provvedimento in esame nelle Commissioni parlamentari.
La previsione di quei due mesi di tempo e la predisposizione di un calendario di tre settimane significa realizzare la famosa corsia preferenziale - della quale si discute in questo paese da tre o

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quattro lustri, senza mai pervenire ad una soluzione - garantendo, da una parte l'effettiva istruttoria dei provvedimenti e lo svolgimento di un confronto parlamentare in Commissione e in aula e, dall'altra, la possibilità che il Governo possa veder votato un proprio provvedimento in uno dei due rami del Parlamento in meno di tre mesi e forse, complessivamente, nello spazio di quattro-cinque mesi.
Presidente, stiamo evidentemente parlando di provvedimenti che riguardano questioni di una certa importanza (ad esempio, delle riforme della disciplina del commercio e del mercato del lavoro). Non credo quindi che si possa pensare che una legge di questa natura possa essere approvata in Parlamento in un tempo inferiore. Quella prevista è infatti, a mio avviso, la quota di tempo giusta (se vogliamo evitare di sfornare, seguendo i tempi dei ritmi moderni, leggi e norme caotiche come avviene attualmente) per tentare di riordinare la nostra legislazione e fornire al paese buone leggi e di qualità. A tal fine - come abbiamo previsto nella proposta di modifica dell'articolo 79 che riguarda la sede referente - è stata recepita tutta l'istruttoria legislativa prevista dalle raccomandazioni OCSE, che sono state rivolte ai governi e poi recepite nella circolare del Presidente della Camera e del Presidente del Senato del 10 gennaio di quest'anno. Nella sostanza, viene prevista tutta una serie di controlli, partendo innanzitutto dalla opportunità di interrogarsi sulla necessità di un intervento legislativo per realizzare un determinato obiettivo. Molto spesso noi non ci poniamo neanche il problema che un determinato intervento o un certo obiettivo possa essere realizzato magari senza ricorrere ad una legge, ma facendo un regolamento, una campagna informativa, una legge regionale o magari abrogando - invece di approvarle - le norme preesistenti che creano confusione.
Parlare di tali questioni significa in primo luogo avere il tempo per poterlo fare e in secondo luogo dover chiedere al Governo di essere disponibile per la realizzazione di tutto ciò. È infatti evidente, Presidente, che la circolare dell'OCSE era rivolta ai governi, i quali nei sistemi parlamentari rappresentano la sede della progettazione legislativa. È il Governo che dispone, attraverso la pubblica amministrazione, delle informazioni necessarie per predisporre, appunto, un provvedimento; il Parlamento può verificarlo, ma stiamo cominciando ad occuparcene in sede parlamentare prima del Governo. Non possiamo nasconderci che i testi che arrivano da palazzo Chigi siano di pessima qualità, per usare un grande eufemismo, perché a volte, se dovessimo esprimere dei giudizi, superano la possibilità di potersi esprimere in linguaggio decoroso in Parlamento.
Ecco quindi, Presidente, la necessità di un incardinamento nella sede referente di una istruttoria legislativa effettivamente volta a migliorare la qualità delle leggi. Bisogna stare attenti, però, a non ritenere che la sede della progettazione legislativa possa divenire il Parlamento stesso. Come è stato scritto nella relazione, sono necessarie, infatti, strutture molto più consistenti di quelle attuali per realizzare un compito del genere. Nell'unico Parlamento che è sede di progettazione legislativa, cioè il Congresso americano - nel sistema presidenziale americano il Parlamento è sede della progettazione legislativa, mentre negli altri paesi il governo prepara le leggi e il Parlamento le approva - vi sono strutture bipartisan, imparziali, estremamente consistenti, ed anche strutture di parte perché i deputati devono essere messi in condizione di avere quella valutazione che non è strettamente tecnica, ma è anche di merito perché tutta una serie di parametri del controllo sulla finalità della legge, su un'analisi dei costi-benefici e altri, riguardano evidentemente anche il merito politico del provvedimento, non soltanto, ripeto, l'aspetto tecnico di redazione dei testi stessi.
Mi spiace, Presidente, che nella relazione non siano state inserite due questioni molto importanti, che pure sono state previste nel testo, ma credo sia dipeso dai tempi stretti. Mi riferisco all'articolo 25, laddove si prevede che la

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Commissione ha l'obbligo, quando il provvedimento è compreso nel programma, di iscrivere al primo punto dell'ordine del giorno il provvedimento in esame e laddove si prevede che i programmi e i calendari non devono essere predisposti come accade oggi, densi cioè di provvedimenti che poi non si sa se si discuteranno (anzi si sa che non si discuteranno), ma devono essere predisposti in modo congruo, cioè rapportando i tempi disponibili alla complessità dei provvedimenti e inserendo nel programma e nei calendari solo quei provvedimenti che possono essere effettivamente svolti in aula grazie anche ad un sistema di calendarizzazione unica, con la predisposizione di un calendario per tre settimane e con un contingentamento che scatta subito. Abbiamo cercato di fornire un altro elemento che era assente o quanto meno a nostro avviso risolto in modo non adeguato nella proposta dei relatori, cioè quello relativo al caso in cui si sia in presenza - come purtroppo capita spesso e non per provvedimenti eccezionali, ma ordinari o di media importanza - di valanghe di emendamenti. Bisogna allora trovare il modo di assicurare anche in questi casi a coloro che presentano magari pochi emendamenti di merito di svolgere un confronto effettivo su quel provvedimento, e di veder votati sicuramente i propri emendamenti. Nel sistema attuale sappiamo benissimo cosa accade: quegli emendamenti sono sepolti sotto una valanga di proposte, spesso di tipo ostruzionistico, che danno il pretesto al Governo per porre la questione di fiducia o comunque rischiano di finire travolti nelle ghigliottine nell'applicazione dell'articolo 85, comma 8, cioè della votazione di principi, senza la garanzia di una discussione. Credo che la soluzione che abbiamo proposto di una quota minima di emendamenti che i gruppi possono indicare, a garanzia dell'effettiva votazione di quegli emendamenti, sia un modo per consentire un esame effettivo e possa anche rappresentare il metodo con il quale giungere poi a rispettare i calendari.
Presidente, mi rammarico per il fatto che sui decreti-legge non sia stato possibile trovare una soluzione idonea. Noi abbiamo chiesto che, per quanto riguarda i decreti, non venisse posto il problema del contingentamento, poiché purtroppo mancano gli strumenti costituzionali per evitare l'abuso da parte del Governo nella presentazione dei decreti-legge. Se fosse stato possibile individuare uno strumento alternativo volto proprio ad evitare tale abuso, credo sarebbe stato giusto procedere nel senso indicato, poiché ai decreti-legge rispettosi dell'articolo 77 della Costituzione, cioè per quei decreti che contengono norme omogenee, immediatamente applicabili, di carattere specifico e non di natura ordinamentale o strutturale, certamente dovrebbe essere consentito il voto da parte delle Camere entro sessanta giorni. Il problema è che quasi mai i decreti-legge hanno tali caratteristiche. Dare un tempo certo per il voto dei decreti, significherebbe soltanto tornare al rischio di un abuso enorme della decretazione di urgenza. Si è trovato un equilibrio diverso, che certamente non è né può essere ritenuto quello ottimale, ma in via transitoria credo sia l'unica soluzione.
Non comprendo, però, il motivo per cui si voglia evitare il vaglio sulla omogeneità, da sottoporre eventualmente all'Assemblea, qualora il Comitato per la legislazione dovesse fornire un parere di cui la Commissione di merito non tenesse conto. Sinceramente mi sembra che la possibilità di stralciare le norme non omogenee dovrebbe essere consentita anche all'Assemblea, appunto con una valutazione sulla diversità dei giudizi espressi dal Comitato per la legislazione e dalla Commissione di merito. Altrimenti, inoltre, non si comprenderebbe il ruolo di questo Comitato che già sulla questione della qualità delle leggi in realtà è stato svuotato di significato; d'altra parte non sarebbe stato possibile fare diversamente, cioè attribuire al Comitato anche un ruolo circa la valutazione dei parametri di merito. Infatti, sulla qualità delle leggi, il Comitato esprime pareri che sono soltanto di tecnica legislativa. Se quindi si elimina

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anche il ruolo sui decreti-legge, il Comitato diventerebbe inevitabilmente una sorta di ente inutile. Auspico, pertanto, che sia ripristinata la possibilità di un diverso ruolo del Comitato, prevedendo che possano essere votate le eventuali proposte del Comitato, non accolte dalla Commissione, in relazione allo stralcio delle disposizioni non omogenee.
Com'è noto, signor Presidente, sono rimaste alcune questioni controverse, che sono di grande rilevanza per quanto riguarda la determinazione dell'assetto complessivo di questa riforma del regolamento. Mi riferisco, per esempio, alla questione dell'urgenza, che significa dimezzare il tempo di due mesi attribuito alla Commissione per l'istruttoria legislativa, riducendolo a trenta giorni.
Presidente, non so se ci rendiamo conto del fatto che, se tale urgenza diventasse non l'eccezione ma, sottoposta al mero voto di maggioranza, la pratica costante, avremmo stravolto l'impianto della riforma. La programmazione, l'istruttoria legislativa affidata alla Commissione, la quale deve avere il tempo per svolgere il suo lavoro (due mesi), tutto ciò viene stravolto. Se infatti la Commissione ha a disposizione un solo mese, che poi può ridursi a tre settimane o anche ad un tempo minore se per esempio deve licenziare un decreto-legge per l'Assemblea, ciò significa distruggere - come dicevo - tutto l'impianto che abbiamo delineato.
Se si ricorre all'urgenza in casi molto particolari, paragonabili al decreto-legge, giacché - come dicevo - si tratta di fare una riforma in un mese e dieci giorni, allora appronteremmo una corsia non autostradale, ma di dieci autostrade, giacché appunto i tempi sarebbero quelli previsti per l'esame del decreto-legge.

MAURO GUERRA. Siamo ancora in un sistema bicamerale!

GIUSEPPE CALDERISI. Certo, ma, come abbiamo detto, al Senato il regolamento è diverso. Comunque, siamo ancora in un sistema in cui i governi non sono quelli scelti dai cittadini, ai quali sarebbe doveroso concedere le autostrade, le supercorsie preferenziali. Siamo inoltre in un sistema nel quale non vi sono ancora quelle modifiche costituzionali che consentirebbero di dotare le opposizioni di quello statuto capace di fornire elementi di controllo, che darebbero equilibrio all'intera riforma costituzionale, perché il ricorso alla Corte per provvedimenti non rispettosi della Costituzione e la possibilità di Commissioni d'inchiesta a minoranza sono tutte modifiche che richiedono...

PRESIDENTE. Onorevole Calderisi, il suo tempo è esaurito.

GIUSEPPE CALDERISI. Concludo, Presidente.
Come dicevo, vi è la necessità di un equilibrio nella riforma, di avere un sistema di pesi e contrappesi, la possibilità di un confronto ad armi pari e non degli strumenti a disposizione solo del più forte. Questo è il motivo che ci ha portato per oltre 23 giorni a lavorare quotidianamente in media 10 o 12 ore per portare all'esame dell'Assemblea queste proposte di modifica regolamentare.
Mi auguro che sia possibile modificare la proposta per quanto riguarda gli aspetti dell'urgenza, del numero minimo degli emendamenti (questione sulla quale dobbiamo trovare una soluzione più equilibrata), dei decreti. Spero che qualche miglioramento si possa introdurre anche per quanto concerne le modalità di calendarizzazione dei provvedimenti (non ho il tempo di illustrare il tipo di modifiche che sarebbero necessarie).
Concludo, Presidente, ponendo una questione.
L'attuale regolamento, come è ben noto, risale al 1971 ed è stato predisposto in chiave consociativa da Manzella, il quale su questo fronte ha gravissime responsabilità. Esso ha subito 70-75 interventi e, quindi, modifiche e prassi interpretative si sono stratificate. Per lo stesso deputato, non dico per il cittadino, credo sia difficile dalla lettura del regolamento comprendere come funziona la Camera; anzi, tutto si desume tranne che


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il funzionamento di questo organo, dato che quasi tutto è affidato alla prassi.
Signor Presidente, questo regolamento dovrebbe essere riscritto interamente e chiedo anche di valutare se non valga la pena - qualora, come mi auguro, venga raggiunta un'intesa - di pensare ad una riscrittura del regolamento anche semplificativa, introducendo norme chiare e, appunto, semplici, nonché dimezzando il numero degli articoli. Peraltro, ve ne sono una serie...

PRESIDENTE. Onorevole Calderisi, lei ha superato di molto il tempo a sua disposizione. Dovrebbe pertanto concludere.

GIUSEPPE CALDERISI. Concludo, signor Presidente.
Si tratta di valutare la possibilità di arrivare in tempi anche brevi - eventualmente dopo il varo di questa riforma regolamentare - ad una riscrittura che possa accogliere - una volta inserita la logica maggioranza-opposizione non è difficile farlo - le successive modifiche che dovessero derivare dalle riforme costituzionali, giungendo così ad un regolamento più snello, chiaro ed adeguato anche alle esigenze dei deputati che ad esso sono soggetti.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Signorino. Ne ha facoltà.

ELSA SIGNORINO. Sull'opportunità - ma meglio sarebbe dire sulla necessità ed urgenza - di procedere a modifiche regolamentari di un qualche respiro credo non possa esservi dubbio.
Siamo chiamati a misurarci con aspettative largamente presenti in quest'aula, ma più ancora diffuse al di fuori di essa; aspettative per le quali ci si chiede di varare meno leggi, di predisporre leggi di qualità, concepite con forte attenzione agli effetti indotti dalle stesse; un'aspettativa per la quale ci si chiede di approvare leggi in tempi ragionevolmente certi anche per evitare che coloro che attendono gli effetti delle nostre decisioni siano costretti, come troppo spesso accade, ad operare nell'incertezza, ad attendere troppo a lungo che la decisione si compia. Per tutte queste buone ragioni siamo chiamati a modificare il nostro regolamento.
Poc'anzi il presidente Tatarella prospettava all'Assemblea una considerazione politica di assoluto rilievo. Se ho ben compreso la sua proposta, egli sottolineava come l'aspettativa di una stagione di riforme regolamentari non si rivolge né può esaurirsi nei confronti della nostra Camera. Poiché questa aspettativa è particolarmente pressante nei nostri confronti, pur tuttavia esiste un'aspettativa altrettanto pressante che si rivolge a tutti i livelli di governo del nostro paese. Credo che questa sottolineatura, questa considerazione politica sia non solo di rilievo ma anche assolutamente condivisibile.
Il presidente Tatarella ci proponeva di aprire, a partire dal dibattito sulle modifiche regolamentari che stiamo svolgendo in quest'aula, una sorta di stagione riformatrice, capace di coinvolgere «a cascata» tutti i livelli di governo del paese. Credo che il presidente Tatarella ci invitasse anche a distinguere tra ciò che possiamo e dobbiamo fare in termini di messaggio politico e ciò che possiamo e dobbiamo fare utilizzando in modo appropriato gli strumenti istituzionali, giacché è del tutto evidente che su questo tema possiamo lanciare un forte messaggio politico ma dobbiamo anche trovare, essendo la nostra una sede istituzionale, gli strumenti propri per calare quel messaggio politico. In considerazione di ciò che il collega Tatarella ci proponeva, vorrei porre a lui e ai colleghi del suo gruppo un interrogativo. Se vogliamo aprire una stagione riformatrice che abbia per oggetto gli strumenti regolamentari che governano la vita di ogni livello di governo istituzionale del nostro paese, quale segnale migliore e più convincente siamo in grado di dare se non quello di aprire il confronto con strumenti di coinvolgimento (che in parte dovremo inventare), perseguendo contestualmente, in


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tempi ragionevolmente certi, l'approvazione delle nostre modifiche regolamentari?
Se vogliamo aprire una stagione di questa ampiezza, quale migliore segnale possiamo dare se non quello di spenderci noi, in prima persona, assumendoci fino in fondo le nostre responsabilità, in altre parole dicendo agli altri livelli di governo istituzionale del paese che è necessario procedere a modifiche regolamentari, operare per restituire efficacia e piena operatività ad ogni livello di governo istituzionale? Siamo tanto convinti di questa affermazione che cominciamo ad operare e mettiamo il nostro operato, con la filosofia che lo ispira (sulla quale ritornerò), a disposizione anche degli altri livelli di governo locale. Mi sembra che questo sia un percorso sul quale possiamo cimentarci, che apre un ragionamento di più ampio respiro nel paese, dando ad esso un contributo che non passa soltanto attraverso la forza delle enunciazioni, ma anche attraverso quella dei fatti concreti, di una modifica regolamentare (con i tempi ragionevolmente certi, naturalmente) già in essere.
Credo che una decisione di questo tipo possa offrire grande autorevolezza al disegno politico più complessivo che potremmo avviare a partire da questa sessione di dibattito. A questa sessione di dibattito più generale sul tema delle modifiche regolamentari e della piena restituzione di efficacia ed operatività ad ogni livello di governo istituzionale possiamo offrire un progetto concreto, il progetto di modifica del nostro regolamento, soprattutto in quell'aspetto che contiene in sé una forte ispirazione, l'ispirazione a conseguire obiettivi significativi, o più significativi, di bilanciamento tra Parlamento e Governo, tra maggioranza ed opposizione.
Ritengo che potremo dire di aver compiuto fino in fondo il nostro dovere nell'apertura di una stagione di riforma più ampia se offriamo ad essa il nostro prodotto, il nostro progetto, che è fortemente segnato da una ricerca di punti più avanzati di bilanciamento nella dialettica parlamentare tra prerogative della maggioranza e prerogative dell'opposizione.
Io credo che tutti noi possiamo con serenità riconoscere che la pregevole proposta che i relatori del documento in materia di procedimento legislativo hanno avanzato alla nostra attenzione persegue tenacemente un obiettivo di miglior bilanciamento, nell'ambito del procedimento legislativo, delle prerogative di maggioranza e di opposizione.
Al di là della tecnicalità delle singole disposizioni, questa è la ratio politicamente più rilevante ed istituzionalmente più significativa della proposta di modifica del procedimento legislativo, tramite la quale teniamo insieme due esigenze: innanzitutto cerchiamo di rendere più snello il nostro lavoro, di dare alle nostre decisioni tempi certi ma, nel contempo, perseguiamo l'obiettivo di una forte messa in valore del confronto parlamentare, di rendere più trasparenti il confronto e la dialettica parlamentare, più leggibili all'esterno della nostra aula, soprattutto da chi è chiamato a pronunciarsi sulle responsabilità che qui ci assumiamo.
Con questa proposta operiamo per una messa in valore del confronto parlamentare che - lo ripeto - è, contemporaneamente, teso a rendere più certo il tempo delle decisioni e a coniugare questo obiettivo con una dialettica parlamentare che diventa più rispettosa delle prerogative non solo di maggioranza ma anche di opposizione.
I colleghi Guerra e Tassone hanno svolto una relazione assolutamente efficace e dettagliata sui molti punti della proposta dai quali è possibile evincere il conseguimento dell'obiettivo di un maggior rispetto delle prerogative di maggioranza e di opposizione. Io voglio limitarmi, dunque, Presidente, in queste brevi considerazioni di carattere generale a mettere in rilievo il valore politico dell'obiettivo perseguito, al di là della tecnicalità delle singole soluzioni.
Questo io credo noi oggi siamo chiamati a discutere, apportando dei miglioramenti, se possibile. Mi parrebbe anche utile offrire il nostro lavoro alla stagione

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più generale di riforma dei regolamenti che, se converremo alla fine di questo dibattito, intendiamo e possiamo aprire.
Quanto alla nostra discussione in questi due giorni, noi abbiamo già fatto l'amplissimo e a tratti defatigante lavoro in Giunta per il regolamento. Ho ascoltato poc'anzi, apprezzandolo, l'intervento del collega Calderisi, laddove lo sentivo orgogliosamente rivendicare pezzi della proposta che oggi viene presentata. Credo che questa sia la testimonianza migliore che il documento sul procedimento legislativo si è venuto via via arricchendo dei contributi di tutti i colleghi.
È oggi una proposta più ricca, proprio perché ha saputo fare tesoro dei suggerimenti, a volte anche diversi, alternativi, che i colleghi hanno avanzato.
Sono pertanto favorevolmente colpita dalle considerazioni che svolgeva poc'anzi il collega Calderisi, perché coglievo in esse un'assunzione di responsabilità rispetto alla proposta che è stata presentata in aula ed anche un grado di condivisione apprezzabile, nonostante permangano dubbi, perplessità su punti in cui è possibile ulteriormente migliorare il testo che ci è stato proposto.
Quanto possiamo migliorarlo? Io credo, colleghi, che sia stato fatto un lavoro importante, nel senso che abbiamo saputo scegliere l'obiettivo prioritario da perseguire. Sappiamo tutti, indipendentemente dalla collocazione che abbiamo ora in questo Parlamento, che se vogliamo davvero riportare i lavori parlamentari ad una - lo dico tra virgolette - normalità produttiva; se vogliamo davvero contrastare l'uso ordinario di strumenti eccezionali che tutti vorremmo evitare (penso ai voti di fiducia, penso ai decreti-legge, ma penso anche all'ostruzionismo divenuto pratica quotidiana); ebbene, se vogliamo davvero contrastare l'uso ordinario di strumenti eccezionali, non esistono alternative ad una modifica profonda e radicale del procedimento legislativo.
In questa modifica ognuno di noi porta qualcosa, ma rinuncia anche a qualcosa. Diversamente, lo sforzo di trovare un punto avanzato di bilanciamento, che ha ispirato tutti i nostri lavori, potrebbe essere messo a rischio o inficiato: ed è un pericolo che non possiamo permetterci. Dunque, nel proporre in questa sede soluzioni migliorative o punti di perfezionamento, ognuno di noi deve tener conto di un dato: tutto si tiene; non si può sui singoli punti aprire una querelle che non tenga conto del complesso delle modificazioni sulle quali siamo chiamati a pronunciarci.
In sostanza il giudizio sulla valorizzazione e sul bilanciamento dei ruoli di opposizione e di maggioranza deve riguardare il complesso delle modificazioni proposte, non i singoli punti.
Il collega Calderisi ha parlato poc'anzi della sua insoddisfazione su alcune delle soluzioni individuate. Lo capisco: anche noi manteniamo punti di insoddisfazione su alcune delle formulazioni proposte. Ma dobbiamo chiederci se questa insoddisfazione sia tale da impedirci di valutare il risultato complessivo o se, invece, non sia possibile utilizzare i margini di miglioramento della proposta senza mettere a rischio il suo valore complessivo.
Nello specifico, sul punto qualificante della proposta che ci è stata presentata, la programmazione dei lavori, non tornerò su tutte le considerazioni già svolte dai relatori. Collega Calderisi, tutti abbiamo riconosciuto che un'assunzione di responsabilità politica rispetto alle decisioni sulla programmazione era necessaria. Abbiamo attribuito ai tre quarti della Conferenza dei presidenti dei gruppi la decisione di determinare la programmazione. Davvero questo risultato - da cui non eravamo partiti, ma al quale siamo poi arrivati - è insufficiente dal punto di vista dell'assunzione delle responsabilità politiche? Non è possibile che, stante l'attuale sistema parlamentare, sia considerato sufficiente? Io propenderei per questa seconda ipotesi e mi auguro che i colleghi condividano la mia opinione.
Permane nella proposta in esame - lo ha ricordato il collega Guerra nella sua relazione - un elemento di definizione non ancora compiuta. Mi riferisco ala disciplina relativa ai decreti-legge. Tutti

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sapevamo che la materia poteva essere affrontata e risolta adeguatamente solo in sede di riforma costituzionale; ed i lavori della bicamerale si sono orientati appunto in questo senso. È difficile trovare una soluzione soddisfacente in sede regolamentare. In proposito, Presidente, noi abbiamo elaborato un testo fortemente segnato da una preoccupazione assolutamente condivisa: evitare che possa prevalere la tentazione di abusare dello strumento del decreto. Questa preoccupazione ci ha fatto optare per una proposta piuttosto impegnativa dal punto di vista degli ostacoli che vengono frapposti all'eventuale abuso. Stiamo esaminando una proposta che non prevede contingentamento e che nel programma dei lavori introduce per l'esame dei decreti tempi complessivi predeterminati. Nella sua relazione il collega Guerra su questo punto ci offre una chiave interpretativa che personalmente condivido e che credo debba essere pienamente assunta da tutti i colleghi.
A queste due misure aggiungiamo una funzione del Comitato per la legislazione, il quale - laddove non esista omogeneità o non si rispettino i limiti di contenuto - ha la facoltà di proporre lo stralcio. Ora, è vero che la proposta viene avanzata nei confronti della Commissione, ma è anche vero che quest'ultima - nel riferire all'Assemblea - documenta l'eventuale proposta difforme del Comitato. Dunque abbiamo messo in opera un complesso di strumenti che ci cautela (tutti noi vogliamo questa cautela) da un abuso dello strumento. Non possiamo però nasconderci che un problema è rimasto irrisolto. Nella proposta dei relatori questo problema irrisolto viene affidato ad un parere della Giunta per il regolamento. Non possiamo cautelarci dall'eventuale abuso dello strumento e non porci contemporaneamente il problema che bisogna pur trovare una soluzione per assicurare il rispetto del termine previsto dall'articolo 77 della Costituzione. È questo un punto che non appartiene a qualcuno di noi in ragione della propria collocazione, ma che appartiene a tutti noi. Vogliamo tornare insieme su questo punto dei decreti-legge? Credo che possiamo farlo, ma sapendo che non possiamo chiedere che l'eventuale parere difforme del Comitato per la legislazione venga in aula senza contemporaneamente porci il problema che se così fosse occorrerebbe recuperare alcune delle proposte che abbiamo perso per strada come, per esempio, il contingentamento. Altrimenti finiremo con il rassicurarci quanto alla preoccupazione di cautelarci dall'abuso, ma non riusciremo a risolvere il problema del rispetto dei termini, problema che la sentenza della Corte costituzionale ci propone oggi in modo pressante.
Vi è poi un'ultima considerazione, anche questa su un punto di dettaglio. Mi riferisco al problema della dichiarazione d'urgenza, uno dei punti ancora aperti nel nostro confronto. Anche in questo caso vi è la massima disponibilità a discutere, a riflettere, a cercare punti di equilibrio più avanzati, ma con la consapevolezza che è già molto filtrata la normativa che abbiamo proposto. È vero che l'urgenza comporta tempi di esame e di decisione in ordine ai provvedimenti più rapidi, ma è anche vero che noi sottoponiamo la possibilità di decidere in merito all'urgenza ad una maggioranza amplissima della Conferenza dei capigruppo. Questa stessa richiesta viene successivamente proposta all'aula solo sulla base di una considerazione del Presidente legata ad elementi oggettivi. Mi pare dunque che anche in questo caso la preoccupazione di evitare abusi sia stata largamente presente. In ogni caso, se si decide che questo è un punto che merita una riconsiderazione, invito i colleghi a tenere conto che ciò non può che avvenire nel rispetto dei principi di equilibrio e di bilanciamento che ho prima richiamato.
Concludo, Presidente, con la considerazione che abbiamo molto lavorato; mi pare di poter dire che si è lavorato bene, con spirito di dialogo e di confronto costruttivo. L'auspicio è che quel dialogo e quel confronto costruttivo possano proseguire, che si possa insieme trovare ulteriori punti di approdo con la consapevolezza

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ferma che ci ha guidato fino ad ora che per trovare ulteriori punti di approdo bisogna anche saper rinunciare ad una parte delle proprie proposizioni iniziali.

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